Molti, diversi per origine, sorprendenti… - MUSE · Alcuni tra i minerali rinvenibili sul...

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Spingendo lo sguardo massimamente indietro sul territorio trentino (nelle pagine precedenti lo si è fatto estesamente) abbiamo visto circa che 300 milioni di anni orsono, alla fine dell’Era Paleo- zoica, in tutta la regione ed oltre, si estendeva un paesaggio di tipo desertico, caratterizzato da fe- nomeni erosivi molto spinti che avevano già lette- ralmente spianato gli antichissimi e preesistenti rilievi ercinici; in quel periodo ebbe inizio un ciclo di fenomeni vulcanici i quali, a varie riprese e per un periodo di circa sessanta milioni di anni, sconvolsero tutto il territorio dell’attuale Trentino. Gigantesche emissioni di nubi ardenti prima ed immani colate laviche dopo ricoprirono con una coltre di oltre mille metri di spessore di materiale vulcanico tutto il preesistente territorio. A testi- monianza di tali antichissimi eventi abbiamo tutto quel complesso di rocce effusive acide (i porfidi quarziferi) che, dalla zona di Merano in Alto Adige, si spingono verso gli estremi confini me- ridionali del Trentino ed oltre e che è noto sotto il nome di Piattaforma Porfirica Atesina. Dove il magma non riuscì a raggiungere la superficie ter- restre si ebbe la formazione di grosse formazioni intrusive che,con i fluidi residui della fase finale del raffreddamento, diedero luogo ad aureole di vene idrotermali molto numerose e di varia com- posizione. Quietatosi il fenomeno vulcanico co- minciò, a causa delle enormi spinte tangenziali delle masse continentali, un progressivo abbassa- mento di tutta la regione e, conseguentemente, si ebbe l’ingresso nella zona di numerosi bracci di acque marine (espansione del primordiale mare della Tetide). In acque poco profonde e con un clima allora tropicale ebbe inizio il lavorio di mi- croscopici organismi marini prima vegetali (le alghe calcaree) e successivamente animali (“co- ralli” e molluschi) che, insieme, diedero inizio alla costruzione di quelli che oggi sono conosciuti come rilievi dolomitici. Man mano che il fondo marino lentamente si ab- bassava ed aumentava la profondità delle acque, tali piccoli organismi continuavano a svilupparsi gli uni sugli altri (per un bisogno biologico di luce) sui resti delle precedenti costruzioni coral- line fino ad edificare edifici ben più elevati del paio di centinaia di metri entro i quali è solo pos- sibile la loro vita (zona neritica). Alcuni tra i minerali rinvenibili sul territorio trentino sono decisamente macroscopici e facilmente identificabili per la presenza di appariscenti cristalli, come questi di fluorite (collezione e foto: F. Maiello). 23 Molti, diversi per origine, sorprendenti… I minerali del Trentino FULVIO MAIELLO Gruppo Mineralogico Paleontologico Petrografico Trentino “G. A. SCOPOLI”

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Spingendo lo sguardo massimamente indietro sulterritorio trentino (nelle pagine precedenti lo si èfatto estesamente) abbiamo visto circa che 300milioni di anni orsono, alla fine dell’Era Paleo-zoica, in tutta la regione ed oltre, si estendeva unpaesaggio di tipo desertico, caratterizzato da fe-nomeni erosivi molto spinti che avevano già lette-ralmente spianato gli antichissimi e preesistentirilievi ercinici; in quel periodo ebbe inizio unciclo di fenomeni vulcanici i quali, a varie ripresee per un periodo di circa sessanta milioni di anni,sconvolsero tutto il territorio dell’attuale Trentino.Gigantesche emissioni di nubi ardenti prima edimmani colate laviche dopo ricoprirono con unacoltre di oltre mille metri di spessore di materialevulcanico tutto il preesistente territorio. A testi-monianza di tali antichissimi eventi abbiamo tuttoquel complesso di rocce effusive acide (i porfidiquarziferi) che, dalla zona di Merano in AltoAdige, si spingono verso gli estremi confini me-ridionali del Trentino ed oltre e che è noto sotto ilnome di Piattaforma Porfirica Atesina. Dove ilmagma non riuscì a raggiungere la superficie ter-restre si ebbe la formazione di grosse formazioni

intrusive che,con i fluidi residui della fase finaledel raffreddamento, diedero luogo ad aureole divene idrotermali molto numerose e di varia com-posizione. Quietatosi il fenomeno vulcanico co-minciò, a causa delle enormi spinte tangenzialidelle masse continentali, un progressivo abbassa-mento di tutta la regione e, conseguentemente, siebbe l’ingresso nella zona di numerosi bracci diacque marine (espansione del primordiale maredella Tetide). In acque poco profonde e con unclima allora tropicale ebbe inizio il lavorio di mi-croscopici organismi marini prima vegetali (lealghe calcaree) e successivamente animali (“co-ralli” e molluschi) che, insieme, diedero inizio allacostruzione di quelli che oggi sono conosciuticome rilievi dolomitici. Man mano che il fondo marino lentamente si ab-bassava ed aumentava la profondità delle acque,tali piccoli organismi continuavano a svilupparsigli uni sugli altri (per un bisogno biologico diluce) sui resti delle precedenti costruzioni coral-line fino ad edificare edifici ben più elevati delpaio di centinaia di metri entro i quali è solo pos-sibile la loro vita (zona neritica).

Alcuni tra i minerali rinvenibili sul territorio trentino sono decisamente macroscopici e facilmente identificabiliper la presenza di appariscenti cristalli, come questi di fluorite (collezione e foto: F. Maiello).

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Molti, diversi per origine, sorprendenti…I minerali del Trentino

FULVIO MAIELLOGruppo Mineralogico Paleontologico Petrografico Trentino “G. A. SCOPOLI”

Altre specie richiedono un’osservazione più accurata, magari con l’ausilio di una lente o di uno stereoscopio, ma sonoaltrettanto sorprendenti, come questi cristalli aghiformi di aragonite (collezione e foto: F. Maiello).

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Il paesaggio che si può in qualche modo immagi-nare per quel periodo è formato da una grande di-stesa di acque azzurre disseminata di isolecoralline separate tra loro da grandi e profondi ca-nali, un poco come l’attuale Pacifico meridionale.In questa “visione di sogno”, oltre 200 milioni dianni fa, ci fu un improvviso risveglio dell’attivitàvulcanica con grandi esplosioni ed eruzioni sotto-marine che, in qualche caso, portarono a far affio-rare fin sopra la superficie del mare vere e proprieisole vulcaniche. In altri casi il magma incande-scente, non riuscendo ad effondersi con vere e pro-prie colate nel mare, attaccò le rocce carbonaticheche lo imprigionavano iniettandosi in esse con unamiriadi di intrusioni le quali, per la pressione ed ilcalore che le caratterizzava, provocarono una pro-fonda trasformazione delle medesime. Questinuovi rivolgimenti lasciarono la loro improntaprincipalmente nella parte nord-orientale del Tren-tino dove si possono ancora osservare, in Val diFassa, le colate laviche sottomarine della ValDuron, del Buffaure e della Val Giumela e le rocceintrusive quali le monzoniti alla testata della ValleSan Nicolò e i graniti nei dintorni di Predazzo inVal di Fiemme. Seguì poi un lungo periodo di stasi

dell’attività vulcanica con la ripresa prima dellacrescita di scogliere coralline in un mare poco pro-fondo e poi di calcari di deposizione in mare piùprofondo.A partire infine da circa 100 milioni di anni fa, peruna inversione di tendenza nel movimento dellegrandi zolle continentali, ebbe inizio un movi-mento di corrugamento della crosta terrestre cheancora oggi è in atto. Nascevano i grandi rilievi al-pini e le pareti dolomitiche furono lentamente sol-levate dalle profondità del mare fino alla completaemersione; quelle che erano catene montuose escogliere sottomarine iniziarono a divenire le bian-che ed imponenti Dolomiti di oggi. Da questobreve excursus geologico si può subito intuire cheuna grande varietà di specie mineralogiche può es-sere rinvenuta in Trentino proprio perchè moltovarie sono le rocce che vi si incontrano e perchèmolti fenomeni di natura termica, chimica e mec-canica si sono succeduti nelle varie ere geologiche. Ne sono derivati un gran numero di minerali di for-mazione magmatica, di deposizione idrotermale ederivanti da metamorfismo sia regionale che dicontatto.Addentriamoci nella loro diversità…

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Le rocce più antiche che affiorano nel territoriodella Val di Fassa (che è il lembo più settentrionaledel territorio trentino) sono le arenarie di ValGardena e si trovano nella zona che va da Moenaal passo di Costalunga. Le serie successive del Trias, del Giurassico e delCretaceo sono tutte ben rappresentate. Il fenomeno più vistoso che si può immediatamenterilevare è lo sconvolgimento che ha interessatotutto quel territorio e che è dovuto ai grandi feno-meni vulcanici del Trias medio. Immense colate la-viche riempirono in quel periodo gran parte degliavvallamenti tra i rilievi sottomarini mentre grossemasse di magma si consolidavano in profondità. Successivamente con l’emersione di tutta la re-gione ebbe inizio l’opera di demolizione degliagenti atmosferici che misero in luce, per asporta-

zione della copertura carbonatica, l’intrusionemagmatica oggi rappresentata dalla catena deiMonzoni. I minerali in Val di Fassa si possono trovare dap-pertutto sia nel basalto, il quale forma delle coper-ture molto estese, che al contatto tra la monzonitedel corpo intrusivo e le rocce carbonatiche deglistrati di Werfen. I siti mineralogici della Val diFassa, in considerazione della grande varietà diformazioni rocciose in essa rappresentata, sono in-numerevoli e quindi ci limiteremo a dire che nonoccorrono particolari informazioni sulla loro ubi-cazione: in Val di Fassa basterà esplorare in quotale sue valli, dalla Val Giumela alla Val San Nicolò,dalla Valle di San Pellegrino alle creste del Viez-zena per trovare dappertutto mineralizzazioni ecampioni interessanti e rari.

Valle di Fassa

L’imponente complesso deiMonzoni che sovrastaMoena (foto: O. Negra)

Heulandite - cm 8 (coll. e foto: F. Maiello) Analcime – cm 4 (collezione: T. Valeruz, foto: F. Maiello)

Prehnite - cm 6 (coll. e foto: F. Maiello) Monticellite - cm 14 (collezione: G. Celva, foto: F. Maiello)

Gehlenite - cm 12 (coll. e foto: F. Maiello) Cabasite - cm 6 (coll. e foto: F. Maiello)

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Vesuviana - cm 6 (coll. e foto: F. Maiello) Fassaite - cm 8 (coll.: G. Celva, foto:F. Maiello)

Vesuviana - cm 10 (coll. e foto: F. Maiello)

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La miniera della Bedovina

E’ il giacimento piùimportante delle Vallidi Fiemme e Fassasfruttata fin dall’anti-chità per il rame e dal1909 per il tungsteno.La miniera si trovasulle pendici del monteMulat presso Predazzoed è ancora parzial-mente percorribile. La documentazione ealcuni campioni mi-nera-logici provenientidal giacimento si tro-vano attualmente pres -so il Museo diPredaz zo. E’ stata defi-nitivamente ab-bando-nata alla fine degli anni50.

Sopra, Pirite e calcopirite – cm 12; in alto a dx, Scheelite – cm10in basso a dx, Tormalina – cm 10(collezione: Museo Mineralogico di Predazzo, foto: E. Dell’Antonio)

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L’area mineralogica di Valfloriana si raggiungedalla Provinciale che da Segonzano porta in Val diFiemme deviando a destra all’altezza del comunedi Casatta. Si risale la valle e dopo il piccolo abi-tato si segue una strada forestale asfaltata se-guendo i cartelli per Malga Sasso. Dopo alcunitornanti, superato un ponte in cemento e aggiratoun costone, ci si trova nella Valle della Madonnadove il letto del torrente che incide l’affioramentoè ricchissimo di blocchi con grossi cristalli di fel-dspato potassico. Siamo al centro della potenteserie paleozoica nota come piattaforma porfiricaAtesina. Nel sito tra le ignimbriti del complessosuperiore, dalle quali si ricavano lastre di porfidoe cubetti per pavimentazione, affiora un lembo diporfidi del complesso inferiore corrispondente alleprime colate e prodotti piroclastici della serie chepresenta numerosi cristalli. E’ l’unico mineralepresente ma con estrema abbondanza e i suoi cri-stalli sono spesso geminati secondo la legge diKarlsbad. Due individui tabulari ruotati di 180° at-torno a un asse verticale.

Valfloriana

Ortoclasio - cm 8 (coll. e foto: F. Maiello)

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Nei pressi della cittadina di Lavis, 10km a nord diTrento, tra i porfidi, affiorano estesi lembi dellaformazione di Werfen. Si tratta degli strati basalidella formazione conosciuti con il nome di oriz-zonte di Tesero. Sono calcari oolitici a grana finedepositatisi in ambiente lagunare chiuso come testi-moniato dalla relativa abbondanza di lenti di gesso.Si tratta delle rocce che hanno reso famoso il

Monte Calisio per l’abbondanza delle mineraliz-zazioni a galena argentifera coltivate intensamentea partire dal XII secolo.Nella zona, in alcune case sono ancora incorporatigli imbocchi delle antichissime gallerie medioevaliper la estrazione della galena, attualmente utilizzatidagli abitanti come cantine, e nei boschi vicinisono ancora in vista alcuni imbocchi di antichegallerie, segnalate da appositi cartelli .Nei pressi della località Furli alcuni anni fa, a se-guito di recenti lavori di urbanizzazione, sono ve-nute alla luce alcune piccole cavità con numerosecristallizzazioni di rame, zinco e galena.Per ricavare gli spazi edificabili nel ripido pendiodella collina si è provveduto allo sbancamento amonte e al taglio di porzioni di roccia e in una pa-rete alta 6-7m sono apparse le cavità tappezzate dapiccoli cristalli di malachite e azzurrite ricopertida un sottile strato di gesso trasparente.Prima dell’inizio della costruzione alcuni cercatorisetacciarono la zona con ottimi risultati; trovaronocristalli in genere millimetrici ma molto ambiti perla particolare paragenesi.Oltre a galena in abito ottaedrico e blenda brunasempre accompagnate da cristalli di gesso sonostati rinvenuti nitidi cristalli di cuprite, di wulfenitearancione e di azzurrite oltre che di gesso e barite.

Furli di Lavis

L’area dei Furli di Lavis oggetto degli sbancamenti chehanno portato al rinvenimento di minerali (foto: C. Poli)

Galena - cm 18 (coll. e foto: F. Maiello)

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Wulfenite - mm 3 (coll. e foto: F.Maiello)

Azzurrite - cm 3 (coll. e foto: F. Maiello)Cuprite - mm 5 (coll. e foto: F. Maiello)

Cuprite - cm 3 (coll. e foto: F. Maiello)

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La porzione più occidentale della dorsale delmonte Panarotta, in Alta Valsugana, termina conla cima del Monte Orno che si eleva per un mi-gliaio di metri sul fondovalle. Si tratta di rocce filladiche di età ercinica attra-versate da alcuni filoni di porfirite ed intensa-mente interessate da numerosi sistemi di faglie ediaclasi lungo le quali sono risalite le mineraliz-zazioni. Il maggiore filone che passa per la Cima d’Ornoaffiora per una lunghezza di oltre 8 chilometri daipressi del lago di Caldonazzo fino alla localitàCentopozzi in comune di agane in Valle dei Mo-cheni. E’ stato sfruttato fin dall’antichità ma leprime notizie storiche dell’apertura di pozzi per laricerca e sfruttamento di minerali di piombo, ar-gento e rame risalgono al XIV secolo. Più che diun unico filone si tratta di una zona filoniana co-stituita da un fascio di filoni paralleli molto ravvi-

cinati che ora si congiungono, ora sono separati dasottili diaframmi di roccia incassante. I principali minerali presenti nei filoni sono:quarzo, calcite, fluorite, blenda, galena, pirite, cal-copirite ed arsenopirite. Il quarzo è il componentepiù diffuso e più intensamente coltivato fino apochi anni fa nel cantiere Fontanelle sul versantenord. Il versante occidentale di Cima Orno èquello che presenta la paragenesi più interessanteper i collezionisti. La località è raggiungibile apiedi dalla strada comunale che collega i paesi diVignola e aganel tagliando il versante occidentaledella montagna. Circa a metà del percorso si im-bocca una strada forestale sulla destra la quale conalcuni tornanti risale il pendio fin sotto la cima.Qui si trova un lungo ghiaione originato dai fre-quenti franamenti delle rocce che occorre risalirefino a raggiungere la parete rocciosa sede delle mi-neralizzazioni.

Monte Orno

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Cerussite - cm 3 (coll. e foto: F. Maiello) Leadhillite - mm 5 (coll. e foto: F. Maiello)

Anglesite - cm 8 (coll. e foto: F. Maiello) Anglesite - cm 4 (coll. e foto: F. Maiello)

Emimorfite- cm 2 (coll.: L. Boselli, foto: R. Appiani) Emimorfite- cm 1 (coll.: L. Boselli, foto: R. Appiani)

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Fluorite e Cerussite - cm 4 (coll. e foto: F. Maiello)

Mimetite- mm 2 (coll. e foto: F.Maiello) Emimorfite - mm 2 (coll. e foto: I. Conci)

Emimorfite – immagineal SEM – microscopioelettronico a scansione del MTSNfoto: N. Angeli)

Goethite – cm 8 (coll. e foto: I. Conci)

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In una stretta valle scavata dal rio Rigolor, tra lependici settentrionali del monte Panarotta e quelleoccidentali del monte Oscivart, a pochi chilometridalla città di Pergine in Alta Valsugana, affioranole rocce del basamento filladico cristallino an-tico. Solo verso la sommità del monte Oscivart, adoltre 2000 metri di quota, rimangono, sopra le fil-ladi, lembi di conglomerato basale cui seguono iprimi termini del sistema effusivo permiano. Le rocce filladiche risultano molto disturbate tetto-nicamente ed intensamente mineralizzate con unosciame di vene di quarzo, calcite, barite, fluorite,pirite, calcopirite.mappa TingherlaProprio su una grossa vena di quarzo affiorante fuimpostata la miniera che prese il nome dal gruppodi case della località. Vi si coltivava la fluorite che accompagna in quan-tità consistenti il quarzo. L’attività fu breve ed ebbefine nei primi anni sessanta. I lavori consistono in tre gallerie sovrapposte col-legate da fornelli tra quota 1240 e 1300. Lo svi-luppo delle gallerie è di circa 600 m.

Miniera della Tingherla

Quarzo - cm 10 (coll. efoto: F. Maiello)

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Fluorite - cm 10 e 14 (collezione G. Celva e F. Maiello, foto: F. Maiello)

Fluorite - cm 8 (coll. e foto: G. Zampedri) Malachite - cm 1 (coll. e foto: F. Maiello)

Auricalcite - cm 6 (coll. e foto: F. Maiello)

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La miniera di Vignola è ubicata sul versante meri-dionale della dorsale Panarotta-Cima d’Orno ad estdell’abitato del piccolissimo paese di Vignola sullastrada provinciale che dalla statale della Valsuganaporta alle terme di Vetriolo. Nella zona affiorano lerocce più antiche della regione, le filladi del basa-mento alpino che sono state innalzate fino all’al-tezza attuale di circa 2000 metri. Fanno parte dellaporzione occidentale della grande anticlinale origi-nata dal massiccio intrusivo di Cima d’Asta. Nellafase finale di consolidamento del magma granitico,tutt’intorno all’area del batolite, si ebbero nume-rosissime venute mineralizzanti di carattere pneu-matolitico/idrotermale che depositarono nellefratture delle filladi parecchi minerali, in preva-lenza solfuri accompagnati (quali minerali diganga) da quarzo di diverse e successive genera-zioni nonché fluorite, barite e calcite.A nord di Vignola, sulla provinciale per Vetriolo, siincontrano 4 grossi filoni mineralizzati; siamo al-l’estremità occidentale di una delle strutture piùconosciute delle Alpi Meridionali: l’anticlinale diCima d’Asta a tetto della linea della Valsugana.E’ una grande piega, evoluta fino allo stadio dipiega-faglia; tutti i sedimenti del Triassico, del Per-miano e in parte anche le ignimbriti della piatta-forma porfirica atesina risultano asportatidall’erosione ed affiorano le rocce del basamentocristallino e le rocce granitiche e granodioriticheche costituiscono il massiccio intrusivo permianodi Cima d’Asta. Nella zona della miniera affioranogli scisti del basamento costituiti da varie facies di

paragneiss, filladi sericitiche e porfiroidi.Il filone coltivato ha un andamento sinuoso sia insenso verticale che longitudinale e generalmentepiù che di un filone si tratta di numerose vene mi-neralizzate a fluorite, con intercalate lenti di scisti,e sempre con la presenza di abbondante quarzooltre che di blenda e galena. Una grossa faglia cheha rigettato il filone di una decina di metri risultainteramente mineralizzata a barite.La ricostruzione più attendibile della genesi delgiacimento ci fa intravedere un quadro ben pre-ciso: con l’inizio del sollevamento alpino e la crea-zione dell’anticlinale si originarono delle fratturelungo le quali varie soluzioni idrotermali deposita-rono tra i frammenti delle zone brecciate vari sol-furi quali pirite, calcopirite, galena e blenda. Conil lento diminuire della termalità si depositaronosuccessivamente fluorite e quarzo.Dopo un periodo di stasi si verificò una successivafase mineralizzante contemporanea allo sviluppodi un nuovo sistema di faglie trasversali riempitestavolta di barite.

Miniera di Vignola

Barite - cm 5 (collezione foto: F. Maiello)

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La miniera è composta da otto livelli principalicollegati da camini e tramogge per uno sviluppocomplessivo delle gallerie di circa 3 km. Vi si col-tivavano anticamente i solfuri e, più recentemente,la fluorite.Di attività minerarie nella zona di Vignola si ha no-tizia fin dal medioevo quando numerose conces-sioni risultano rilasciate ad imprenditori, in granparte di origine germanica, per la ricerca e la col-tivazione di giacimenti di galena argentifera edaltri solfuri. A quel tempo le attività erano di ca-rattere artigianale considerate anche l’estremaframmentazione dei giacimenti e la loro quasi sem-pre scarsa consistenza. Aggiungasi che i lavori insotterraneo con gli attrezzi del tempo progredivanocon enorme lentezza e difficoltà, tanto che attual-mente rimangono solo delle tracce di tali antichecoltivazioni.I lavori più recenti sono ripresi dopo la I guerramondiale con piccoli assaggi e solo nel 1954 ebbeinizio lo sfruttamento industriale con la conces-sione mineraria alla Mineraria Trentina Spa primae alla Mineraria Prealpina Spa dopo. La ripresa si spiega con la richiesta crescente difluorite da parte delle fonderie. Furono tracciatiotto livelli per uno sviluppo complessivo di circa 3km e realizzato, nella vicina cittadina di Pergine,un impianto di arricchimento in grado di trattare ilgrezzo a tenore modesto di fluorite e recuperare glialtri minerali utili presenti con la flottazione.Vi furono impiegati oltre un centinaio di addettidivisi in squadre e realizzato all’imbocco un centroper la produzione di aria compressa e altri servizi.Dopo gli anni Cinquanta, a causa del crollo delprezzo industriale della fluorite, i lavori furono in-terrotti e nel 1968 abbandonati. Gli imbocchi delle gallerie furono chiusi mediantefranamento a mezzo esplosivo.

I collezionisti però non si arresero e anno dopoanno hanno continuato a frequentare la minieratrovando impensabili vie di accesso ed anchebuone soddisfazioni tanto che in breve divenne co-nosciuta in ambito anche internazionale per la bel-lezza e la varietà della paragenesi presente.In termini paragenetici il minerale più abbondanteè certamente la fluorite che si presenta con unagrande varieà di colori e dimensioni. I cristallisono spesso in vario modo ricoperti di quarzo epresentano in alcuni casi la classica tessitura a par-quet.Segue il quarzo in nitidi cristalli ialini che si puòconsiderare il supporto ideale per la fluorite. Infattidove la fluorite non si accompagna al quarzo i cri-stalli, anche di notevoli dimensioni risultano fragilie si sbriciolano facilmente.Tra i solfuri predomina la blenda di tipo marmati-tico che forma piccole druse di cristallinilucenti.Subordinata alla blenda si trova anche ga-lena nella quale è stato accertato un tenore di3.4ooo g di Ag/ton di PbS.La pirite si presenta in piccole granulazioni gene-ralmente frammista a calcopirite.Un minerale di notevole pregio e frequente è la ba-rite. Essa si presenta nei classici cristalli tabularidisposti in aggregati con disposizione raggiata.Nelle numerose geodi si possono rinvenire cristal-lizzazioni limpidissime anche di notevoli dimen-sioni. Sono però i cosiddetti minerali secondari chehanno reso famosa la miniera di Vignola.Tra essi si ricorda l’eritrite, un idrato di cobalto ab-bastanza raro in Italia ; la greenockite, un solfurodi cadmio che spesso accompagna la blenda; l’ada-mite, un arseniato di zinco; la calcite cobaltifera el’annabergite nonché smithsonite, cerussite, pirro-tina e siderite e molti altri ancora.

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Fluorite - cm 15 (coll.: M. e L. Pallaoro, foto: F. Ma-iello)

Fluorite - cm 16 (coll.: M. Faggioni, foto: F. Maiello) Fluorite - cm 12 (coll.: G. Celva, foto: F. Maiello)

Fluorite - cm 6 (coll. e foto: F. Maiello)

Fluorite - cm 4 (coll. e foto: F. Maiello)

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Eritrite - mm 4 (coll.: G. Celva, foto: R. Appiani)

Barite - cm 11 (coll. e, foto: F. Maiello)

Smithsonite - cm 14 (coll.: G. Celva, foto: F. Maiello)

Eritrite – immagine al SEM – micro-scopio elettronico a scansione delMTSN (foto: N. Angeli)

Barite - cm 24 (coll.: U. Zampedri, foto:F. Maiello)

Adamite – cm 4 (coll.: e foto: F. Maiello)

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Sul versante occidentale dell’anticlinale di Cimad’Asta, incassato nelle filladi albitiche del del ba-samento cristallino aganella e alla quota tram.1480 e m.1625, in una valletta scavata dal tor-rente Argento sulle pendici orientali del monte Fra-vort in Valsugana, si trova il giacimento diCinquevalli. Fu sfruttato fino al 1940 con quattrogallerie per uno sviluppo complessivo di 1100metri. All’origine, nei primi anni del 1900, vi sicoltivavano filoni a blenda, galena e rame. Negliultimi anni di attività e per un breve periodo, inuna galleria scavata a poca distanza dal giacimentoprincipale, fu sfruttata una manifestazione a fluo-rite prevalente. Le gallerie sono tuttora, seppurparzialmente, accessibili e si possono raggiungeredalla strada che congiunge il paese di Roncegnocon il paese di Ronchi in Valsugana. Ad un certopunto a pochissimi chilometri da Roncegno sullasinistra della strada c’è un cartello con l’indica-zione Cinquevalli. Si segue questa deviazione, ingran parte a fondo asfaltato tranne gli ultimi duechilometri che sono sterrati, e si arriva nei pressidei resti della vecchia miniera.

Miniera di Cinquevalli

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Fluorite - cm 16 (collezione: F. Boso, foto: F. Maiello)

Blenda - cm 6 (collezione e foto: F. Maiello) Piromorfite - cm 6 (collezione: M. e L. Pal-laoro, foto: F. Maiello)

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Piromorfite su fluorite - cm 15 (collezione: M. e L. Pallaoro, foto: F. Maiello)

Mimetite - cm 3 (collezione e foto: F. Maiello) Wolframite - cm 4 (coll. e foto: F. Maiello)

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Nel Trentino orientale, al centro di una vasta isoladi scisti cristallini, si eleva il gruppo granitico diCima d’Asta. Si tratta di un grande batolite risalente al Permo-Carbonifero, coevo quindi delle manifestazionivulcaniche che hanno formato la Piattaforma Por-

firica Atesina.Denudato della sua originaria copertura di scisti ecalcari del Trias si eleva oggi, con i 2850 metridella cima maggiore.Il versante meridionale strapiomba con una pareteverticale di 350 metri sull’omonimo lago dove c’è ilrifugio del CAI intitolato ad Ottone Brentari mentre,a settentrione, si presenta come un ampio anfiteatrooriginatosi dall’erosione. Una miriade di blocchi digranito di tutte le dimensioni ricopre i pendii fino aquote relativamente basse ed è questa la zona di ri-cerca per i minerali. L’intrusione granitica è attraver-sata da numerosissimi filoni pegmatitici i cuiprodotti di erosione si sono sparsi su tutta l’area, esono questi ultimi appunto che occorre cercare.Il sito è raggiungibile da Pieve Tesino. Si arriva inmacchina, percorrendo la Val Malene, fino aMalga Cima d’Asta da dove si prende un sentieroben segnato che risale la valle. A circa due ore siincontra il rifugio Brentari posto in riva al lagosotto la cima del monte. Si continua in direzioneest per qualche centinaio di metri finché non sitrova un altro sentiero sulla sinistra che risale versola vetta e si segue il tracciato. Quando si arriva allaforcella di valico si scende sul versante settentrio-nale e si è subito nella zona di ricerca; per il per-corso occorrono dalle 4 alle 5 ore.

Cima d’Asta

Quarzo ametista - cm 5 (collezione e foto: M. Masetto)

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Albite su ortoclasio - cm 6 (collezione e foto: M. Masetto) Prehnite - cm 2 (collezione e foto: M. Masetto)

Anatasio - mm 4 (collezione e foto: F. Maiello) Fluorite - mm 8 (collezione e foto: F. Maiello)

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Il massiccio intrusivo dell’Adamello rappresentauna delle zone, dal punto di vista mineralogico, piùinteressanti di tutto il Trentino. A causa dell’asperità dei luoghi e delle considere-

voli distanze risulta purtroppo non molto frequen-tato e conserva certamente molte sorprese per i fu-turi cercatori. Si è originato a seguito dell’intensa attività mag-matica che ha interessato la regione durante l’eraterziaria.Il suo interesse si deve alla grande varietà dellerocce incassanti che hanno subito, al contatto conla massa intrusiva, vistosi fenomeni di metamorfi-smo dando origine a numerosi minerali tipici.La massa intrusiva tonalitica ha inglobato zolle dirocce dolomitiche trasformandole completamentein calcefiri e cornubianiti.Il lago di Campo si raggiunge risalendo la ValDaone lungo il fiume Chiese fino ai 1750 metri dellago di Malga Bissina dove ha inizio la Val diFumo che termina alla Vedretta della Lobbia nelcuore dell’Adamello.Poco sopra il rifugio, da un ampio piazzale che ri-corda l’attività estrattiva del granito per uso edili-zio, si stacca un ripido sentiero che risale ilversante destro della valle.Con circa un’ora di agevole salita si arriva, supe-rato un ultimo gradino, nella conca del lago. Siamosullo spartiacque tra la Val Daone e La Valle delCaffaro. Il lago è racchiuso da rocce cornubianiti-che a granato ed epidoti verdi ad est e da lembi diWerfen metamorfizzati con vesuviana a sud.

Lago di Campo

Vesuviana - cm 10 (collezione e foto: F. Maiello) Granati - cm 12 (coll.: D. Barbacovi, foto: F. Maiello)

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Durante il periodo Triassico l’attività vulcanica siè manifestata a più riprese nel Trentino meridio-nale. Una zona di interesse per numero di apparatieruttivi e per varietà di fenomeni collegati si trovaad ovest e sud della città di Rovereto, nell’areacompresa tra il paese di Isera e il versante setten-trionale della catena del Monte Baldo fino allazona di Ala-Avio. Si tratta di manifestazioni vulcaniche in prevalenzasottomarine con prodotti esclusivamente basici ri-feribili all’Eocene medio. Tali manifestazioni vul-caniche nella loro risalita hanno attraversato lepreesistenti rocce sedimentarie costituite da calcarie dolomie che vanno dal Trias all’Eocene. Si sono così originati sia minerali depositatisi nellecavità del basalto da acque residue circolanti, zeo-liti varie con calcite e quarzo, che minerali deri-vanti dal metamorfismo dovuto all’azione delmagma di alta temperatura al contatto con le roccecarbonatiche.

Valle dell’Adige

Heulandite - cm 6 (collezione e foto: F. Maiello)

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Apofillite- cm 6 (collezione e foto: F. Maiello)

Natrolite - cm 6 (collezione e foto: F. Maiello)

Piroaurite - cm 8 (coll.: M. Faggioni, foto: F. Maiello)

Brucite- cm 26 (coll.: G. Celva, foto: F. Maiello)

Pectolite - cm 8 (collezione e foto: F. Maiello)

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Tra i ricercatori e collezionisti di minerali la calciteè in genere considerata (secondo chi scrive a torto)un minerale di secondaria importanza e quindipoco ricercata.Il recente ritrovamento di pregevoli cristallizza-zioni che sono senza dubbio tra le più belle maitrovate nella regione dolomitica impongono la ste-sura di queste brevi note per documentare la cro-naca della scoperta. Pochi chilometri a nord di Trento la valle dell’Adige si apre in una grande piana fitta di vigneti emeleti. E’ la Piana Rotaliana famosa per i vini chevi si producono (e tra di essi primo luogo il Terol-dego, un rosso corposo che si sposa benissimo apasti importanti di arrosti e selvaggina...). All’al-tezza dell’abitato di Mezzolombardo confluiscenell’Adige il torrente Noce che, dopo avere rac-colto le acque delle valli di Sole e Non, sbuca nellapiana attraverso una forra scavata tra le alti paretirocciose che delimitano a nord la valle dell’Adige.Intorno al 1789/1790 un marchese francese, uomostravagante e avventuroso, si trovava in viaggioproprio in queste zone. Si chiamava Dèodat de Do-lomieu ed era un appassionato di vulcani e mine-rali. Raccolse alcuni campioni di roccia con piccolie lucenti cristalli e, visto che non reagivano all’at-tacco con acido cloridrico, li mandò al suo amicochimico Nicolas-Theodore de Saussure il quale,dopo averli esaminati, stabilì che si trattava di uncarbonato doppio di calcio e magnesio fino ad al-lora sconosciuto.Decise di chiamare la nuova specie Dolomite inonore di colui che aveva raccolto i campioni.Gli studi geologici successivi hanno dimostratoche le rocce dolomitiche nascono all’origine comecalcari costituiti dall’accumulo di resti di organi-smi marini, alghe e coralli principalmente, sedi-mentati sul fondo del mare fino a creare imponentiscogliere sottomarine. La loro età si fa risalire alTriassico a partire da 250 milioni di anni orsono.Successivamente i fondali e le scogliere furono in-teressati da grandi fenomeni vulcanici con l’aper-tura di numerose bocche laviche sottomarine dallequali si riversarono enormi quantità di lave e va-pori magnesiaci.Il magnesio disciolto nelle acqueattaccò le scogliere calcaree e trasformò il carbo-nato di calcio in carbonato doppio di calcio e ma-

gnesio, la dolomite.La dolomitizzazione di una roccia calcarea si hacon la sostituzione di una parte degli atomi di cal-cio con altrettanti di magnesio. Poiché gli atomidel magnesio sono più piccoli di quelli del calciosi sono originati delle cavità vuote nelle rocce,nelle quali, dopo un più o meno lungo periodo, sisono depositati le cristallizzazioni di calcite. Dovettero trascorrere ancora più di un centinaio dimilioni di anni perché le scogliere sottomarine,così trasformate, venissero portate in superficie edinnalzate alle quote attuali dai grandi movimentidella crosta terrestre che hanno innalzato le Alpi ele altre grandi catene montuose della terra. La fase di sollevamento è ancora in atto ai nostrigiorni.Siamo nel settore occidentale delle Dolomiti dove,a differenza delle Dolomiti Orientali, la succes-sione degli strati del Norico e Retico raggiungespessori considerevoli dell’ordine di oltre 1500metri.L’elevazione più importante della zona è il gruppodella Paganella che incombe da ovest sull’abitatodi Mezzolombardo.

La calcite nelle Dolomiti Occidentali

Calcite, cristallo scalenoedrico di 18 cm (collezione e foto: F. Maiello)

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Per alleggerire il traffico sulla strada che collegala valle dell’Adige alle valli di Sole e di Non e Ma-donna di Campiglio l’autorità provinciale hamesso in cantiere la realizzazione di una circon-vallazione che liberando l’abitato di Mezzolom-bardo dal continuo transito di automezzi, conconseguente grave inquinamento, colleghi diretta-mente il traffico della statale del Brennero e del-l’Autostrada A22 alla valle di Non mediante untunnel di circa 4 chilometri.Sulla sinistra del centro abitato i lavori hannoavuto inizio con il tracciamento di una galleriaesplorativa del diametro di 5 metri che ha attraver-sato per quasi quattro chilometri la montagna finoa sbucare a giorno sul versante opposto in Val diNon.Durante i lavori sono venuti a luce numerosi cri-stalli di calcite negli accumuli del materiale di ri-sulta che il trenino elettrico portava continuamenteall’esterno del cantiere. Nelle rocce dei dintorni erano da tempo conosciutedai mineralogisti cristallizzazioni di calcite che,però, trovandosi negli strati superficiali risultavanosempre più o meno alterate con deformazioni e ar-rotondamento degli spigoli dei cristalli.Nel nuovo materiale i cristalli erano invece più pu-liti e la forma cristallina si indovinava già più rego-lare. Non era naturalmente possibile approfondirele ricerche all’interno della galleria in costanza deilavori e ci si accontentava di qualche sporadicocampione che di tanto in tanto gli operai portavanofuori ma che confermava sempre le prime impres-sioni. Quando finalmente il lavoro di scavo fu ulti-mato, tra fine febbraio e marzo 2003, e la grandefresa fu riportata indietro all’imbocco della galleria,fu possibile esplorare il cunicolo lungo tutto il suosviluppo. Per un centinaio di metri si incontranostrati di dolomia cristallina.

Dalla progressiva 500 hanno inizio degli strati sot-tili intercalati alla dolomia compatta che hannocausato notevoli difficoltà ai lavori.Infatti tali stratirisultano intensamente deformati e da numerosefessure oltre a grandi quantità di acqua fuoriesconoargille rossastre e brune ricche di resti carboniosi.La zona si rivela instabile tanto che in numerosipunti la galleria è stata rinforzata con centine me-talliche e rete elettrosaldata di contenimento.Potrebbe trattarsi di antichissimi depositi lagunariche, a seguito dei movimenti orogenetici, sonostati intrappolati tra gli strati rocciosi e sepolti. De-pone a favore di questa ipotesi la relativa abbon-danza di resti organici presenti nelle argille.Verso la fine della galleria la roccia dolomitica èpiù compatta e non presenta disturbi tettonici.Numerosissime sono le cavità cristalline dove siincontrano cristalli di calcite anche di notevolidimensione. Sono cristalli ad abito scalenoedricospesso geminati con grande trasparenza e un co-lore bianco vellutato di pregevole effetto este-tico.Sono stati trovati cristalli dalle forme e colorazionipiù svariate. Nel primo tratto della galleria si rin-vengono cristalli romboedrici fino a 5/6 centimetricon colori che vanno dal bianco vellutato quasi tra-sparenti all’arancione tendente in qualche casoquasi al rosso. Si nota l’influenza di resti di ferrodi origine certamente batterica che hanno incro-stato con patine limonitiche i cristalli già formati ela matrice di minutissimi e lucenti cristalli di dolo-mite. Dalla metà e fino allo sbocco le rocce diven-tano più compatte e nelle numerose cavità sitrovano solo cristalli scalenoedrici di dieci e piùcentimetri di sviluppo, anche frequentemente ge-minati. Il colore di questi ultimi è sempre più omeno biancastro con un gradevole effetto di semi-trasparenza.

Calcite - cm 4 (collezione e foto: F. Maiello) Calcite - cm 8 (collezione e foto: F. Maiello)

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Calcite - cm 12 (collezione e foto: F. Maiello) Calcite - cm 10 (collezione e foto: F. Maiello)

Calcite - cm 30 (collezione e foto: F. Maiello)

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Lungo le pendici meridionali del Monte Panarotta,in Valsugana, c’è una zona mineralizzata coltivatanei secoli passati per la pirite, il piombo e succes-sivamente per la fluorite. Dalle vecchie galleriesgorga l’acqua minerale che alimenta le terme diLevico e Vetriolo. Si tratta di acqua ferruginoso-arsenicale che si arricchisce naturalmente di ionimetallici attraversando gli estesi giacimenti nelsottosuolo della montagna.Il sito non è una vera miniera ma, verosimilmente,solo una galleria di ricerca dove non ci sono traccedi coltivazioni tranne la data 1786 incisa grossola-namente all’ingresso su una delle pareti. La galle-ria, interamente praticabile, è lunga 80/90 metri esegue una vena mineralizzata a prevalente fluoritecon barite, blenda, rame e piombo. La roccia in-cassante è costituita dagli scisti cristallini del basa-mento attraversati da numerosi filoni porfirici epresenta disturbi tettonici che frequentemente ori-ginano frane e crolli.

Il sito è frequentato dai cercatori minerali per lasua paragenesi ricca di sali metallici particolarimolto ricercati. Viene comunemente inteso con ilnome trentino “Compet” dalla denominazione diun albergo che si trova a monte sulla strada pro-vinciale Levico-Vetriolo. Risalendo detta provinciale da Levico, poco primadell’incrocio con la strada che da Pergine portaagli impianti invernali della Panarotta, si trovasulla destra una piccola strada forestale in leggeradiscesa. Si percorre quest’ultima per circa 1 chilo-metro finché su uno stretto tornante non appaionoi resti di una vecchia costruzione in muratura, sonopraticamente le fondazioni di un locale per attrezzie materiali. Qui si può parcheggiare la macchinae risalire a piedi, lungo un sentiero visibile chiara-mente, in direzione nord, per circa 50 metri. Im-provvisamente, risalendo un gradino roccioso, ciappare, alla base di una parete verticale alta unaventina di metri, l’ingresso della galleria.

Monte Fronte

Galena - cm 5 (collezione e foto: F. Maiello) Liparite - mm 9 (collezione L. Ducati, foto: F. Maiello)

Blenda - cm 3 (collezione e foto: F. Maiello)

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Autorizzazione del Tribunale di Trento n° 33 del 2 luglio 1952