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AZIENDA IN SCENA Momenti di vita aziendale teatralizzati e commentati da Responsabili HR e Dirigenti di grande aziende italiane. BOLOGNA 27 aprile 2016 ZanHotel Europa

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AZIENDA IN SCENA

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Momenti di vita aziendale teatralizzati e commentati da Responsabili HR e Dirigenti di grande aziende italiane.

BOLOGNA 27 aprile 2016ZanHotel Europa

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AZIENDA IN SCENA

Azienda in Scena

Benvenuti ad Azienda in Scena.

Azienda in Scena è teatralizzazione di momenti di vita aziendale, realizzata da autori ed attori professionisti, commentata da executive aziendali e dai coach EEC.

Sul palcoscenico verranno rappresentate situazioni quotidiane aziendali, situazioni in cui spesso occorrono capacità relazionali che non sempre vengono utilizzate e sviluppate adeguatamente.

Azienda in Scena è uno strumento formativo che la EEC già propone ai suoi clienti; l’idea è che la verosimiglianza teatrale predisponga positivamente i partecipanti prima ad osservare e poi a riscontrare come quanto spesso ciò che è presentato in scena sia simile al proprio vissuto lavorativo; questo permette di osservare da un’altra prospettiva favorendo consapevolezza e riflessione.

Agenda

17.00 Welcome

17.15 Scena 1: Feedback: Io non glielo dico…

17.30 Commenti degli speaker e domande

18.00 Scena 2: Comando / Controllo: Ve lo dico io...

18.15 Commenti degli speaker e domande

18.45 L’offerta formativa EEC

19.00 Aperitivo con gli speaker, gli attori, il regista, Raquel, e gli Executive Coach EEC

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AZIENDA IN SCENA

EEC - Scuola Europea di Coaching

La EEC nasce in Spagna nel 2003 come multinazionale della formazione in coaching e in competenze manageriali. Italia, Spagna, Portogallo, Argentina, Messico, Brasile, Colombia e Cile sono i paesi in cui ad oggi è presente.

Nel 2005 nasce la EEC Italia, a Torino, proponendo il coaching come strumento a servizio di aziende e persone impegnate a raggiungere risultati extra-ordinari.

A undici anni dalla sua nascita, la EEC eroga oggi corsi di certificazione per Executive Coach e di Formazione continua per coach professionisti, tali corsi sono accreditati dall’International Coach Federation (ICF). I corsi vengono svolti a Torino, Milano, Bologna, Padova, Roma, Napoli, Bari e Cagliari. Inoltre la EEC accompagna decine di aziende sul territorio nazionale nel raggiungimento degli obiettivi e nel miglioramento delle prestazioni.

Per fatturato, numero di corsi erogati, interventi formativi e coach certificati, la EEC- Italia si colloca in posizione di assoluta leadership sul mercato del coaching italiano.

Le attività della EEC si dividono in due sezioni:

- la divisione Didattica si occupa di formazione e certificazione di Executive Coach, secondo gli standard ICF, attraverso programmi riconosciuti come Approved Coach Specific Training Hours (ACSTH), Accredited Coaching Training Program (ACTP) e Continuing Coach Education (CCE).

- La divisione Aziendale si occupa invece di interventi di coaching individuale, team coaching, shadow coaching ed alta formazione per leader in competenze di coaching.

Essere un polo di eccellenza per la formazione in coaching e un riferimento per le aziende è il risultato quotidiano di una vision fondata sullo sviluppo di una cultura dell’apprendimento e della consapevolezza.

Fiducia, impegno e azione, sono concetti fondamentali con cui la EEC accompagna e forma leader.

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Intervistacon Raquel Guarnieri e Laura Averone

Spesso si dice che il coaching è arte, cosa ne pensi?

RAQUEL

Credo fortemente che il coaching sia un’ arte. E come in tutte le arti ci sono delle tecniche da apprendere per poterla svolgere con eccellenza. Ricordo la definizione del mio "maestro" di coaching Jim Selman: “Il coaching è l'arte di fare domande affinché le persone si impegnino più in là di quello che prima ritenevano possibile". Per me la tecnica principale del coaching sono le domande (una delle competenze di ICF è proprio "domande potenti"), domande che, se fatte a regola d'arte, contribuiscono a disinnescare credenze o modelli mentali non più utili al cliente/coachee. E qui subentra la creatività (arte) del cliente/coachee che non solo decide quali credenze o modelli mentali vuole lasciare andare, ma di quali nuovi modelli vuole avvalersi. Inoltre, sempre creativamente, il cliente/coachee identifica una nuova azione od un piano d'azione che lo impegnerà extra-ordinariamente. Quindi coach e coachee co-creano la relazione, la consapevolezza e l'azione che creativamente impegna il cliente/coachee in modo extra-ordinario. 

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Raquel Guarnieri

Raquel è un Coach certificato MCC (Master Certified Coach) dall’International Coach Federation (ICF). È amministratore delegato e fondatrice della EEC Italia, dove attualmente gestisce la Divisione Aziendale.

Laura Averone

Laura è un Coach certificato MCC (Master Certified Coach) dall’International Coach Federation (ICF). È amministratore delegato e fondatrice della EEC Italia, dove attualmente gestisce la Divisione Didattica.

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Cosa pensi del coaching come strumento in generale e quali sono le specificità del modello ontologico?

LAURA

Credo che il coaching sia un ottimo strumento a supporto del cambiamento e per lo sviluppo del benessere individuale. Infatti anche se nel coaching vengono affrontati obiettivi specifici in ambiti determinati, il loro raggiungimento farà vivere meglio in ogni contesto, a 360 gradi.

Pur essendo uno strumento che lavora su cambiamenti di comportamento, il coaching permette infatti di scendere in profondità e di prendere consapevolezza velocemente, lavorando sul modo in cui la persona osserva la realtà e sulle sue opinioni limitanti.

Il coaching consente alle persone di diventare più consapevoli, e questo per me ha un grande valore; anche se le persone decideranno di rimanere esattamente dove sono, lo faranno con consapevolezza.

Ritengo auspicabile che il coaching sia un processo scelto, che non può essere imposto; se una persona non è disponibile a mettersi in gioco e modificarsi, il coaching non raggiunge alcun risultato. C’è una parte che riguarda il cliente, ed ha a che vedere con il suo impegno, con la sua disponibilità e c’è una parte che riguarda il coach, il cui rigore è, dal mio punto di vista, estremamente importante. Per rigore intendo che il coach creda fermamente in alcuni presupposti, ad esempio che le persone hanno tutte le potenzialità per raggiungere, se vogliono, quello che vogliono, che il consiglio non è utile, e che le persone sono legittime, diverse da noi, e che non devono cambiare come piace a noi, ma come serve a loro.

Questo rigore richiede un impegno costante con se stessi; per questo non credo che quella del coach sia una professione che si può svolgere proficuamente senza un attenta analisi di sé e una costante ricerca di consapevolezza.

Nello specifico, ho trovato fin da subito il modello ontologico trasformazionale, promosso dalla EEC, efficace, maneggevole, fruibile, in quanto utilizza come strumento principe il linguaggio che come esseri umani adoperiamo continuamente.

È affascinante da un lato l’enorme semplicità nella sua comprensione e, dall’altro, la altrettanto grande complessità nella sua applicazione. Inoltre è utilizzabile in diversi ambiti; anche se la EEC è una scuola con orientamento principalmente aziendale, il nostro modello si mostra valido anche in ambito life, proprio perché pone al centro ciò che porta la persona, il cliente.

Quali vantaggi nel rappresentare teatralmente scene di vita aziendale come momento formativo?

RAQUEL

Il vantaggio, a mio avviso, sta proprio nel creare un contesto di riflessione e apprendimento, in modo originale, su quali sono le conversazioni che si svolgono dentro le nostre organizzazioni e come i componenti della stessa organizzazione, con il

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supporto o meno di un coach, possono cambiare quelle conversazioni. Cambiare le conversazioni in modo creativo significa per noi coach ontologici cambiare decisamente i risultati di una qualsiasi organizzazione composta da persone.

Ci sono aspetti che desideri evidenziare a chi è interessato a frequentare i corsi EEC di Executive Coach Certification?

LAURA

A volte mi chiedono se per partecipare ai nostri corsi ci sono test di ammissione, se abbiamo dei requisiti d’accesso, se ci sono selezioni, oppure ancora “sarò un buon coach secondo te?”.

Non sono in grado di sapere se una persona potrà essere un buon coach; non ci sono a mio parere delle caratteristiche peculiari e dal mio punto di vista, in quanto esseri umani, tutti possono diventare degli ottimi coach.

In passato dicevo che era sufficiente la volontà per diventare coach. Ora aggiungo che se una persona vuole diventare un buon coach, un eccellente coach, deve lavorare sulla propria capacità di essere umile e di rendersi vulnerabile.

Quindi il mio consiglio a coloro che vogliono frequentare questo corso e desiderano diventare dei buoni coach, è di chiedersi quanto sono disponibili a lavorare per diventare più umili e vulnerabili, ricordando che l’impegno costante a lavorare su sé stessi, non sarà una semplificazione, ma un arricchimento.

Le novità 2016 della divisione didattica?

LAURA

Abbiamo a piano l’erogazione di corsi di certificazione per Executive Coach in sedi diverse dalle 4 tradizionali (Torino, Milano, Bologna, Roma), prima tra tutte Padova a giugno.

Stiamo ampliando i contenuti del percorso di certificazione, intensificando ulteriormente l’aspetto di pratica supervisionata, focalizzandoci ancora di più sulle competenze ICF, ed inserendo nuovi moduli, ultimo quello sulla presenza del coach.

Per sostenere i coach neodiplomati nel conseguimento delle credenziali ICF, abbiamo a programma nuovi moduli di preparazione al test Coach Knowledge Assessment, programmi di mentoring e supervisione, sia individuali che di gruppo.

Quali novità ci saranno quest'anno da EEC per le vostre aziende clienti?

RAQUEL

Stiamo sviluppando la nostra offerta sul Team Coaching, un tema su cui i nostri clienti ci sollecitano costantemente e sul quale già da alcuni anni siamo attivi. Nelle organizzazioni di oggi troviamo professionisti di eccellente livello tecnico che lavorano bene da soli, ma che non sempre riescono a raggiungere le performance desiderate quando operano in team. Un intervento di Team Coaching EEC lavora

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contemporaneamente sugli obiettivi del Team e sulla rete di conversazioni interna al team, al fine di generare un clima favorevole alla coordinazione di azioni efficaci per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Entro la fine del 2016 terremo anche degli eventi specifici su questo tema.

Stiamo poi lavorando su moduli di public speaking che uniscano alle tecniche di presentazione, un lavoro tipico del coaching sulle credenze limitanti e sui benefici di una comunicazione orientata al raggiungimento dell’obiettivo, ed al contempo diretta ed empatica.

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Dare feedback è spesso vissuto come una pratica scomoda, sia che si tratti di un feedback negativo che positivo.

Per il feedback negativo é infatti diffusa l’opinione che il darlo possa generare malcontento e demotivazione in chi lo riceve, ed essere dannoso alla relazione.

Nel caso invece di un feedback positivo, si incontra spesso la credenza che non sia così utile e determinante poiché per noi è “ovvio” che, se non diciamo nulla, significa che tutto va bene; altre volte pensiamo possa innescare meccanismi per cui la persona si adagi sui risultati ottenuti, o ancora che possa ritenerlo addirittura poco sincero e che sospetti un interesse nascosto.

Nel modello ontologico, il feedback è visto come un regalo, in quanto ci permette di offrire e ricevere un punto di vista diverso, ed indica il nostro riconoscimento dell’altro. Quando lo riceviamo ci permette di diventare consapevoli dell’impatto che i nostri comportamenti hanno sugli altri.

Quando non diamo un feedback è come se rimanessimo con qualcosa che non ci appartiene, ovvero l’immagine che noi abbiamo dell’altro, l’opinione che ci siamo fatti dei suoi comportamenti.

Il modo in cui diamo un feedback dice anche molto di noi, del nostro modo di osservare, dei nostri modelli mentali.

Per essere utile all’interlocutore, perché lui possa comprenderlo e trarne apprendimento, è necessario che il feedback venga basato su fatti osservabili, che sia descrittivo e che si riferisca al fare della persona, ai comportamenti osservati che hanno generato quell’opinione.

Il feedback così si trasforma in un potente strumento di apprendimento, in cui la relazione, invece di essere danneggiata, viene potenziata, e ci permette di acquisire maggiore consapevolezza del significato che le nostre azioni hanno per gli altri.

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SCENA 1 Feedback

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Il controllo è uno strumento di monitoraggio ancora molto diffuso nelle relazioni e nelle organizzazioni. Quando esercitiamo il controllo su qualcuno implicitamente gli diciamo che non ci fidiamo di lui, che vogliamo che le cose siano fatte diversamente, che non lo riteniamo in grado di fare autonomamente e così via.

Dal nostro punto di vista il controllo provoca due possibili risposte: la resistenza o la sottomissione.

Nel primo caso le persone si ribellano, disobbediscono e se possono evadono le regole, nel secondo si abbandonano al controllo, aspettano istruzioni, non prendono iniziative e rinunciano a qualsiasi assunzione di responsabilità.

In entrambi i casi non si verifica impegno né sugli obiettivi né sui risultati, poiché impegno e responsabilità necessitano di un clima di delega e fiducia.

Il controllo inoltre ci dà una sicurezza relativa, talvolta falsa, nella misura in cui la vita è piena di imprevisti e variabili che facilmente possono sfuggirci.

A livello di cultura aziendale se si vuole favorire un contesto di motivazione e di impegno, è allora utile lasciare un paradigma di controllo, ovvero un contesto di rinforzo e punizione, a favore di un paradigma basato sulla fiducia e la delega.

Questo richiede lo sviluppo non tanto e non solo di competenze tecniche, quanto di capacità comunicative in grado di favorire spazi di autonomia responsabile, in cui il leader definisce il gli obiettivi da raggiungere e al team affida il come raggiungerli.

Oggi, infatti, il leader ha bisogno di creare una cultura interna altamente etica nell’adempiere agli impegni presi, prendere le distanze dall'uso dell’autorità formale e muoversi verso una cultura di fiducia.

Nel modello ontologico, definiamo questa figura “leader coach”.

Il leader coach si avvale di una vasta gamma di competenze quali l’ascolto, la gestione delle opinioni, sue e degli altri, differenziandole dai fatti, la capacità di riconoscere e legittimare gli spazi emozionali. L’insieme di queste competenze gli permettono di progettare e mettere in atto conversazioni utili a generare azioni efficaci per il raggiungimento degli obiettivi che si propone.

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SCENA 2 Comando / Controllo

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GLI SPEAKER

Laura Formaggio Human Capital Director Europa

AAVID THERMALLOY

Laura è Human Capital Director in AAvid Thermalloy; ha precedentemente operato presso Coop Adriatica e Meta&Associati come selezionatrice e ricercatrice. Ha anche lavorato per Right Management, come Business Coach, Assessor, formatore e consulente di carriera. Laura si è certificata come Executive Coach presso la EEC.

INTERVISTA

Quali sono gli strumenti formativi che lei ritiene più utili nel suo contesto aziendale e che contributo crede possano dare forme connesse alla creatività e all’arte, quali ad esempio il teatro e il coaching?

“Investire nello sviluppo delle persone per portarle al loro massimo potenziale” è uno dei valori fondanti della cultura di Aavid Thermalloy. Questo può avvenire in diversi modi: formazione, informazione, E-learning, letture (grazie alla nostra biblioteca aziendale), etc. Questi strumenti soddisfano, oggi, solo il 25% del potenziale di apprendimento. A tutto ciò, perché avvenga una trasformazione duratura, aggiungiamo strumenti che, attraverso l’esposizione e l’esperienza diretta, completano e accelerano l’apprendimento: feedback (es. 180 o 360), coaching, mentoring, networking, formazione esperienziale outdoor, gruppi di interesse, teatro, story telling, la creazione di serious game, job rotation, action  learning etc. La formazione, oggi, ha fatto passi enormi e sono contenta di vedere, giorno dopo giorno, forme connesse alla creatività accreditarsi a livello aziendale grazie a seri professionisti che progettano percorsi formativi non perdendo mai di vista l’obiettivo da raggiungere in ottica di efficacia.

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Quali sono le principali competenze che ricerca nelle persone che collaborano con lei e di cui non vorrebbe fare a meno?

Per me è importante lavorare con persone allineate (testa, cuore e gambe) ai valori e alla nostra cultura aziendale e l’impegno che mi permette di lavorare bene e che voglio vedere è nel:

- Riconoscere i successi altrui - Essere disposti a chiedere ed accettare aiuto - Dare feedback per lo sviluppo - Ascoltare attivamente se stessi e gli altri essendo consapevoli dei bisogni

reciproci - Sentire la spinta al miglioramento continuo e vivere l’errore come una forma

di apprendimento Cerco un atteggiamento positivo, persone che vogliano fare la differenza, che abbiano più dubbi che certezze e che continuino a chiedersi: “che altro posso fare per raggiungere quello che voglio” Cerco anche precisione e attenzione al dettaglio, competenze su cui io ho ampi margini di miglioramento.

Cos’è per lei essere leader nel suo lavoro?

Essere leader nel mio lavoro significa aiutare le persone a sviluppare se stesse e a realizzarsi con successo, sostenere ed incoraggiare gli altri, costruire rapporti attraverso il dialogo reciproco, offrire nuovi punti di vista, praticare l’ascolto attento e attivo e soprattutto, dare l'esempio.

Un’immagine, una frase, un pensiero che la rappresenta come persone e come professionista?

“Che tu creda di farcela o di non farcela, avrai comunque ragione” (Henry Ford)

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GLI SPEAKER

Peter Zehentleitner Amministratore Delegato

Trenkwalder Italia

Peter, nato in Austria nel 1959, laureato in ingegneria industriale con precedenti esperienze maturate in diverse realtà multinazionali come John Brown (UK), Siemens (De), OMV (At), approda in Trenkwalder nel 1996 come Head of Division Trenkwalder Technologies, specializzata nello sviluppo di soluzioni software evolute per il settore del consumer electronics. Dal 2003 è CEO di Trenkwalder Italia, agenzia per il lavoro, dove ha introdotto e sviluppato il primo modello di agenzia “multicanale” puntando con forza sulla digitalizzazione dei processi e l’integrazione verticale clienti-fornitori.

INTERVISTA

Quali sono gli strumenti formativi che lei ritiene più utili nel suo contesto aziendale? Che contributo crede possano dare forme connesse alla creatività e all’arte, quali ad esempio il teatro e perché no il coaching ?

In uno scenario competitivo sempre più mutevole, è forte la necessità di adottare nuovi strumenti formativi tesi a valorizzare sempre più il fattore umano e la componente relazionale, coordinativa e comunicativa. Trenkwalder è una società di servizi dove le persone fanno davvero la differenza. Ed è per questo motivo che affianchiamo alla tradizionale formazione in aula specifica per le varie aree di attività, sessioni di coaching e team building che mirano ad amplificare le potenzialità dei singoli individui nel raggiungimento di obiettivi personali, manageriali e di team.

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Quali sono le principali competenze che ricerca nelle persone che collaborano con lei e di cui non vorrebbe fare a meno?

Oltre alle competenze tecnico-professionali che ritengo indispensabili per raggiungere risultati di eccellenza in un mercato altamente competitivo, punto  su orientamento al risultato, spirito di iniziativa e capacità di adattamento a scenari sempre più mutevoli. Cerco persone che sappiano vivere il cambiamento come opportunità.

Cosa è per lei essere leader nel suo lavoro?

Ci troviamo davanti ad una vera rivoluzione del mercato del lavoro oltre ad un contesto congiunturale più che sfidante che mette a dura prova tutti gli operatori del mercato nel riformulare il business model e renderlo sostenibile. Credo sia fondamentale saper formulare e perseguire gli obiettivi con coraggio e condividerne col team la visione, con l’obiettivo di potenziare le energie valorizzando i punti di forza di ciascuno.

Un’immagine, una frase, un pensiero che la rappresenta come persona e come professionista?

Vedere il passato come elemento per plasmare il futuro.

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GLI SPEAKER

Nerio Zurli Managing Director

HAVI Logistic srl

Nerio è Managing Director di HAVI Logistic Srl, dove lavora dal gennaio 1998. HAVI si definisce un Lead Logistics Provider e la sua mission è la gestione della supply chain per i propri Clienti utilizzando la formula One Stop Shopping.

In concreto HAVI subentra nei contratti di acquisto dei propri Clienti assumendo la proprietà delle merci ed offrendo servizi integrati per la gestione degli ordini dei punti vendita, della distribuzione delle merci, dei flussi amministrativi e finanziari conseguenti. Con la Supply Chain Integration HAVI offre soluzioni ottimali e tailor made per i marchi leader della ristorazione commerciale e collettiva che vogliono concentrarsi sul loro core business, affidando ad una società specializzata l’intera Supply Chain.

In precedenza Nerio ha svolto incarichi come buyer presso Vegè e come Partner Management Consultant presso la Gianni Fontana ed Associati.

INTERVISTA

Quali sono gli strumenti formativi che lei ritiene più utili nel suo contesto aziendale? Che contributo crede possano dare forme connesse alla creatività e all’arte, quali ad esempio il teatro e perché no il coaching ?

HAVI  utilizza da sempre molteplici strumenti di formazione sia in ambito manageriale che per specifiche aree o funzioni, a seconda delle esigenze dell’organizzazione. I più comuni ed utilizzati sono:

 

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·         Corsi o seminari specifici

·         Attività di training on the job

·         Coaching

·         E Learning

·         Mentoring

L’utilizzo di linguaggi elementi culturali come il teatro, il cinema o lo sport sono forme di apprendimento che utilizziamo raramente, ma sono certamente un’ interessante ed innovativa opportunità per realizzare attività formative esperienziali efficaci e coinvolgenti. Il coaching è sicuramente una delle tecniche più efficaci che utilizziamo sia con il supporto di società esterne che con risorse interne che hanno ottenuto una specifica certificazione.

Quali sono le principali competenze che cerca nelle persone che collaborano con lei e di cui non vorrebbe fare a meno?

HAVI opera  come  lead logistics provider in ambito internazionale e va da se che, date le caratteristiche del nostro  business, nella selezione delle risorse manageriali vengono privilegiate competenze afferenti ad aree quali: Relazionale (Comunicazione e Leadership), Cognitiva (flessibilità, capacità di cambiamento, decisionale e gestione dello stress), Realizzativa (orientamento al risultato e people management).

Cos' è per lei essere leader nel suo lavoro ?

In HAVI essere leader significa essere colui che fa si che le cosa accadano, che nulla sia lasciato al caso. Il leader assume il ruolo di facilitatore, di garante  che l’insieme delle risorse disponibili producano i risultati attesi avendo come obiettivi l’eccellenza organizzativa, operativa ed economico-finanziaria.

Un’immagine, una frase, un pensiero che la rappresenta come persona e come professionista?

Vision without execution is just hallucination. (Thomas Edison).

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GLI SPEAKERospiti ad Azienda in Scena a Roma

Paolo Zangrillo Responsabile del personale

ACEA spa

Zangrillo 52 anni genovese sposato con 3 figli è da settembre 2011 Responsabile delle Risorse Umane di Acea SpA, la multiutility romana operante nei Settori Idrico, Energia ed Ambiente. E’ arrivato a Roma dopo un percorso professionale di 25 anni nel Gruppo Fiat dove, fin dall’assunzione nel 1987, si è sempre occupato di Risorse Umane. Attento studioso dei comportamenti organizzativi, è stato Direttore del Personale di Teksid S.p.A, Magneti Marelli SpA, Fiat Powertrain Technologies S.p.A. ed infine IVECO S.p.A.

INTERVISTA

Quali sono gli strumenti formativi che lei ritiene più utili nel suo contesto aziendale e che contributo crede possano dare forme connesse alla creatività e all’arte, quali ad esempio il teatro e il coaching?

Credo che le attività di Formazione siano determinanti per sviluppare la capacità delle Persone nel comprendere il contesto aziendale in cui esse vivono. Credo anche che, accanto ai modelli classici di Formazione manageriale, forme alternative di Formazione quali quelle permeate da stampo artistico, si possono considerare oggi giorno come un valido strumento alternativo per uscire dagli schemi tradizionali ed avere una visione meno disincantata della nostra realtà.

Per quanto concerne il coaching, trovo che sia un potente strumento di crescita individuale che nell’esperienza di ACEA ha portato a risultati molto positivi. Necessario

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per chi intraprende questo interessante percorso è un approccio autentico e sincero nel mettersi in gioco. Il coaching non è uno strumento per affermare i propri talenti ma per mettere a nudo le proprie debolezze e partire proprio da queste per avere un diverso punto di vista.

Quali sono le principali competenze che ricerca nelle persone che collaborano con lei e di cui non vorrebbe fare a meno?

Le competenze tecniche oggi non sono un grande problema. Viviamo in un era dove tutto si può comprare e conoscere. L’avvento della digitalizzazione di molti processi e le nuove forme di comunicazione ci permettono di arrivare laddove prima ci era impossibile, almeno riferendoci a traguardi tecnologici. Ciò che invece non è scontato è trovare le capacità umane. Talenti che esaltano i valori legati al concetto di squadra e nel vivere l’organizzazione lavorativa in modo attivo e propositivo. Persone capaci di essere, con le proprie idee, con la propria passione, reali agenti di cambiamento e non solo esecutori di quanto gli viene chiesto.

Cos’è per lei essere leader nel suo lavoro?

Saper contribuire alla crescita dell’organizzazione nella quale lavoro anche attraverso la capacità di attrarre le persone che lavorano con me verso una direzione in grado di offrire la visione aziendale, creando il giusto movimento per raggiungerla.

Un’immagine, una frase, un pensiero che la rappresenta come persone e come professionista?

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.” di W. Churchill

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GLI SPEAKERospiti ad Azienda in Scena a Roma

Riccardo Capo Direttore Generale Parco Divertimenti

CINECITTÀ WORLD

Laureato in ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Torino, oggi Riccardo opera come Direttore Generale del Parco divertimenti di CINECITTA’ WORLD, il parco a tema dedicato al mondo del cinema costruito negli Studi di Dino de Laurentiis a Roma. Precedentemente Riccardo ha operato come: CEO di Mirabilandia, il più grande parco tematico in Italia; Plant Manager PCMA Magneti Marelli; Plant Manager NN Euroball.

INTERVISTA

Quali sono gli strumenti formativi che lei ritiene più utili nel suo contesto aziendale? Che contributo crede possano dare forme connesse alla creatività e all’ arte, quali ad esempio il teatro e perché no il coaching?

Credo molto nel Managment by example, all’insegnare costantemente con i propri comportamenti. Le persone osservano il modo con cui un manager gestisce ed affronta le problematiche aziendali, i valori che trasmette ecc. Considero importanti gli incontri formativi, che tengo personalmente con tutto lo staff che ad ogni livello abbia responsabilità gestionali di persone per promuovere un metodo per affrontare le sfide ed i problemi che costantemente si presentano, attraverso i valori che ognuno di noi deve trasmettere.

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Un altro strumento che utilizzo è OPL (One point Lesson) formazioni tecniche sul campo. L'aula è utile ma serve anche la pratica, che non è un trasferimento di informazioni, ma verificare che la persona abbia appreso correttamente.

Il teatro mi piace molto. L'ho provato e lo ritengo uno strumento molto evoluto per fare coaching. L'arte è una forma di espressione profonda di noi stessi. In teatro si recita una parte, ma poi alla fine portiamo sul palco noi stessi. Magari con toni più accesi ed amplificati, ma siamo noi stessi di fronte ad un pubblico, che ci vede e giudica. Situazioni amplificate di vita sono un modo eccellente per farci crescere perchè ci offrono spunti nuovi di riflessione.

Quali sono le principali competenze che ricerca nelle persone che collaborano con lei e di cui non vorrebbe fare a meno?

Cerco i valori in una persona, questi non posso insegnarli. Con le dovute cautele, mi sento di dire che si può insegnare tutto. I valori per chi si presenta nel mondo del lavoro si devono avere dentro. Certo bisogna farli fiorire, ma il seme ci deve essere. Per me i valori sono l'onestà, la dedizione al lavoro (intendendo provare passione ed attaccamento a ciò che si fa, e questo è un concetto qualitativo e non quantitativo).

Cosa è per lei essere leader nel suo lavoro?

A mio parere un Leader ha quattro caratteristiche:

• Autorevolezza. Bisogna sapere molto, mai smettere di studiare, leggere, essere curiosi. Le persone devono percepire che è giusto che le guidi perchè "sai molto".

• Essere se stessi, in ogni momento soprattutto nei momenti difficili rimanere coerenti a se stessi e non seguire standard comportamentali (es. quando si è arrabbiati bisogna gridare per far sentire la rabbia, ma chi l'ha detto?).

• Essere Giusti. La giustizia sul lavoro è fondamentale, le persone lo percepiscono e trasmette molta fiducia sul lavoro.

• Essere Determinati nel raggiungere gli obbiettivi. Un punto semplice ma chiaro.

Un’immagine, una frase, un pensiero che la rappresenta come persona e come professionista?

Un mio pensiero che uso spesso. Platone racconta che Talete girando di giorno con una Lanterna in mano a chi gli chiedeva che cosa cercasse, rispondeva "Cerco l'uomo".

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AZIENDA IN SCENA

GLI SPEAKER ospiti ad Azienda in Scena a Roma

PierMichele SansoneChief Purchasing Officer

H3G spa

PierMichele è in H3G spa dal 2001. Oggi opera come CPO, Chief Purchasing Officer. In precedenza ha operato in Wind (dal 1998 al 2001) come Service and Procurement Manager, e in diverse aziende del gruppo Telecom (dal 1991 al 1998).

INTERVISTA

Quali sono gli strumenti formativi che lei ritiene più utili nel suo contesto aziendale? Che contributo crede possano dare forme connesse alla creatività e all’arte, quali ad esempio il teatro e perché no il coaching ?

Sebbene si possa pensare ad una differenziazione tra la formazione tecnico specifica relativa al lavoro svolto (nel mio caso conoscenza dei prodotti e del mondo dei fornitori da una parte e conoscenza delle tecniche di acquisto e delle modalità di negoziazione dall’altra) e la formazione comportamentale aziendale (approfondimento delle capacità relazionali, o l’approfondimento di caratteristiche individuali), quando la formazione assume la modalità di esperienza concreta, trovo che sia per entrambe le categorie di formazione, molto efficace.

Sia in termini di apprendimento di argomenti o informazioni nuove rispetto al bagaglio culturale, applicato alla vita lavorativa, sia in termini di analisi e correzione di aspetti comportamentali, da applicare al mondo lavorativo, l’esperienza deduttiva è più utile ed immediata di quelle induttiva o teorica.

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AZIENDA IN SCENA

Credo che il mondo dell’arte e tutte quelle situazione di apprendimento in cui ci sia un coinvolgimento diretto e pratico della persona, si prestino in modo assolutamente confacente a questa finalità.

Discorso diverso mi sembra che meriti il percorso di coaching, che dal mio punto di vista rappresenta una sintesi molto efficace di attività empirica ed insegnamento teorico. La relazione che si crea tra il coach ed il suo “assistito” (sto alla mia esperienza diretta) è al tempo stesso teorica (perché basata sulla esperienza pregressa del coach) e empirica in quanto profondamente calata nella realtà lavorativa del coachee. L’efficacia sta nella immediatezza della integrazione delle due sfere.

Quali sono le principali competenze che ricerca nelle persone che collaborano con lei e di cui non vorrebbe fare a meno?

Le competenze tecniche sono imprescindibili, ed oltre che con la preparazione scolastica queste si acquisiscono con il tempo e con la predisposizione ad apprendere. Per lavorare bene occorrono persone propositive che non abbiano paura del confronto e che abbiano voglia di assumersi la responsabilità legata all’incarico da svolgere. Io penso che la responsabilità sia la caratteristica più apprezzata. Riesco a lavorare meglio con persone che siano disponibili ad assumersi un rischio e che non si tirino indietro difronte all’evidenza di un errore.

Io credo molto nel clima “disteso” del luogo lavorativo. Penso che si producano risultati migliori in un contesto di fiducia e di sostegno reciproco, piuttosto che in un clima competitivo ed ambizioso. Anche qualora il risultato dipenda dall’impegno individuale di un singolo, questo può essere espresso con maggior efficacia in un contesto di apprezzamento riconosciuto piuttosto che in uno in cui la risorsa è quasi obbligata a manifestare le proprie capacità.

Cosa è per lei essere leader nel suo lavoro?

Essere capaci di ascoltare. Al fine di utilizzare le capacità di tutte le risorse che collaborano è necessario dare a tutti la possibilità di esprimere la propria visione. Il capo deve cercare di mettere tutti in condizione di contribuire al miglioramento continuo. Questa capacità ha come corollario la capacità di farsi capire e di rendere chiare le esigenze dell’Azienda.

Essere autorevoli: assumersi la responsabilità delle decisioni prese e delle attività svolte. Essere capaci di considerare gli errori e di saperli superare. Condividere con i collaboratori le strategie e chiarire gli obiettivi. Comportarsi coerentemente con le scelte aziendali. Saper difendere obiettivamente l’operato dei propri collaboratori difronte al resto dell’Azienda.

Non è obbligatorio ( anche se certamente aiuta) essere tecnicamente “esperti della materia”; bisogna essere capaci a far funzionare un settore, un ufficio, un dipartimento, senza avere la presunzione di imporre la propria modalità o la propria soluzione come l’unica possibile.

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AZIENDA IN SCENA

IL REGISTA

Alessandro Sena

Alessandro Sena, regista e attore, nel 1990 inizia la sua carriera in Acea SpA, la multiutility romana operante nei Settori Idrico, Energia ed Ambiente. Operante principalmente nel settore delle Risorse Umane, dal 2011 è a capo dell’Unità Comunicazione Interna di Acea SpA. Alessandro utilizza il suo background creativo e la passione che ha per questo lavoro per comunicare la vision aziendale e favorire un contesto di motivazione e senso di aggregazione dei colleghi verso l’azienda, utilizzando forme e canali innovativi di comunicazione, quali teatro, video e spot.

INTERVISTA

Quale è a tuo parere il beneficio in termini formativi derivante dalla teatralizzazione di scene di vita aziendale?

Teatralizzare le quotidiane scene di lavoro ci permette di avere una visione a specchio e quindi un diverso punto di vista dal quale osservarci, con il beneficio che ciò adduca ad una diversa consapevolezza di ciò che siamo e cosa facciamo.

Nelle due parti della rappresentazione teatrale parliamo di temi quali il feedback, leadership, capacità conversazionali; cosa cambia, in termini di comunicazione ed efficacia, da una normale presentazione ad una rappresentazione teatrale

Le dinamiche “scritte” sono molto spesso prive di movimento e quindi, se le presentazioni non sono fatte bene, rischiano di annoiare. In soccorso a ciò, negli ultimi anni si sono sviluppati modelli di presentazione che guardano allo story telling come modello alternativo e ciò può agevolare la comunicazione. La modalità teatrale tende a rendere “reali” le dinamiche che si vogliono rappresentare e laddove la rappresentazione risulta sincera e vicina alla realtà, crea allo spettatore che osserva un processo di immedesimazione e quindi di maggiore comprensione dei temi trattati.

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AZIENDA IN SCENA

Idea, scrittura dei testi, casting, messa in scena, fino alla prima, vuoi condividere le emozioni che provi nel processo creativo teatrale?

Generalmente tutto parte sempre da una piccola idea. Personalmente prima di scegliere un testo mi chiedo sempre quale è il messaggio che si vuole trasmettere e se il messaggio è ben definito, perché se non è chiaro a me, non potrà esserlo per chi viene a vedere lo spettacolo. Una volta individuato il messaggio, si scelgono “gli strumenti” per comunicarlo, che sono il testo, gli attori e la regia. La fase dei casting è sempre interessante perché permette di conoscere attori e attrici e con loro creare dinamiche sempre differenti. E’ anche molto impegnativa perché a volte può capitare che per un personaggio hai diversi attori “giusti” e quindi devi fare una scelta che sovente è fatta anche di sensazioni. Credo soggettivo individuare le fasi più belle di questo lavoro. Alcuni preferiscono il processo di scrittura, altri la direzione degli attori, altri ancora amano concentrarsi sulla messa in scena. Personalmente mi piace molto lavorare con gli attori e concentrarmi sulle idee registiche che arrivano a volte anche il giorno della prova generale. Quando finalmente arriva il giorno del debutto, consegni il lavoro svolto, che da quel momento in poi non è più tuo. Questa fase che io chiamo “fase down” è sempre la meno bella perché è come se ti svuotassi di tante emozioni in un giorno solo. Improvvisamente.

Arte, coaching, azienda; come è possibile connetterli?

Viviamo in un’epoca di grande interconnessione e non mi stupisce che anche in Europa le più grandi aziende abbiano individuato nella formazione teatrale e nel coaching una leva di comunicazione e formazione sicuramente efficace e di maggior appeal rispetto alle classiche e valide attività di formazione. Il segreto è raccontare la verità, sempre, e avere chiaro dove si vuole arrivare. Per farlo, il teatro può essere un valido strumento.

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AZIENDA IN SCENA

Divisione didatticaLa EEC nella formazione in coaching

I corsi erogati dalla EEC sono certificati da ICF come ACSTH e ACTP (Corsi di Executive Coach Certification, Livello FONDAMENTA, Livello INTERMEDIO e Livello AVANZATO), o come CCE (Coaching al Coach e Team Coaching). I formatori ed i coach che operano con la EEC hanno conseguito il diploma EEC e sono certificati ICF, con credenziali ACC, PCC, MCC.

Executive Coach CertificationIl programma di Certificazione si sviluppa, secondo gli standard ICF, per garantire al partecipante, la possibilità di accedere a tutti i percorsi di certificazione ICF, Portfolio, ACSTH e ACTP.

FONDAMENTASi configura come livello base, in cui si acquisiscono le nozioni fondamentali del coaching ontologico e gli strumenti principali per svolgere una sessione di coaching. Si sviluppa su quattro giornate, per un totale di 32 ore. Permette l’accesso al livello successivo INTERMEDIO.

INTERMEDIOPermette di iniziare ad operare come coach, sviluppando la sessione attraverso le varie fasi previste dal modello, e di sperimentare personalmente due sessioni individuali con un Executive Coach EEC. Questo livello si sviluppa su cinque (sei a seconda del numero degli iscritti) giornate ed insieme al percorso di FONDAMENTA, permette l’accesso alle credenziali ICF, tramite il percorso ACSTH (40 ore, 2 ore di mentoring). Il percorso si conclude con una giornata di esame e consente l’accesso al livello AVANZATO.

AVANZATO È rivolto a chi intende accedere alla certificazione ICF, secondo il percorso ACTP. Si sviluppa in nove giornate (72 ore, 4 ore di mentoring). Si conclude con un esame secondo gli standard ICF ACTP.

Percorsi di Mentoring I percorsi di mentoring, così come riconosciuti dall’ICF, si configurano come una proposta per gli allievi e per i coach che vogliono approfondire e rafforzare le proprie competenze attraverso supervisioni individuali, e a coloro che vogliono accedere ai percorsi di accreditamento ICF, ACSTH e Portfolio.

CCE (Continuing Coach Education)I programmi di formazione avanzata, sono percorsi di approfondimento su specifiche tematiche per l’ acquisizione di nuove competenze. I corsi accreditati CCE, sono moduli che permettono il rinnovo delle credenziali ICF.

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AZIENDA IN SCENA

Coaching al coach Il programma di Coaching al coach, permette di consolidare le proprie competenze attraverso la pratica e con il supporto della supervisione, e di ampliare gli strumenti a disposizione del coach, secondo il modello e l’approccio proposto e consolidato nell’esperienza quotidiana dall’ EEC in azienda.

Team CoachingAttraverso sessioni teoriche e sessioni pratiche si sviluppano le competenze e le abilità necessarie a lavorare come coach all’interno dei team e si acquisiscono gli strumenti necessari per svolgere efficacemente gli interventi in quest’area.

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Divisone AziendaleQuali leader per l’azienda che apprende

Per la EEC, il coaching è l’arte di allineare IMPEGNO – AZIONE – RISULTATO. Per questo l’obiettivo è di fornire ai leader a diversi livelli aziendali, strumenti di apprendimento e di evoluzione personale e professionale, per il raggiungimento di risultati “extra-ordinari”.

Processi di Coaching Individuale L’obiettivo del Coaching Individuale è quello di accompagnare il cliente in un processo di apprendimento finalizzato all’individuazione della sua visione, al riconoscimento dei comportamenti inefficaci e allo sviluppo di nuove abilità e competenze.Attraverso l’utilizzo di domande e feedback il Coach accompagna nella scoperta di nuove possibilità di azione che permettano di creare il proprio futuro.

Team CoachingLa finalità principale di un processo di Team coaching è fare si che un Team lavori contemporaneamente sugli obiettivi dell’organizzazione e sulla rete di comunicazione, al fine di coordinare azioni. Il percorso di Team Coaching crea inoltre le condizioni che permettono il fluire del processo decisionale.

Formazione in Coaching Approach “in company”Lo scopo di questa formazione aziendale è lo sviluppo di abilità e strumenti che permettano di esercitare una leadership di supporto all’interno delle organizzazioni promuovendo l’eccellenza nelle persone.

Certificazione in Executive Coaching “in company”Il percorso di certificazione proposto prevede 130 ore di formazione e pratica, e permette di ottenere la certificazione ICF ACTP, secondo gli standard e la normativa in vigore.

Specializzazione e Supervisione “in company”La EEC propone livelli di perfezionamento, e di approfondimento, attraverso corsi di Team Coaching e di Supervisione al coach.

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IL TERAPEUTA

Analizzerà il problema e tratterà le vostre paure legate all’andare sui pattini.

IL CONSULENTE

Vi darà consigli su come andare sui pattini basandosi sulla sua esperienza.

IL MENTORE

Si metterà i pattini e vi farà vedere come fare

IL COACH Vi farà indossare i pattini.

Vi supporterà affinché siate comodi sui pattini.

Vi darà una spinta e vi starà accanto, incoraggiandovi fino a quando ne avrete bisogno, celebrando i successi insieme a voi.

Come potrebbe essere meglio di così?

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Il modello ontologico trasformazionale

La EEC propone e utilizza nel coaching il modello Ontologico-Trasformazionale che ha come base teorica la filosofia costruttivista, la filosofia del linguaggio e la biologia della conoscenza.

Inizialmente strutturato da Fernando Flores, e articolato in seguito dai grandi coach contemporanei di riferimento, Jim Selman, Rafael Echeverria e Julio Olalla, questo modello ritiene che la costruzione della realtà avvenga a partire dalle nostre conversazioni, siano esse pubbliche o private. Traendo origine e riflessione dalla maieutica socratica, dagli atti del linguaggio o verbi performativi (Austin, Searle), il coaching ontologico propone agli individui e alle aziende di sperimentare diversi modelli conversazionali, che aprano spazi nuovi di azione.

Quando parliamo di atti del linguaggio ci riferiamo in particolare a richieste, offerte, opinioni, dichiarazioni e affermazioni.

Ad esempio, nel nostro modo di fare “offerte” risiede la capacità o meno di attrarre nuove opportunità, nel nostro modo di “dichiarare”, si determina la creazione del futuro.

Gli strumenti principali di lavoro con il linguaggio, che la EEC propone, sono le “distinzioni linguistiche”, che aprono uno spazio nuovo di osservazione e di relazione.

Con le distinzioni si ottengono interpretazioni diverse, utili al conseguimento degli obiettivi e al raggiungimento di risultati senza precedenti.

L’arte di fare domande al fine di aiutare altre persone, attraverso l’apprendimento, nell’esplorazione e nella scoperta di nuovi punti di vista che permettano il raggiungimento dei propri obiettivi.

Definizione di Coaching secondo EEC

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I corsi EEC

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AZIENDA IN SCENA

Fondamenta le date delle prossime edizioni

TORINO MILANOFormula week-end ▪ 7-8 maggio 2016 ▪ 21-22 maggio 2016 Intensivo ▪ 19-20-21-22 maggio 2016 Formula week-end ▪ 18-19 giugno 2016 ▪ 2-3 luglio 2016 Intensivo ▪ 30 giugno,  1-2-3 luglio 2016

Formula week-end • 14-15 maggio 2016 • 11-12 giugno 2016 Intensivo • 9-10-11-12 giugno 2016 

BOLOGNA ROMAFormula week-end ▪ 14-15 maggio 2016 ▪ 11-12 giugno 2016 Intensivo ▪ 9-10-11-12 giugno 2016

Intensivo • 5-6-7-8 maggio 2016

PADOVAFormula week-end • 28 - 29 maggio 2016 e 18 - 19 giugno 2016

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Perché scegliere la EEC

L’azienda Siamo una multinazionale che si occupa di coaching e formazione in competenze di coaching, presente in Spagna, Portogallo, Italia, Argentina, Brasile, Messico, Colombia, Cile; da 11 anni in Italia operiamo al servizio di aziende e professionisti.

Il modello di riferimentoIl modello ontologico trasformazionale, utilizzato dalla Scuola Europea di Coaching, sostiene che all’interno dei contesti lavorativi l’efficacia nel raggiungimento di risultati, non dipende solo dalla capacità e dalle competenze tecniche, ma anche dalle abilità conversazionali e dal modo in cui si sceglie di essere all’interno della realtà aziendale. Questo modello afferma che il linguaggio non è semplicemente descrittivo della realtà, ma genera le azioni che compiamo. Acquisire consapevolezza di questo ci aiuta ad agire e non reagire nel mondo, ad essere in grado di assumerci rischi, di fare domande, di avere visioni che sfidino quanto creduto fino a quel momento possibile. Oggi gestire un’azienda, un team è anche e soprattutto farsi carico del suo sistema conversazionale. In questo senso la EEC accompagna e supporta il processo di sviluppo dei leader.

I coach formatori EECI coach ed i formatori EEC sono professionisti con diversi background esperienziali e formativi, che operano quotidianamente all’interno delle realtà aziendali e che per questo possono offrire, durante le aule e gli interventi in azienda, il collegamento tra la dimensione teorica e quella pratica. Tutti i coach EEC si fregiano del diploma EEC e delle credenziali individuali ICF

Gli interventi in aziendaGli interventi EEC nelle aziende si articolano in percorsi di Coaching individuale, Team Coaching, Shadow Coaching, aule formative, tutti disegnati sulle esigenze e sulle specifiche richieste del cliente.

La formazione di Executive CoachIl percorso di Executive Coach proposto dalla EEC, permette di acquisire i principali strumenti a disposizione del coach e di mettere in grado i partecipanti di operare all’interno delle varie realtà in cui il coaching può essere proposto, dall’ambito business a quello individuale. I corsi EEC di Executive Coach, sono certificati ACTP e ACSTH dall’ICF, permettono l’accesso alle credenziali ICF secondo gli standard e la normativa in vigore e hanno valore internazionale. Inoltre, i percorsi di perfezionamento consentono la possibilità di approfondire strumenti e aree di intervento specifiche, e il rinnovo delle credenziali ICF, in quanto riconosciuti come programmi di CCE.

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