Monografia XVIII

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Estratto da: ATTI DELLA ACCADEMIA NAZIONALE ITALIANA DI ENTOMOLOGIA Rendiconti Anno LVII - 2009 BIOTECNICHE E NUOVE FRONTIERE NELLA DIFESA DEGLI ECOSISTEMI FORESTALI Tavole Rotonde sui maggiori problemi riguardanti l’Entomologia Agraria in Italia Sotto gli auspici del MIPAAF XVIII. ISBN 978-88-96493-02-1

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Estratto da:ATTI DELLA

ACCADEMIA NAZIONALE

ITALIANA DI ENTOMOLOGIARendiconti Anno LVII - 2009

BIOTECNICHE E NUOVE FRONTIERENELLA DIFESA DEGLI ECOSISTEMI FORESTALI

Tavole Rotonde sui maggiori problemiriguardanti l’Entomologia Agraria in Italia

Sotto gli auspici del MIPAAF

XVIII.

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Estratto da:ATTI DELLA

ACCADEMIA NAZIONALEITALIANA DI ENTOMOLOGIA

Rendiconti Anno LVII - 2009

BIOTECNICHE E NUOVE FRONTIERENELLA DIFESA DEGLI ECOSISTEMI FORESTALI

Tavole Rotonde sui maggiori problemiriguardanti l’Entomologia Agraria in Italia

Sotto gli auspici del MIPAAF

XVIII.

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© 2009 Accademia Nazionale Italiana di Entomologia50125 Firenze - Via Lanciola 12/a

ISBN 978-88-96493-02-1

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«During the writer’s investigations of extensiveinsect depredations in the forests of WestVirginia, from 1890 to 1902, he was forciblyimpressed with the importance of the forest-insects problem in connection with any futureefforts toward the successful management ofthe forest of this country.»

A.D. Hopkins, 1909

Ecosistemi relativamente stabili in cui la compo-nente arborea media con i suoi cicli pluriennali iflussi di materia organica, le foreste sostengonocomplesse comunità vegetali e microbiche e rappre-sentano, anche nei climi temperati, i più grandi ser-batoi di biodiversità animale, in massima parte rac-chiusa nei Phylum Arthropoda e Nematoda. In par-ticolare gli insetti inclusi tra i consumatori e i demo-litori partecipano attivamente ai cicli della sostanzaorganica e degli elementi minerali, altrimenti desti-nati, senza l’intervento di questi organismi, ad unalunga immobilizzazione, soprattutto per quantoattiene la quota conservata nelle strutture legnosedurevoli.

A fronte dello svolgimento di ruoli fondamentalida parte dei diversi gruppi funzionali di insetti cheintervengono nelle complesse reti di interrelazioniche caratterizzano struttura e capacità omeostatichedegli ecosistemi forestali, con un ruolo primario nelmantenimentio di condizioni di vigore del sistema,alcune specie di questi esapodi possono superare lacapacità portante delle foreste determinando perditedi produzione e in taluni casi irreversibili declini.

Le infestazioni di insetti fitofagi in ambienti fore-stali, con spettacolari gradazioni di lepidotteri

limantriidi od estese morie determinate da improv-visi aumenti massali di coleotteri scolitidi caratteriz-zati da elevata aggressività e notevoli potenziali bio-tici, hanno richiamato da tempo l’attenzione diricercatori impegnati nella difesa delle foreste. Lerelativamente recenti invasioni biologiche di insettiesotici in relazione ai sempre più intensi e rapidiscambi commerciali e ai cambiamenti climatici chestanno favorendo l’insediamento e l’acclimatazionedi specie ad ampia valenza ecologica, hanno inoltrecomplicato l’opera di tutela, in un contesto di accre-sciuta attenzione ambientale. La necessità di affron-tare la difesa fitosanitaria delle principali tipologieforestali che caratterizzano i boschi della penisolaitaliana e delle principali isole con nuovi strumentiin grado di coniugare efficacia e minimo impattoambientale si associa oggi alla consapevolezza didisporre di nuovi mezzi informatici e biotecnologiciper proteggere i patrimoni forestali.

La Tavola Rotonda che l’Accademia NazionaleItaliana di Entomologia ha voluto dedicare allatematica «Biotecniche e nuove frontiere nella difesadegli ecosistemi forestali», non a caso si apre conuna relazione sull’avvio delle scuole di Ento mologiaForestale italiane, che sottolinea in modo marcatol’importanza del contributo del grande naturalistatoscano del ’600 Francesco Redi, a cui si devononon solo scoperte basilari per il progresso dellascienza tutta ma anche osservazioni e descrizionid’avanguardia su insetti e acari delle «selve».

BACCIO BACCETTI

Presidente dell’Accademia Italiana di Entomologia

PRESENTAZIONE

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INDICE

BIOTECNICHE E NUOVE FRONTIERE NELLA DIFESA DEGLI ECOSISTEMI FORESTALI

PIO FEDERICO ROVERSI – Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali– Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

LUIGI MASUTTI, MARCO VITTORIO COVASSI – L’entomologia forestale italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

SANTI LONGO – Fitofagi esotici e invasioni biologiche negli ecosistemi forestali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ANDREA BATTISTI, MASSIMO FACCOLI – Effetti dei cambiamenti climatici sulle popolazionidi insetti forestali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

PIETRO LUCIANO – Tecniche di monitoraggio fitosanitario e utilizzo di dati georeferenziati . . . . . . . . . . . . . . . .

ORESTE TRIGGIANI – Strategie di controllo con entomopatogeni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

RIZIERO TIBERI – Controllo biologico degli insetti in foresta: passato, presente e futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

ANDREA BINAZZI, PIO F. ROVERSI, FABRIZIO PENNACCHIO, VALERIA FRANCARDI,JACOPO DE SILVA, LORENZO MARZIALI, LEONARDO MARIANELLI – Interventi biotecnici realizzati in Italia in ambienti forestali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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SEDUTA PUBBLICA, FIRENZE 27 NOVEMBRE 2009

Giornata culturale su:

BIOTECNICHE E NUOVE FRONTIERENELLA DIFESA DEGLI ECOSISTEMI FORESTALI

Coordinatore:PIO FEDERICO ROVERSI, Accademico

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Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 53-55

(*) CRA-ABP Centro di Ricerca per l’Agrobiologia e la Pedologia; [email protected] pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009,

BIOTECNICHE E NUOVE FRONTIERENELLA DIFESA DEGLI ECOSISTEMI FORESTALI

INTRODUZIONE

PIO FEDERICO ROVERSI (*)

Il complesso mosaico degli ecosistemi forestalidel nostro Paese, profondamente modificati dal-l’uomo negli originali assetti floristici, strutturalie spaziali, fronteggia oggi in modo crescentevere e proprie emergenze fitosanitarie, derivantinon solo dall’intensificarsi e dall’estendersi delleinfestazioni di insetti fitofagi, indigeni o dalungo tempo insediatisi nell’area mediterranea,ma anche da un aumento esponenziale nelleintroduzioni accidentali recenti e dalla succes-siva diffusione epidemica di specie nocive pro-venienti da altri areali, favorite nel loro arrivodagli spostamenti di persone e trasporti di mercisulle tratte intercontinentali. Si aggiungono atutto ciò i cambiamenti climatici in atto, i cuieffetti diretti su vegetali e animali dei principalisistemi agroforestali sono ancora in gran parteda definire, così come le ricadute nelle com-plesse reti di interrelazioni costruite e mante-nute dalle diversificate componenti checaratterizzano la biodiversità funzionale delleforeste. Tutto questo, peraltro, non solo con rife-rimento a boschi e macchie ma anche in rela-zione alla diffusione di impianti per laproduzione di biomasse legnose e materiali dadestinare a filiere industriali, più o meno estesied intensamente coltivati, utilizzati con turnirelativamente brevi.

Costituiscono esempi chiarificatori la diffu-sione epidemica nelle pinete di Pino marittimodella Cocciniglia corticicola Matsucoccus fey-taudi (Ducasse), ormai configuratasi in Liguria eToscana come una vera e propria invasione bio-logica in grado di devastare le formazioni diquesta pinacea e il moltiplicarsi degli attacchi suampie superfici di querceti caducifogli delleregioni centro-settentrionali della Proces -sionaria della quercia, Thaumetopoea proces-sionea L., lepidottero le cui infestazioni hannointeressato per molti decenni prevalentemente

piante isolate o vegetanti in condizioni di eco-tono. Con riferimento alle problematiche solle-vate da specie esotiche di recente introduzione ènecessario porre attenzione anche alle implica-zioni derivanti dal potenziale biotico di speciegalligene partenogenetiche, come il Cinipide delCastagno Dryocosmus kuriphilus Yatsumatsu,che libero di colonizzare pressoché indisturbatoi Castagneti ha percorso con grande rapiditàl’arco appenninico, sollevando allarmate rea-zioni e non di rado inducendo ad un pericolosouso di prodotti a largo spettro, le cui ricadutestanno oggi presentando i primi onerosi conticon il pullulare di specie fitofaghe mai rilevate inpassato ad alti livelli di popolazione. Tra gliinsetti nocivi accidentalmente introdotti nelnostro Paese sono da annoverare anche alcuniinsetti spermo-carpofagi in grado di compro-mettere la produzione di seme di boschi e arbo-reti. Nelle formazioni litoranee di Pinodomestico, la Cimice americana Leptoglossusoccidentalis Heidemann, ha determinato con lepunture di alimentazione un vero e propriocrollo nella fruttificazione decimando la produ-zione di strobili nei primi due anni di sviluppodelle pigne, con ricadute negative sia per la rin-novazione delle particelle stramature che per laproduzione di pinoli che consentivano il mante-nimento di una nicchia produttiva in aree pro-tette di rilevante importanza ambientale epaesaggistica. Tra gli insetti indigeni che in variearee europee, Italia inclusa, grazie all’innalza-mento delle temperature invernali ed al verifi-carsi di eventi estremi hanno progressivamenteesteso la propria area di diffusione, coloniz-zando nuovi ambienti, può essere inclusa apieno titolo la Thaumetopoea pityocampa (Den.et Schiff.), lepidottero di importanza non soloforestale ma anche igienico-sanitaria, che haprogressivamente conquistato nell’arco alpino

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fasce altitudinali nelle quali fino a pochi anni fanon era possibile il mantenimento di popola-zioni stabilmente insediate.

Nel loro complesso i fattori di disturbo delleforeste sono divenuti causa di vere e proprieemergenze in grado di condizionare i processigestionali e la stessa conservazione degli ecosi-stemi, divenendo in alcuni casi elemento di criti-cità con cui confrontarsi costantemente nelladefinizione delle scelte selvicolturali.

In questo scenario che vede contestualmentecrescere anche nel nostro Paese l’attenzione perconservazione e oculata gestione del patrimonioforestale, si inseriscono attività di sperimenta-zione, studio e ricerca che nel tentativo di rece-pire quanto di più avanzato offre oggi ilpa no rama scientifico cercano di dare risposte alleproblematiche evidenziate. Aiuta in questo l’esi-stenza di un ristretto e qualificato numero digruppi di ricerca di entomologia forestale la cuicostituzione è stata avviata da autorevolimembri dell’Accademia Nazionale Italiana diEntomologia che ha voluto dedicare questagiornata di studio alla tematica «Biotecniche enuove frontiere nella difesa degli ecosistemiforestali».

In tale sede Santi Longo dell’Università diCatania, da tempo impegnato sul fronte deglistudi afferenti gli insetti fitofagi esotici, aprendoi lavori della giornata ha presentato una esau-stiva disamina sulle specie che in anni recentihanno determinato vere e proprie invasioni bio-logiche, unitamente alla illustrazione di un ulte-riore elenco di specie ad elevato rischio diintroduzione e acclimatazione. In tale ambito èstato posto in evidenza il ruolo fondamentaledelle misure di quarantena e controllo dei vege-tali e dei loro prodotti che arrivano o transitanosul territorio nazionale.

Andrea Battisti dell’Università di Padova, cheda anni si occupa di insetti fitofagi a differentespecializzazione ecologico-nutrizionale attivi inboschi di conifere, ha trattato con una visionegenerale gli «Effetti dei cambiamenti climaticisulle popolazioni di insetti forestali». La presen-tazione ha trattato le problematiche derivantidell’espansione degli areali di talune specie e glieffetti sugli ecosistemi forestali di una maggioresopravvivenza degli stadi svernanti unita ad unaaccelerazione dei cicli delle specie polivoltine aloro volta determinate da un aumento delle tem-perature minime invernali e da un incrementodelle temperature estive.

«Le tecniche di monitoraggio e l’utilizzo di datigeoreferenziati» sono state illustrate da PietroLuciano dell’Università di Sassari, che ha posto

con forza il problema dei limiti di qualsiasi inter-vento richiesto e realizzato in bosco solo a danniconclamati e sottolineato l’esigenza di imple-mentare reti permanenti di monitoraggio dellostato fitosanitario georeferenziate unitamenteall’impiego di metodiche di interpretazione deidati mutuate dalla geostatistica, quali strumentiindispensabili per una corretta pianificazione degliinterventi di difesa. L’intervento ha offerto unapanoramica di quanto di più avanzato si stia facendonel campo dell’analisi spaziale e delle relative poten-zialità, senza trascurare le possibilità di utilizzo diinformazioni ottenibili con il ricorso ad immaginimultispettrali acquisite tramite mezzo aereo o dasatellite.

L’incontro è entrato nella specifica tematicadel controllo delle specie nocive con la lettura diOreste Triggiani dell’Università di Bari, che hadedicato molti dei suoi studi agli agenti dimalattia degli insetti nell’ottica di un loro uti-lizzo in ambito forestale, con la presentazione«Strategie di controllo con entomopatogeni».Come naturale parte del tempo è stato dedicatoalle esperienze relative all’impiego del batterioaerobico sporigeno Bacillus thuringiensis var.kurstaki a motivo dell’impiego anche nel nostroPaese di questo agente di controllo per inter-venti sperimentali su vaste superfici forestali condistribuzione mediante mezzi aerei muniti diatomizzatori. La trattazione degli entomopato-geni ha incluso virus e soprattutto nematodi conuna esposizione che ha fatto il punto non solosulle entità già disponibili prodotte in appositebiofabbriche, ma ha anche permesso di deli-neare un quadro della diffusione di questi orga-nismi in natura nei nostri ambienti forestali aclima mediterraneo.

L’utilizzo degli insetti entomofagi per pro-grammi di lotta biologica è stato preso in esameda Riziero Tiberi dell’Università di Firenze, lacui esperienza è maturata proprio in questo set-tore con ricerche che hanno preso avvio constudi afferenti gli ooparassitoidi di lepidotteridefogliatori. La comunicazione, che ha riunitoesempi di varie prove di controllo realizzate inItalia, con esperienze fatte in differenti contestiambientali, ha permesso di porre in evidenza l’e-voluzione di questo settore ed in particolaredelle linee di ricerca relative all’utilizzo combi-nato di antagonisti naturali e semiochimici ingrado di favorire un potenziamento dellarisposta degli ausiliari nei confronti della specietarget da controllare. Altro aspetto evidenziato èstato quello relativo alle possibilità offerte dasistemi di stoccaggio di organismi a temperatureultrabasse per consentire di disporre di elevati

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quantitativi di entomofagi nei momenti piùopportuni per la loro liberazione in natura.

Da ultimo Andrea Binazzi del Centro di Ricercaper l’Agrobiologia e la Pedologia di Firenze delCRA che ad una raffinata preparazione di tas-sonomo ha da tempo unito un forte impegno nellamessa a punto di strumenti per contrastare e con-tenere le invasioni biologiche in ambienti fore-stali, a conclusione dei lavori della giornata hapresentato un contributo dal titolo «Interventibiotecnici realizzati in Italia in ambienti forestali».La lettura si è articolata su tre esempi di espe-rienze realizzate in Italia centrale in ecosistemiforestali per affrontare situazioni fitosanitarie diestrema gravità: l’inusuale e improvvisa grada-zione di Ips typographus (L.) nell’alta Toscana aiconfini con la Riserva Naturale BiogeneticaOrientata di Campolino al cui interno si rinvieneil relitto di una pecceta autoctona tra le più meri-dionali d’Europa; le comparse massali diThaumetopoea proces sionea L. in migliaia di hadi formazioni pure di Cerro e miste di Cerro eRoverella avviate all’alto fusto; la diffusione

epidemica di Matsucoccus feytaudi (Ducasse) neiboschi coetaniformi di Pino marittimo del ParcoRegionale di Migliarino, S. Rossore, Massaciuccoliposti a protezione delle retrostanti pinete di Pinodomestico.

L’entomologia forestale è chiamata oggi arispondere a sfide difficili in un contesto digrande attenzione verso le più generali tema-tiche ambientali e contestuale aggravarsi delleproblematiche fitosanitarie. Nel contempo laricerca scientifica sta aprendo orizzonti diestremo interesse coniugando linee di ricercaavanzata con strumenti di interpretazione dellarealtà mutuati dall’ecologia applicata. I qualifi-cati contributi presentati in questo volume degliAtti, evidenziano l’impegno di gruppi di ricercaitaliani e la loro vitalità nell’acquisire nuoveconoscenze sul funzionamento e sulle rispostedegli ecosistemi forestali, nonché nel realizzareinnovativi interventi di controllo. Il filo condut-tore rimane il rispetto della foresta, della sua ric-chezza biologica, delle sue reti trofiche e dei suoimeccanismi di omeostasi.

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Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 57-67

(*) Dipartimento di Agronomia ambientale e produzioni vegetali. Università di Padova, Agripolis, 35020 Legnaro PD.(**) CRA - Centro di Ricerca per l’Agrobiologia e la Pedologia, via Lanciola 12/a - 50125 Firenze.Lettura tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

Italian forest entomologyIn the world, use and conservation of woods have long been made without taking care of the protection of forests from

harmful insects. At least in temperate or wet tropical zones, for millennia the human economy had a lot of woods at its disposal,often even too many. So, for a long time, the need to prevent damages caused by insects was mostly identified with thepreservation of timber from natural decay.

However, the radical changes that had taken place in forest management following the industrial revolution required to solveseveral new, unexpected problems. In Italy, after the unification, wide new plantations were to be protected and many oldwoodlands of increasing value were threatened by the usual impending dangers; this urgency forced to recruit specialists, to befound among agricultural entomologists only. Although some researchers (mostly physicians) had studied forest insects in thepreceding centuries, it was just in the 1900s that a proper scientific framework of forest entomology was outlined from theinitiatives of some high officials of the ministerial plant protection service. Among these, Giacomo Cecconi is to be consideredthe true founder of the discipline, especially for the publication of a treatise on forest entomology, yet the only availablenowadays in Italy.

The subsequent scientific development proceeded then from the establishment of a specialised research centre in Florenceand the introduction of the first professorships at some Italian universities.

KEY WORDS: forest, entomolgy Italy, origin, development.

L’ENTOMOLOGIA FORESTALE ITALIANA

LUIGI MASUTTI (*) - MARCO VITTORIO COVASSI (**)

NASCITA E CONSOLIDAMENTO DI UNA DISCIPLINA

Com’è avvenuto in generale per le entomolo-gie applicate, sorte al manifestarsi della necessi-tà di assicurare la sopravvivenza di un grannumero di persone o di difendere cospicui siste-mi produttivi, l’entomologia forestale, ultimaarrivata, non ha avuto occasioni d’imporsi comedisciplina fino a che non s’è trattato di salvareingenti patrimoni boschivi nell’interesse di inte-ri stati o di grandi aziende private.

Ciò spiega perché la protezione dei beni silva-ni abbia ottenuto una base scientifica in tempi emodi diversi e, tardi, una vera e propria investi-tura come branca particolare dell’entomologia.

Nel 1718, poco prima di affrontare uno scon-tro decisivo (e per lui fatale) nel tentativo diricuperare parte di quanto perduto con il disa -stro di Poltava (1709), il battagliero re di SveziaCarlo XII pubblica un solenne brevetto di rico-noscimento dell’invenzione di un preparato perla difesa del legname dai fattori biotici didecomposizione. Tale si era infine rivelata l’im-portanza della materia lignea per uno statopesantemente gravato da impegni bellici imma-

ni in terre lontane con la travolgente partecipa-zione ai conflitti che da un secolo tormentavanol’Europa. È, questo, un primo ma isolato esem-pio di preoccupata corsa ai ripari nel quadrogenerale dell’uso di una ricchezza nazionale len-tamente e difficilmente rinnovabile. Soltantopiù tardi, ancora nella Svezia, la scuola di Lin-neo dà con GMELIN (1787) chiari segni di aper-tura all’esame di problemi inerenti alla difesadei boschi dagli insetti. Lo scorcio del ’700 vedeintanto apparire prodromi di studi su tale argo-mento nell’ambiente tedesco.

Saranno tuttavia alcuni importanti eventi poli-tici, economici o naturali, a smuovere l’inerziadi grandi amministrazioni, avviando per forza dicose la vicenda dell’entomologia forestale eoffrendo a quest’ultima un campo di ricercastraordinariamente prodigo di spunti di indagi-ne, a vantaggio, ben presto, della stessa entomo-logia pura, cui ovviamente la disciplina applica-ta dovette fin dall’inizio appoggiarsi.

Il processo prese le mosse quasi automatica-mente nell’Europa centrale, dove la Prussia,sospinta dalla corrente di quello che stava peresplodere come pangermanesimo, incaricò

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Julius Theodor Christian RATZEBURG di redige-re i fondamentali «Forstinsekten» (1837-1844),nell’intendimento di predisporre la difesa di unpatrimonio naturale tedesco, base produttiva diun materiale di crescente, critica importanzaper l’economia nazionale. I fermenti di tale ini-ziativa possono individuarsi già nella «Comple-ta storia naturale di tutti gli insetti forestali dan-nosi» di BECHSTEIN & SCHARFENBERG (1804-1805), preceduta da una memoria del 1798.

In ogni caso, dopo Ratzeburg l’entomologiaforestale va incontro a uno sviluppo inarrestabile.La rivoluzione industriale, che richiede a ritmoincalzante considerevoli quantità di legname facil-mente lavorabile in assortimenti standard, costringei grandi sistemi economici a costituire conifereteovunque possibile e conveniente, anche sacrifi-cando ampie estensioni di boschi di latifoglie. Siperdono così molti vasti querceti primigeni, giàprovati da plurisecolari prelievi per le costruzioninavali e soggetti a ulteriore, crescente depaupe-ramento per allestire traverse ferroviarie1, e siinstaurano le instabili neocenosi di pecceta o pineta,che tanto filo da torcere daranno ai responsabilidella loro difesa antiparassitaria. Ciò ha contri-buito, si noti, a fornire essenziali fondamenti scien-tifico-pratici al controllo delle pullulazioni diinsetti forestali.

È facile convenire, a questo punto, con OttoNÜSSLIN (1905), secondo il quale l’entomologiaforestale può definirsi «in senso genetico» («ingenetischem Sinne») «una scienza tedesca»(«eine deutsche Wissenschaft»). In effetti, nelresto del mondo l’apparire di vere e propriecodificazioni di reperti, basi concettuali e indi-cazioni applicative ai fini della lotta contro gliinsetti segue anche di molto la pubblicazionedei primi trattati medioeuropei. L’Inghilterra,rifatta lentamente la copertura forestale del suoterritorio dopo la quasi totale distruzione delXVI secolo, paga tardi il tributo alla rischiosaintroduzione di conifere allogene: «La trattazio-ne» di Gillanders esce solo nel 1908 e quella diNeil Chrystal nel 1937; nella stessa Svezia unamonografia entomologico-forestale non appareprima del 1939 (TRÄGÅRDH); in Francia, ovepure nel 1847 si era segnalato come interessante

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1 Nelle Isole Britanniche la progressiva scomparsa deiboschi si era conclusa al tempo dei Tudor soprattutto perla necessità di ottenere combustibile per fondere il ferro(YAPP, 1962). Quanto alle richieste dell’ingegneria ferro-viaria, un binario esigeva circa 1500 traverse lignee/km,ciascuna di cm 250x24x14 (pezzatura usuale delle Ferroviedello Stato): totale massa lignea/km = m3 125-130.

anticipazione il «Cours de Zoologie forestière»di Auguste MATHIEU e si erano resi disponibilivalidi sussidi scientifici in campo sistematico efaunistico (si vedano, ad esempio, gli «Insectesdu Pin maritime» di PERRIS (1851-1862) e gli«Insectes nuisibles au Chêne-liège» di LAMEY(1886)), la prima vera opera di entomologiaforestale è redatta da BARBEY (1913).

In altre regioni del pianeta, predestinate sedidi notevoli intraprese selvicolturali, non simanifesta alcun interesse generale per lo studiodegli insetti legati agli ambienti boschivi fino ache qualche accadimento di eccezionale gravitànon scrolla una sorta di sonnolenta abitudine aconsiderare i popolamenti arborei naturali qualirisorse sfruttabili senza riguardo, come in pre-cedenza avvenuto con la pesca oceanica, conl’abbattimento di grossi mammiferi selvatici econ l’uso dell’acqua dolce. È ben vero che alcu-ne calamità affliggevano da tempo immemora-bile la selvicoltura, ma l’economia ne risentivaquasi soltanto per i loro effetti letali sulle piante:erano ovunque temuti, nell’Europa centrale esettentrionale, i saltuari attacchi del «bostrico»[Ips typographus (Linnaeus)] alle peccete equelli del «blastofago» [Tomicus piniperda (Lin-naeus)] alle pinete di silvestre, ma il «grosso»dei malanni causati da insetti forestali e organi-smi connessi prorompe con vari fenomeni inconseguenza della crescente pressione di sfrut-tamento esercitata in disparati modi dall’uomosui popolamenti arborei. I disastri provocati dadefoliatori e da xilofagi alle coniferete centroeu-ropee a partire dalla metà dell’ ’800 sono indi-scussi esiti delle radicali trasformazioni deisoprassuoli già ricordate. L’immensa dotazionedi boschi del Nordamerica non sembra suscita-re eccessivi timori per quanto riguarda le perdi-te dovute ad attacchi di insetti fino al dilagare diLymantria dispar (Linnaeus), introdotta, comenoto, nel 1869 per inconcepibile leggerezza,nonostante le gravi perdite di assortimentilegnosi inflitte da coleotteri scolitidi e dallo«spruce budworm» [Choristoneura fumiferana(Clemens)], tanto che appena a metà del ’900 iservizi forestali degli Stati Uniti investono nellalotta contro gli insetti una somma pari alla metàdi quella spesa per il controllo degli incendi; e leprime organiche trattazioni di entomologiaforestale appaiono a ’900 già inoltrato(GRAHAM, 1929; ANDERSON, 1960). La diffusio-ne della «grafiosi» dell’olmo nei boschi nearticie il suo aggravato ritorno in Europa dipendono,è risaputo, da trasporti transoceanici. L’inattesoesplodere di devastanti infestazioni di Sirex noc-tilio Fabricius a danno del pino di Monterey

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(Pinus radiata D. Don) ha interessato estesepiantagioni di tale conifera (indigena di alcunecircoscritte stazioni costiere della California) inAustralia, Nuova Zelanda e Sudamerica. La«processionaria del pino» [Traumatocampa pi -ty ocampa) (Denis & Schiffermüller)] è un chia-ro esempio di insetto forestale assurto a un livel-lo di primaria importanza per causa di iniziativeumane, prima che le variazioni climatiche incorso favorissero il progressivo, deleterio dif-fondersi di tale defoliatore come di diversi altrifitofagi dei boschi. Quanto ai recenti o recentis-simi allarmi suscitati da un incessante, intercon-tinentale trasferirsi di specie, è fin troppo evi-dente che l’intensificarsi dei trasporti a largoraggio di merci e di persone non cesserà di rime-scolare con esiti imprevedibili flore e faune diregioni del globo finora rimaste biogeografica-mente isolate, sollevando senza tregua problemidi aggiustamento degli scompensi ecologicioltre che di difesa dei boschi.

AVVIO E SVILUPPO DELLO STUDIO DEGLI INSETTI

FORESTALI IN ITALIA

La posizione dell’Italia nei quasi due secoli diprorompente sviluppo dell’entomologia forestaleha seguito con lentezza il progredire delle cogni-zioni e dei criteri d’intervento in ambito europeo.Alle cause generali dell’inerzia elencate all’inizio,si integra la straordinaria varietà di ambienti boscosiche caratterizza il territorio italico, rendendoloun unicum ecologico nella Paleartide occidentale,e che però vanifica ogni possibile progetto comunedi selvicoltura (intesa nel senso più vicino allarealtà e comprendente dunque la cura delle bio-cenosi) concordato tra le diverse amministrazionipubbliche pre-unitarie. Ma perfino nell’impor-tante caso della gestione di coniferete alpine, segna-tamente delle peccete, tradizioni e norme vigentinei singoli stati hanno dato origine a un quadrodi tipi di conduzione che a tutt’oggi, per i lunghitempi richiesti dagli interventi modificatori neisistemi forestali, attende una ricomposizione sod-disfacente sul piano ecologico ed economico purnella diversità delle situazioni consolidate neisecoli.

Parte, per quanto sopra, in ritardo, rispetto alresto d’Europa, una politica forestale nazionale ecosì parte in ritardo anche l’entomologia forestale.Nel 1869 Adolfo di Bérenger ottiene che aVallombrosa muova i primi passi il Regio IstitutoForestale (la «Forstakademie» prussiana diEberswalde operava da quasi quarant’anni), manon vi si apre una scuola di entomologia forestale,

perché il pur valoroso Giacomo CECCONI (v. infra)solo nel 1924, a proprie spese, riesce a pubblicareil prezioso manuale che a lungo ha dimostrato lasua utilità, tanto che finora non è stato seguito datrattazioni italiane di pari respiro. E tuttavia, nelterzo volume dei purtroppo mai completati«Forstinsekten» di ESCHERICH (1931), «G. Cecconi(Florenz)» ed «E. Malenotti (Verona)» sono inclusi«vor allem» tra gli specialisti europei di chiarafama cooperanti alla redazione del monumentale«Lehr- und Handbuch».

Nel nostro territorio, intanto, l’entomologiaforestale comincia ad esigere impegni inattesi. Iprogrammi di rimboschimento inclusi nei pianidi sistemazione dei versanti forzano l’assettoambientale di tante zone alpine e appenninichein un modo che più tardi si dimostrerà dirom-pente sul piano ecologico: si estende l’area divegetazione del pino nero. Ciò apre subito laporta a invasioni di insetti che approfittano diampie superfici ricoperte di giovani piante dellaconifera in questione. Ne fa ben presto espe-rienza nello scorcio dell’ ‘800 il giovane ispetto-re forestale Pietro Montanari, grande precurso-re nella formazione di pinete sull’AppenninoCentrale; gli toccherà affrontare infestazioni ditortricidi blastofagi del genere Rhyacionia. Ma ilpeggio deve ancora arrivare. Sulle petraie delCarso Triestino, tenacemente bonificate conpiantagioni di Pinus austriaca Höss, tra il XIX eil XX secolo i servizi forestali austro-ungaricihanno dovuto affrontare un nemico nuovo, che,come elemento dell’entomofauna italica, certonuovo non è: la «processionaria del pino». È unsegno premonitore, ma la pratica forestale nonlo recepisce fino a che altrove in Italia, dovun-que si consolidi la presenza delle nuove pinete,si squaderna la stessa scena presentatasi aglisconcertati selvicoltori dell’imperial-regiaamministrazione. E non basta. Quando i tecnicidella Milizia Forestale e, in seguito, quelli delCorpo Forestale ricorrono al pino d’Aleppo perrivestire degradati versanti di montagne medi-terranee, T. pityocampa infierisce senza treguacontro le coniferete in via di sviluppo.

Non saranno queste le sole difficoltà oppostedagli insetti all’affermarsi dei pini protagonistidelle sistemazioni montane, ché anzi, all’avanza-re dell’età dei soprassuoli artificiali di un tipoassolutamente nuovo per le nostre regioni, altrifitofagi insorgono a reclamare progressivamenteun posto nei banchetti resi a mano a mano di -spo nibili. La «processionaria» però mantieneun ruolo di assoluto prim’ordine nel piano degliinterventi ritenuti necessari per la difesa deiboschi: negli annui programmi di spesa di tanti

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uffici del C.F.S. compare una voce specifica inti-tolata alla lotta alla «processionaria».

A lungo, dunque, i pini da piantagioni «pio-niere» hanno fornito all’entomologia forestaleitaliana un campo di indagini e di operazioni.

Nel frattempo, però, alla selvicoltura si prepa-rano altri nodi da sciogliere per quanto riguardala protezione dei boschi dagli insetti. È del 1946lo studio di Giuseppe RUSSO su un coleottero sco-litide pullulante nella tenuta di S. Rossore: si lanciacon ciò un allarme sulla vulnerabilità dei pini ter-mofili da parte di uno xilofago che in seguito sirenderà devastante in più parti del territorio nazio-nale (v. infra). Ancora i pini col pinastro subisconol’irrompere di un flagello mai sperimentato, l’in-vasione della cocciniglia Matsucoccus feytaudiDucasse (ARZONE e VIDANO, 1981), come fataleprosecuzione di una marcia cha ha devastato iboschi della Provenza ed è continuata lungo lecoste liguri e tirreniche. È, questa, una dramma-tica parentesi nel processo inarrestabile di malanniche affliggono i popolamenti arborei sorti al rea-lizzarsi dei vasti programmi nazionali di foresta-zione. Rientrano nel quadro anche le difficoltàopposte all’estendersi delle piantagioni di pioppieuroamericani, verso la metà del secolo scorso, dadisparati insetti adattatisi ai nuovi ospiti e allenuove condizioni biocenotiche.

Si rende perciò indispensabile e urgente l’ini-zio di un’attività di studio e di attività sperimen-tale e l’avvio di un continuo controllo speciali-stico delle situazioni più delicate. La ricerca eso-nerata da compiti di applicazione e di vigilanzaguadagna la costituzione (1956) del Centro distudio per l’Entomologia alpina e forestale,voluta da Athos GOIDANICH (1972) presso l’U-niversità di Torino nel campo d’azione del Con-siglio Nazionale delle Ricerche. A Casale Mon-ferrato, l’Ente Nazionale Cellulosa e Carta affi-da ad accreditati entomologi il compito di vigi-lare sulle infestazioni di fitofagi nei pioppeti.Nel 1958 la Sardegna ottiene la sospirata Stazio-ne Sperimentale del Sughero di Tempio Pausa-nia, che nell’àmbito della Sezione biologica puòoccuparsi istituzionalmente delle osservazionisui preoccupanti defoliatori di Quercus suber,dopo le iniziative di lotta intraprese da Boselli eil saggio entomofaunistico di MARTELLI & ARRU(1957-58); si apre così la via alla ricerca di solu-zioni per un problema di antica data, il solo con-templato, si noti, nel quadro dell’entomologiaforestale di BERLESE (1924).

Lo stato generale delle cose giunge infine alpunto di richiedere un impegno di ampio respi-ro scientifico e di adeguata efficienza operativa(MASUTTI, 1996). Rodolfo Zocchi nel 1970

riesce a far sì che il nuovo Istituto Sperimentaleper la Zoologia Agraria di Firenze comprenda laSezione dedicata all’entomologia forestale,campo di studio in cui egli stesso si è meritoria-mente versato introducendo innovazioni con-cettuali fino allora trascurate nello specificoambiente di ricerca nazionale.

Dal 1975, anno di istituzione della prima cat-tedra universitaria di entomologia forestale inItalia (a Padova), fiorisce infine una serie di cen-tri di ricerca e di interventi operativi intesi acontrollare l’azione degli insetti negli ecosistemiforestali, non solo per quanto si riferisce alleconseguenze indesiderate delle loro anomaliedemografiche, ma anche in considerazione delloro molteplice contributo alla dinamica deiprocessi biogeocenotici negli ambienti boschivi.

Nei congressi nazionali italiani di entomologiasi afferma la consuetudine di assegnare unasezione ai problemi inerenti all’ecologia foresta-le. Varie iniziative dedicano attenzione ai pro-blemi della difesa di piante di interesse selvicol-turale s.l.: così il «Convegno sulle avversità delbosco e delle specie arboree da legno» (Firenze,1987), le «Giornate di studio sulle avversità delpino» (Ravenna, 1989), il Convegno «Proble-matiche fitopatologiche del genere Quercus inItalia» (Firenze, 1990), ecc. Nel 2003 si è tenutoa Mantova un convegno, nel corso del qualelargo spazio è stato dedicato all’esposizione dirisultati e di importanti conclusioni circa la par-tecipazione degli xilofagi all’estendersi di catenedi fenomeni straordinariamente utili al giocodegli equilibri biologici nella rete di relazioniinterspecifiche degli ecosistemi di foresta.

Infine, il III Congresso Nazionale di Selvicol-tura (Taormina, ottobre 2008) ha dato modo,con la Sessione intitolata alla protezione delleforeste, di concordare un piano di azione con-giunta tra entomologi e fitopatologi per affron-tare in un ampio orizzonte di indagini (come datempo auspicato e in alcune sedi di ricerca giàrealizzato) le più complesse situazioni di rischioinsorte in vari popolamenti arborei per l’intrica-to concorrere di fattori abiotici, agenti patogenie artropodi a determinare critici scompensi nel-l’assetto delle biocenosi forestali.

FIGURE DI RICERCATORI LUNGO IL FILO

DELLA VICENDA SCIENTIFICA

Sembra quasi un obbligo per chi, a qualun-que titolo, scriva di storia dello studio dellanatura, percorrere almeno di fretta, alla ricercadi possibili citazioni, l’opera di Gaio Plinio

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Secondo (23-24 d.C. - 25.08.79 d.C.), notocome Plinio il Vecchio, per i 37 libri della Natu-ralis historia, che costituiscono quasi tutto quelche resta della vasta e varia produzione del fun-zionario, consigliere politico, comandante diflotta e naturalista sui generis, morto mentre,per curiosità scientifica e, insieme, per altezzadi senso civico, si inoltrava nell’ambiente cam-pano devastato dall’eruzione del Vesuvio.

Qui però, nonostante Plinius «Maior»abbiadedicato l’undecimo dei suoi libri agli insetti,non vi è modo di ravvisare alcunché di riferibilea temi di entomologia forestale se non per alcu-ne dotte sottolineature. Del resto, all’epocadegli imperatori Flavii, come anche ben piùtardi, non ci si curava molto dello stato di salutedei boschi, bastando che questi fornissero mate-riale per le costruzioni civili e, dovunque capi-tasse, per gli apprestamenti militari; solo per laflotta di Ravenna era stato necessario costituirela famosa pineta. Plinio inoltre, desideroso diriunire cognizioni sulle «res naturales» acquisitedal mondo greco-romano, raccoglie o raccattadi tutto, senza preoccuparsi di sceverare le fonti.Quanto ai boschi, egli sa bene quali specie arbo-ree forniscano legno più o meno resistente aglixilofagi; tanto sarà stato sufficiente ad assicura-re al praefectus classis la competenza idonea avalutare gli assortimenti indispensabili ai cantie-ri navali per la flotta del Miseno. E tanto basteràanche per questo ricordo di quel singolare tipodi studioso ante litteram della natura.

Da gran tempo le popolazioni del bacino delMediterraneo si sono accorte dell’esistenza deilepidotteri «processionari» e certamente hannosperimentato il fastidioso o spesso pericolosopotere urticante delle loro larve. Ma quanto c’èvoluto perché due insegnanti del Theresianumdi Vienna, Michael Denis e Ignaz Schiffermül-ler, inserissero finalmente (1775) quella che oggiè nota come Traumatocampa pityocampa, la«processionaria del pino», nelle categorie tassi-nomiche consacrate dalla scienza? Eppure qual-cuno ne aveva dato, più di due secoli prima, unadescrizione che, solo perché largamente in anti-cipo rispetto all’editio decima del linneano«Systema naturae», non poteva esser convalida-ta. Quel qualcuno è stato Pierandrea Mattìoli(1500 o 1501-1577), o Mattiòli, come tuttora lonominano a Trento, città in cui egli operò come«medico cesareo». Tale professione, per un’evo-luzione tradizionalmente diffusa nei secoli finquasi ai nostri giorni, gli ha destato interesse efornito opportunità per lo studio delle realtànaturali. MATTIOLI (1544), attualmente ricorda-to soprattutto quale botanico, trattando vari

insetti secondo lui importanti per la farmacolo-gia, espone un sintetico quadro del manifestarsidelle larve «per le valli del Trentino, dove da pertutto i pini, et i pezzi nascono ne i boschi», perdiffondersi poi a illustrare le virtù emostatichedella seta dei nidi.

Dell’insetto non si saprà poi molto di più finoal resoconto delle osservazioni di DE COBELLI (v.infra) e soprattutto al presentarsi delle grandiinfestazioni nelle pinete del Regno d’Italia.

Ancora un medico-naturalista, FrancescoRedi (1626-1697), si inserisce nella storia del-l’entomologia forestale italiana per osservazionid’avanguardia sulla biologia di numerosi insettie acari galligeni a spese di alberi delle selve diColtano e San Rossore. Frutto di tale impegnosono chiare immagini, rimaste in manoscrittiche si conservano nella Biblioteca NazionaleCentrale e nella Marucelliana di Firenze; iltempo per eseguirle non mancava al Redi, solitoaccompagnare la Corte Medicea in lunghiperiodi di «cacce» nei luoghi di cui sopra. Nellefigure si riconoscono, tra l’altro, gli esiti dell’a-zione di alcuni Pemphigus su pioppo nero, didisparati imenotteri cinipidi e ditteri cecidomii-di su querce e tentredinidi su salici. L’accuratez-za delle illustrazioni è tale che in molti casi gliartropodi cecidogeni si identificano inequivoca-bilmente a livello di specie, in largo anticiporispetto alla descrizione riconosciuta dallascienza.

Tanto vale, si crede, perché alla fama di Fran-cesco Redi, già consacrata nell’ambito della bio-logia e dell’entomologia generale oltre che inquello della letteratura, si aggiunga il merito diaver precorso, per ampiezza e finezza di indagi-ne, lo sviluppo dello studio di artropodi stretta-mente legati alle risorse e ai ritmi vitali di nonpoche specie arboree.

Il perdurante, plurisecolare disinteresse per ladifesa antiparassitaria dei boschi ha negato aibagliori accesi da Mattioli e da Redi le occasioniper dare piena luce a un degno sviluppo delleosservazioni dei due naturalisti in tema di ento-mologia forestale. Meritano dunque, a maggiorragione, d’essere ricordati i contributi recati dalromagnolo Francesco Ginanni (1716-1766), cheha trattato alcuni insetti importanti per la selvi-coltura nell’«Istoria civile e naturale delle PineteRavennati» (1774, ed. postuma), e dal marchi-giano Vito Procaccini Ricci (1765-1844), cui sidebbono attenti rilievi biologici su defoliatori diquerce.

Prima che si apra il trentennio 1880-1910 delvigoroso avvio delle ricerche europee sugliinsetti dannosi ai boschi, in Italia fioriscono iso-

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late iniziative di appassionati naturalisti, cultoridi entomologia a titolo personale. Così il tecnicodi laboratorio anatomico Apelle Dei (1819-1903), senese, in vari scritti discute sull’impor-tanza pratica di fitofagi dannosi a querce e dialcuni xilofagi ospiti di latifoglie e segue l’azionedi loro nemici naturali. E il roveretano Ruggerode Cobelli (1838-1921), autore di pregevoli, tut-tora utili rassegne entomofaunistiche riferite alTrentino, nonché conoscitore della cospicuaopera di Ratzeburg, pubblica nel 1877 unamemoria sulla «processionaria del pino», in cui,oltre alla cura per l’indagine biologica e all’at-tenzione per i problemi applicativi, brilla loscrupolo del medico per l’azione urticante dellelarve sull’uomo e su animali selvatici e allevati.

Con l’affermarsi delle istituzioni pubblichedel neofondato Stato italiano, prende le mosseun impegno di vigilanza sui danni compiutidagli insetti, anche se versato in generale nel-l’ambito della difesa della produzione agraria. Eproprio in tale campo di attività cominciano aschiudersi orizzonti di ricerca su artropodi diambiente e di interesse forestale.

L’ispettore di 1° classe per la fitopatologiaGustavo Leonardi (1869-1918), trentino, la cuiopera è ben nota agli entomologi, non solo ita-liani, per le numerose memorie su acari e, spe-cialmente, su coccidi, è qui segnalato sia per lenotizie da lui fornite sui rapporti tra diaspididi epini mediterranei, sia per l’utilità della rassegnadegli insetti dannosi e dei loro parassiti ricordatiin Italia fino al 1910, sia per la trattazione degliartropodi nocivi all’agricoltura e alla selvicoltu-ra nostrale. Quest’ultima opera è frutto di unacollaborazione col conterraneo Agostino Lunar-doni (1857-1933), ispettore generale del Mini-stero dell’Agricoltura, che nel 1889 ha pubbli-cato una compendiosa trattazione di entomolo-gia agraria e forestale. Un altro funzionario dellastessa amministrazione, il toscano FrancescoBoselli (1897-1964), direttore dell’Osservatorioper le malattie delle piante della Sardegna, daràmolto opportunamente seguito all’elenco degliinsetti nocivi di Leonardi, protraendone la vali-dità della consultazione fino al 1925 (1928); nonsolo, ma sarà anche il primo a ricorrere all’usodel mezzo aereo nella lotta contro i lepidotteridefoliatori delle sugherete sarde (1955).

La novità tecnico-didattica della fondazionedel Reale Istituto Forestale di Vallombrosaschiude, prima o poi, la porta al manifestarsidella figura di un vero entomologo forestale. È ilmarchigiano Giacomo Cecconi (1866-1941),che, docente di materie zoologiche per 25 anninel primo centro nazionale di istruzione supe-

riore in discipline attinenti alla selvicoltura,intraprende un lungo impegno di studio sugliinsetti, dedicandone una buona parte a speciedannose o comunque legate ai boschi. Sarà poila continuazione della sua carriera nella caricadi direttore dell’Osservatorio fitopatologicodelle Marche (ancora il brillante affermarsi diun funzionario dell’amministrazione centralesul piano scientifico!) a proseguire l’attività diricerca nell’àmbito di predilezione. Ne è validatestimonianza la comparsa del già ricordato«Manuale di entomologia forestale». Non vi èspecialista nostrale dello studio degli insetti sil-vani che abbia potuto formarsi senza un assiduoriferimento a tale opera; non vi è neofita delladisciplina che possa affrontare i problemi delladifesa antiparassitaria dei boschi italiani senzaaver almeno preso coscienza della realtà a suotempo configurata nel «Manuale». Nell’operascientifica di Cecconi brillano inoltre pubblica-zioni in tema di biologia e faunistica riguardantiinsetti ed anche altri animali sfruttatori deglialberi o della materia lignea.

Il valore di tale produzione scientifica è accre-sciuto dal manifestarsi in essa di una sorta di fre-schezza d’ispirazione che sostiene e anima laricerca, avendo Cecconi rilevato essersi ai suoigiorni compresa, sotto l’aspetto estetico, clima-tologico, protettivo ed economico, l’importanzadel bosco, oggetto della difesa dalle insidie deiprincipali organismi animali dipendenti dallaproduzione primaria. Non appare ancora, èvero, un accenno al problema ecologico genera-le; manca al mondo scientifico qualche decen-nio perché si delineino convincenti quadri diconcetti in fatto di equilibri biologici negliambienti di foresta; tuttavia Cecconi, quasi pro-cedendo lungo l’iter di una luminosa tradizioneitaliana fluente fin da Vallisneri, è ben conscio diquanto importanti siano gli entomofagi qualifattori di limitazione degli scompensi nei rap-porti tra i fitofagi e le piante ospiti, come testi-moniano gli assidui riferimenti a parassiti e pre-datori, reperibili nelle memorie di carattereapplicativo. E, ben conoscendo le risorse e ilimiti di efficacia della lotta antiparassitaria deltempo, egli prospetta, ovunque possibile, i crite-ri utili per azioni di contenimento delle pullula-zioni.

Si è dunque aperta una nuova fase nella vicen-da della nostra entomologia forestale.

Sempre nell’ambito di una pubblica istituzio-ne di controllo sulle avversità delle piante, quasia reggere un ideale «testimone» a lungo portatocon onore da Cecconi nello studio degli insettisilvani, si pone irresistibilmente in luce un ento-

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mologo che a tale campo di indagini dedicherànon piccola parte dell’impegno di una lunga,operosa esistenza.

A Giuseppe Della Beffa (1885-1969), genti-luomo di rara amabilità, osservatore di ingegnoacuto e ricercatore di entusiastica, instancabilelaboriosità, numerosi entomologi ormai avanticon gli anni debbono molto, se non altro per lafrequente necessità di consultare il ben noto,prezioso trattato sugli animali (soprattuttoinsetti) dannosi all’agricoltura, uscito in tre edi-zioni dal 1931 al 1962. Nella produzione diDella Beffa (una novantina di pubblicazioni incui l’autore esprime con sapiente sicurezza laversatilità dei suoi interessi per vari problemi dientomologia applicata, specialmente agraria) visono contributi di valore allo studio di insettiforestali e alla soluzione dei problemi da essiaccesi, grazie anche alla profonda conoscenzache il biologo piemontese ha acquisito sullarealtà naturale della sua regione. Dai coleotteri«sigarai», ai grossi lucanidi delle latifoglie, alla«tortrice delle gemme dei pini», alla Lithocolle-tis minatrice del platano, all’ «ilotrupe dellegname», ai galligeni dei salici, all’ «afide lani-gero dei pioppi», alla «tentredine del tremolo»,alla «gemmaiola del pioppo bianco» si snodauna collana di saggi di entomologia forestale dacui traspaiono la solida cultura biologica e l’am-pia visione ecologica dell’autore.

A testimonianza della serietà della preparazio-ne di base e dello scrupolo di precisione scienti-fica di Della Beffa stanno le rassegne faunistichee le revisioni sistematiche riguardanti disparatiinsetti, periodicamente apparse nella successio-ne delle memorie: agli entomologi forestali èstata senza dubbio utile, tra l’altro, la monogra-fia sul genere Ips Degeer.

La ricca collezione del materiale biologicoaccumulato dall’attivissimo studioso nella sualunga vita di lavoro è conservata presso il Museodi Storia Naturale di Verona e ivi mantenuta adisposizione di giovani ricercatori desiderosi diapprendere, come Della Beffa desiderava nellospirito di appassionato insegnante che per tantitempi ha reso facile e gradevole anche lo studiodei suoi famosi libri di «scienze» per le scuolesuperiori.

Al dilagante affiorare di problemi di difesadagli insetti nei popolamenti forestali di recentecostituzione e in formazioni «coltivate» rimastea lungo senza cure, è ora disponibile almeno unabbozzo di quadro generale dei rapporti tral’entomofauna e il patrimonio boschivo delnostro territorio, sia pure con preoccupantilacune riguardanti la situazione nelle regioni

mediterranee. Si è venuto definendo uno spazioscientifico in cui possono utilmente inserirsianche entomologi non propriamente «foresta-li», per recare contributi di vario genere all’ar-ricchirsi delle risorse di cognizioni.

Una concisa rassegna di insetti forestali inAlto Adige è pubblicata nel 1929 da Fausta Ber-tolini (1894-1966), professoressa LD di Zoolo-gia nell’Università di Padova. Tale memoria, perquanto scarne siano le notizie in essa fornite,rientra nelle primizie di una nuova fase dellastoria italiana della disciplina, tenuto presenteche solo pochi anni avanti, per caso proprio aPadova, è stato dato alle stampe il «Manuale» diCecconi.

Di insetti forestali s’è occupato in via eccezio-nale Ettore Malenotti (1887-1949), che deve lasua fama alla consumata esperienza di problemidi entomologia agraria, disciplina e pratica incui egli ha dimostrato di possedere un’attitudi-ne non comune a risolvere situazioni difficili,«leggendo» la realtà con una lucida padronanzadelle basi scientifiche e con un vero e proprioocchio clinico per l’interpretazione degli stati difatto. S’è avuto modo di rammentare l’attesta-zione di stima a lui tributata da Escherich. Siosservi tuttavia che nell’intervento di maggiorimpegno attuato in ambiente boschivo Malenot-ti dimostra di muoversi con competenza sulpiano biologico, ma con discutibile pragmati-smo in quello ecologico, contrastando infesta-zioni del microlepidottero Coleophora laricellaHübner mediante invernali irrorazioni dei laricicon oli antracenici, dopo aver manifestato per-plessità circa l’efficacia della diffusione di anta-gonisti naturali (1924, 1935). Ma quanto prati-cata era, nel 1924, la lotta biologica contro inset-ti forestali in Italia? Il che prova, se necessario,che entomologi forestali non ci si improvvisa,nemmeno movendo da solide basi di formazio-ne generale.

Per merito di Vincenzo Lupo (1908-1999),ordinario di Entomologia agraria nell’ateneocatanese, si acquisiscono chiare cognizionimorfo-sistematiche e faunistico-ecologiche sucoccoidei diaspididi di conifere (1944).

A Firenze, intanto, incaricato per un trenten-nio dell’insegnamento di Zoologia forestalepresso la Facoltà di Agraria e direttore delMuseo della Specola, Vincenzo Baldasseroni(1884-1963), pur non dedicandosi alla ricercanell’àmbito dell’entomologia forestale, è unconvinto assertore dell’importanza di protegge-re i boschi dai danni inferti soprattutto dagliartropodi, tenuto conto della necessità di consi-derare le specie fitofaghe come partecipi di un

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gioco di equilibri nel naturale assetto dell’am-biente (1955).

Nel periodo, di cui si sta discorrendo, alcuninotevoli contributi allo studio degli insetti fore-stali in Italia si pongono in luminosa evidenzatra la considerevole produzione di lavori dientomologia agraria di Giuseppe Russo (1897-1972). Oltre alle accuratissime osservazionimorfo-biologiche su coleotteri scolitidi dannosiall’olivo e al pistacchio, dimostratesi fondamen-tali nel bagaglio generale di conoscenze intornoa tali insetti, e alle indagini sui lepidotteri tortri-cidi infestanti le castagne, di deve al professoredell’ateneo napoletano la prima chiara segnala-zione (1940) di un pericoloso infierire del Tomi-cus che molto più tardi verrà identificato comeT. destruens (Wollaston) in pinete litoranee(v.supra). Va ascritto a merito di Russo anchel’aver individuato nell’entità considerata i carat-teri propri di quello che Reitter aveva accurata-mente distinto come taxon rubripennis in subor-dine a Blastophagus (Myelophilus) piniperda(Linnaeus) (1946) e che a lungo gli specialistidel gruppo non hanno valutato adeguatamente,fino al chiarimento sistematico maturato inseguito alle disastrose infestazioni della secondametà del ‘900 nella Francia mediterranea.

Alla metà del secolo scorso l’entomologiaforestale riceve in Italia un ulteriore soffio difreschezza concettuale e un impulso ad avviarericerche in base a criteri che, pur conservando ilrigore dei procedimenti d’indagine, tradizionedelle nostre principali scuole di entomologia,dimostrano di aver fruito di tempestivi confron-ti con esperienze maturate in un’ampia cerchiainternazionale di ambienti scientifici.

Un posto assolutamente speciale nell’innovatoassetto dei principî informatori della disciplinadetiene Athos Goidanich (1905-1987), non sol-tanto per la fondazione e la diuturna amplimi-rante direzione del ricordato Centro di Ento-mologia alpina e forestale del C.N.R., ma ancheper la non comune finezza delle indagini e la dif-ficilmente pareggiabile profondità d’interpreta-zione biologica di fenomeni generalmente pocostudiati della vita di disparati insetti boschivi.Goidanich si è occupato della cecidoforia dilarve di lepidotteri, dell’assoggettamento diafidi alla tutela di formicidi, dell’effetto mimeti-co assicurato a diaspididi degli aghi di abetebianco dal sorprendente affiorare dei candidiallineamenti cerosi parastomatici oltre i follicoligrigiastri delle cocciniglie, ecc. Non è mancato,tra i suoi ammaestramenti, un severo richiamo(1952), rivolto agli alti livelli di specificheresponsabilità pubbliche, sulla necessità di libe-

rare la mentalità corrente dalla convinzione didover difendere i nostri boschi dagli insettinocivi in base a criteri di lotta chimica: Goida-nich vi discute il problema dell’equilibrio biolo-gico in foresta prospettandone i termini in unoschema che solo molto più tardi verrà preso inconsiderazione in opere generali.

Tra i collaboratori dell’illustre scienziato perl’impegno nel settore forestale figura in primopiano, con la sua appassionata, sapiente dedi-zione alla ricerca, soprattutto di campagna, ildottore Achille Sampò, infaticabile, attentoosservatore, la cui competenza e laboriosità nonhanno ricevuto, lui vivente, un adeguato ricono-scimento. Gli si deve, tra l’altro, una dovizia didocumenti fotografici che testimoniano nonsolo la perizia nel cogliere l’occasione ideale delmanifestarsi di un evento raro o straordinario,ma anche la padronanza di una tecnica di ripre-sa assai raffinata per gli strumenti e i procedi-menti del tempo, grazie pure al frequenteappoggio consultorio amichevolmente dato dal-l’espertissimo collega Carlo Vidano.

Dal chiarore dell’alba dischiusa da Cecconiall’entomologia forestale italiana il cielo si è aquesto punto illuminato quanto basta a che ladisciplina possa muovere passi verso nuovi tra-guardi.

Sul piano applicativo apre incoraggianti sce-nari un’iniziativa di Mario Pavan (1918-2003),professore di entomologia agraria nell’Universi-tà di Pavia, autore, all’inizio del curriculumscientifico, di interessanti lavori su organismitroglobî e su contenuti medicamentosi dell’e-molinfa di coleotteri stafilinidi. Di lui è notal’assidua magnificazione dell’importanza di For-mica rufa Linnaeus, insetto presentato comeagente di un generico controllo biologico inforesta; altrettanto conosciuto è l’indefessoimpegno di PAVAN (1981) a favore della diffusio-ne di tale complesso di imenotteri in vari puntidel territorio nazionale, anche per trasferimentoda biotopi alpini ad appenninici e addirittura aboschi di Sardegna (1950-1971). Tanto convintaapplicazione a un’opera indubbiamente merito-ria nell’intento avrebbe conseguito risultatimeglio corrispondenti agli sforzi prodigatiintorno alla metà del secolo scorso dalla pubbli-ca amministrazione, se i criteri d’intervento sifossero concordati con altri centri di ricercanazionali contemporaneamente operanti. L’ini-ziativa ha in ogni caso sortito l’effetto di avviva-re l’attenzione sulla necessità di procedere alladifesa del bosco dai fitofagi dannosi puntandosu risorse di autocompensazione esistenti nell’e-cosistema.

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Quanto alla ricerca, con Rodolfo Zocchi(1922-2001) l’entomologia forestale italiana siimmette in una corrente di studi avviata versoinesplorati orizzonti di indagine biologica cheilluminano ampi spazi nella letteratura a livellointernazionale, soprattutto col fulgore di quelloaperto sulla dinamica di popolazioni. Zocchiproviene dal fertile vivaio di Guido Grandi. Lapalestra entomologica bolognese, improntata aun severo criterio di indagine biologica genera-le, per le applicazioni pratiche opera nel settoreagrario, secondo il quadro disciplinare dellafacoltà di appartenenza nell’ateneo felsineo. MaZocchi ben presto imbocca una sua via, dopoaver dato ottima prova delle sue capacità occu-pandosi di insetti dannosi a colture, che conti-nueranno a impegnare anche in seguito la suaattenzione: egli dedica il suo principale interessedi ricerca a specie che insidiano i boschi. Il suoingegno e l’esperienza maturata durante il tiro-cinio svolto con l’assistenza del giovane e giàvaloroso Giorgio Fiori, gli permettono diaffrontare temi di notevole importanza scientifi-ca e selvicolturale nello studio di disparatiinsetti. Fanno ancor oggi testo, fra l’altro, lemonografie sui lepidotteri piralididi del genereDioryctria Zeller e la magistrale illustrazione deiPhloeosinus Chapuis italiani, coleotteri scolitidisu cui nessun’altra serie di osservazioni è finoraapparsa a far ritenere superato tale resoconto.All’entomologo fiorentino rapidamente la famaacquisita con la brillante produzione consentedi succedere a Baldasseroni nell’insegnamentodi «Zoologia forestale, venatoria e acquicoltu-ra» per il corso di laurea in Scienze forestali inFirenze. È tuttora incomprensibile perché inquesta città sia stato negato l’accesso a una cat-tedra universitaria a Rodolfo Zocchi, che pureha conseguito l’abilitazione alla libera docenzadella disciplina, di cui sopra, primo e raro esem-pio in Italia: la via sbarrata verso il più alto livel-lo dell’insegnamento ha privato l’ateneo delpregio di aprire tempestivamente una scuola dicui le scienze forestali di casa nostra avverti vanoun’urgente necessità. Tuttavia Zocchi, nono -stante ciò, ha trovato modo di avviare un flussodi interessi scientifici che, come altrove ricorda-to, producono, quale frutto iniziale, la sezionedi Entomologia forestale nell’Istituto Sperimen-tale per la Zoologia Agraria, stabilita nel 1970per insistente richiesta e strenuo, appassionatosostegno dallo scienziato. A lui, in ogni caso, variconosciuto il merito di aver promosso, con l’o-riginalità del suo versatile operare, un corsonuovo nell’entomologia italiana, così che gli stu-diosi connazionali, i quali dopo Rodolfo Zocchi

si sono cimentati in ricerche su insetti di habitatboschivi, debbono tutti qualcosa, direttamenteo indirettamente, all’aver egli indicato loro unentusiasmante iter di indagini e di applicazioni.

Da Zocchi in poi, l’entomologia forestale ita-liana può progredire affiancata a un fluire dellericerche ormai necessariamente condizionatodal confronto o dalla collaborazione su scalaintercontinentale. Rimane ancora, tuttavia, spa-zio e onore per contributi provenienti da fontiestranee alle scaturigini delle scienze biologicheforestali.

Vi sono due validi esempi al riguardo.Il primo è offerto da un esasperato tendersi

della situazione fitosanitaria di cospicui popola-menti arborei che richiede un adeguato concor-so di competenze alla soluzione di intricati pro-blemi nell’uso del territorio di intere regioni.Quando in Sardegna si sono svolti i lavori del 1°Convegno Regionale del Sughero (1971), laquestione delle ricorrenti, devastanti infestazio-ni di defoliatori nei querceti è apparsa giàaffrontata con chiarezza, almeno per quantoriguarda la composizione dell’entomofauna deiboschi dell’isola. In tale occasione RomoloProta (1927-2000), impegnato negli studi sul-l’argomento fin dal suo assistentato universita-rio presso l’Istituto di entomologia agraria diSassari, dimostra di possedere un esaurientequadro degli insetti legati alla sughera (1975): sitratta di quasi 300 specie, tra le quali i lepidotte-ri assommano a 37. Su questi ultimo Prota com-pie in seguito una pluriennale serie di osserva-zioni, predisponendo le basi per le ricerche dalui stesso e dai collaboratori successivamentecondotte su Lymantria dispar (Linnaeus). I risul-tati di un paziente procedimento di rilievidemografici su tale fitofago e su altri importantidefoliatori di Quercus suber (DELRIO et al.,1991) sono tuttora disponibili a chi intenda uti-lizzarli in un’elaborazione interpretativa di rarovalore per studi di ampio respiro sulla dinamicadi popolazioni di artropodi forestali soggetti aperiodiche, imponenti variazioni di densità.

In un’altra cornice si delinea l’opportunità dicompiere esaurienti indagini biologiche sudeterminate specie di insetti silvani. Non lo sipuò definire entomologo forestale, ma sicura-mente Cesare Bibolini (1928-1976), entomolo-go vero come pochi altri degni di tale titolo,nella serie delle sue pubblicazioni – notevoli perricchezza di spunti d’indagine e per «assoluta,puntigliosa, illuminata fermezza di precisionescientifica», come si esprime nel suo commossoricordo Athos Goidanich – grazie ad almenodue note, l’una su Gastropacha quercifolia (Lin-

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naeus) (1960), l’altra su Cimbex lutea (Lin-naeus) (1967), rientra in un ideale, ristrettoàmbito di raffinatissimi autori di trattazionibio-ecologiche riguardanti insetti di habitatboschivi.

Vi è solo da rammaricarsi che la brevità impo-sta all’arco dell’esistenza del professore di ento-mologia agraria in Pisa abbia privato la nostradisciplina di ulteriori pregevoli contributi scien-tifici (se non altro, di quelli che, «per perenneinsoddisfazione perfezionistica, sono rimastibellissimi ma inediti», scrive ancora Goida-nich), oltre che tolto agli entomologi suoi esti-matori il beneficio di un leale, intelligente, ami-chevole rapporto di colleganza.

Di estrazione agraria, quale cultore di discipli-ne entomologiche, è pure Italo Currado (1936-2006), che, passato tardi alla zoologia forestaleinsegnando nell’Università di Torino, ha appli-cato, dedicandosi alla ricerca e svolgendo ladocenza nella nuova disciplina, un interessevivo quanto lo è stata la sua preoccupazione diaccedere al più presto alla formazione «foresta-le», che sola permette di penetrare gli arcanadella biologia riguardante gli ambienti di bosco.Currado ha potuto attingere tale traguardomediante una forte attrazione verso lo studiodella natura, sorretto dall’acutezza dell’ingegno,così che gli è stato dato di immettersi con tem-pestività nella corrente delle ricerche inquadra-te in programmi nazionali, per occuparsi essen-zialmente di lepidotteri defoliatori.

La sorte gli ha impedito di procedere, mentrelo spirito continuava a incoraggiarlo a prefigura-re gli sviluppi delle iniziative intraprese.

Con la presentazione dell’opera del professorepiemontese si conclude la rievocazione del pas-sato «forestale» dell’entomologia italiana. Spet-ta ora a coloro che, specialmente se sostenuti egratificati dall’affidamento di un compito istitu-zionale, si muovono lungo la via della tradizionesopra adombrata, lavorare con l’impegno e lapassione che hanno caratterizzato l’azione deiprecursori e che, in ogni caso, oggi sono richie-sti nel misurarsi con il rendimento della ricercain campo internazionale.

RIASSUNTO

I fini pratici dell’uso e della conservazione dei boschihanno esonerato a lungo l’uomo dall’esigenza di dedicareattenzione alla cura dei patrimoni forestali per quanto neriguarda la difesa dagli insetti dannosi: nei millenni vi èstato tanto bosco per l‘economia umana, almeno nelleregioni temperate; perfino, spesso, troppo bosco.

Così, per molto tempo, le necessità di contrastare l’azio-ne di insetti forestali hanno coinciso più che altro con la

preoccupazione di preservare i manufatti lignei dalla natu-rale alterazione. Ciò è valso fino a che radicali trasforma-zioni della realtà forestale hanno imposto di affrontarenuovi, inattesi problemi. E infine l’urgenza di costituire oricostituire popolamenti arborei di vario tipo e scopo haaperto un acceso conflitto tra l’uomo e gli insetti.

L’Italia, per varie cause, si immette tardi nel flusso del-l’entomologia forestale avviato nell’Europa centrale. Sidevono subito affrontare seri problemi di salvaguardia dinuove piantagioni mentre persistono vecchie insidie a ren-dere precarie molte risorse boschive che anche da noistanno dimostrandosi preziose. Eppure, nonostante ciò,fino alla metà del secolo scorso nulla di veramente sostan-ziale appare a rendere efficace il controllo della situazione.Le circostanze infine determinano che in un simile teatropossano figurare attori nelle vesti di entomologi forestali,dopo un plurisecolare, saltuario manifestarsi di volontariindagatori a titolo personale.

Nella vicenda si susseguono invero comparse di ento-mologi fin da date lontane, ma, in ogni caso, sia il MedioEvo sia l’Età Moderna trascorrono senza apprezzabilinovità per l’entomologia forestale. In quei lunghi periodil’Italia, come l’Europa, deve, del resto, affrontare ben altriproblemi che la difesa del bosco dagli insetti. Nel secoloscorso, finalmente, dopo i contributi, brillanti ma sterili,recati da qualche isolato osservatore, l’entomologia fore-stale si avvia in Italia per iniziativa di volenterosi funziona-ri di pubbliche amministrazioni, tra i quali rifulge Giaco-mo Cecconi, da considerare come vero padre della disci-plina nel nostro territorio nazionale. Dopo di lui si sonomanifestate varie figure di ricercatori, ciascuno dei quali,in varia misura, ha concorso a dare corpo e impulso vitaleallo studio degli insetti dei boschi.

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Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 69-77

(*) Dipartimento di Scienze e Tecnologie Fitosanitarie, Sezione Entomologia agraria, Università degli Studi di Catania. Via S. Sofia 100.95123 Catania; [email protected] tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

The impact of introduced exotic insect plant pests to the Italian forest ecosystems More than 500 insect pests occurring in the Italian ecosystems are considered to be exotic (DISIE, 2008). About 200 of these

species were introduced and established in Italy since 1970. The intensification of plant trade between Italy and geographicallydistant commercial partners is considered to be one of the main causes of these introductions. Climatic abnormalities has alsofavored the spread and acclimation of these exotic organisms. Climatic changes influence directly the establishment ofpoikilothermic insects by favoring the survival of a great number of introduced individuals or indirectly through the alterationsinduced in host phenology.

Urban forest trees particularly affected by these exotic insects in northern and central Italy include alder, beech, birch,hornbeam, maple and sycamore trees. These landscape trees have been severely damaged by Cerambicydae Anoplophorachinensis Forster and A. glabripennis (Motshulsky).

The devastating impact of the introduction of the curculionid Rhynchophorus ferrugineus (Olivier) on landscape palms is wellknown. Canary palms [Phoenix canariensis (Hortorum ex Chabaud)] are one of the preferred hosts of this insect native to Asia.From 2004 to 2009, more than 30,000 Canary palms have been killed by this insect in Abruzzi, Apulia, Campania, Latium,Liguria, Marche, Sardinia and Sicily.

Other introduced species such as the Metcalfa pruinosa (Say) (Rhynchota Flatidae), Corytuca ciliata (Say) and C. arcuata (Say)(Rhynchota Tingidae), Phenacoccus madeirensis Green (Rhynchota Pseudococcidae), Ceroplastes japonicus Green andProtopulvinaria piriformis (Cock.) (Rhynchota Coccidae), Cameraria ohridella Descka & Dimic (Lepidoptera Gracillariidae),Paysandisia archon (Burmeister) (Lepidoptera Castniidae), Megaplatypus mutatus (Chapuis) (Coleoptera Platypodidae),Xylosandrus crassiusculus (Motschulsky) and X. germanus (Blandford) (Coleoptera Scolytidae), Callidiellum rufipenne(Motschulsky), Phoracanta semipunctata Fabricius, and P. recurva Newmann (Coleoptera Cerambycidae) are damaging severelyornamental trees in localized areas.

The impact of these introductions is serious at the local level and adversely affects reforestation programs with conifers,chestnut and eucalyptus trees.

The exotic bast scale Matsucoccus feytaudi Ducasse is known as a primary pest of maritime pine trees in western Italy (Liguriaand Tuscany) where this scale is the main agent of the decline of this conifer.

Rapidly expanding in Europe is the Western Conifer Seed Bug Leptoglossus occidentalis Heidmann (Rhynchota Coreidae)infesting several species of conifers. This insect is native to North America, and was introduced into Europe in 1999 and intoItaly in 2001. In Italy, the infestations of the Western Conifer Seed Bug are localized and limited to pines, but they may becomewidespread.

The neartic adelgid Gilletteella coweni (Gillette) is anholocyclic on Douglas fir, Pseudotsuga menziesii. Heavy infestations ofthis aphid have been reported in some nurseries in north and central Italy and on young Douglas-fir trees in Calabria, Sicily andnorthern Apennines.

Damaging effects by the recently introduced the Tingidae Corytuca arcuata (Say) have been observed on oak trees. Similardeclining symptoms by Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu (Hymenoptera Cynipidae) and Xylosandrus germanus (Blandford,)have been reported on chestnut and by the polyphagous Megaplatypus mutatus (Chapuis) on broadleaf trees.

The oriental chestnut gall wasp, D. kuriphilus was accidentally introduced into North Italy in 2002. The gall wasp attackschestnut and causes round galls that reduce shoot elongation and fruit production, and cause twig dieback. The cryptic nature ofthe insect, lying within dormant buds for much of the year, makes the effectiveness of visual plant inspections questionable.Fortunately, an associated parasite of this wasp, Torymus sinensis, was also introduced afterwards mitigating the damage causedby the gall wasp. Two exotic closely related species of longhorned borer beetles attack eucalyptus trees in Italy. Phoracanthasemipunctata which is native to Australia, was introduced into Italy in 1969. It rapidly became a pest and is widespread ineucalyptus growing areas. In 1995, a second species of longhorned borer, Phoracantha recurva was discovered in Italy. This beetleis also widespread in the Mediterranean basin. P. recurva, can stress and kill eucalyptus. Longhorned borers usually attackstressed or damaged plants, sparing vigorous and well maintained trees. Biological control agents have been less effective againstthis new borer than against P. semipunctata. In Sicily and Calabria the egg parasitoid Avetianella longoi Siscaro (HymenopteraEncyrtidae) killed 70-100% of P. semipunctata eggs. Some P. recurva embryos survived the parasitoid attack and emerged aslarvae from parasitized eggs, whereas P. semipunctata embryos never successfully developed in parasitized eggs.

The eucalyptus gall inducer wasps Ophelinus masckelli Ashmead, and Leptocybe invasa Fisher & La Salle (HymenopteraEulophidae) were accidentally introduced into Italy in recent years. A biological control program of O. masckelli is in progresssince 2006 in Calabria, Sardinia and Sicily by releasing the eulophid Closterocerus chameleon (Girault).

Regulatory actions are implemented by the European regulatory agencies at international and national levels in order to curbthis massive introduction of insect pests. These regulatory actions are coordinated by the European and Mediterranean PlantProtection Organization (EPPO), which is an intergovernmental organization responsible for the health of plants and their

FITOFAGI ESOTICI E INVASIONI BIOLOGICHE NEGLI ECOSISTEMI FORESTALI

SANTI LONGO (*)

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INTRODUZIONE

L’assetto delle biocenosi di molti ambienti fore-stali italiani, soprattutto a partire dalla metà delsecolo scorso, ha subito variazioni conseguenti almodificarsi di alcune loro componenti abiotichee biotiche sia per cause naturali che indotte dafattori di ordine economico, politico e gestionalei quali hanno concorso alla diffusione e allo svi-luppo endemico di avversità biotiche (FRANCE-SCHINI et al., 2009). Determinante è il ruolo deicambiamenti climatici che condizionano forte-mente la componente biotica (MASUTTI, 2005).Parimenti importanti sono le invasioni biologicheda parte di fitofagi allogeni alla nostra fauna che,con la globalizzazione dei mercati e con la rapidae intensa rete di trasporto, in numero sempre cre-scente vengono trasferiti, in tempi sempre piùbrevi, in altri ambienti. Nelle aree di nuova intro-duzione, le specie dotate di elevato potenzialebiotico e di ampia valenza ecologica, se trovanocondizioni ambientali idonee al loro sviluppo,possono pullulare divenendo invasive con conse-guenti alterazioni degli equilibri biologici degliambienti colonizzati. Fra le specie invasive pre-minente è il numero degli insetti che, per le lorocaratteristiche biologiche ed etologiche, sonoanche in grado di modificare il loro areale di dis-tribuzione in rapporto alle variazioni termo-igro-metriche nonché alla disponibilità di substratialimentari e riproduttivi. Alcune specie differen-ziano biotipi dotati di un potenziale biotico piùelevato rispetto al resto delle popolazioni origina-rie che, spesso, sono in grado di dar luogo aesplosioni demografiche invasive nei nuoviambienti, anche per l’assenza di efficaci limita-tori naturali.

Secondo i dati del DAISIE 2008 (DeliveringAlien Invasive Species in Europe), nel nostroPaese sono presenti oltre 500 specie di insettialieni, la stragrande maggioranza delle quali èstata accidentalmente introdotta negli ultimi 30anni. Il ritmo attuale di «arrivo» delle speciefitofaghe è calcolato in circa 8 unità per anno (inmassima parte provenienti dalle Americhe e dal-l’Asia), mentre fino all’immediato dopoguerralo stesso numero di specie perveniva in circa 15anni. Delle 129 specie di piante e insetti accli-matatesi in Italia negli ultimi 60 anni (CRAVEDI,2005), un limitato numero è di interesse foresta-le e, la maggior parte di esse, non ha causato ipaventati disastri ecologici o economici, ma èstata assorbita senza risvolti rischiosi come nelcaso del lepidottero fillofago Hyphantria cunea(Drury), «arrestatosi» ai margini di boschi dilatifoglie e limitatosi a infierire su piante isolatee su coltivazioni arboree di interesse agrario(MASUTTI, 2005).

PRINCIPALI INSETTI ALLOGENI DI RECENTE

INTRODUZIONE IN ITALIA

Ben più perniciose, per numerose latifoglieornamentali in ambienti antropizzati, sono lerecenti introduzioni dalle aree di origine asiati-che, dei polifagi Cerambicidi Anoplophora chi-nensis Forster, e A. glabripennis (Motshulsky)ormai diffusi in molti centri urbani dell’Italiasettentrionale e centrale. A. chinensis (COLOM-BO et al., 2005) è specie da quarantena, inseritanella lista A2 dell’EPPO, la cui lotta obbligato-ria è regolamentata dal D.M 9.11.2007; l’insetto,che nelle aree di origine è dannoso anche agli

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protection from the devastating effects of exotic harmful organisms in the country members of the Organization. Its objectivesare to develop common strategies among the country members against the introduction and spread of dangerous exoticorganisms and to promote safe and effective control methods to mitigate their damage after their introduction. EPPO conductspest risk assessments and enacts quarantine actions against damaging exotic organisms at high risk of introduction andestablishment in the member countries. A list (A1 EPPO List) of the most risky quarantinable forest pests has been preparedand includes some defoliators such as the Siberian silkmoth Dendrolimus sibiricus Chetverikov, (Lepidoptera Lasiocampidae)which is a defoliator of conifer trees; Malacosoma disstria Hübner; M americanum (Fabr.) (Lepidoptera Lasiocampidae) andOrgya pseuotsugata (Mc Dunnough) (Lepidoptera Lymantriidae), some bark beetle species of the genus Monochamus(Coleoptera Cerambycidae) Pseudopityophthorus, Dendroctonus, and Ips (Coleoptera Scolytidae) and the Esmerald ash beetleAgrilus planipennis Fairmaire (Coleoptera Buprestidae).

The introductions of these exotic forest insect pests in Italian forests can be prevented by implementing rigorous coordinatedsurveys by the member countries and inspections at the port of entry of each country in the organization. By setting upmonitoring networks to promptly detect the introductions and by delimiting the areas affected by these newly introduced pests,it is possible to contain the infestations in Italian forest ecosystems.

Once new exotic insect pests are introduced, integrated management including appropriate forestry management practices,biological control methods and trapping are recommended, whenever applicable, to contain the devastating effects induced bythese exotic harmful forest insects.

KEY WORDS: climate change, forest insects, range expansion, performance.

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agrumi, nel nostro Paese infesta aceri, ontani,betulle, carpini, laurocelsi, platani e faggi. Inalcuni centri urbani dell’Italia settentrionale hacausato la morte di alberate cittadine nonostan-te le misure di lotta chimica messe in atto e lapresenza di alcuni entomofagi il più importantedei quali è l’imenottero Eulofide esotico Apro-stocerus anoplophorae Delvare (JUCKER et al.,2009). Altro coleottero dannoso è l’asiatico Cur-culionide Rhyncho phorus ferrugineus (Olivier),noto come Punteruolo rosso delle palme che,nel 1992, è stato individuato in Egitto (COX,1993) e successivamente nel sud della Spagna(COX, 1993; BARRANCO et al., 1995). Dall’iniziodel secolo è stato segnalato in Italia nel 2005,nelle isole Canarie nel 2005, in Francia, Grecia,Cipro e isole Baleari nel 2006, in Turchia e aMalta nel 2007 (MIZZI et al.,2009). In Italia l’in-setto, presumibilmente introdotto prima del2004, è attualmente diffuso in molti centri urba-ni delle regioni peninsulari e nelle isole maggio-ri, dove infesta principalmente la palma delleCanarie Phoenix canariensis (Hortorum ex Cha-baud), specie della quale ha causato, in un appe-na un lustro, la morte di oltre 30.000 esemplari,in Sicilia, Campania, Lazio, Sardegna, Marche,Abruzzo, Molise, Calabria, Puglia e Liguria.Nelle palme delle Canarie i primi sintomi foglia-ri visibili consistono in caratteristici tagli conse-guenti alle erosioni praticate dalle larve all’apicevegetativo in accrescimento; più evidenti sono leasimmetrie delle foglie apicali che si manifesta-no poco prima che esse collassino sulle inferiori;a distanza la pianta sembra come capitozzatacon la parte sommitale dello stipite fortementedanneggiata e in uno stato di marcescenza più omeno avanzata. Nei casi in cui le larve del fitofa-go danneggiano gravemente i tessuti meriste-matici si ha la morte della pianta. In caso contra-rio, la palma riesce a sopravvivere all’attaccoanche per alcuni mesi. Altre palme infestate inItalia sono: Washingtonia filifera (Linden exAndrè) H. Wendl, Washingtonia robusta H.Wendl, Syagrus romanzoffiana (Cham.) Glas-sman, Chamaerops humilis L., Butia capitata(Mart.) Becc., Livistona chinensis (Jacq.) R. Br.ex Mart, Phoenix dactylifera L., Phoenix roebele-nii (O’Brien), Trachycarpus fortunei (Hook. F.)H. Wendl, Erytea armata (S. Wats.)., Erytea edu-lis (S. Wats.), Jubea chilensis (Mol.) Baill., eHowea forsteriana Becc. Il Punteruolo rosso èspecie da quarantena inserita nella lista A2 del-l’EPPO e pertanto per il controllo delle infe-stazioni occorre fare riferimento alle «Disposi-zioni sulla lotta obbligatoria contro il punte-ruolo rosso della palma Rhynchophorus ferrugi-

neus» della GURI del 13 febbraio 2008 cherece piscono le decisione della Commissione2007/365/CE. In considerazione del dilagaredelle infestazioni e della scarsa efficacia degliinsetticidi utilizzabili in ambiente urbano per lalotta al Punteruolo, il Ministero della Salute, nelfebbraio 2008, ha autorizzato per motivi ecce-zionali e per periodi limitati l’impiego di alcuniprodotti a base di abamectina, azadiractina,clorpirifos metile, cipermetrina, dimetoato, clo-tianidin e metomil. L’ultima autorizzazione èscaduta nel novembre 2009; attualmente, per-tanto, non è legale l’impiego di tali prodotti peralcuni dei quali è prevista l’autorizzazione defi-nitiva da parte del Ministero. Le difficoltà didiagnosi precoce dell’infestazione, l’attività e laprolificità del Curculionide costringono, in par-ticolare su Phoenix canariensis, all’effettuazionedi interventi ripetuti nel corso dell’anno e aintervalli mensili con notevoli problemi ecologi-ci, tossicologici ed economici. Va tenuto presen-te che, in base al Decreto legislativo n. 194/95 ealla Circolare ministeriale 15 aprile 1999 n. 7,per i trattamenti insetticidi o fungicidi in ambien-te pubblico è possibile utilizzare esclusivamentepreparati registrati come prodotti fitosanitari,nella cui etichetta deve essere specificata l’auto-rizzazione per l’impiego su verde pubblico,nonché la coltura e il parassita che si vuole com-battere.

Minori ripercussioni su piante ornamentali,hanno avuto le accidentali introduzioni del Fla-tide Metcalfa pruinosa (Say), dei Tingitidi delplatano Corytuca ciliata (Say) e delle querce C.arcuata (Say), nonché del Lepidottero dell’ippo-castano Cameraria ohridella Descka & Dimic,della Minatrice fogliare della robinia Parectoparobiniella Clemens e del Castnide delle palmePaysandisia archon (Burmeister) (LONGO,2009). Limitate ad alcuni centri urbani sono,finora, le perniciose infestazioni delle polifaghecocciniglie Phenacoccus madeirensis Green,(LONGO et al., 2009), Ceroplastes japonicusGreen (LONGO, 1985) e Protopulvinaria pirifor-mis (Cock.).

Delle 360 specie di Coleotteri introdotte inItalia nell’ultimo mezzo secolo 27 sono riuscitead acclimatarsi negli ultimi 20 anni (RATTI,2007). Fra le specie di interesse applicato, oltrea quelle prima citate, basti ricordare il Platipo-dide sud-americano Megaplatypus mutatus(Chapuis) dannoso ai pioppi, gli Scolitidi asiati-ci Xylosandrus crassiusculus (Motschulsky) eXylosandrus germanus (Blandford,), nonché iCerambicidi Callidiellum rufipenne (Mot-schulsky), Phoracanta semipunctata Fabricius, e

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P. recurva Newmann, queste ultime due ormaiinsediate anche negli eucalipteti mediterranei.

I casi più significativi di invasioni biologichenegli ambienti forestali italiani sono in numerolimitato, anche se localmente di notevole impat-to, e riguardano in particolare alcune conifere, ilcastagno e gli eucalipti.

Riguardo alle conifere, il caso più grave èquello della Cocciniglia corticicola del pinomarittimo, Matsucoccus feytaudi Ducasse che,introdotta accidentalmente nella Francia meri-dionale negli anni ’50, ha determinato situazio-ni di degrado e sofferenza delle pinete dellaCosta Azzurra con notevoli ripercussioni sull’e-conomia boschiva e sull’aspetto paesaggisticodi questa regione. In Italia i primi danni sonostati segnalati nel 1977 nelle pinete liguri diMonte Nero a Bordighera; attualmente il Mar-garodide è presente anche nelle pinete toscaneprobabilmente a seguito del trasporto di mate-riale legnoso infestato. La diffusione della coc-ciniglia e le sue gravi infestazioni nelle pinetemediterranee sono state anche favorite dallecondizioni climatiche e dalla scarsa efficacia deilimitatori naturali. Nelle pinete francesi del ver-sante atlantico è stato accertato che le piogge el’elevato tasso di umidità relativa sono i fattorideterminanti dell’alta mortalità di neanidi dellacocciniglia al momento della nascita e della dis-locazione prima di fissarsi nelle fessure corticali(RIOM, 1979).

Nella fase iniziale dell’infestazione le pianteproducono essudati resinosi che gemono dallefenditure della corteccia e si verifica notevolefilloptosi. L’intervento degli xilofagi causa il dis-seccamento, parziale o totale, delle piante chemostrano abbondanti resinature e corteccia sol-levata. La diffusione delle morie nelle pinete simanifesta in modo più o meno rapido in relazio-ne alle condizioni stazionali e fitosanitarie deipopolamenti nonché all’età e al vigore delle sin-gole piante. Nella fascia costiera toscana variScolitidi xilofagi hanno trovato abbondantesubstrato riproduttivo anche su altre specie dipini, determinando morie a macchia d’olio chehanno compromesso complessi forestali di ele-vato valore ambientale e paesaggistico e interes-sato alcune aree protette di notevole rilevanzanaturalistica. (BINAZZI et al., 2006).

I pini domestici dell’Isola di Ischia subisconoda tempo le appariscenti infestazioni su tronchie rami della cocciniglia Marchalina ellenica(Gennadius), ancora fortunatamente confinatanell’Isola dove è stata introdotta negli anni ’60da Buchner per i suoi studi sull’endosimbiosi.In Grecia, dove la cocciniglia infesta soprattutto

le pinete di Pinus halepensis, gli apicoltori, inestate-autunno, istallano gli apiari nelle pineteinfestate dell’isola di Thassos e della penisolaCalcidica per consentire alle api di bottinare lamelata, prodotta dalle neanidi della cocciniglia,dalla quale ottengono un caratteristico miele.Nel tentativo di scongiurare la diffusione delCelostomiide nelle pinete peninsulari, il 27.3.1996, è stato emanato un D.M. di lotta obbliga-toria nella regione Campania.

In rapida espansione in Europa è il RincoteCoreide Leptoglossus occidentalis Heidmannche infesta varie specie di conifere; il fitomizo,originario del continente americano, è diffusonella maggior parte degli Stati Uniti, in Messicoe in Canada. In Italia è stato segnalato nel 1999,in provincia di Vicenza. Successivamente la spe-cie è stata riscontrata in Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Trentino e Sicilia. Inoltre è statasegnalata in Svizzera e in Slovenia (BERARDINEL-LI & ZANDIGIACOMO, 2002). Nel continenteamericano il Coreide compie da una a tre gene-razioni all’anno a seconda dell’andamento cli-matico e sverna allo stadio di adulto (talora ingruppi numerosi) in ricoveri vari, spesso all’in-terno di edifici. Le uova sono deposte sugli aghidei pini dei quali si alimentano neanidi, ninfe eadulti pungendo anche i semi di strobili in via diformazione o in fase avanzata di sviluppo, cau-sando una parziale o totale necrosi dei tessutiinteressati dalle punture con conseguente perdi-ta di produzione. In Sicilia orientale, nel 2008,ovature del Coreide sono state raccolte da aprilea settembre su aghi di pino laricio e pino dome-stico; negli strobili di quest’ultima specie sonostate rilevate percentuali di semi danneggiativariabili dal 7 al 49%.

Il neartico Afide lanigero Gilletteella coweni(Gillette), introdotto in Europa dalla Californiaagli inizi del secolo scorso e segnalato in Italianegli anni ’60 (CANTIANI, 1968), svolge un ano-lociclo sull’Abete di Douglas. Le appariscentiinfestazioni registrate in Toscana, in Piemonte,in Lombardia, in Friuli Venezia Giulia, in Cam-pania, in Emilia e Romagna, (PETRALI, 1979),nonché in Calabria negli anni ’90 e più di recen-te in Sicilia (LONGO et al., 2001) hanno, in molticasi, compromesso la vitalità delle piante attac-cate, nonostante la presenza di numerosi ento-mofagi predatori indigeni.

Riguardo ai pini va ricordata la recente segna-lazione in Sardegna della Processionaria deipini, Traumatocampa pityocampa (Den. &Schiff.), (PANTALEONI, com. pers.) che costitui-sce uno dei più importanti problemi per le pine-te mediterranee e sud-europee. E’ presumibile

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che anche nelle pinete sarde il defogliatore tro-verà condizioni ottimali di sviluppo con conse-guenti problemi fitosanitari e di salute pubblica.

Il castagno, introdotto in epoca remota, neinostri ambienti, fino a qualche anno addietroera interessato dagli attacchi sporadici e localiz-zati dell’acaro Tetranichide Oligonychus bicolor(Banks). Al 2002 risale la segnalazione in Pie-monte dell’imenottero Cinipide Dryocosmuskuriphilus Yasumatsu, che attacca sia il castagnoeuropeo che gli ibridi euro-giapponesi. La spe-cie, ormai presente in tutte le aree castanicoleitaliane, è originaria della Cina ed è stata intro-dotta, in epoca remota, in Asia e in parte degliStati Uniti. Le larve del Cinipide causano la for-mazione di galle, su germogli, nervature fogliarie amenti del castagno, dalle quali, nei mesi digiugno e luglio, fuoriescono le femmine alate.Queste ovidepongono nelle gemme entro lequali le larve sviluppano senza manifestare sin-tomi esterni dell’infestazione. Nella primaverasuccessiva, il rapido sviluppo delle larve deter-mina la formazione delle caratteristiche galleche causano un arresto dello sviluppo dellegemme, dalle quali si originano foglie di dimen-sioni ridotte. Infestazioni elevate possono deter-minare un consistente calo della produzione,una riduzione dello sviluppo vegetativo e degliaccrescimenti legnosi nonché un forte deperi-mento delle piante colpite. L’insetto viene diffu-so principalmente con il materiale di propaga-zione; pertanto è necessario esaminare accurata-mente le piantine di castagno da mettere adimora soprattutto se provengono da zone incui il Cinipide è già presente. Scarsi risultatisono stati ottenuti con la raccolta e la bruciaturadelle parti infestate prima della fuoriuscita dellefemmine alate, nel tentativo di rallentare la dif-fusione dell’infestazione. Esito positivo haavuto l’introduzione, in molte zone della peni-sola, del parassitoide di origine cinese Torymussinensis Kamijo (QUACCHIA et al., 2009).

Da temere nei castagneti da reddito è l’ulterio-re diffusione dello Scolitide lignicolo Xylosan-drus germanus, presente in Asia, Stati Uniti edEuropa centrale (Germania, Svizzera, Austria,Belgio e Italia) che può attaccare numerose lati-foglie e conifere sia in piedi che abbattute. Lelarve si alimentano del fungo Ambrosiella harti-gii (Batro) che le femmine trasportano sul lorocorpo e introducono nella pianta ospite almomento della formazione delle gallerie. InAmerica l’associazione di X. germanus con fun-ghi del genere Fusarium è considerato il princi-pale fattore della moria del noce nero (KESSLER,1974, WEBER & MC PHERSON, 1985).

Il neartico Tingide Corythucha arcuata (Say)segnalato in Italia nel 2000, causa, con le puntu-re di alimentazione, caratteristiche decolorazio-ni e, nei casi di forti infestazioni, anche filloptosianticipata delle querce.

Gli eucalipti, introdotti nel nostro Paese apartire dall’800 come piante ornamentali e lar-gamente impiegati nell’ultimo dopoguerra siaper fini industriali che per rimboschimenti,ospitano un limitato numero di specie autocto-ne adattatesi ai nuovi ospiti e poche altre acci-dentalmente introdotte negli ultimi decenni delsecolo scorso. Fra queste ultime scarso impattohanno avuto le presenze del Coleottero Curcu-lionide Gonipterus scutellatus Gyll. (ARZONE,1976) e dell’Omottero Psilloideo Ctenarytainaeucalipti (Maskell) (CAVALCASELLE, 1982). Nel1969 è stata rilevata la presenza del Cerambici-de australiano Phoracantha semipunctata (TASSI,1969), in precedenza segnalato in Egitto (LEPE-SME, 1950); più recente è l’introduzione in Italiadella congenere P. recurva Newmann, 1840(SAMA & BOCCHINI, 2003). Entrambe le specieattaccano alberi debilitati o morti e pertantonon sono da considerare fitofagi primari(WANG, 1995). La sovrapposizione e sostituzio-ne in atto fra i due foracantini è attribuita allamaggiore longevità degli adulti di P. recurva lecui femmine sono in grado di ovideporre anchenei mesi invernali; inoltre, le uova di P. recurvahanno un più rapido sviluppo embrionalerispetto a quelle di P. semipunctata e le larve sitrovano in stadi di sviluppo più avanzati se ledue specie vengono a contatto per l’intersecarsidelle gallerie (PAINE et al., 2001). Nel 1992, adue anni dal ritrovamento in Sicilia e in Calabriadell’ooparassitoide Avetianella longoi Siscaro,sono stati rilevati tassi di parassitizzazione pros-simi al 100% a carico delle uova di P. semipunc-tata (LONGO et al., 1993) della quale l’Encirtide,è un efficace agente di controllo biologico(HANKS et al., 1995); tuttavia esso non sembrain grado di interrompere lo sviluppo delle uovadi P. ricurva e, in presenza di uova delle due spe-cie, parassitizza preferibilmente quelle di P.semipunctata (BYBEE et al., 2004).

La schiera delle entità nocive agli eucalipti,introdotte nel nostro Paese, si è recentementearricchita di due specie di imenotteri Eulofidigalligeni; la prima Ophelinus masckelli Ash-mead, induce caratteristiche galle sulle foglie, laseconda specie Leptocybe invasa Fisher & LaSalle, oltre che sulle nervature fogliari, causa evi-denti deformazioni nei germogli e nei rametti.Le filloptosi delle giovani piante gravementeinfestate ne rallentano lo sviluppo; inoltre, in

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ambienti antropizzati, gli sfarfallamenti simulta-nei di numerosi individui di O. masckelli posso-no creare problemi di natura igienico-sanitaria.Incoraggianti risultati sono stati ottenuti conl’introduzione, nelle regioni interessate alle infe-stazioni, di alcuni parassitoidi specifici (CALECAet al., 2008).

PRINCIPALI FITOFAGI DI TEMUTA INTRODUZIONE

O DI ULTERIORE DIFFUSIONE

Delle numerose specie di temuta introduzionenel nostro Paese, in parte inserite nelle liste EPPO,vanno segnalati alcuni lepidotteri defogliatori qualiil Lasiocampide Dendrolimus sibiricus Chetverikov,originario della Russia e della Cina, ampiamentediffuso in altre zone dell’Asia e dell’Europa doveinfesta varie conifere dei generi Abies, Picea, Larix,Pinus e Tsuga ed è considerato il defogliatore piùdannoso delle foreste di conifere siberiane. (USDA,2003). Da temere è l’introduzione di altre duespecie di Lasiocampidi di origine neartica; di esseMalacosoma disstria Hübner, è ampiamente dif-fusa in Nord America e, in relazione alla spiccatapolifagia delle larve, infesta numerose latifoglie econifere. La congenere monovoltina M. ameri-canum (Fabr.) va incontro a periodiche gradazioniche interessano soprattutto le Rosacee.

Il neartico Limantriide Orgya pseuotsugata (McDunnough) è ampiamente diffuso lungo la costapacifica del Nord America, dal Canada al NuovoMessico, dove infesta prevalentemente Abies ePseudotsuga ma, nelle fasi culminanti delle perio-diche gradazioni, attacca anche Pinus, Larix, Piceae Tsuga, causando estese defogliazioni e dissec-camenti. In ambienti antropizzati i peli che si libe-rano dai ciuffi presenti sulle larve possono causarereazioni allergiche. In Italia i rischi maggiori sipaventano per la Douglasia ma non è prevedibilel’impatto del defogliatore su altre conifere mag-giormente diffuse.

Ben più numerosa è la schiera di coleotteri Scolitidiesotici che si sono acclimatati in Italia. Da temere,per le latifoglie, sono le possibili introduzioni dipolifaghe specie neartiche del generePseudopityophthorus in grado di trasmettere ilfungo patogeno Ceratocystis fagacearum.

Le conifere sono minacciate dalle possibili intro-duzioni di specie dei generi Dendroctonus eMonochamus, quest’ultime vettrici del perniciosonematode fitopatogeno Bursaphelenchus xylophilus.

Riguardo alle numerose specie forestali del genereIps, notevoli preoccupazioni destano gli arrivi ditronchi di larici siberiani infestati da Ips sub-elongatus (Matschulsky) e l’incombente presenza

in prossimità della foresta di Tarvisio di Ips dupli-catus (Sahlberg) che, partendo dalle aree orien-tali, ha colonizzato le peccete dell’Europa centrale(MASUTTI, 2005).

Altra incombente minaccia per i frassini è rap-presentata dalla possibile introduzione, con gio-vani piante o con prodotti legnosi freschi non scor-tecciati, del Buprestide di origine asiatica Agrilusplanipennis Fairmaire. La specie, introdotta inCanada e USA nel 2002, infesta varie specie delgenere Fraxinus e, occasionalmente, anche di Juglans,Pterocarya e Ulmus. Vengono infestate anche piantevigorose sulle quali, in primavera, le femminedepongono singole uova nelle screpolature dellacorteccia. Le larve scavano gallerie serpentine neitessuti cambiali che inducono ingiallimento dellefoglie, deperimento e morte della pianta. Gli adultisfarfallano in primavera e si alimentano dellefoglie delle piante ospiti sulle quali si riproducono(MECTEAU & MARCHANT, 2003).

MISURE DI QUARANTENA E CONTROLLO

Dei molteplici fattori naturali e antropici chefavoriscono le invasioni biologiche di fitofagiesotici, difficilmente controllabili sono quelliconnessi sia con i cambiamenti climatici che congli intensi e rapidi scambi commerciali. Per argi-nare la diffusione di specie aliene, nei 144 Paesiaderenti all’International Plant Protection Con-vention (IPPC), vengono attuate misure di qua-rantena fitosanitaria in forza di un trattato inter-nazionale del 1995, più volte rivisto, gestitodalla FAO con l’obbiettivo di assicurare unacomune ed efficace azione di prevenzione con-tro l’introduzione e la diffusione di parassiti deivegetali e dei loro prodotti, nonché di promuo-vere appropriate misure di controllo degli stessi.Gli strumenti operativi dell’ IPPC sono i ServiziFitosanitari Nazionali (National Plant Protec-tion Organizations (RPPOs), che fungono daorganismi di coordinamento e indirizzo a livellomacroregionale. Per l’Europa e per l’area Medi-terranea l’organizzazione intergovernativa diriferimento è l’EPPO (European and Mediter-ranean Plant Protection Organization) cui ade-riscono 51 nazioni. Per l’Unione Europea ildocumento legislativo di riferimento per il set-tore fitosanitario è la Direttiva 2000/29/CE delConsiglio dell’8/5/1976, recepita dall0 StatoItaliano con il Decreto Legislativo n.214/2005del 19/8/2005.

Per rallentare il flusso di accidentale introdu-zione di nuovi organismi nocivi a livello comu-nitario e nazionale la normativa attuale è orien-

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tata verso l’effettuazione di più rigorosi control-li fitosanitari sia nei punti di arrivo che di par-tenza delle merci sensibili oggetto di trasferi-mento facendo riferimento alle delle liste (A1,A2 e di «Allerta») tenute costantemente aggior-nate dall’EPPO. La lista A1 raggruppa organi-smi di quarantena non ancora ufficialmente pre-senti nell’area dell’EPPO mentre la lista A2comprende quegli organismi già segnalati inalcune zone ma non largamente diffusi e consi-derati sotto controllo ufficiale. Finché non sonorecepite nella legislazione fitosanitaria dei Paesimembri gli organismi delle liste A1 e A2 nonsono ancora da quarantena ma costituisconol’«Action List», contro le quali viene suggeritoagli organi di governo comunitario e nazionalidi predisporre le opportune misure di quarante-na; va tuttavia considerato che tali elenchi nonpossono risolvere il problema del «rischio d’in-troduzione». Nella «Lista di Allerta» sono com-presi gli organismi che possono rappresentareun rischio fitosanitario per la regione EPPO.Tale lista viene annualmente rivista criticamenteal Panel per le Misure Fitosanitarie. Gli organi-smi selezionati dai pertinenti Panel vengono sot-toposti a completo PRA (Pest Risk Analysis) econseguentemente possono essere inseriti nelleListe A1 o A2, ovvero essere rimossi dalla «Listadi Allerta» se il rischio è basso. La procedura divalutazione del rischio PRA prevede: la classifi-cazione e la biologia dell’organismo, la sua dis-tribuzione geografica e le piante ospiti. Inoltreviene valutato il potenziale insediamento nell’a-rea del PRA, le modalità di controllo, il traspor-to e l’impatto economico e sociale.

L’approccio scientifico alla valutazione delrischio richiede approfondite analisi climatiche,la previsione delle risposte dei parassiti ai cam-biamenti climatici, la diagnosi precoce, nonchéla possibilità e i costi di eradicazione. Attual-mente gli insetti forestali inseriti nella «Lista diAllerta» sono i rincoti, Corytuca arcuata, Cte-narytaina spatulata, Leptocybe invasa e Marchali-na ellenica, nonché i coleotteri Diocalandra fru-mentii, Megaplatypus mutatus, Scolytus shevyre-wi e Xylosandrus crassiusculus.

I principali strumenti a disposizione delleOrganizzazioni nazionali di protezione del terri-torio dalle specie invasive consistono nellemisure di quarantena e nei preventivi controllifitosanitari al momento dell’importazione; que-sti, in relazione alle attuali inadeguate strutturedel Servizio Fitosanitario nazionale, vengonoeffettuati su campioni più o meno rappresenta-tivi di tutte le partite di vegetali oggetto di misu-re fitosanitarie. Occorre pertanto potenziare i

Servizi Fitosanitari che, oltre a controllare lemerci in arrivo da aree in cui segnalati organisminocivi di temuta introduzione, dovrebberoavere mezzi e tecnici sufficienti per effettuarecontrolli anche sui turisti che, spesso, con l’in-troduzione di piante ornamentali, diventanoinvolontari vettori di pericolosi fitofagi. Neces-sario è, inoltre, costituire e mantenere sul terri-torio, capillari reti di monitoraggio mirate anchea intercettare tempestivamente i fitofagi dinuova introduzione contro i quali tardive einsufficienti si sono, finora, rivelate le misure dieradicazione e i decreti di lotta obbligatoria.

Per la tempestiva riduzione del livello dellepopolazioni dei fitofagi nocivi sia autoctoni chealloctoni, e per prevenirne l’insediamento indeterminati substrati, gli interventi che è possi-bile realizzare si avvalgono di mezzi selvicoltu-rali, quali le piante esca e la distruzione dei pos-sibili habitat; di mezzi fisici, comprese le trappo-le di vario tipo e l’eliminazione dei focolai; dimezzi chimici ricorrendo all’impiego di insetti-cidi dotati di selettività primaria ovvero applica-ti in modo tale da ridurre i rischi di dispersionedelle molecole tossiche nell’ambiente, o ancoradi sostanze che agiscono sul comportamento,come per esempio i feromoni di sintesi, in gradodi consentire catture massali, ovvero le sostanzeche mascherano la pianta, rendendola quindi«invisibile» al fitofago in fase di ricerca dell’o-spite. Fra i mezzi biologici il metodo propagati-vo, consistente nell’introduzione di entomofagiesotici per ricostituire nelle aree di nuovo inse-diamento i medesimi antagonismi biologici diquelle di origine dei due bionti, ha già fornitoimportanti risultati soprattutto negli agrosiste-mi. In ambienti forestali l’impiego di preparatimicrobiologici è il mezzo di lotta più importan-te, sia per i notevoli risultati già ottenuti con iprodotti a base di Bacillus thuringiensis var. kur-staki (Btk), sia per le interessanti prospettivenell’uso di altri organismi (protozoi, microspo-ridi e nematodi entomopatogeni) o loro prodot-ti contro vari fitofagi.

RIASSUNTO

I cambiamenti climatici e la globalizzazione dei mercatihanno favorito la diffusione di numerose specie esotiche.Sulla base dei dati del DISIE sono oltre 500 le specie diinsetti esotici accidentalmente introdotte in Italia, 200delle quali dopo il 1970. Tuttavia la maggior parte dellespecie forestali non ha causato danni rilevanti nei nostriboschi, mentre perniciose, per le latifoglie ornamentali inambienti antropizzati, sono le recenti introduzioni dallearee di origine asiatiche, dei polifagi Cerambicidi Anoplo-phora chinensis Forster, e A. glabripennis (Motshulsky), e

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per la palma delle Canarie quella del CurculionideRhynchophorus ferrugineus (Olivier). Meno gravi si sonorivelate le conseguenze delle infestazioni dei rincoti Met-calfa pruinosa (Say), Corytuca ciliata (Say), C. arcuata (Say),Phenacoccus madeirensis Green, Ceroplastes japonicusGreen e Protopulvinaria piriformis (Cock.), dei lepidotteri,Cameraria ohridella Descka & Dimic, Parectopa robiniellaClemens e Paysandisia archon (Burmeister) nonché deicoleotteri Megaplatypus mutatus (Chapuis), Xylosandruscrassiusculus (Motschulsky), X. germanus (Blandford) eCallidiellum rufipenne(Motschulsky).

Fra le specie nocive alle conifere, la cocciniglia cortici-cola Matsucoccus feytaudi Ducasse è causa primaria deldeperimento del pino marittimo in Liguria e in Toscana.In rapida espansione nelle pinete italiane è il Rincote Lep-toglossus occidentalis Heidmann, mentre danni di rilievoall’Abete di Douglas, vengono causati dall’Afide lanigeroGilletteella coweni (Gillette). Riguardo alle latifoglie lequerce sono recentemente interessate agli attacchi del Tin-gide Corytuca. arcuata (Say), mentre nei castagneti sta dif-fondendosi il galligeno imenottero Cinipide Dryocosmuskuriphilus Yasumatsu ed è da temere l’ulteriore diffusionedei coleotteri Xylosandrus germanus (Blandford,) e Mega-platypus mutatus (Chapuis). I Cerambicidi australiani Pho-racanta semipunctata Fabricius, e P. recurva Newmannattaccano quasi esclusivamente eucalipti debilitati; laprima specie viene efficacemente parassitata dall’Encirti-de Avetianella longoi Siscaro, e viene gradualmente sosti-tuita dalla seconda contro la quale l’ooparassitoide è scar-samente efficace. Recente è l’introduzione degli imenotte-ri Eulofidi galligeni Ophelinus masckelli Ashmead, e Lep-tocybe invasa Fisher & La Salle, contro i quali incoraggian-ti sono gli esiti di metodologie di lotta biologica. Le speciedelle quali si teme l’introduzione o l’ulteriore diffusionenegli ambienti forestali italiani sono inserite nelle liste del-l’EPPO e includono i lepidotteri defogliatori Dendrolimussibiricus Chetverikov, Malacosoma disstria Hübner, M.americanum (Fabr.) e Orgya pseuotsugata (Mc Dun-nough), nonché varie specie di coleotteri dei generi Ips,Pseudopityophthorus, Dendroctonus e Monochamus, que-st’ultime vettrici del pernicioso nematode fitopatogenoBursaphelenchus xylophilus, e il Buprestide Agrilus plani-pennis Fairmaire.

I principali strumenti a disposizione delle Organizzazio-ni nazionali di protezione del territorio dalle specie invasi-ve consistono nelle misure di quarantena e nei preventivicontrolli fitosanitari al momento dell’importazione. Gliinterventi da effettuare per la tempestiva riduzione dellivello delle popolazioni dei fitofagi nocivi e per prevenir-ne l’insediamento in determinati substrati, si avvalgono dimezzi selvicolturali, fisici, chimici e biologici. Fra questiultimi importanti dal punto di vista applicativo sono gliinterventi basati sull’introduzione di entomofagi dalle areedi origine dei fitofagi esotici e soprattutto sull’impiego diformulati microbiologici.

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Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 79-82

(*) Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Padova. Viale dell’Università 16, 35020Legnaro (Padova).Lettura tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

Effects of climate change on forest insects populationsThe climate change may affect the forest insects directly and indirectly. Climate change has been claimed to be responsible

of the range expansion northward and upward of several insect species of northern temperate forests, as well as of changes inthe seasonal phenology. Several papers have dealt with the prediction of the most likely consequences of the climate change onthe phytophagous insects, including some of the most important forest pests. The temperature is affecting either the survivalof the insects which are active during the cold period, such as the pine processionary moth, or the synchronization mechanismbetween the host and the herbivores, as in the case of the winter moth. An increase of temperature may alter the mechanismby which the insects adjust their cycles to the local climate (diapause), resulting in faster development and higher feeding rate,as in the case of the spruce bark beetle. Indirect effects of climate change have also to be considered, such as those mediatedby plants, natural enemies, competitors, and mutualists.

KEY WORDS: climate change, forest insects, range expansion, performance.

EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLE POPOLAZIONIDI INSETTI FORESTALI

ANDREA BATTISTI (*) - MASSIMO FACCOLI (*)

INTRODUZIONE

Gli effetti del cambiamento climatico sugliesseri viventi sono riconosciuti dal livello indivi-duale a quello di comunità, consistendo princi-palmente in variazioni degli areali dipendentiprincipalmente dalla temperatura (WALTHER etal., 2002; ROOT et al., 2003; HICKLING et al.,2006). Essendo il numero di insetti per unità disuperficie inversamente proporzionale alla lati-tudine e alla quota (SPEIGHT et al., 2008), è pos-sibile concludere che l’aumento della temperatu-ra provochi un’espansione latitudinale e altitudi-nale di molte specie, in particolare di quelle conampio areale che comprendono numerosi paras-siti forestali. Questa ipotesi è suffragata da provefossili relative a risposte a cambiamenti climaticiavvenuti in un lontano passato: le impronte diattività trofiche di fitofagi sono significativamen-te aumentate nella transizione Paleocene-Eoce-ne, caratterizzata da un aumento della tempera-tura (WILF e LABANDEIRA, 1999).

Secondo le previsioni attuali di aumento dellatemperatura (SOLOMON et al., 2007) si possonoaspettare profondi cambiamenti a livello dellabiosfera. Per quanto riguarda gli insetti foresta-li, ci sono vari modi di risposta al cambiamentoclimatico (WILLIAMS e LIEBHOLD, 1995; AYRES e

LOMBARDERO, 2000; HARRINGTON et al., 2001;BALE et al., 2002; PARMESAN, 2006). In primoluogo ci si aspetta un aumento della velocità disviluppo, seppure nei limiti vitali di ciascunaspecie, associato a una crescita del numero digenerazioni e all’alterazione dei piani di svilup-po basati su meccanismi di diapausa prolungata.Le specie che possono meglio cogliere tale occa-sione sono quelle caratterizzate da elevatopotenziale di crescita, polivoltinismo e assenzadi diapausa prolungata. La riduzione del perio-do di tempo passato come larva o pupa compor-ta un aumento della sopravvivenza per unaminore esposizione ai fattori di mortalità (BER-NAYS, 1997). La crescita demografica a sua voltapuò comportare un’ulteriore espansione dell’a-reale, con la possibilità di incontrare nuovepiante ospiti per le specie polifaghe (HARRING-TON et al., 2001; STASTNY et al., 2006).

Le specie che dipendono da una sincronizza-zione favorevole con le fasi di sviluppo dellapianta ospite, come ad esempio Operophterabrumata (L.) (Lepidoptera, Geometridae), pos-sono subire un effetto diretto del clima e unoindiretto attraverso la pianta ospite (BUSE eGOOD, 1996). Altri effetti indiretti sono causatidagli antagonisti naturali, che rispondonoovviamente sia al clima sia alla disponibilità di

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vittime. Questo è il caso di un parassitoide diO. brumata, che risulta essere efficace a bassaquota e del tutto assente al margine superioredell’areale (KERSLAKE et al., 1996). Anche l’au-mento del biossido di carbonio può indurreeffetti indiretti, alterando la qualità della piantae di conseguenza lo sviluppo degli erbivori e deiloro antagonisti (HUNTER, 2001).

ESPANSIONE DELL’AREALE E NUOVI OSPITI

Le anomalie climatiche sono eventi che, comevisto, possono determinare colonizzazioni dinuove aree o nuovi ospiti, come osservato nelcaso della processionaria del pino Traumato-campa pityocampa Denis & Schiffermüller(Lepidoptera, Notodontidae) (BATTISTI et al.,2005; BATTISTI e FACCOLI, 2007). Un processodel tutto analogo si osserva nel caso del coleot-tero scolitide Tomicus destruens (Wollaston)(Coleoptera, Curculionidae), noto e comuneparassita di pini mediterranei. Il riscaldamentoglobale sta infatti determinando un’espansionealtitudinale dell’insetto, portandolo a contattocon specie continentali di pini, finora non anno-verati fra le sue piante ospiti. Esperimenti preli-minari hanno dimostrato che T. destruens è ingrado di colonizzare anche specie continentalidi pino, quali il pino nero (Pinus nigra Arnold) eil pino silvestre (Pinus sylvestris L.). Nonostantegli adulti ne colonizzino le cortecce, il pino sil-vestre non sembra tuttavia essere un ospiteadatto a garantire la schiusa delle uova e il com-pleto sviluppo delle larve. In termini di fecondi-tà delle femmine, lunghezza del tempo di svi-luppo e longevità degli adulti neo-formati, ilpino nero mostra invece risultati simili a quelliottenuti da allevamenti condotti con pini termo-fili (FACCOLI, 2007). Osservazioni di campocondotte in vari paesi mediterranei hanno giàevidenziato casi di popolazioni di T. destruensche hanno ampliato il loro areale fino ad entrarein formazioni costituite da specie continentali dipino dove trovano nei pini neri nuovi ospiti ido-nei al loro sviluppo.

PERFORMANCE E MORTALITÀ

Il cambiamento climatico può avere effettidiretti importanti anche agendo per esempiosulla sopravvivenza di alcuni stadi di sviluppodegli insetti forestali. Recenti studi condottisulle Alpi orientali hanno al riguardo dimostra-to che la mortalità invernale delle popolazioni

del bostrico tipografo [Ips typographus (L.)](Coleoptera, Curculionidae) è strettamentedipendente dalle temperature minime invernalima anche dallo stadio di sviluppo considerato.In particolare è emerso che nel corso dell’inver-no le popolazioni campionate hanno subito unamortalità media pari a circa il 50% degli indivi-dui; tuttavia tale mortalità si è concentrata prin-cipalmente sulle forme pre-immaginali – per lopiù larve di vari stadi – derivate dall’avvio di unaseconda generazione interrotta prima del suocompletamento dall’arrivo dell’inverno (FACCO-LI, 2009). In questo caso, il riscaldamento globa-le può agire sulle popolazioni degli insetti siaattenuando le minime invernali, e quindi la mor-talità, sia accelerando i ritmi estivi di sviluppodella seconda generazione, permettendo cosìalla specie di affrontare l’inverno in uno stadiopiù resistente, quello di adulto.

FENOLOGIA E SVILUPPO

Un recente studio dell’andamento climaticosulle Alpi orientali associato all’analisi dei prin-cipali parametri bio-ecologici delle popolazionilocali di I. typographus ha dimostrato l’esistenzadi una serie di chiari effetti di temperatura eprecipitazione, e delle loro variazioni temporali,sulla fenologia e dannosità di questo pericolosoparassita dell’abete rosso (FACCOLI, 2009). Inparticolare, dal 1922 al 2007 le precipitazioniprimaverili del periodo marzo-luglio, epoca dimassima attività fisiologica della pianta ospite edell’insetto, sono diminuite di circa 200 mm(-22%), mentre dal 1962 al 2007 le temperaturemedie degli stessi mesi sono aumentate di circa2°C (+13%). I danni causati da I. typographussono risultati essere inversamente correlati conle precipitazioni di marzo-luglio dell’anno pre-cedente, ma non con le temperature. Aumentidella temperatura primaverile hanno tuttaviadeterminato variazioni della fenologia dell’in-setto, anticipando lo sfarfallamento degli sver-nanti – e quindi l’avvio della prima genera -zione – di circa 20 giorni in 12 anni. Questo hainoltre indotto un più precoce avvio dellaseconda generazione e quindi, come osservato,una probabile minore mortalità invernale.

FUNZIONAMENTO DEGLI ECOSISTEMI

Recenti estati particolarmente calde e siccitosehanno determinato l’avvio di gravi infestazionidi insetti forestali, ed in particolare di coleotteri

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scolitidi, a carico di conifere. Tutto ciò ha causa-to la scomparsa o comunque l’alterazione diestese superfici forestali in molte regioni delleAlpi meridionali. Fra gli ecosistemi più colpiti visono indubbiamente le formazioni di pino silve-stre, diffusamente colpite da pullulazioni delloscolitide Ips acuminatus (Gyllenhal) (Coleopte-ra, Curculionidae) (FACCOLI et al., 2007). Nellamaggior parte dei casi le infestazioni di I. acumi-natus segnalate sul territorio nazionale interes-sano pinete con prevalente funzione protettiva epaesaggistica; si tratta infatti di boschi situati inaree ad alta frequentazione turistica estiva einvernale. La loro presenza costituisce dunqueun elemento insostituibile del paesaggio alpinoche può venire gravemente compromesso dallapresenza di nuclei di piante morte in piedi visi-bili anche a chilometri di distanza. Inoltre lepinete di pino silvestre rappresentano spessoformazioni pioniere edificate su ghiaioni di sfal-damento di rocce carbonatiche, ambienti diffi-cili e instabili che non consentono un’agevoleevoluzione di suoli e soprassuoli e che sarebbe-ro difficilmente colonizzabili da altre speciearboree. Si tratta di colonizzazioni spontanee dipendii franosi lasciate crescere senza cure parti-colari, e che ora si trovano frequentementeesposte ad avversità di natura parassitaria indot-te dalle difficili condizioni stazionali e dallacompromessa vigoria degli alberi. In tale sfavo-revole situazione vegetativa, i cambiamenti cli-matici - fra cui il variato ritmo delle precipita-zioni, la sempre più breve e sottile coperturanevosa e le crescenti temperature estive (SOLO-MON et al., 2007) - possono contribuire ad inne-scare gravi processi di deperimento. Le recentianomalie climatiche sembrano infatti avere unruolo determinante negli equilibri fra pianteospiti e fitofagi (ROUAULT et al., 2006), indebo-lendo i primi a vantaggio dei secondi o influen-zandone profondamente la diffusione, comeosservato nel caso di altri parassiti forestali(BATTISTI et al., 2005 e 2006).

CONCLUSIONI

Il problema delle intense pullulazioni di inset-ti forestali presenta anche forti risvolti di naturasociale. Vi sono infatti nuove esigenze di prote-zione dei boschi dettate ad esempio da fini este-tico-paesaggistici o ricreativi, come nel casodelle estese defogliazioni che spesso modificanol’aspetto di ampi versanti, creando allarme nel-l’opinione pubblica, o dagli intensi attacchi discolitidi in pinete litoranee o alpine di località

turistiche. Nel quadro biocenotico non sonoinoltre da trascurare le conseguenze dell’au-mentata disponibilità di prede animali a favoredi uccelli e mammiferi insettivori. Ciò riveste unparticolare interesse per quanto riguarda la qua-lità degli habitat di specie a rischio, individuatenell’ambito delle reti di protezione della natura.

RINGRAZIAMENTI

Gli autori sono riconoscenti alla Regione delVeneto, Servizi Fitosanitari e Servizi Forestali,per il sostegno al presente lavoro nell’ambitodel progetto ‘Monitoraggio fitosanitario delleforeste’.

RIASSUNTO

Il cambiamento climatico agisce in modo diretto e indi-retto nei confronti degli insetti forestali. L’azione direttaconsiste nel causare l’espansione dell’areale in latitudine ein altitudine, in particolare per le specie delle foreste tem-perate dell’emisfero settentrionale, e nell’indurre cambia-menti fenologici. Tali effetti possono avere conseguenzerilevanti nella dinamica di popolazione e nei danni econo-mici che questi insetti possono causare. L’aumento dellatemperatura ha causato l’innalzamento delle zone colpiteda specie termofile e l’aumento del numero di generazioniin specie polivoltine. Gli effetti indiretti consistono princi-palmente nell’alterazione della qualità nutritiva dell’ospi-te, che si ripercuote a livello di organismi antagonisti,competitori e mutualisti.

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(*) Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi di Sassari, Via E. De Nicola, 07100 Sassari; [email protected] tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

Phytosanitary monitoring techniques and utilization of georeferentiated dataThe use of techniques for monitoring forest pest insects has been lately developed and widened also thanks to the availability

of new survey technologies and georeferentiated data. The present review reports the direct and indirect population monitoringmethods, techniques for the forecast and localization of infestations and their spatial-temporal distribution especially regardingthe following species: Matsucoccus feytaudi Ducasse (Rhynchota Margarodidae), the Lepidoptera Zeiraphera diniana Guenée(Tortricidae), Lymantria dispar (Linnaeus) (Lymantriidae), Thaumetopoea processionea (Linnaeus) and Thaumetopoea pityocampaDenis & Schiffermüller (Thaumetopoeidae), Epirrita autumnata (Borkhausen) and Operophtera brumata (Linnaeus)(Geometridae), the Coleoptera Scolytidae Ips typographus (Linnaeus), Ips amitinus Eichhoff, Ips duplicatus Sahlberg, Pityogeneschalcographus Linnaeus, Tomicus destruens (Wollaston), Dendroctonus frontalis Zimmermann and Dendroctonus ponderosaeHopkins. A list of regional monitoring networks is also supplied together with a suggestion of carring out a single Italian forestphytosanitary network.

KEY WORDS: forest pest insects, monitoring techniques, spatial distribution, infestation forecasting.

TECNICHE DI MONITORAGGIO FITOSANITARIO E UTILIZZO DI DATI GEOREFERENZIATI

PIETRO LUCIANO (*)

PREMESSA

In ambiente forestale generalmente si opera suestese superfici nelle quali spesso, per l’acclivitàdei luoghi e la struttura dei popolamenti, non èagevole muoversi e ancor più è difficoltoso com-piere operazioni di rilevamento delle avversitàbiotiche. Per superare in parte tali difficoltà sisono compiuti notevoli sforzi per definire metodidi monitoraggio e studiare modelli previsionaliutili anche alla realizzazione d’interventi di lotta.

La relativamente recente disponibilità di stru -menti di rilevazione e di rappresentazione delterritorio (telerilevamento e GeographicalInformation Systems) e di georeferenziazionedei dati di campo (Global Positioning System)ha permesso un significativo avanzamento nellepossibilità di indagare e descrivere fenomenibiologici complessi assemblando dati spaziali etemporali (LIEBHOLD et al., 1993; BARRY LYONSet al., 2002). Tutto ciò, integrato con l’impiegodi metodi diretti di monitoraggio (come il con-teggio di stadi di sviluppo, la valutazione deidanni e/o il prelievo di campioni biologici) ol’utilizzo di metodi indiretti di valutazione del-l’abbondanza delle popolazioni (come l’uso didispositivi di cattura quali le trappole a feromo-ni) o del rilevamento dei danni da esse prodotti

anche con metodiche di «remote sensing» (conaerei, satelliti e droni) (RILEY, 1989), consenteattualmente la costruzione di modelli previsio-nali particolarmente attendibili di pullulazionie/o di diffusione sul territorio delle avversità.

Nel presente lavoro, viene offerta una rasse-gna esemplificativa di quanto è stato realizzatoin campo forestale sia per lo sviluppo di metodidi campionamento sia per la costruzione dimodelli demografici e per la previsione delleinfestazioni. In particolare, vista la notevolemole di dati a disposizione, si è limitata la disa-mina a ciò che di particolarmente significativo èstato fatto su Matsucoccus feytaudi, su alcunespecie di Lepidotteri defogliatori di latifoglie edi conifere e di Coleotteri Scolitidi legate a coni-fere. Sono, quindi, trattate per ciascuna speciele acquisizioni più rilevanti sullo sviluppo dimetodi di campionamento diretti e indiretti esull’impiego di dati georeferenziati.

RHYNCHOTA

Matsucoccus feytaudi Ducasse (Margarodidae)Il Margarodide, dopo aver determinato, a

partire dagli anni ’50, estese morie delle pinetedi pino marittimo del sud-est della Francia si è

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diffuso prima in Liguria (COVASSI e BINAZZI,1992) per giungere verso la fine degli anni ’90in Toscana (CAMPANI et al., 2005). In questaregione, oltre ad applicare strategie di conte-nimento delle infestazioni (BINAZZI, 2005), si èprovveduto dal 2000, nell’ambito del ProgettoMETA (Monitoraggio Estensivo dei boschidella Toscana a fini fitosanitari) (ROVERSI etal., 2001), a realizzare un’apposita rete dimonitoraggio della popolazione del fitomizobasata su controlli annuali in 129 stazioni geo-referite, in ciascuna delle quali, durante ilperiodo di volo dell’insetto, è stata espostauna trappola a feromoni, nella quale fondo edispenser sono stati sostituiti ogni 2 settimane;il conteggio dei maschi catturati è stato effet-tuato in laboratorio al microscopio stereosco-pico (MARZIALI et al., 2009). I dati di presen-za/assenza di M. feytaudi, raccolti dal 2000 al2006, sono stati spazializzati mediante l’impie-go dei poligoni di Thiessen, ottenendo mappedella distribuzione della cocciniglia per cia-scuno degli anni d’osservazione. Per simularel’espandersi dell’infestazione, dato che la dif-fusione del fitomizo avviene prevalentementeper trasporto delle neanidi di prima età ad

opera del vento, si è considerato come fattoreprevalente la direzione dei venti dominanti e siè inoltre tenuto conto della presenza di cenosiforestali a prevalenza o a compartecipazionedi pino marittimo. Con il calcolo della cost-dis-tance, si è quindi giunti a definire per ogni sitoancora indenne la distanza a costo minimoaccumulato (least-accumilative-distance) dalbordo dei poligoni che rappresentavano learee già infestate (BERRY, 1993; MCGREW eMONROE, 1993). L’attendibilità del modellodi diffusione ottenuto è stata ogni anno verifi-cata a posteriori con rilievi di campo. Le ela-borazioni dei dati di cattura hanno evidenzia-to una veloce diffusione della cocciniglia nelleprovince toscane con un progressivo amplia-mento dell’area colonizzata proprio lungo ledirettrici dei venti dominanti, fornendo inol-tre l’indicazione delle aree di nuova coloniz-zazione e di quelle a maggiore rischio d’infe-stazione nell’anno successivo (fig. 1). I datiottenuti hanno permesso infine di localizzarein maniera proficua gli interventi selvicoltura-li e biotecnici di tipo fitosanitario volti a ral-lentare la diffusione del pericoloso fitomizo(MARZIALI et al., 2009).

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Figura 1Diffusione di Matsucoccus feytaudi in Toscana nel 2006 e modello previsionale per il 2007 (da MARZIALI et al., 2009).

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LEPIDOPTERA

Zeiraphera diniana Guenée (Tortricidae)Quando si parla di metodi di campionamen-

to, di modelli demografici e di georeferenzia-zione dei dati non si può trascurare l’impegnoprofuso da un largo stuolo di ricercatori sullaTortrice grigia del larice. Infatti, indagini con-dotte dal 1949 al 1977 nella valle dell’AltaEngadina, valutando in 20 siti la densità dellelarve di III-V età su campioni di rametti efoglie raccolti annualmente da 400 larici,hanno evidenziato come la specie abbia avutoall’interno della valle fluttuazioni di abbondan-za cicliche e sincrone dell’ampiezza di 9 anni(FISCHLIN, 1982) (fig. 2).

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Figura 2Densità larvali di Zeiraphera diniana osservate in 20 siti nellavalle dell’Alta Engadina nel periodo 1949-1977 (il lato destro delgrafico rappresenta i siti da 1 a 10 lungo il lato ovest della vallecon esposizione generalmente a sud-est; il lato sinistro del grafi-co riporta i dati dei siti da 11 a 20 con esposizione prevalente anord e nord-ovest) (da FISCHLIN, 1982).

Rilievi condotti, con la medesima tecnica dicampionamento, in cinque valli alpine (figg. 3e 4), pur confermando l’esistenza di cicli sin-croni di abbondanza del tortricide al loro inter-no, hanno invece dimostrato, con la correlazio-ne incrociata e l’analisi spettrale dei dati, l’esi-stenza di ritardi temporali nella manifestazionedei picchi di popolazione, che aumentano pro-gressivamente fino ad un massimo di circa 2anni, nel passare dall’ovest all’est dell’ArcoAlpino (Tab. 1), confermando l’esistenza diondate di spostamento della popolazione fra levalli (PRICE et al., 2006). Sono state compiutenumerose indagini ed elaborate diverse teorieper spiegare l’andamento del fenomeno, adesempio lo studio effettuato da DELUCCHI

(1982) sul ruolo dei parassitoidi ha evidenziatocome essi abbiano una bassa mobilità e cheverosimilmente non sono capaci di incidere

Figura 3Localizzazione lungo l’Arco Alpino di 5 valli nelle quali sonostati compiuti rilievi sulle variazioni di abbondanza della popo-lazione di Zeiraphera diniana (Br = Briançonnais, France; Go =Goms, Svizzera; UE = Alta Engadina, Svizzera; VA = ValleAurina, Italia; Lu = Lungau, Austria) (da PRICE et al., 2006).

Figura 4Densità larvali di Zeiraphera diniana in 5 valli dell’Arco Alpinodal 1949 al 1989 (da PRICE et al., 2006).

Tabella 1 – Ritardo in mesi del picco di popolazione ottenutodall’analisi spettrale incrociata dei dati di densità di Zeirapheradiniana in 5 valli dell’Arco Alpino dal 1949 al 1989 (da PRICE etal., 2006).

Valle Br Go UE VA Lu

Briançonnais (Br) 0Goms (Go) 9 0Alta Engadina (UE) 12 3 0Valle Aurina (VA) 12 5 4 0Lungau (Lu) 20 12 10 8 0

sulla diffusione della specie; modelli basatisulla qualità del cibo indicano onde di trasferi-mento nella direzione est-ovest (BJØRNSTAD etal., 2002) opposta a quella effettivamente veri-ficata. La teoria più accreditata ritiene che ladispersione a distanza sia operata dagli adulti,che sono favoriti nella migrazione dai venti pre-dominanti sull’Arco Alpino, che spirano ap -punto da ovest verso est (BALTENSWEILER eRUBLI, 1999; PRICE et al., 2006). Certamente leindagini sviluppate sulla Z. diniana hanno for-temente contribuito ad enfatizzare l’importan-

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za degli studi sulla distribuzione spazio-tempo-rale delle popolazioni entomatiche e a dare unasvolta innovativa nel settore dell’entomologiaforestale, incoraggiando l’avvio di ricerche dilungo periodo, che pur scontando la ripetitivitàdi metodi diretti di campionamento e di onero-si rilievi di campo, sono spesso le uniche chepermettono di esprimere giudizi compiti sufenomeni biologici complessi e di vasta scala.

Lymantria dispar (Linnaeus) (Lymantriidae)Il limantride è, come noto, uno dei lepidotteri

su cui è stata sviluppata una mole rilevantissimadi indagini volte a definire metodi di campio-namento della popolazione nei diversi stadi disviluppo, anche con la finalità di prevederne lepullulazioni e programmare gli interventi di lotta(per una sintesi vedi quanto riportato da DOANEe MCMANUS, 1981). Per i vincoli di spazio postialla trattazione ci si limita a illustrare quanto fattoin Sardegna ad iniziare dallo studio, avviatonel 1964 dal Prof. Romolo Prota, delle fluttua-zioni di abbondanza della specie allo stadio diadulto, condotto con l’ausilio di una lampadatrappola per 40 anni. I rilievi sono stati effettuatiin una sughereta della Sardegna nord-orientalee il mezzo di cattura ha permesso di compiereosservazioni sui voli e l’abbondanza allo stadioadulto di oltre 300 specie di lepidotteri foto-sensibili (PROTA, 1973). Fra essi L. dispar,Malacosoma neustrium (Linnaeus) (LepidopteraLasiocampidae) e Tortrix viridana (Linnaeus)(Lepidoptera Tortricidae) sono risultate le speciepiù abbondanti e dannose delle oltre 30 viventia spese del fogliame di sughera. In particolare illimantride e il lasiocampide hanno dimostratodi avere fluttuazioni di tipo periodico di ampiezzavariabile fra 8 e 9 anni, ma fra loro sfasate, conun ritardo di un anno della prima specie sullaseconda; T. viridana ha invece manifestato flut-tuazioni di tipo temporaneo con un ampio numerodi anni di latenza fra due massimi successivi(DELRIO et al., 1991; LUCIANO et al., 2003) (fig.5). Al culmine delle fluttuazioni la densità dipopolazione allo stadio di larva è risultata taleda determinare la defogliazione totale delle sughe-rete circostanti il sito di localizzazione della trap-pola. Tale metodo di monitoraggio pur utilissimorisulta tuttavia difficilmente replicabile su scalaregionale, dato l’alto numero di trappole neces-sarie e i problemi connessi con la loro quotidianagestione. Si è quindi optato per l’adozione anchein Sardegna di un metodo di monitoraggio esten-sivo basato sul conteggio delle ovature del liman-tride. Infatti, proprio per la loro evidentecolorazione paglierina e il lungo periodo di per-

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Trattamento con Btk

0

5000

100000

15000

20000

25000

1964

Lymantria dispar Malacosoma neustrium Tortrix viridana

1967

1970

1973

1976

1979

1982

1985

1988

1991

1994

1997

2000

2003

Ad

ult

i ca

ttu

ra

ti (

n.)

Figura 5Catture annuali di adulti delle principali specie di lepidotteridefogliatori forestali ad una lampada trappola (TempioPausania, loc. Cusseddu). La freccia nera indica l’anno in cui èstato eseguito un trattamento con Bacillus thuringiensis kurstaki(da LUCIANO et al., 2003).

manenza in campo (tutto l’autunno e tutto l’in-verno), le ovature sono state ritenute in Europa,in Nord Africa e negli Stati Uniti d’America lostadio ottimale per il monitoraggio della popo-lazione di L. dispar. Negli USA la densità dellaspecie è stata generalmente stimata attraverso ilconteggio diretto di tutte le ovature presenti suglialberi e sugli arbusti di piccole parcelle campionee i risultati sono stati espressi poi in termini asso-luti come numero per ettaro (CAMPBELL, 1967e 1973). Più recentemente sono stati definitimetodi di campionamento basati su una combi-nazione di parcelle a dimensione fissa e varia-bile, impiegando in quest’ultimo caso un prismaottico per l’individuazione delle piante su cuiconteggiare le ovature (WILSON E FONTAINE,1978). Altra tecnica impiegata è stata quella comu-nemente nota come «camminata di cinque minuti»,che prevede l’osservazione e il conteggio delleovature mentre si cammina nel bosco; trascorsicinque minuti, il numero rilevato è trasformatoin densità assoluta attraverso un’equazione diregressione precedentemente definita (WILSONet al., 1981). Con studi comparativi si è comunquedimostrato che il metodo della parcella di gran-dezza fissa pari a 0,01 ettari è risultato superioread altri in un’ampia scala di abbondanza dellaspecie (KOLODNY-HIRSCH, 1986). La densitàdelle ovature espressa in termini assoluti è statausata in numerosi studi condotti nella ex-Yugoslavia(MAKSIMOVIC, 1953; MAKSIMOVIC et al., 1970),in Italia (LUCIANO E PROTA, 1981) e in Marocco(FRAVAL et al., 1978). Proprio a partire da unmetodo di campionamento studiato nelle sughe-rete di quest’ultimo Paese, si è realizzata inSardegna una rete di monitoraggio che coprela gran parte dei boschi a querce dell’Isola e for-nisce annualmente previsioni sull’abbondanzadi L. dispar. Nella sughereta della Mamora, posta

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sulla costa atlantica del Marocco, FRAVAL e col-laboratori (1978) hanno compiuto uno studioparticolarmente puntuale della distribuzionedelle ovature su 1361 piante ricadenti su unasuperficie quadrata di 5 ettari. Per ciascuna piantahanno registrato il numero medio di ovature pre-senti sulla parte decorticata del tronco, quelleentro 4 m dal suolo e il totale; dall’elabora-zione di questi dati hanno inizialmente definitoche l’unità di campionamento da adottare in tuttii casi dovesse essere l’intera pianta. Hanno quindiproceduto ad applicare i seguenti metodi di cam-pionamento:– scelta a caso di 34 piante con il sorteggio del -

le rispettive coordinate (fig. 6 A);– individuazione su ciascuna di tre rette paral-

lele, distanziate di 56 m, di 10 piante, distantil’una dall’altra 20 m (fig. 6 B);

– esame di 10 piante successive e allineate perdirezione cardinale a partire da un punto diriferimento comune centrale (fig. 6 C).

Tutti e tre i metodi di campionamento hannofornito una stima attendibile del numero mediodi ovature per pianta, tuttavia l’ultimo si è rivela-to il meno oneroso e più facilmente applicabileanche su vasta scala, come verificato nellaMamora nell’inverno 1974-75 su una rete dimonitoraggio con siti distanti circa 6 km(fig. 6 D). Questo metodo di campionamento èstato adottato, come detto precedentemente,anche in Sardegna, dove, a partire dall’inverno1979-80, è stata impostata la rete di monitorag-gio di L. dispar (LUCIANO et al., 2002). Essa si èrivelata particolarmente utile a compiere previ-sioni sul rischio di defogliazione nelle diverseformazioni forestali sarde, consentendo tra l’al-tro la tempestiva individuazione dei primi focolaid’infestazione caratteristici della fase di progra-dazione del limantride. Dall’esame dei dati piùche ventennali è stato inoltre possibile verificarecome l’ampiezza temporale delle fluttuazioni diabbondanza di L. dispar sia influenzato dalle

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Figura 6Illustrazione dei 3 metodi di campionamento utilizzati per definire il numero medio di ovature di Lymantria dispar per pianta in 5 etta-ri di sughereta e densità di ovature rilevata con il metodo C nella foresta della Mamora nell’inverno 1974-75 su una rete di monito-raggio con siti distanti circa 6 km (da FRAVAL et al., 1978).

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condizioni fitoclimatiche delle diverse areeboschive. Infatti, le sugherete maggiormentedegradate da un eccessivo sfruttamento zootec-nico e da frequenti lavorazioni a favore di erbaiautunno-vernini, e ormai ridotte a bosco-pasco-lo, sono esposte a rischio frequente di defoglia-zione e il limantride ha manifestato alte densitàdi popolazioni ogni 5-6 anni con defogliazioniche si ripetono per 2-3 anni consecutivi. Lesugherete localizzate in ambienti poco accessibilicon mezzi meccanici e poste in aree a pastoriziatradizionale meno intensiva, che conservanogeneralmente il sottobosco tipico delle zonemediterranee, sono invece risultate a rischioperiodico di danno in quanto le fluttuazioni deldefogliatore hanno un’ampiezza di 8-9 anni. Learee subericole in cui l’uomo è intervenuto limi-tatamente o quelle contigue a formazioni forestaliin cui dominano i boschi di leccio o di roverella,che vegetano quindi in un ambiente più comples-so, risultano invece a rischio saltuario di danno,con infestazioni di L. dispar che si ripetono aintervalli di oltre 10 anni (LUCIANO et al., 2002).

L’ampia disponibilità di dati e la georeferen-ziazione delle 282 stazioni di osservazionehanno più recentemente consentito l’applica-zione di tecniche d’interpolazione dei dati infunzione della distanza fra essi, come quella del«kriging» che permette di predire valori scono-sciuti da dati raccolti in luoghi conosciuti. Insostanza questi metodi di analisi consentono diesprimere la variazione spaziale di un feno-meno a partire da relativamente pochi dati noti.Con queste tecniche è inoltre possibile asso-ciare alla variabile principale osservata (nelnostro caso la densità di ovature) altre covaria-bili come frequenza delle infestazioni, diffu-sione della pianta ospite, caratteristichegeo-pedologiche o climatiche di un territorio(«cokriging»). La spazializzazione dei dati didensità delle ovature impiegando la frequenzadelle pullulazioni come covariabile ha per-messo quindi la costruzione di mappe partico-larmente significative di distribuzione dellearee infestate come quelle ottenute per gli anni1986-93 (fig. 7). Esse pongono in evidenza il

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Figura 7Principali comprensori forestali della Sardegna e mappe di distribuzione spaziale della densità di ovature di Lymantria dispar ottenu-te con l’interpolazione dei dati, raccolti in 282 stazioni georeferenziate dal 1986 al 1993, impiegando la frequenza delle pullulazionicome covariabile (tecnica del cokriging). L’abbondanza delle ovature è stata raggruppata in due classi, rispettivamente al di sotto e aldi sopra della soglia di danno stabilita in 100 ovature per stazione (COCCO et al., 2010).

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diffondersi dell’infestazione in diversi compren-sori forestali dal 1986 al 1989 (fase di prograda-zione); la massima estensione dell’infe stazioneraggiunta nel 1990 (41% delle stazioni infe-state) e la rapida diminuzione dell’abbondanzadi popolazione negli anni successivi (retrogra-dazione). Le mappe, evi denziando l’evoluzionedelle infestazioni, la localizzazione dei focolainei vari comprensori forestali e le aree più fre-quentemente attaccate dall’insetto, dando unarappresentazione molto significativa del feno-meno in termini spazio-temporali (COCCO etal., 2010).

La rete di monitoraggio si è rivelata infineindispensabile nella programmazione di inter-venti di lotta microbiologica per il contenimentodelle popolazioni di L. dispar in fase di avanzataprogradazione. Proprio la disponibilità dei datidi abbondanza delle ovature ha permesso latempestiva delimitazione delle aree esposte arischio di defogliazione e la programmazioneadeguata di trattamenti con mezzo aereo(LUCIANO et al., 2003), che dal 2001 hannoassunto carattere estensivo e nell’arco di undecennio hanno interessato oltre 110.000 ettaridi sugherete sarde.

L’applicazione di metodi di monitoraggiodiretto è generalmente molto onerosa e si è rite-nuto quindi di poter limitare lo sforzo di cam-pionamento ricorrendo a metodi indiretti, comela cattura dei maschi a trappole a feromoni.Purtroppo tale metodo nel caso di L. dispar, purcon la disponibilità di un efficacissimo fero-mone di sintesi (+ disparlure) e di efficentissimidispositivi d’intrappolamento dei maschi (comela trappola Lure N Kill della Hercon Division,Health-Chem Corporation di New York), nonha fornito dati attendibili. Dal 1983 al 1987 inciascuna delle stazioni di rilevamento dell’ab-bondanza delle ovature si è proceduto ancheall’esposizione di una trappola a feromoni.Dall’elaborazione dei dati non è emersa alcunacorrelazione fra catture alle singole trappole enumero di uova per sito (fig. 8). Tale risultatopuò essere giustificato sia per la competizionefra sorgenti artificiali di feromone e abbondanzadi femmine presenti in campo sia per l’influenzache il rapporto dei sessi ha nel determinare lasuccessiva abbondanza di popolazione(LUCIANO, 1989). I dati raccolti in Sardegnahanno trovato conferma in quelli ottenuti suscala «regionale» negli USA (fig. 9), dove la den-sità delle ovature fu sostanzialmente correlatacon la successiva intensità di defogliazionementre ci fu solo una ridotta correlazione incro-ciata fra defogliazione e catture di maschi

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Figura 8Principali comprensori forestali della Sardegna in cui sono statieffettuati, nel periodo 1983-87, rilievi sulla densità di popola-zione di Lymantria dispar allo stadio di uovo e con catture atrappole a feromoni (i dati sono espressi come valori medi percomprensorio forestale omogeneo e sono riportati come log din + 1) (da LUCIANO, 1989).

Figura 9Relazione fra conteggio di ovature, pupe e catture di maschi(dati raccolti in 150 siti) di Lymantria dispar e defogliazione (rile-vata con mezzo aereo) in Massachusetts negli anni 1985-91 (daLIEBHOLD et al., 1995).

(LIEBHOLD et al., 1995); a seguito di tali acquisi-zioni negli USA l’impiego delle trappole a fero-moni è ormai limitato, con finalità d’allarme, allearee a rischio d’espansione del temuto defoglia-tore.

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Thaumetopoea processionea (Linnaeus) (Thau-metopoeidae)

Da primi decenni del secolo scorso fino all’ini-zio degli anni ’90 in Italia gli attacchi di questodefogliatore sono rimasti per lo più limitati asingole piante, viali alberati e piccoli nuclei diquerce caducifoglie in condizioni di ecotono. Apartire dal 1995 T. processionea ha assuntoun’importanza crescente per il susseguirsi diforti ed estesi attacchi non solo in ambienticaratterizzati dalla presenza di querce medioeu-ropee, come la farnia, ma soprattutto in com-plessi forestali dominati da specie caducifogliedella fascia submediterranea come cerro e rove-rella (ROVERSI, 1997; ROVERSI et al., 1997;CAMERINI et al., 2002). In Toscana, la comparsamassale di questo fitofago, per le implicazioniconnesse con la presenza di ingenti quantità dipeli urticanti portati dalle larve, ha condizionatopesantemente le attività forestali e impedito lanormale fruizione del bosco (ROVERSI et al.,2002) e ha suggerito di avviare ricerche finaliz-zate a definire metodi di rilevamento utili a pre-vederne le infestazioni. In particolare, nel com-plesso del Demanio regionale della Foresta diS. Luce (PI), estesa su 1640 ha, dal 1996 sonostate individuate 26 stazioni permanenti dimonitoraggio. In ciascuna di esse si è procedutoannualmente (in autunno-inverno) al prelievo,dalla porzione più alta della chioma di 10 pian-te, di 10 rami della lunghezza di 2 m, e su di essi

è stato effettuato il conteggio delle ovature pre-senti nonché la stima della fecondità del lepi-dottero. La raccolta sistematica dei dati e la lorospazializzazione ha permesso di ottenere dellecarte annuali di abbondanza della popolazioneallo stadio di uovo (fig. 10) e di programmaretempestivamente interventi di lotta microbiolo-gica, rivelatisi particolarmente efficaci nel con-tenere l’ultima pullulazione del temibile lepi-dottero (ROVERSI et al., 2008).

Thaumetopoea pityocampa Denis & Schiffer-müller (Thaumetopoeidae)

A causa dei cambiamenti climatici, e in parti-colare per l’innalzamento delle temperatureinvernali, si sta assistendo ad una progressivaespansione, in latitudine e altitudine, delle areea pino infestate dalla processionaria (BATTISTI etal., 2005 e 2006). Per monitorare il fenomeno eprogrammare eventuali interventi di lotta, dal1999 al 2003, in Portogallo, Italia e Francia,sono state condotte indagini per definire unattendibile sistema di monitoraggio basato sul-l’impiego di trappole a feromoni (JACTEL et al.,2006). In test di campo si è stabilito che il nume-ro di maschi catturati incrementa significativa-mente con la dose di pityolure fino ad un massi-mo intorno a 10 mg; le trappole INRA «platesticky» si sono dimostrate quelle con la più altaefficienza di cattura e il numero di maschi cattu-rati è stato significativamente più alto nelle trap-

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Figura 10Spazializzazione dei livelli di presenza delle ovature di Thaumetopoea processionea in 26 stazioni georeferenziate collocate nel com-plesso del Demanio regionale della Foresta di S. Luce (PI) (al passare dal verde al rosso si ha incremento della densità delle ovature)(dati raccolti nell’ambito del Progetto META e forniti da P. F. Roversi).

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pole regolarmente ripulite. Successivamente, in14 aree a pino marittimo è stata studiata la rela-zione fra il numero di maschi catturati e la den-sità dei nidi invernali, utilizzando un numerocrescente di trappole attivate con basse dosi dipityolure. La sperimentazione condotta hadimostrato che l’impiego di quattro trappoleattivate con 0,2 mg di feromone può consentiredi monitorare, con uno sforzo di campiona-mento accettabile, la densità di popolazionedella processionaria per ettaro. L’attendibilitàdi tale disegno di campionamento è stata testatain 33 aree forestali differenti per specie di pinoed età dei popolamenti ricadenti in una varietàdi regioni geografiche (Francia, Italia e Porto-gallo) da sempre infestate o più recentementeinteressate dalla diffusione dell’insetto. I risul-tati di tale impiego estensivo delle trappolehanno mostrato una significativa e positiva cor-relazione (R2 = 0,71) fra il numero medio dimaschi catturati per giorno e il numero totaledi nidi invernali per ettaro nella stessa genera-zione, indipendentemente dalla regione dicampionamento. La correlazione con il livellod’infestazione nella generazione successiva fuugualmente positiva per tutte le regioni anchese meno significativa (R2 = 0,65) (fig. 11). Que-ste indagini suggeriscono che nel caso dellaprocessionaria del pino l’impiego delle trappo-le a feromoni è un metodo appropriato e con-veniente per ottenere una valida stima dell’ab-bondanza di popolazione del defogliatore (JAC-TEL et al., 2006).

Epirrita autumnata (Borkhausen) eOperophtera brumata (Linnaeus) (Geometridae)

In ambienti dove la copertura vegetale èomogenea è possibile fare ricorso a metodi dimonitoraggio indiretto e remoto, come imma-gini aeree o satellitari, per seguire l’evolversi suvasta scala di manifestazioni di danni. È questoil caso di E. autumnata e di O. brumata, defo-gliatori dei boschi di betulle della Scandinavia,le cui pullulazioni sono da qualche anno moni-torate via satellite (JEPSEN et al., 2009). In par-ticolare, con la finalità di generare serie tempo-rali della distribuzione delle defogliazioni pro-dotte dagli attacchi dei due geometridi, è statasaggiata l’attendibilità delle immagini spettro-radiometriche a moderata risoluzione per valu-tare ogni 16 giorni l’indice normalizzato delladiversità di vegetazione. Inizialmente è statastabilita in aree campione la relazione fra ladensità di larve e l’intensità della defogliazionee come quest’ultima influenzasse la riflettenza,misurata nel vicino infrarosso e nel canale del

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Figura 11Regressione fra il numero medio dei maschi di Thaumetopoea pit-yocampa catturati giornalmente a 4 trappole a feromoni e ilnumero di nidi d’inverno per ettaro in pinete situate in Portogallo(area infestata) (triangoli pieni), Italia (zona di espansione) (qua-drati vuoti), Francia (area infestata) (cerchi pieni) e Francia (zonadi espansione) (cerchi vuoti). (a) Nidi costruiti dalle larve dellastessa generazione (n) e (b) nidi tessuti dalle larve della genera-zione successiva (n+1) (da JACTEL et al., 2006).

rosso. Dall’insieme dei dati raccolti si è giuntialla conclusione che aree con e senza defoglia-zione visibile possono essere discriminate conelevata affidabilità; le successive verifiche dicampo del modello ottenuto ne hanno dimo-strato l’attendibilità nel predire la quantità diaree con defogliazione visibile (fig. 12). Gli stu-diosi scandinavi concludono che il rilevamentovia satellite degli andamenti delle defogliazionipuò essere un prezioso mezzo anche per gene-rare dati indiretti di dinamica di popolazionedei due lepidotteri su scala regionale (JEPSEN etal., 2009).

COLEOPTERA

Recentemente nel nord-ovest della Slovacchia,ricorrendo al conteggio delle camere nuziali ealla successiva spazializzazione dei dati è statastudiata la distribuzione di 4 specie di Scolitidi.In particolare, in un territorio di oltre 1100 km2

ricoperto da boschi di abete rosso, in 15 siti sonostati abbattuti 10 esemplari co-dominanti infe-

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stati da scolitidi e di ciascuno sono stati control-lati 5 settori lunghi 50 cm (alla base del tronco, ametà del tronco, appena al di sotto della chioma,a metà della chioma, nella parte alta della chio-ma). Su ognuno di questi ultimi è stato deter-minato il tipo di gallerie presenti e l’infestazio-ne è stata espressa come numero di camerenuziali per dm2 di superficie (TUR CÁNI eHLÁSNY, 2007). L’analisi spaziale dei dati con-dotta con il metodo «kriging» ha permesso diottenere delle mappe di distribuzione dellediverse specie di xilofagi in base a isolinee d’in-festazione, che hanno evidenziato come: Ipstypographus (Linnaeus) è presente dove la col-tura è da tempo in deperimento; la diffusione diIps amitinus Eichhoff è limitata alle zone piùelevate (presso il confine con la Polonia); Ipsduplicatus Sahlberg e Pityogenes chalcographusLinnaeus sono più frequenti a sud (fig. 13)(TURCÁNI e HLÁSNY, 2007).

Tomicus destruens (Wollaston) (Scolytidae)Per questo Scolitide, che può essere conside-

rato come la più seria avversità delle pinetemediterranee, sono stati messi a punto metodidiretti ed indiretti di campionamento, come adesempio quelli adottati nelle pinete toscane,che permettono di ottenere informazionisostanzialmente diverse sull’attività degli adul-ti. In particolare, con la raccolta di getti diPinus pinea, effettuata con l’ausilio di piatta-forme aeree e di forbici telescopiche, è statostabilito che gli adulti dello scolitide sono rin-venibili all’interno delle gallerie di maturazio-ne per buona parte dell’anno, con picchi diabbondanza nel periodo primaverile-estivo(fig. 14). Invece, l’impiego di trappole funnelattivate con (-)-α-pinene, ha evidenziato cheessi compiano i voli di trasferimento verso lepiante deperienti, sulle quali riprodursi, esclu-sivamente nel corso del periodo autunno-ver-

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Figura 12Mappe annuali di distribuzione delle aree della Scandinavia con un indice di defogliazione superiore al 14% (in nero); per esse ilmodello aveva predetto una severa defogliazione. In verde è riportata la distribuzione delle foreste di betulle (da JEPSEN et al., 2009).

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nino, anche se con due massimi di abbondanzarispettivamente in autunno e fra la fine dell’in-verno e l’inizio della primavera (fig. 15) (SAB-BATINI PEVERIERI et al., 2008). Quindi il meto-do di campionamento va attentamente finaliz-

zato alla fase del ciclo biologico che si vuoleindagare e dall’integrazione di diversi metodi èpossibile definirne compiutamente il suo svol-gimento.

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Figura 13Mappe di distribuzione di 4 specie di Coleotteri Scolitidi nel nord-ovest della Slovacchia (le isolinee d’infestazione sono state deter-minate separatamente per ciascuna specie in funzione dell’intensità degli attacchi, del settore della pianta infestato e dell’importanzaper la protezione della foresta) (da TURCÁNI e HLÁSNY, 2007).

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Figura 14Presenza di adulti di Tomicus destruens in getti di Pinus pinea etemperature giornaliere (Marina di Alberese) (da SABBATINIPEVERIERI et al., 2008).

Figura 15Numero medio (± E. S.) di adulti di Tomicus destruens catturatia trappole a feromoni a Marina di Alberese fra la fine di settem-bre 2003 e l’inizio di ottobre 2004 e temperature giornaliere (daSABBATINI PEVERIERI et al., 2008).

Page 51: Monografia XVIII

Dendroctonus frontalis Zimmermann (Scolytidae)Negli Stati Uniti d’America per valutare il

rischio d’infestazione da parte di D. frontalisnei boschi di pino dell’Arkansas è stato svilup-pato un metodo basato sulla raccolta via satel-lite di dati. In particolare nelle Ouachita Moun -tains è stata studiata la relazione fra i dati rac-colti in 2012 punti di campionamento e l’indi-ce normalizzato della diversità di vegetazione,che è in relazione con la densità degli alberi, laloro età e l’area basimetrica, ottenendo eleva-te correlazioni fra i livelli di rischio determi-nati in campo e quelli valutati con i rilieviremoti. Con questa tecnica si riesce ad indivi-duare le zone a diverso rischio d’infestazionepoiché si ha una riflettenza nel vicino e medioinfrarosso diversa in funzione dell’età, delladensità e dell’area basimetrica dei pini. L’ap-plicazione estensiva di questa tecnica consen-tirebbe di limitare considerevolmente gli one-rosi rilievi di campo; infatti essa è risultatapiù affidabile anche delle mappe del rischiod’infestazione ottenute con la spazializzazio -ne dei dati raccolti direttamente in foresta(fig. 16) (COOK et al., 2007).

Dendroctonus ponderosae Hopkins (Scolytidae)Le infestazioni di questo xilofago stanno met-

tendo a rischio la sopravvivenza di circa 80milioni di ettari di foreste di pini nell’ovest delNord America. La localizzazione delle areeinfestate e la stima della loro estensione sononormalmente svolte attraverso foto aeree checonsentono di rilevare l’arrossamento dellechiome delle piante attaccate. Questi rilievisono necessari, vista la vastità dell’area interes-sata, anche per programmare gli interventi diabbattimento delle piante in base alle capacitàdi lavorazione delle industrie del legno. Perridurre l’onerosità dei rilievi con mezzo aereo èstato operato un confronto con quelli satellita-ri, che tra l’altro con una solo foto di IKONOSo di QuickBird possono rispettivamente copri-re una superficie di 121 e 272 km2, rispetto ai47 km2 di una foto aerea in scala 1:20000. Lacomparazione fra le immagini multispettraliIKONOS e le foto aeree ha permesso di verifi-care che le prime permettono di rilevare il 71 eil 92% degli attacchi rispettivamente in caso dibassa infestazione e di media infestazione. Si ègiunti quindi alla conclusione che l’uso delleimmagini multispettrali IKONOS è un validometodo operativo (Fig. 17) (WHITE et al. ,2005).

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Figura 16Mappe del rischio d’infestazione da parte di Dendroctonus fron-talis nel bacino idrografico del Winona North Alum. In rosso sonoriportate le zone ad alto rischio d’infestazione; in verde quelle arischio moderato e in blu quelle a basso rischio. Le mappe, cheinteressano una superficie di circa 120 km2, sono state costruiteusando i dati raccolti il 3 agosto 1999 dal Landsat 7 ETM+ (mappain alto); i dati raccolti il 22 ottobre 1999 sempre dal Landsat (mappaal centro) e con l’interpolazione dei dati di campo rilevati in 2012punti di campionamento (usando la tecnica della distanza inversaponderata) (mappa in basso) (COOK et al., 2007).

CONCLUSIONI

L’ampia disponibilità di metodologie e dimezzi di rilevamento diretto e indiretto dellepopolazioni entomatiche dannose nonché ditecniche di rilevamento aereo e satellitare delleloro infestazioni permettono di ipotizzare larealizzazione di reti di monitoraggio su estese

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superfici, in grado di fornire elementi utili per lasalvaguardia dei boschi anche in un contestocome quello italiano, caratterizzato da un diver-sificato mosaico di formazioni forestali. Ciòappare particolarmente urgente non solo aseguito delle profonde modificazioni delle fito-cenosi indotte dall’azione antropica e dai cam-biamenti climatici in atto ma anche per poterfronteggiare adeguatamente le crescenti emer-genze fitosanitarie, derivanti non solo dall’in-tensificarsi e dall’estendersi delle infestazioni diinsetti fitofagi e nematodi fitoparassiti indigeni,ma anche dalla sempre più frequente introdu-zione accidentale e dalla diffusione epidemicadi specie nocive provenienti da altri areali.

Attualmente in Italia sono attive alcune retiregionali di monitoraggio dello stato fitosanita-rio dei boschi, che utilizzano estensivamentequalcuno dei metodi di campionamento degliinsetti fitofagi precedentemente illustrati. Dalleinformazioni raccolte risulta la situazione ripor-tata nella Tabella 2.

La costruzione di tali reti sta permettendo diaffrontare le problematiche di difesa fitosanita-ria delle foreste sulla base dell’annuale acquisi-zione di elementi utili per la definizione delle

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Fig. 17Immagini aerea (sopra) e satellitare (sotto) della stessa area fore-stale con evidenziata la distribuzione delle chiome arrossate (inrosso nella foto sopra e in verde in quella sotto) dei pini attacca-ti da Dendroctonus ponderosae (da WHITE et al., 2005).

Tabella 2 – Reti di monitoraggio dello stato fitosanitario deiboschi attivate sul territorio di alcune regioni italiane.

Regione Anno di Finalitàattivazione

Trentino 1992 Monitoraggio fitosanitariodelle foreste

Friuli 1994 Inventario fitopatologico forestale

Veneto 2004 Monitoraggio fitosanitario delle foreste(FITFOR)

Lombardia 1995 Rete di monitoraggio sullecondizioni dei boschi

Toscana 2000 Monitoraggio estensivo dei boschidella Toscana (META)

Sardegna 1980 Monitoraggio dei lepidotteridefogliatori delle querce

2000 Rete sul deperimento delle querce

Calabria 1999 Monitoraggio dei lepidotteridefogliatori

scelte gestionali e per l’individuazione di even-tuali fattori di rischio, consentendo nel contem-po di predisporre tempestivamente, qualoranecessario, idonee iniziative di controllo direttocompatibili con le esigenze di protezione del-l’ambiente.

Questa situazione di parziale copertura delterritorio potrebbe essere sostanzialmentemodificata nel prossimo futuro superando laframmentarietà delle reti di monitoraggio, adot-tando metodi di raccolta dei dati univoci edestendendo la rete stessa a tutta la Nazione. Perconseguire tale obiettivo si ritengono necessarialcuni passi:– la collaborazione fra tutti gli specialisti che

operano in Italia; – la costituzione di una Scuola di sanità foresta-

le, nella quale svolgere i corsi di base e la for-mazione continua dei rilevatori;

– l’avvio di un progetto nazionale che consental’impiego coordinato di uomini e risorse(LUCIANO et al., 2009).La costituzione della rete nazionale apporte-

rebbe alcuni indiscutibili vantaggi:– il rilevamento e lo studio in maniera continua

sul territorio dell’andamento di fenomenicomplessi (come ad esempio la diffusioned’infestazioni e l’estendersi del deperimentodelle querce);

– la disponibilità di una banca dati comune eaperta alla consultazione di tutti gli specialisti;

– la realizzazione di interventi fitosanitari coor-dinati;

– la produzione di un report annuale sullo statofitosanitario dei boschi italiani.Sarebbe quindi auspicabile, in tempi brevi,

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uno sforzo comune, che veda coinvolti innanzi-tutto il Corpo forestale dello Stato e quelli delleregioni autonome nonché gli Enti regionali chesi occupano di boschi, foreste e aree protette,per salvaguardare l’inestimabile patrimonioambientale e paesaggistico costituito dai boschiitaliani e in breve tempo giungere ad avere unarete in grado di individuarne le criticità sanitariee guidare al meglio gli interventi di difesa,ponendo così l’Italia allo stesso livello di Nazio-ni finora all’avanguardia.

RIASSUNTO

L’impiego di metodi di monitoraggio degli insetti dan-nosi in campo forestale si sta progressivamente estenden-do grazie alla disponibilità di nuove tecnologie di rileva-mento e di georeferenziazione dei dati. Si riporta una ras-segna esemplificativa di quanto è stato realizzato sui meto-di di campionamento diretto e indiretto delle popolazioni,per la definizione di tecniche di previsione e localizzazio-ne delle infestazioni e per lo studio della loro distribuzio-ne spazio-temporale. In particolare viene riferito quantosviluppato sul Rhynchota Matsucoccus feytaudi Ducasse(Margarodidae), sui Lepidoptera Zeiraphera diniana Gue-née (Tortricidae), Lymantria dispar (Linnaeus) (Lymantrii-dae), Thaumetopoea processionea (Linnaeus) e Thaumeto-poea pityocampa Denis & Schiffermüller (Thaumetopoei-dae), Epirrita autumnata (Borkhausen) e Operophtera bru-mata (Linnaeus) (Geometridae) e sui Coleoptera Scolyti-dae Ips typographus (Linnaeus), Ips amitinus Eichhoff, Ipsduplicatus Sahlberg, Pityogenes chalcographus Linnaeus,Tomicus destruens (Wollaston), Dendroctonus frontalisZimmermann e Dendroctonus ponderosae Hopkins. Inconclusione si espone la lista delle reti di monitoraggioattive in Italia a livello regionale e si propone la realizza-zione di un unico network nazionale.

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Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 99-106

(*) Di.B.C.A, sez. Entomologia e Zoologia, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, via Amendola 165/a, 70126 - Bari. [email protected] tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

Employing entomopathogens as a control strategyThe limits imposed by the European Union on the utilization of chemical pesticides has prompted researchers to seek out

alternative means to control harmful insects. Certain subspecies of Bacillus thuringiensis are largely employed worldwide mostly against the larvae of phytophagous in

both sectors of farming and forestry, in parks and in water sources to control the larvae of dipterans, culicids and simulids.Among the viruses that naturally cause insect mortality are Baculoviridae, which are marketed and released by airplanes over

large forest areas, principally against the larvae of leaf-eating insects. In Italy only the use of Cydia pomonella granulosis virus(MADEX) has been legalized.

The entomopathogenic nematodes (EPNs) Steinernematidae and Heterorhabditidae are successfully applied in numerousbiotopes; these are reproduced in biolabs and marketed worldwide.

A few examples of the use of these bioinsecticides in Italy are reported.

KEY WORDS: Bioinsetticidi, Bacillus thuringiensis, Baculovirus, nematodi entomopatogeni .

STRATEGIE DI CONTROLLO CON ENTOMOPATOGENI

ORESTE TRIGGIANI (*)

La direttiva 91/414 della Commissione CEEsulla commercializzazione dei fitofarmaci, che harivisitato tutte le sostanze attive presenti sul mer-cato limitandone il loro impiego (CAVALLARO eGRAGNOLA, 2007; CONTE e VASCIMINNO, 2007),se da una parte ne riduce l’utilizzo, dall’altracostituisce un forte stimolo per la ricerca e la spe-rimentazione con prodotti alternativi, tra i quali ibioinsetticidi.

Mi riferisco in particolare al Bacillus thurin-giensis Berl. le cui applicazione a protezione diboschi e foreste, parchi e giardini, colture arboreee erbacee, e della salute animale e umana hannodiffusione mondiale (ENTWISTLE et al., 1993). Alsecondo posto porrei alcuni virus, mentre l’im-piego dei nematodi entomopatogeni (EPN) è cir-coscritto a situazioni più particolari.

Molto diffuso in natura nel terreno, suo serba-toio naturale, e in insetti morti, il Bth è un batterioaerobico sporigeno della famiglia Bacillaceae;durante la sporulazione forma, oltre alla spora,una o più corpi parasporali di aspetto cristallinoche contengono le protossine (Fig. 1).

Per esempio, la ssp. kurstaki produce un solocorpo parasporale mentre la ssp. finitimus puòaverne anche più di due (DEBRO et al., 1986).

I test sierologici-immunologici basati sugli anti-geni flagellari (antigeni H) permettono la identifi-

cazione dei ceppi di Bth in sierovarietà: così lassp. kurstaki, corrisponde alla sierovarietà H 3a3b 3c del sierotipo H 3.

In Europa le sottospecie di Bth più utilizzatesono: kurstaki e aizawai per il controllo delle larvedei lepidotteri, israelensis contro i ditteri simulidie culicidi, tenebrionis per il contenimento deglistati preimmaginali di molti coleotteri.

Le tossine prodotte durante il ciclo del Bth sono

Fig. 1Spora e corpo parasporale di B. thuringiensis sp. kurstaki.

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diverse e distinte in endotossine e esotossine. Alleprime appartiene la δ-endotossina, protossina cheviene attivata dalle reazioni chimiche che si verifi-cano nell’ambiente alcalino dell’intestino dell’in-setto suscettibile ed è prodotta nello sporangiodurante la sporulazione. Solitamente è sufficienteun solo cristallo per uccidere l’insetto, ma la sporane esalta la tossicità per la presenza di tossine sullasua parete e per la setticemia scatenata dalla suagerminazione.

Alle esotossine appartiene la α-esotossina ter-molabile, prodotta da molte sspp. di Bth, attivaverso alcune specie di lepidotteri e la β-esotos-sina, termostabile, con effetti subletali in quantoriduce la fecondità, la durata della vita, e agisce dafagodeterrente per gli insetti. Se ingerita in dosielevate risulta pericolosa nei confronti dei verte-brati.

MECCANISMO DI AZIONE DEL BTH

Agisce per ingestione e nell’intestino medio, inpresenza di ph >7, il cristallo proteico si scioglie ele tossine, assieme alle proteasi intestinali, ven-gono attivate legandosi ai recettori presenti nellecellule che rivestono l’intestino, alterandone lecapacità osmotiche. L’insetto subisce paralisi inte-stinale e degli gnatidi e smette di nutrirsi.Nell’intestino in disfacimento le spore del Bthgerminano, favorendo la setticemia e quindi lamorte dell’ospite. Ma come spesso accade, cisono delle scappatoie per l’insetto il quale riesce asopravvivere se il ph intestinale non è alcalino,oppure manca la proteasi per attivare le tossinedel cristallo o se non sono presenti i recettori spe-cifici sulle cellule del suo intestino. Anche l’ali-mento può svolgere un ruolo di protezionevariando il ph intestinale dell’ospite come avvieneper le lecitine e i tannini.

ESEMPI DI APPLICAZIONI DI BTK IN FORESTA

La bibliografia internazionale sulle applica-zione di Btk nei biotopi forestali è molto vasta.

Per quanto concerne il suo utilizzo nei boschi enelle foreste italiane, una sintesi dei risultati edelle prospettive di utilizzo di Btk per il controllodi Traumatocampa (= Thaumetopoea) pityocampa(Den. et Schiff.) (Lepidoptera Thaume topoeidae)è stata riportate da BATTISTI et al., (1998).

Mi limiterò, qui di seguito, a riferire i risultati diprove effettuate dal gruppo di ricercatoridell’Università di Bari in biotopi forestali e dagruppi di ricerca Europei con cui abbiamo colla-borato o collaboriamo e che ritengo scientifica-mente importanti.

Alla fine degli anni ’80 le nostre prime espe-rienze di campo con sierotipi di Btk, provenientidalla ex Iugoslavia e dalla Svizzera, contro T. pi -tyocampa nei rimboschimenti pugliesi di Pinushalepensis Mill, e all’inizio degli anni ’90 controLymantria dispar L. (Lepidoptera Thaume -topoeidae) su Quercus trojana Webb., fornironorisultati molto validi (TRIGGIANI e SIDOR, 1980).Mi piace anche ricordare che successivamente,fummo coinvolti dalla Protezione Civile, solleci-tata dai proprietari di complessi turistici nell’arcoionico tarantino e dai sindaci dei paesi più interni,nel controllo di T. pityocampa che al culmine dellasua gradazione metteva in serio pericolo pini e cit-tadini. I trattamenti aerei con Btk (Bactucide),rifiniti con interventi da terra nelle aree a mag-giore densità di popolazione, ridussero di oltre il95% le popolazioni larvali (TRIGGIANI, dati nonpubblicati) (Fig. 2).

Purtroppo, nonostante la provata innocuità delBtk nei riguardi degli organismi non target, inItalia i trattamenti con il mezzo aereo sono vietatimentre in altre Nazioni questi sono prassi consoli-data, anche in foreste di ampia estensione.

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Fig. 2Aereo con cui furonoeffettuati i trattamenticon Btk nelle pinetedell’arco ionico.

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Qualche spiraglio si sta, però, aprendo anchenella nostra Nazione infatti, le Regioni Sardegna eToscana, su motivata richiesta, vengono di annoin anno autorizzate dal Ministero della Salute aeffettuare trattamenti in bosco con il FORAY 48BAvio (B. thuringiensis sp. kurstaki). In Toscana nel2003-2004, nel complesso boschivo del DemanioRegionale nella Foresta di Santa Luce (PI), a pre-valenza di Quercus cerris L, furono trattati 1.640ha all’inizio di una progradazione di Thaume -topoea processionea L. (Lepidoptera Thaume -topoeidae) con Btk (FORAY 48 B a 12.7 BIU/l).Il trattamento fu realizzato con elicottero a fineaprile sulle giovani larve. Dopo circa 15 gg nel-l’area trattata con 4,5 l/ha la mortalità larvale fusuperiore al 96% e successivamente venneriscontrata una irrisoria presenza dei nidi nelperiodo estivo ( ROVERSI et al., 2008).

In Sardegna soprattutto nelle ampie estensionidi Quercus suber L. ove la raccolta del sughero èuna importante fonte di reddito per l’Isola, i trat-tamenti aerei con Btk hanno cadenza annuale peril controllo di L. dispar L., Mala cosoma neustriumL. (Lepidoptera Lasio campidae), Tortrix viridanaL. (Lepidoptera Tortricidae) le cui larve causanoun cronico indebolimento delle piante compro-mettendo seriamente produzione sughericola(TRIGGIANI, 2007).

VIRUS

I microrganismi utilizzano gli insetti così comequesti utilizzano le piante per nutrirsi e moltipli-carsi, tra questi oltre ai batteri, sono numerosi ivirus patogeni per gli esapodi.

Semplificando: la struttura di un virus è il DNA

o l’RNA circondato da una capsula di proteina e,alcune volte, da una membrana o da un involucroa formare il virione e, sia che contengano DNA oRNA, questi si comportano da parassiti obbligatiintracellulari. Solo quelli di dimensioni maggiorisono appena visibili al microscopio ottico come,ad esempio, i Poxvirus i cui virioni raggiungono i470 nm.

Dei numerosi virus che colpiscono gli artro-podi, attualmente soltanto alcuni Baculovirussono registrati. Essi agiscono per ingestioneinfettando, principalmente le larve dei lepidot-teri, degli imenotteri tentredinidi e quelle deiditteri culicidi (Fig. 3). Avendo un elevato gradodi specificità nei riguardi delle specie degliinsetti risultano interessanti per il controllo diinsetti nocivi.

In Italia pioniere nell’impiego di Baculovirus fuMagnoler il quale negli anni ’60-’70, in manieraartigianale ma molto valida, protesse efficace-mente e a costi molto contenuti alcune sugheretesarde con macerati di larve di L. dispar e M. neu-strium infettate da virus e raccolte in natura.Successivamente Cavalcaselle sperimentò unNPV proveniente dal Canada contro Neodiprionsertifer Geoff. dimostrandone la possibilità ditrasmissione alle successive generazioni (TRIG -GIANI, l.c.).

A differenza del Btk le cui applicazioni devonoessere ripetute negli anni, in alcuni casi sono suffi-cienti introduzioni anche ridotte di NPV nell’am-biente perché questo si diffonda tra le generazionifuture dell’insetto bersaglio.

La sperimentazione con i virus delle poliedrosinon mi risulta che in Italia abbia avuto un seguito,facendo salva una comunicazione di CARBO -NESCHI (2007) in occasione del Convegno Nazio -

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Fig. 3Poliedri virali che,ingeriti da una larvadi fitofago assieme alcibo, si sviluppanonell’intestino.

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nale sulle Emergenze Fitosanitarie in AmbitoForestale, tenuto a Nuoro nel 2007.

In Canada e Stati del Nord America, in partico-lare, ma anche in Polonia molti Baculovirus ven-gono distribuiti con mezzo aereo su vastesuperfici dal Servizio Forestale (LEWIS, 1981).Tra i vari prodotti in commercio nelle succitateNazioni ricordo DISPARVIRUS e GYPCHEK(bioinsetticidi a base di NPV) specifici diLymantria dispar e VIROX e NEOCHEK-S peril controllo delle larve di Neodiprion sertifer(Huber, 1998).

In Italia è registrato solo il virus della granulosidi Cydia pomonella CpGV (MADEX).

NEMATODI ENTOMOPATOGENI (EPN)

Gli EPN (= entomopathogenic nematodes) pos-sono indurre sterilità, ridurre la fecondità, la lon-gevità, le capacità di movimento, ritardare losviluppo o anche causare alterazioni morfolo-giche e la morte dell’ospite (POINAR, 1979). Dioltre trenta famiglie di nematodi associate invario modo agli insetti, l’ordine Rhabditida e inparticolare le famiglie Steinernematidae(TRAVASSOS, 1927) e Heterorhabditidae (POINAR,1975) sono quelle che rivestono maggiore inte-resse per il controllo degli esapodi. Sebbene nonsiano microorganismi, albergano nel loro inte-stino microrganismi simbionti patogeni permolte specie di artropodi. Insomma, il nematodesi comporta da «cavallo di Troia» per introdurre imicrorganismi nella vittima.

A seconda della specie, gli EPN ricercano atti-vamente gli ospiti oppure tendono loro imbo-scate, o anche rivelano un comportamentointermedio: lo scopo è di penetrare nella cavitàcelomatica ove scaricare il batterio simbionte. Ilrapporto simbiotico nematode-batterio deter-mina che il nematode protegga il batterio dal-l’ambiente esterno e lo trasporti nella vittima,mentre il batterio fornisce cibo al nematode per-mettendone lo sviluppo.

Le specie di EPN in commercio e maggior-mente utilizzati sono Steinernema spp. eHeterorhabditis spp.

Solo il terzo stadio del nematode è infettivo(DJ= dauer juvenile) e molto comune in tutti i tipidi suolo compresa la battigia; dal terreno i nema-todi sono facilmente recuperabili utilizzandolarve di Galleria mellonella L. (LepidopteraGallerriinae) quali esca (Fig. 4).

Da anni svolgiamo ricerche sugli EPN e grazieanche a un progetto PRIN in collaborazione conle Università di Catania e Firenze, stiamo effet-

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Fig. 4Larva di G. mellonella contenente stadi giovanili e adulti diS. feltiae.

tuando una mappatura degli EPN sul territorio ela loro identificazione attraverso lo studio morfo-logico e molecolare. Fino ad oggi abbiamo rac-colto circa 2.000 campioni di terreno da differentibiotopi e da quasi tutte le Regioni Italiane rinve-nendo 11 specie. Ciascuna di esse ha il suo speci-fico microrganismo simbionte (Xenorhabdus spp.per Steinernematidae and Photorhabdus spp. perHeterorhabditidae).

Nell’ambito delle specie, i vari isolati hanno leloro peculiarità quali: propensione per unordine di esapodi, resistenza alle diverse tempe-rature e alla disidratazione, facilità o meno dimoltiplicazione in laboratorio, tempi di ripro-duzione, temperature per una ottimale conser-vazione.

Si riportano qui di seguito le specie, il numerodi isolati rinvenuti da noi in Italia e i microrga-nismi loro simbionti:

S. apuliae, fino ad oggi, tipica della Puglia S. ich-nusae trovata in Sardegna e S. vulcanicumsull’Etna, sono presenti solo in Italia (TRIGGIANIet al., 2004; TARASCO et al., 2008).

Una terza specie di Steinernema sp., apparte-nente al gruppo S. arenarium, e raccolto anch’esso

Heterorhabditis bacteriophora (P. luminescens) 38 isolatiH. downesi (P. temperata) 1 »Steinernema feltiae (X. bovienii) 39 »S. affine (X. bovienii) 11 »S. kraussei (X. bovienii) 4 »S. carpocapsae (X. nematophila) 1 »S. ichnusae (X. bovienii) 3 »Steinernema sp.n.(appartenente al gruppo S. arenarium) 2 »S. apuliae (X. kozodoii sp.n.) 8 »S. vulcanicum 1 »

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in Puglia (identificato con la sigla ItS-C31), è incorso di descrizione.

Pertanto, alla luce di quanto riportato, inEuropa oggi l’Italia è la nazione che presenta lamaggiore biodiversità di EPN (TARASCO et al.,2009) (Fig. 5) e la presenza più elevata diSteinernema e Heterorhabditis si rinviene nei bio-topi forestali e più precisamente nei querceti.

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Fig. 5Numero di isolati e specie di EPN rinvenuti in Italia.

Per quanto concerne l’utilizzo di EPN incampo, la Direttiva 91/414 della Commissionesui Fitofarmaci che regolamenta la registrazionedei biocidi chimici, dei microrganismi e deivirus, considera i nematodi, gli insetti e gli acariausiliari organismi a basso impatto ambientale.Nei confronti di tale direttiva i Paesidell’Unione Europea si pongono in maniera dif-ferente infatti, Danimarca, Finlandia, Francia,Grecia, Ger mania, Italia, Portogallo e Spagnanon prevedono una registrazione, mentre altrenazioni richiedono una qualche forma di regi-strazione anche se meno rigida di quella previstaper i fitofarmaci (EHLERS e HOKKANEN, 1996;EHLERS, 2004).

Sui rischi dell’utilizzo di EPN verso i parassi-toidi e i predatori nel terreno o in ambienti crip-tici, questi sono classificati da EHLER eHOKKANEN da remoti a moderati e temporanei(1996). BATHON (1996) accertò, su oltre 400.000specie «non target» testate in campo, un impattodi poco conto causando una limitata riduzione inalcune popolazioni interessate. Anche l’introdu-zione di specie non indigene viene consideratasostanzialmente un fatto etico, così BARBERCHECKe MILLAR (2000) dimostrarono che l’introdu-zione di S. riobravae dal Texas nella Carolina delNord con presenza di popolazioni endemiche diH. bacteriophora e S. carpocapsae non ponevaqueste ultime a rischio di estinzione.

FATTORI CHE DETERMINANO IL RISULTATO

DI UN INTERVENTO CON MICRORGANISMI

I principali fattori che possono influenzare labuone riuscita o il fallimento di un intervento coni microrganismi dipendono da:– le peculiarità delle singole specie e isolati di

microrganismi;– le condizioni climatiche; – le parti delle piante trattate (chioma, esterno

tronco, interno tronco, terreno circostante, ecc.);– il mezzo in cui sono sospesi; – lo stadio e la specie dell’insetto bersaglio;– attrezzature per i trattamenti;– orario in cui si tratta.

ESEMPI DI APPLICAZIONI DI EPNIN DIFFERENTI HABITAT

Nel terrenoL’ambiente ideale per gli EPN è il terreno, ma i

risultati di un loro utilizzo nei biotopi forestali hafornito risultati spesso contrastanti dovuti, fonda-mentalmente, allo stadio dell’insetto e all’habitat.

A livello europeo un esempio di controllomolto efficace riguarda Hylobius abietis L., unodei coleotteri curculionidi maggiormente dan-nosi alle conifere nei rimboschimenti. InInghilterra è stato valutato un danno all’industriaforestale pari a 12.000.000 di £. (GEORGIS et al.,2006).

Ceppaie e radici di conifere morte o moribonderappresentano il luogo di elezione per il nutri-mento e lo sviluppo delle larve mentre gli adulti,particolarmente dannosi nei giovani rimboschi-menti di conifere, preferiscono la corteccia e ilcambio.

Per il veto della UE all’uso di fitofarmaci inforesta, la protezione da Hylobius ha dovuto cer-care nuove strategie. Poiché l’α-cipermetrina ècostosa e le larve nei tronchi sono difficilmenteraggiungibili dagli insetticidi, sono stati speri-mentati gli EPN contro le larve nelle ceppaie dipiante tagliate di recente e le pupe (BRIXEY,2000). La finestra per l’applicazione è situata trametà maggio inizi di giugno. Con sospensioni di3.5 x 106 di DJ di S. carpocapsae/500 ml H2O allabase delle ceppaie, si riduce del 70% la emer-genza di nuovi adulti distribuendo il bioinsetti-cida con lance manuali oppure, se il terreno lopermette, con i trattori. In Inghilterra questiultimi hanno permesso di abbassare notevol-mente i costi dei trattamenti che però restanoancora molto elevati (GEORGIS et al., l.c.). A dettadi HEREDITAGE e MOORE (2000) l’utilizzo di EPN

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assieme a una tecnica selvicolturale più miratapuò costituire un efficace applicazione di con-trollo integrato in foresta nel controllo diHylobius in Inghilterra. Secondo Dillon et al.(2008) oltre a S. carpocapsae anche H. downesispecie nuova da loro rinvenuta nei terreni sab-biosi irlandesi, sarebbero i più efficienti nel con-trollo dell’Hylobius.

L’efficacia di H. megidis nel controllo diOperophtera brumata L. e O. fagata Schar.(Lepidoptera Geometridae) fanno consigliareall’autore il suo utilizzo in foreste e parchi nelmomento in cui le larve scendono nel terreno perincrisalidarsi (TOMALAK, 2003).

Altra applicazione interessante è quella cui fariferimento BATTISTI (1994) i cui trattamenti conS. feltiae e S. kraussei sul terreno di Picea abies (L.)Karsten, prima che le larve si impupassero,ridusse la emergenza di nuovi adulti di Cephalciaarvensis Panzer (Hymenoptera Pamphiliidea).

Nei nidiLa capacità di EPN di penetrare nelle larve di T.

pityocampa svernanti nei nidi è stata dimostratainiettando in essi con una grossa siringa fornitauna cannula perforata, DJ di S. feltiae sospesi inun gelatinoso frullato di un polimero fortementeidrofilo. Oltre il 60% delle larve della Pro -cessionaria fu ucciso dal nematode che si ripro-dusse in gran parte delle vittime senza arrecaredanni alle larve e alle pupe del dittero larvevoridePhryxe caudata Rondani (TRIGGIANI e TARASCO,2002) (Fig. 6).

Sulle foglieGli interventi con EPN sulla chioma delle

piante sono complicati e frequentemente ineffi-caci per la grande sensibilità dei nematodi agliUV e alla disidratazione. I trattamenti con acquanon sono indicati in quanto percola dalle foglie easciuga velocemente rendendo inefficaci gliEPN.

Un risultato degno di essere menzionato è statoda noi ottenuto trattando in primavera con S. car-pocapsae le chiome di Ulmus campestris L. attac-cate dalle larve di Xanthogaleruca luteola Müller(Coleoptera Chrysomelidae). I DJ furono sospesinel polimero precedentemente citato per il con-trollo di T. pityocampa, addizionato con Xanthangum per migliorarne l’adesione alla pagina infe-riore delle foglie ove stazionavano le larve(TRIGGIANI e TARASCO, 2007).

Sotto le cortecce A volte i risultati che si ottengono in laboratorio

non hanno lo stesso riscontro in campo. È questo

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Fig. 6S. feltiae sviluppatisi nelle larve svernanti di T. pityocampa.

l’esempio di H. bacteriophora e S. carpocapsae chein laboratorio controllano molto bene gli adultisvernanti di Corythuca ciliata Say (HemipteraTingidae) mentre in pieno campo, con tempera-ture di 13°-22°C, sono poco efficaci nel controllodelle colonie svernanti sotto il ritidoma deiPlatani (TARASCO e TRIGGIANI, 2006).

Nei tronchiLe capacità di EPN di muoversi nelle gallerie

scavate dagli xilofagi e colpirli a morte sono rico-nosciute da molti autori. Le galleria dei Lepi -dotteri e Coleotteri xilofagi sono uno degliambienti ottimali per i nematodi entomopatogeniin quanto le gallerie umide e rettilinee li proteg-gono dalla disidratazione e dagli UV. Ricordo leprove della Deseö (DESEÖ, 1982; DESEÖ et al.,1984) con cotton fiock imbevuti di sospensioni dinematodi inseriti nei fori scavati dalle larve diCossus cossus L. e Zeuzera pyrina L. (LepidopteraCossidae) e i risultati della Curto irrorando itronchi di pioppi attaccati da Saperda carcharias L.(Coleoptera Ceram bicidae) (CURTO et al., 2003).

CONCLUSIONI

Sia i boschi che le foreste ma anche il verdeurbano, ove le piante di importanza forestalesono quelle più presenti e diffuse, rappresentanoi biotopi ove la diffusione di prodotti chimici èsconsigliabile per la nota ricaduta negativa siasulla salute umana che sulla biodiversità animale.In tali situazioni appunto, il Bacillus turingienskurstaki, senza ombra di dubbio, fornisce lemigliori garanzie di controllo per il controllo deilepidotteri. I formulati commerciali (granulari,polveri, sospensioni acquose o oleose, incapsu-

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lati, etc.) che attualmente sono più di 400 offronoun ampio ventaglio di soluzioni a seconda del«problema da risolvere». Inoltre, il batterio ha ilvantaggio di essere facilmante biodegradabile incondizioni di campo

Dopo più di 30 anni di utilizzo su milioni diettari e vari biotopi, non c’è stata alcuna segnala-zione di effetti negativi sull’ambiente a seguitodell’uso del Btk. Svariati test di tossicità hannoripetutamente confermato che le tossine sonoinnocue per l’uomo e gli animali superiori (ilbasso pH intestinale dei mammiferi solubilizza edenatura i cristalli proteici). Il Btk è risultatoinnocuo per uccelli, pesci, vertebrati e inverte-brati acquatici e terrestri, compresa l’entomo-fauna utile (parassiti, predatori e impollinatori.Unica eccezione per i ceppi che producono la β-esotossina. Meno selettiva delle α-endotossine,nociva per 55 specie di 10 ordini diversi (i.e. Pierisbrassicae, Musca domestica, Locusta migratoria,Apis mellifera) oltre a nematodi (Meloydogine) evertebrati (topi).

Colgo l’occasione per dolermi pubblicamenteche l’uso del Btk con il mezzo aereo, ampiamenteutilizzato in molte Nazioni per facilitarne la distri-buzione in aree altrimenti inaccessibili e velociz-zare i tempi di intervento, sia ancora ostacolatonel nostro Paese.

I Baculovirus rappresentano anch’essi una effi-cace alternativa ai fitofarmaci data la loro specifi-cità. Alcuni di questi, come detto in precedenza,sono in commercio e vengono distribuiti su vastesuperfici forestali. I limiti sono rappresentati daicosti sostenuti dovuti alla loro moltiplicazione sucolture di tessuto o ospite specifico. In campoforestale molti paesi controllano efficacemente,con prodotti commerciali a base di Baculovirus,le infestazioni di Lymantria dispar e Neodiprionsertifer. Per altri virus, anche se causano vaste epi-zoozie in natura tra le popolazioni degli esapodi,viene consigliata prudenza e una sperimentazionemolto accurata prima di diffonderli. I recentiallarmi di pandemie da virus animali consigliacautela.

Per quanto riguarda gli EPN la loro facile molti-plicazione nei fermentatori comincia a renderlieconomicamente competitivi, soprattutto in col-tivazioni agrarie di pregio quali le biologiche. Incampo forestale il loro utilizzo si complica a causadelle vastità di superficie da trattare, i terreni irre-golari, la presenza di lettiera ecc. anche se moltoefficaci nel terreno, luogo di elezione, per control-lare gli insetti terricoli e quelli che vanno nel ter-reno per completare il loro ciclo biologico. Cosìpossono risultare molto utili nei rimboschimentie nei parchi urbani attaccati dalla T. pityocampa,

magari a integrazione del Btk, ricordando che itrattamenti aerei con il Btk non sono autorizzati eche il taglio dei nidi è l’ultima soluzione. Moltointeressantei il loro impiego contro le larve diCossidae, Cerambicidae, Buprestidae che confi-nate nel legno non hanno scampo alla azionemirata del nematode. Soprattutto per piante dipregio quali i Patriarchi, così chiamate per la lorovetustà e che vanno periodicamente protette daglixilofagi, gli EPN rappresentano una efficace solu-zione stante anche la inefficacia dei fitofarmaci.

RIASSUNTO

Le limitazioni imposte della CEE sull’utilizzo dei fito-farmaci stimola i ricercatori verso prodotti alternativi peril controllo di insetti dannosi.

Alcune sottospecie di Bacillus thuringiensis sono ampia-mente utilizzate in tutto il mondo principalmente controle larve dei fitofagi sia in campo agrario che forestale, neiparchi e anche nella acque per il controllo delle larve deiditteri culicidi e simulidi.

Tra i virus che decimano in natura gli insetti, alcuniBaculoviridae sono commercializzati e distribuiti con gliaerei su vaste superfici forestali principalmente contro lelarve dei defogliatori. In italia è autorizzato solo il virusdella granulosi di Cydia pomonella (MADEX).

Tra nematodi entomopatogeni (EPN), Steinernema -tidae e Heterorhabditidae trovano soddisfacente applica-zione in svariati biotopi e sono riprodotti nelle biofabbri-che e commercializzati in tutto il mondo.

Vengono forniti alcuni esempi di applicazioni di questibioinsetticidi in Italia.

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Page 64: Monografia XVIII

Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 107-116

(*) Dipartimento di Biotecnologie agrarie, Sezione di Protezione delle piante, Università degli Studi, via Maragliano, 77 - 50144 [email protected] tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

Biological pest control in forests: past, present and futureAfter a brief description of the procedures to follow when planning operations for the protection of trees in forests and the

advisability of using biological pest control in such systems, we take a look at the most significant and successful measuresadopted in Italy starting from the mid-nineteenth century using native, insectivorous insects to limit important forestphytophages. The research conducted on the introduction, breeding and release of exotic, insectivorous insects of phytophages,also exotic, is subsequently described. Such discussion also dedicates due space to the presentation of the results of studiesperformed to ascertain the role of the volatile substances released by the plants in mediating the relations occurring in naturebetween the plant hosts, their phytophages and antagonists of the latter. The possible measures to take in order to overcome theobstacles currently making breeding, multiplication and storing of insectivorous insects onerous are also investigated. Lastly,reference is made to the issues, highlighted in many spheres of research, related to the introduction and liberation of exoticantagonists into the pre-existing system of the local entomofauna and on the degree of appreciation expressed by public opinionon biological pest control in general.

KEY WORDS: entomophagous insects, protection, forest trees.

CONTROLLO BIOLOGICO DEGLI INSETTI IN FORESTA:PASSATO, PRESENTE E FUTURO

RIZIERO TIBERI (*)

L’individuazione e l’adozione di appropriatimezzi di intervento nella protezione delle piantearboree in ambienti forestali è stata prospettata,e in alcune circostanze attuata, già a partire dalsecolo XIX. Sebbene si fosse ancora agli alboridi una nuova strategia di «comportamento» del-l’uomo nell’affrontare i problemi fitosanitarinegli ambienti boschivi, già venivano delineaticon sufficiente chiarezza alcuni criteri specificida adottare nella corretta e razionale scelta dellemetodologie, dell’intensità e dei tempi di inter-vento in bosco.

Da quanto anticipato si intuisce subito comela lotta biologica trovi in contesti forestali la piùopportuna collocazione in quanto i rimedi bio-logici sono i più promettenti in tali ambientiperché basati sull’uso strategico delle stesse risorsedi cui dispone la natura. Si tratta di una strategiache spesso è stata impropriamente invocata comeuna soluzione miracolistica nel controllo dei fito-fagi in foresta, mentre i risultati di numerose espe-rienze applicative evidenziano non poche, nélievi, difficoltà da superare nell’elaborazione deipiani operativi. Quanto finora è stato realiz-zato nelle applicazioni pratiche è frutto di pro-grammi molto impegnativi e che comunque hanno

consentito di accertare che i mezzi biologici dicontrollo non forniscono una soluzione univer-sale e definitiva ai problemi fitosanitari in ambitoforestale, anche se sono tuttora ritenuti i piùidonei, nonostante le condizioni dei sistemi fore-stali siano oggi profondamente modificate rispettoal passato, sia in termini di complessità che distruttura, anche in conseguenza di interventi del-l’uomo. La convinzione che tali rimedi rappre-sentino una delle più valide strategie su cui fondareil controllo dei fitofagi forestali è avvalorato dallaconsapevolezza che nella protezione delle cenosiboschive non si riesce a ottenere, e neppure siattende, con un solo tipo di intervento, il livellodi efficacia richiesto nel settore dell’agricoltura(COVASSI & MASUTTI, 1999).

In foresta si è chiamati, infatti, a indicare lestrategie operative idonee a favorire il ripristi-no degli equilibri naturali o, nel caso di speciefitofaghe provenienti da altri areali, ad instau-rare un soddisfacente equilibrio tra fitofago eantagonista.

Questi obiettivi possono essere conseguitiattraverso la manipolazione dei rapporti inter-specifici o la modificazione delle relazioniintraspecifiche. Nel primo caso le iniziative si

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basano sullo sfruttamento dei fenomeni diantagonismo e prevedono pertanto l’impiego dinemici naturali per procedere nella direzione diristabilire gli equilibri o per rafforzare l’azionedi specifici fattori biotici di contenimento. Nelsecondo, invece, si tende ad interferire sul com-portamento degli individui di una stessa specie,modificandolo in modo da risultare vantaggiosoper il sistema.

Il ripristino degli equilibri entro gli arealinaturali dei fitofagi responsabili degli scompen-si ecologici si può ottenere trasferendo antago-nisti da zone in cui essi si trovano ad elevatadensità di popolazione, ad altre in cui essi sonoassenti o dove la loro attività è limitata. L’effica-cia dell’intervento dei nemici naturali può esse-re incrementata anche attraverso il costantesostegno degli antagonisti con l’apporto dinuovi individui per sopperire alla loro incapaci-tà di accrescersi numericamente, nell’intento diostacolare l’incremento demografico dei fitofa-gi ospiti.

RICERCHE CONDOTTE

Per affrontare l’argomento della lotta biologi-ca in foresta è necessario ricordare anche leesperienze condotte nel passato, più o menorecente, non solo perché alcune di esse rappre-sentano casi la cui importanza è ancora ricono-sciuta, ma anche perché l’esito degli interventidi lotta biologica non può che essere valutatonel tempo, specialmente quando essi tendonoad innescare modificazioni durature nel siste-ma. Questo modo di procedere è risultato sem-pre più condiviso, come risulta evidente dallaconsultazione della letteratura recente in mate-ria (KIMBERLING, 2004).

Concrete possibilità di conseguire soddisfa-centi risultati sembrano prospettarsi con l’im-piego di parassitoidi oofagi, ottenuti attraversoallevamenti massali in ambiente confinato suospiti alternativi o naturali, in quanto soppri-mono le vittime prima ancora che queste possa-no causare danno. L’impiego in programmi dilotta biologica, in ambienti forestali, si prospet-ta vantaggioso quando vi sia la possibilità diincrementare le popolazioni degli oofagi agliinizi della progradazione dei fitofagi ospiti.

In Italia una prima esperienza in campo fore-stale sul potenziamento numerico delle popola-zioni degli oofagi in natura è stata condotta inuna giovane pineta ubicata sulle colline limitrofea Firenze (Pian di S. Bartolo, Fiesole) nel 1977nell’intento di incrementare l’azione di conteni-mento della Processionaria del pino (Thaumeto-poea pityocampa Denis et Schiffermüller) svoltadai parassitoidi oofagi. In tale occasione sonostate liberate a metà luglio circa 800 femminedell’eulofide Baryscapus servadeii (Domenichini)ottenute da ovature della Processionaria delpino raccolte in pinete prealpine del Veneto. Aseguito di questo intervento si è registrato neglianni seguenti un evidente incremento dellaparassitizzazione dovuto principalmente all’in-cremento demografico dell’eulofide (Fig. 1).

Tuttavia a seguito dell’intervento si è registrataanche una parallela diminuzione della densità diOoencyrtus pityocampae (Mercet), che negli anniprecedenti era presente a livelli di popolazionesostanzialmente simili con quelle dell’eulofide(TIBERI, 1980). Un’analoga esperienza che haprevisto il potenziamento in natura delle popo-lazioni di Ooencyrtus kuwanae (Howard) è stataeffettuata in querceti della Sicilia attaccati daLymantria dispar L. conseguendo soddisfacentirisultati (LONGO et al., 1994).

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Figura 1Andamento della parassitizzazione delle uova della processionaria nel biennio successivo al potenziamento numerico della popolazionedi Baryscapus servadeii nella pineta di Pian di S. Bartolo.

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Esperimenti che hanno previsto il rilascio diparassitoidi oofagi allevati in laboratorio su ospi-te alternativo sono stati condotti nel corso del-l’ultimo decennio del secolo passato in una pine-ta del Lazio e in due della Toscana, dove già daanni erano in svolgimento indagini sulla dinami-ca di popolazione della Processionaria del pino edei suoi parassitoidi oofagi. Ravvisata una specieparticolarmente idonea alla moltiplicazione mas-sale su uova di Nezara viridula (L.) nel microime-nottero O. pityocampae, si sono programmati daun lato gli allevamenti in ambiente confinatodell’ospite alternativo e dall’altro i tempi di libe-razione in natura dell’oofago nel corso del perio-do di volo del lepidottero ospite.

Nell’estate del 1991, in un giovane impiantosituato in prossimità del litorale laziale (Fondi,LT) sono stati liberati 19000 esemplari dell’en-cirtide; sempre in coincidenza degli sfarfalla-menti della Processionaria sono stati liberati nel1993 in una pineta ubicata a Monte Senario (FI)oltre 26000 individui di O. pityocampae e anco-ra durante il periodo di volo della Processiona-ria sono stati liberati in una pineta della Consu-ma (FI) circa 17000 individui dello stesso paras-sitoide (Figg. 2 e 3).

Dall’esame delle ovature raccolte nelle tre pinete,nel corso dell’autunno successivo al potenzia-mento demografico dell’encirtide, è risultato unevidente incremento delle uova parassitizzaterispetto a quelle registrate negli anni prece-denti (TIBERI, 1994; TIBERI et al., 1994, 2002a).Comunque, anche nel corso di queste indaginisono stati registrati fenomeni di concorrenza traO. pityocampae e B. servadeii, i due oofagi più dif-fusi ed efficaci nella parassitizzazione delle uovadella processionaria.

Quando si considerano le esperienze condottein Italia che hanno previsto l’impiego di antago-nisti introdotti per il controllo di insetti fitofagi

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Figura 2Risultati del potenziamento numerico della popolazione di Ooencyrtus pityocampae a Fondi.

Figura 3Parassitizzazione delle uova della processionaria del pino nellepinete di Monte Senario e di Cascine nel periodo 1992-2001.

esotici, il primo riferimento riguarda il parassi-toide oofago Anaphes (Patasson) nitens(Girault) (Hymenoptera, Mymaridae) introdot-to in Italia nel 1978 dall’Australia per contenerei danni prodotti all’eucalipto dal curculionideGonipterus scutellatus Gyllenhal, anch’esso diorigine australiana (ARZONE, 1985). Questa spe-cie è stata introdotta anche in molti altri Paesieuropei ed extra-europei e nella maggior partedi essi, Italia compresa, la sua efficacia è statamolto soddisfacente, al punto che l’oofago, dasolo, è stato in grado di controllare con successoil curculionide.

Altra esperienza coronata da successo riguar-da l’introduzione, avvenuta nel 1987 in Veneto,dell’imenottero driinide nordamericano Neodr-yinus typhlocybae (Ashmead) per il controllo diun fitofago neartico Metcalfa pruinosa Say(GIROLAMI & CAMPORESE, 1994). Il parassitoi-de, allevato e moltiplicato a Padova è stato libe-rato in natura in varie regioni dell’Italia delnord e del centro come pure in Stati limitrofi edha dimostrato una notevole capacità di diffusio-ne e di ricerca della vittima. Analoga esperienzaè stata condotta, e con successo, mediante l’in-

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troduzione e il successivo allevamento del-l’eulofide Closterocerus chamaeleon (Girault)nel controllo del galligeno, anch’esso eulofide,Ophelimus maskelli (Ashmead) in Sicilia,Sardegna ed altre regioni meridionali del nostroPaese (CALECA et al., 2009).

Un altro antagonista esotico verosimilmentegiunto a seguito dell’ospite di elezione, il ceram-bicide Phoracantha semipunctata (F.), è l’encirti-de oofago Avetianella longoi Siscaro. Il microi-menottero è stato rinvenuto in Calabria e Sici-lia, dove si è rapidamente diffuso ed attualmen-te è in grado di ostacolare efficacemente lo svi-luppo numerico delle popolazioni del coleotte-ro in oggetto (LONGO et al., 1993).

L’impiego di antagonisti esotici nel controllodi insetti forestali è un settore della ricercaapplicata molto considerato all’estero, comedimostrano i risultati di numerose esperienzetra le quali si ricorda quella che ha previsto l’in-troduzione e la liberazione dell’imenotteroicneumonide Rhyssa persuasoria (L.) nella lottacontro Sirex noctilio F. in Nuova Zelanda. Aseguito di questo successo sono stati introdottied utilizzati altri tre imenotteri parassitoidi otte-nendo nel complesso elevati tassi di parassitiz-zazione, oltre il 70% delle larve del fitofagoospite. Attualmente nel continente australe sonben 11 le specie di imenotteri parassitoidi delsiricide che vengono normalmente impiegate inprogrammi di controllo biologico (HURLAY etal., 2007) (Tab. 1).

Riguardo l’impiego di entomofagi predatorinel controllo diretto di insetti fitofagi in forestanon sono state molte le esperienze condotte nelnostro Paese. In ogni caso meritano di esserecitati i vari tentativi di controllo biologico dellaProcessionaria del pino intrapresi su vasta scalain Italia e con larga disponibilità di mezzi, utiliz-zando imenotteri formicidi del gruppo Formicarufa L., predatori non specifici di larve di lepi-dotteri. Intere colonie di questi generici antago-

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Tabella 1 – Principali parassitoidi di siricidi allevati per la liber-azione in campo (da HURLAY et al., 2007).

Specie Stadio attaccato Origine

Ibalia leucospoides leucospoides uova/larve giovani EuropaIbalia l. ensiger uova/larve giovani USAIbalia rufipes rufipes uova/larve giovani USAIbalia r. drewseni uova/larve giovani EuropaMegarhyssa nortoni nortoni larve mature USAMegarhyssa praecellens larve mature GiapponeRhyssa persuasoria persuasoria larve mature EuropaRhyssa p. himalayensis larve mature IndiaRhyssa alaskensis larve mature USARhyssa hoferi larve mature USARhyssa lineolata larve mature Canada

nisti sono state prelevate dai loro «habitat»naturali in diverse zone alpine e prealpine e tra-sferite in pinete appenniniche, in alcuni casi inambienti mediterranei, isole maggiori compre-se (Fig. 4).

Nonostante il notevole impegno profuso intali operazioni nell’arco temporale di circa unventennio, i risultati non sono stati apprezzabili(PAVAN; 1950; 1951 e 1959). Si è dimenticato,per esempio, che in genere questi imenotterison diffusi ed attivi in boschi in cui, oltre a con-dizioni ottimali di ambiente fisico, sia loro assi-curata una costante alimentazione di melataottenuta dalla frequentazione di colonie di afidiper lo più lacnidi (COVASSI & MASUTTI, 1999).

Se nel nostro Paese l’impiego di predatori inambiente forestale non ha avuto gran seguito,all’estero invece sono state effettuate moltesperimentazioni che prevedevano l’allevamen-to e il rilascio di predatori, nonostante le molteperplessità sorte fra gli esperti del settore inmerito all’utilizzazione di entomofagi generali-sti (DE CLERCQ, 2002; SYMONDSON et al . ,2002). A riguardo si ricordano i buoni risultatiottenuti in Francia nel controllo del coleotteroscolitide Dendroctonus micans (Kugelann)mediante la liberazione del rizofagide Rhyzo-phagus grandis Gyllenhal allevato e moltiplicatoin laboratorio su tronchi di abete rosso infestatidallo scolitide o mantenendo il predatore incontenitori entro i quali veniva inserita rosurafresca di abete rosso o segatura insieme a larvedi scolitidi o alimenti alternativi (GREGOIRE etal., 1985).

Più recentemente in Turchia, per il conteni-mento della Processionaria del pino, è stataimpiegata Calosoma sycophanta L. (Coleoptera:Carabidae), noto predatore di larve e pupe dinumerosi lepidotteri defogliatori; per la realiz-zazione di questa esperienza il predatore è statomoltiplicato in laboratorio, a partire da larve divaria provenienza, su larve di T. pityocampa, T.solitaria Freyer ed Ephestia kuehniella Zeller(KANAT & ÖZBOLAT, 2006).

Tuttavia nel corso degli ultimi due decenni delXX secolo anche in Italia sono stati approntatiallevamenti in ambiente controllato di predatoridelle cocciniglie del genere Matsucoccus Cock etra queste di M. feytaudi Ducasse. I predatoriallevati sono due rincoti antocoridi attivi su tuttigli stadi della cocciniglia Elatophilus nigricornis(Zetterstead) ed E. pini (Bärensprung) e uncoleottero coccinellide Rhyzobius chryso -meloides (Herbst) particolarmente attivo suuova e giovani neanidi di M. feytaudi; i tre preda-tori sono stati regolarmente rinvenuti in pinete

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di pino marittimo infestate da M. feytaudi;comunque tali esperienze non hanno superatotuttora la fase preliminare (COVASSI et al., 1991).

Nell’ambito generale della lotta biologicamerita di essere considerato anche il ruolorivestito in natura da varie sostanze volatiliprodotte dalle piante nel modificare i rapportitra i vegetali e i loro fitofagi. Su questo argomen-to esiste una nutrita documentazione bibliografi-ca che riguarda esperienze svolte in altri Paesieuropei e nordamericani. Pertanto, per analo-gia, nel corso degli ultimi decenni, anche inItalia sono state intraprese indagini per verifi-care l’ipotesi che sostanze terpeniche volatilipresenti negli aghi dei pini possano influenzareil comportamento delle femmine della Proces-sionaria del pino durante la ricerca della piantaospite per la deposizione delle uova. La primaprova sperimentale è stata condotta nell’estatedel 1997 in una giovane pineta mista del Lazio ein un’altra della Toscana impiegando S-limonene e il suo enantiomero R-limonene. Dairisultati conseguiti in queste due prove è emersauna significativa efficacia proprio di R-limonenenel disorientare le femmine durante la localiz-zazione delle piante. Altre prove si sono susse-guite fino al 2005 in varie giovani pinete dellaToscana e nel corso di queste prove oltre ai duegià citati terpeni, sono stati impiegati ancheβ-pinene e α-pinene. I risultati di questi ulteri-ori esperimenti confermano l’azione di disturboprodotta da R-limonene sulle femmine dellaprocessionaria e al tempo stesso mettono in evi-denza anche l’efficacia di β-pinene nel disori-entare il lepidottero durante la ricerca della

pianta su cui deporre le uova (TIBERI et al.,1999, 2002b; NICCOLI et al., 2008).

RICERCHE IN CORSO

Alcune delle indagini sugli antagonisti natura-li, essenzialmente insetti entomofagi, dei fitofagiforestali di cui si è già riferito tuttora proseguo-no. In particolare l’attenzione dei ricercatori ita-liani si rivolge verso i parassitoidi oofagi diimportanti lepidotteri defogliatori delle conife-re, per esempio la Processionaria del pino, edelle latifoglie, essenzialmente Lymantria dispar,Euproctis chrysorrhoea L., Thaumetopoea proces-sionea L. e Tortrix viridana L. Non perché nonfosse già abbastanza nota la composizione speci-fica del complesso parassitario di questi fitofagi,quanto per verificare eventuali variazioni delloro areale di distribuzione e della prevalenzadelle singole specie in relazione agli effetti deicambiamenti climatici in atto. Si possono, peresempio, citare il ritrovamento di Baryscapusservadeii in pinete dell’Etna, dove finora nonera segnalato (LONGO, c.p.) e la progressivadiminuzione della presenza di Trichogrammaembryophagum (Hartig) in pinete pedemontanee collinari interne della penisola (TIBERI, datinon pubblicati).

Indubbiamente, però, sono le indagini sull’a-dattamento di entomofagi indigeni a insettifitofagi introdotti nel nostro Paese o l’introdu-zione programmata di entomofagi esotici, nel-l’intento di costituire una nuova associazionecon l’ospite, anch’esso esotico, che rappresen-tano la parte preponderante dell’attività di

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Figura 4Acervo di Formica rufa sulle Alpi.

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ricerca al momento attuale. Al riguardo èopportuno ricordare i progetti di controllo bio-logico dell’imenottero cinipide Dryocosmuskuriphilus Yasumatsu, che prevedono l’impiegodell’imenottero torimide Torymus sinensisKamijo proveniente dal Giappone, dove è statointrodotto dalla Cina (Paese di origine delledue specie). In Italia il Torymus è stato ottenutoda materiale vegetale importato dal Giappone emantenuto in ambiente confinato fino almomento dello sfarfallamento del parassitoidedalle galle determinate dall’attività del cinipide.È stato riferito che da circa 28000 galle sonosfarfallati 2117 adulti di T. sinensis (tuttiliberati in natura) e oltre 3000 esemplari di altriparassitoidi, i quali, una volta classificati risul-tavano appartenere alle specie di seguito elen-cate in ordine di importanza: i calcidoidei Eury-toma brunniventris Ratzeburg (Eurytomidae)(908 individui), Eupelmus urozonus Dalman(Eupelmidae) (790 individui), Ormyrus spp.(Ormyridae) (756 individui) e Torymus geranii(Walker) (Torymidae) (352 individui) (QUAC -CHIA et al., 2008).

In Italia oltre al rilascio in pieno campo del-l’entomofago è stata messa a punto una strategiadi allevamento definita «area di moltipli-cazione», al fine di costituire un serbatoio bio-logico da cui regolarmente prelevare individuidel parassitoide da liberare in altre aree castani-cole infestate. Queste esperienze, iniziate inPiemonte nel 2003, sono tuttora in corso anchein altre regioni italiane. I risultati ottenuti finoad oggi dimostrano una buona capacità deltorimide di diffondersi sul territorio, e di local-izzare e parassitizzare l’ospite. Indagini sono incorso, in varie regioni italiane dove è nota lapresenza di Dryocosmus kuriphilus , peraccertare l’avvenuto adattamento di entomofagiautoctoni al nuovo ospite e i primi risultatiottenuti indicano una certa reazione degliantagonisti indigeni, anche se i livelli di efficaciasono ancora modesti.

Di notevole risalto scientifico sono anche leindagini che vengono condotte, in particolare inToscana, per verificare, ed eventualmente,quantificare l’adattamento di antagonisti indi-geni all’emittero coreide neartico Leptoglossusoccidentalis Heideman. In una giovane pinetaartificiale di pino laricio e pino marittimo ubica-ta tra i 550 e 850 metri di altitudine (Firenze),nel 2008 sono state raccolte nel periodo agosto-settembre ovature della cimice americana delleconifere, che presentavano, insieme alle uovaschiuse, altre ancora chiuse dalle quali sonosfarfallati individui femminili e maschili dell’eu-

pelmide Anastatus bifasciatus (B. de Fonsc.),noto parassitoide delle uova di vari insetti fore-stali, tra cui la Processionaria del pino, che rego-larmente, da oltre un decennio, viene ritrovatanella stessa pineta. A. bifasciatus, per altro giàrinvenuto nelle uova di L. occidentalis in Nord-Italia (CAMPONOGARA et al., 2003) viene attual-mente mantenuto in allevamenti di laboratorio aspese delle uova del coreide, per studiare le pos-sibilità applicative dell’impiego del parassitoidenel controllo biologico della cimice americana(NICCOLI et al., 2009). Appare interessante rile-vare che dalle ovature di Processionaria raccoltenella stessa pineta nell’autunno del 2008 sonoemersi individui, ovviamente maschi, dell’eu-pelmide in quantità decisamente superiorerispetto agli anni precedenti. Quindi, non sem-bra azzardato ipotizzare che la presenza dellefemmine nello stesso ambiente, sviluppatesinelle uova di Leptoglossus, abbia favorito lacrescita numerica della popolazione dell’Anas-tatus (TIBERI, dati non pubblicati).

Altre indagini sono in corso da alcuni anni peraccertare il ruolo rivestito dai componenti secon-dari volatili, di natura terpenica, presenti negliaghi di pino, la cui attività è già stata valutata neiconfronti delle femmine ovideponenti della Pro-cessionaria, anche sul comportamento dei suoidue principali oofagi: O. pityocampae e B. ser-vadeii. Le indicazioni finora emerse dai test effet-tuati in olfattometro autorizzano un certoottimismo e inducono a perseverare nel tentativodi definire metodiche che permettano di poten-ziare l’azione degli entomofagi con l’aiuto diinfochimici propri degli ospiti vegetali del fitofa-go (TIBERI et al., 2002c; PANZAVOLTA et al., 2003).

PROSPETTIVE

È noto che la lotta biologica trova un notevoleostacolo nella necessità di mantenere alleva-menti degli antagonisti allo scopo di avere adispo sizione un congruo numero di individui daliberare in natura. Tale limitazione potrebbeessere superata individuando idonee tecniche dimoltiplicazione degli entomofagi su diete artifi-ciali e così superare il gravoso impegno cherichiede il simultaneo allevamento dei fitofagiospiti siano essi specifici che sostitutivi (GRE-NIER, 2009).

La necessità, poi, di disporre dei sufficientiquantitativi di esemplari degli antagonisti, nelmomento più indicato per la loro liberazionein natura, comporta inevitabilmente lo stoccag -gio di questi ausiliari che potrebbe essere assi-

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curato dalla tecnica della crioconservazione(LEOPOLD, 1998).

Inoltre, è da tenere nella giusta considerazio-ne, prima di intraprendere l’allevamento e ilsuccessivo potenziamento in natura, l’opportu-nità di verificare l’effettiva presenza e densità dipopolazione, nel sistema dove si intende opera-re, dell’entomofago prescelto, in quanto i cam-biamenti climatici in atto potrebbero anche, nelcaso dei limitatori naturali, modificarne la di -stribuzione geografica e la dinamica di popola-zione.

Altra linea di ricerca che meriterebbe di essereapprofondita riguarda la possibilità di utilizzarele sostanze volatili prodotte ed emesse dallepiante per potersi inserire, con le dovute caute-le, nelle relazioni che intercorrono tra i vegetalie i loro fitofagi e anche con gli antagonisti natu-rali, entomofagi di quest’ultimi. In questo ambi-to un razionale impiego di sostanze di originevegetale, quelle monoterpeniche in particolare,viene ritenuto utile a potenziare il controllo bio-logico (KHAN et al., 2008).

Nella letteratura estera sono riportati numero-si esempi relativi alla possibilità di utilizzare isemiochimici rilasciati dall’ospite vegetale, per iquali è stato dimostrato il ruolo di cairomoni neiconfronti di predatori e parassitoidi. R-+-limo-nene, ad esempio, è risultato molto attrattivoper Dastarcus helophoroides (Fairmaire)(Coleoptera: Bothrideridae), parassitoide dialcune specie di cerambicidi: sia in olfattometroche in prove di laboratorio, infatti, in presenzadi questo monoterpene, si è osservato un incre-mento nella percentuale di parassitizzazionedelle larve dei cerambicidi (WEI et al., 2008). α-Pinene è risultato poco attrattivo, quandoimpiegato da solo, per tre predatori di scolitidi,Thanasimus dubius (F.) (Cleridae), Platysomacylindrica (Paykull) (Histeridae) e Corticeusparallelus Melsheimer (Tenebrionidae), ma si èinvece dimostrato molto utile per potenziarel’attrazione esercitata nei loro confronti daiferomoni di aggregazione di due scolitidi ospiti:Ips pini (Say) e Ips grandicollis (Eichhoff)(ERBILGIN & RAFFA, 2001). Dallo stesso mono-terpene, quando usato con etanolo entro trap-pole, è risultato attirato anche un altro cleride,Thanasimus formicarius (L.), noto predatore discolitidi, come Ips typographus (L.)(SCHROEDER, 2003). Anche un altro componen-te terpenico delle conifere, mircene, è risultatoefficace nell’incrementare la risposta di un pre-datore, il cleride Enoclerus sphegeus (F.), al fero-mone di Dendroctonus ponderosae Hopkins(BOONE et al., 2008).

CONSIDERAZIONI

Recentemente si registra il crescere della con-sapevolezza, da parte dell’opinione pubblica,dei potenziali rischi connessi all’uso di prodottifitosanitari chimici di sintesi e un conseguenteaumento nel gradimento della lotta biologica.La problematica riguardante l’apprezzamentoda parte dell’opinione pubblica della lotta bio-logica è stata affrontata in California (JETTER &PAIN, 2004) e in Canada (CHANG et al., 2009).In entrambi gli studi è emersa una netta prefe-renza (80% degli intervistati in California) perla lotta biologica rispetto a quella chimica sia inambiente urbano che in ambiente forestale.Questa preferenza è anche avvalorata dalladichiarata disponibilità degli intervistati a sop-portare anche un esborso decisamente maggioreper gli interventi di tipo biologico rispetto aquelli di tipo chimico.

Tuttavia la lotta biologica non è del tutto privadi potenziali conseguenze negative, infatti, giàalla fine dell’800 alcuni studiosi espressero iprimi dubbi sulla reale assenza di effetti collate-rali legati alla lotta biologica classica, portandoad esempio il drastico cambiamento della faunainvertebrata hawaiana in seguito al rilascio dialcune specie di coccinellidi (PERKINS, 1897).Successivamente altri autori si sono interessatial problema, per cui la tematica è divenuta sem-pre più sentita e si è iniziato ad avanzare il dub-bio che la dichiarata assenza di effetti collateralidella lotta biologica classica fosse dovuta piùche altro ad una carenza di indagini sull’argo-mento (HOWARTH, 1983 e 1991). Il dibattito trai sostenitori della lotta biologica e coloro chenon accettano un suo uso incondizionato è statoper molto tempo acceso e ripetutamente ripresoanche in anni recenti. Attualmente è in generericonosciuta la necessità di effettuare indaginiapprofondite prima del rilascio di un entomofa-go esotico e anche successivamente ad esso, perottenere previsioni più accurate dell’impatto ditali interventi (WRIGHT et al., 2005; HOELMER &KIRK, 2005; GROSS et al., 2005; BARRATT et al.,2010). È ormai appurato, infatti, che l’introdu-zione di agenti di controllo biologico esoticipotrebbe avere conseguenze di vario tipo, siasui fitofagi non-target che sui livelli trofici supe-riori e comporta comunque rischi ambientaliche devono essere attentamente valutati(LOUDA et al., 2003; DELFOSSE, 2005; VAN LEN-TEREN et al., 2006; BARRATT et al., 2010).

L’entomofago esotico, ad esempio, potrebbeattaccare fitofagi non-target riducendone le den-sità di popolazione. Raramente questo comporta

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la scomparsa delle specie in questione, comunque,in ambienti di limitata estensione e caratteristicheambientali particolari questo fenomeno potrebbeaumentare le probabilità che l’azione di altri fat-tori, quelli abiotici ad esempio, induca una ridu-zione della biodiversità (MACARTHUR & WILSON,1967). Sono documentati casi di estinzione dialcune specie di insetti nelle isole Fiji e nelle Hawaii,che si sospetta siano attribuibili all’introduzionedi agenti di controllo biologico (VAN LENTERENet al., 2006).

Per quanto riguarda gli effetti sui livelli troficisuperiori si possono ipotizzare varie eventualità:– l’entomofago introdotto potrebbe rivelarsi un

iperparassita, capace quindi di nutrirsi anchea spese dei nemici naturali indigeni sia delfitofago-target sia di altri fitofagi;

– l’entomofago introdotto potrebbe entrare incompetizione con nemici naturali indigenidel fitofago-target e, nei casi più estremi, que-sta competizione interspecifica potrebbe por-tare alla scomparsa di una delle specie (VANLENTEREN et al., 2006). Più frequentemente,però, si assiste ad una parziale sostituzionedell’entomofago indigeno entrato in competi-zione con quello esotico. Esempi di questofenomeno sono riportati da vari autori, nelsud Italia, ad esempio, Cales noacki Howard,introdotto per il controllo di Aleurothrixusfloccosus (Maskell), è entrato in competizionecon Encarsia tricolor (Förster), parassitoideindigeno di Aleurotuba jelinekii (Frauenfeld)riducendone le densità di popolazione (VIG-GIANI, 1994). In Giappone il parassitoideTorymus sinensis, introdotto per il conteni-mento del galligeno Dryocosmus kuriphilus,ha fatto registrare, nel corso di circa 10 anni,crescenti densità di popolazione a discapitodi quelle del parassitoide indigeno Torymusbeneficus Yasumatsu & Kamijo (MORIYA etal., 1992);

– l’entomofago introdotto potrebbe, infine,causare cambiamenti genetici in altre popola-zioni dell’ecosistema. Si potrebbero, infatti,verificare fenomeni di ibridazione tra l’ento-mofago introdotto ed entomofagi indigeni,come osservato in Giappone per Torymussinensis e Torymus beneficus (YARA et al.,2007). Tali fenomeni potrebbero risultare dinotevole impatto, come si è, per esempio,verificato in Nord America dove l’ibridazioneavvenuta tra biotipi di Aphelinus varipes För-ster provenienti da varie parti del mondo haindotto un cambiamento delle preferenzeecologiche della specie (HOPPER et al., 2006).In alcuni Paesi in cui la lotta biologica classica

viene praticata da tempo, come Australia, Cana-da, Nuova Zelanda, Sud Africa, Regno Unito eStati Uniti, esiste una legislazione che regolal’introduzione degli agenti di controllo biologi-co e sono state stabilite precise procedure pervalutarne i rischi. Attualmente si riscontra latendenza a rendere i regolamenti sempre piùstringenti ed a sollecitarne l’adozione da partedegli Stati Europei (HUNT et al., 2008), di con-seguenza è necessario aumentare l’accuratezzadel processo di valutazione degli eventuali rischilegati alla lotta biologica, sviluppando protocol-li che permettano, da una parte, di prevenireseri errori nel rilascio di insetti esotici utili e,dall’altra, di promuovere forme di controllobiologico sicure ed efficienti.

RINGRAZIAMENTI

L’Autore ringrazia vivamente la Dr.ssa AngelaNiccoli (CRA/ABP) e i Dottori Matteo Bracalini,Francesco Croci e Tiziana Panzavolta (Diparti-mento di Biotecnologie Agrarie) per il costantee prezioso contributo nella realizzazione dellavoro.

RIASSUNTO

Dopo una breve illustrazione delle linee operative daseguire nella programmazione degli interventi per la prote-zione delle piante in ambienti forestali e dell’opportunità diadottare la lotta biologica in tali sistemi, si procede allarassegna delle esperienze condotte in Italia, a partire dallaseconda metà del secolo scorso, con l’impiego di insetti ento-mofagi indigeni nel contenimento di importanti fitofagi fore-stali e che hanno dato i risultati più significativi. Vengonoillustrate, successivamente, le ricerche condotte sull’intro-duzione, l’allevamento e la liberazione di entomofagi eso-tici di fitofagi, anch’essi esotici. Nella trattazione vieneriservato il dovuto spazio anche alla presentazione dei risul-tati di studi svolti per accertare il ruolo rivestito dalle sostanzevolatili rilasciate dalle piante nel mediare le relazione cheintercorrono in natura tra gli ospiti vegetali i loro fitofagi egli antagonisti di quest’ultimi. Si indicano, inoltre, le pos-sibili azioni da intraprendere per superare gli ostacoli che,al momento, rendono molto impegnativi l’allevamento, lamoltiplicazione e lo stoccaggio degli entomofagi. Infine sifa riferimento alle problematiche, evidenziate in numerosicontesti di studio, inerenti l’introduzione e la liberazione diantagonisti esotici sul preesistente assetto delle entomoce-nosi locali e sull’indice di apprezzamento espresso dall’o-pinione pubblica sulla lotta biologica in generale.

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Atti Accademia NazionaleItaliana di EntomologiaAnno LVII, 2009: 117-128

(*) CRA-ABP, Via Lanciola 12/A, Cascine del Riccio, 50125 Firenze. Lettura tenuta durante la Tavola rotonda «Biotecniche e nuove frontiere nella difesa degli ecosistemi forestali».Seduta pubblica dell’Accademia - Firenze, 27 novembre 2009.

On recent defence managements by bio-techniques in Italian forest ecosistemsIn the frame of preserving the biodiversity as well as of a profitable sustainability of environmental resources, a convenient

defence management of the forest ecosystems has to be carried out actually. On these bases, advanced bio-techniques have to bepromoted more and more also in forests in order to protect trees from many of the native or introduced exotic pests.

Recent experiments by means of bio-techniques gave good results in Central Italy against three forest pests, i.e., Ipstypographus (L.), Thaumetopoea processionea L. and Matsucoccus feytaudi Ducasse.

The European spruce bark beetle since 2004 has been developing heavy outbreaks in Northern Tuscany Apenines menacingseriously the native spruce woods of Campolino Park in Pistoia Province. A mass-trapping experiment carried out recentlyagainst that scolytid, by the CRA-ABP (ex-ISZA), by means of “Tyson” traps baited with the aggregation pheromone, led tohuge captures of adults, up to 16 millions in one year, making it expect this method will be really effective in a successful controlof that bark beetle.

As to the oak processionary caterpillar which in recent years gave outbreaks too in oak woods of the coastal Tuscany (SantaLuce in Pisa Province), a control experiment by means of aerial treatments of Bacillus thuringiensis var. kurstaki, gave goodresults too in breaking down the moth population levels. That success resulted in useful also in avoiding medical diseases to thepublic health due to the harmful effects of the larval urticating hairs of that lepidopterous species.

Finally, with reference to the maritime pine bast scale which has destroyed so many pine stands during the last forty years fromProvence to Tuscany, trials to control it in the San Rossore Reservation by a mass-trapping, with both pheromone and antagonistattracting traps, are giving good results the same in order to reduce the decay of the external coastal protective maritime pine beltaimed to shelter the mixed woods at the back from the marine aerosol.

KEY WORDS: bio-tecnology, defence trials, forest insects, Tuscany.

INTERVENTI BIOTECNICI REALIZZATI IN ITALIA IN AMBIENTI FORESTALI

ANDREA BINAZZI (*) - PIO F. ROVERSI (*) - FABRIZIO PENNACCHIO (*) - VALERIA FRANCARDI (*)JACOPO DE SILVA (*) - LORENZO MARZIALI (*) - LEONARDO MARIANELLI (*)

INTRODUZIONE

Quando si parla di ecosistemi forestali non sipuò non fare riferimento alla cosiddetta «diver-sità biologica» che è costitutiva predominantedegli ecosistemi stessi: essa è espressione dellamolteplicità degli organismi viventi che vi insi-stono, della variabilità dell’informazione geneti-ca che possiedono oltre che della complessitàdei sistemi ecologici in cui si organizzano. Lespecie, con i loro patrimoni genetici, e gli ecosi-stemi presenti sulla terra sono infatti la risultan-te di oltre 3.000 milioni di anni di evoluzione ecostituiscono quel sistema di organizzazionedella vita sul nostro pianeta che è indispensabileper la stessa sopravvivenza della specie umana.

In tale contesto, la diversità delle specie di undeterminato ambiente, oltre che costituire riser-va di ricchezza biologica, assolve il compito pri-mario di conservazione degli ecosistemi stessi.In questo ambito, il ruolo svolto dagli animali, ein particolare dagli insetti che vivono in foresta,

è da inquadrare con la precisazione di fondo chenessun organismo vivente è di per sé inutile odannoso se considerato nel novero delle «fun-zioni» assegnate dai processi evolutivi e dallaselezione naturale. Nelle tipologie forestali ori-ginarie infatti tutti gli organismi nel loro insiemesvolgono una funzione inerziale di mantenimen-to degli assetti biocenotici allorché intervengo-no a mantenere gli equilibri inter- e intraspecifi-ci fra tutte le componenti dei vari habitat coin-volti nelle catene alimentari, assicurando loro lacapacità di mantenersi stabili e sostenibili.

Va da sé dunque che l’alterazione anche diuna qualsiasi delle componenti di detti sistemiporta inevitabilmente con sé conseguenze dele-terie più o meno dannose. Per questi motivi l’ur-genza di ridurre il «trend» negativo del degradoambientale in atto per molteplici cause e diaffrontare con azioni concrete il problema dellasalvaguardia delle diversità biologiche nei diver-si ambienti è un fatto ormai collegialmente rico-

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nosciuto. Tutto ciò pone necessariamente il pro-blema, anche nel nostro paese, di interventi fito-sanitari ecocompatibili ogni qualvolta si verifi-chino turbative degli habitat, in particolare diquelli forestali, a carico di organismi nocivicome purtroppo avviene sempre più di frequen-te per talune specie di insetti, sia indigeni cheintrodotti.

Ricordando inoltre che, nel novero delle spe-cie entomatiche fitofaghe, le componenti poten-zialmente dannose vengono di norma controlla-te anche da molteplici fattori naturali, si confer-ma la necessità di non alterare i predetti equili-bri riducendo al massimo l’uso dei fitofarmaci alfine di evitare impoverimenti della biodiversitàe la contaminazione dei prodotti alimentari edegli ambienti. È pertanto in un simile contestodi salvaguardia della biodiversità e di uso soste-nibile delle risorse che devono trovare colloca-zione le problematiche di una ben oculata e pro-grammata difesa integrata sia delle colture agra-rie che degli habitat forestali. In tale ottica, l’usodelle biotecnologie in foresta si sta rivelandouno dei migliori sistemi di controllo ecocompa-tibile non solo nei confronti di specie indigenema anche verso i fitofagi di nuova introduzione.Ovviamente tali interventi raramente possonomirare alla totale eradicazione delle specie noci-ve (salvo che per eventuali organismi da quaran-tena) ma sono in ogni caso finalizzati a ricon-durre le popolazioni squilibrate a livelli tollera-bili dalle piante con tecniche compatibili con lefunzioni del bosco.

Per biotecnica si intende fondamentalmentel’impiego di quattro tipi di sostanze rappresenta-

ti da: a) insetticidi microbiologici (ad es., a basedi Bacillus thuringiensis + fagostimolanti), utiliz-zati soprattutto contro i lepidotteri defogliatori(l’uso del mezzo aereo è da preferire nelle infe-stazioni più gravi, tenuto conto dell’evoluzionedelle tecniche applicative); b) attrattivi di aggre-gazione o sessuali in vari tipi di trappole e dis-pensers per monitoraggio e per catture massali ointensive in aree circoscritte; c) attrattivi per laconfusione sessuale; d) attrattivi (anche sessuali)ad effetto cairomonico nei confronti di parassi-toidi e predatori delle specie target.

Recenti sperimentazioni con mezzi biotecniciche hanno dato o stanno dando buoni risultatiin Italia contro fitofagi forestali nocivi, sonostate indirizzate verso tre specie di insetti: Ipstypographus (L.), Thaumetopoea processioneaL. e Matsucoccus feytaudi Ducasse.

IPS TYPOGRAPHUS (LINNAEUS) (COLEOPTERA

SCOLYTIDAE)

Viene detto comunemente «bostrico» ed èconsiderato uno dei fitofagi forestali più danno-si per le foreste europee (BAKKE, 1989; BYERS,2000). Il coleottero è legato essenzialmente aPicea abies.

Questo scolitide può risultare molto aggressi-vo essendo capace di colonizzare anche piantein buone condizioni vegetative quando le suepopolazioni risultano numericamente abbon-danti. Per questi motivi viene incluso fra lepoche specie di fitofagi definite «tree killing»(PAINE et al., 1997) (Fig. 1).

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Fig. 1Ips typographus: adulto maturo.

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Gli incrementi numerici delle popolazioni del«tipografo» sono favoriti da fattori di stress ingrado di determinare stati di sofferenza per lepiante ospiti e dall’abbondanza di materialecolonizzabile derivante da schianti e sradica-menti causati da eventi meteorici.

I. typographus è specie poligama e svolge di normadue generazioni all’anno, con svernamento allostadio adulto sotto la corteccia delle piante attac-cate o nella lettiera (FACCOLI & STERGULC, 2006 a).Gli adulti abbandonano i siti di svernamento inmaggio e i maschi pionieri, una volta indivi-duata la pianta idonea alla colonizzazione, inizianolo scavo della galleria di prolificazione, realizzandouna «celletta nuziale».

L’emissione del feromone di aggregazionerichiama in massa altri individui di entrambi isessi che determinano la completa colonizzazio-ne e la conseguente morte della pianta. Ognimaschio si accoppia di norma con 2-4 femmine

all’interno della cella nuziale e ogni femminafecondata inizia lo scavo di una galleria maternaindipendente. Si ha così la formazione del carat-teristico sistema verticale o stellare. Ogni singo-la galleria materna può essere lunga fino a 15-20cm (Fig. 2).

In primavera è di fondamentale importanza iltempestivo sgombero dei fusti schiantati e sra-dicati dagli eventi meteorici che costituisconoil substrato tipico idoneo allo sviluppo delloscolitide. Sono efficaci, a scopo preventivo,anche l’abbattimento e l’esbosco di piante depe -rienti (Fig. 3).

Nei focolai avviati è indispensabile il taglioprecoce delle piante colonizzate dall’insetto, lascortecciatura dei fusti e l’immediata distruzio-ne col fuoco del materiale di risulta. Di notevoleutilità risulta la predisposizione di piante escada distruggere prima dell’emersione dei nuoviadulti.

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Fig. 2Ips typographus: sistemi di prolificazione con gallerie materne, gal-lerie larvali e celle pupali ben evidenti.

Fig. 3Gruppo di piante di abete rosso morte in piedi, colonizzate da Ips typo-graphus, poste ai margini di una tagliata nella foresta del Teso (PT).

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Lotta biotecnicaAl fine di attrarre gli adulti in fase riprodutti-

va e di contenere le popolazioni del «bostrico»,si può ricorrere all’allestimento di un congruonumero di trappole innescate con il feromonedi aggregazione (di sintesi). I componenti essen-ziali del feromone dell’Ips typographus sono:2-methyl-3-buten-2-ol, (S)-cis-verbenol eipsdienol racemico.

L’impiego delle trappole consente il monito-raggio dell’attività e della diffusione dello sco-litide al fine di attuare tempestivamente gliinterventi di lotta necessari, anche tradiziona-li, ma può fornire anche utili indizi per preve-dere eventuali incrementi delle sue popolazio-

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Fig. 4Trappola tipo Tyson fornita daBio/Technik/Chemie WitasekPflanzenSchutz GmbH Mozart-strasse 1a A-9560 Feldkirchen(www.witasek.com).

ni nell’anno successivo (FACCOLI & STERGULC,2006 b). A questo scopo sono necessarie alme-no 3-4 trappole a ettaro allestite prima dell’ini-zio dei voli primaverili, di norma entro la finedi aprile.

Nell’alta Toscana, dopo la forte siccità dell’e-state 2003, le condizioni di stress cui è stata sot-toposta la picea nelle aree di piantagione artifi-ciale delle foreste dell’Abetone e del Teso(Pistoia) hanno determinato un incremento deisubstrati utili allo sviluppo del «bostrico» e lacrescita abnorme delle sue popolazioni. A parti-re dal 2004 e negli anni successivi sono stateregistrate infatti morie crescenti che hanno resonecessario l’abbattimento di centinaia di piantemature.

Per il monitoraggio dello scolitide e per la cat-tura di una quota significativa di individui pre-senti nelle aree sopra indicate, sono state allesti-te e dislocate 300 trappole, tipo «Tyson»(Fig. 4), innescate con il feromone, su una super -ficie di circa 60 ha di pecceta artificiale, unita-mente a piante esca.

RisultatiNel corso dell’intera stagione, nel 2009, sono

stati catturati oltre 1 milione di esemplari, conuna media di circa 3500 esemplari per trappolae con punte di circa 16.000 esemplari in soli tregiorni per ogni singola trappola (Fig. 5).

Al di là di questi primi risultati indicativi, chetuttavia danno conferma dell’efficacia del meto-do del «mass-trapping» contro questa speciexilofaga, la sperimentazione è ancora in corsoed è programmata per altri due anni. Non sonopertanto ancora disponibili risultati definitivibasati sull’elaborazione statistica dei dati al con-fronto con le aree non trattate.

Fig. 5Cattura massale di adultidi Ipstypographus

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THAUMETOPOEA PROCESSIONEA LINNAEUS(LEPIDOPTERA THAUMETOPOEIDAE)

Tra i lepidotteri ci sono specie ben note nonsolo per i danni diretti che queste sono capacidi apportare per la loro attitudine a defogliaremolte essenze forestali interagendo con le pro-duzioni agroforestali ma anche per la loro peri-colosità sul piano della salute pubblica. A questoriguardo sono da menzionare quelle entità le cuilarve sono dotate di peli urticanti in grado di cau-sare seri danni alla salute degli animali a sanguecaldo uomo incluso.

Questo tipo particolare di setole che funge sostan-zialmente da meccanismo di difesa, annovera pelimolto piccoli, lunghi circa 100 micron, provvistidi una punta a forma di arpione. Questi vengonoprodotti in gran numero dal tegumento larvaledorsale dell’insetto e sono facilmente distaccabilie veicolabili nell’ambiente a opera delle correntiaeree cosicché, quando vengono a contatto dellapelle o delle mucose di animali a sangue caldo,provocano «infiammazioni» anche gravi a motivodella loro azione fisica diretta di penetrazione e,soprattutto, a causa della reazione dei tessuti viviall’inoculo di sostanze proteiche irritanti fuoriu-scite dalla rottura delle predette punte «arpio-nate».

I peli «urticanti» sono dislocati sul tegumentodorsale delle larve di alcune delle predette speciedi lepidotteri, a partire dalla terza età in poi, e sonocontenuti in particolari placche dette «specchi»(mirrors) che vengono rigenerate dopo ogni muta.Il numero dei peli urticanti portati da questi«specchi» è massimo nell’ultima età larvale allorché

può raggiungere anche qualche milione di unità.La sintomatologia derivante dal contatto dellapelle o delle mucose con questi peli urticanti variada individuo a individuo ed è massima nelle per-sone a maggiore sensibilità; in ogni caso, le con-seguenze più gravi si registrano a carico dellemucose interne e degli occhi.

Nelle aree infestate da questi lepidotteri si parlaanche di «Animal Atmospheric Pollution» perindicare inquinamenti aerei di origine animale(LAMY, 1990; WERNO & LAMY, 1990).

La processionaria della quercia è legata allequerce caducifoglie (farnia, rovere, roverella ecerro) ed è appunto uno di questi temibili «lepi-dotteri urticanti». Recentemente questa specie hadefogliato vaste aree di querceti mesofili a domi-nanza di cerro nell’Italia centrale (Toscana). Male pullulazioni di questa processionaria causanospesso anche problemi igienici per le popolazionirurali e per gli allevamenti animali (ROVERSI, 1997).È opportuno ricordare in proposito che anche icambiamenti climatici che si stanno verificandonegli ultimi anni, volti verso un generale riscal-damento delle aree temperate, portano come con-seguenza a una continua espansione di questespecie di insetti verso areali più ampi e più freschirispetto a quelli originari più termofili.

La processionaria della quercia, come altre speciesimilari, esibisce costumi larvali di tipo sub-sociale.Essa nel corso del suo sviluppo costruisce nidisericei di cospicue dimensioni applicati sui tronchidelle piante colonizzate all’interno dei quali grandiquantità di peli urticanti possono permanere moltoa lungo anche dopo la scomparsa fisica dell’in-setto (Fig. 6).

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Fig. 6Un nido di processionariadella quercia con un altis-simo numero di larve.

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T. processionea è specie univoltina ampiamentedistribuita nell’Europa centro-occidentale. Lesue larve sono attive in primavera ed estate edesibiscono un costume gregario per tutto iltempo del loro sviluppo. A maturità si impupanodentro i nidi all’interno di involucri di consisten-za cartacea. Negli ultimi tempi la sua diffusioneha interessato anche l’Olanda e il Regno Unito.

Allorché si verificano esplosioni epidemichedi questa specie, come accaduto alcuni anni fain alcune cerrete della Toscana costiera, si ponela necessità e l’urgenza di controllare l’espansio-ne di questo lepidottero anche per motivi disalute pubblica. A tal fine e sulla base di prece-denti sperimentazioni effettuate in altri paesieuropei e nel nord America, è stato sperimenta-to anche da noi l’uso di un bio-insetticida, ilBacillus thuringiensis var. kurstaki, che è ampia-mente noto per la sua efficacia, a basso impattoambientale, contro le larve di molti lepidotteridefogliatori anche urticanti (MARTIN & BON-NEAU, 2006; VAN FRANKENHUYZEN & PAYNE,2000; ROVERSI, 2006).

Lotta biotecnicaLe prove sperimentali contro la processiona-

ria della quercia a base di Btk effettuate inToscana dal CRA-ABP vennere condotte nellaprimavera del 2004 e furono finanziate dallaRegione nell’ambito del Progetto META-Reg.C.E. 1257/99, PSR 2000-2006.

Il trattamento aereo venne effettuato il 28aprile 2004 nella cerreta di Santa Luce (Pisa),in occasione di una forte infestazione verifica-tasi in quell’area, su una superficie collinare di

circa 1640 ha, fino ad un’altitudine di 593 ms.l.m. Il momento del trattamento fu scelto incoincidenza con l’apertura delle gemme foglia-ri delle querce quando le giovani larve deldefogliatore erano ancora nelle prime due etànon urticanti.

Il prodotto usato è stato la formulazione com-merciale «FORAY 48B» a 12,7 BIU l-1 dellaValent Bio-Sciences Corp., Libertyville, IL, USA.

La superficie interessata al trattamento era statasuddivisa in tre parti, una di 578 ha (T1), trattatacon 31,75 BIU/ha-1 (2,5 lt/ha-1), una di 306 ha(T2), trattata con 44,45 BIU/ha-1 (3,5 lt/ha-1) euna di 756 ha (T3), trattata con 57,15 BIU/ha-1

(4,5 lt/ha-1).Il trattamento venne effettuato a mezzo di eli-

cottero «Aérospatiale SA 315 Lama», della capa-cità di 500 lt, con 4 ugelli rotanti su barra di 12 m,con strisciata di spruzzo di 20 m, e con velocità divolo di circa 90 km/h-1 (Fig. 7). I voli venivanoregistrati su GPS.

RisultatiCinque giorni dopo il trattamento, la mortali-

tà delle larve risultò minore del 40% nell’areatestimone ma oltre il 60% nelle aree trattate. 30giorni dopo, la mortalità larvale variava dal 75%fino al 96% nelle tre aree trattate. 60 giornidopo, venne rilevata una forte caduta nel nume-ro dei nidi in tutte le aree trattate.

Il dosaggio efficace e sufficiente per il control-lo delle larve risultò essere il più basso, e cioè ilBtk 31,75 BIU/ha-1 (2,5 lt/ha-1), distribuito a«ultra-low volume», al momento della schiusuradelle gemme .

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Fig. 7Elicottero «Aérospatiale SA 315»Lama usato per il trattamento

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L’esperimento era stato pianificato in coinci-denza dell’inizio previsto di una nuova «out-break» e fu seguìto da una valutazione, per ladurata di un mese, dei suoi effetti anche su spe-cie non target di lepidotteri. Questa secondaprova, realizzata mediante il controllo giornalie-ro di trappole poste sotto le chiome delle piantetrattate, ebbe come risultato che il numero dellelarve morte di altre specie risultò essere signifi-cativamente basso (ROVERSI et al., 2006).

MATSUCOCCUS FEYTAUDI DUCASSE(COCCOIDEA MARGARODIDAE)

È un fitomizo monofago su pino marittimo(Pinus pinaster) che può essere considerato unfitofago primario tale da avviare l’indebolimen-to delle piante colonizzate non tanto per la sot-trazione di linfa elaborata quanto per le tossie-mie indotte dai composti presenti nella salivaimmessa nei circuiti linfatici dell’ospite, vasiche vengono raggiunti grazie ai lunghi e sottilistiletti boccali di cui la cocciniglia è dotata.

La primarietà del margarodide nell’avvio deifenomeni di deperimento del pino marittimonel Sud-Est della Francia e nel versante Alto-Tirrenico di Liguria e Toscana è stata da tempoaccertata, così come l’importanza del successi-vo attacco delle piante indebolite dal fitomizoad opera di svariati insetti xilofagi indigeni chedi norma inducono nei pini un declino irrever-sibile.

A partire dalla fine degli anni ’50 l’introdu-zione accidentale di questo fitomizo, dall’areadi indigenato del pino marittimo – Marocco,Spagna, Portogallo e Lande Francesi – (dovevive in condizioni di sostanziale equilibrio con ipini) fino alla Francia di sud-est, dette l’avvioad uno sviluppo epidemico abnorme della coc-ciniglia che si rivelò assai distruttivo per ilsinergico combinarsi di bassi valori di mortali-tà, dovuta ai fattori abiotici normalmente effi-caci sulle coste atlantiche (ad es., l’elevata pio-vosità), e di esigui livelli di attività degli antago-nisti naturali. Com’è noto, le pullulazioni di M.feytaudi nelle pinete di pino marittimo del Var edelle Alpi Marittime portarono nell’arco di duedecenni alla distruzione di oltre 120.000 ha dibosco soprattutto nelle zone costiere più aride.

L’avanzata di M. feytaudi verso est raggiunse ilnostro Paese agli inizi degli anni ’70 interessan-do prima i territori della Liguria di ponente epoi espandendosi rapidamente nelle aree a ovestdi Genova (1989) fino alle pinete di SestriLevante (COVASSI & BINAZZI, 1992).

Nel 1999 un cospicuo nucleo di pini infestati egià deperienti venne scoperto per la prima voltain Toscana, nella Riserva Naturale di Montefal-cone (PI), in prossimità di segherie. In questaregione la diffusione della cocciniglia risultòancor più rapida tanto che nel 2004, a soli 5 annidi distanza dal primo rinvenimento, risultavanointeressate anche le province di Massa Carrara,Lucca, Pistoia, Prato, Firenze, Siena e Grosseto.Attualmente M. feytaudi è presente in tutte e 10le province toscane in pinete comprese nel terri-torio di circa 200 Comuni.

A livello epidemiologico, la colonizzazione deipini da parte di M. feytaudi e la conseguenteevoluzione del quadro sintomatologico si evol-vono in 3 fasi successive: ad una fase iniziale di«infiltrazione», che corrisponde all’arrivo eall’insediamento delle neanidi mobili (durantela quale non si notano sintomi manifesti didanni ai pini) seguono una fase detta dei «foco-lai sparsi», caratterizzata dai primi arrossamentidelle chiome dal basso verso l’alto, e una fasefinale detta di «generalizzazione» (osservabiledopo 3-5 anni dalla prima invasione del fitomi-zo) durante la quale si registrano disseccamentie morie su larga scala (Fig. 8). In quest’ultimafase sono inevitabilmente coinvolti gli insettiindigeni xilofagi.

Le infestazioni della cocciniglia corticicola delpinastro e le conseguenti morie verificatesi,come già accennato, in progressione nellaseconda metà del secolo scorso dalle pinetedalla Provenza fino quelle della Toscana, hannoportato all’attivazione di numerosi programmidi ricerca mirati, soprattutto nel corso dell’ulti-mo decennio, alla definizione e all’attuazione ditecniche avanzate di lotta biologica e integrata(ad es., il progetto EU-«PHOCUS», FAIRCT97 3440 – dal 1998 al 2002 – «New Ecologi-cal Pest Management of Pernicious ScaleInsects in Mediterranean Forests and Groves»)(RIOM & GERBINOT, 1977; BINAZZI & COVASSI,1989; COVASSI & BINAZZI, 1992; BINAZZI et al.,2000).

L’identificazione e la produzione, a partiredagli anni ’90, del feromone sessuale di M. fey-taudi in idonei quantitativi, ha permesso fino adoggi non solo di attuare un effettivo monitorag-gio del fitomizo nei nuovi habitat di introduzio-ne ma anche di avviare ricerche volte al conteni-mento delle sue popolazioni basate sull’impiegodi mezzi a basso impatto ambientale da poterutilizzare per la protezione di biocenosi di rile-vanza naturalistica in sinergia con i tradizionaliinterventi selvicolturali.

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Lotta biotecnicaDi seguito si espongono gli approcci metodolo-

gici utilizzati per il controllo di M. feytaudi nellafascia di protezione di pino marittimo dell’ ex-Tenuta Presidenziale di San Rossore (Pisa) (320ha contigui) e nelle altre fasce a pinastro situateall’interno dell’attuale Parco Regionale di Miglia-rino-San Rossore-Massaciuccoli.

Il Matsucoccus è stato reperito per la primavolta in quest’area nel 2004, in un punto di rileva-mento (Tirrenia) facente parte della rete di moni-toraggio estensiva del progetto META (Monito-raggio Estensivo dei boschi della Toscana). Lasuccessiva campagna di monitoraggio 2005 evi-denziò l’ingresso della cocciniglia da sud e la pre-senza di importanti focolai nella parte meridiona-le dell’area protetta (Fig. 9).

A seguito dei primi risultati e delle previsioni daquesti ottenute di un rapido diffondersi delle infe-stazioni con il conseguente prevedibile degradodelle formazioni a pinastro, nel 2005 è stato avviatodall’Ente Parco, sotto la responsabilità scientificadel CRA-ABP, un progetto di contenimento della

cocciniglia denominato «BIOCONTROL -Controllo di Matsucoccus feytaudi con mezzi bio-tecnici», finalizzato al controllo del fitomizo nelquinquennio 2006-2010, mediante l’utilizzo dimezzi a basso impatto ambientale escludendo l’u-tilizzo di biocidi di sintesi.

Obiettivo primario dell’intervento è statoquello di ritardare l’andamento delle morieinnescate dall’insetto per consentire la gradualerealizzazione di interventi selvicolturali atti amodificare struttura e composizione dei popola-menti puri e misti di marittimo al fine di favorirel’insediamento di una fascia boscata costiera«d’avvenire» costituita in parte da piante dipinastro più giovani e meno vulnerabili e inparte da soprassuoli misti di latifoglie (tenden-zialmente più stabili).

Gli interventi biotecnici mirati a ritardare ladiffusione del margarodide per l’attuazionedegli interventi selvicolturali (in particolare diquelli vòlti alla sostituzione del pinastro) sonostati suddivisi in due azioni, a) posizionamentodi trappole a feromone per la cattura massale

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Fig. 8A sinistra: resinazione tipica della prima fase e, in parte, della seconda dei «focolai sparsi»; a destra: disseccamenti della fase di «genera-lizzazione».

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dei maschi alati e b) posizionamento di soli dis-pensers di kairomoni per potenziare l’attivitàpredatoria degli antagonisti naturali indigeni.

Nel 2006, per l’attuazione del «mass trap-ping», sono state posizionate sull’intera superfi-cie del Parco n. 1120 trappole adesive in poli-carbonato, spalmate con colla adesiva applicataa pennello e innescate con dispensers attivaticon 400 μg dell’analogo di sintesi del feromonesessuale. Le trappole sono state distanziate dicirca 25 m l’una dall’altra e la posizione di cia-scuna trappola è stata georeferenziata medianteGPS al fine di consentire la spazializzazione deidiversi livelli di cattura. Nel periodo compresofra febbraio e aprile, trappole e attrattivi sonostati sostituiti 3 volte e dopo il ritiro del materia-le si è provveduto al controllo di questo in labo-ratorio per stimare il numero di maschi catturatinei diversi settori del Parco. Da maggio a set-tembre dello stesso anno è stata realizzata laseconda fase del progetto che prevedeva il posi-zionamento di dispensers con il kairomonedella cocciniglia, attivati sempre con 400 μg edisposti a distanza di circa 50 m l’uno dall’altro.

Agli interventi biotecnici e selvicolturali sono

Fig. 9Spazializzazione delle catture di M. feytaudi nel territorio delParco di San Rossore e nelle aree limitrofe, effettuate nel 2005.

stati affiancati in autunno esami diretti dei tron-chi delle piante per stimare i livelli d’infestazio-ne di M. feytaudi nelle aree soggette a controllo.Detti esami sono stati realizzati mediante il pre-lievo dai fusti, a un’altezza di circa 3 m, di por-zioni di corteccia di cm 10 x 10 da esaminarepoi allo stereo-microscopio per il conteggiodelle cisti vitali della cocciniglia presenti sopradi esse.

A seguito dei risultati ottenuti nel primo annoi quali avevano evidenziato la presenza di nucleidi infestazione nella parte sud del Parco, nel2007, al fine di permettere un più efficace con-trollo della cocciniglia, l’intervento biotecnico èstato concentrato nella ex Tenuta presidenzialedi S. Rossore, a nord della foce dell’Arno. Inol-tre, allo scopo di aumentare la superficie di cat-tura e nel contempo di evitare l’intrappolamen-to accidentale di piccoli vertebrati, nel 2007 si èprovveduto alla sostituzione dei pannelli dipolicarbonato con n. 1831 trappole dello stessomateriale ma avvolgenti i tronchi delle piante(Fig. 10). Su queste trappole è stato distribuitoun velo di una colla appositamente preparataper uso entomologico in grado di tratteneresolo gli artropodi più piccoli di dimensioni simi-lari a quelle dei maschi di Matsucoccus.

Fig. 10Trappola avvolgente posizionata sul tronco di un pino marittimo

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Nel 2008, nel settore meridionale del Parco,sono state avviate anche le necessarie operazio-ni selvicolturali e gli interventi biotecnici sonostati concentrati sull’area di maggiore impor-tanza, compresa nel perimetro dell’ex-TenutaPresidenziale, nella quale gli interventi prece-denti (2006-2007) avevano permesso di mante-nere a più bassi livelli le popolazioni di M. fey-taudi. Le trappole, sono state posizionate equi-distanti seguendo uno schema di file parallele(Fig. 11) a copertura dell’intero popolamento dipino marittimo.

Nel corso di quest’ultimo anno in tutti i popo-lamenti di marittimo del Parco, compresi quellidella citata Tenuta oltre che della Macchia Luc-chese e della Macchia Pisana, sono state posi-zionate n. 2350 trappole avvolgenti.

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Fig. 11Schema del posizionamento, nel 2008, delle trappole nella pinetadi pino marittimo all’interno della Tenuta di San Rossore.

RisultatiI conteggi di laboratorio degli esemplari cat-

turati e la spazializzazione dei dati (Fig. 12)hanno permesso di elaborare un quadro detta-gliato dei livelli di presenza della cocciniglia nel-l’area indagata. Ciò è risultato di notevole utilitànell’individuazione dei focolai non ancora sin-tomatici nei quali, da parte dell’Amministrazio-

Fig. 12Spazializzazione dei dati di cattura dei maschi di M. feytaudi rife-rita alla Tenuta di San Rossore per gli anni 2008 (sopra) e 2009(sotto).

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ne del Parco, si è potuto provvedere con tempe-stività all’asportazione dei pini nella prima fasedell’infestazione e al trattamento con cippaturadel materiale attaccato.

Dall’analisi della mappa costruita con i dati dicattura del 2008 è stato possibile definire conpiù precisione la distribuzione spaziale del fito-mizo potendo individuare come aree di maggio-re criticità quelle le cui trappole avevano cattu-rato il più alto numero di maschi. Nel 2009 èstato così implementato il numero di trappolein dette aree in modo tale da garantire una mag-giore superficie di cattura per ettaro di pineta.Da gennaio a marzo, sui 587 ha di pineta di pinomarittimo, sono state collocate n. 2274 trappolea feromone, tutte georeferenziate.

In tal modo, anche in questo anno, la geore-fenziazione dei dati di cattura ha permesso dicreare delle mappe che sono risultate molto utiliper lo studio della diffusione e della conseguen-te nuova distribuzione del fitomizo nei popola-menti di pinastro del parco.

In Tab. 1 vengono riportati i dati di catturadei maschi della cocciniglia nelle tre aree diintervento: Tenuta di San Rossore, MacchiaLucchese e Macchia Pisana.

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Tabella 1 – Catture di maschi di M. feytaudi nelle tre aree diintervento del Parco, dal 2007 al 2009.

TENUTA Totale catture N. medioSAN ROSSORE catture/trappola

2007 71.526 444,32008 10.153 6,82009 41.728 21,3

MACCHIA Totale catture N. medioLUCCHESE catture/trappola

2008 115 0,222009 407 1,80

MACCHIA Totale catture N. medioPISANA catture/trappola

2008 22 0,092009 29 0,31

Nella Tenuta di San Rossore si può osservarecome l’intervento biotecnico del 2007 abbiaconsentito la cattura di un alto numero di indi-vidui alati della cocciniglia con conseguenteriduzione della popolazione presente nell’area.Tale effetto è stato rilevato positivamente nel-l’anno seguente con un notevole calo delle cat-ture dei maschi nelle trappole.

Nonostante che, nella stessa Tenuta di SanRossore, le 1961 trappole avvolgenti posiziona-te l’anno successivo, 2009, abbiano fatto regi-

strare un nuovo incremento delle catture rispet-to al 2008, la popolazione della cocciniglia si ècomunque stabilizzata a livelli più bassi in tuttoil comprensorio. Questo dato assume notevolerilevanza se confrontato in particolare con gliaumenti di popolazione attesi, di tipo esponen-ziale, a partire dal 2006 in poi, anche per laTenuta di S. Rossore in analogia con quantoosservato nella zona meridionale del parco(Tombolo di Tirrenia).

A tutt’oggi, dopo 4 anni di cattura massale(2006-2009), è possibile affermare che nellaTenuta di San Rossore questa biotecnica ha sor-tito gli effetti sperati mediante un apprezzabilecontenimento delle popolazioni di M. feytaudi,rispetto alla naturale evoluzione epidemiologicadi norma espressa da questa specie. Tutto ciò haavuto come conseguenza il rallentamento dellefasi finali di degrado e di moria generalizzatadelle piante di pino marittimo che canonicamen-te impiegano 3-5 anni per la loro conclusione apartire dal momento delle prime infiltrazioni.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Alla luce dei crescenti dissesti ambientali cau-sati dall’uomo con le sue attività non semprerispettose degli habitat naturali, la strategia delcosiddetto «controllo integrato» delle specienocive basato sulla lotta biologica e sull’ impie-go dei più recenti mezzi biotecnici (o genetico-molecolari) ha aperto negli ultimi anni scenariconsolanti e molto incoraggianti nella prospetti-va di una migliore e più efficace salvaguardiadegli ecosistemi.

Le esperienze di ambito forestale riportate inquesta nota divulgativa ne sono un esempio edanno conferma che questa è la strada da segui-re anche in futuro per poter contrastare, rispet-tando l’ambiente, sia i periodici «local out-breaks» delle specie indigene sia le possibili,future invasioni biologiche peraltro sempre piùfrequenti a carico di organismi esotici in seguitoai crescenti e inarrestabili «global trade» e «glo-bal change».

In tal modo la lotta integrata, soprattutto neglihabitat forestali, intende prevenire o controllarele infestazioni degli insetti nocivi riconducendole loro popolazioni al di sotto delle soglie di tol-leranza con il minimo uso di prodotti chimici,con il massimo utilizzo delle nuove biotecnolo-gie a basso impatto ambientale e con la incre-mentata (ad arte) complementarietà dei nemicinaturali («antagonist aggregation»).

Per di più, la biodiversità e la difesa delle sue

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funzioni si collocano a buon diritto come moti-vo trainante aggiunto di nuove tendenze gestio-nali che siano veramente sostenibili ed ecocom-patibili.

RIASSUNTO

Nell’ambito della salvaguardia della biodiversità e del-l’uso sostenibile delle risorse trovano collocazione le pro-blematiche di una ben oculata e programmata difesa inte-grata degli habitat forestali. In tale ottica, l’uso delle bio-tecnologie in foresta si sta rivelando come uno dei migliorisistemi di controllo ecocompatibili non solo nei confrontidi specie indigene ma anche verso i fitofagi di nuova intro-duzione.

Recenti sperimentazioni con mezzi biotecnici che hannodato o stanno dando buoni risultati in Italia contro fitofagiforestali nocivi, hanno interessato negli ultimi anni in par-ticolare tre specie di insetti: Ips typographus (L.), Thaume-topoea processionea L. e Matsucoccus feytaudi Ducasse.

La prima specie, a partire dal 2004, ha avviato pericolo-se pullulazioni in alcune peccete dell’Appennino pistoiese(Toscana settentrionale) minacciando seriamente lasopravvivenza del nucleo indigeno di picea della foresta diCampolino. Prove di «mass-trapping», effettuate dalCRA-ABP di Firenze, a mezzo di trappole «Tyson» e conil feromone di aggregazione, stanno dando ottimi risultaticon catture elevatissime di adulti dello scolitide purché sirispettino i tempi utili del ciclo biologico e si curino l’ocu-lata disposizione e la distribuzione delle trappole sul terri-torio soggetto a sperimentazione.

Per quanto concerne la processionaria della quercia,anch’essa ha dato il via di recente ad esplosioni massive incerrete della Toscana costiera (Com. di Santa Luce, Prov.di Pisa). Una prova di controllo a mezzo di Bacillus thurin-giensis var. kurstaki, mediante trattamento aereo con eli-cottero ha dato buoni risultati ed è riuscita a contenere l’e-pidemia dell’insetto che fra l’altro ha un impatto preoccu-pante sul piano dell’igiene pubblica essendo specie le cuilarve sono dotate di peli urticanti.

Infine, la cocciniglia corticicola del pino marittimo ènota per le sue devastazioni causate ai popolamenti dipinastro negli ultimi 40 anni, a partire dalla Provenza finoalla Toscana. Prove di lotta integrata a mezzo di trappoleinnescate con il feromone sessuale e con trappole «antago-nist attracting» hanno dato ottimi risultati nella ex-TenutaPresidenziale di San Rossore nell’abbassare i livelli dipopolazione della cocciniglia al fine di proteggere la vege-tazione retrostante la fascia costiera di marittimo.

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– Eventuali ringraziamenti.– Riassunto in italiano.– Bibliografia indicata come da esempio:DALLAI R., 1975 – Fine structure of the spermatheca of Apis

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Le figure devono essere realizzate tenendo presente ledimensioni dello spazio massimo utile della pagina (formatopagina A4 - cm 21×29,7; spazio massimo utilizzabile cm16,5×25,00) e dovrebbero essere di dimensioni tali da per-mettere una riduzione fino al 65%. Tavole e illustrazioniinsieme con le relative didascalie devono essere indicate incifre arabe (es. Fig. 1, Tav. I, ecc.); anche le tabelle devonoportare il numero in cifre arabe (es: Tab. 1 ecc.). L’Autorepuò suggerire la riduzione o l’ingrandimento delle figureoriginali per portarle alle dimensioni già indicate. Le dida-scalie devono essere fornite in una pagina a parte, con pre-ciso riferimento alla figura.

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