MATEMATICA ELEMENTARE Appunti del Modulo di Geometria ... · Hilbert: "Fondamenti della Geometria"....

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MATEMATICA ELEMENTARE Appunti del Modulo di Geometria Leonardo Colzani Dipartimento di Matematica Universit` a di Milano - Bicocca

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  • MATEMATICA ELEMENTAREAppunti del Modulo di Geometria

    Leonardo ColzaniDipartimento di Matematica

    Università di Milano - Bicocca

  • ii

  • Capitolo 1

    Gli ”Elementi” di Euclide

    Personaggi:

    Talete: Altezza di una piramide con la

    misura delle ombre.

    Pitagora: Il quadrato sull’ipotenusa è la

    somma dei quadrati sui cateti.

    Pappo: Pitagora per triangoli qualunque.

    Ippocrate e Leonardo da Vinci: Lunule.

    Eudosso: Teoria delle proporzioni.

    Euclide: ”Elementi”.

    Hilbert: ”Fondamenti della Geometria”.

    Anche se gli ”Elementi” di Euclide sono il libro che dopo la ”Bibbia” ha

    avuto più edizioni, le notizie sul suo autore non sono molte. Scrive Proclo

    nel ”Commento al primo libro degli Elementi di Euclide”: ”Non molto più

    giovane di Ermotimo di Colofone e Filippo di Mende, è Euclide, che raccolse

    gli Elementi, ne ordinò in sistema molti di Eudosso, ne perfezionò molti di

    Teeteto, e ridusse a dimostrazioni inconfutabili quelli che suoi predecessori

    avevano poco rigorosamente dimostrato. Visse al tempo del primo Tolomeo,

    perché Archimede, che visse subito dopo Tolomeo primo, cita Euclide. Si

    1

  • 1 + 24/60 + 51/602 + 10/603

    = 1, 414212...√

    2 = 1, 414213...

    Figura 1.1: YBC 7289 e ”Elementi” di Euclide

    racconta che a Tolomeo che chiedeva se non ci fosse una via più breve de-

    gli Elementi per apprendere la geometria, egli rispose che non esisteva una

    via regia per la geometria. Euclide era dunque più giovane dei discepoli di

    Platone, ma più anziano di Eratostene e di Archimede che erano fra loro

    contemporanei, come afferma in qualche luogo Eratostene. Per le idee Eucli-

    de era platonico e aveva molto familiare questa filosofia, tanto che si propose

    come scopo finale di tutta la raccolta degli Elementi la costruzione delle figure

    chiamate platoniche”. Scrive Sobeo: ”Un tale che aveva cominciato a studia-

    re la geometria con Euclide, dopo il primo teorema gli chiese: Che vantaggio

    ricaverò imparando queste cose? Euclide ordinò allora ad uno schiavo: Da-

    gli mezza dracma, che ha bisogno di guadagnare qualcosa da ciò che impara”.

    Euclide: ”Elementi”.

    Libro I: Triangoli e parallelogrammi. Equivalenza tra figure piane. Teo-

    rema di Pitagora.

    Libro II: Algebra geometrica.

    Libro III: Geometria del cerchio.

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  • Libro IV: Costruzioni con riga e compassi di poligoni regolari.

    Libro V: Rapporti tra grandezze e proporzioni.

    Libro VI: Teorema di Talete. Similitudine di figure piane.

    Libro VII: Teoria dei numeri.

    Libro VIII: Proporzioni e teoria dei numeri.

    Libro IX: Teoria dei numeri.

    Libro X: Incommensurabili.

    Libro XI: Geometria solida.

    Libro XII: Misura di figure solide.

    Libro XIII: Solidi regolari.

    Assiomi e postulati negli ”Elementi” di Euclide.

    Nozioni comuni:

    (1) Cose uguali ad una stessa cosa sono uguali tra loro.

    (2) Aggiungendo quantità uguali a quantità uguali le somme sono uguali.

    (3) Sottraendo quantità uguali da quantità uguali i resti sono uguali.

    (4) Cose uguali ad un’altra cosa sono uguali tra loro.

    (5) L’intero è maggiore della parte.

    Qualche assioma spurio:

    (6) Multipli o sottomultipli di cose uguali sono uguali.

    (7) Le operazioni con i numeri verificano le proprietà commutativa, asso-

    ciativa, distributiva.

    (8) Le regole dei segni: +×+ = +, +×− = −, −×− = +.L’algebra elementare e la teoria di equazioni e disequazioni si basa su

    questi assiomi.

    Postulati:

    (1) Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta.

    (2) Si può prolungare un segmento oltre i due estremi indefinitamente.

    (3) Dati centro e raggio, si può tracciare un cerchio.

    3

  • (4) Tutti gli angoli retti sono uguali tra loro.

    (5) Se una retta taglia altre due rette e determina da uno stesso lato an-

    goli interni minori di due angoli retti, le due rette prolungate si incontrano

    dalla parte dove i due angoli sono minori di due retti.

    Libro I - Proposizioni:

    (1) Costruire su una retta data un triangolo equilatero.

    (2) Porre sul punto dato una retta uguale ad una retta data.

    (3) Date due rette disuguali, sottrarre la minore dalla maggiore.

    (4) Se due triangoli hanno due lati rispettivamente uguali a due lati, e

    hanno uguale anche l’angolo tra essi compreso, hanno anche la base uguale

    alla base, ed un triangolo è uguale all’altro triangolo, e gli angoli sotto cui si

    tendono i lati uguali sono uguali agli angoli corrispondenti.

    (5) Gli angoli alla base di triangoli isosceli sono uguali tra loro, e, pro-

    lungate avanti le rette uguali, gli angoli sotto la base saranno uguali tra

    loro.

    (6) Se due angoli di un triangolo sono uguali tra loro, anche i lati che si

    tendono sotto gli angoli uguali sono uguali tra loro.

    (7) Sulla stessa retta altre due rette rispettivamente uguali alle stesse due

    rette e che hanno gli stessi limiti delle rette in origine non saranno costruite

    verso punti differenti dalla stessa parte.

    (8) Se due triangoli hanno i due lati rispettivamente uguali ai due lati,

    e hanno anche la base uguale alla base, allora hanno anche uguali gli angoli

    compresi tra le rette uguali.

    (9) Secare a metà l’angolo rettilineo dato.

    (10) Secare a metà la retta limitata data.

    (11) Condurre una linea retta ad angoli retti con la retta data dal punto

    dato su di essa.

    (12) Condurre una linea retta perpendicolare alla retta illimitata data dal

    punto dato, che non è su di essa.

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  • (13) Se una retta che sta su una retta forma angoli, farà o due angoli retti

    oppure uguali a due retti.

    (14) Se, su una certa e su un punto su di essa, due rette che sono poste

    non dalla stessa parte formano gli angoli consecutivi uguali a due retti, le

    rette saranno in linea retta tra loro.

    (15) Se due rette si secano tra loro, formano gli angoli al vertice uguali

    tra loro.

    (16) Prolungato avanti uno solo dei lati di ogni triangolo, l’angolo all’e-

    sterno è maggiore di uno e dell’altro degli angoli all’interno e opposti.

    (17) In ogni triangolo la somma di due angoli qualunque è minore di due

    retti.

    (18) Il lato maggiore di ogni triangolo sottende l’angolo maggiore.

    (19) In ogni triangolo il lato opposto all’angolo maggiore è maggiore.

    (20) In ogni triangolo la somma di due lati è maggiore del restante.

    (21) Se dai limiti di uno dei lati di un triangolo sono costruite due rette

    che si incontrano all’interno del triangolo, allora la somma delle rette cos̀ı

    costruite è minore della somma dei restanti due lati del triangolo, ma le rette

    costruite contengono un angolo maggiore dell’angolo contenuto dai due lati

    restanti.

    (22) Costruire un triangolo da tre rette che sono uguali alle tre rette

    date: occorre pertanto che due rette sommate in ogni modo sia maggiore

    della restante.

    (23) Costruire, sulla retta data e su un punto su di essa, un angolo

    rettilineo uguale all’angolo rettilineo dato.

    (24) Se due triangoli hanno i due lati rispettivamente uguali ai due lati,

    e hanno l’angolo compreso tra le rette uguali, maggiore dell’angolo, avranno

    anche la base maggiore della base.

    (25) Se due triangoli hanno i due lati rispettivamente uguali ai due lati, e

    hanno la base maggiore della base, avranno anche l’angolo, quello compreso

    dalle due rette uguali, maggiore dell’angolo.

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  • (26) Se due triangoli hanno due angoli rispettivamente uguali a due angoli

    e un solo lato, o quello agli angoli uguali oppure quello che si tende sotto uno

    solo degli angoli uguali, uguale a un solo lato, avranno anche i restanti lati

    rispettivamente uguali ai restanti lati, e il restante angolo al restante angolo.

    (27) Se una retta che incide su due rette forma gli angoli alterni uguali

    tra loro, le rette saranno parallele tra loro.

    (28) Se una retta che incide su due rette forma un angolo all’esterno

    uguale a quello all’interno e opposto e dalla stessa parte o quelli all’interno

    e dalla stessa parte uguale a due retti, le rette saranno parallele tra loro.

    (29) Una retta che incide su rette parallele forma sia gli angoli alterni

    uguali tra loro che quello all’esterno uguale all’interno e opposto che quelli

    all’interno dalla stessa parte uguali a due retti.

    (30) Rette parallele alla stessa retta sono anche parallele tra loro.7

    (31) Condurre una linea retta per il punto dato e parallela alla retta data.

    (32) Prolungato avanti uno solo dei lati di ogni triangolo, l’angolo al-

    l’esterno è uguale ai due all’interno e opposti, e i tre angoli all’interno del

    triangolo sono uguali a due retti.

    (33) Le rette che congiungono dalla stessa parte le rette sia uguali che

    parallele sono anche esse stesse sia uguali che parallele.

    (34) Sia i lati che gli angoli opposti dei parallelogrammi sono uguali tra

    loro, e la diagonale li seca a metà.7

    (35) I parallelogrammi che sono sulla stessa base e nelle stesse parallele

    sono uguali tra loro.

    (36) I parallelogrammi che sono su basi uguali e nelle stesse parallele sono

    uguali tra loro.

    (37) I triangoli che sono sulla stessa base e nelle stesse parallele sono

    uguali tra loro.

    (38) I triangoli che sono su basi uguali e nelle stesse parallele sono uguali

    tra loro.

    (39) I triangoli uguali che sono sulla stessa base e dalla stessa parte sono

    anche nelle medesime parallele.

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  • (40) I triangoli uguali che sono su basi uguali e dalla stessa parte sono

    anche nelle stesse parallele.

    (41) Se un parallelogrammo ha la stessa base di triangolo e sta nelle stesse

    parallele, il parallelogrammo è doppio del triangolo.

    (42) Costruire nell’angolo rettilineo dato un parallelogrammo uguale al

    triangolo dato.

    (43) I completamenti dei parallelogrammi intorno alla diagonale di ogni

    parallelogrammo sono uguali tra loro.

    (44) Applicare alla retta data, nell’angolo rettilineo dato, un parallelo-

    grammo uguale al triangolo dato.

    (45) Costruire nell’angolo rettilineo dato un parallelogrammo uguale alla

    figura rettilinea data.

    (46) Descrivere sulla retta data un quadrato.

    (47) Nei triangoli rettangoli il quadrato sul lato che sottende l’angolo

    retto è uguale ai quadrati sui lati che comprendono l’angolo retto.

    (48) Se il quadrato su uno solo dei lati di un triangolo è uguale ai quadrati

    sui restanti due lati del triangolo, l’angolo compreso dai restanti due lati del

    triangolo è retto.

    Commenti:

    I primi tre postulati postulano l’esistenza di riga e compasso. Il quarto

    postulato sembra postulare che il piano sia omogeneo. Il quinto postulato ha

    tutta una storia a parte.

    (1) Perchè le due circonferenze nella costruzione del triangolo equilatero si

    intersecano? Nel piano cartesiano sul campo razionale Q2 valgono gli assiomied i postulati. Ma se (0, 0) e (1, 0) sono due vertici di un triangolo equilatero,

    il terzo vertice (1/2,±√

    3/2) non esiste.

    (2) Perché una costruzione cos̀ı complicata? Il compasso di Euclide

    sollevato dal piano si richiude!

    (4), (8), (26) Criteri di uguaglianza dei triangoli.

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  • (4) La dimostrazione utilizza i movimenti rigidi del piano, che non sono

    tra gli assiomi o i postulati. Se fosse possibile spostare una retta sopra

    un’altra retta, il quarto postulato sarebbe superfluo. Nei ”Fondamenti della

    Geometria” di Hilbert il primo criterio di uguaglianza dei triangoli è un

    assioma.

    (5) ”Pons asinorum”. Qui casca l’asino. È il primo vero teorema non

    banale negli Elementi. Una dimostrazione alternativa dovuta a Pappo è la

    seguente. Se il lato AB è uguale al lato AC, allora i triangoli BAC e CAB

    sono uguali per il primo criterio di uguaglianza. Quindi l’angolo in B è uguale

    all’angolo C.

    (16) La proposizione è una conseguenza immediata del fatto che la somma

    degli angoli interni di un triangolo è un angolo piatto. Perchè una dimostra-

    zione cos̀ı complicata? Euclide non vuole ancora usare il quinto postulato!

    La dimostrazione utilizza implicitamente degli assiomi di ordinamento. Una

    retta divide il piano in due parti disconnesse.

    (27) (28) (29) Le proposizioni (27) e (28) non dipendono dal quinto po-

    stulato. La proposizione (29) è la prima proposizione che utilizza il quinto

    postulato, ed è di fatto equivalente ad esso. L’esistenza di parallele è conse-

    guenza dei primi quattro postulati, l’unicità dopende dal quinto. Molti sono

    stati i tentativi di provare che il quinto postulato è un teorema conseguente

    ai primi quattro postulati.

    Postulati equivalenti al quinto:

    Posidonio (I secolo a.C.): Due rette parallele sono equidistanti.

    Proclo (V secolo d.C.): Date due parallele, ogni retta che interseca una

    di queste, interseca anche l’altra.

    Clavius (1538-1612): Il luogo dei punti equidistanti da una retta e da una

    stessa parte del piano è una retta.

    J.Wallis (1616-1703): Esistono triangoli simili, con angoli uguali ma con

    dimensioni diverse.

    A.M.Legendre (1752-1833): La somma degli angoli interni di un triangolo

    è due angoli retti.

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  • F.Bolyai (1775-1856): Per tre punti non allineati passa sempre una cir-

    conferenza.

    C.F.Gauss (1777-1855): Esistono triangoli con area arbitrariamente gran-

    de.

    Il postulato di Proclo è equivalente al postulato di Playflair (1748-1819)

    che per un punto è possibile tracciare una ed una sola parallela ad una retta

    data. Il postulato si può negare in due modi: Non esistono rette parallele, o

    di parallele ce n’è più di una.

    (35) (36) (41) In teoria della misura si postula che l’area di un rettangolo

    è base per altezza. In Euclide non c’è misura di segmenti o di aree. Conse-

    guenza delle proposizioni: L’area di un parallelogrammo è base per altezza,

    l’area di un triangolo è base per altezza diviso due.

    (47) Il teorema più famoso al mondo!

    Se ABDE e ACFG sono parallelo-

    grammi costruiti sui lati di un trian-

    golo ABC, se H è l’intersezione del

    prolungamento dei lati DE e FG,

    se sul lato BC si costruisce un pa-

    rallelogramma BCLM con due la-

    ti uguali e paralleli ad AH, allora

    ABDE + ACFG = BCLM .

    Figura 1.2: Teorema (Pappo)

    Libro V - Definizioni:

    (1) Un rapporto è una relazione rispetto alla quantità fra due grandezze

    omogenee.

    (2) Delle grandezze hanno un rapporto se, moltiplicate, sono capaci di

    eccedersi tra loro.

    (3) Delle grandezze hanno lo stesso rapporto, la prima rispetto alla secon-

    da e la terza rispetto alla quarta, quando presi comunque degli equimultipli

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  • della prima e della terza e presi comunque degli equimultipli della della secon-

    da e della quarta, i primi equimultipli sono rispettivamente maggiori, uguali,

    o minori dei secondi presi nell’ordine corrispondente.

    (4) Sono in proporzione le grandezze che hanno lo stesso rapporto.

    Libro VI - Definizioni:

    (1) Figure rettilinee simili sono quelle che hanno angoli corrispondenti

    uguali e i lati intorno agli angoli uguali in proporzione.

    Libro VI - Proposizioni:

    (1) Triangoli e parallelogrammi che sono sotto la stessa altezza stanno tra

    loro come le basi.

    (2) Se una retta è condotta parallela a uno solo dei lati di un triangolo,

    allora seca i lati del triangolo in proporzione. E se i lati del triangolo sono

    secati in proporzione, allora la retta congiungente i punti delle sezioni è

    parallela al restante lato del triangolo.

    (3) Se un angolo di un triangolo è secato a metà da una retta che seca

    anche la base, allora i segmenti della base hanno lo stesso rapporto dei restanti

    lati del triangolo; e, se segmenti della base hanno lo stesso rapporto dei

    restanti lati del triangolo, allora la retta che congiunge il vertice con la sezione

    secherà a metà l’angolo del triangolo.

    (4) Nei triangoli equiangoli i lati intorno agli angoli uguali sono in pro-

    porzione, e omologhi quelli che si tendono sotto gli angoli uguali.

    (5) Se due triangoli hanno i loro lati in proporzione, allora i triangoli sono

    equiangoli e hanno uguali gli angoli sotto cui si tendono i lati omologhi.

    (6) Se due triangoli hanno un solo angolo uguale a un solo angolo e i lati

    intorno agli angoli uguali in proporzione, allora i triangoli sono equiangoli e

    hanno uguali gli angoli sotto cui si tendono i lati omologhi.

    (7) Se due triangoli hanno un solo angolo uguale a un solo angolo, e

    intorno ad un altro angolo i lati in proporzione, e i restanti angoli insieme

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  • o minori o non minori di un retto, allora i triangoli sono equiangoli e hanno

    uguali gli angoli intorno a cui sono i lati in proporzione.

    (8) Se in un triangolo rettangolo è tracciata una perpendicolare dall’an-

    golo retto alla base, allora i triangoli alla perpendicolare sono simili sia a

    quello totale che tra loro.

    Corollario: Se in un triangolo rettangolo è tracciata una perpendicolare

    dall’angolo retto alla base, allora la retta cos̀ı condotta è media proporzionale

    tra i segmenti della base.

    (9) Sottrarre la parte prescritta dalla retta data.

    (10) Secare la retta insecata data similmente a quella secata data.

    (11) Trovare una terza proporzionale di due rette date.

    (12) Trovare una quarta proporzionale di tre rette date.

    (13) Trovare una media proporzionale di due rette date.

    (14) In parallelogrammi sia uguali sia equiangoli, i lati intorno agli angoli

    uguali sono in relazione inversa; e i parallelogrammi, nei quali i lati intorno

    agli angoli uguali sono in relazione inversa, sono uguali.

    (15) In triangoli uguali che hanno un solo angolo uguale a un solo angolo,

    i lati intorno agli angoli uguali sono in relazione inversa; e quei triangoli che

    hanno un solo angolo uguale a un solo angolo, e nei quali i lati intorno agli

    angoli uguali sono in relazione inversa, sono uguali.

    (16) Se quattro rette sono in proporzione, allora il rettangolo compreso

    dagli estremi uguali è uguale al rettangolo compreso dai medi; e, se il rettan-

    golo compreso dagli estremi uguali è uguale al rettangolo compreso dai medi,

    allora le quattro rette sono in proporzione.

    (17) Se tre rette sono in proporzione, allora il rettangolo compreso dagli

    estremi è uguale al quadrato sul medio; e, se il rettangolo compreso dagli

    estremi è uguale al quadrato sul medio, allora le tre rette sono in proporzione.

    (18) Descrivere sulla retta data una figura rettilinea sia simile sia posta

    similmente alla figura rettilinea data.

    (19) Triangoli simili sono tra loro in rapporto raddoppiato di quello dei

    lati omologhi.

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  • Corollario: Se tre rette sono in proporzione, allora la prima sta alla terza

    come la figura descritta sulla prima sta a quella che è simile e similmente

    descritta alla seconda.

    (20) I poligoni simili si dividono in triangoli sia simili sia in triangoli uguali

    in molteplicità che omologhi ai totali, e il poligono rispetto al poligono ha

    rapporto raddoppiato di quello che il lato omologo ha rispetto al lato omologo.

    Corollario: Figure rettilinee simili stanno tra loro come il rapporto rad-

    doppiato dei lati omologhi.

    (21) Figure simili alla stessa figura rettilinea sono pure simili tra loro.

    (22) Se quattro rette sono in proporzione, allora le figure rettilinee simili

    o descritte similmente su di esse sono in proporzione; e, se le figure rettilinee

    simili o descritte similmente su di esse sono in proporzione, allora le rette

    sono in proporzione tra loro.

    (23) Parallelogrammi equiangoli tra loro hanno come rapporto quello

    composto dai rapporti dei lati.

    (24) I parallelogrammi intorno alla diagonale di ogni parallelogrammo

    sono simili sia a quello totale che tra loro.

    (25) Costruire una figura simile a una figura rettilinea data e uguale ad

    un’altra data.

    (26) Se da un parallelogrammo è sottratto un parallelogrammo, sia simile

    a quello totale sia posto similmente, che ha con esso un angolo comune, allora

    esso è sulla stessa diagonale di quello totale.

    (27) Di tutti i parallelogrammi applicati alla stessa retta e deficienti di

    figure parallelogrammiche sia simili che poste similmente a quella descritta

    sulla metà della retta, è massimo quel parallelogrammo che è applicato sulla

    metà della retta ed è simile al difetto.

    (28) Applicare a una data retta un parallelogrammo uguale a una fi-

    gura rettilinea data e deficiente di una figura parallelogrammica simile alla

    data; occorre pertanto che la figura rettilinea data non sia maggiore del

    parallelogrammo descritto sulla metà della retta e simile al difetto.

    (29) A una retta data applicare un parallelogrammo uguale a una figura

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  • rettilinea data ed eccedente di una figura parallelogrammica simile a una

    data.

    (30) Secare la retta limitata data in rapporto estremo e medio.

    (31) Nei triangoli rettangoli la figura descritta sul lato che sottende l’an-

    golo retto è uguale alla somma delle figure simili e similmente descritte sui

    lati che contengono l’angolo retto.

    (32) Se due triangoli aventi due lati proporzionali ai due lati sono composti

    secondo un solo angolo cos̀ı da essere i loro lati onologhi anche paralleli, allora

    i restanti lati dei triangoli sono in linea retta.

    (33) In cerchi uguali gli angoli hanno lo stesso rapporto degli archi sui cui

    insistono, sia qualora insistano sui centri sia sulle circonferenze.

    Commenti:

    Si definisce il rapporto A/B a partire dai rapporti tra interi n/n: A :

    B = C : D se e solo da mA = nB segue mC = nD, da mA < nB segue

    mC < nD, da mA > nB segue mC > nD.

    (2) Il teorema di Talete!

    (4) (5) (6) (7) Criteri di similitudine di triangoli.

    (20) La aree sono quadrati di lunghezze.

    (31) Il teorema di Pitagora! Corollario: Le lunule di Ippocrate e Leonar-

    do da Vinci.

    Osservazione:

    Per il teorema di Talete l’equazione della retta nel piano cartesiano è

    y = mx + q. Per il teorema di Pitagora l’equazione del cerchio è (x− a)2 +(x− b)2 = r2.

    Assiomi di Hilbert nei ”Fondamenti della geometria” 1899.

    Concetti e relazioni primitive:

    Ci sono tre insiemi indefiniti ma distinti: Punti, Rette, Piani (Tavoli,

    Sedie, Boccali di Birra...). Tra gli elementi di questi insiemi ci sono delle

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  • relazioni:

    Un punto può essere contenuto in una retta o in un piano, una retta può

    essere contenuta in un piano.

    Dei punti sono allineati se sono contenuti in una retta, sono complanari

    se sono contenuti in un piano.

    Un punto può stare in mezzo ad altri due.

    Il segmento fra due punti è la porzione di retta compresa tra i punti.

    Un angolo è l’insieme dei punti in un piano compresi tra due semirette

    con origine comune.

    Segmenti e angoli possono essere congruenti.

    Assiomi di collegamento:

    (1) Due punti distinti dello spazio individuano una retta.

    (2) Ogni coppia di punti di una retta individua la retta.

    (3) Tre punti non allineati dello spazio individuano un piano.

    (4) Qualsiasi terna di punti non allineati di un piano individua il piano.

    (5) Se due punti di una retta giacciono su un piano, tutti i punti della

    retta giacciono sul piano.

    (6) Se due piani hanno un punto in comune, avranno almeno un secondo

    punto in comune.

    (7) Ogni retta contiene almeno due punti, ogni piano contiene almeno tre

    punti non allineati.7

    (8) Esistono almeno quattro punti che non giacciono sullo stesso piano.

    Assiomi di ordinamento:

    (1) Se tre punti A, B, C sono allineati e se A sta tra B e C, allora A sta

    anche tra C e B.

    (2) Per ogni coppia di punti A e C, sulla retta per A e C esiste un punto

    B tra A e C, ed un punto D tale che C risulta tra A e D.

    (3) Dati tre punti allineati, ce n’è esattamente uno che giace tra gli altri

    due.

    (4) (Pasch) Dati tre punti non allineati A, B, C, contenuti in un piano,

    ed una retta r nel piano che non contiene nessuno dei tre punti, se la retta

    14

  • contiene un punto del segmento AB, allora contiene anche un punto di uno

    dei due segmenti AC e BC.

    Assioma delle parallele:

    Dati una retta r ed un punto A non in r, nel piano che contiene entrambi

    esiste al più una retta che contiene A e non contiene punti di r.

    Assiomi di congruenza:

    (1) Se A e B sono due punti di una retta r e se C è un punto sulla stessa

    retta ovvero su un’altra, esiste un punto D da una data parte della retta

    rispetto ad C, tale che il segmento AB sia congruente al segmento CD.

    (2) La relazione di congruenza tra segmenti è transitiva. Se CD e EF

    sono entrambi congruenti ad AB, allora CD e EF sono congruenti tra loro.

    (3) Se AB e BC sono segmenti su una retta r privi di punti interni comuni,

    se DE e EF sono segmenti su una retta s privi di punti interni comuni, se

    AB e DE sono congruenti e se BC e EF sono congruenti, allora anche i

    segmenti AC e DF sono congruenti.

    (4) Se ÂBC è un angolo e DE una semiretta, esistono e sono uniche

    due semirette DF e DG, tali che gli angoli ÊDF e ĜDE sono congruenti

    all’angolo ÂBC.

    (5) La relazione di congruenza tra angoli è transitiva. Se gli angoli D̂EF e

    ĜHI sono entrambi congruenti ad ÂBC, allora D̂EF e ĜHI sono congruenti

    tra loro.

    (6) (Primo dei criteri di congruenza dei triangoli) Se nei triangoli ABC

    e DEF i lati AB e DE sono congruenti, i lati BC e EF sono congruenti,

    e gli angoli in B e E sono congruenti, allora i triangoli ABC e DEF sono

    congruenti.

    Assiomi di continuità:

    (1) (Archimede) Se AB e CD sono due segmenti qualsiasi, sulla retta

    contenente AB esiste una successione di punti A(0) = A, A(1), A(2), . . . ,

    A(n), tali che i segmenti A(j)A(j + 1) sono congruenti a CD e tali che B

    giace tra A(0) e A(n).

    15

  • (2) (Completezza). Ad un sistema di punti, rette e piani è impossibile

    aggiungere altri elementi geometrici in modo che il sistema cos̀ı generalizza-

    to formi una nuova geometria obbediente a tutti i venti assiomi preceden-

    ti. In altre parole gli elementi della geometria formano un sistema che non

    è suscettibile di estensione, ammesso che si considerino validi i precedenti

    assiomi.

    Figura 1.3: Lunule di Ippocrate e Leonardo da Vinci. Codice Atlantico

    16

  • Capitolo 2

    Riga e compasso

    Personaggi:

    Euclide: Assiomi di riga e compasso.

    Cartesio: ”La Géométrie”.

    Gauss: ”Disquisitiones Arithmeticae”.

    La geometria di Euclide è costruttiva, ed

    i suoi strumenti sono la riga ed il compas-

    so.

    Posulati della geometria di riga e

    compasso:

    (RC-1) Si può tracciare una retta per due

    punti.

    (RC-2) Si può trovare l’intersezione tra due rette.

    (RC-3) Si può tracciare una circonferenza di centro e raggio dati.

    (RC-4) Si può trovare l’intersezione tra una retta ed un cerchio.

    (RC-5) Si può trovare l’intersezione tra due cerchi.

    17

  • Figura 2.1: ”La Géométrie” di Cartesio

    Cartesio osserva che questi postulati, geometricamente evidenti, hanno

    una interpretazione algebrica. Partendo da due punti, si può definire come

    unità di misura la distanza tra questi punti, e con riga e compasso si può

    tracciare la retta congiungente e la perpendicolare a questa retta per uno

    dei punti. Si ottiene cos̀ı in un sistema di assi cartesiani un punto di coor-

    dinate (0, 0) ed uno di coordinate (1, 0). Per il teorema di Talete le rette

    sono i punti (x, y) soluzioni di equazioni di primo grado αx + βy = γ, e per

    il teorema di Pitagora i cerchi sono soluzioni di equazioni di secondo grado

    (x − α)2 + (y − β)2 = ρ2. Con riga e compasso si possono trovare i punticon coordinate ottenibili a partire dai numeri 0 e 1 con un numero finito di

    somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, estrazioni di radici quadrate.

    Questo è conseguenza del fatto che analiticamente l’intersezione tra rette e

    cerchi porta a risolvere equazioni di primo e secondo grado, cosa che richie-

    de appunto delle somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, estrazioni di

    18

  • radici quadrate.

    Teorema: Dati dei segmenti di lunghezza a e b, con riga e compasso si

    possono costruire i segmenti di lunghezza a+ b, a− b, a× b, a : b, e√a.

    Dimostrazione: Vedi gli ”Elementi” di Eulide o la ”Geometria” di

    Cartesio. �

    OA

    OB=OC

    OD,

    OA ·OD = OB ·OC.

    AH ·HB = CH2,CH =

    √AH ·HB.

    Figura 2.2: Moltiplicazione e divisione. Estrazione di radice

    Corollario: I poligoni regolari con 3, 4, 5, 6 lati iscritti in un cerchio di

    raggio uno, che hanno lati rispettivamente√

    3,√

    2,√

    (5−√

    5)/2, 1, sono

    costruibili con riga e compasso.

    Teorema: Se è possibile costruire un poligono regolare con pq lati, è an-

    che possibile costruire quelli con p lati o q lati. Se è possibile costruire un

    poligono regolare con p lati, è anche possibile costruire quello con 2p lati. Se i

    poligoni con p e q lati sono costruibili, e se p e q non hanno divisori comuni,

    anche il poligono con pq lati è costruibile.

    Dimostrazione: Se è possibile costruire un poligono regolare con pq lati,

    congiungendo i vertici di indici 1, p, 2p, ..., si ottiene un poligono regolare con

    q lati. Viceversa, se sono costruibili i poligoni con p e q lati, p e q primi tra

    loro, anche il poligono con pq lati è costruibile. Basta costruire due poligoni

    19

  • con p e q lati inscritti nella stessa circonferenza e con un vertice in comune,

    congiungendo un opportuno vertice del primo poligono con uno del secondo

    si ottiene il lato cercato. Infatti, wm = exp(2πim/p) e zn = exp(2πin/q)

    sono i vertici di poligoni regolari con p e q lati inscritti nella circonferenza

    con centro nell’origine e raggio uno. Si ha wm − zn = zn(wmz−n − 1) ewmz−n = exp(2πi(mq − np)/pq) e, se p e q sono primi tra loro, esistono me n con mq − np = ±1. Quindi dati exp(2πi/p) e exp(2πi/q) è possibiletrovare exp(2πi/pq). Infine, dato un poligono con p lati, bisecando gli angoli

    al centro se ne costruisce uno con 2p lati. �

    Teorema: Un punto (x, y) nel piano è costruibile con riga e compasso a

    partire dai punti (0, 0) e (1, 0) se e solo se il numero complesso x + iy è in

    una estensione quadratica iterata del campo dei numeri razionali.

    Dimostrazione: Prima di dimostrare il teorema, ricordiamo qualche

    nozione di teoria dei campi ed equazioni algebriche. Dato un campo K ed

    un elemento α, il campo K(α) è il più piccolo campo che contiene sia K

    che α. Più esplicitamente, se α è in K allora K(α) = K, e se α non è

    in K allora K(α) può essere identificato con tutte le espressioni razionali

    {A(α)/B(α)}, con A(α) e B(α) 6= 0 polinomi in α e con le usuali operazionialgebriche. Se α è radice di un polinomio algebrico P (x) di grado n > 1 con

    coefficienti in K ed irriducibile in K, cioè se P (x) non si fattorizza in K e

    se P (α) = 0, dividendo A(x) e B(x) per P (x) si ottiene A(x) = C(x)P (x) +

    D(x) e B(x) = E(x)P (x) + F (x), quindi A(α) = D(α) e B(α) = F (α).

    E se P (x) è irriducibile in K, allora F (x) e P (x) sono primi tra loro, ed

    esistono due polinomi G(x) e H(x) tali che G(x)F (x) + H(x)P (x) = 1.

    Quindi, G(α) = 1/F (α). Quindi, A(α)/B(α) = D(α)G(α). Infine, dividendo

    D(x)G(x) per P (x) si può sostituire a D(α)G(α) un resto di grado minore

    di n. Concludendo, se P (x) è irriducibile e se P (α) = 0, alle espressioni

    {A(α)/B(α)} si possono sostituire le espressioni {aαn−1+bαn−2+...+cα+d}.Se p è numero primo e se k un elemento di K con p

    √k non in K, il polinomio

    20

  • xp− k è irriducibile in K. Una equazione algebrica P (x) = 0 con coefficientiin un campo K ha una soluzione radicale α se esiste una catena di campi K =

    K0 ⊂ K1 ⊂ K2 ⊂ K3 ⊂ ... tali che α ∈ Kn per un qualche n, e Kj+1 = Kj(ζ),con ζp = k ∈ Kj con p primo e xp−k irriducibile in Kj. Cioè, ad ogni passo daKj a Kj+1 si aggiungono le radici più semplici possibili, quelle di polinomi

    irriducibili xp − k con p primo. La restrizione ad esponenti primi derivadall’osservazione che pq

    √k =

    p√

    q√k. Dati due campi H ⊂ K, si può vedere il

    più grande come spazio vettoriale sul più piccolo. Se [K : H] è la dimensione

    di questo spazio vettoriale e se H ⊂ K ⊂ L, allora [L : H] = [L : K][K : H].Un numero α è radice di un polinomio di grado n con coefficienti in K se e solo

    se 1, α, a2, ..., αn sono linearmente dipendenti su K. Se inoltre 1, α, a2, ...,

    αn−1 sono linearmente indipendenti, gli elementi del più piccolo campo K(α)

    che contiene sia K che α hanno la rappresentazione k0 +k1α+ ...+kn−1αn−1,

    con kj in K. In particolare, α è algebrico su K se e solo se [K(α) : K] < +∞.L’equazione [K(α, β) : K] = [K(α, β) : K(α)][K(α) : K] mostra infine che

    se α e β sono algebrici su K, allora anche α± β, α · β e α/β sono algebrici.Quindi i numeri algebrici formano un campo. Le estensioni di campo che

    intervengono nelle costruzioni con riga e compasso sono quadratiche. Per

    queste estensioni si può riassumere quanto sopra come segue. Se k è un

    elemento di un campo K e se√k non appartiene a K, il più piccolo campo

    K(√k) che contiene sia K che

    √k può essere identificata con le espressioni

    della forma u+ v√k, con u e v in K.

    Dopo queste premesse, il teorema diventa ovvio. Con riga e compasso si

    possono trovare i punti con coordinate ottenibili a partire dai numeri 0 e 1

    con un numero finito di somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, estra-

    zioni di radici quadrate. Questo è conseguenza del fatto che analiticamente

    l’intersezione tra rette e cerchi porta a risolvere equazioni di primo e secondo

    grado, cosa che richiede appunto delle somme, sottrazioni, moltiplicazioni,

    divisioni, estrazioni di radici quadrate. �

    Corollario: Una estensione quadratica ha dimensione una potenza di

    21

  • 2. È impossibile risolvere con riga e compasso delle generiche equazioni con

    grado primo p > 2, che portano ad estensioni di grado multiplo di p.

    Dimostrazione: Siccome ogni estensione quadratica ha grado due, la

    dimensione di un campo K costruibile con riga e compasso come spazio

    vettoriale sui razionali Q è una potenza di due, [K : Q] = 2n. Una gene-rica equazione di grado primo p > 2 genera una estensione di grado mul-

    tiplo di p, che non può essere contenuta in una estensione di grado 2n. In

    parole povere, non si possono ottenere delle radici di ordine p mettendo

    insieme delle radici quadrate. Se p√n è contenuto in un campo K, allora

    [K : Q] = [K : Q( p√n)][Q( p

    √n) : Q]. �

    È semplice trovare le radici razionali di un polinomio axn + bxn−1 + ...+

    cx+ d. Se p/q è una radice, con (p, q) = 1, allora

    apn + bpn−1q + ...+ cpqn−1 + dqn = 0.

    Quindi q divide a e p divide d.

    q(bpn−1 + ...+ cpqn−2 + dqn−1) = −apn,

    p(apn−1 + bpn−2q + ...+ cqn−1) = −dqn.

    Elencando le coppie di divisori di a e d, si trovano le eventuali radici.

    Corollario: Se una equazione di terzo grado con coefficienti interi non

    ha una radice razionale, allora nessuna radice è contenuta in una estensione

    quadratica iterata del campo razionale.

    Dimostrazione: È un corollario dei risultati sopra enunciati, ma ridi-

    mostriamolo in altro modo. Se una radice è in una estensione quadratica dei

    razionali, allora tutte e tre le radici sono in una estensione quadratica dei

    razionali. Infatti, data una radice, le altre due si ottengono risolvendo una

    equazione di secondo grado. Assumiamo che x sia una radice di un polinomio

    22

  • x3 + ax2 + bx + c = 0 a coefficienti razionali ed esista una catena di campi

    Q = K0 ⊂ K1 ⊂ ... ⊂ Kn con Kj estensione quadratica di Kj−1 e x in Kn.Assumiamo inoltre questo indice n minimale, cioè nessuna radice del polino-

    mio appartenga ad estensioni quadratiche di lunghezza minore di n. Posto

    x = u+ v√k e y = u− v

    √k, con u, v, k in Kn−1 ma

    √k non in Kn−1, si ha

    (u± v√k)3 + a(u± v

    √k)2 + b(u± v

    √k) + c

    = (u3 + 3uv2k + au2 + av2k + bu+ c)± (3u2v + v3k + 2auv + bv)√k.

    Se x = u+v√k è una radice del polinomio, allora u3+3uv2k+au2+av2k+

    bu+c = 0 e 3u2v+v3k+2auv+bv = 0. Quindi anche y = u−v√k è una radice

    e questo implica che la terza radice del polinomio z = −x− y− a = −2u− aappartiene a Kn−1, in contraddizione con la minimalità di n. �

    Corollario: La trisezione dell’angolo e la duplicazione del cubo sono im-

    possibili con riga e compasso.

    Dimostrazione: L’equazione x3 − 2 = 0 non ha radici razionali, quindineppure in estensioni quadratiche del campo razionale. Quindi la duplica-

    zione del cubo con riga e compasso è impossibile. Dalla formula cos(ϑ) =

    4 cos3(ϑ/3)− 3 cos(ϑ/3) si deduce che se ϑ è l’angolo da dividere in tre par-ti uguali e x = cos(ϑ/3) l’incognita, si deve avere 4x3 − 3x = cos(ϑ). Inparticolare, se ϑ = π/3 si ha 8x3 − 6x = 1. Sostituendo ad x un numerorazionale p/q si ottiene 2p(4p2 − 3q2) = q3, ma questa uguaglianza con p eq primi tra loro è impossibile. Quindi il polinomio 8x3 − 6x − 1 = 0 nonha radici razionali, e neppure in estensioni quadratiche del campo raziona-

    le. È impossibile trisecare con riga e compasso un angolo di sessanta gradi. �

    Le radici del polinomio zn − 1 = 0 sono z = exp(2πik/n), k = 0, 1, 2, ...e sono i vertici di un poligono regolare con n lati inscritto nella circonfe-

    renza |z| = 1. Per individuare questi vertici è sufficiente determinarne leascisse (z + 1/z)/2 = cos(2πk/n), o le ordinate (z − 1/z)/2i = sin(2πk/n).

    23

  • Gauss ha mostrato che la costruzione dei poligoni regolari è equivalente alla

    fattorizzazione dell’equazione

    zn − 1 = (z − 1)(zn−1 + zn−2 + ...+ z + 1) = 0.

    Il problema è fattorizzare il polinomio ciclotomico zn−1 +zn−2 + ...+z+1.

    Se n = 3 si ha

    z2 + z + 1 = z((z + 1/z) + 1),

    cos(2π/3) = (z + 1/z)/2 = −1/2.

    Se n = 5 si ha

    z4 + z3 + z2 + z + 1 = z2((z + 1/z)2 + (z + 1/z)− 1

    ),

    cos(2π/5) = (z + 1/z)/2 = (√

    5− 1)/4.

    Se n = 7,

    z6 +z5 +z4 +z3 +z2 +z+1 = z3((z + 1/z)3 + (z + 1/z)2 − 2(z + 1/z)− 1

    ).

    Quindi, se z 6= 1 è un vertice dell’eptagono, x = z + 1/z è soluzionedell’equazione x3+x2−2x−1 = 0. Sostituendo ad x un numero razionale p/qsi ottiene p(p2 +pq−2q2) = q3, un’uguaglianza impossibile. L’equazione nonha radici razionali e quindi neanche radici in estensioni quadratiche iterate

    del campo razionale. Se z fosse costruibile, anche x = z+1/z lo sarebbe, cosa

    che abbiamo appena mostrato essere falsa. Quindi l’eptagono regolare non è

    costruibile con riga e compasso. Per la costruzione è però sufficiente risolvere

    un’equazione di terzo grado, o trisecare un angolo. Infatti dalle formule di

    Cardano o da quelle di Viète si ottiene

    cos(2π/7) =1

    12

    (3√

    28(3

    √1 + 3

    √−3 + 3

    √1− 3

    √−3)− 2

    )

    =6√

    21952

    6cos

    (arctan(3

    √3)

    3

    )− 1

    6.

    24

  • I diari di Carl Friedrich Gauss (1777-1855) iniziano il 30 Marzo 1796 con

    ”Principia quibus innititur sectio circuli, ac divisibilitus eiusdem geometri-

    ca in septemdecim partes etc.”. Nel Giugno dello stesso anno annuncia la

    scoperta nella ”Gazzetta letteraria” di Jena: ”Nuove scoperte: Ogni novizio

    in geometria sa che è possibile costruire geometricamente, cioè con riga e

    compasso, diversi poligoni regolari, un triangolo, un pentagono, un poligono

    con 15 lati, ed ogni altro poligono ottenibile a partire da questi raddoppiando

    ripetutamente il numeri dei lati. Questo era già noto ai tempi di Euclide e, a

    partire da allora, sembra che l’opinione comune sia stata che il dominio della

    geometria elementare non sorpassasse questi limiti, o almeno io non sono a

    conoscenza di tentativi riusciti di sorpassarli. Mi sembra quindi degno di no-

    ta che, oltre a questi poligoni regolari, è possibile costruirne molti altri, per

    esempio un poligono con 17 lati. Questa scoperta è essenzialmente un mero

    corollario di una teoria ben più estesa, ma non ancora completa. Una volta

    completata, sarà offerta al pubblico. C.F. Gauss, da Braunschweig, studen-

    te a Göttingen”. La scoperta viene pubblicata nel capitolo ”Sulle equazioni

    che definiscono le sezioni di un cerchio” delle ”Disquisitiones arithmeticae”

    (1801).

    Se G è il gruppo moltiplicativo delle classi di resto modulo p e se H è un

    sottogruppo di G, si può decomporre G nei laterali di H. In particolare, se

    p − 1 = ab e se g è una radice primitiva di p, allora {gja}b−1j=0 è sottogruppomoltiplicativo e

    {1, 2, ..., p− 1} =⋃

    a−1k=0{g

    ja+k}b−1j=0.

    Un periodo è la somma delle radici in un laterare di H in G, e le ab radici

    dell’equazione ciclotomica si possono dividere in a periodi, ciascuno con b

    radici,

    (b, k) =b−1∑j=0

    exp(2πigja+k/p).

    In particolare, il periodo con tutte le radici è (p− 1, 0) = −1, ed i periodicon un unico termine sono le radici (1, j) = exp(2πigj/p). Con calcoli esplici-

    ti, o come Gauss ”concentrandosi profondamente”, si può verificare che ogni

    25

  • periodo con b termini è funzione razionale di un qualunque altro periodo con

    b termini. Inoltre, se b divide c, ogni periodo con b termini è radice di una

    equazione di grado c/b con coefficienti funzioni razionali dei periodi con c

    termini. Quindi, se abc... + 1 è primo, si può ricondurre la soluzione dell’e-

    quazione zabc...+1 = 1 ad una equazione di grado a con coefficienti che sono

    soluzioni di un’equazione di grado b con coefficienti che sono soluzioni di una

    equazione di grado c, ... fino ad un’ultima equazione con coefficienti interi.

    Gauss presenta due esempi espliciti, p = 19 e p = 17. Se p−1 = 18 = 3×3×2,l’equazione ciclotomica si riconduce a due equazioni di terzo grado ed una di

    secondo. Se p−1 = 16 = 2×2×2×2, l’equazione ciclotomica si riconduce aquattro equazioni di secondo grado. Più precisamente, se p = 17, si possono

    ordinare le potenze di ζ = exp(2πi/17) secondo la successione 3n modulo 17,

    30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 310 311 312 313 314 315

    1 3 9 10 13 5 15 11 16 14 8 7 4 12 2 6

    Partendo dai sottogruppi {3n}15n=0 ⊃ {32n}7n=0 ⊃ {34n}3n=0 ⊃ {38n}1n=0 ⊃{30} e rispettivi laterali, si arriva ai periodi

    (16, 0) = ζ+ζ3+ζ9+ζ10+ζ13+ζ5+ζ15+ζ11+ζ16+ζ14+ζ8+ζ7+ζ4+ζ12+ζ2+ζ6

    {(8, 0) = ζ + ζ9 + ζ13 + ζ15 + ζ16 + ζ8 + ζ4 + ζ2

    (8, 1) = ζ3 + ζ10 + ζ5 + ζ11 + ζ14 + ζ7 + ζ12 + ζ6

    (4, 0) = ζ + ζ13 + ζ16 + ζ4

    (4, 1) = ζ3 + ζ5 + ζ14 + ζ12

    (4, 2) = ζ9 + ζ15 + ζ8 + ζ2

    (4, 3) = ζ10 + ζ11 + ζ7 + ζ6

    26

  • (2, 0) = ζ + ζ16

    (2, 1) = ζ3 + ζ14

    (2, 2) = ζ9 + ζ8

    (2, 3) = ζ10 + ζ7

    (2, 4) = ζ13 + ζ4

    (2, 5) = ζ5 + ζ12

    (2, 6) = ζ15 + ζ2

    (2, 7) = ζ11 + ζ6

    .

    Con dei calcoli espliciti o ”concentrandosi profondamente”, si può verifi-

    care che negli 8 + 8 termini di (8, 0) + (8, 1) compare ogni potenza ζn con

    1 ≤ n ≤ 16, e che negli 8 · 8 termini di (8, 0) · (8, 1) ogni potenza ζn compare4 volte. E lo stesso per le somme e prodotti degli altri periodi. Si ottiene

    quindi una struttura ad albero,

    (16, 0) = −1{(8, 0) + (8, 1) = (16, 0)

    (8, 0) · (8, 1) = 4(16, 0){(4, 0) + (4, 2) = (8, 0)

    (4, 0) · (4, 2) = (16, 0)

    {(4, 1) + (4, 3) = (8, 1)

    (4, 1) · (4, 3) = (16, 0){(2, 0) + (2, 4) = (4, 0)

    (2, 0) · (2, 4) = (4, 1)

    {(2, 1) + (2, 5) = (4, 1)

    (2, 1) · (2, 5) = (4, 2){(2, 2) + (2, 6) = (4, 2)

    (2, 2) · (2, 6) = (4, 3)

    {(2, 3) + (2, 7) = (4, 3)

    (2, 3) · (2, 7) = (4, 0)

    Quindi i periodi (8, j) sono soluzioni di una equazione quadratica con

    coefficienti interi, x2 + x− 4 = 0,{(8, 0) + (8, 1) = −1,(8, 0) · (8, 1) = −1,

    {(8, 0) = (−1 +

    √17)/2,

    (8, 1) = (−1−√

    17)/2.

    Similmente, i periodi (4, j) sono soluzioni di equazioni quadratiche con

    coefficienti (8, j), ed i (2, j) sono soluzioni di equazioni quadratiche con

    27

  • coefficienti (4, j). Infine, (2, 0) = 2 cos(2π/17),

    cos(2π/17) =

    1

    16

    (−1 +

    √17 +

    √34− 2

    √17 + 2

    √17 + 3

    √17−

    √34− 2

    √17− 2

    √34 + 2

    √17

    ).

    Qualche ulteriore risultato:

    Archimede ha mostrato che con una riga marcata è possibile trisecare un

    angolo.

    Giovanni Battista Benedetti ”La soluzione di tutti i problemi di Euclide

    con un solo cerchio di apertura data” (1553).

    Georg Mohr ”Euclide Danico” (1672) e Lorenzo Mascheroni ”Geometria

    del compasso” (1797): Ogni costruzione con riga e compasso si può anche

    ottenere col solo compasso.

    Jean Victor Poncelet Jakob Steiner: Dati un cerchio col suo centro, ogni

    altra costruzione con riga e compasso si può anche ottenere con la sola riga.

    28

  • Capitolo 3

    Teoria delle misure

    Personaggi:

    Euclide: ”Elementi”.

    Archimede: ”Il metodo”.

    Cavalieri: ”Geometria indivisivilibus continuorum”.

    Wallace, Bolyai, Gerwien: Poligoni con stessa area sono equidecom-

    ponibili.

    Hilbert e Dehn: Un cubo ed un tetraedro regolare non sono equide-

    componibili.

    I seguenti appunti sono una disordinata collezione di classici ed elemen-

    tari risultati su poligoni e poliedri, corredati con cenni di dimostrazioni.

    Teorema (Euclide): (1) Nel piano due parallelogrammi con stessa base

    e stessa altezza hanno la stessa area.

    (2) Un parallelogramma si può decomporre in due triangoli uguali.

    (3) Due triangoli con stessa base e stessa altezza hanno la stessa area.

    (4) Nello spazio due cilindri con stessa area di base e stessa altezza hanno

    lo stesso volume.

    (5) Due coni con stessa area di base e stessa altezza hanno lo stesso

    volume.

    29

  • Figura 3.1: Il teorema di Pitagora con l’equiscomponibilità e l’equicompleta-

    mento

    (6) Un prisma con base triangolare si può decomporre in tre tetraedri di

    volume uguale.

    Dimostrazione: Le dimostrazioni sulle aree di triangoli e parallelogram-

    mi nel piano sono elementari. Le dimostrazioni sui volumi di parallelepipedi

    e piramidi, o di cilindri e coni, possono essere ottenute per esaustione. Un

    approccio più semplice utilizza il principio di Cavalieri. Per esempio, con il

    calcolo integrale in Rd, se un cono ha area di base A e l’altezza è H, l’areadella sezione ad altezza h è A(H − h)d−1, quindi il volume è∫ H

    0

    A(H − h)d−1dh = AH/d. �

    Corollario: (1) L’area di un parallelogramma è base per altezza.

    (2) L’area di un triangolo è base per altezza diviso 2.

    (3) Il volume di un cilindro è area di base per altezza.

    30

  • Un prisma con base triangolare si può de-

    comporre in tre tetraedri di ugual volume.

    I tetraedri ABCF e FDEB hanno basi

    ABC e FDE uguali e stessa altezza. I te-

    traedri ABCF e BCEF hanno basi AFC

    e CFE uguali ed il vertice B in comune.

    Figura 3.2: Il Prisma

    I tetraedri AHLE, HBIF , EFGD,

    EHFM , sono simili al tetraedro ABCD

    ed hanno volume otto volte più piccolo. La

    piramide EFILH più il tetraedro EHFM

    sono uguali al prisma LICGEF , che ha

    un un volume otto volte più piccolo di

    un prisma con la stessa area di base e la

    stessa altezza della piramide ABCD.

    Figura 3.3: Il Tetraedro

    (4) Il volume di un cono è area di base per altezza diviso 3.

    Teorema (Archimede): (1) La circonferenza di un cerchio è tripla del

    diametro e lo supera ancora di meno di un settimo di diametro e di più di

    dieci settantunesimi.

    (2) Ogni cerchio è uguale ad un triangolo rettangolo con raggio uguale ad

    un cateto e circonferenza uguale alla base.

    (3) La superficie di una sfera è quadrupla del suo cerchio massimo.

    (4) La sfera è quadrupla del cono con base uguale al cerchio massimo e

    altezza uguale al raggio.

    (5) Un cilindro con base il cerchio massimo della sfera e altezza il diame-

    tro è una volta e mezza la sfera e la sua superficie, comprese le basi, è una

    volta e mezza la superficie della sfera.

    31

  • Dimostrazione: Le dimostrazioni possono essere ottenute per esaustio-

    ne, o con il principio di Cavalieri. �

    Corollario: (1) 3 + 10/71 < π < 3 + 1/7. In decimali, 3, 140... < π <

    3, 142....

    (2) La lunghezza di una circonferenza di raggio R è 2πR.

    (3) L’area del cerchio di raggio R è 2πR2.

    (4) La superficie di una sfera di raggio R è 4πR2.

    (5) Il volume di una sfera di raggio R è 4/3πR3.

    Esercizio:{Lunghezza Circonfererenza 2πR,

    Area Cerchio πR2.

    d

    dR(πR2) = 2πR.

    Superficie Sfera 4πR2,

    Area Cerchio4

    3πR3.

    d

    dR

    (4

    3πR3

    )= 4πR2.

    Perché la derivata dell’area del cerchio è la lunghezza della circonferenza?

    Perché la derivata del volume della sfera è l’area della superficie della sfera.

    Cos’è la dimensione di Minkowski? Cosa sono i frattali?

    Nelle dimostrazioni dei risultati precedenti sono stati usati implicitamen-

    te o esplicitamente dei postulati di teoria della misura.

    Postulati dell’Area: Esistono degli insiemi misurabiliM di punti nelpiano, ed esiste una funzione area A da M in R+, con le proprietà:

    (1) Se P e Q sono misurabili, anche P ∪Q e P ∩Q e P−Q sono misurabili.(2) Se P e Q sono misurabili con interni disgiunti, allora A(P ∪ Q) =

    A(P ) +A(Q).(3) Se P e Q sono misurabili e congruenti, allora A(P ) = A(Q).(4) Ogni regione convessa è misurabile, ed un rettangolo R con lati a e b

    ha area A(R) = a× b.

    32

  • (5) (Principio di Cavalieri) Se P e Q sono misurabili, e se per ogni linea

    l in un fascio di rette parallele P ∩ l e Q∩ l hanno la stessa lunghezza, alloraA(P ) = A(Q).

    ”Archimede ad Eratostene sa-

    lute... Ti scrivo per esporti

    un certo metodo che ti darà

    la possibilità di trattare proble-

    mi matematici per mezzo della

    meccanica...”

    Tagliamo il cilindro

    {y2 + z2 ≤ 4R2, 0 ≤ x ≤ 2R},il cono

    {y2 + z2 ≤ x2, 0 ≤ x ≤ 2R}

    e la sfera {x2 +y2 +z2 ≤ 2Rx} con la famiglia di piani {x = t}. Pensandoall’asse x come una leva con fulcro in x = 0, le sezioni di sfera π(2Rt− t2)e cono πt2 spostate in x = −2R bilanciano la sezione del cilindro 4πR2

    lasciata in x = t, quindi la sfera ed il cono con baricentri in x = −2Rbilanciano il cilindro con baricentro in x = R. Se il volume del cilindro

    8πR3 è il doppio del cono 8/3πR3 più la sfera, il volume della sfera è

    4/3πR3. In modo analogo è anche possibile calcolare il volume di segmenti

    di sfera. Infine, come un cerchio è equivalente ad un triangolo con base il

    perimetro del cerchio ed altezza il raggio, cos̀ı una sfera è equivalente ad

    un cono con base la superficie della sfera ed altezza il raggio. Quindi la

    superficie della sfera è 4πR2.

    Figura 3.4: Problemi matematici per mezzo della meccanica

    Postulati del Volume: Esistono degli insiemi misurabili M di puntinello spazio, ed esiste una funzione volume V daM in R+, con le proprietà:

    (1) Se P e Q sono misurabili, anche P ∪Q e P ∩Q e P−Q sono misurabili.

    33

  • (2) Se P e Q sono misurabili con interni disgiunti, allora A(P ∪ Q) =A(P ) +A(Q).

    (3) Se P e Q sono misurabili e congruenti, allora A(P ) = A(Q).(4) Ogni regione convessa è misurabile, ed un parallelepipedo R con lati

    a e b e c ha volume V(R) = a× b× c.(5) (Principio di Cavalieri) Se P e Q sono misurabili, e se per ogni piano

    l in un fascio di piani paralleli P ∩ l e Q ∩ l sono misurabili nel piano edhanno la stessa area, allora V(P ) = V(Q).

    Tagliando il cilindro {x2 + y2 ≤R2, 0 ≤ x ≤ R}, il cono {x2 + y2 ≤z2, 0 ≤ z ≤ R} e la semisfera{x2 + y2 + z2 ≤ R2, 0 ≤ x ≤ R}con i piani {z = t},

    si ottengono sezioni di area πR2, πt2, π(R2 − t2). Le sezioni di sfera sonouguali alle sezioni del cilindro meno il cono. Un segmento di sfera ha

    volume uguale al segmento di cilindro meno il tronco di cono.

    Figura 3.5: La scodella di Galileo ed il volume della sfera secondo Luca

    Valerio

    Due figure scomponibili in un numero finito o infinito di figure uguali

    hanno la stessa area. È vero il viceversa? Figure con la stessa area sono

    equidecomponibili? Con l’infinito tutto è più semplice. Ad ogni coppia di

    insiemi con la stessa misura di Lebesgue si possono sottrarre degli insiemi di

    misura nulla tali che gli insiemi restanti sono equiscomponibili in una infinità

    numerabile di pezzi. Con il finito il problema si complica.

    Teorema (Réthy 1890): È impossibile decomporre un cerchio ed un

    quadrato della stessa area in un numero finito di regioni uguali con bordi

    regolari a tratti. Similmente, è impossibile decomporre una sfera ed un cubo

    dello stesso volume in un numero finito di regioni uguali con bordi regolari a

    34

  • tratti.

    Dimostrazione: Per ogni punto regolare sul bordo di un dominio A si

    definisce una funzione χ(x) che vale +1 se in x il bordo è convesso, −1 se èconcavo, 0 se è piatto. L’integrale di questa funzione sul bordo definisce una

    misura µ(A) =

    ∫∂A

    χ(x)ds invariante per traslazioni e rotazioni e tale che se

    A e B sono equiscomponibili allora µ(A) = µ(B). Per un disco di raggio R si

    ha µ(D) = 2πR e per un quadrato si ha µ(Q) = 0, quindi cerchio e quadra-

    to non sono equiscomponibili. Questa dimostrazione si estende anche a più

    dimensioni, ma vale solo per decomposizioni in domini con bordo regolare a

    tratti. �

    P.S. Nel 1990 Laczkovich ha dimostrato che un cerchio ed un quadrato

    della stessa area, o più in generale due figure con la stessa area delimitate

    da curve abbastanza lisce, sono equiscomponibili in un numero finito di parti

    congruenti, ma questi insiemi di punti sono molto irregolari.

    Teorema: (1) Una diagonale di un poligono è un segmento che congiunge

    due vertici contenuto all’interno del poligono. Ogni poligono con più di tre

    lati ha almeno una diagonale.

    (2) Una orecchia di un poligono è un triangolo formato da due lati con-

    secutivi ed una diagonale. Ogni poligono con più di tre lati ha almeno due

    orecchie.

    (3) Ogni poligono può essere triangolato con delle diagonali, quindi senza

    introdurre nuovi vertici. Ogni triangolazione di un poligono semplicemente

    connesso con n vertici ha n− 2 triangoli e n− 3 diagonali.

    Dimostrazione: (1) Se A B C sono tre vertici consecutivi del poligono,

    con angolo in B acuto, e se il segmento AC non è una diagonale, il triangolo

    ABC contiene altri vertici del poligono. Se D è un vertice del poligono sulla

    parallela ad AC più vicina al punto B, allora BD è una diagonale. Iterando

    35

  • (1) si ottiene (3). Una possibile dimostrazione di (2) è per induzione sul

    numero di lati del poligono. �

    P.S. Eulero ha mostrato che le triangolazioni distinte di un poligono

    convesso con n+ 2 lati sono il numero di Catalan C(n) =1

    n+ 1

    (2n

    n

    ).

    P.P.S. Il teorema non si estende dai poligoni ai poliedri. Le diagonali

    possono non esserci. Per scomporre un poliedro in tetraedri può essere ne-

    cessario introdurre nuovi vertici.

    Scrive Plutarco: ”Date due figure, costruirne una terza con area uguale

    alla prima e simile alla seconda. Pitagora ha offerto un sacrificio per la sco-

    perta di questo teorema, che è più raffinato ed elegante di quello che prova

    che il quadrato sull’ipotenusa è uguale a quelli sui lati che racchiudono l’an-

    golo retto”.

    Teorema (Wallace 1807 - Bolyai 1832 - Gerwien 1833)): Due po-

    ligoni con la stessa area sono scomponibili in un numero finito di poligoni a

    due a due congruenti.

    Dimostrazione: Il teorema è essenzialmente già contenuto nelle propo-

    sizioni 44 e 45 del Libro I degli ”Elementi” di Euclide. I passi di una possibile

    dimostrazione sono i seguenti.

    (1) La relazione di equiscomponibilità P ∼ Q è riflessiva, simmetrica,transitiva.

    (2) Ogni poligono può essere triangolato.

    (3) Ogni triangolo può essere trasformato in un rettangolo.

    (4) Ogni rettangolo può essere trasformato in un rettangolo di base fissata.

    Il teorema di Wallace Bolyai Gerwien per poligoni piani vale anche per

    poliedri solidi? Nella comunicazione tenuta al Congresso Internazionale di

    Matematica di Parigi nel 1900, David Hilbert propone 23 problemi. Il terzo

    36

  • Un triangolo è equiscomponibile con

    il rettangolo con base il lato più lun-

    go del triangolo ed altezza la metà

    dell’altezza del triangolo.

    Figura 3.6: Equiscomponibilità del triangolo

    Dati un rettangolo ABCD ed un seg-

    mento AB < AE < 2AB, traccia-

    to DE e determinato G con DG =

    BH, i rettangoli ABCD e AEFG

    sono equiscomponibili.

    Figura 3.7: Equiscomponibilità del rettangolo

    è sulla necessità dell’esaustione nel calcolo del volume di poliedri.

    ”Uguaglianza di volumi di tetraedri con basi ed altezze uguali.

    In due lettere a Gerling, Gauss esprime il disappunto che certi teore-

    mi di geometria solida sembrano dipendere dal metodo di esaustione, cioè

    dall’assioma di continuità, o da quello di Archimede. In particolare, Gauss

    menziona il teorema di Euclide che piramidi triangolari con la stessa altezza

    hanno un rapporto uguale alle basi. L’analogo problema nel piano è risol-

    to. Gerling è anche riuscito a dimostrare l’uguaglianza dei volumi di poliedri

    simmetrici dividendoli in parti uguali. Ciò nonostante, mi sembra probabile

    che una dimostrazione generale di questo tipo del teorema di Euclide è im-

    possibile, e dovrebbe essere nostro compito dare una dimostrazione rigorosa

    di questa impossibilità. Si potrebbe far questo esibendo due tetraedri con basi

    ed altezze uguali, che non possono essere divisi in nessun modo in tetraedri

    congruenti, o che non possono essere combinati con poliedri congruenti per

    37

  • formare dei poliedri divisibili in tetraedri congruenti”.

    Teorema (Bricard 1896): Se due poliedri A e B con angoli die-

    dri α1, ..., αr e β1, ..., βs sono equidecomponibili, allora esistono interi po-

    sitivi m1, ...,mr e n1, ..., ns e un intero p tali che m1α1 + ... + mrαr =

    n1β1 + ...+ nsβs + pπ.

    La dimostrazione originale di Bricard è sbagliata, ma l’enunciato è cor-

    retto. In particolare, se un tetraedro regolare con 6 angoli diedri uguali a

    arccos(1/3) fosse equiscomponibile con un cubo con 12 angoli diedri uguali

    a π/2, si avrebbe m arccos(1/3) = nπ.

    Teorema: Per ogni primo p > 2, arccos(1/p) non è commensurabile con

    π.

    Dimostrazione: Dall’identità cos((n+1)x) = 2 cos(x) cos(nx)−cos((n−1)x) segue per induzione che cos(nx) è un polinomio in cos(x), il polinomio

    di Cebicev cos(nx) = Tn(cos(x)). Questo polinomio di grado n ha coeffi-

    cienti interi con coefficiente del termine di grado massimo 2n−1. Assumendo

    per assurdo arccos(1/p) = πm/n, con m e n interi e n ≥ 1, segue cheTn(1/p) = cos(mπ) = ±1, cioè 1/p è radice del polinomio a coefficienti interi

    0 = Tn(1/p)∓ 1 = 2n−1p−n + Ap−(n−1) + ... = p−n(2n−1 + pB).

    Da qui segue che p divide 2n−1. �

    Nel 1901 Dehn dimostra che per l’equiscomponibilità, oltre all’uguaglian-

    za dei volumi occorrono anche condizioni sulla lunghezza degli spigoli e sugli

    angoli tra le facce. L’idea è di definire un funzionale additivo sull’insieme

    dei poliedri con Φ(A) = Φ(B) se A e B sono congruenti e Φ(C ∪ D) =Φ(C) + Φ(D) se C e D sono disgiunti. Un tale funzionale assume uguale va-

    lore su poliedri equiscomponibili e, viceversa, se il funzionale assume valori

    38

  • diversi i poliedri non sono equiscomponibili.

    Definizione: Il prodotto tensore di due gruppi abeliani X e Y è il gruppoabeliano X⊗ Y i cui elementi sono le espressioni

    a⊗ α + b⊗ β + ...+ c⊗ γ,

    con a, b, ..., c in X e α, β, ..., γ in Y, e con le relazioni di equivalenza

    a⊗ α + b⊗ α = (a+ b)⊗ α, a⊗ α + a⊗ β = a⊗ (α + β).

    Teorema (Dehn 1901): Ad un poliedro P con spigoli di lunghezza

    λ ed angoli tra le facce α si associa il tensore in R ⊗ (R/πQ) definito daΦ(P ) =

    ∑λ⊗ α. Poliedri equiscomponibili hanno lo stesso invariante. Po-

    liedri con invarianti differenti non sono equiscomponibili.

    Dimostrazione: Il funzionale Φ(P ) =∑λ⊗α è additivo sull’insieme dei

    poliedri, Φ(A) = Φ(B) se A e B sono congruenti, e Φ(C∪D) = Φ(C)+Φ(D)se C e D sono disgiunti. Infatti, in P ∪ Q se si sommano uno spigolo di Ped uno di Q, o se due spigoli coincidono ma si sommano gli angoli, per la

    linearità del prodotto tensore si ha Φ(P ∪ Q) = Φ(P ) + Φ(Q). Se in P ∪ Qdue spigoli di P e Q coincidono e la somma degli angoli è π o 2π, il lato

    scompare ma ancora si ha Φ(P ∪Q) = Φ(P ) + Φ(Q), perchè π = 0 in R/πQ.Tutti gli altri casi possibili sono analoghi. �

    Corollario: Un tetraedro regolare ed un cubo non sono equiscomponibili.

    Dimostrazione: Un elemento λ⊗α in R⊗(R/πQ) è zero se e solo se λ =0, o se α è un multiplo razionale di π. Se Q è un cubo, Φ(Q) = 8λ⊗π/2 = 0,mentre se T è un tetraedro regolare, Φ(T ) = 6λ ⊗ arccos(1/3) 6= 0, perchéarccos(1/n) non è commensurabile con π per ogni intero n > 2. �

    P.S. Nel 1965 Sydler ha mostrato che poliedri con lo stesso volume e con

    lo stesso invariante di Dehn sono equiscomponibili.

    39

  • Per scomporre un rettangolo con lati x

    e y in quadrati, basta sviluppare x/y in

    frazioni continue.

    Figura 3.8: Scomposizione di un rettangolo con frazioni continue

    Per ogni rettangolo R con lati x e y si defi-

    nisce Φ(R) = ϕ(x)ϕ(y), con ϕ(x) funzionale

    Q lineare su R. Se a e b sono incommen-surabili, esiste un funzionale con ϕ(a) = +1

    e ϕ(b) = −1. Se un rettangolo ha lati a eb, Φ(R) = −1 < 0. Ma se un rettangolo èscomponibile in quadrati, Φ(R) = Φ(∪Qj) =∑

    ϕ(sj)2 ≥ 0.

    Figura 3.9: M.Dehn: Un quadrato è quadrabile se e solo se ha lati

    commensurabili

    Figura 3.10: Piero Della Francesca: Flagellazione e Madonna del parto

    40

  • Figura 3.11: Leonardo da Vinci: ”Codex Atlanticus”

    41

  • Figura 3.12: Poliedri di Leonardo da Vinci nel ”De Divina Proportione” di

    fra Luca Pacioli

    42

  • Figura 3.13: Albrecht Dürer

    43

  • 44

  • Capitolo 4

    Poliedri & Grafi

    ”Cosmologia aritmetica filosofica basata

    sulla sublime paranoia del numero 12”

    Figura 4.1: Dal̀ı: ”Corpus Hypercubus” e ”Ultima Cena”

    Personaggi:

    Platone e Euclide :”Elementi”, 5 poliedri regolari.

    Archimede e Keplero :”Harmonices mundi”, Prismi, antiprismi, e 13

    poliedri semiregolari.

    Cartesio :”De solidorum elementis”.

    Eulero :”Elementa doctrinae solidorum”.

    45

  • Legendre e Cauchy :Dimostrazioni della formula di Eulero V −L+F =2.

    Cauchy :I poliedri convessi sono rigidi.

    Cayley e Maxwell :In una carta geografica, Picchi−Selle+Fosse = 2.Poincaré :In un campo vettoriale, Sorgenti− Selle+ Pozzi = 2.

    Una definizione precisa di poliedro, che permetta di escludere certe pato-

    logie, è piuttosto complicata. Una possibile definizione è la seguente.

    Definizione: Un poliedro è l’unione di un numero finito di poligoni, con

    le seguenti proprietà.

    (1) Due poligoni o non hanno punti comuni, o hanno in comune un

    vertice, o un intero lato.

    (2) Ogni lato di un poligono è in comune con un solo lato di un altro

    poligono.

    (3) Il poliedro è connesso. Dati due punti nel poliedro, c’è un cammino

    contenuto nel poliedro che li congiunge.

    (4) Per ogni vertice ed ogni coppia di punti in poligoni con questo vertice,

    c’è un cammino che li congiunge contenuto nei poligoni con questo vertice

    senza passare dal vertice.

    Assumendo la convessità, si possono dare due semplici definizioni equiva-

    lenti.

    Definizione: (1) Un poliedro convesso è l’inviluppo convesso di un nu-

    mero finito di punti.

    (2) Un poliedro convesso è l’intersezione di un numero finito di semispazi.

    L’equivalenza di queste due definizioni è un teorema di Minkowski e Weyl.

    Piramidi con basi poligoni con n lati hanno n + 1 vertici, 2n lati, n + 1

    facce. Incollando due piramidi con basi uguali si ottengono piramidi doppie

    46

  • con n+ 2 vertici, 3n lati, 2n facce. Una relazione lineare αV + βL+ γF = δ

    tra vertici V , lati L, facce F , di un poliedro, applicata alle piramidi semplici

    e doppie genera il sistema{(n+ 1)α + 2nβ + (n+ 1)γ = δ,

    (n+ 2)α + 3nβ + 2nγ = δ.

    Sottraendo la prima equazione dalla seconda si ottiene n(β + γ) = γ−α.Se queste equazioni devono valere per ogni n, deve essere α = γ = −β. Quin-di, se c’è una relazione lineare tra vertici, lati, facce, V − L+ F = 2.

    Teorema (Eulero ”Elementa doctrinae solidorum” 1750): La

    somma del numero degli angoli solidi e del numero delle facce di un poliedro

    eccede di 2 il numero dei lati.

    Dimostrazione per poliedri convessi (Legendre 1794): Proiettan-

    do da un punto interno al poliedro i vertici e lati del poliedro su una sfera di

    raggio 1, si decompone la sfera in poligoni sferici. Per il teorema di Girard,

    un triangolo sferico con angoli α, β, γ, ha area α+β+γ−π. Più in generale,un poligono sferico ha area∑

    (Angoli Poligono)− (Numero Lati Poligono− 2)π

    L’area della sfera è somma delle aree dei poligoni. La somma di tutti gli

    angoli in un vertice è 2π, quindi la somma di tutti gli angoli di tutte le facce

    è 2π per il numero dei vertici. Ogni lato è comune a due facce, e contando i

    lati di tutte le facce si contano i lati due volte. Quindi,

    4π =∑Facce

    (∑(Angoli Poligono)− (Numero Lati Poligono− 2)π

    )=∑Facce

    ∑(Angoli Faccia)− π

    ∑Facce

    (Lati Faccia) + 2π∑Facce

    1

    = 2πV − 2πL+ 2πF. �

    Dimostrazione per poliedri convessi (Cauchy 1811): Se dal polie-

    dro si elimina una faccia, e se da un punto sopra questa faccia si proietta

    47

  • In una sfera di raggio R l’area di uno

    spicchio di apertura α è 2αR2. L’area

    di un triangolo sferico con angoli α, β,

    γ, è (α + β + γ − π)R2.X + Y = 2αR2,

    X +W = 2βR2,

    X + Z = 2γR2,

    X + Y + Z +W = 2πR2.

    Figura 4.2: Angoli su una superficie sferica

    il poliedro su un piano, si ottiene un grafo planare connesso, con lo stesso

    numero di vertici, lati, facce del poliedro di partenza. La faccia del poliedro

    eliminata corrisponde alla faccia illimitata del grafo. Basta quindi mostrare

    che in questo grafo V − L + F = 2. La dimostrazione si basa sull’osserva-zione che aggiungendo o togliendo in modo opportuno del vertici e dei lati

    al grafo, la somma V − L + F non cambia. Una faccia con n > 3 lati puòessere triangolata con n − 3 diagonali. Il nuovo grafo ha lo stesso numeroV di vertici del grafo di partenza, n − 3 lati in più, e n − 3 facce in più.La somma V − (L + 3) + (F + 3) = V − L + F non cambia. Iterando lacostruzione su ogni faccia con più di tre lati si ottiene un grafo con tutte le

    facce triangolari, e lo stesso valore della somma V −L+F . Eliminando unodei lati esterni del grafo, si elimina anche una faccia, e la somma V − L+ Frimane invariata. Eliminando un vertice esterno con i due lati adiacenti, si

    elimina anche una faccia, e la somma V − L + F rimane invariata. Parten-do dall’esterno del grafo, e continuando ad eliminare lati, o coppie di lati

    con il vertice in comune, ed avendo l’accortezza di non disconnettere il gra-

    fo, alla fine si ottiene un grafo formato da un solo triangolo, tre vertici, tre

    lati, due facce, l’interno e l’esterno del triangolo, V −L+F = 3−3+2 = 2. �

    Teorema (Cartesio ”De solidorum elementis” 1620): Se 4 angoli

    retti sono moltiplicati per il numero di angoli solidi di un poliedro, e se dal

    48

  • prodotto si sottraggono 8 angoli retti, quanto rimane è la somma degli angoli

    piani sulla superficie del poliedro.

    Riarrangiando i termini nell’enunciato si ottiene

    2π × (Numero V ertici)− 4π =∑

    (Angoli Facce),∑V ertici

    (2π −

    ∑(Angoli delle Facce nel V ertice)

    )= 4π.

    Cos̀ı riformulato, il teorema di Cartesio può essere considerato un analogo

    discreto del teorema di Gauss Bonnet.

    Teorema: Il difetto angolare di un vertice è una misura della curvatura

    del vertice,

    K(V ) = 2π −∑

    (Angoli delle Facce nel V ertice).

    La somma dei difetti angolari di tutti i vertici è∑V ertici

    K(V ) = 4π.

    Dimostrazione: Se F (n) è il numero di facce con n lati, si ha∑n

    F (n) =

    F e∑n

    nF (n) = 2L. Ricordando che la somma degli angoli interni in un

    poligono con n lati è (n− 2)π, si ottiene∑K(V ) =

    ∑V ertici

    (2π −

    ∑(Angoli delle Facce nel V ertice)

    )= 2πV −

    ∑(Tutti gli Angoli di Tutte le Facce)

    = 2πV −∑Facce

    (∑(Angoli della Faccia)

    )= 2πV − π

    ∑n

    (n− 2)F (n)

    = 2πV − π∑n

    nF (n) + 2π∑n

    F (n)

    = 2π(V − L+ F ).

    49

  • In particolare, i teoremi di Cartesio e di Eulero sono equivalenti. �

    Teorema: Su una superficie l’eccesso angolare di un poligono geodetico

    f con n lati ed angoli α(1), α(2), ..., α(n), è definito da

    E(f) =n∑j=1

    α(j)− (n− 2)π.

    Se su una superficie senza bordo, non necessariamente semplicemente

    connessa, si traccia un reticolo di geodetiche, con V vertici, L lati, e F fac-

    ce poligonali, la somma degli eccessi angolari di tutte le facce è 2π(V −L+F ).

    Dimostrazione:∑Facce

    E(f) =∑Facce

    ∑Angoli Faccia

    α− π∑Facce

    ∑Lati Faccia

    1 + 2π∑Facce

    1

    = 2π(V − L+ F ). �

    In ogni decomposizione della superficie di una sfera in pentagoni ed esagoni,

    con tre lati in ogni vertice, i pentagoni sono 12.

    Figura 4.3: Radiolaria e ipomea purpurea

    Proiettando un poliedro su un piano, Cauchy ha riformulato il teorema

    di Eulero in termini di grafi.

    50

  • Teorema (Cauchy 1811): In un grafo planare connesso con V vertici,

    L lati, F facce, V − L+ F = 2. E se il grafo ha C componenti connesse, laformula diventa V − L+ F = 1 + C.

    Dimostrazione: La formula vale per un grafo formato da un solo punto,

    (V, L, F ) = (1, 0, 1), V − L + F = 2. Aggiungendo un nuovo lato con unvertice libero si passa da (V, L, F ) a (V + 1, L + 1, F ), e V − L + F noncambia. Aggiungendo un nuovo lato che congiunge vertici preesistenti si crea

    una nuova faccia e si passa da (V, L, F ) a (V, L+ 1, F + 1), e V −L+F noncambia.

    Alternativamente, invece di aggiungere, si può togliere. Se il grafo ha un

    circuito, eliminando un lato del circuito si ottiene un grafo planare connesso

    più semplice, con lo stesso numero di vertici, ma con un lato ed una faccia in

    meno. La somma alterna non cambia, V − (L− 1) + (F − 1) = V − L+ F .Eliminando tutti i circuiti, si ottiene un grafo connesso senza circuiti, cioè

    un albero. Un albero con V vertici ha L = V − 1 lati e F = 1 facce. QuindiV − L+ F = V − (V − 1) + 1 = 2. �

    Il teorema precedente ha importanti generalizzazioni.

    Teorema: (1) La caratteristica di Eulero Poincaré di una superficie S è

    definita dalla somma alterna χ(S) = V − L + F , con V i vertici, L i lati,F le facce di un grafo disegnato sulla superficie con facce omeomorfe ad un

    disco. Se la superficie ha un bordo, su ogni componente connessa del bordo

    ci deve essere almeno un vertice ed il bordo deve essere contato tra i lati.

    Questa somma alterna χ(S) = V −L+F dipende solo dalla superficie, e nondal particolare grafo.

    (2) Se ad una superficie X si toglie un disco D, si ottiene una superficie

    con bordo con χ(X −D) = χ(X)− 1.

    (3) Se X e Y sono due superfici con bordo, e se si incollano queste due

    superfici lungo delle componenti connesse di bordo, si ottiene una nuova su-

    perficie Z con caratteristica χ(Z) = χ(X) + χ(Y ).

    51

  • Dimostrazione: (1) La dimostrazione che la somma V − L + F nondipende dal grafo è simile alla dimostrazione di Cauchy del teorema prece-

    dente.

    (2) Se ad una superficie X si toglie un disco D, la superficie con bordo

    X−D ha caratteristica χ(X−D) = χ(X)−1, perché ad una decomposizionedi X è stata tolta una faccia D, e V − L+ (F − 1) = χ(X)− 1.

    (3) Basta osservare che i vertici e lati sul bordo di una superficie danno

    un contributo zero alla caratteristica di Eulero Poincaré, perché se su una

    componente connessa di bordo ci sono x vertici, questi sono collegati da x

    lati, e x− x = 0. �

    Corollario: La caratteristica di Eulero Poincaré di una superficie com-

    patta orientabile senza bordo con g buchi è χ(S) = 2− 2g.

    Dimostrazione: Su un cilindro si può tracciare un grafo con un vertice,

    due lati, una faccia. Quindi un cilindro ha caratteristica 1−2 + 1 = 0. Se dauna sfera si tolgono 2g dischi, si ottiene una superficie di caratteristica 2−2g.Se ad ogni coppia di buchi si incolla il bordo di un cilindro, la caratteristica

    non cambia. �

    La superficie di Riemann della curva y2 =

    x(x+1)(x−1) ha due fogli e quattro puntidi diramazione, x = −1, 0, +1, ∞. Incol-lando due sfere con due tagli, da 0 a +1 e

    da −1 a ∞, si ottiene un toro.

    Figura 4.4: Da una sfera al toro

    52

  • Incollando g tori con un buco si

    ottiene un toro con g buchi.

    Figura 4.5: Toro con due buchi

    Incollando i lati AA, BB, CC, DD,

    ... di un poligono con 4g lati si co-

    struisce un toro con g buchi. V = 1,

    L = 2g, F = 1. La caratteristica

    di Eulero Poincarè di una superficie

    orientabile con g buchi è V −F+G =2− 2g.

    Figura 4.6: Ottagono

    Teorema (Cayley ”On Contour and Slope Lines” 1859 - Max-

    well ”On Hill and Dales” 1870): In una mappa topografica della Terra,

    Picchi − Selle + Fosse = 2.

    Dimostrazione: Basta costruire un grafo con vertici nei punti di mas-

    simo, con lati che congiungono i massimi passando dai punti di sella. Ogni

    faccia del grafo contiene un minimo. �

    L’enunciato di Caley e Maxwell anticipa il teorema di Poincaré sugli indici

    di campi vettoriali e la teoria di Morse: Se f(x) è una funzione liscia a valori

    reali definita sulla sfera {x ∈ R3 : |x| = 1}, e se nei punti stazionari ∇f(x)la matrice hessiana Hf(x) è non degenere,

    Massimi − Selle + Minimi = 2.

    Definizione: In un campo vettoriale definito su una superficie bidimen-

    sionale, continuo e non nullo salvo in un numero finito di punti singolari, si

    53

  • definisce l’indice di uno di questi punti singolari prendendo un piccolo circui-

    to intorno a questo punto che non contiene altri punti singolari, e contando

    quanti giri compie il campo vettoriale se si percorre il circuito in senso orario.

    Le singolarità più comuni sono le sorgenti, i pozzi, le selle.

    Una sorgente è un punto singolare in un piccolo intorno del quale tutti i

    vettori escono da questo punto.

    Un pozzo è un punto singolare in un piccolo intorno del quale tutti i

    vettori entrano in questo punto.

    Una sella è un punto singolare in un piccolo intorno del quale ci sono

    quattro direzioni lungo cui i vettori alternativamente entrano ed escono.

    Le sorgenti ed i pozzi hanno indice +1, le selle hanno indice −1.

    Il campo vettoriale gradiente di una funzione punta nella direzione lungo

    cui la funzione cresce. Una sorgente è un minimo della funzione, un pozzo è

    un massimo, una sella è l’analogo di un passo di montagna. Ci sono anche

    singolarità più complicate, tipo le selle di scimmia...

    Teorema (Poincaré-Hopf): La somma degli indici di un campo vet-

    toriale regolare su una superficie S è uguale alla caratteristica di Eulero-

    Poincaré χ(S) = V − L+ F della superficie.

    Dimostrazione: Si può triangolare la superficie in modo che ogni faccia

    contenga al più un punto singolare, e che i lati della triangolazione risultino

    sempre trasversali al campo vettoriale. Quindi lungo i vertici ed i lati il cam-

    po vettoriale o entra o esce dalle facce. Al centro di ogni faccia scriviamo +1.

    Per ogni lato di questa faccia scriviamo −1 vicino al lato ma nella faccia se ilcampo vettoriale entra nella faccia. Infine, per ogni vertice di questa faccia

    scriviamo +1 vicino al vertice ma nella faccia se il campo vettoriale entra

    nella faccia. La somma dei vertici +1, dei lati −1, con il +1 della faccia, èuguale all’indice di un eventuale punto singolare nella faccia. Siccome ogni

    vertice ed ogni lato ed ogni faccia sono stati contati una ed una sola volta,

    54

  • la somma degli indici dei punti singolari è uguale a V − L+ F . �

    In un grafo a forma di fiore con N petali, c’è un vertice, N lati, N + 1

    facce. In un grafo con 2 vertici e N lati tra questi due vertici, le facce sono

    N . Nei poliedri, le facce hanno almeno 3 lati e nei vertici arrivano almeno 3

    spigoli.

    Definizione: Il grafo duale G∗ di un grafo G tracciato nel piano o su

    una varietà è un grafo sulla stessa varietà con le seguenti propietà:

    (1) Ad ogni faccia del grafo G è associato un vertice del grafo duale G∗.

    (2) Ad ogni lato che separa due facce del grafo G è associato un lato del

    grafo duale che connette i vertici del duale associati alle facce.

    Ad una prosizione sui grafi è spesso associata una proposizione duale, che

    scambia le facce con i vertici.

    Corollario: (1) In un grafo planare connesso, se in ogni vertice concor-

    rono almeno tre lati, 3V ≤ 2L e L ≤ 3F − 6.(2) In un grafo planare connesso, se ogni faccia ha almeno tre lati, 3F ≤

    2L e L ≤ 3V − 6.(3) In un grafo planare connesso, se in ogni vertice concorrono almeno

    tre lati, c’è almeno un vertice con meno di 6 lati.

    (4) In un grafo planare connesso, se ogni faccia ha almeno tre lati, c’è

    almeno una faccia con meno di 6 lati.

    (5) In un grafo planare connesso, se V (m) è il numero di vertici con m

    lati, e F (n) il numero di facce con n lati, e se se in ogni vertice concorrono

    almeno tre lati e se ogni faccia ha almeno tre lati,

    V (3) + F (3) ≥ 8,

    3V (3) + 2V (4) + V (5) ≥ 12,

    3F (3) + 2F (4) + F (5) ≥ 12.

    55

  • (6) In un grafo planare con facce con almeno tre lati e con i lati colorati

    con due colori ci sono almeno due vertici intorno al quale i cambi di colore

    nell’ordine ciclico sono al più due.

    Dimostrazione: (1) Se V (m) è il numero di vertici con m lati, e se F (n)

    è il numero di facce con n lati,

    2L =∑m≥3

    mV (m) ≥ 3∑m≥3

    V (m) = 3V.

    In particolare, moltiplicando per 6 la formula di Eulero,

    12 = 6V − 6L+ 6F ≤ 4L− 6L+ 6F = 6F − 2L.

    Gli enunciati in (2) sono duali di quelli in (1), cambiando vertici e facce.

    (3) Se tutti i vertici avessero grado maggiore o uguale a 6, si avrebbe

    2L =∑m≥3

    mV (m) ≥ 6V , in contraddizione con L ≤ 3V − 6 in (2).

    L’enunciato del punto (4) è il duale di quello in (3).

    (5) Valgono le identità

    V =∑m≥3

    V (m), F =∑n≥3

    F (n), 2L =∑m≥3

    mV (m) =∑n≥3

    nF (n).

    Moltiplicando per 2 la formula di Eulero si ottiene

    2∑m≥3

    V (m)−∑m≥3

    mV (m) + 2∑n≥3

    F (n) = 4,

    2∑m≥3

    V (m)−∑n≥3

    nF (n) + 2∑n≥3

    F (n) = 4,

    ∑m≥3

    (4−m)V (m) +∑n≥3

    (4− n)F (n) = 8.

    Separando i termini positivi dai negativi si ottiene

    V (3) + F (3) = 8 +∑m≥5

    (m− 4)V (m) +∑n≥5

    (n− 4)F (n) ≥ 8.

    56

  • Similmente, moltiplicando per 2 e per 4 e sommando,

    2∑m≥3

    V (m)−∑m≥3

    mV (m) + 2∑n≥3

    F (n) = 4,

    4∑m≥3

    V (m)− 2∑

    nF (n) + 4∑n≥3

    F (n) = 8,

    ∑m≥3

    (6−m)V (m) +∑n≥3

    (6− 2n)F (n) = 12.

    Separando i termini positivi dai negativi si ottiene

    3V (3) + 2V (4) + V (5) = 12 +∑m≥7

    (m− 6)V (m) +∑n≥4

    (2n− 6)F (n) ≥ 12.

    E similmente, per dualità,

    3F (3) + 2F (4) + F (5) = 12 +∑m≥4

    (2m− 6)V (m) +∑n≥7

    (n− 6)F (n) ≥ 12.

    (6) Basta considerare una componente connessa del grafo. Se la tesi è

    falsa, e se X è il numero di angoli delle facce che sono delimitati da lati con

    cambi di colore, allora X ≥ 4(V − 1), perché i cambi di colore in ogni verticesono un numero pari e si sta supponendo che questo numero è maggiore di 2

    in tutti i vertici salvo al più uno. In ogni faccia con 2k o 2k+ 1 lati gli angoli

    con un cambio di colore sono al massimo 2k. Quindi,

    4V − 4 ≤ X ≤ 2F (3) + 4F (4) + 4F (5) + 6F (6) + 6F (7) + 8F (8) + ...

    ≤∑

    (2n− 4)F (n) = 2∑

    nF (n)− 4∑

    F (n) = 4L− 4F = 4V − 8.

    Infine, è immediato verificare che se si colora con colori alterni un grafo

    con due soli vertici e tanti lati tra questi vertici la tesi non è verificata. �

    Problema (Möbius): Un re vuole dividere il suo regno tra i suoi 5 figli,

    in modo che ogni regione confini con le altre quattro. Si può schematizzare

    il problema assumendo che le regioni siano i vertici di un grafo ed i confini

    tra due regioni siano i lati. Si vuole quindi un grafo in cui ogni vertice risulti

    57

  • connesso a tutti gli altri. Un grafo è completo se ogni coppia di vertici è

    connessa da uno ed un solo lato.

    Corollario: Il grafo completo K(n) è planare solo se n < 5.

    Dimostrazione: Il grafo completo K(n) ha V = n vertici e L =

    n(n − 1)/2 lati. Se fosse planare, avrebbe F = 2 − n + n(n − 1)/2 fac-ce. In particolare, se n = 5, V = 5, L = 10, F = 7. Ma in un grafo planare,

    3F ≤ 2L. �

    Problema: In un circuito stampato si vogliono collegare dei vertici a,

    b, c, ... con dei vertici A, B, C, ..., evitando gli incroci tra i lati. Un grafo

    è bipartito se si possono dividere i vertici in due classi in modo che i lati

    colleghino solo vertici in classi distinte.

    Corollario: Il grafo bipartito K(n, n) è planare solo se n < 3.

    Dimostrazione: Il grafo bipartito ha V = 2n vertici e L = n2 lati.

    Se fosse planare, avrebbe F = 2− n+ n2 facce. Inoltre, ogni faccia avrebbealmeno 4 lati, e

    2L =∑n

    nF (n) ≥ 4∑n

    F (n) = 4F.

    In particolare, se n = 3, V = 6, L = 9, F = 5. Ma 2L = 18 è minore di

    4F = 20. �

    Teorema (Kuratowski 1930): Un grafo è planare se e solo se non

    contiene K(5) e K(3, 3).

    Nel 1852 Francis Guthrie, uno studente di Augustus De Morgan, osservò

    che per colorare una mappa delle contee britanniche erano sufficienti quattro

    colori. Augustus De Morgan comunicò il problema a Arthur Cayley. Negli

    anni successivi diversi matematici presentarono un certo numero di dimo-

    58

  • strazioni del teorema, che poi si rivelarono errate. Confutando una di queste

    pseudo dimostrazioni, nel 1890 Percy Heawood dimostrò che cinque colori

    erano sufficienti per qualsiasi mappa. La definitiva dimostrazione del teore-

    ma dei quattro colori è stata data nel 1977 da Kenneth Appel e Wolfgang

    Haken. La dimostrazione si basa sulla riduzione del numero infinito di mappe

    possibili a 1936 configurazioni, poi ridotte a 1476. La validità del teorema è

    stata poi verificata caso per caso in qualche migliaio di ore di duro lavoro da

    un computer.

    Teorema (Appel - Haken 1976): Quattro colori sono sufficienti.

    Figura 4.7: Per colorare un