Mensile del Medio Friuli · Anno I n° 10 · Dicembre 2016 ... · sta festa, i suoi simboli e...

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Mensile del Medio Friuli · Anno I n° 10 · Dicembre 2016 · CODROIPO (UD) · Euro 1,00 · Copia Gratuita

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Mensile del Medio Friuli · Anno I n° 10 · Dicembre 2016 · CODROIPO (UD) · Euro 1,00 · Copia Gratuita

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PrimiRisotto allo Zafferano e Gamberetti

Cjarsons al Salmonein Salsa di Aneto e Zenzero

SecondiFiletto di Gallinella in Crosta di Patata

Aromatizzata al Timocon Crema di TopinamburContorno di Zucca Arrosta

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4 ⁄ EDITORIALE: VALORI E TRADIZIONI

5 ⁄ LE COSE CHE SI PENSANO, SI DICONO...

⁄ ENERGIA E LONTANANZE

6 ⁄ A OLTRE 40 ANNI DAI MONDIALI

7 ⁄ HARMONY GOSPEL SINGERS

8 ⁄ STRANE BESTIE VOTANTI

9 ⁄ AUGURI

10 ⁄ INNSBRUCK E MONDO SWAROVSKY

11 ⁄ ZANZIBAR... L’ISOLA DELLE SPEZIE

12 ⁄ NADAL

⁄ LE DODICI NOTTI

14 ⁄ OLTRAGGIO ALLA “REGINA...”

15 ⁄ I GIORNI DELL’INVERNO MAGICO

16 ⁄ ANTICHI SCULTORI DELLA VAL GARDENA

18 ⁄ ASPETTANDO... MOTOR SHOW

⁄ PENSIERINI... DI NATALE

19 ⁄ I COSCRITTI RICEVONO LA COSTITUZIONE

⁄ COS’E’ LA MEDIAZIOPNE FAMILIARE?

20 ⁄ DA ODINO A BABBO NATALE

21 ⁄ BANCO ALIMENTARE ONLUS

⁄ LA LUCE NEL GIORNO PIU’ BUIO

22 ⁄ FESTA DEI MAGGIORENNI - BERTIOLO

23 ⁄ 100 ANNI FA NASCEVA PADRE TUROLDO

25 ⁄ AMARE RIFLESSIONI

⁄ SIMPATICHE NOTIZIE

26 ⁄ ANTICHE ROGGE DEL FIUME TORRE

27 ⁄ LEGGENDE: IL SEGRETO

28 ⁄ ASS. NAZ. ARMA DI CAVALLERIA

29 ⁄ IL MUSEO ETNOGRAFICO

30 ⁄ NUMAR1NING - “NON” CORSA

30 ⁄ IL POSSESSO E RELATIVE AZIONI DI TUTELA

ARTICOLI

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Editore: FORTE & CHIARO

Redazione: 33033 CODROIPO (UD)Via G.B. Candotti 75

Direttore Responsabile: Lucien Zinutti

Aut. Tribunale di Udine N° 2/2016del 28/01/2016

Invio articoli: [email protected] ed impaginazione:FORTE & CHIARO pubblicità e immagineStampa: Tipografia Menini9000 Copie

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BUONEFESTE

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EDITORIALEDICEMBRE 2016

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Apriamo quest’editoriale puntando i ri-flettori su Villa Ciceri, che il comune di Tri-cesimo ha pensato di mettere in vendita. Opponendosi a questa ipotesi sciagurata i cittadini del luogo hanno istituito il “Comita-topervillaciceri”, chiedendo a tutti di aderire e di dare visibilità all’iniziativa.

Essendo una rivista per l’arte, FORTE & CHIARO raccoglie con grande solidarietà questo grido di aiuto e contestualmente in-vita tutti i suoi lettori ad aderire al “Comina-topervillacicerici”, perché è proprio l’indiffe-renza civica da parte dei cittadini che apre le porte all’imbarbarimento. Tante volte, noi ita-liani, ostentiamo campanilismo nei confronti di una parlata o di una squadra di calcio, e nel contempo rimaniamo totalmente impas-sibili di fronte allo sfregio della nostra vera identità culturale.

All’interno di questo numero, nell’arti-colo della dr.ssa Luisa Chiap dedicato a questo argomento, troverete le indicazioni per l’iscrizione e tutte le giuste motivazioni per sottoscrivere un orgoglioso atto di so-lidarietà. Parallelamente a questi fatti il Club UNESCO di Udine ha già presentato una

petizione al Sindaco Furio Honsell chieden-do conto del lascito Ciceri che il Comune di Udine aveva ricevuto in donazione alla morte della consorte dell’illustre medico e collezionista d’arte di Tricesimo. Il sindaco ci ha concesso un’ispezione ai magazzini museali di Palazzo Giacomelli, e qui colgo l’occasione per informarvi di quanto abbia-mo già appurato in merito.

Allo stesso modo con cui, nelle nostre recensioni, elogiamo le realtà museali vir-tuose, così saremo intransigenti laddove ac-certiamo gestioni deplorevoli del bene pub-blico, in questo caso la pessima politica di conservazione e valorizzazione del prezioso lascito da parte dell’amministrazione e dei conservatori del museo di Palazzo Giaco-melli. All’interno di questo numero troverete un mio articolo che ricostruisce lo sfortuna-to destino che ha avuto questa importante collezione di arredi antichi donata dai coniu-gi Ciceri al Comune di Udine.

Non vi è dubbio che il futuro dei beni cul-turali sia in primis nella ricostruzione della coscienza e della responsabilità individuale, secondariamente nell’affidamento della ge-stione direttamente a privati animati da viva ed attiva coscienza, oltre che dalla forza di esprimere le proprie idee.

E parliamo infine del natale alle porte, la festa più sentita di tutta la cristianità, cele-brata a Roma per la prima volta nel 336 e poi sempre ogni anno sino ai nostri giorni. E’ la festa più amata dai bambini, la più magi-ca, quella che unisce le famiglie superando ogni incomprensione, che fa affiorare den-tro ognuno di noi i più bei ricordi d’infanzia. Proprio oggi, in questo mondo che non ha più un minuto di pace e rispetto per nulla, occorre fermarsi e più che mai riflettere sul

Valori e TradizioniNatale, recuperando le convenzioni di que-sta festa, i suoi simboli e usanze tradizionali, come avviene nei paesi nordici d’Oltralpe. Qui, in Italia, nel cuore più antico della cri-stianità, il Natale si celebra con freddezza ospedaliera, in nome di presunti valori di laicità, modernità o multiculturalismo. Senza capire che proprio nella semplicità delle no-stre tradizioni antiche, nella loro genuinità e nel loro candore, alloggiano la pace e l’unio-ne. Senza riflettere che la tradizione è parte di noi stessi, della nostra identità, e che tutti noi cristiani abbiamo il dovere di esserne or-gogliosamente custodi.

Concludo presentandovi un’antica raffigu-razione sulla tela del magico evento del Na-tale, ad opera di un allievo della bottega del Botticelli, con un sincero augurio di serene feste natalizie a tutti i nostri lettori.

Lucien Zinutti

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RIFLESSIONIE nergia e lontananze

potere in modo da dominare gli altri e farsi temere, e non sorridono mai. Vi sono perso-ne che non hanno i soldi per curarsi i denti, che vivono con tre dollari al giorno e sorri-dono. Non serve affannarsi molto, ché la vita scorre come l’acqua di un torrente monta-no, che bagna i ciottoli per il crinale scosce-so, e formando cascate e pozze verdissime e fresche. Dove meno si attende scorrono le opportunità, gli incroci, le circostanze, le congiunture, quello che chiamiamo caso, e così le nostre vite si intrecciano, si scavalca-no, si avvitano, si raggomitolano, scorrono e si fermano all’improvviso senza ragioni apparenti. Non serve l’ansia da prestazione, l’affanno dell’arrivare, lo scatto repentino e l’essere “svegli” comunque e sempre. Oggi si dice “sveglio” per dire intelligente, non per dire non addormentato. In certi momenti preferisco l’autismo dell’interpretazione let-teralista delle cose alla metafora, io cultore della metafora come forma della verità. Che noia infinita la competizione. Che sberleffo quando un intoppo ribalta il concorrente!

Ciò non significa che non ci si deve im-pegnare nelle cose che si fanno, ma sen-za iattanza, senza la pretesa di fare opere assolute, senza l’idea di lasciare una traccia di gloria, ché l’aquila non la lascia nell’aria, il serpente sulla roccia, il pesce nell’acqua. Ma le nostre azioni lasciano comunque trac-ce indelebili nell’essere delle cose, nelle vite nostre e degli altri, perché a volte sono un lenimento e a volte sono ferite, che resta-no. Ogni cosa che pensiamo, diciamo, fac-ciamo, viviamo, di converso, è immortale, una volta pensata, detta, fatta, vissuta. Non c’è un “dio” e neppure Dio che può fare in modo che non sia stata pensata, detta, fat-ta, vissuta. L’immortalità è lo stato vero delle nostre vite, e per questo valgono tutte ugua-le: non c’è una vita alla Brad Pitt, alla Beppe Grillo o alla Che Guevara che valga più di altre, meno provviste di fama transeunte. Le nostre vite sono uniche, con le nostre pene e le nostre gioie, con i nostri dolori e la loro assenza nello stato di sonno, le nostre vite sono le nostre, incomunicabili, come la no-stra struttura unica di individui, incomunica-bili nel profondo, solo un poco relazionabili.Siamo dei preziosissimi “io” che passano e vanno lontano e oltre, restando immortali. E pertanto siamo (qui è congiuntivo esorta-tivo) lieti, gioiosi, non felici, per non essere stupidi. Suvvia.

Tratto dal Blog www.renatopilutti.it

leC ose chesi pensano, si dicono,

si fanno, si vivono

«Se vogliamo evitare che Arsenio Lupin o un ladro professionista entrino in casa nostra dobbiamo metterci l’animo in pace. Nessun appartamento è completamente inviolabile. Tuttavia, possiamo rendere la vita difficile alla maggioranza dei topi d’appartamento (più o meno evoluti) e trasformare le mura domestiche in una specie di fortino in grado di scoraggiare quasi tutti i malintenzionati» spiega David Donati, esperto di sicurezza e titolare della Sicurpiù, negozio Codroipese specializzato in duplicazione di chiavi, impianti d’allarme, porte e finestre blindate. In questo nu-mero parliamo di porte: Porta blindata classe 3 (al ladro servono 17 minuti di lavoro continuo per aprirla) - 1.500 euro* - Porta blindata classe 4 (23 minuti di lavoro conti-nuo per aprirla) - 2.300 euro*

Pochi sanno che la «cricca» tradizionale e la chiave con il classico cilindretto d’ottone sono completamente inutili. Chiudono il 70 per cento delle case degli italiani, «ma si aprono senza nemmeno usare un piede di porco. Tutti i ladri, anche i più improvvisati hanno un passpartout che si può comprare su internet per pochi euro e le apre tut-te in un minuto». L’unica soluzione è la porta blindata. Ma attenzione. Quelle economiche (250-300 euro) per i ladri sono un gioco da ragazzi. Bastano alcuni attrezzi acqui-stabili nei centri bricolage per aprirle in meno di 5 minuti. «Solo le porte certificate classe 3 o classe 4resistono ri-spettivamente a 17 o 23 minuti di lavoro continuo da parte di un ladro con attrezzi professionali. I prezzi però variano da 1.500* a 2.300* euro. Le porte in classe 3 devono ave-

re: 7 deviatori mobili (cilindretti dal lato del chiavistello che entrano nel muro quando si chiude a chiave), 4 rostri fissi (cilindretti che entrano nel muro dal lato delle cerniere), 2 cerniere che sorreggono la porta alla struttura d’acciaio murata. Le porte in classe 4 hanno 13 deviatori mobili, 8 rostri fissi e 3 cerniere. «Le chiavi sicure, quelle che sop-portano le manipolazioni dei passpartout, sono quelle che vengono vendute con una speciale tessera per la dupli-cazione oppure quelle magnetiche e le serrature devono avere una protezione in acciaio chiamata defender (un cilindro che le pone in rilievo rispetto alla porta e non può essere perforato con il trapano.

* prezzi indicativi per misure standard, variabili a seconda delle finiture e configurazioni scelte.

Oggi va molto di moda il discorso sull’ener-gia, mutuato dalla fisica moderna e, inconsa-pevolmente per i più, dalla filosofia classica (l’enèrgheia, cioè, più o meno, la potenzialità di sviluppo degli enti). Ne parlano un po’ tutti, spesso senza cognizione, come accade per tutti i termini promossi dalle mode cangianti. La New Age l’ha eletta a una centralità asso-luta, così come, anche se in modo diverso i movimenti “neo-pagani” (absit iniura verbo), sciamanici et similia. Non vi è dubbio che il concetto è importante e polisemico, cioè significa più cose in diversi contesti della ri-cerca scientifica e del linguaggio comune. L’energia è la manifestazione o espressione altra della massa dei corpi secondo la nota formula einsteiniana, è il plafond cui attingia-mo per vivere, pensare, operare. E’ richie-sta nell’attività fisica e in quella intellettuale, fondamentale nelle relazioni interumane autentiche, là dove non vengono confuse con la mera comunicazione. A volte sembra percorrere sentieri strani e inauditi, come quando scopriamo di avere intuito cose che sarebbero accadute, ma ben prima del loro accadimento, come se ricevessimo informa-zioni da altri mondi o altri tempi di questo mondo. Mi è capitato di scrivere cose, e a distanza di tempo di scoprirne la verità pre-monitoria. Energie e lontananze, orizzonti ol-tre i quali il nostro sguardo attuale si ferma e

dà la parola all’immaginazione, al visionario dispiegarsi di forze ignote, forse spirituali, o forse naturali, ma inaccessibili ai nostri limita-tissimi sensi esterni e -piuttosto- intuibili con facoltà indefinite e finora non classificate dal-le scienze naturali. In realtà, forse siamo tutti un poco veggenti, se ci mettiamo in ascolto dell’infinito dispiegarsi delle cose, delle loro connessioni e distanziamenti, della totalità indivisa e complessa, come domenica scor-sa, quando in bicicletta, pedalando nel sole settembrino, interrotto dalle lunghe ombre dei pioppeti, in assenza di vento e di rumori, mi son come dimenticato chi fossi, ma non in un remoto soprassalto di invecchiamento, bensì scoprendo improvvisamente di fare parte di un tutto, e che il tutto è in me, oli-sticamente e autosimilarmente. Energie e lontananze che si intrecciano e si rinnova-no nel tempo e oltre. Scrissi decenni fa di incontri, che poi si sono realizzati, di affetti e storie, nel tempo dipanatisi e, anche se poi svaniti, comunque presenti nella mia vita, e nel mio destino, come in questa breve lirica sfuggitami di penna quando avevo vent’an-ni, dedicata alla donna. Al desiderio d’acqua sorgiva/ nelle iridi tue/ ai seni acerbi e ignoti/ alle tue cosce divinate/ da roghi sul fiume antico/ del desiderio/ al socchiudersi lento/ delle tue labbra/ al velo del tuo mistero.

Tratto dal Blog www.renatopilutti.it

…sono la nostra vita. Semplicemente, completamente, tut-te e totalmente. Vi sono persone che si danno da fare per ac-cumulare denari, per accaparrarsi posti im-portanti, per gestire

VILLA MANINDICEMBRE 2016

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Nel 1972 viene organizzato per la prima volta in Italia un mondiale di Tiro con l’Arco. Si tratta del terzo campionato del mondo e del secondo europeo tiro di campagna di Passariano di Codroipo che vede, per la prima volta nella storia dell’arcieria italia-na, una azzurra in sede medaglie. Questo campionato era stato in origine affidato alla Svezia. Un anno prima però, la Federazione Svedese comunicò di rinunciare all’organiz-zazione. Il presidente della Fitarco, Gnec-chi, chiese che l’Italia subentrasse al loro posto. Venne scelto come campo di gara il parco della Villa Manin. La Villa offriva la cornice ideale per le cerimonie di apertura

e chiusura. Con il suo incantevole parco dava la possibilità di sviluppa-re un percorso con tiri

Tiro con l’Arco:O ltre 40 anni dal Mondiale

attraverso i laghetti, tiri con difficoltà di luce e su e giù per le piccole collinette artificiali.

Rappresentavano l’Italia nello stile libero maschile: Ferrari, De Thierry, Oddo e Da Poian, nel femminile: Ida Da Poian, nell’arco nudo maschile: Massazza e Bolla. L’arciere più forte nel mondo di quegli anni, l’ameri-cano John Williams, non ebbe problemi a conquistare l’oro nello stile libero. Nell’arco nudo le due medaglie d’oro andarono allo svedese Berggen e Grandquist.

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Ida da Poian degli Arcieri del Piave si piazzò quinta nel mondiale e terza nell’eu-ropeo conquistando il bronzo, prima me-daglia a livello europeo vinta da un’italiana.

La Compagnia Arcieri a ricordo dell’even-to, a 40 anni di distanza, nel 2012 ha orga-nizzato sempre nella Villa, una gara “Hun-ter & Fild” 12+12. La giornata ha avuto un grande seguito di pubblico tanto che l’or-ganizzazione si stà preparando per un altro evento sempre in Villa. W. S.

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MUSICA

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il coro italiano che ha tenuto più concerti all’estero, come dimostrano i tour in Francia (ottobre 2014), Inghilterra (aprile 2015), an-cora in Francia (maggio 2016) e l’ultimo tour in Inghilterra a novembre 2016.

Nel dicembre del 2015 hanno aperto i concerti degli HARLEM GOSPEL CHOIR, primo coro gospel in America, a Udine al teatro Giovanni da Udine e a Trieste al Po-liteama Rossetti.

L’anno scorso hanno registrato un nuovo CD agli Angel’s Wings Recording Studios di Pantianicco (UD) e uscito a fine novembre dello stesso anno ha riscontrato immediata-mente un grande successo esaurendo tutte le copie stampate nell’arco di un mese. Nel lavoro discografico sono contenuti tre brani inediti composti dalla direttrice e dai musici-sti della band: ben due di essi hanno ricevu-to un riconoscimento a livello mondiale agli “Akademia Music Awards” di Los Angeles. Il brano “The Spirit of Love” è stato premia-to come miglior brano gospel del mese di dicembre 2015 e “Up” come miglior brano gospel nel mese di febbraio 2016.

Il messaggio degli Harmony Gospel Sin-gers è una musica che parla al cuore di tutti e la loro missione è quella di accendere una

scintilla nell’anima delle persone. Gli Harmo-ny Gospel Singers eseguono i loro concerti come delle performance totali in cui sono presenti suoni, voci, gestualità, predicazione, danza liturgica e coinvolgimento del pubbli-co. La loro performance è energia ritmica e spirituale, «call» e «response» sono l’energia che vuole coinvolgere tutti, tanto chi canta quanto chi ascolta. La loro certezza è che il gospel ha un «healing power», cioè una capacità di aprire il cuore e la mente delle persone, di far provare loro esperienze che normalmente non vivono e di coinvolgerle in un processo di trasformazione interiore che non segue mode. Il loro stile non lo riduco-no alla sensibilità e ai gusti europei perciò non «snaturano» l’essenza del gospel e non rinunciano a veicolare un messaggio di libe-razione.

Anzi, credono che il gospel sia qualcosa di più grande di loro stessi e che per essere gioiosamente donato a tutti, debba essere conosciuto, amato e fedelmente veicolato.

Presentano un programma musicale tra i più ricchi del panorama gospel nazionale, con una cura particolare nel coinvolgere il pubblico durante la performance, grazie agli interventi del loro preacher, Cristian Barel. E’ grazie a lui e ai suoi interventi mirati che durante i concerti si crea l’interazione con il pubblico. Propongono diverse tipologie di concerti, nei quali la musica diventa il mezzo per divertirsi, riflettere, condividere, emozio-narsi... un’esperienza indimenticabile che tocca il cuore di tutto il pubblico.

Per chi volesse vederli dal vivo li può ascoltare in uno dei loro concerti del CHRI-STMAS TOUR 2016-2017: • 03.12.2016 Ca-sier (Treviso), Chiesa di San Vigilio Frazione Dosson • 15.12.2016 Jesolo (Venezia), Pala Arrex, apertura del concerto Harlem Gospel Choir • 16.12.2016 Treviso, Teatro Sant’Anna Alcuni • 17.12.2016 Treviso, Teatro Sant’Anna Alcuni, matinée per le scuole • 18.12.2016 Precenicco (Udine), Auditorium Comunale • 22.12.2016 San Donà di Piave (Venezia), Teatro Metropolitano Astra • 23.12.2016 Udine Terminal Nord • 06.01.2017 Pavia di Udine (Udine), Chiesa di San Martino Frazio-ne Percoto • 07.01.2017 Manzano (Udine), Chiesa di Santa Maria Assunta • 14.01.2017 Montegrotto Terme (Padova), Palaberta •

Potete seguirli su facebook: Harmony Go-spel Singers oppure sul sito www.harmony-gospelsingers.it

Moni Zinu

Si è concluso da poco e con grande suc-cesso il tour in Inghilterra per il coro gospel Harmony Gospel Singers e appena rientrati hanno subito iniziato il tour di Natale che li vede protagonisti con concerti in tutto il tri-veneto. Il coro nasce nel 2003, fondato da Stefania Mauro che ne è anche la direttrice. Nata a Londra diplomatasi alla Royal School of Music e profonda conoscitrice della mu-sica delle chiese afroamericane. E’ grazie alla sua grande passione e dedizione che gli Harmony Gospel Singers possono vantare un repertorio piacevole, ricercato e in linea con le tendenze della musica spirituale afro-americana.

Ben trentacinque sono i coristi che com-pongono gli Harmony Gospel Singers e sono accompagnati dalla loro band di quat-tro musicisti. Conosciuti in tutto il Paese han-no all’attivo più di trecento spettacoli e sono

Harmony Gospel Singers:una musica che parla al cuore

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RIFLESSIONIDICEMBRE 2016

Strane B estie votanti

il 2016 è stato anno elettorale. Referen-dum, fusioni, Sindaco, ballottaggio, Costi-tuzione; questi solo per citare il minimo sindacale.

Chi ha figli ha votato rappresentanti di classe. Al lavoro i rappresentanti sindacali. I presidenti delle associazioni, voti ai siti, alle connessioni telefoniche, ai servizi in-ternet.

La smania di tutti quelli che in qualche modo si “offrono” o offrono “qualcosa” sta raggiungendo livelli parossistici. Vai ad un corso e ti fanno compilare il foglio di “va-lutazione” che i modaioli chiamano “fee-dback”.

Tutti chiedono il tuo parere. Tutti si prodi-gano per essere vicini alle “tue esigenze”. Vogliono accontentarti, lusingarti, cocco-larti... comprarti per essere comprati. poi ci sono i “votanti”.

Gente strana. Scostante. di alterni umori e profili non distinguibili.

Bastiancontrari. Spiazzanti. Innervosenti.Credi di conoscerli. Allora tu,che cerchi

consenso, costruisci domande fatte appo-sta per le tue risposte. E magari proponi un referendum per la unione sacrosanta di due comuni che nei fatti sono uniti da decenni. E lo fai rispettando le regole di chi queste fusioni ne ha fatto un cavallo di battaglia. E dici; -vinco facile- Sbagliato.

Senza un perchè ti trovo a lottare con-tro quelli che le fusioni le hanno volute e

pagate che adeso però, siccome non le fanno loro, votano contro. E vincono.

E siccome non sono stupidi sono certi che ormai, vinta la battaglia, vinta la guer-ra.

Si preparano al trionfo. Piazzano, con promessa di vincita facile, un buon uomo sul trono del re che accetta di malavoglia di metterci la faccia e si avviano trionfanti a ricevere il censo dalle urne.

Poi si accorgono che forse vincere una battaglia non ha nulla a che fare con la guerra. Che in mano non avevano ne “sac-co” nè tantomeno il “gatto” e si accorgono che la famosa URNA dice qualcosa di lon-tanamente diverso dalle loro illusioni. E si fanno cattivi. Cercano rivincita. E perdono ancora. E si chiedono come mai, il popo-plo, che erano certi li avrebbe preferiti in virtù della loro immancabile perfezione e incrollabile fiducia nella loro superiorità li abbia bocciati. Sbigottiti.

E lo spumantino torna nel frigo.-Ci rifaremo!-L’inverno porta poi freddo e veleni. E

URNE.Nooo...ancora! Si, perchè un lungagno-

ne sovrappeso dall’accento toscano ha deciso che l’italico umano deve esprimer-si per dire che SI, gli va bene che la costi-tuzione venga stravolta.

D’altra parte, pensa, ho fatto le prove in Friuli Venezia Giulia e sono andate benis-

simo.Abbiamo cam-

biato lo statuto, abolito le province, reso inutili quei quattro sindaci starnazzanti. Tutto dice che non ci saranno problemi. Ma poi qualcuno gli fa presente che la riforma calata sui friulve-netogiulia è tutt’altro che gradita e non è per nulla passata.

E si preoccupa. URLA, grida, dichiara, pervaso di onnipresenza. Strepita, viaggia, mangia, Obama.

Niente da fare. Arriva il 4 dicembre e gli passa sopra un treno di NO!

Eppure era certo. Non aveva dubbi.Le bestie votanti hanno ancora una vol-

ta tradito.Credi di conoscerle. Allora tu,che cer-

chi consenso, costruisci domande fatte apposta per le tue risposte.

Ma loro ti fregano.E se forse il popolo non fosse così idio-

ta come vorrebbero dipingerlo?Se davvero sapesse benissimo cosa

deve votare quando gli si chiede un pa-rere? Fosse una fusione, un Sindaco o un referendum Costituzionale?

Temo sia proprio così. Fatevene una ra-gione.

La RAGIONE di chi vota.

Silvestro del Tagliamento

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BUONE FESTEA uguri danno, ma piuttosto tra Capodanno e Na-tale.

Alla mia collega, che merita più ferie di me, auguro un buon Natale e una tranquilla settimana di riposo.

Un ottimista sta in piedi fino a mezzanot-te per vedere l’Anno Nuovo. Un pessimista sta in piedi fino a mezzanotte per essere sicuro che l’anno vecchio sia passato.

Lavoro solo un giorno all’anno. Ma gli altri 364 giorni mi tocca passarli con la Befana!

31 dicembre: Giornata Mondiale del “Che cosa fai tu stasera?”

Non sarebbe un Anno Nuovo se non avessi dei rimpianti.

Una volta tanto, a Natale, anziché chie-dere, fatevi togliere qualcosa: un po’ di aci-dità, un bel po’ di cattiveria e tanta invidia.

Sono così sfortunato che se faccio il tre-nino di capodanno sale il controllore.

Treninitalia informa che i trenini dei fe-steggiamenti di Capodanno si terranno il 2 gennaio. Ci scusiamo per il disagio.

Il 2016 è stato l’anno in cui ho comincia-to a lavorare. Il 2017 potrebbe essere quel-lo in cui finalmente mi pagano.

In questi giorni di festa un pensiero va a chi è meno fortunato. Gli ASTICI.

Il Natale è come un giorno in ufficio. Tu fai tutto il lavoro di cercare i regali e il tipo grasso con la tuta si prende tutti i meriti.

Sai di essere cresciuto quando nessuna delle cose che desideri per Natale può es-

sere acquistata in un negozio.L’adulto non crede a Babbo Natale. Ma

lo vota.Per il settimo anno di seguito mia suo-

cera è venuta da noi a Natale. Quest’anno abbiamo deciso di essere buoni. La faremo entrare.

Aspetto ancora i regali che avevo chiesto nella letterina del 1991, 1992 e 1993 ma non mollo, forse Babbo Natale viaggia con Trenitalia.

“Sai una cosa? Presto avremo un bam-bino”. “Scherzi?”.“No, avremo proprio un bambino: me l’ha detto il dottore, è sicuro. Sarà il mio regalo per Natale”. “Ma a me bastava una cravatta!”.

Il problema dall’avere un albero di Natale in casa è rendersi conto che persino lui ha più palle di te.

Da un punto di vista commerciale, se il Natale non esistesse bisognerebbe inven-tarlo.

È Natale ogni volta che sorridi a un fratel-lo e gli tendi la mano;

ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare un altro;

ogni volta che volgi la schiena ai princìpi per dare spazio alle persone;

ogni volta che speri con quelli che sof-frono; ogni volta che conosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. Natale è ogni volta che permetti al Signore di amare gli altri attraverso te…

Il Terrone

Gentili lettori di Forte e Chiaro, dopo gli articoli “seri” dei precedenti numeri, per l’ultima edizione dell’anno, in occasione delle Feste di Natale e anno nuovo, vo-glio segnalarvi delle perle di saggezza e di umorismo che ho scavato nel web. È una personale selezione di citazioni di perso-naggi noti e meno noti, di cui non riporto i nomi, e che sono certo troverete divertenti ed interessanti. È il mio modo di augurare a tutti un Buon Natale e formidabile 2017.

Non importa cosa trovi sotto l’albero, ma chi trovi intorno.

La gioventù è quando è permesso di re-stare alzati fino a tardi la vigilia di Capodan-no. La mezza età è quando si è costretti.

La storia dei Re Magi ci insegna che due regali di Natale su tre fanno cagare.

Tutti che aspettano il 2017. E se uscisse il 2016 bis?

Per me la vigilia di Natale è copiare e in-collare “grazie, anche a te”.

Nasci - Credi a Babbo Natale - Smetti di credere a Babbo Natale - Devi vestirti da Babbo Natale -Inizi ad assomigliare a Bab-bo Natale – Muori.

I creatori del “Il 2015 sarà l’anno della ripresa” e “Nel 2016 finirà la crisi” presen-tano “2017, adesso sì che è l’anno buono”.

Non si diventa grassi tra Natale e Capo-

grandi Novità

Riscopri il PIACERE di

VESTIRE le tue CURVESonia Vi augura delle strepitose festività

VIAGGIDICEMBRE 2016

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Avete presenti quelle sfere con la neve che vendono nei negozi di souvenir? Vi posso assicurare che passeggiare nella città vecchia di Innsbruck è esattamente come entrarci dentro e danzare sulle canzoni na-talizie. “...Jingle bells, jingle bells, jingle all the way...” A spasso in una cartolina, con il Tettuccio d’Oro sullo sfondo e gli addobbi in ogni angolo. Potreste perfino perdere la cognizione del tempo e ritrovarvi a fischiet-tare dolci melodie quasi dimenticate.

In questo caso... “Benvenuti”... nel regno del buon gusto chiamato Innsbruck. Dove, a Natale, ogni cosa è illuminata e dove, abi-tanti e turisti provenienti da tutto il mondo, si incontrano per godere l’inconfondibile atmosfera. Con tutti i sensi allertati a car-pirne segreti e profumi. Mi raccomando però. Non perdetevi la “Via delle fiabe”, la “Via dei giganti” o il “Calendario dell’Av-vento vivente”, né i secolari mercatini na-turalmente. Personaggi magici alle finestre vi indicheranno il cuore pulsante di questa città, piccola sì, eppure ricca di arte e di quelle magiche attrazioni che non passe-ranno mai di moda.

Se poi sentite scattare quella voglia di luce e di “mai visto ancora”, allora dovete andare a Wattens, un paesino vicino a Inn-sbruck, che vi aspetta - e da ben 111 anni - con il suo “Swarovsky kristallwelten”, il museo Swarovski che, da poco, è stato completamente ristrutturato e arricchito di inimmaginabili attrazioni di luce. Vedrete un bianco giardino su cui un gigante dagli occhi di cristallo troneggia. Fin dall’ingresso sarete accolti in un luogo incantato, dove i bagliori del cristallo regnano sovrani. Vi aspettate cristalli in bacheca? Niente di tutto questo. Piuttosto un museo d’Arte Moderna dove i cristalli sono i protagoni-sti. A sprizzarli in abbondanza ci pensano l’enorme lampadario, il più grande prodotto al mondo, e la parete con fiabesche instal-lazioni luminose da lasciare a bocca aperta. Vi sarete così meritati il passaporto per il Mondo sotterraneo delle meraviglie, dove sapienti creazioni di rinomati artisti interna-

Innsbruck e M ondo Swarovsky... dove il Natale accende i cristalli

zionali sono fuse nello stesso incantesimo.Una stanza dopo l’altra, in un “Tutto sfa-

villante” fino al sorprendente Duomo, dove vi sembrerà di entrare in un gigantesco cristallo con cinquecentonovanta specchi che riflettono la vostra immagine, una pa-rete di cristallo di undici metri e un vortice di colori e suoni. Nel Teatro di Cristallo vi attendono personaggi che la vostra fanta-sia sarà ben felice di risvegliare.

E ancora ambientazioni scintillanti di luci, musica, colori e riflessi, prima di scoprire il più grande negozio di Swarosvki, il Cry-stal Stage. Ma, udite udite, in mezzo a luc-cicanti oggetti super costosi - e guardarli non costa nulla - ne trovate molti a portata di “tasca”. Per concedervi il dono dei vostri sogni. Ma le sorprese, si sa, non vengono mai sole. Un invito “a corte” arriva da una città piccola per dimensioni ma grande nel prestigio. E’ pittoresca, ha radici medievali e profuma di sale, il suo oro bianco.

E’ Hall in Tirol che con naturalezza vi mo-strerà orgogliosa il suo centro storico stile bomboniera con il municipio che si spec-chia sulle cime innevate. Non lasciando al-tro spazio che agli auguri di un felice Natale

“Happy Christmas” in tutte le lingue del mondo. Anche nella vostra.BUON NATALE da

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A PASSEGGIO PER IL MONDO Z anzibar... l’isola delle spezie dove l’oceano respira

Sul fianco destro dell’Africa si appoggia l’isola di Zanzibar il cui nome deriva da “Zengibari” o Terra dei neri. Un milione di abitanti che parlano lo Swaily, l’arabo e l’in-glese. Alcuni anche cinque, sette lingue. Persone che sorridono sempre, perchè il poco che hanno per loro è il giusto. Gli zanzibarini sono amici, si aiutano, non fanno differenze. “Hakuna matata” è il loro motto. “Non c’è problema, non preoccuparti” e “Pole Pole” “Piano piano”, “Poa” “Bene”. Qui l’Oceano indiano inspira ed espira ogni sei ore, cambiando fisionomia. Per sei ore si ri-trae lasciando all’aria la sabbia di borotalco e per altre sei ore riempie d’acqua i polmoni azzurri. Sparisce e ritorna, come viandan-te che smarrisce la strada e poi la ritrova. Candido borotalco quando inspira. Calda piscina verde smeraldo quando espira. Si-glando il ritmo eterno del tempo. Masai e Beach Boys, in gran quantità ma simpatici, vi passeggiano salutando i turisti. Impossibile non rispondere al loro cenno. Impossibile non farne conoscenza. Mauro Bravo, Mar-co Simpatico, Simba... sono alcuni dei loro nomi, ripetuti con gesti cortesi e richiesta di comprare nei loro negozietti. Cosa impos-sibile da non fare. Ogni sfumatura d’ebano è in passerella. Profumo di spezie, passeri, merli in concerto, piccoli uccelli verde-giallo indaffarati a costruire nidi. Case di fango o di mattoni, i “Dadala“ o autobus dove si carica di tutto. Fin che si sta. Ovunque tanta cordia-lità nel “Jamboo mambo” “Ciao, come stai?”

Un tuffo in un mondo a parte sono i villaggi dalle case di fango e, quelle dei benestanti, di mattoni, messi uno sull’altro in base ai soldi a disposizione. E le scuole. Dove si studia e si impara con niente ma con la mente fervida, attiva, sveglia. 50 bambini per ciascuna insegnan-te che educa senza strumenti, solo con la voce, il canto, la passione. A bambini attenti e felici. Di prima mat-tina, occhi a distesa libera vogliono partorire il sole. Nel passaggio dalla notte al giorno, nuvole nere e ag-grovigliate gli fanno coperta scura. Lui esce con braccia di luce in ma-nette. Le nuvole gliele tagliano. Lui fa breccia dalla loro testa di mostri imbiancando il mare. Sembra soc-combere ma per poco. o Spinge di nuovo. Invano. Non si arrende. Ri-tenta. In una lotta contro le ombre. Sembra arrendersi a una giornata di oblio. Nuvole arrabbiate gustano la vittoria e riposano. Ecco allora il suo rifarsi strada verso la luce. Spin-ge, spacca, scuote e, come guerrie-ro all’ ultimo sangue, corre rimbalza. Ce la fa. Il suo calore arriva sulla pel-le. Non lo si vede ancora ma c’è. Dietro la prigione di nera bambagia.

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Cin cin a tutti!

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TRADIZIONIDICEMBRE 2016

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Soi lât a ciatâ Berto e Gigiute, che an cualchi an di plui di me, par rinfrescjami da lis tradizions di Nadâl.

Vin cjacarât da lis funzions religjosis, come la novene dal “Missus” che si cjan-tave nûf diis prime dal vincjecinc. La mese, no si la faseve a miegje gnot ma a lis cinc di matine, clamade “ad matutinum”. Noal-tris fruts jevavin volenteir a chestis oris, an-cje par podê viodi ce che tês scarpis, mi-tudis sul barcon, l’ucelut al ves lasât. (No si viodeve le ore di deventâ plui grancji par vê lis scarpis, çuculis o se no scarpez cun misure plui abondante). Il mangjâ di che sante zornade al jere il cjapon (gjal cjastrât in primavere) che al vignive, une part, le-sât par fa il brôt e une rustît in te tecje, come dols e vignive fate la crostade cu la marmelade fate in cjase (piarçui, miluç, fîcs, sespis e moris). Il brôt al vignive dât ai omps une ore prime di gustâ, a lu metevin in tune scudiele e lôr, no contents, cuinza-vin cun tant pevar, formadi gratât e mieç taj di vin neri. Il dopo misdî a lavin a puartâ i salûs ai parincji o al contrari. La cene a jere cun brôt e fidelins e ce ca vanzave dal misdî. Dopo cene, si metevisi devant il presepi e si cjantave lis pastorelis prime di la a durmî.

Us ai contât dal ucelut che a la Marie i veve lasât un miluç e un bombon, cunt che je lade a viodi i dîs a le mari: - Ma chel miluç culî, no isiâl compagn di chel ca lè tal camarin? - La mari no saveve ce rispuindi, cu la miserie che jere. Po’ il bam-bin Gesù al a cjapât il puest dal ucelut e ancjemô, plui indevant, il Babbo Natale.

Come che podeis viodi il dopo, di mise-rie simpri di mancul. Si scomensave za, i grancji, domandai ai fruts se fra seis diis a vuelin lâ cun lôr. Come al solit il frut al domandave : - In do la ? - La rispueste e jere : - A puartâ vie l’ultin e compagnâ in ca il prin! - Cheste e jere television!!!

P.S. Se voleis contami alc [email protected] Paolo Bortolussi

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Nadâl

“Nel calendario, con i suoi immutabili anniversari, si riconosce una garanzia per ciò che verrà. Quando tutto va in pezzi, il calendario con i suoi giorni particolari, re-sta l’unica e l’ultima sicurezza”

(E. Canetti)Il periodo del Natale conserva ancora

oggi, in certi territori soprattutto, come il nostro atavico Friuli, le caratteristiche di una “festa lunga e magica”, un periodo di tempo che resta sospeso, che ha tratti arcaici, unitario e organico detto appunto “delle dodici notti”.

È incredibile infatti come, nonostante la modernizzazione forzosa di cui siamo at-tori e complici nostro malgrado, la tradi-zione persista, intrecciata e talvolta confu-sa, con le esigenze e le contraddizioni del mondo di oggi; come, in fondo, il Natale esprima in maniera calzante le necessità emotive di ogni tempo: le difficoltà del cambiamento, del rinnovamento, della tra-sformazione, del crescere volendo forse rimanere bambini, protetti e sicuri. I dodici giorni che vanno infatti dal 25 dicembre al 6 gennaio sono così i giorni che tra-sformano l’inverno, buio e ingrato, in un dilatato rituale di espulsione del negativo,

di propiziazione e di sollecitazione della fecondità. Come in qualunque rito di

passaggio, si chiude un ciclo e se ne inizia un altro, il tutto fra pronostici, prodigi, manifestazioni che mirano a rinsaldare i legami all’interno di un gruppo sociale.

A natale, quindi, potranno acca-dere cose che normalmente non accadono: “gli animali parlano e vi

è chi ne intende il linguaggio, i fiori sbocciano sotto la neve,

nelle fontane l’acqua si muta in vino”... le briciole

del pane non si secca-no, i morti si agitano... (B. Chiurlo, Antologia della letteratura friulana, Udine

1927). In questo periodo dell’anno il divi-no si fa più vicino all’uomo e si manifesta sotto varie forme: la vecchia Befana, l’er-rante luminosa Santa Lucia, il canuto San Nicolò.

Durante questi 12 giorni il vecchio tem-po si consuma e viene fondato un tempo nuovo, occasione essenziale di conso-lidamento della coesione all’interno del gruppo umano: i meccanismi del control-lo sociale saranno rafforzati se i loro fon-damenti verranno riproposti al momento dell’inizio del tempo nuovo. Il momento dell’inizio è fondamentale per riconosce-re il destino futuro e, se necessario, for-zarne il corso: la magia del primo giorno (Cossar, 1932).

Con l’Epifania “termina il ciclo festivo che ritualizza il passaggio dal vecchio al nuovo anno e per il mondo contadino incomincia il tempo del Carnevale. Inizia cioè il lungo periodo delle feste mobili do-minate dalla Pasqua” e articolato sul ciclo lunare. (Piercarlo Grimaldi, Il calendario rituale contadino, Franco Angeli, Milano 1993).

Luisa Chiap

Le DodiciNotti

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Nell’anno 2000, all’età di ottant’anni, moriva Andreina Nicoloso Ciceri, una del-le più grandi studiose della cultura friulana di tutti i tempi.

Con queste parole significative la ricor-dava il dottor Lorenzo Pelizzo, allora diret-tore della Società Filologica Friulana, nella presentazione del celebre ed impareggia-to compendio antropologico, frutto delle appassionate ricerche della professoressa Ciceri, Tradizioni popolari in Friuli: Par nô e jere la “Siore de Filologjiche” ma al sarès miôr dî che Andreina Nicoloso Ciceri e jere la “Siore de culture furlane”, di dute la culture furlane: chê alte e chê popolâr, chê leterarie e chê antropologjiche. Cirî cjartis intun archivi e scoltâ lis contis e lis vôs dai informadôrs a jerin dôs ativitâs comple-mentârs di une sole ricercjie.

Durante la loro appassionante vita di studi, ricerche e bellezza, i coniugi Ciceri avevano raccolto con gusto, competenza e soprattutto amore, una notevole quantità di preziosissimi testimoni della cultura au-toctona, prove documentali del vissuto di tutto il nostro territorio, che con lo stesso amore leale, onesto, rispettoso e disinte-ressato – qualità eccelse che li contraddi-stingueva peraltro come persone – hanno poi donato a diversi Istituti e Musei alla loro morte.

Solo per citare alcuni di questi favolo-si lasciti desidero ricordare che, in vita, Andreina Ciceri, dopo la scomparsa del marito, donò nel 1985 ai Civici Musei di Udine il gruppo di 28 statue lignee, quindi al Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Tolmezzo la raccolta dei ritratti popolari, al Museo Civico di Pordenone le ceramiche e al Museo Diocesano di Arte Sacra di Udine i vetri devozionali dipinti.

Si tratta di notevolissime raccolte archi-vistiche, documentarie, letterarie, artisti-che ed etnografiche donate ai fini esposi-tivi e di studio.

L’importanza della collezione affidata ai Civici Musei, solo per citare la forse più nota, si evince dalla ricchezza, comple-tezza ed eterogeneità degli oggetti che la costituiscono. Essa, accanto al cospicuo gruppo di sculture lignee e di dipinti, tra cui due preziose opere di Nicola Gras-si, ora restaurate, presenta una tipologia amplissima di oggetti legati alle tradizioni culturali, religiose e alla vita quotidiana in Friuli.

Le espressioni della religiosità popolare sono largamente rappresentate da una serie di reliquiari, scapolari, stampe ed og-getti devozionali, veli da calice ed ex voto. Vanno segnalati inoltre gli oggetti legati ai gesti del vivere quotidiano e al lavoro femminile. Di rilievo arredi e complementi con un patrimonio mobiliare di notevole valore per la storia del Friuli. Non vanno dimenticati, inoltre, l’archivio documenta-rio e fotografico. Ma non va neanche di-menticato il dono fatto alla Filologica che, dopo averla proclamata propria Regina, rifiuta con un gesto scellerato e di profon-da ignoranza un raro ed inimitato oggetto d’arte del XVII secolo che avrebbe valoriz-zato il Palazzo Mantica.

Si tratta del magnifico pozzo dei Ca-poriacco, da molti ambito, che la profes-soressa Ciceri dal suo letto d’ospedale presso il Policlinico di Udine, il 15 maggio dell’anno della sua dipartita, dichiarava (come da trascrizione testamentaria): “De-sidero che il pozzo di Caporiacco, che sta nel mio cortile, sia portato in quello della Filologica”.

Tuttavia alla Società Filologica poco è interessato il valore di questo gesto, tanto che allo splendido pozzo è stato preferito un parcheggio. È dunque questo tutto il lustro e il rispetto che si può elargire alla propria “Regina”?

Ma io mi domando, se non ci fosse stata la professoressa Ciceri, chi si ricorderebbe del Friuli? Chi mai ne saprebbe ricostruire le storie, le tradizioni, gli usi, i costumi, i misteri, gli arcani rituali...

Non se ne saprebbe nulla o molto poco e soprattutto non ci sarebbe nulla di do-cumentato, solo ricordi di racconti smarriti fra i venti del tempo.

Una stolta quanto imperdonabile distra-zione, il non aver compreso che il dono del pozzo non era solo il dono di un og-getto di valore artistico, ma era il dono di un simbolo fondamentale che avrebbe dovuto rappresentare il lavoro della Filolo-gica: il pozzo della cultura friulana!E, giac-ché la cecità culturale è un male contagio-so, la storia si sta in questi mesi ripetendo, con esiti però ben più gravi ed esecrabili.

Mi riferisco a quello che mi vedo costret-ta a definire uno stupro, lo stupro di Villa

NO AL POZZODICEMBRE 2016

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Oltraggio alla“Regina della Filologica“

Ciceri a Tricesimo. Anche in questo caso la volontà testamentaria era stata chiara e inequivocabile: lo stesso ex sindaco Vat-tori ricorda di aver firmato, all’epoca, l’av-venuta lettura e preso atto del documen-to. «Firmatari - aggiunge - furono anche Giuseppe Bergamini, in qualità di direttore dei Musei civici di Udine, e il compianto Manlio Michelutti, presidente della Società Filologica Friulana».

Vattori rimarca le sue affermazioni ricor-dando che Andreina Nicoloso Ciceri «nel testamento dice che lascia al Comune di Tricesimo la villa e la dipendenza e la tom-ba di famiglia, più i campi non venduti o assegnati ad altri, e che la villa deve servi-re a fare una bella biblioteca che si chia-merà Andreina e Luigi Ciceri e che, alla stessa biblioteca, vanno tutti i libri e anche i mobili dell’attuale studio affinché restino i ritratti di famiglia».

Tuttavia l’amara scoperta fatta in un recente sopraluogo ci restituisce una vil-la abbandonata, disadorna, spogliata dei mobili, delle suppellettili, dei gioielli e so-prattutto dei libri...

Il sopralluogo è stato effettuato sabato 12 novembre da alcuni membri del Comi-tato per Villa Ciceri, dal direttore di Forte & Chiaro, Lucien Zinutti e dalla presidente del Club Unesco di Udine, Renata Capria D’Aronco, i quali riferiscono: “Non vi è un controllo dei visitatori, una volta entrati nessun occhio può vedere cosa accade, pare perciò credibile quanto si racconta e cioè che alcune persone hanno assistito al triste spettacolo dello strappo di stampe e carte geografiche dai volumi antichi di cui ora restano tre miseri scatoloni buttati per terra”. Perchè tanta noncuranza, perchè tanti, troppi sono rimasti indifferenti dinan-zi a questo fatto?

Siamo di fronte a un atto grave: la man-cata custodia di beni culturali importantis-simi donati attraverso un chiaro ed inequi-vocabile lascito testamentario.

La donazione è un atto vincolante, a meno che non venga fatta esplicita rinun-cia. La volontà testamentaria è imprescin-dibile.

La comunità ha inoltre il diritto di co-noscere le sorti del tesoro che la villa custodiva al momento della donazione. I

“Parcheggio” della Corte di Palazzo Mantica senza il pozzo

Auguri di Buone Feste

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TRADIZIONIbeni contenuti non sono stati debitamente catalogati? Soprattutto i libri, merce così facile da “scambiare”.

Sarebbe opportuno e doveroso che chi è attualmente responsabile di questo la-scito informi la comunità e tutti coloro che avrebbero da tempo dovuto fruirne sulle condizioni di tutti i beni, come i campi, che dovevano servire ad ampliare gli spazi conservativi della villa.

Sul futuro della villa già nel 2015, alla luce della notizia della scelta dell’ammi-nistrazione comunale di utilizzare per la casa di riposo “De Pilosio” il contributo regionale di 1.800.000 euro destinato invece alla villa, molti cittadini si erano in-dignati.

Come riportato dal Messaggero Vene-to del 29 luglio 2016 le motivazioni del-la giunta «rispetto alla scelta di chiedere alla Regione una modifica del contributo» erano state definite esplicitamente «non esaustive».

La villa, per accogliere il centro cultura-le, richiederebbe interventi di manutenzio-ne e per il suo utilizzo era stato addirittura progettato un ampliamento necessario per riuscire ad accogliere lettori e libri.

Così il sindaco Mansutti ha emesso la folle sentenza: «L’immobile non si presta per accogliere una biblioteca e soprattut-to non è in grado di ospitare tutti i volumi presenti in quella attuale.

L’idea potrebbe essere quella di vendere lo stabile e, con i soldi ottenuti, realizzare la struttura in uno degli edifici che si affac-ciano su parco Ellero. Operazione realiz-zabile visto che nel lascito dei Ciceri non è specificato che la biblioteca debba essere allestita all’interno della villa».

Ma chi ha mai detto che la villa doveva rimpiazzare l’attuale biblioteca? E soprat-tutto, come evidenziato sopra, nello scatto fatto alla parte pregnante del testamento, è chiaro che la villa viene lasciata per ospi-tare “una bella biblioteca che si chiamerà Andreina e Luigi Ciceri. Alla stessa tutti i libri e i mobili dell’attuale studio”.

In sedici anni non abbiamo assistito a nessun atto onorevole che rispettase la volontà dei defunti riguardo questa parte del lascito. Ebbene, come si potrà riparare all’offesa arrecata alla memoria dei coniu-gi Ciceri?

Il 21 settembre 2016 si è costituito il Comitato per Villa Ciceri, avente specifico fine di onorare la volontà testamentaria di Andreina Nicoloso Ciceri, di evitare la vendita di Villa Ciceri, di perseguirne la valorizzazione pubblica e l’utilizzo a fini culturali.

Per chi desidera informarsi e/o ISCRI-VERSI: [email protected] https://www.facebook.com/comi-tatopervillaciceri Luisa Chiap

Gran Bretagna, l’inverno iniziava con Mar-tinmas, l’11 novembre, il giorno di San Mar-tino quando, coloro che avevano il dono della visione, potevano scorgere il santo stesso che cavalcava attraverso le praterie e i campi sul suo bianco destriero, mentre dal suo mantello si spargeva la prima neve della stagione.

Anche nel nostro meraviglioso Friuli, cro-cevia di popoli, teatro di battaglie ed eroi-che gesta, scrigno di arcane tradizioni, riti e narrazioni che si perdono nella notte dei tempi, anche qui si festeggia San Martino.

Non tanto come latore della prima neve, quanto generoso dispensatore di giorni caldi e soleggiati, l’estât di San Martin (ap-punto) a contrastare le prime gelate e a of-frire un po’ di consolazione prima del lungo e buio inverno.

Tanto tem-po fa, quando la vita dipen-deva dai cicli regolari di se-mina e raccol-to e il ritorno del sole signi-ficava l’inizio di un nuovo ciclo, non solo il Natale, ma tutti i giorni d e l l ’ i n v e r -no avevano qualcosa di magico e ve-nivano perciò trascorsi nella celebrazione di riti dedicati ai campi, per assicurare la salute di greg-gi ed armenti, l’abbondanza dei raccolti; e al focola-re con il suo fuoco conso-latorio e pu-rificatore per proteggere le case e dissi-pare le oscu-rità, quelle del mondo ester-no e quelle interiori.

In Francia, in Germa-nia, in alcune zone della

I G iorni dell’inverno magico

Martino infatti fu uno dei primi santi cri-stiani. In vita era stato talmente generoso da tagliare a metà il suo mantello per scal-dare un mendicante infreddolito e donare la coppa regalatagli da un imperatore al più umile dei suoi sacerdoti. Divenne anche per questo il patrono del vino e delle vigne.

Alla vigilia di questo giorno venivano ac-cesi dei falò e gli animali che non potevano essere nutriti durante l’inverno venivano macellati e le loro carni messe sotto sale.

Forse anche in ricordo dei più antichi sa-crifici invernali si cucinava il sangue versa-to ed era considerato un pasto di assoluto onore. Il giorno di San Martino insomma si celebrava con grandi banchetti e si beveva il vino della vendemmia appena conclusa.

Luisa Chiap

San Martino e il povero

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glio si sviluppò già dal XVII secolo e per tutto il secolo successivo ci fu una gran-dissima produzione di statue, con soggetti legati alla devozione popolare oppure con soggetti cosiddetti “di genere”, ad esem-pio mendicanti, viandanti e storpi vestiti di stracci e cappellacci.

Una connotazione davvero particolare per queste sculture se si vuole valutarle anche dall’aspetto antropologico valoriz-zando il folklore popolare locale. Il comu-ne di Ortisei ma l’intera Val Gardena sono luoghi speciali dai tempi e ricchi di storie al confine tra mito e realtà, documenti storici attestano che molti sono gli elementi pre-senti che riconducono a storie di streghe e tradizioni. Una rappresentazione scultorea la si potrebbe attribuire alla figura femmi-nile della mendicante o celata dietro alla viandante, il dettaglio richiama l’attenzione alla tipologia di abito scuro e lacerato che potrebbe ricondursi a tale mito. Documen-ti e racconti locali si fondono e la gente del luogo è rimasta legata emotivamente all’immagine di strega riconducibile all’an-ziana signora della scultura poi declinata nell’immaginario collettivo in figure dotate di scopa. Si racconta che poco fuori dal centro di Ortisei, in località Saltria è anco-ra vivo il ricordo che una tal comare vide, al passaggio di due anziane, trasformarsi il burro e diventare un topo. Racconti, sug-gestioni e stregonerie che oggi appaiono curiose ma che al tempo, data la mancanza

di mezzi e di informazioni, si trasformavano in opere raffinate. Questo si può esplicare anche negli intagli che spesso trovano di-verse interpretazioni e significati che non sono giunti a noi forse per timore divino o per scelta ma che si evidenziano e si colle-gano con peculiarità evidenti. Un territorio suggestivo, romantico e delizioso oltre che stregato. Esso genera le basi per uno squi-sito senso di raffinatezza ed eleganza dal tratto distintivo anche in sculture di soggetti ai margini della società del tempo ai quali merita dar luce per la meravigliosa arte che esprimono manifestata in opere di presti-gio locale come la mendicante o viandan-te. Queste opere oggi sono molto ambite ed apprezzate dai più raffinati collezionisti. In questo servizio vi presentiamo alcune di queste gustose sculturine lignee poli-crome e non, tutte del XVIII secolo, prove-nienti da questa magica valle. Furono quasi sempre realizzate utilizzando legni mallea-bili all’intaglio, ad esempio il pino cembro chiamato anche cirmolo, e dopo essere state scolpite venivano dipinte in varie cro-mie; la loro altezza variava tra 22 e 35\40 cm e venivano spesso realizzate in coppia.

Questo tipo di scultura non è circoscritta alla sola Val Gardena, ad esempio in Ba-viera troviamo diversi centri di produzio-ne. Anche qui i soggetti sono i più svariati (in foto ammiriamo le quattro stagioni), e molto particolari sono i volti realizzati in avorio o osso.

L’inverno, si sa, regala fiabeschi e candi-di paesaggi innevati e suggestivi tramon-ti che colorano di rosso fuoco le più alte cime delle Dolomiti, e che i pittori, come l’artista bavarese della foto, trasportano poi sulla tela. Da secoli i lunghi mesi inver-nali hanno favorito anche un’altra forma d’arte, la scultura lignea, che troviamo dif-fusa in tutta l’area alpina. Una vallata par-ticolarmente rinomata e dedita a questa arte è la Val Gardena e proprio per questa sua peculiarità è molto conosciuta anche oltralpe come “Grödental “. Qui, a Penco-ste, una frazione di Ortisei, l’arte dell’inta-

DICEMBRE 2016

Antichi Scultori della Val GardenaAlois Arnegger, inizio XX secolo - Olio su tela - Veduta di Kitzbuehel

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Anche sul versante oppo-sto della catena alpina, quello veneto, si realizzavano scultu-re in legno, con la differenza che qui i soggetti erano legati al clima culturale della repub-blica di Venezia: per esem-

pio il turco, che rimanda ai rapporti con Costantino-

poli, oppure figure ispi-rate alla commedia

dell’arte.Conclu-diamo

c o n u n a

scul tura tutta italiana,

molto più antica di quel-le mostrate fin’ora, a tema

devozionale, in legno poli-cromato, parzialmente dora-to, alta 42 cm. Rappresenta una giovane Maria stante, in atto di trastullarsi col piedi-no del piccolo Gesù, dal viso ovale incorniciato da lunghe ciocche bionde e inanellate ,

scriminate sulla fronte e ricadenti lungo le spalle, realizzate con particolare concisio-ne d’intaglio. Le gote sono rosee, le labbra minute e delicate, il naso diritto; le arcate

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sopracciliari evidenziano i piccoli occhi bruni. La postura solenne della Ver-gine riassume tutta la nostra nobile fede cristiana di cui andiamo fieri e orgogliosi. Questa volta si tratta di una scultura che ha un valore non solo decorativo, ma dal significato molto più profondo, legato all’importante contesto artistico toscano

del XIV secolo. L’autore potrebbe essere Alberto Arnoldi, documentato a Firenze dal 1351 al 1379. A lui sono attribuibili i basso-rilievi con i sacramenti che decorano, nel secondo ordine, il campanile del Duomo di Firenze, ed una lunetta con la Madonna e il bambino, conservata al Museo del Bar-gello. Lucien Zinutti e Tatiana Dereani

DOMENICA 4 novembre il gruppo subaru STI fans conqui-sta il pubblico di Vicenza! La fiera MONDO MOTORI SHOW ringrazia la presenza dei suba-risti e del loro show, presenza fondamentale e immagine visi-va eccelsa coreografate dalle loro Miss! Le SUBARU GIRL! Fotografate e apprezzate dal pubblico vicentino. Ricordiamo che l’organizzazione CODROI-PO MOTOR SHOW sta girando porta a porta per raccogliere le adesioni di tutti i commercianti codroipesi! Solo la firma di tutti puo fare il CODROIPO MOTOR SHOW! TUTTI insieme per un grande spettacolo!

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La canzone Sincerità vinse alla grande il Festival di Sanremo ma a guardar bene noi italiani stiamo diventando sempre più un popolo di furbetti pronti a dire bu-gie e falsità pur di raggiungere i nostri obiettivi.

In amore, sul lavoro, nei rapporti con gli altri ormai è comune il comporta-mento ipocrita di dire ciò che non pen-siamo solo per piacere o per ottenere

qualcosa. Una volta, non molti anni fa, un amico collega che ha fatto una bril-lantissima carriera mi disse:

“ho imparato da piccolo che è meglio non dire ciò che penso; adesso che ho una certa maturità ho capito ed impa-rato a dire, con convinzione, anche ciò che non penso.”

Tutto ciò è tollerabile, anche se depre-cabile, nel mondo privato e nei rapporti tra singoli, diventa inaccettabile quando a esercitare questa arte furba è un poli-tico che da uomo pubblico “dovrebbe” parlare ed agire con coerenza e sinceri-tà appunto, senza ipocrisie.

L’ipocrisia, come arte per avere con-senso, a lungo andare non paga. Solo le persone sincere sono diventati dei veri leader e degli statisti universalmente ri-conosciuti.

Ebbene per questo numero che ci ac-compagnerà al Santo Natale ed al 2017 dedico un mio personale auspicio, una richiesta dono da Babbo Natale.

Caro Babbo Natale visto che presto andremo alle urne per eleggere la futu-ra classe dirigente portaci in dono del-le persone da scegliere che non siano ipocrite, che non antepongono i propri personali interessi a quelli del Paese.

Lo so che tu fai doni e non miracoli, ma ti prego di provarci.

Ho sentito qualche giorno fa in TV che le prime due motivazioni delle per-

sone che si avvicinano alla politica sono nell’ordine:

1.scorciatoia per raggiungere una si-curezza economica

2.acquisire potereSiamo messi veramente male se le

cose stanno così. Perché tutti quelli che oggi siedono in Parlamento, anche se a parole sono per le elezioni anticipate, sotto sotto giocheranno e voteranno per non far cadere la legislatura prima che abbiano raggiunto il minimo sinda-cale per un vitalizio che riceveranno a 65 anni. Uscire di scena dopo così poco tempo e senza la certezza di essere ri-presentati dai capi partito getta nello sconforto tantissimi parlamentari, anche quelli dei 5 stelle che rappresentano i più giovani ed i più vulnerabili a questo sistema, con il loro futuro dipendente da un capo e da una rete web gestita da casaleggio.

Ed allora come ulteriore pensierino di Natale chiedo di portarci dei Leader degni di questo nome. Che sappiano scegliere i candidati da proporci. Quel-li passati si sono dimostrati tutti inadatti a ricoprire questo ruolo sbagliando co-stantemente nella scelta dei gregari e portando a Roma solo sudditi e persone appartenenti alla categoria del mio col-lega di sopra.

Auguro a tutti i lettori un sereno 2017

Il Terrone

EVENTIDICEMBRE 2016

Aspettando... Motor Show

p. max ©

p. max ©

Pensierini di... Natale

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CAMINO AL TAGL.TOICoscritti ricevono la Costituzione

Continuando una tradizione iniziata nel 1992, con il sindaco Primo Marinig, e sempre mantenuta in auge, il Sindaco Nicola Locatelli ha ricevuto in Municipio i diciottenni del comune, i nati nel 1998, facendo loro omaggio di una copia della Costituzione Italiana.

All’ incontro ha presenziato anche il Presidente di Sezione A.F.D.S, Illario Danussi, che ha illustrato ai coscritti la meritoria attività svolta sul territorio e l’importanza del dono de sangue. Presenti anche i Consiglieri Comunali Cristina Pilutti, Claudio Bravin e Bruno Ferrin. Per i donatori di sangue oltre il Presidente, la Vice-Presidente Monica Della Siega e il giovane donatore Matteo Frappa, che ha condiviso con i presenti, la sua positiva esperienza e soddisfazione nel donare il proprio sangue a chi ne ha bisogno. P.G.

La Mediazione familiare è quella professione che sostiene la coppia nel-la riapertura dei canali interrotti della comunicazione e nella riorganizza-zione delle relazioni familiari a seguito di separazione o divorzio.

I principi e le tecniche operative della Mediazione familiare trovano però applicazione in tutti i casi in cui si debbano trattare dei conflitti familiari ad alto contenuto emotivo. Può essere dunque utilizzata a scopo preventivo, curativo, educativo e formativo.

l fine della Mediazione familiare è favorire il dialogo e la comprensione, individuando quali sono le problematiche d’affrontare e gli interessi e i bisogni sui quali stimolare l’esplorazione di soluzioni accettabili.

Quanto al Mediatore familiare è un esperto in gestione conflitti, una per-sona con laurea in giurisprudenza o psicologia e che ha seguito un percor-so di specializzazione in Mediazione familiare. Se iscritto all’ A.I.Me.F. (As-sociazione Italiana di Mediazione Familiare) è soggetto alla riservatezza ad un codice deontologico, all’ aggiornamento e alla supervisione annuale.

Quanto alle competenze del Mediatore familiare si può dire che egli deve saper riconoscere il tipo di conflitto esistente tra i due soggetti, ca-pire con quali modalità la coppia litiga e affrontare il disaccordo; deve fare un’analisi del contesto, riconoscere valori e sentimenti, interessi ed esigenze delle persone che si rivolgono a lui al fine di capire se ci siano i presupposti per attivare una Mediazione.

Il suo ruolo non è quello di difendere né di giudicare, ma di accogliere le persone con i loro i punti di vista, le loro posizioni ed i loro valori, fa-cendosi garante dell’equilibrio di potere tra le stesse, ed eventualmente facendo emergere lo squilibrio esistente in modo che i soggetti possano prenderne atto e porvi rimedio.

Il Mediatore è quindi neutrale nei confronti delle persone, ovvero si astiene dal prendere una posizione in favore di una delle due parti, ed imparziale di fronte alle situazioni, ovvero rimane obiettivo e non favorisce per simpatia o interesse nessuno dei due membri della coppia.

Dott.ssa Maria Antonietta Canestrino www.mediazioni-civ-fam-canestrino.weebly.com

Cos’è la Mediazionefamiliare?

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R omeo Patatti

BERTIOLODICEMBRE 2016

Quando le antiche divinità go-vernavano il mondo, nel grande Nord Odino, il padre di tutti gli dei, attraversava i cieli inverna-li con il suo maestoso destriero per ricompensare i mortali che, in suo nome, avevano agito in modo onorevole.

Con l’avvento del Cristianesimo il nome di Odino fu sostituito da un personaggio avente le stesse caratteristiche e funzioni: San Ni-cola.

L’adozione, più o meno accet-tata da parte della Chiesa, del vasto complesso rituale pagano di dicembre-gennaio avvenne già nell’ambito del Cristianesimo an-tico, indicativamente intorno al IV secolo.

“Recuperi, adattamenti, sincre-tismi, prestiti caratterizzano non solo quella recente, ma tutta la storia delle tradizioni ruotanti in-torno al solstizio d’inverno, prima e dopo la cristianizzazione del dies natalis solis invicti.” (Gian Pa-olo Gri, I giorni del magico, LEG, Gorizia 1998). Nicola nacque in Medio Oriente presumibilmente nella città di Patana nella regione della Licia (attualmente in Turchia) attorno all’anno 270 d.C. da una famiglia nobile molto ricca.

Rimase orfano molto presto ed usò le proprie ricchezze per aiuta-re i più poveri. Divenne sacerdote nella città di Myra, sempre nella regione della Licia, dove in segui-to ne fu il Vescovo. Grandissime sono le doti ed i miracoli ancora in vita attributi a questo religioso.

San Nicola o Nicolò si festeg-gia sia il 6 dicembre, giorno in cui morì a Myra (antica città ellenica in Turchia).

Nelle zone di Trieste, Gorizia, basso Friuli, Istria e Alto Adige (zone ex Impero Austro-Ungari-co), permane il culto di San Nicolò che porta, doni, mandarini e dolci ai bambini al loro risveglio il 6 di dicembre. Dal culto di San Nicola nasce quello di Santa Klaus (ossia Saint Nikolaus) o semplicemente Babbo Natale, che viene festeg-giato tradizionalmente il giorno di Natale. Luisa Chiap

Da Odino aBabbo Natale

augura a tutti

Buone Feste

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SOCIALE

AssociazioneLa

Pannocchia

BancoA limentare Onlus:un aiuto per chi ha fame

Il 13 dicembre in molte località italiane e straniere si celebra Santa Lucia, la Santa della Luce. Quel giorno infatti era un tempo indicato nei calendari come solstizio d’in-verno, il giorno oscuro, dalla notte più lun-ga. Con la riforma calendariale il solstizio fu spostato al 21 dicembre, ma la festa di Santa Lucia permase.

In alcune città è Santa Lucia che ogni anno, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, porta i doni ai bambini che le hanno scritto una letterina.

Si racconta che Lucia fosse una bella nobile fanciulla siciliana, nota per la sua dolcezza ed amorevolezza che visse in un tempo in cui in Sicilia imperversava il paga-nesimo. Lucia si convertì al cristianesimo e rifiutò di sposarsi con il futuro sposo scelto dai suoi genitori perchè egli non era cristia-no e perché lei aveva deciso di dedicare la sua vita al Signore.

Questa decisione, però non venne rispet-tata dai famigliari della ragazza ed iniziò per lei una vera e propria persecuzione, con l’intento di farle cambiare idea. Quando fu certo che Lucia per nessun motivo non si piegava al volere altrui, né rinnegava la pro-pria fede, le vennero strappati gli occhi ed infine fu uccisa. Luisa Chiap

La L uce nelgiorno più buio

In questi giorni mi capita di pensare che, se si dovesse fare adesso una valutazione della gente, dei suoi principi morali, della qualità delle sue scelte di vita, forse si do-vrebbe temere che stia arrivando l’ora di un nuovo diluvio universale.

Il mondo in cui viviamo è sommerso da scandali e soprusi, furti legalizzati e non, danni irreversibili all’ambiente, agli animali, all’aria. I politici che, per loro preparazione professionale, dovrebbero occuparsi del benessere della popolazione, sembrano in grado di seguire solo il proprio tornaconto; e con le giustificazioni più assurde quan-do vengono scoperte le loro distrazioni di fondi.

Per fortuna ci sono anche tanti fatti po-sitivi che mi fanno riconciliare col genere umano. Io sono una volontaria e partecipo già da diversi anni alle raccolte del Banco Alimentare. In genere mi pongo all’ingres-so di un qualsiasi supermercato per spie-gare ai Clienti che entrano che c’è un gran numero di gente che ha fame, anche sul nostro territorio, ed è loro facoltà offrire qualcosa per alleviare questa emergenza. Non c’è nessuno così povero da non poter dare qualcosa, anche piccola, per chi sta peggio di lui.

E poi donare fa sentire meglio. La mia posizione mi permette di guarda-

re la gente che entra e scommettere con me stessa e un po’ di psicologia spicciola, quale sarà il suo comportamento. C’è la persona informata, disponibile e generosa che viene incontro per farsi dare biglietto informativo e sacchetto per partecipare alla raccolta, chi è timido e in un primo momen-to si schermisce e si allontana di qualche passo, salvo poi ritornare dicendo di avere poche risorse ma di voler offrire qualcosa ugualmente a chi sta peggio di lui.

C’è il titubante indeciso, un po’ sospet-toso, che chiede dove andranno a finire i prodotti raccolti visto che ha sentito che ci sono persone che vanno a vendere quanto raccolto, ma poi prende la busta da usare e prosegue con la spesa. Altre persone pas-sano davanti diritte senza rallentare, con lo sguardo fisso lontano, le labbra strette senza sorriso, negando qualsiasi contatto, anche visivo. Forse per non rinunciare alla propria dignità; possono essere disperati o indigenti loro stessi.

Alcuni dichiarano di aver già donato pres-so altri supermercati della zona. A volte ci sono extracomunitari che accolgono la busta per la colletta con un sorriso perché sono stati aiutati in passato ed ora vogliono ricambiare a loro volta, come dichiarano. Altre volte scherzano e in risposta alla ri-chiesta di offrire qualcosa, dicono: - Ho tre (quattro, cinque) figli; quale vuoi? -

Qualcuno dice: - Oggi no! - oppure - Ci penserò, forse. - o - Più tardi -.

I pensionati con una piccola pensione e pochi mezzi, a volte sono generosi anche con poco, a volte ostili. Tutto con un sorriso.

Gli altri volontari del gruppo si occupano di stivare i prodotti raccolti, compilare le schede e consegnare poi le varie scatole ai furgoni che le porteranno nei magazzini del Banco Alimentare per una successiva ridistribuzione. Un lavoro di gruppo con lo scopo di aiutare chi ha fame per ottempe-rare alle parole di Dio.

- Avevo fame e mi hai sfamato, avevo sete e mi hai offerto da bere, avevo bisogno di giustizia e mi hai aiutato. -

L’attuale crisi economica non è un episo-dio locale e basta, ma coinvolge milioni di persone nel mondo. La Caritas e le altre associazioni di volontariato che distribui-scono pasti gratuiti e/o alimenti, si trovano i magazzini sguarniti e tante persone da sfa-mare. E la fame dei bambini è ancora più dolorosa di quella degli adulti, perché im-pedisce loro di crescere bene in salute, di studiare, di vivere dignitosamente insieme con gli altri. Lisetta Bertossi

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BERTIOLODICEMBRE 2016

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L’ultimo fine settimana di settembre a Bertiolo si è svolta la tradizionale festa dei neo maggiorenni, quella che un tem-po, quando c’era il servizio di leva, veniva chiamata “coscrizione”. È un momento im-portante per i ragazzi di quell’età, perché festeggiano di fatto l’ingresso all’età adulta, con tutti i benefici e gli oneri che questo comporta. La sera del 30 settembre alle ore 18 tutti i ragazzi nati nel 1998 si sono recati in Sala consigliare, presenti il Sindaco Eleonora Viscardis e la giunta per la con-segna della costituzione. Presenti inoltre all’incontro il responsabile della squadra comunale di Protezione Civile, i presiden-ti delle associazioni Pro Loco Risorgive, AFDS, dell’ADO e dell’ADMO per esporre loro le attività di volontariato e di servizio sociale attive sul territorio dove questi ra-gazzi possono impegnarsi; alle ore 19 si

sono recati in Chiesa per la Santa Messa loro dedicata. Tutti i presenti si sono resi conto di trovarsi davanti una classe di “bel-le persone, di bei ragazzi” e, naturalmente, non ci si riferisce alla bellezza esteriore, che a 18 anni è qualcosa di scontato, ma alle loro personalità, al modo di comportar-si e di porsi, un bel gruppo di amici maturi e legati al territorio, non a caso per quella serata tutti indossavano una maglietta se-rigrafata con l’immagine dell’aquila simbo-lo della friulanità. Questi ragazzi però, loro malgrado, sono stati sbattuti sulle pagine dei giornali e delle tv locali come colpevoli di atti di vandalismo compiuti nella notte tra il 30 settembre e il 1 ottobre durante la loro festa. Come Sindaco mi preme stabilire due verità importanti che sono state falsate dai mass media:

1 - i ragazzi della classe 1998 non han-

Festa dei M aggiorenni Classe 1998

no commesso gli atti di vandalismo contro il patrimonio pubblico come è stato scritto, poiché quando sono successi i fatti erano in giro per le strade del paese per le “tradi-zionali scritte”.

2 - A Bertiolo non c’è la “consuetudine” di provocare danni alla sede dei festeggia-menti dei neo maggiorenni, le tradizioni sono ben altra cosa, quanto è accaduto è solo una cattiva abitudine che da qualche anno alcuni ragazzi mettono in atto per “ro-vinare una festa” ai coscritti.

L’Amministrazione in questo caso è inter-venuta con la finalità di ristabilire un ordine e un principio inequivocabile: il rispetto dei beni pubblici, ovviamente con la sola finali-tà educativa e con l’intento di far capire che quanto successo non deve ripetersi.

Naturalmente Sindaco e Assessori pren-dono le distanze da tutte le polemiche sol-levate ai soli fini politici e personalistici, mal strumentalizzate dai mezzi di stampa.

il Sindaco Eleonora Viscardis

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SEDEGLIANO

per il sapere. Sa perfino recita-re a memoria versi della Divina Commedia tratti dall’Inferno e dal Paradiso. Li ha imparati dai libri che il fidanzato di una sua sorella portava con sé quando veniva “a morosare” e leggeva. Sara era una ragazzina e ascol-tava. Oggi snocciola queste memorie con una ammirevole e disarmante semplicità. Con-servando vivo l’amore per la sua famiglia e il suo paese, Coderno. Per lei “Il plui biel dal mont”.

Pierina Gallina

22 novembre 2016: 100 anni dalla nascita di Padre David Ma-ria Turoldo, nato nella famiglia più povera, ultimo di nove figli, nel pic-colo paese di 40 anime del Friuli di mezzo: Coder-no di Sedegliano (Ud). All’anagrafe era Giuseppe o Bepi. A 11 anni era in seminario a Monte Berico (Vicenza) a fre-

Sara Marigo è nata il 10 agosto 1928 a Coderno, penultima degli otto figli di Giu-seppe del 1886 e di Natalino Ernesta di Beano del 1890. Ha conosciuto personal-mente Padre David perchè era coetaneo del fratello Valentino e lo ricorda perfetta-mente. Così racconta di lui, con ammirazio-ne e orgoglio:

“Quando diceva Messa sembrava un cherubino o un serafino, un angelo bel-lo... veniva tanta gente a sentirlo quando predicava. Si trasfigurava. Aveva una voce grossa e le mani grandi che muoveva sem-pre. Quando era piccolo andava al pascolo con tre pecore. Una volta una pecora era scappata e aveva mangiato erba medica ed era morta. Lui aveva tanta paura a tor-nare a casa ma sua madre Anute, che ho conosciuto bene, non l’aveva sgridato. Suo padre sì, perché la pecora rappresentava il cibo per la numerosa famiglia”. La mattina del 9 agosto 1928, ha visto mia madre in-cinta e ha detto all’amico che stava con lui -Che grossa è quella donna lì -. L’indomani, sono nata io. Era il 10 agosto 1928” .

Nel 1942, stava per sposarsi mia sorella Giulia di vent’anni. Padre David era venu-to a casa mia e, vedendo i preparativi e le tavole apparecchiate per la festa, le andò vicino e le fece gli auguri con queste parole “Fai bene a sposarti perché aiuti Dio nella creazione”. Quando tornava a casa diceva “Adesso sono a Coderno e dopo vado a

Farla... d’Isonzo. A quella battuta rideva e faceva ridere tutti”. Sara ricorda la povera casa senza camino dove era nato Padre David, la più povera del paese, tutta fatta di “pedrade”, una sorta di pavimento di sassi attaccati uno all’altro con la terra battuta. Ricorda che la madre Anute mandava il piccolo Bepi - nome di battesimo di Padre David - dalle famiglie di Coderno, non sem-pre la stessa, e gli diceva “Vai là... di sicuro quella donna fa la focaccia. Forse ti dà un pezzetto”. Tornava sempre con qualcosa da mangiare che poi veniva diviso tra i com-ponenti della famiglia. Sempre troppo poco ma almeno era qualcosa.

Sara ricorda l’ultima predica di Padre Da-vid a Milano nel 1992 “Era seduto sulla se-dia e parlava così bene”... Diceva “Per me è solo questione di calendario. Ho un tumo-re nella pancia e non so quanto mi resta...ma la vita è bella”. Morì due giorni dopo.

“Io tenevo a lui, tanto. Era una cosa rara. Se non è andato lui in Paradiso allora vuol dire che non esiste” aggiunge Sara con emozione. Ricordando una delle poesie di Padre David, la recita così: Io non ho maniche mi accarezzano il volto. Solo il duro uf-ficio di queste parole. Io non so le dolcezze dei vostri abbandoni. Sono solo custode della mia solitudine.

Sara Marigo è ospite in Casa di Riposo di Codroipo, al primo piano. Un’intelligen-za spiccata la sua. Ricca di memoria e di amore per la cultura, l’attualità, di sensibilità emotiva. E’ amata da tutti per la sua umil-tà e la bellezza che si dipana dalla chioma di neve che la rende speciale. Racconta di aver pianto quando, finita la terza ele-mentare, ha chiesto alla madre di poter proseguire la scuola. “E chei atris?” le ha risposto. Perché lei sì e gli altri sette fratelli no? Sara, donna che ha dedicato la vita al lavoro nei campi e nella stalla e agli affet-ti familiari, ai genitori prima e alla famiglia del marito Vincenzo Molaro poi, ha sempre coltivato l’amore per la lettura e la curiosità

907641

quentare le scuole medie perché là c’era-no i frati, ordine che lui aveva scelto. Prose-guì gli studi a Venezia e, nel 41, si trasferì a Milano, nel seminario dei Servi di Maria. Nel 1943 la guerra. Eccolo ad aiutare i par-tigiani, a predicare in duomo con la voce tonante. Ma tutto ciò non garbava al Papa. Esiliato, girovagò in vari luoghi del mondo, in Canada, America del sud, Australia. Tor-nò dai Servi di Maria a Udine. Dal 1960 al 1964 registrò il film “Gli ultimi”, che doveva essere il primo di una trilogia. Ma non ebbe l’esito che sperava. Nessuno voleva vedere la miseria. Venne esiliato di nuovo e ospi-tato dal Vescovo La Pira a Firenze. Visitò Nomadelfia, la città ideale per lui, simbolo di fratellanza, fondata agli inizi del 1900 da Don Zeno. Papa Giovanni XXIII aprì le brac-cia a padre David Maria, come aveva scelto di chiamarsi da religioso. Nel 1963 Papa Roncalli morì e Padre David si ritirò a Fonta-nelle, frazione di Sotto il Monte (Bergamo) dove fondò un centro di cultura attivo fino agli anni 80. Lì morì nel 1992 di cancro.

Egli fu un personaggio fuori dalla righe e fu esiliato per questo. Al funerale di Pasoli-ni non gli fu concesso di fare la predica in chiesa e lui la fece fuori. Non accettava tre aggettivi con cui veniva definito: moderno, comunista, scomodo. Diceva “beati coloro che hanno fame e sete di opposizione. Sen-za opposizione non c’è progresso”.

Quando veniva a Codroipo aveva due persone che lo aspettavano in stazione e lo accompagnavano in auto a Coderno: Giu-seppe De Paulis e il poeta Amedeo Giaco-mini. Ernesto Roiatti dell’Emporio Roiatti gli regalava i vestiti.

Citazioni: “Dato che abbiamo riempito le tasche abbiamo barattato l’anima”.

“La libertà si guadagna con la cultura che costa sudore. Più si conosce più si è liberi”.

Pierina Gallina

100 anni fa Nasceva, a Coderno, Padre David Maria Turoldo. Così lo ricorda Sara Marigo

CURIOSITA’DICEMBRE 2016

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Ricette dei miei R icordiLe preparazioni al

Natale erano un even-to. Gli acquisti dei re-gali, fare l’albero di Natale, il presepe e la tradizione come in molti posti del mondo di fare i dol-ci per Natale.Sono moltissimi anni che faccio vari tipi di biscotti a Natale per poi regalarli. Questo mese vi regalo la ricette dei Biscotti per Natale di Santina.

È la mia ricetta preferita. Anche se ho molte ricette que-sti sono gli unici biscotti che faccio ogni anno. Spero piacciano anche a voi.

Buon Natale a tutti

Cinzia Pauluzzi

Biscotti per Nataledi Santina

• 500 gr. farina• 200 gr. zucchero• 250 gr. burro• 4 uova• la scorza di un limone grattugiata• un pizzico di sale • 1 bicchierino rhum• 1 bustina lievito per dolci

Mescolare a parte la farina, il sale e il lie-vito per dolci. Ammorbidire il burro ed ag-giungere lo zucchero amalgamare bene, poi aggiungere il rhum, poi aggiungere un uovo alla volta, aggiungere la scorza di li-mone in fine farina con il sale e lievito. Im-pastare bene affinché la pasta risulti liscia aggiungendo farina se necessario. Lascia-te riposare per una mezz’ora. Stendete la pasta con un mattarello ad un spessore di circa 3mm tagliare con gli stampini con delle forme natalizie e decorare con dei zuccheri colorati o codette di cioccolato. Infornare a forno caldo (190°) per circa 8 minuti i biscotti devono essere legger-mente dorati.

È arrivato il Natale... In Ca-nada il Natale è molto sen-tito. Tutte le case di tutte le vie sono illu-minate con luci e decorate per il Natale con i decori più vari ed elaborati.

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CURIOSITA’Simpatiche notizie

mesi per una visita medica. Particolarmente odiose, poi, sono le tasse sul carburante e sui pedaggi autostradali, che taglieggiano il cittadino già in difficoltà per le altissime imposte gravanti sul suo reddito, e che lo mettono in condizione, paradossalmente, di essere costretto a fare del “nero” per po-ter pagar le tasse.

Il bosco intanto si è ripopolato di nani.Curvi sotto un capellone, grassocci,tondi come osti bavaresi,altri ancora più piccini, col cappuccio,un po’ storti, riuniti a famigliole,bruni, giallicci, sporchi di fango,fanno capolino qua e là,nascosti sotto il cumulo delle foglie,sul terriccio molle di muschio. (Fabio Tombari, da Ottobre)

Non molto tempo fa è apparso su La Confederazione Italiana un articolo di Er-cole Benedettoni che riesuma una confe-renza di Adalfonso Battelli del 1942: vi si profetizzava la fine della razza del cigno, la nostra indoeuropea. Non ho idea di chi fosse questo Adalfonso Battelli, né le mie ricerche hanno dato risultati tuttavia, vi-sto l’impressione che hanno suscitato in me i pochi stralci di questi profetici e si-nistri scritti, desidero riproporli in questa sede e condividerli con il lettore attento di FORTE&CHIARO. Nell’Occidente al tra-monto il Battelli prevedeva “l’estinzione della civiltà italiana e peranco il perdersi della fisiognomica degli italiani.” E continua, con freddo e pessimista giudizio razziale: “Essendo la razza bianca la migliore, essa è la prima che deve finire, ovvero evolve-re ad altro… Il conto degli anni diviene più stretto, come le stele sempre più vicine per il cuore di chi le ammirerà… solo nella costellazione del cigno ritroverà in eterno l’archetipo degli indoeuropei.” E in altre righe di caustico realismo leggiamo frasi che non possono non impressionarci per la chiarezza del loro avverarsi: “Di virtù e vizi che avevano protetta l’Italia facendola mirabile e grandissima nei secoli, resterà ben misero nulla… dagli eventi del secon-do dopoguerra, deriverà la fine di ogni ita-lica razza. Sopravverrà il ben altro mondo nel quale il borghese diventa proletario e il proletario borghese… E anzi, persa la guerra, il senso di obbedire e comandare ci risulterà smarrito, confuso dalle manie di qualcheduna reclam. Il cattolicesimo poi, ormai estraneo, anzi inimico d’ogni sapere tradizionale, sarà misera protezione alla ti-rannia di masse decadenti e ossesse delle metropolis dell’America.

La conclusione è tragica e fatale e scrit-ta con una franchezza oggi ormai vietata per legge. Non dimentichiamo comunque che egli scrive in un periodo in cui la razza costituiva elemento distintivo e imprescin-dibile, un concetto ormai quasi completa-mente superato, al quale la nostra evolu-zione civile ed etica non ci permette più di attingere.

[…] La fine della razza bianca, come di-sastro imputabile prima alla decadenza sua propria, e solo per esito secondo all’inva-sione delle razze inferiori di Africa e Asia, genererà caos e rovina e l’ovvio esito di un Occidente in tramonto che a vedersi darà sempre più pena e disgusto…”

Ercole Benedettoni non manca di citare nemmeno il controverso e poliedrico Julius Evola e riporta dalla sua opera Il Cammino del cinabro, pubblicata nel 1963, questo significativo quanto sconvolgente passo:

“L’Occidente si è preparato e sta prepa-randosi la propria rovina con un’ottusità da bestiame bovino, la quale farebbe pensare al detto che il dio acceca coloro che vuole perdere”. Luisa Chiap

Una studentessa di Monaco di Baviera ha comprato questa Fiat 500 usata per 7.000 Euro e ha speso solo 19,90 Euro per il passaggio di proprietà. Inoltre, la tassa di circolazione ammonta a soli 39 euro all’an-no e questa macchina viaggerà senza pa-gare l’autostrada e si rifornirà della benzina al costo di soli 1 Euro 30 centesimi al litro.

In Italia, un signore pensionato ha com-prato una vecchia macchina del valore di soli 800 Euro ed ha speso ben 850 Euro per il passaggio di proprietà!! E siamo sem-pre in Europa. Il fatto è che da noi non ci sono solo le tasse“ufficiali”, tra l’altro le più alte d’Europa, ma una serie infinita di estorsioni da parte dello Stato per arrogarsi dei diritti che legittimamente già apparten-gono ai cittadini, e che in quanto tali non dovrebbero essere a pagamento. A queste vanno sommate le tasse presentate sotto forma di falsi servizi, tra cui la più clamo-rosa è il contributo dovuto all’INPS, che ad un lavoratore autonomo italiano costa tre volte di quello che costa all’estero, dove non ci sono franchigie e non si aspetta otto

AmareRiflessioni

SABATO 17 · Sala animazione ore 15:00CANTIAMO IL NATALE CON IL CORO “SISILUTIS”

Pomeriggio musicale con il Coro di BertioloLUNEDI’ 19 · Salottino piano terra ala est ore 14:30

FILM DI NATALE · Proiezione del film a tema NatalizioMARTEDI’ 20 · Sala animazione ore 15:00CANTIAMO IL NATALE CON IL “CORO 5”

Pomeriggio musicale con il Coro della Scuola di Musica di CodroipoMERCOLEDI’ 21 · Sala animazione ore 15:00

CANTIAMO IL NATALE CON IL CORO “SANTE SABIDE”Pomeriggio musicale con i bambini e i ragazzi del Coro

di Goricizza di CodroipoGIOVEDI’ 22 · Sala animazione ore 15:00

TOMBOLA DI NATALE · Tombola natalizia con premi spacialiVENERDI’ 23 · Tutti i piani ore 15:00

CANTIAMO IL NATALE CON LA CORALE CAMINENSECanti itineranti lungo i corridoi e i salottini della struttura

DOMENICA 25 · Tutti i piani ore 9:30 · NATALE A SORPRESALungo i corridoi e i salottini della struttura

MERCOLEDI’ 28 · Partenza ore 14:30 · PRESEPI IN VILLAVisita all’ ottava edizione della mostra di presepi ospitata nei locali

dell’Esedra di Levante di Villa Manin di PassarianoGIOVEDI’ 29 · Sala animazione ore 15:00

TOMBOLA DI FINE ANNO · Tombola Natalizia con premi specialiVENERDI’ 30 · Sala animazione dalle ore 15:00 · FESTA DEI COMPLEANNI

Intrattenimento musicale con Luciano e la sua fisarmonicae torta per tutti gli invitati

CALENDARIODEGLI EVENTIE DELLE USCITE Buone Feste

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PAESAGGI...DICEMBRE 2016

E’ un fresco ma bellissimo pomeriggio di dicembre e si decide di andare a scopri-re un sentiero che costeggia il fiume Torre.

Siamo nel comune di Reana del Roja-le a nord di Udine e con molto stupore

e meraviglia s c o p r i a m o un’area deli-ziosa e fuori dal tempo.

Intorno a noi campi ben curati sugge-stivi, in lontan-za le colline che fanno da guardiano al territorio e poi loro, papere e germani reali ad accompa-gnarci, che come fosse

Antiche R ogge del fiume Torre

una danza, si fanno trasportare dall’ener-getica acqua corrente dalla quale i mulini presenti traevano la forza per essere fun-zionali.

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importante per Udine e le località vicine tanto da diventarne strumento di potere ‘’I Signori delle acque’’ potevano gestire vaste parti del territorio e questo creava conflitti.

Dal testamento di Francesco Savorgnan del 1373 appare che questa famiglia fos-se così potente da avere giurisdizione fino alle porte di Udine con il titolo di ‘’Gastaldi delle acque’’.

Risalendo il fiume, il suo rumore e fru-scio ci rapisce i sensi e ci ritroviamo nei pressi di un bosco piccolo inizialmente per poi diventare sempre più fitto e as-sumere un’ aria sempre più misteriosa e affascinante.

Iniziamo così ad addentrarci e mi viene in mente un racconto, una leggenda che le nonne ci raccontavano quando, sedu-te vicino allo spolert, eravamo intente a preparare piatti e delizie per i nostri com-mensali. Quel racconto mi ha colpito, mi ha svelato qualcosa...

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E LEGGENDE

sarebbe sparita per sempre. Le cose an-darono molto bene ed ebbero pure una figlia.

L’Agana mantenne i suoi poteri, che era-no la preveggenza, la conoscenza delle erbe, la maestria nel tessere e l’abilità nel-la caseificazione.

Un giorno ebbe la preveggenza di un terribile temporale; consigliò il marito di raccogliere il grano, ma Berto si oppose in quanto non era ancora maturo. All’imbru-nire l’Agana andò a falciare tutto il grano e lo mise al riparo. Il marito il giorno dopo se ne accorse e imprecò contro sua moglie per il danno irreparabile che, a suo dire, gli aveva fatto e le disse: ‘’Tu non capisci niente, sei proprio un’Agana’’. Lei svanì in

Il Segreto

una nuvola di fumo. Dopo poche ore scoppiò un terribile

temporale con grandine e tanto vento, tale da rovinare tutti i raccolti in campa-gna. Berto fu l’unico ad avere salvato il suo; con la vendita delle semenze diventò ricco. Passò del tempo e lui si risposò con una giovane del paese. La bimba intanto cresceva e diventava sempre più carina e la sua testa era sempre con i capelli ben intrecciati, tanto che tutti le facevano i complimenti.

Il papà un giorno le chiese chi fosse a pettinarla così bene e la bimba rispose che era la mamma; la nuova sposa disse che non era opera sua. La ragazzina disse che era la sua vera mamma a pettinarla.

F este “in fuga”

Attenzione ai petardi e “botti” delle Feste. I vostri animali non gradiscono le manife-stazioni troppo rumorose, solite di questo periodo.Riparateli in luoghi appartati, se possibile, dove si sentano al sicuro e che non per-mettano loro di scappare facilmente, molti sono i casi di animali smarriti durante le festività.Aiutiamo i nostri amici animali a vivere meglio e passare insieme delle BUONE FESTE

In un paese inde-finito del Friuli, Berto stava rientrando in casa dopo la giornata di lavoro nel bosco. Era necessario fare in fretta: il buio era alle porte e si sapeva che nelle vicinanze del fiume, ai margini del bosco, era meglio non farsi trovare di notte perchè strane crea-ture popolavano quei luoghi.

Ad un tratto, nel punto in cui la strada si avvicina al fiume, sentì dei canti. Erano tre bellissime Agane che, non credendo di essere viste, si sta-vano rilassando con i piedi nell’acqua. Berto rimase fulminato dalla bellezza di una di loro, prese coraggio e le andò incontro; i loro sguardi si incrociaro-no e nacque un’inte-sa. L’attrazione fu per entrambi fortissima.

Berto le propose di seguirlo e di diventare la sua sposa, lei ac-consentì a patto che lui non la chiamasse mai Agana, altrimenti

Il papà non ci voleva credere, allora una sera si mise di nascosto a vedere chi fosse a pettinarla.

Da sotto la porta della cameretta entrò un fumo bianco e si materializzò l’Agana. Berto, quando la vide, emise un urlo di-cendo ‘’l’Agana’’. Ci fu un gran boato e la figura sparì, questa volta per sempre.

Si sa solo che in una radura del bosco dove la piccola andava spesso a giocare crebbe un bellissimo albero e quall’albero fu chiamato ‘’l’albero dell’Agana’’.

Testo tratto dal libro Agane. Fate d’Acqua di B. Bacchetti; T. Dereani Foto E. Turco (Anguana Edizioni) Riproduzione riservata ©

Tatiana Dereani

Foto Elido Turco ©

mi chiamo“Aiko”

PRANZO SOCIALEDICEMBRE 2016

A ssociazione Nazionale Arma di Cavalleria

Il giorno 27 no-vembre u.s. la Sezione, nell’ap-prossimarsi delle festività natalizie, ha organizzato il pranzo sociale per lo scambio degli auguri di fine anno. Il pranzo si è tenuto presso il Ri-storante “Al Canedo” di Precenicco. Hanno presenziato: in rappresentanza del Sindaco, l’avvocato Daniela LIZZI assessore alla cul-tura del Comune di Latisana, la Dottoressa Emanuela DEMARCHI assessore alle Finan-ze, il Col. Francesco TANDA Comandante del Reggimento “Lancieri di Novara” (5°), il Ten. Col. Ercole DE ANGELIS Vice Coman-dante del Reggimento, il Ten. Carlo BRUSCIA Consigliere Nazionale ANAC per il F.V.G., le rappresentanze delle Sezioni di Udine, Por-denone, Conegliano, Portogruaro e dei car-risti di S. Michele al Tagliamento. Nel corso del pranzo: il Consigliere Nazionale ANAC ha consegnato l’attestato di Socio Onorario della Sezione al Col. Francesco TANDA; la Signora Rina ANASTASIA, madrina della Se-zione, ha consegnato una targa ricordo alle

Signore: Maria VIZZON, ha ritirato la targa la Signora Bruna MARTEMUCCI; Claudia DELLA MORA, ha ritirato la targa la Signora Elsa PARON; Luciana GUERNIERI, Oksana FERODOVA, per la loro lunga permanenza come socie della Sezione. La giornata è sta-ta allietata da un duo musicale componenti l’orchestra spettacolo “Blue Moon” di Cor-

Sezione “Lancieri di Novara” di Latisana

denons con la partecipazione della caba-rettista Lucanfriulana Caterina TOMASULO. Come è nello stile e tradizione della cavalle-ria, la carica al grido di NOVARA, NOVARA, NOVARA è stata dedicata in onore del Co-mandante dei “Bianchi Lancieri”, suscitando nei presenti entusiasmo e l’augurio di ritro-varci alla prossima occasione.

Una delle migliori aste di dipinti an-tichi nella storia del Dorotheum. Una nuova spettacolare scoperta è stata al centro dell’asta di dipinti antichi il 18 ot-tobre 2016 alla casa d’aste Dorotheum di Wienna: l’opera, risalente alla maturità di Tintoretto, ha raggiunto un prezzo di spicco pari a 907.500 euro. Il dipinto raf-

figura la lotta di Davide e Golia nella bat-taglia tra Filistei e Israeliti, inserita in un contesto di grandi scene di battaglie. Affa-scinanti immagini ai raggi x offrono stimo-lanti scorci che gettano luce sulla genesi dell’opera e sulla sua moderna compo-sizione. L’asta di dipinti antichi ha riscos-so un enorme successo, con numerose

e significative richieste e drammatiche gare tra i migliori offerenti. Un seguace di Hieronymus Bosch ha raggiunto la cifra di Euro 527.500, mentre un Jan Brue-ghel - Scena di porto ad Anversa - Euro 430.742 e una scuola olandese del 1535 circa, La Sacra Famiglia con pappagallo, è stata aggiudicata per Euro 377.253.

900.000 Euro per una tela inedita di Tintoretto

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CONSIDERAZIONIIl Museo E tnografico di Palazzo Giacomelli

Ciceri - uomo di grande sensi-bilità e cultura e massimo colle-zionista friulano del ’900 - amava attorniarsi di manufatti etnografi-ci della sua regione di pregevo-le esecuzione, rari, espressivi e dallo stile ben caratterizzato: e infatti gli oggetti di cui si attornia una persona nel suo vivere quo-tidiano riflettono la sua persona-lità! Altrettanta educazione e cul-tura non sono certo riscontrabili nelle scelte dei manufatti esposti a Palazzo Giacomelli. L’attuale scelta espositiva di Palazzo Gia-comelli fa apparire il Friuli come una terra povera e triste, priva

Nel lontano 1958, il dottor Luigi Ciceri, eme-rito medico e studioso friulano, auspicava in un articolo pubblicato sulla rivista “Sot la nape” l’apertura di un museo dedicato al mobile friu-lano. Questo suo invito purtroppo, a distanza di oltre 60 anni, non ha trovato ancora adeguato riscontro, pur avendo gli stessi coniugi Ciceri, av-veduti e colti collezionisti di arredi antichi friulani, destinato al comune di Udine, 16 anni orsono, i manufatti occorrenti per realizzare all’interno dei musei cittadini una significativa esposizione a te-stimonianza dello splendido artigianato artistico friulano del ’6-700.

Per realizzare un “Museo del Mobile Friula-no” si è a lungo battuta la Contessa Marisanta di Prampero de Carvalho, con numerosissime ri-unioni che si sono tenute dal 2001 sino al 2012 presso il suo palazzo di piazza Duomo a Udine, anche se il tutto si è concluso con un nulla di fatto per la sordità e l’ottusità delle varie ammi-nistrazioni comunali susseguitesi. Ci era stato promesso che all’inaugurazione del museo etno-grafico di palazzo Giacomelli avremmo trovato la collezione Ciceri nella sua integrità, ma a tale inaugurazione, avvenuta nel 2012, la delusione e la rabbia furono tali da dover indire - da parte del Club UNESCO - una petizione popolare rivolta al sindaco di Udine per chiedere conto del lascito in oggetto. Di seguito fu concesso dal sindaco di effettuare un sopraluogo - eseguito recente-mente dal sottoscritto - nei magazzini di palazzo Giacomelli. L’amara sorpresa fu che gli arredi di maggior pregio e significato per la cultura friu-lana raccolti da Ciceri non erano stati scelti per l’esposizione. Inoltre nei magazzini si trovava un trumeau con l’alzata non pertinente, di mode-stissimo valore, forse 2\3000 euro, che quindi non corrispondeva al trumeau ricevuto per lasci-to, periziato come autentico del XVIII secolo e stimato 90 milioni di lire da esperti competenti del settore, come riportato nell’atto redatto dal notaio Campisi. All’obiezione sollevata, ci fu ri-sposto che i due corpi sono stati assemblati diversamente al tempo del trasloco... Niente da meravigliarsi! Pure all’inaugurazione un canto-nale risultava esposto a testa in giù, ma stiamo ancora aspettando di vedere il trumeau ricevuto da 90 milioni! Oltre ad altri mobili che non sono risultati all’appello! L’aver dedicato all’interno di Palazzo Giacomelli un così grande spazio a banalissimi e comunissimi miseri oggetti d’arte popolare, come si può vedere dalla foto qui sot-to scattata durante l’inaugurazione del museo, denigra profondamente la figura di Ciceri, che non appare il colto e competente collezionista che in realtà fu, ma uno dei tanti anonimi colle-zionisti di rigattierismo o vintage. A proposito di questo, durante una trasmissione sull’emittente Radio Spazio 103, intervenne l’assessore alla cultura del comune di Udine affermando che era stato uno studio scientifico a portare alle at-tuali scelte espositive di palazzo Giacomelli. Io, invece, sono dell’opinione che lo studio fu fatto da incompetenti, che non sono stati in grado di capire il valore e il significato della preziosa col-lezione ricevuta in omaggio e, aggiungo, anche profondamente ingrati nei confronti del nobile gesto dei coniugi Ciceri.

di fantasia, capace di esprimere solo un’anima contadina, mentre la realtà è invece ben diversa: il Friuli con i suoi artigiani partecipa a pieno titolo allo splendido sviluppo del mobile tra Cinque e Settecento, i tre secoli d’oro che Ciceri amava tanto elogiare, e questo è dimostrato dalla qua-lità della fattura, oltre che dalla sbrigliata fantasia e forza stilistica, degli straordinari oggetti raccolti dai Ciceri. Questi rari manufatti sono stati raccolti e salvati dalla dispersione nell’arco di tutta una vita, con impegno e passione, pazienza, tenacia e competenza; oggigiorno sono introvabili e pro-babilmente molto pochi sarebbero in grado di sostenere l’esborso finanziario per acquistarli. Non si può più tollerare, quindi, che continuino a rimanere occultati nei vari magazzini.

A mio avviso, l’intero museo etnografico di palazzo Giacomelli avrebbe almeno dovuto portare una dedica ai coniugi Ciceri, poiché la gran maggioranza delle collezioni in possesso del museo sono state donate da loro. Si sarebbe dovuto, all’interno del museo stesso, conserva-re, oltre al nome, anche l’‘anima’ di questa cop-pia straordinaria. Bisogna ricordare che furono, come già il prof. Gortani per il museo Carnico di Tolmezzo, importanti figure di riferimento della nostra cultura friulana, e il museo Giacomelli ha il dovere di ricordarli, anche attraverso l’esposi-zione di fotografie e scritti che li riguardano. Lo studio a cui fa riferimento l’assessore alla cultura del comune di Udine, per fregiarsi del titolo di scientifico, avrebbe dovuto tenere in conto che nelle rare testimonianze artistiche del territorio selezionate e collezionate dai Ciceri si rispecchia fedelmente il raffinato, colto e competente gusto storico-estetico dei donatori, gusto che non si ri-scontra assolutamente nella miseria della scelte espositive attuali. E non ci vengano a dire che lo spirito etnografico del museo ha portato a queste scelte, perché rientra nell’etnografia an-che la parte più pregiata della collezione Ciceri e il museo deve sempre porsi come obiettivo l’educazione artistica e culturale. L’arte educa e nobilita l’uomo, e non deve essere viceversa, cioè un museo che abbassa il livello culturale per non offendere la suscettibilità degli incolti. Vorrei inoltre rammentare che il compito storico dei musei è dare precedenza alla conservazione delle maggiori testimonianze del territorio con cui ogni opera ha legami inscindibili. Di con-seguenza le scelte espositive devono attenersi

Il lascito Ciceri: una vita di passione e competenza mortificata dall’ignoranza

all’osservazione di questi criteri, e non possono essere assoggettate alla miopia culturale o allo squallido gusto personale di un singolo curatore (pensiamo allo spazio dedicato a manufatti ba-nali e ripetitivi, come la serie degli arcolai di fine ’800 che occupa tutta la parete di una sala, o quelle orride monumentali macchine del tessile che troverebbero placida accoglienza in un’am-bientazione rustica di campagna, mentre qui, oltretutto, sono in netto contrasto col raffinato palazzo affrescato).

Insomma, una così preziosa collezione è stata affidata a persone assolutamente non all’altezza di distinguere il pregio di questi oggetti, preoc-cupate solo di mettere in mostra se stessi, in dispregio della memoria dei coniugi Ciceri e in imperdonabile antitesi alla loro intelligenza e competenza. Spero che questa mia dura con-danna sia raccolta da chi di dovere. Viene da una persona che il settore del mobile d’arte an-tico lo conosce bene, ed è qui a ricordarvi che, come la qualità dello champagne è sancita dal bevitore intenditore, allo stesso modo la qualità di un museo è determinata dal giudizio del co-noscitore d’arte.

Concludo con quest’ultima osservazione: scelte espositive così sciagurate equivalgono a una dimostrazione di ingratitudine verso i privati donatori, con la conseguenza (assai probabile) di precludere future donazioni significative al co-mune di Udine. Dando quindi seguito all’auspicio del Dott. Ciceri e alla petizione già presentata, i cittadini chiedono criteri selettivi da parte di per-sone competenti per le scelte dei manufatti da esporre a Palazzo Giacomelli, al fine di realizzare un qualificato museo etnografico che esprima in tutte le sue sfaccettature l’autorevole passa-to della cultura artigianale della nostra regione. A tale scopo il Club UNESCO ha fornito di se-guito - su indicazione del sottoscritto- un elenco in ordine di pregio dei manufatti, con rispettive didascalie, a cui dare assoluta precedenza per l’esposizione e ha contestualmente apportato 63 correzioni e precisazioni alle attribuzioni già date, che ancora aspettiamo di vedere inserite nelle didascalie attualmente presenti sul sito del comune. Da parte di FORTE & CHIARO giungerà una recensione positiva a questo museo soltan-to quando verrà dato seguito a quanto noi, da anni, a gran voce richiediamo. Lucien Zinutti

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N umar1ning - “NON”corsaappuntamento immancabile a Capodanno

Torna capodanno e torna la ormai im-mancabile NUMAR1ning!

Cosa è? Per i pochi che ancora non lo sanno la NUMAR1ning è una “NON”corsa nata quasi per caso dopo Natale del 2010 dall’idea di correre l’1/1/11. Da questo presupposto l’idea prese vita.

Correre l’1/1/11, partendo alle 11.11 per 11 chilometri; e così fu. Si aggiunga l’idea di far “iscrivere” i partecipanti facendo versare loro una “tassa alimentare” ovvero qualcosa da mangiare e/o bere che poi messo assieme a quello di tutti, sarebbe stato consumato in allegria al termine del-la sgambata, e il gioco è fatto.

Così, dai 23 partecipanti del primo anno, con il passaparola si è giunti fino ai 250 del 2016.

Ogni anno è stata sempre più una festa.Anche il 1° GENNAIO 2017, quindi si

rinnoverà l’appuntamento della NUMAR-1ning. Aperto come sempre a tutti. A chi vuole camminare, passeggiare, correre, o semplicemente godere il paesaggio.

Nessuna fretta, nessuna classifica, nes-sun premio se non il piacere di partire tutti assieme, respirare il fresco della pri-ma mattina dell’anno e farsi poi gli auguri bevendo un the caldo (fornito dalla orga-nizzazione) e gustando le “iscrizioni” che ciascuno avrà messo sui tavoli a disposi-zione di tutti.

Negli anni-raccontano gli organizzato-ri- abbiamo visto di tutto. Salami, polenta, “muset e brovade”, dolci di ogni misura, je-roboam di prosecco e ogni altra possibile leccornia verosimilmente anche avanzata dai cenoni di san Silvestro.

Abbiamo cercato di creare un evento che fosse prima di tutto, libero e gioioso. Il percorso si snoda attraverso il Parco

delle Risorgive, i “mulins”, la Villa Manin, Rivolto, Passariano attraverso strade pu-lite e percorribili facilmente, le ciclabili e strade asfaltate; tutto sempre in estrema sicurezza.

Per chi non se la sente di percorrere 11km è prevista una variante breve da 6km. Quest’anno-ci dicono-abbiamo pre-parato anche una sorpresa “NUMAR1!” per tutti i partecipanti. Sorpresa che cia-scuno potrà poi utilizzare anche nelle prossime edizioni della “non”corsa dei numeri 1.

Ormai Codroipo è dichiaratamente città “sportiva”. Centinaia di runners e cammi-natori di ogni età percorrono tutti i giorni le piste ciclabili e i parchi della città; ogni giovedì sera, da mesi si ritrovano a decine al polisportivo per correre e camminare insieme adornati dei gialli giubbini dove svetta il logo “CHEI DI CODROIP”.

Uno spettacolo per gli occhi che cresce di numero settimana dopo settimana e che dimostra che lo sport unisce e miglio-ra la vita di ciascuno di noi.

A conferma di questo ci sono anche gli ottimi risultati degli atleti “master” di “Atle-tica 2000”. Sono quasi un centinaio coloro che, pur avendo passato gli “enta” si alle-nano con costanza ed impegno e primeg-giano nelle varie categorie alle numerose gare competitive che si svolgono in tutta Italia con il supporto della società “Atletica 2000” da un ventennio realtà affermata dell’atletica leggera.

Ma alla NUMAR1ning non si corre per vincere o cammina per conquistare una medaglia. Ci si ritrova per condividere pas-sione e sudore. Passi e auguri.

Per un anno di gioia e di sport.Ciascuno secondo le proprie capacità,

aspirazioni e desideri. Tutti NUMERI 1!Vi aspettiamo, quindi il 1° GENNAIO! Ri-

trovo alle ore 10.30 presso il polisportivo in via Circonvallazione Sud. Runners, cam-minatori, passeggiatori, passeggini... Par-tenza tutti assieme alle ore 11:11 precise.

E poi…BUON ANNO! Z. d. G.

E LEGGENDEIl Possesso e le relative azioni di tutela

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Seppure nel linguaggio comune i termi-ni “possesso” e “proprietà” vengano usati quasi come sinonimi, sotto il profilo giuri-dico tali espressioni definiscono due istituti molto diversi tra loro. Più specificamente: mentre la proprietà è un diritto reale che consente di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo (art. 832 c.c.), il possesso è il potere di fatto sulla cosa che si manifesta all’esterno in un’attività corri-spondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale (art. 1140 c.c.). In altre parole, il possessore ha un potere sul bene che si estrinseca nelle medesime modalità con le quali si estrinseca il diritto di pro-prietà o altro diritto reale (ad esempio l’usu-frutto). Non necessariamente, però, il pos-sessore di un bene ne è anche proprietario e, viceversa, non sempre il proprietario di un bene ha il possesso del bene stesso: un tanto in ragione del fatto che il concetto di possesso è maggiormente legato ad una disponibilità materiale del bene.

Le conseguenze sul piano pratico del possesso sono molteplici, la più importan-te è senz’altro l’usucapione che permette al possessore di un bene, mobile o immo-bile, di divenire, in presenza di determinati requisiti, proprietario della cosa posseduta.

L’argomento che, invece, si intende trat-tare nel presente articolo è quello concer-nente i mezzi di tutela che il nostro Ordina-mento accorda al possesso.

Vi sono, infatti, due specifiche azioni (c.d. “azioni possessorie”) che il possessore di un determinato bene può promuovere in sede Giudiziaria qualora il suo “potere di fatto sulla cosa” venga pregiudicato da delle condotte altrui. Trattasi dell’azione di reintegrazione e dell’azione di manutenzio-ne sulle quali ci si intende soffermare, pur senza pretese di esaustività vista l’ampiez-za della materia, nella trattazione de qua.

L’azione di reintegrazione (art. 1168 c.c.) è esperibile nelle ipotesi in cui vi sia stato uno spoglio violento od occulto del possesso. Lo spoglio è nient’altro che la privazione, totale o parziale, del possesso: si concreta nella sottrazione, a danno del possessore, del potere di fatto sul bene posta in essere da un soggetto pienamente conscio di agi-re contro la volontà del possessore stesso. Affinché si possa dar corso al rimedio in parola è necessario che lo spoglio sia con-notato da elementi di violenza ovvero di clandestinità. Si ha spoglio violento quando questo avviene contro la volontà del pos-sessore; lo spoglio è, invece, occulto quan-do ha luogo nell’inconsapevolezza oggetti-va del possessore che prende contezza del sofferto spoglio in un momento successivo.

L’azione di reintegrazione si può propor-re entro l’anno dalla privazione del posses-so, anno che decorre, in caso di violenza, dalla data del sofferto spoglio ovvero, in caso di clandestinità, dal momento in cui si ha la conoscenza dell’avvenuto spoglio. La prova di tale momento conoscitivo, spet-tante al possessore, rappresenta una delle maggiori difficoltà processuali che si pre-sentano in dette fattispecie.

Finalità dello strumento in questione è quella recuperatoria: si mira ad ottenere la reintegra, ossia la reimmissione, del legitti-mo possessore nel possesso.

L’azione di manutenzione (art. 1170 c.c.), invece, è accordata al possessore che sia stato molestato nel possesso di un bene immobile o di un altro diritto reale su un bene immobile.

Il concetto di molestia, che sostanzial-mente è una turbativa, ha una duplice ac-cezione: si ha molestia di fatto ogniqualvol-ta vi è un’ingerenza materiale nel possesso altrui, senza che ciò comporti uno spoglio del possesso; si ha, invece, molestia di di-

ritto quando sussiste una dichiarazione di volontà, giudiziale o stragiudiziale, prove-niente da terzi che contestino la legittimità del possesso altrui.

Mette conto evidenziare, inoltre, come del rimedio in questione il possessore si possa valere anche quando ha subito non una molestia nel possesso, ma uno spoglio vero e proprio che, però, non ha le caratte-ristiche della violenza e della clandestinità in presenza delle quali, come sopra visto, si deve instaurate l’azione di reintegrazione.

Nelle ipotesi innanzi esaminate, dunque, si può dar corso all’azione manutentiva per la cui esperibilità è necessario che il pos-sessore sia nel possesso del bene, in ma-niera continuativa e senza interruzioni, da almeno un anno. Ciò perché l’Ordinamento mira ad accordare tutela ad una situazione di fatto consolidata.

Non di meno, anche l’azione di manuten-zione, così come l’azione di reintegrazione, può essere promossa entro un anno de-corrente dal momento della turbativa.

La natura diversa dei presupposti tra l’azione di reintegrazione e quella manu-tentiva fa’ si che quest’ultima, a differenza della prima, abbia una finalità principal-mente conservativa piuttosto che recupe-ratoria, mirando a ripristinare lo stato del possesso così come in essere precedente-mente alla molestia.

Gli strumenti processuali in questione, dunque, sono molto importanti e trovano una frequente applicazione nella realtà giornaliera. Va detto, infine, che le proce-dure regolanti la trattazione di dette azioni permettono di ottenere dei provvedimenti in tempi molto più celeri rispetto a degli or-dinari giudizi di cognizione.

Avv. Cristian Molaro Codroipo, Piazza Garibaldi n. 90

OGliO riginali Presepi di Loris Bernardis

Direttore Sanitario dottor Luigi Sant; Aut. San. prot. N. 33686/D.S.2 del 02/05/2013