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DIRITTO COSTITUZIONALE MANUALE PER CONCORSI PUBBLICI GRATUITO VERSIONE APRILE 2017

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DIRITTO COSTITUZIONALE

MANUALE PER CONCORSI PUBBLICI

GRATUITO

VERSIONE APRILE 2017

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Lo Stato

1

Introduzione

Il diritto costituzionale è da sempre una delle materie principalmente richieste nell’ambito

dei concorsi pubblici.

Noi di Concorsando.it, interrogando il nostro database di oltre 2 . 0 0 0 . 0 0 0 d i q u i z ,

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Diritto costituzionale Lo Stato

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Capitolo 1° L o S t a t o

1.1. La nozione.

Lo S t a t o può essere definito come una comunità di individui, stabilmente insediata su un

territorio e retta da autonome regole costituenti un ordinamento giuridico1 indipendente ed

originario.

Al riguardo va operata una distinzione tra Stato - istituzione e Stato – Apparato. Per

S t a t o i s t i t u z i o n e si intende il complesso dei gruppi sociali presenti nel territorio.

Per S t a t o a p p a r a t o o S t a t o o r g a n i z z a z i o n e o S t a t o g o v e r n o

(governanti) è quella parte della struttura statale che esercita concretamente la sovranità per

raggiungere i fini dello Stato.

1.2. Elementi costitutivi.

Dalla prima definizione data di “Stato” ne discende che i suoi e l e m e n t i c o s t i t u t i v i

sono: il territorio, il popolo e la sovranità.

Tali elementi devono necessariamente coesistere affinché si possa parlare di Stato

nell’accezione propria del termine. Infatti non è possibile considerare come Stato:

un popolo privo di territorio (si pensi alle popolazioni nomadi);

un popolo stanziato su un territorio, ma privo di autorità di governo (si pensi ai

Curdi);

un popolo stanziato su un territorio la cui sovranità è rivendicata da più soggetti

(l’esempio più recente è quello della Bosnia-Erzegovina);

un popolo stanziato su un territorio e con un’autorità di governo che però non

esercita concretamente alcuna sovranità in quanto essa è attribuita ad uno Stato

terzo (colonie).

1.2.1. Sovranità.

Il termine s o v r a n i t à , indica la potestà di governo assoluto, esclusiva e originaria che fa

capo allo Stato e che viene esercitata sul suo territorio.

Il nostro Stato accoglie la teoria della “s o v r a n i t à p o p o l a r e ”, secondo la quale

deve essere il popolo ad operare (direttamente o indirettamente) le scelte determinanti per

l’azione statale (art. 1 Cost. “La sovranità appartiene al popolo”).

1.2.1.1. Caratteri.

La sovranità dunque presenta i seguenti caratteri:

è o r i g i n a r i a : nasce con l’ordinamento e solo con esso viene meno;

1 O r d i n a m e n t o g i u r i d i c o : complesso di norme dirette a disciplinare una collettività organizzata di

persone sia sotto il profilo dei rapporti che a esse fanno capo, sia sotto quello attinente alla struttura

organizzativa dalle stesse adottata. L’ordinamento è qualificabile come giuridico quando è costituito da norme

con tale carattere, cioè norme vincolanti per i soggetti facenti parte della collettività cui la norma stessa si

riferisce; l’ordinamento giuridico, quindi, di regola prevede anche un complesso di sanzioni destinate ad essere

applicate nei confronti dei componenti della comunità organizzata che non rispettino i principi propri

dell’ordinamento stesso.

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è e s c l u s i v a : cioè spetta solo allo Stato;

è i n c o n d i z i o n a t a ; non può cioè essere limitata da enti esterni allo Stato

senza il consenso di quest’ultimo.

1.2.1.2. Esterna e interna.

Così inteso il concetto di sovranità presenti due aspetti fondamentali:

s o v r a n i t à e s t e r n a (cd. internazionale): in forza della quale lo Stato è

indipendente da qualsiasi Stato esterno o organizzazione internazionale, almeno ché

tale limitazione non sia stata autorizzato da esso stesso2;

s o v r a n i t à i n t e r n a : in forza della quale lo Stato esercita un potere di imperio

sui propri cittadini ed organizzazione sociali, al fine di fare rispettare le sue leggi e

di far prevalere i suoi interessi.

1.2.2. Il popolo.

Il p o p o l o è costituito dalla pluralità degli individui che sono legati allo Stato, e quindi

fra loro, dal vincolo della cittadinanza.

Dal popolo vanno distinte la p o p o l a z i o n e , cioè il complesso di tutti coloro che si

trovano in un certo momento nel territorio dello Stato, e la n a z i o n e , considerata un’entità

etnico sociale caratterizzata dalla comunanza di lingua, razza, costumi e religione.

1.2.2.1. La cittadinanza.

La c i t t a d i n a n z a è la condizione giuridica di chi appartiene ad un determinato Stato;

più propriamente è l’insieme dei diritti e dei doveri che l’ordinamento riconosce al cittadino.

1.2.2.1.1. Modi di acquisto della cittadinanza italiana.

In Italia la cittadinanza si acquista in quattro modi:

p e r n a s c i t a (il figlio di padre o madre cittadini)3;

p e r b e n e f i c i o d i l e g g e (ad esempio lo straniero nato e residente in Italia

che al compimento della maggiore età scelga la cittadinanza italiana)4;

p e r e s t e n s i o n e : il m a t r i m o n i o fa acquistare al coniuge, straniero o

apolide5 la cittadinanza italiana, quando questi risieda da almeno sei mesi nel

territorio dello Stato6;

2 Al riguardo si ricordi l’art. 11 Cost. il quale afferma che: “L’Italia… consente, in condizioni di parità con gli

altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le

Nazioni”. 3 In particolare è cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini (ius sanguinis), chi è nato nel

territorio della Repubblica, se entrambi i genitori sono apolidi o ignoti, o se il figlio non segue la cittadinanza dei

genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono (ius soli); il figlio di ignoti trovato nel

territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza. Secondo quanto stabilito

dall’art. 2 D.P.R. 572/93, il figlio, nato in Italia da genitori stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per

nascita, qualora l’ordinamento del Paese di origine dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al

figlio nato all’estero. 4 In particolare lo straniero, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado

sono stati cittadini italiani, può acquistare la cittadinanza, per beneficio di legge se:

presta servizio militare o assume un pubblico impiego e dichiara preventivamente di voler acquistare

la cittadinanza stessa;

al raggiungimento della maggiore età risiede da almeno due anni in Italia e dichiara, entro un anno, di

voler acquistare la cittadinanza italiana.

Anche lo straniero, nato in Italia e che vi ha risieduto ininterrottamente, diviene cittadino se ne fa richiesta entro

un anno dal raggiungimento della maggiore età

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p e r n a t u r a l i z z a z i o n e : la quale quando decorrono determinati presupposti

può essere concessa con decreto p r e s i d e n z i a l e , sentito il Consiglio di Stato7

Oggi è poi possibile avere la d o p p i a c i t t a d i n a n z a 8: la donna straniera che ha

sposato un cittadino italiano acquista infatti, se lo richiede, la cittadinanza del coniuge, senza

rinunciare alla propria cittadinanza di origine.

1.2.2.2. Cittadinanza europea.

Con l’entrata in vigore del Trattato sull’unione europea del 1992, accanto alla cittadinanza

dello Stato di residenza si aggiunge anche c i t t a d i n a n z a e u r o p e a , attribuita a colore

che sono cittadini di uno Stato dell’Unione europea9.

1.2.3. Territorio.

Il t e r r i t o r i o è quella parte dello spazio terrestre entro la quale lo Stato esercita la sua

sovranità.

Il territorio i n s e n s o s t r e t t o comprende:

la t e r r a f e r m a , delimitata dai confini naturali (fiumi, montagne) o artificiali

(stabiliti da trattati o da consuetudini internazionali);

il m a r e t e r r i t o r i a l e , che comprende la fascia di mare costiero10 entro cui lo

Stato esercita la sua sovranità11;

la p i a t t a f o r m a c o n t i n e n t a l e : cioè il sottosuolo marino e la zona di

mare soprastante comprensiva della z o n a e c o n o m i c a e s c l u s i v a che si

5 A p o l i d e : persona priva di cittadinanza, che, di conseguenza, non può rivendicare la tutela da parte di alcuno

Stato. Si è apolidi per nascita, se apolidi sono i genitori; oppure lo si diventa quando si perde la propria

cittadinanza originaria senza acquisirne una nuova: è quanto accade, ad esempio, ai rifugiati (vedi Rifugiato

politico; Diritto d’asilo; Asilo politico). Sul piano internazionale la Convenzione di New York, stipulata nel

1954, disciplina il diritto di ogni individuo ad avere una cittadinanza. In Italia la condizione dell’apolide è

equiparata a quella dei cittadini in tema di diritti civili, ma a quella degli stranieri per quanto riguarda i diritti

politici. Non è ammessa l’estradizione dell’apolide per reati politici. 6 Acquistano la cittadinanza anche il figlio riconosciuto o dichiarato che sia minore d’età.

7 Ad esempio il cittadino di uno stato membro dell’Unione Europea che risieda da quattro anni in Italia, può

richiede la naturalizzazione della sua cittadinanza italiana. 8 Colui che ha una doppia cittadinanza è b i p o l i d e

9 I principiali diritti riconosciuti ai cittadini europei sono:

libertà di circolazione e soggiorno nel territorio di ciascuno degli Stati membri dell’Unione Europea

diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali nello Stato di residenza;

diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni europee nello Stato di residenza;

facoltà di rivolgere una petizione al Parlamento Europeo;

facoltà di rivolgersi al mediatore, il quale è abilitato a ricevere le denunce, di qualsiasi persona fisica o

giuridica che rispettivamente risieda o abbia sede in uno Stato membro e di qualsiasi cittadino

dell’Unione, riguardanti i casi di cattiva amministrazione da parte degli organi comunitari.

la facoltà di godere della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di un altro Stato membro

dell’Unione, qualora si trovi in uno Stato in cui non esiste una rappresentanza del proprio paese. 10

Ogni Stato prevede un’e s t e n s i o n e diversa per il proprio mare territoriale, negli ultimi anni però si

affermata una consuetudine internazionale che fissa il limite esterno del mare territoriale ad u n a m a s s i m a

d i s t a n z a d i 1 2 m i g l i a m a r i n e ( 1 miglio marino = 1, 852 Km). 11

Nell’esercizio della sua sovranità sul mare costiero lo Stato costiero incontra due l i m i t i costituiti:

dal diritto di passaggio inoffensivo, in base al quale lo Stato deve permettere alle navi di altri Paesi di

attraversare le sue acque territoriali finché ciò non reca pregiudizio alla pace, al buon ordine o alla

sicurezza dello Stato costiero;

dall’obbligo per lo Stato costiero di non esercitare la propria giurisdizione penale sulle navi straniere,

per fatti puramente interni alle navi stesse, che sono di competenza dello Stato di bandiera.

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estende fino a 200 miglia dalla costa e al cui interno tutte le risorse economiche

sono di pertinenza dello Stato costiero12;

s o t t o s u o l o e s p a z i o a e r e o sovrastante la terraferma e il mare territoriale,

fino a dove esistono interessi concreti dello Stato;

Il territorio in senso lato (o f l u t t u a n t e ), invece comprende:

le navi e gli aerei mercantili in viaggio, in alto mare e sul cielo sovrastante, che

sono considerati a tutti gli affetti “territorio nazionale” (e quindi sono soggetti alla

sovranità di quest’ultimo) almeno che non si trovino nelle acque territoriali di un

altro Stato;

le navi e gli aerei militari che dovunque si trovino, sono sempre considerati a tutti

gli effetti “territorio nazionale”.

Le convezioni internazionali disciplinano inoltre due situazioni particolari riguardo al

territorio statale:

l’e x t r a t e r r i t o r i a l i t à : le sedi di rappresentanza diplomatica

(ambasciate13), nei confronti dello Stato ospitante godono della cosiddetta

i m m u n i t à t e r r i t o r i a l e , nel senso che quest’ultimo non può esercitarvi

alcun atto di coercizione, se non in seguito ad un esplicito consenso dell’agente

diplomatico accreditato.

l’u l t r a t e r r i t o r i a l i t à : la potestà statale si esercita su edifici siti al di fuori

dal proprio territorio: ad esempio le sedi diplomatiche all’estero.

1.3. Funzioni dello Stato.

Lo Stato al fine di soddisfare le necessità e gli interessi della collettività, per delega del

popolo (titolare della sovranità), svolge direttamente attraverso propri organi (cd. Stato-

apparato) o indirettamente attraverso enti autonomi (Regioni etc.), le sue f u n z i o n i .

f u n z i o n e l e g i s l a t i v a : consiste nell’emanazione delle norme necessarie

al mantenimento della compagine statale e al suo sviluppo, cioè nella creazione

delle norme generali che regolano in maniera astratta la vita di tutta la collettività;

f u n z i o n e e s e c u t i v a o a m m i n i s t r a t i v a : consiste nella

realizzazione concreta dei fini istituzionali stabiliti dall’ordinamento da parte della

struttura esecutiva (governativa), della sua organizzazione periferica e dai soggetti

autonomi (enti pubblici) che perseguono gli stessi fini dello Stato;

f u n z i o n e g i u r i s d i z i o n a l e : consiste nell’attuazione e nel

mantenimento dell’ordinamento giuridico attraverso l’applicazione giudiziaria delle

norme (sostanziale e processuali) ai singoli rapporti tra cittadini e tra gli stessi e lo

Stato14.

12

I diritti dello Stato costiero sulla zona economica esclusiva non possono pregiudicare la libertà degli altri Stati

per quanto riguarda la navigazione ed il sorvolo o comunque l’utilizzo, a fini internazionalmente leciti, dell’area. 13

Per a m b a s c i a t a si intende l’ufficio o sede in cui vengono svolte le funzioni della missione diplomatica

accreditata da uno Stato estero.. È da tener distinta dal c o n s o l a t o in cui vengono svolte funzioni di carattere

prevalente amministrativo a favore di cittadini di uno Stato residenti o dimoranti all’estero. 14

Alcuni autori aggiungono poi a tali funzioni la:

f u n z i o n e c o s t i t u e n t e : mediante la quale lo Stato organizza se stesso. È attraverso la

Costituzione, infatti, che lo Stato predispone i principi e le regole generali del suo funzionamento;

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La nostra Costituzione da parte sua fa esplicito riferimento:

alla funzione legislativa: all’art. 70 (riservando la stessa alle Camere) e agli artt. 76

e ss. (affidando la funzione in esame eccezionalmente al Governo);

alla funzione esecutiva o amministrativa: all’art. 95 (affidando tale funzione al

Governo) e artt. 97-98 (riguardanti la Pubblica Amministrazione);

alla funzione giurisdizionale: agli artt. 102 (affidando tale funzione alla

magistratura) 101, 103 e seguenti.

1.3.1. Il principio della separazione dei poteri.

Tali funzioni con l’affermarsi dello Stato di diritto, sono state ripartite tra i poteri

legislativo, esecutivo e giurisdizionale secondo la t e o r i a d e l l a s e p a r a z i o n e

d e i p o t e r i e n u n c i a t a d a l M o n t e s q u i e u (1689-1755).

Scopo ultimo di tale separazione è quello di garantire che all’occorrenza un potere possa

arrestare l’altro, evitando che uno di essi possa prevaricare e degenerare nell’assolutismo o in

atteggiamenti tirannici: in pratica esso costituisce la miglior garanzia affinché sia assicurata la

libertà politica dei cittadini.

1.3.1.1. Interferenze funzionali.

Comunque una separazione delle competenze così netta non è attuabile, in quanto non

verrebbe realizzata un’esigenza fondamentale di ogni Stato che è quella della coordinazione

fra i vari poteri. Si rende quindi necessario operare degli spostamenti di competenza per

assicurare un più armonico e ordinato svolgimento delle funzioni statali, attraverso

i n t e r f e r e n z e f u n z i o n a l i dei vari poteri.

Osi nel nostro ordinamento.: I) il potere legislativo svolge sia funzioni materialmente

amministrative (nomina i dipendenti delle Camere) sia funzioni materialmente giurisdizionali,

(porre in Stato di accusa il Presidente della Repubblica); II) il potere esecutivo svolge

funzioni materialmente legislative con efficacia inferiore alle leggi formali (regolamenti) o

con efficacia uguale (decreti legge o legislativi); III) il potere giudiziario svolge funzioni

materialmente amministrative mediante provvedimenti rientranti nella c.d. “volontaria

giurisdizione”.

1.4. Le forme di Stato.

1.4.1. Nozione.

La f o r m a d i S t a t o sta ad indicare il rapporto tra chi detiene il potere e coloro che

ne rimangono assoggettati e quindi il vario modo di realizzarsi della correlazione tra autorità e

libertà

La distinzione che si suole fare delle varie forme di Stato in Stato feudale, assoluto,

moderno, sociale, è fondata sulla diversa misura in cui, in ciascuna di esse, viene assicurata la

partecipazione dei governati o Stato–popolo o Stato–comunità alla direzione politica dello

Stato–apparato (governanti).

1.4.2. Stato feudale

Nello S t a t o f e u d a l e il territorio è patrimonio del sovrano e dei vari feudatari, e il

primo si limita a rappresentare l’unità dei vari rapporti di vassallaggio in un ordinamento che

f u n z i o n e p o l i t i c a : che consiste nell’effettuazione delle scelte contingenti relative alo

sviluppo della comunità statale.

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si regge su di una pluralità di comunità politiche autonome non coordinate fra loro. In una tale

forma di Stato non esiste un interesse generale, ma tante società particolari e tanti interessi

localizzati nel feudo.

1.4.3. Stato assoluto.

Lo S t a t o a s s o l u t o sul piano giuridico–costituzionale è caratterizzato dalla cosiddetta

“confusione dei poteri” nella mani del monarca, il quale esercita direttamente sia la funzione

di direzione politica sia la funzione legislativa, e demanda la funzione amministrativa e quella

giurisdizionale ad appositi organi centrali e periferici.

1.4.3.1. Stato di polizia.

Per S t a t o d i p o l i z i a è un particolare tipo di Stato assoluto, in cui il sovrano deve

provvedere al benessere dei sudditi; tuttavia attualmente si intende per Stato di polizia una

forma di Stato in cui sono imposti forti limiti alle libertà individuali.

1.4.4. Stato moderno o di diritto.

Lo S t a t o m o d e r n o o d i d i r i t t o , nato in seguito alla rivoluzione francese e

americana, appare strutturato su base oligarchica, in quanto esso realizza quella che è stata

definita la “dittatura della borghesia” escludendo dalla partecipazione al governo dello Stato,

chi per censo o per grado di istruzione, non facesse parte di tale classe.

Anche se lo Stato moderno assunse come propri i principi dell’uguaglianza formale, della

tutela dei diritti fondamentali, dell’autorità legittimata dal consenso dei governati e si diede

costituzioni scritte in cui questi principi furono solennemente proclamati, la sfera degli

interessi giuridicamente tutelati ebbe natura sempre settoriale.

Nel significato attuale per Stato di diritto intendiamo lo Stato i cui poteri sono sottoposti

alle leggi; e in cui i cittadini sono uguali di fronte alla legge ed è assicurata la legalità della

pubblica amministrazione (i cittadini hanno, nei confronti dello Stato, diritti soggettivi

pubblici).

1.4.5. Stato autoritario

Nello S t a t o a u t o r i t a r i o , da un lato viene esaltata la collettività nazionale, mentre

dall’altro non la si ritiene capace di autogovernarsi politicamente, cosicché si rende necessaria

la figura di un “capo carismatico”, che la rappresenti e la guidi.

1.4.6. Stato sociale o interventista,

Per S t a t o s o c i a l e o i n t e r v e n t i s t a o w e l f a r e S t a t e ci riferiamo allo Stato

che non limita a garantire l’eguaglianza formale, ma mira ad un’eguaglianza sostanziale,

intervenendo per rimuovere tutti gli ostacoli economici, sociali, sanitari che non consentono ai

cittadini di esercitare i diritti individuali.

1.4.7. Stato socialista.

Lo S t a t o s o c i a l i s t a , si ispira alla dottrina marxista–leninista e si distingue per la

collettivizzazione dei mezzi di produzione, per l’esistenza di un partito unico e per la

prevalenza assegnata al principio di eguaglianza sostanziale rispetto a quello delle libertà

civile e politiche.

1.4.8. Altre distinzioni

Vi è un’altra distinzione tra forme di Stato, che non si basa come quella esaminata finora,

su diverso rapporto tra governanti o Stato - apparato e governati o Stato - popolo, ma riflette il

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diverso atteggiassi degli organi supremi dello Stato - apparato: è la distinzione fra Stato

composto, Stato unitario e Unione di Stati.

1.4.8.1. Stato composto

Lo S t a t o si dice c o m p o s t o , quando il potere sovrano è suddiviso tra uno Stato

centrale e più enti che hanno la caratteristiche di Stati.

1.4.8.1.1. Stato federale

La forma più diffusa di Stato composto è lo S t a t o f e d e r a l e caratterizzato dalla

coesistenza di più Stati, ciascuno dei quali dispone di propri organi legislativi, amministrativi

e giurisdizionali, e di un altro Stato (centrale), detto federazione o Unione o Stato federale in

senso stretto, il quale dispone anch’esso di organi legislativi, amministrativi e giurisdizionali.

Questi ultimi operano su tutto il territorio nazionale, e quindi anche su quello dei singoli

Stati federati, ma solo in rapporto a talune materie di interesse generale quali la politica estera,

la difesa militare, il sistema monetario e gli indirizzi di politica economica. Gli organi dei

singoli Stati federati si occupano delle altre materie e ciascuno di essi provvede nell’ambito

del proprio territorio.

1.4.8.2. Stato unitario.

Lo S t a t o si dice u n i t a r i o quando il potere sovrano è attribuita dall’ordinamento ad un

unico ente.

1.4.8.2.1. Accentrato.

Lo S t a t o u n i t a r i o si dice altresì a c c e n t r a t o quando la parte più importante

dell’azione amministrativa è riservata agli organi amministrativi centrali e ad organi

strettamente subordinati a questi, e solo l’azione amministrativa meno significativa è lasciata

a enti o organi eletti dalle comunità locali. Stato accentrato era l’Italia prima dell’introduzione

delle Regioni, allorquando tutta la principale attività amministrativa era espletata dal Governo

centrale e, sotto la direzione di questo, dai prefetti, mentre scarsissimi poteri erano attribuiti

alle provincie e ai comuni.

1.4.8.2.2. Decentrato

Lo S t a t o u n i t a r i o si dice invece d e c e n t r a t o quando ampi poteri di decisione

amministrativa sono attribuiti agli organi statali periferici e soprattutto a enti o organi eletti

dalle frazioni di popolazione stanziate nelle diverse parti del territorio nazionale.

Al riguardo bisogna operare una distinzione tra d e c e n t r a m e n t o i s t i t u z i o n a l e e

d e c e n t r a m e n t o b u r o c r a t i c o o o r g a n i c o : con il primo temine intendiamo la

creazione di enti pubblici autarchici, quali le Regioni, le province e i comuni, a cui vengono

attribuite numerosi poteri in materia amministrativa e legislativa; con il secondo termine ci

riferiamo alla dislocazione territoriale degli uffici centrali dello Stato, le cui funzioni vengono

affidate ad organi periferici in ordine a questioni locali (un esempio di organo periferico è il

prefetto).

1.4.8.2.2.1. Regionale

Una forma accentuata di Stato decentrato è lo S t a t o r e g i o n a l e , il quale è pur sempre

uno Stato unitario ma riconosce, nell’ambito del proprio ordinamento, la presenza e l’attività

di organizzazioni autonome, le Regioni per l’appunto, le quali sono titolari di potestà

legislativa ed esecutiva e dotate anche di una autonomia finanziaria.

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1.4.8.3. Unione di Stati

Più stati possono anche riunirsi tra loro conservando la loro sovranità per dar vita ad

u n i o n e d i S t a t i di cui oggi la più importante è l’O.N.U.

1.4.8.3.1. Confederazioni di Stati

Una forma particolare di unione è data, dalla C o n f e d e r a z i o n i d i S t a t i , costituta,

in base ad un trattato, da Stati che conservano la loro sovranità e che si associano al fine di

meglio provvedere alla loro difesa verso l’esterno, di assicurare la libertà dei trattati e degli

scambi e di mantenere un certo regime politico–sociale all’interno di ciascuno di loro, una

esempio di confederazione di Stati e la N.A.T.O.

1.5. Le forme di governo.

La f o r m a d i g o v e r n o è il modo in cui le funzioni statali, in particolare la cosiddetta

funzione di direzione politica, quella legislativa e quella amministrativa, sono distribuite fra i

supremi organi dello Stato. In base alla forma si opera un distinzione tra: governo

parlamentare, governo presidenziale e governo direttoriale.

1.5.1. Governo parlamentare.

Il g o v e r n o p a r l a m e n t a r e è caratterizzato dal rapporto fiduciario che lega il

Parlamento al Governo, per cui quest’ultimo deve ottenere la fiducia delle Camere per iniziare

a svolgere la sua attività e tale fiducia deve mantenere per restare in carica. In seguito a ciò al

Parlamento è affidato un potere di controllo sull’attività politico–amministrativa e finanziaria

del Governo.

1.5.2. Governo presidenziale.

Il g o v e r n o p r e s i d e n z i a l e di cui il prototipo è quello degli Stati Uniti, attua una

separazione dei poteri relativamente rigida, per cui le vari funzioni sono svolte senza

interferenze dei diversi di organi. In questo tipo di Stato non esiste nessun rapporto tra il Capo

dello Stato, che è capo dell’esecutivo, e le Camere, sia perché il Presidente è eletto dal popolo

sia perché i segretari di Stato (ministri) sono scelti da egli stesso, e dovranno rispondere solo

di fronte a lui, e non nei confronti del Congresso (composto dalla Camere dei deputati e dal

Senato).

1.5.3. Governo direttoriale.

Il g o v e r n o d i r e t t o r i a l e è caratterizzato da un organo collegiale, il Consiglio

federale, eletto per quattro anni dalle Camere riunite in assemblea federale, al quale è affidata

la suprema autorità di governo della Confederazione. Il Presidente della Confederazione è

eletto per la durata di un anno fra i membri del Consiglio.

1.6. I caratteri dello Stato italiano.

S e c o n d o l a n o s t r a C o s t i t u z i o n e l ’ I t a l i a è u n o S t a t o : I)

repubblicano; II) democratico; III) fondato sul lavoro; IV) interventista; V) parlamentare; VI)

decentrato; VII) non confessionale; VIII) infine e aperto alla comunità internazionale.

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Diritto costituzionale Lo Stato

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1.6.1. Repubblicano.

L’art. 1, I comma, della Costituzione afferma che il nostro è uno S t a t o

r e p u b b l i c a n o 15. Tale forma di governo viene tutelata in modo imperativo dalla nostra

Costituzione, tante è vero che l’art. 139 Cost., stabilisce che “La forma repubblicana non può

essere oggetto di revisione costituzionale; cosicché, se si volesse restaurare la monarchia in

Italia, si dovrebbe ricorrere o ad una rivoluzione o ad un colpo di Stato.

1.6.2. Democratico.

Il nostro è uno S t a t o d e m o c r a t i c o 16 (“governo del popolo”) perché ammette il

popolo alla partecipazione del governo dello Stato, o indirettamente, attraverso i suoi

rappresentanti designati dal corpo elettorale (d e m o c r a z i a r a p p r e s e n t a t i v a ); o

direttamente, attribuendo al corpo elettorale alcuni poteri di decisione o di impulso in ordine

all’attività di governo (d e m o c r a z i a d i r e t t a ); o anche in maniera decentrata,

consentendo che le società intermedie a carattere politico ed i singoli individui possano

concorrere a determinare l’indirizzo politico dello Stato (d e m o c r a z i a d e c e n t r a t a o

p l u r a l i s t a ). Lo Stato democratico si contrappone concettualmente allo Stato autoritario, in

cui non esiste nessun rapporto tra governati e governanti.

1.6.3. Fondato sul lavoro.

La norma contenuta nell’art. 1 (“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul

lavoro”), collegata alla disposizione che enuncia il diritto dovere al lavoro (art. 4 Cost.), sta a

significare che al lavoro è attribuita una rilevanza costituzionale..

Il lavoro diviene, in tal modo, valore informativo dell’ordinamento, giacché la dignità del

cittadino è commisurata esclusivamente alla sua capacità di concorrere del progresso

materiale o spirituale della società, senza che possano farsi valere posizioni sociali che non

trovano il loro titolo nell’apporto del soggetto all’evoluzione della comunità alla quale

appartiene.

1.6.4. Interventista.

Il nostro è uno S t a t o i n t e r v e n t i s t a o w e l f a r e S t a t e , in quanto non si limita a

garantire l’eguaglianza formale (art. 3° Cost 1° co.), ma mira ad un’eguaglianza sostanziale,

rimuovendo tutti gli ostacoli economici, sociali, sanitari, che non consentono ai cittadini di

esercitare i diritti individuali (art. 3° Cost 2° co.).

1.6.5. Parlamentare.

Il nostro è uno S t a t o p a r l a m e n t a r e , in quanto l’art. 94 1° co., dispone che “Il

Governo deve avere la fiducia delle due Camere”, pertanto il nostro Stato è contraddistinto dal

rapporto di fiducia che intercorre tra Governo e Parlamento, rapporto di fiducia che viene

meno quando il Parlamento da un voto di sfiducia al Governo oppure quanto il Parlamento

non approva una legge sulla quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

15

La repubblica, come forma di governo, si contrappone alla monarchia; la distinzione tra repubblica e

monarchia si basa sul criterio di successione del Capo dello Stato, che nel primo caso è elettivo, nel secondo è

ereditario. 16

L’art. 1, I comma, della Costituzione afferma che l’“L ’ I t a l i a è u n a r e p u b b l i c a

d e m o c r a t i c a f o n d a t a s u l l a v o r o ”; in linea teorica quindi lo Stato dovrebbe assicurare a tutti i

suoi cittadini il lavoro, e ogni cittadino avrebbe il dovere di lavorare per concorrere al progresso della società.

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Diritto costituzionale Lo Stato

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1.6.6. Decentrato.

Il nostro inoltre è uno S t a t o d e c e n t r a t o , in quanto ampi poteri amministrativi sono

attribuiti agli enti territoriali autarchici, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni

stanziati nelle diverse parti del territorio nazionale.

Oltre ad un decentramento istituzionale vi è anche un d e c e n t r a m e n t o

b u r o c r a t i c o in quanto lo Stato opera una dislocazione territoriale degli uffici centrali, le

cui funzioni vengono affidate ad organi periferici in ordine a questioni locali.

1.6.7. Non confessionale.

Il nostro è uno S t a t o n o n c o n f e s s i o n a l e . Tale carattere discende da quelle norme

costituzionale che riconoscono la più ampia libertà di religione e l’eguale libertà di tutte le

confessioni religiose ed escludono che la professione di una certa religione possa costituire

criterio discriminante fra i cittadini e che le associazioni od istituzione che abbiano carattere

ecclesiastico o perseguano un fine di religione o di culto possono essere oggetto di

trattamento differenziato17.

1.6.8. Aperto alla Comunità Internazionale

Infine il nostro è uno S t a t o a p e r t o a l l a C o m u n i t à I n t e r n a z i o n a l e , in

quanto numerose disposizione della Costituzione, esprimono un forte vocazione

internazionalista18.

17

Per l’art. 8 Cost., infatti, “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” e per l’art.

19 “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o

associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari

al buon costume”; ancora l’art. 3 della Cost. dispone che tutti hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge

senza distinzione di religione e l’art. 20 che “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione e di culto di una

associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami

fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”. 18

In particolare lo Stato italiano si è impegnato ad uniformare il suo ordinamento alle norme del diritto

internazionale generalmente riconosciute (art. 10 1° co.); a disciplinare la condizione giuridica dello straniero in

conformità delle norme e dei trattati internazionali (art. 10 2° co.); a concedere allo stesso diritto di asilo n(art.

10 3° co.); a ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ed a consentire, in

condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la

pace e la giustizia tra le nazioni (art. 11).

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Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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Capitolo 2° L e n o r m e g i u r i d i c h e e l e f o n t i d e l d i r i t t o

2.1. La norma giuridica.

Lo studio delle fonti del diritto positivo, vale a dire delle regole istituzionale ed

organizzative (norme giuridiche) vigenti in un determinato momento, presuppone la

conoscenza della norme giuridica.

2.1.1. Nozione

La n o r m a g i u r i d i c a , disciplina una relazione sociale che l’ordinamento ritiene degna

di tutela.

2.1.2. Caratteri.

Le norme giuridiche si differenziano nettamente da tutte le altre norme della vita sociale, in

quanto presentano determinate caratteristiche generali:

per p o s i t i v i t à si intende che la norma giuridica deve riguardare un effettivo

interesse della collettività;

per e f f e t t i v i t à si intende l’attitudine della norma ad essere rispettata dalla

maggior parte dei consociati;

per c o a t t i v i t à si intende, che qualora vi sia l’esigenza, l’ordinamento attraverso

opportuni strumenti giuridici (sanzioni), garantisce l’osservanza della norma giuridica

anche contro la volontà del suo destinatario;

per e s t e r i o r i t à si intende che la norma giuridica disciplina esclusivamente

rapporti sociali;

per g e n e r a l i t à si intende che la norma giuridica, nella maggior parte dei casi,

proprio perché destinata all’intera collettività (vale erga omnes), non si riferisce a

specifici soggetti;

ed infine per a s t r a t t e z z a si intende che la norma giuridica disciplina una

fattispecie ipotetica, che si può verificare una, un milione o neanche una volta.

2.1.3. L’efficacia delle norme nel tempo.

2.1.3.1. L’inizio dell’obbligatorietà.

Ogni norma diventa obbligatoria a partire da un dato momento di regola coincidente con

l’istante in cui è entrata in vigore la fonte che la pone in essere; tale coincidenza può anche

non verificarsi, come avviene quando l’obbligatorietà della norme è espressamente posticipata

o condizionata al verificarsi di determinati eventi oppure quando è retrodata (in questa ipotesi

si parla di “retroattività della norma”, è mai della fonte).

2.1.3.1.1. Il principio di irretroattività.

L’art. 11 delle “Preleggi” del Codice Civile stabilisce che “la legge non dispone per

l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” volendo significare che una norma non può essere

applicata a situazioni di fatto o a rapporti giuridici sorti e conclusisi prima della sua entrata in

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Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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vigore. Da ciò si evince che l a r e t r o a t t i v i t à d e l l a l e g g e (e degli atti ad essa

equiparati1) c o s t i t u i s c e u n ’ e c c e z i o n e cui si ricorre in casi di estrema necessità.

2.1.3.2. La cessazione dell’obbligatorietà.

2.1.3.2.1. L’abrogazione delle leggi.

La c e s s a z i o n e d e l l ’ o b b l i g a t o r i e t à o d e l l a v i g e n z a d e l l a

n o r m a può verificarsi in conseguenza di circostanze o di eventi diversi: tra questi l’ipotesi

più importante è quella dell’“a b r o g a z i o n e ” dovuta all’intervento di una norma

successiva, dotta della stessa competenza e gerarchicamente non inferiore alla precedente;

l’abrogazione, quindi, elimina l’“antinomia” che si creerebbe laddove continuasse la vigenza

della vecchia norma2.

2.1.3.2.1.1. Forme dell’abrogazione.

La norma fondamentale in materia di abrogazione è l’art. 15 delle disp. prelim. al codice

civile, il quale detta “le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori, per dichiarazione

espressa del legislatore o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché

la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”.

Premesso che l’espressione “legge” è qui usata in senso ampio (cioè come ogni atto

legislativo), notiamo che il cit. art. 15 distingue tra abrogazione

e s p r e s s a quando la legge successiva dichiara esplicitamente di abrogare una

legge precedente od anche alcuni suoi articoli (in questo caso l’abrogazione è operata

direttamente dal legislatore);

t a c i t a allorquando, pur in mancanza di una espressa dichiarazione di

abrogazione, la nuova norma si riveli “incompatibile” con quella precedente o perché

con essa in contrasto o perché regola ex novo la materia già regolata dalla norma

precedente (tale tipo di abrogazione è rimessa alla capacità dell’interprete). La regola

dell’abrogazione non si applica quando la legge anteriore sia speciale o eccezionale e

quella successiva generale.

2.1.3.2.1.2. Efficacia dell’abrogazione.

Coordinando il disposto dell’art. 15 (Abrogazione) con quello dell’art. 11 (Irretroattività)

secondo cui “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” si ricava

che l’abrogazione di regola s i v e r i f i c a e x n u n c , e cioè dal momento in cui entra in

vigore la nuova fonte ed hanno efficacia le norme da essa previste3.

1 La deroga al principio generale della irretroattività, non è invece consentita da parti dei regolamenti che,

appunto perché fonti secondarie, per il criterio della gerarchia, ad un principio contenuto in una fonte primaria

(art. 11 delle “Preleggi”). 2 Il p r i n c i p i o d e l l ’ a b r o g a z i o n e , non è espressamente sancito dalla nostra Costituzione, ma è da

essa presupposto; es.: artt. 75 (referendum abrogativo) che attribuisce allo Stato–comunità la possibilità di

abrogare le leggi e (con alcune eccezioni), 138 (revisione della Costituzione), 25 (in materia di successione di

leggi penali nel tempo; principio di legalità secondo il quale nessuno può essere punito se non in forza ad una

legge entrata in vigore prima del fatto commesso). K e l s e n giustamente osserva che, proprio perché gli organi

legislativi sono autorizzati dai rispettivi ordinamenti a produrre norme suscettibili di essere successivamente

modificate, si può ritenere che l’abrogazione presupponga il principio “lex posterior derogat priori”. 3 Tale principio, però, salvo che in materia penale ove è previsto il principio di retroattività della legge più

favorevole al reo (art. 25 Cost.), può essere derogato dalla legge ordinaria la quale può prevedere anche

l’efficacia ex tunc.

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Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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L’abrogazione opera sulle norme, e non sulle fonti che al contengono, potendo essa

operare solo parzialmente, e cioè eliminare anche una sola norma delle norma poste dalla

fonte, senza elidere l’intera fonte.

È chiaro, poi, che le norme abrogate non devono considerarsi “estinte”, ma seguitano ad

essere applicate alle situazioni a ai rapporti sorti durante la loro vigenza (principio dei diritti

quesiti) e a volte , anche se raramente, per espressa disposizione della nuova fonte, anche a

rapporti sorti successivamente (c.d. u l t r a t t i v i t à ).

Anche in casi di retroattività delle nuove norme rimangono fermi gli effetti prodotti dalle

norme abrogate; ciò, però non si verifica per i decreti legge emanati dal Governo, e

successivamente non convertiti in legge che si ritiene siano “nati morti”: in tal caso per

salvare gli effetti prodotti “protempore” dal decreto non convertito, le camere possono

emanare una legge che ne riconosce il vigore solo per il periodo di vigenza4.

L’abrogazione, oltre che per le fonti–atto, vale anche per le fonti–fatto: è, infatti, vera e

propria “abrogazione” la cessazione della vigenza di norma consuetudinarie per effetto di un

atto legislativo successivo. Egualmente deve considerarsi “abrogazione” la cessazione di una

consuetudine per il formarsi, su una determinata materia, di una nuova e diversa consuetudine

differente dalla precedente.

2.1.4. L’efficacia delle norme nello spazio.

L’applicabilità delle norme secondo una dimensione spaziale viene ricollegata al

p r i n c i p i o d e l l a t e r r i t o r i a l i t à d e l l a l e g g e , in base al quale l’efficacia delle

norme vige nell’ambito territoriale entro cui lo Stato esercita la sua sovranità. Tale principio è

ovvio ma non esclusivo nel senso che rapporti e situazioni sorti nel territorio italiano possono

essere disciplinati da norme proprie di altri ordinamenti, può accadere anche il contrario.

2.2. Le fonti

2.2.1. Nozione.

In via generale le f o n t i d e l d i r i t t o sono quegli atti o fatti produttivi di diritto,

riconosciuti come tali dall’ordinamento di cui fanno parte5

2.2.2. Classificazioni.

Va precisato d’altro canto che l’espressione “fonti del diritto” merita alcune precisazioni e

distinzioni. Le fonti, infatti, possono essere classificate come:

f o n t i d i p r o d u z i o n e : cioè quegli atti o fatti abilitati dall’ordinamento a

creare le norme giuridiche che costituiscono, nel loro insieme, il cd. diritto

oggettivo6;

4 Tali concetti sono stati fissati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 63(1970 secondo la quale la norma

abrogata è riferibile solo ad una “serie definiti di fatti passati” (e non ad una serie indefinita di fatti futuri come la

norma vigente). 5 Va precisato che rientrano in questa nozione solo le cd. fonti di produzione.

6 Per d i r i t t o o g g e t t i v o , o norma agendi, si intende il complesso di norme giuridiche che prescrivono

ai soggetti un dato comportamento, che può essere positivo (obbligo) o negativo (divieto). Accade che le norme

di diritto oggettivo siano suscettibili di tradursi in norme che garantiscono diritti soggettivi. Tuttavia, tale

possibilità è esclusa quando gli obblighi o divieti imposti dal diritto oggettivo sono funzionalizzati alla

protezione di interessi di natura generale, tali cioè che nessun singolo consociato possa considerarli e tutelarli

come propri (si consideri, ad esempio, l’obbligo di prestare servizio militare, prescritto dall’art. 52 Cost. in

funzione della difesa della Nazione). In tal caso, infatti, si dà vita ad un rapporto giuridico caratterizzato, dal lato

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Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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f o n t i s u l l a p r o d u z i o n e : che, invece disciplinano i procedimenti

formativi delle fonti di produzione, indicando chi è competente ad adottarle e i

modi della loro adozione7;

f o n t i d i c o g n i z i o n e : esse costituiscono gli strumenti attraverso i quali è

possibile venire conoscenza delle fonti di produzione8.

2.2.3. Fonti atto e fonti fatto.

Le fonti di produzione si suddividono in:

f o n t i a t t o , sono quegli atti che derivano da manifestazioni di volontà di

organi a cui l’ordinamento attribuisce potere normativo;

f o n t i f a t t o , consistono in comportamenti oggettivi produttivi di diritto. La

più importante fonte fatto del nostro ordinamento. La più importante fonte fatto nel

nostro ordinamento è la consuetudine (vedi infra).

In via generale la distinzione tra fonti-atto e fonti-fatto corrisponde, alla distinzione t r a

f o n t i s c r i t t e e f o n t i n o n s c r i t t e , in quanto le fonti-atto assumono, negli

ordinamenti contemporanei, di regola, una forma scritta, mentre la consuetudine, tipica fonte-

atto, è non scritta. È importante ribadire che la Corte Costituzionale può solo sindacare la

conformità delle fonti atto e non delle fonti fatto.

2.2.3.1. La consuetudine.

La c o n s u e t u d i n e consiste nella ripetizione costante ed uniforme di un data condotta,

da parte di un gruppo sociale, il quale è convinto che tale condotta sia conforme al diritto. La

dottrina distingue due e l e m e n t i c o s t i t u t i v i d e l l a c o n s u e t u d i n e : uno

oggettivo e l’altro soggettivo.

L’e l e m e n t o o g g e t t i v o o m a t e r i a l e (c.d. diuturnitas o usus), è dato dalla

costante e uniforme ripetizione della condotta nel tempo. Ciò non significa che singole e

sporadiche azioni difformi valgono ad impedire il formarsi della consuetudine né ad

interrompere il decorso del tempo necessario al suo formarsi.

Mentre l’e l e m e n t o s o g g e t t i v o o p s i c o l o g i c o (c.d. opinio iuris seu

necessitatis), si risolve nella convinzione che ha il gruppo sociale, che quella determinata

condotta sia conforme al diritto9.

attivo, da una situazione di potestà d’imperio dello Stato o di altro ente pubblico, tale da escludere la presenza di

qualsivoglia diritto soggettivo dei singoli. 7 Tra le fonti sulla produzione si annoverano le “D i s p o s i z i o n i s u l l a l e g g e i n g e n e r a l e ”,

premesse al Codice Civile con le quali si dettano le disposizioni generali in materia di fonti e la stessa

Costituzione, che oltre, ad essere un fonte di produzione, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal

momento che disciplina i processi di produzione delle fonti del diritto (come ad esempio le leggi ordinarie). 8 Si fanno rientrare tra le fonti di cognizione i c.d. t e s t i u n i c i d i m e r a c o m p i l a z i o n e che

consistono nella raccolta organica e coordinata delle norme vigenti in una data materia (contenute in più leggi

entrate in vigore in tempi diversi) in unico testo redatto di solito dal Governo (es., T.U. sulla scuola). Tali testi

unici anche se non innovano l’assetto normativo hanno lo steso valore delle “Raccolte di usi” con la conseguenza

che è sempre possibile dimostrare (da parte del cittadino o del giudice), che alcune disposizioni inserite nei T.U.

sono inapplicabili perché precedentemente abrogate, oppure che vigono nell’ordinamento altre norme oltre

quelle inserite nel testo, che anche se omesse nella compilazione del T.U., sono comunque applicabili.

Dai testi unici di mera compilazione occorre tenere distinti i c.d. t e s t i u n i c i l e g i s l a t i v i i quali sono

invece contenuti in veri e propri atti normativi (leggi formali o, più spesso, decreti legislativi delegati) ed hanno

un vero e proprio valore innovativo nel senso che solo le norme in essi riportate debbono ritenersi applicabili

mentre quelle omesse sono da considerarsi abrogate: tra tali testi unici legislativi sono da annoverare i “codici”.

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Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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La consuetudine è considerata fonte di legge quando non sia ne contro la legge, ne vada

oltre la legge e quando sia richiamata dalla legge10. La consuetudine è una fonte non scritta,

anche se gli usi più ricorrenti sono contenuti in fonti ufficiali scritte. Il giudice non è tenuto a

conoscere la consuetudine, se la parte vuole avvalersi della consuetudine deve portarla a

conoscenza del giudice.

2.2.4. Rapporto tra le fonti e risoluzione delle antinomie.

La pluralità di fonti garantisce la conseguente mutabilità dell’ordinamento, che non è

qualcosa di “statico”, ma un organismo in continuo divenire, in relazione alle esigenze sociali.

Da tale mutabilità deriva, naturalmente, la possibilità di a n t i n o m i e tra le norme in

vigore. Tali contrasti devono essere risolti dallo stesso ordinamento con regole e principi,

scritto o non scritti, di natura sostanzialmente costituzionale.

La soluzione delle antinomie è vitale per l’ordinamento affinché, possa riaffermare la

propria unità formale e materiale; cioè avere in sé solo norme prodotte da fonti autorizzate

(unità formale) e che non regolano lo stesso oggetto in maniera contrastante (unità materiale).

In generale, si può dire che, fuori dai casi in cui viene stabilito un’equivalenza fra due o

più fonti, per cui hanno tutte la medesima efficacia normativa; i rapporti tra le fonti sono per

lo più ordinati secondo i seguenti criteri:

g e r a r c h i a : per cui le fonti sono tra loro graduate in una scala gerarchica in cui

la fonte di grado superiore condizione la fonti di inferiore. Il rapporto di gerarchia

implica le seguenti regole generali:

o la norma di grado inferiore non può mai modificare la norma di grado

superiore ne abrogarla;

o la norma di grado superore può sempre modificare o abrogare la norma di

grado inferiore;

c o m p e t e n z a : per cui viene demandata ad un specifica fonte la disciplina di

determinate materie. Il criterio di competenza può presentarsi in due diverse forme:

o tra due fonti può esserci una separazione di competenze fondata sulla

diversità di oggetti regolabili o di ambito territoriale, oppure su entrambi gli

elementi11;

o in altri casi la Costituzione mostra di preferire, per la disciplina di una

particolare materia, una fonte piuttosto che un’altra, senza impedire a

quest’ultima, però di regolarla fino a quando la fonte preferita non abbia

9 Tale elemento è fondamentale, in quanto se il gruppo sociale manterrebbe una condotta, senza la convinzione

che essa sia giuridicamente obbligatoria, non si avrebbe una consuetudine ma una semplice “p r a s s i

s o c i a l e ”. 10

Avuto riguardo ai rapporti con la legge, la consuetudine viene comunemente distinta in: c o n s u e t u d i n e

s e n c o n d u m l e g e m , cioè conforme alla legge, che è quella che si limita a specificare le disposizioni di

una legge; c o n s u e t u d i n e p r a t e r l e g e m , cioè al di là della legge, che è quella che dispone in materia

non disciplinata dalla legge; c o n s u e t u d i n e c o n t r a l e g e m , cioè contraria alla legge, la quale detta

disposizioni contrarie a quelle di quest’ultima. Il primo tipo di consuetudine è ammessa dalla legge, mentre gli

altre due tipi non possono mai essere fonti di diritto. 11

Un esempio di tale separazione si rinviene nei rapporti fra le leggi ordinarie e regolamenti parlamentari, ai

quali la Costituzione riserva in via esclusiva la disciplina dell’organizzazione interna delle Camere e del

procedimento di formazione delle stesse leggi.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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provveduto ad introdurre la sua disciplina (c r i t e r i o d e l l a

p r e f e r e n z a )12;

c r o n o l o g i c o : quando due norme configgenti sono poste da fonti dello stesso

tipo (due leggi, ad esempio), o due regolamenti, il criterio applicato per eliminare le

antinomie è quello cronologico, in base al quale non si applica (perché si ritiene

abrogata “implicitamente”) la norma precedente, ma quella successiva.

Va detto che solo l’utilizzo del criterio cronologico da luogo ad abrogazione, mentre la

risoluzione dell’antinomia con il criterio gerarchico e della competenza si da luogo ad

annullamento; cioè in quanto sia nel caso di ripartizione di competenza, sia nel caso di

gerarchia l’antinomia, non è più configurata come contrasto tra norme anteriore e posteriore,

bensì tra norma valida e invalida13.

2.2.5. La gerarchia tra le fonti atto.

In base al criterio gerarchico è possibile strutturare le fonti atto n tal modo:

la C o s t i t u z i o n e e l e l e g g i c o s t i t u z i o n a l i e d i

r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e che si pongono al vertice della piramide

delle fonti del diritto riconosciuto dal nostro ordinamento;

la f o n t i e u r o p e e :

o trattati istitutivi della Comunità europea (e successivi trattati modificativi);

o regolamenti, direttive e decisioni;

le f o n t i p r i m a r i e :

o le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti

legislativi);

o il referendum abrogativo;

le f o n t i s e c o n d a r i e ;

o regolamenti;

o ordinanze;

12

Di preferenza più che di riserva, ad esempio deve parlarsi a proposito dei rapporti fra la legge regionale e

legge statale: la Corte costituzionale, infatti, ha sempre ammesso che il legislatore nazionale possa disciplinare le

materie affidate alle Regioni fino a quanto quest’ultime non abbiano usato delle competenze ad esse

costituzionalmente riconosciute. In tal caso, quindi, le norme di legge statale non sono subito invalide, ma lo

divengono solo nel momento in cui le regioni emanano le loro leggi. 13

Più che nella fase di produzione, i criteri per la soluzione delle antinomie intervengono nel momento

applicativo delle norme. È infatti, nella fase della “qualificazione giuridica” della fattispecie che può sorgere il

problema delle antinomie presentandosi, anche solo apparentemente, più norme suscettibili di applicazione.

Questa fase implica necessariamente il momento della “interpretazione della norma”, rivolta a determinarne

l’esatto significato e la portata; la fase delle “risoluzione delle antinomie” è quella dell’“attuazione

giurisdizionale” e l’interprete competente a eliminare le antinomie è il giudice. Tale eliminazione può avere

effetti limitati a un singolo caso concreto, senza portare alla eliminazione della norma illegittima (es.:

disapplicazione di un regolamento ritenuto illegittimo da parte del giudice civile), oppure può portare alla

definitiva delimitazione della norma dall’ordinamento; in questo caso, però, essa è solo eventuale, essendo

subordinata alla iniziativa di determinati soggetti interessati (è il caso delle nome “incostituzionali” che possono

essere limitate dall’ordinamento solo con sentenza della Corte Costituzionale e solo a seguito di impugnativa da

parte di determinati soggetti secondo le modalità previste dalla Costituzione). Da ciò si deduce che l’unità

dell’ordinamento non è un dato predeterminato, ma un obiettivo che si raggiunge per gradi. È inoltre possibile

che le eventuali “interpretazioni” giurisprudenziali possono essere tra loro contrastanti, ma per garantire

l’unitarietà del diritto, al Costituzione ha sancito che l’interpretazione della Corte di Cassazione, massimo

organo giurisdizionale di legittimità è quella della Corte Costituzionale nel caso si tratti di contrasto fra le

singole norme e la Costituzione, debbono prevalere sulle altre.

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Diritto costituzionale Le norme giuridiche e le fonti del diritto

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le f o n t i r e g i o n a l i ;

o Statuti regionali;

o Leggi regionali;

o Regolamenti regionali;

le f o n t i l o c a l i ;

o Statuti provinciali e comunali;

o Regolamenti provinciali e comunali.

le c o n s u e t u d i n i ;

2.2.6. Interpretazioni delle fonti.

2.2.6.1. Nozione.

L’i n t e r p r e t a z i o n e d e l l a n o r m a è quell’attività di indole intellettuale diretta ad

accertare il vero contenuto e la portata della norma, cioè a determinare in modo preciso ciò

che la norma comanda.

Per intendere il significato della norma l’interprete segue due procedimenti:

i n t e r p r e t a z i o n e l e t t e r a l e e l’i n t e r p r e t a z i o n e l o g i c a . La prima determina

il significato proprio delle parole nella loro connessione; la seconda tende a stabilire lo scopo

a cui mira la legge (v o l u n t a s l e g i s ).

2.2.6.2. Classificazione secondo gli autori.

Secondi i soggetti che la compiono, l’i n t e r p r e t a z i o n e si distingue

d o t t r i n a l e , quella fatta dagli studiosi del dritto;

g i u d i z i a l e quella compiuta dal giudice;

a u t e n t i c a quella compiuta dallo stesso legislatore, vincolando in tal modo gli

interpreti a non attribuire alla legge interpretata un diverso significato.

2.2.6.3. Classificazione secondo i risultati cui si perviene.

Secondo i risultati a cui perviene, si parla di interpretazione:

d i c h i a r a t i v a quando i risultati della interpretazione letterale coincidono con

quelli dell’interpretazione logica;

e s t e n s i v a quando il significato della norma viene esteso dall’interpretazione

logica oltre il senso che si poterebbe ricavare da una semplice lettura del testo;

r e s t r i t t i v a si ha quando l’interpretazione logica restringe il significato proprio

dell’espressione usata dalla legge.

In seguito all’interpretazione estensiva o restrittiva, il comando della legge non viene

alterato ad arbitrio dell’interprete, ma viene inteso meglio, correggendone un’imperfetta

manifestazione.

Si ha i n t e r p r e t a z i o n e a d e g u a t r i c e quando il significato della norma viene

adeguato ai nuovi principi fondamentale dell’ordinamento. Si ha i n t e r p r e t a z i o n e

e v o l u t i v a quando il significato viene adeguato alle nuove esigenze sociali.

2.2.6.4. Interpretazione analogica.

L’i n t e r p r e t a z i o n e a n a l o g i c a è l'attività interpretativa che viene espletata

nelle ipotesi in cui un caso concreto non possa essere risolto applicando una norma

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preesistente dell'ordinamento giuridico, quando, cioè, ci si trovi in presenza di una lacuna del

diritto.

Quando ciò accade, il secondo comma dell'art. 12 disp. prel. c.c. dispone che il giudice-

interprete tenga conto delle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe e, se il

caso rimane ancora dubbio, decida secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico

dello Stato.

Il procedimento di integrazione del diritto si articola, quindi, in due momenti successivi:

innanzitutto il giudice può avvalersi del ragionamento analogico (cd. a n a l o g i a

l e g i s o a n a l o g i a d i l e g g e ), vale a dire può applicare alla fattispecie

soggetta alla sua attenzione la disciplina prevista per altra fattispecie, laddove

ritenga di poter accomunare entrambe sotto la stessa ratio (o principio), dalla quale

non può che derivare una stessa conseguenza giuridica;

qualora il ragionamento analogico non sia sufficiente a risolvere il caso concreto, il

giudice non può affidarsi a criteri esterni al diritto positivo (diritto naturale,

coscienza individuale del giudice etc.), ma deve ricorrere ai principi generali

dell'ordinamento giuridico, sanciti dalla Costituzione o ricavabili da norme di legge

(a n a l o g i a i u r i s )14.

2.3. La Costituzione in generale.

2.3.1. Nozione.

La C o s t i t u z i o n e è la legge fondamentale dello Stato. Essa contiene le norme e i

principi generali relativi all’organizzazione e al funzionamento della collettività, in un

determinato momento storico, nonché le norme riguardanti i diritti e i doveri fondamentali dei

cittadini.

2.3.2. Classificazioni

Si è soliti distinguere la Costituzione in:

s c r i t t a o c o n s u e t u d i n a r i a a seconda che i principi e gli istituti vengano o

meno consacrati in un documento15;

r i g i d a o f l e s s i b i l e se per modificare o abrogare le disposizioni in esse

contenute sia o no necessario ricorrere a un procedimento diverso ed aggravato

rispetto a quello delle leggi ordinarie;

c o r t e o l u n g h e a seconda che si limitano a disciplinare la materia

strettamente costituzionale o anche materie diverse;

f o r m a l i quando sono racchiuse in una particolare forma giuridica;

b i l a n c i o o p r o g r a m m a se sono rivolte al presente e si propongono di dare

forma giuridica ad una realtà sociale già esistente o se promuovono anche la

trasformazione in tale realtà;

14

La interpretazione analogica non può essere applicata alle norme penali ed eccezionali (art. 14 disp. prel. c.c.);

nel primo caso, ad escluderlo è il principio di legalità penale, sancito dall'art. 25 Cost., in base al quale nessuno

può essere punito per un fatto che non era considerato reato nel momento in cui è stato compiuto; nel secondo è

il carattere derogatorio delle leggi eccezionali ad escluderlo. 15

L’esempio tipico di uno Stato con Costituzione non scritta ci è dato dalla Gran Bretagna, in questo caso la

Cost. è anche flessibile

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per quanto riguarda il loro procedimento di formazione, le costituzioni si

distinguono in: o t t r i a t e o v o t a t e , si hanno le prime quando il sovrano

concede la Costituzione scritta ai suoi sudditi (es. Statuto Albertino), si hanno le

seconde quando la Costituzione è espressa dal basso e viene redatta e approvata dai

rappresentanti del popolo, riuniti in “assemblea costituzionale”.

2.3.3. Le norme costituzionali.

Esistono tre t i p i d i d i s p o s i z i o n i c o s t i t u z i o n a l i :

le n o r m e i s t i t u t i v e o o r g a n i z z a t i v e sono quelle che danno le linee

generali dell’ordinamento statale, istituiscono i vari organi costituzionali o di

rilevanza costituzionale e ne stabiliscono la loro organizzazione riguardo alla

struttura, alle funzione, alla preposizione alla carica dei loro componenti, ecc. (es.

art. 92);

le n o r m e p r e c e t t i v e sono quelle che attribuiscono al cittadino, ed, in alcuni,

casi, anche al non cittadino, un diritto nei confronti dello Stato (es art. 51);

le n o r m e p r o g r a m m a t i c h e sono quelle che determinano i fini che lo Stato-

istituzione deve perseguire per realizzare l’assetto politico-sociale prefigurato e

voluto dal Costituente (es.: art. 32).

2.4. La Costituzione italiana.

2.4.1. L’elaborazione, la promulgazione e l’entrata in vigore

Il 16 marzo 1946, a liberazione avvenuta (25 aprile 1945), con un decreto legge

luogotenenziale si dispose che a decidere sulla scelta fra monarchia e repubblica sarebbe stato

chiamato, direttamente il popolo mediante referendum. Il 2 giugno 1946 si ebbero insieme il

referendum e le elezioni per la Assemblea costituente (a suffragio universale, maschile e

femminile). La maggioranza dei voti andò alla repubblica.

L’Assemblea costituente, entro i limiti della forma repubblicana già scelta dal popolo

italiano, si accinse alla lunga discussione ed elaborazione della nostra Costituzione, la quale

venne p o i a p p r o v a t a d a l l a A s s e m b l e a s t e s s a i l 2 2 d i c e m b r e

1 9 4 7 , p r o m u l g a t a d a l C a p o p r o v v i s o r i o d e l l o S t a t o E n r i c o

D e N i c o l a c i n q u e g i o r n i d o p o , e d e n t r ò i n v i g o r e i l 1

g e n n a i o 1 9 4 8 .

2.4.2. Composizione e struttura

La nostra Costituzione consta di 1 3 9 a r t i c o l i e 1 8 d i s p o s i z i o n i

t r a n s i t o r i e e f i n a l i .

La Costituzione italiana si compone di due parti precedute dall’enunciazione dei principi

fondamentali (art. 1-12). Nella prima parte sono trattati i diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-

54) raggruppati in quattro titoli: Rapporti civili, Rapporti etico-sociali, Rapporti economici,

Rapporti politici.

Nella seconda parte, intitolata Ordinamento della Repubblica, l’attenzione del Costituente

si è rivolta all’organizzazione dell’apparato statale e al suo funzionamento, con la

suddivisione dell’argomento in sei titoli (artt. 55-139): I) il Parlamento; II) il Presidente della

repubblica; III) il Governo; IV) la Magistratura V) le Regioni, le Province, i Comuni; VI)

Garanzie Costituzionali.

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2.4.3. Caratteri.

La nostra Costituzione è:

v o t a t a , perché è stata adottata volontariamente e liberamente dal popolo

attraverso un apposito organo (l’Assemblea costituente);

r i g i d a , cioè modificabile soltanto a mezzo di leggi emanate con procedimenti

ponderati e aggravati (art. 138 Cost.);

l u n g a , perché oltre le norme sull’organizzazione statale contempla anche i

principi fondamentali dello Stato e i diritti fondamentali dei cittadini;

s c r i t t a , perché è consacrata in un documento formale;

p r o g r a m m a , in quanto contiene norme programmatiche nei fini, ma precettive

nell’applicazione e interpretazione.

2.4.4. L’attuazione.

Alcune d i s p o s i z i o n i c o s t i t u z i o n a l i hanno trovato t a r d i v a a t t u a z i o n e o

non ne hanno ancora trovato affatto. Corte costituzionale, Consiglio superiore della

magistratura, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro sono stati, infatti istituiti dopo

circa un decennio dall’entrata in vigore della Costituzione; per non parlare delle Regioni di

diritto comune (Regioni ordinarie) sorte soltanto nel 1971.

Benché sia stata attuata, anche se non per intero, la parte organizzativa, la parte

programmatica, in cui sono contenuti i principi direttivi per il graduale rinnovamento della

comunità statale, resta ancora oggi del tutto inattuata. Tutto ciò ha comportato la nascita di

una C o s t i t u z i o n e m a t e r i a l e 16 che si discosta radicalmente dalla C o s t i t u z i o n e

f o r m a l e 17.

16

La C o s t i t u z i o n e m a t e r i a l e è il complesso di principi e norme di comportamento effettivamente

regolanti la società statale in un dato momento storico, in quanto conforme all’ideologia del gruppo politico

dominante. 17

La C o s t i t u z i o n e f o r m a l e è il documento solenne contenente i principi e le norme di

organizzazione dello Stato a prescindere dall’effettiva applicazione degli stessi

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Capitolo 3° I l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a

3.1. Nozione e caratteri.

Le Repubbliche hanno un organo di vertice denominato P r e s i d e n t e d e l l a

R e p u b b l i c a .

L’art. 87 1° co. Cost. afferma che “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e

rappresenta l’unità nazionale.”

Esso è all’intero del nostro ordinamento, un o r g a n o c o s t i t u z i o n a l e 1, e come tale

la sua presenza è indefettibile.

Il Presidente della Repubblica presenta i seguenti caratteri:

è un o r g a n o m o n o c r a t i c o : in quanto è l’unico “potere dello Stato” a non

essere di tipo collegiale;

è un o r g a n o s u p e r p a r t e s : cioè al di fuori e al di sopra dei vari poteri dello

Stato e delle funzioni che essi rappresentano, avendo il compito di controllare ed

agevolare il funzionamento dell’intero meccanismo costituzionale2;

è g a r a n t e d e l l a c o s t i t u z i o n e e d a r b i t r o t r a i p a r t i t i : nel senso

che nell’esercizio delle sue funzioni vigila sul funzionamento del meccanismo

costituzionale e sull’osservanza delle regole che lo disciplinano, al fine di

assicurare il rispetto della Costituzione e il mantenimento di una corretto equilibrio

fra gli organi cui spetta la direzione politica dello Stato;

è a p o l i t i c o : nel senso che non può imporre al governo o al Parlamento la

propria politica personale, ma esercita tuttavia una funzione di rappresentanza di

indirizzo morale, in quanto fa sentire la sua influenza con il prestigio personale,

derivante dall’autorevolezza della sua figura.

In sintesi nel nostro sistema costituzionale il Presidente della Repubblica deve essere

inteso come p o t e r e n e u t r o , apolitico ed imparziale, che esercita funzioni di garanzia e

controllo sugli organi d’indirizzo politico al di sopra delle tre funzioni tradizionali e con il

fine di equilibrare il sistema senza svolgere funzioni attive di governo.

1 Gli o r g a n i c o s t i t u z i o n a l i sono quelli che si trovano in una posizione di indipendenza o parità

giuridica tra loro, essi sono indefettibili, vale a dire che se un organo venisse meno provocherebbe un mutamento

dell’assetto costituzionale dei poteri. Gli organi costituzionali partecipano in diverso modo alla funzione politica,

cioè prendono parte all’individuazione dei fini che lo Stato è chiamato a perseguire. Sono organi Costituzionali

le cui funzioni e competenze sono enunciate dalla Costituzione: I) il popolo inteso come corpo elettorale; II) il

Presidente della Repubblica; III) la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica; IV) il Governo; V) la Corte

Costituzionale.

Gli o r g a n i a r i l e v a n z a c o s t i t u z i o n a l e o d i r i l i e v o c o s t i t u z i o n a l e , sono invece

organi che pur non partecipando alla funzione politica, né essendo essenziale alla struttura costituzionale dello

Stato, sono individuati, ma non disciplinati, dalla Costituzione che rinvia al legislatore ordinario la disciplina

della loro attività. Essi sono: I) il C.N.E.L.; II) la Corte dei Conti; III) il Consiglio di Stato; IV) il C.S.M.; V) il

Consiglio Supremo di Difesa. 2 Va precisato che il Capo dello Stato, essendo, svincolato dai poteri tradizionali, non può essere in alcun modo

considerato né come organo di governo né come organo della pubblica amministrazione anche se l’art. 87 gli

conferisce particolari attribuzioni riferentesi all’una e all’altra funzione.

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3.2. Eleggibilità.

A norma dell’art. 84 1° co. Cost.: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni

cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età3, e goda dei diritti civili e politici4”.

3.3. Incompatibilità.

A norma dell’art. 84 2° co. Cost.: “L’ufficio del Presidente della Repubblica è

incompatibile con qualsiasi altra carica”5.

In altri termini, il Presidente della Repubblica non può contemporaneamente ricoprire altri

incarichi, di natura pubblica o privata, né svolgere altre attività professionali. Non può, cioè,

essere parte di un rapporto di servizio, sia esso pubblico o privato, retribuito o anche soltanto

onorario.

3.4. Nomina.

3.4.1. Organo elettivo.

Secondo l’art. 83 Cost., il P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a è eletto dal Parlamento

in seduta comune6 integrato da tre delegati7 per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in

modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranza (la Valle l’Aosta ha un solo

delegato)8.

3.4.2. Procedimento.

L’art. 85 2° co. afferma che: “T r e n t a g i o r n i p r i m a c h e s c a d a i l t e r m i n e 9,

il Presidente della Camera dei deputati convoca10 in seduta comune il Parlamento e i delegati

regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica”.

3 L’età minima di cinquant’anni risponde all’esigenza fondamentale di attribuire la più alta carica istituzionale

solo a chi abbia le doti di maturità, esperienza e autorevolezza necessarie per un compito così delicato. 4 Il godimento dei diritti civili esclude dalla eleggibilità a Capo dello Stato chi sia stato interdetto o inabilitato

secondo la legge civile (ad es.: perché infermo di mente e incapace di provvedere ai propri interessi). È privo dei

diritti politici chi sia stato, invece, cancellato dalle liste elettorali. 5 Inoltre, anche se manca un’esplicita previsione costituzionale, è prassi che il Presidente della Repubblica,

appena eletto, si dimetta anche da tutte le cariche che eventualmente ricopre all’interno di un partito politico. Ciò

risponde ad un preciso principio di correttezza costituzionale e mira a rafforzare l’indipendenza del Capo dello

Stato da qualunque formazione politica. 6 S e d u t a c o m u n e : riunione alla quale partecipano sia i membri della Camera dei deputati che quelli del

Senato della Repubblica, nei casi esplicitamente previsti dalla nostra Costituzione. Tali riunioni si svolgono alla

Camera dei deputati, utilizzandone strutture ed uffici, e sono presiedute dal Presidente della Camera. 7 D e l e g a t i p e r o g n i R e g i o n e (o regionali): membri esterni al Parlamento designati dai Consigli

regionali; integrano le Camere riunite in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica. Godono

delle stesse prerogative dei parlamentari, non devono necessariamente ricoprire la carica di consiglieri regionali

e sono eletti «in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze». Ciò sta a significare che almeno uno dei

tre delegati deve essere espressione delle forze politiche di minoranza. 8La particolare composizione del collegio elettorale integrato dai delegati regionali sta a sottolineare che il Capo

dello Stato rappresenta non solo lo Stato–persona, ma anche lo Stato–comunità, vale a dire la comunità politica

nazionale complessivamente considerata. La norma mira, quindi, a inserire le Regioni (in rappresentanza delle

autonomie locali) nel vivo delle dinamiche istituzionali e ad allargare la base di consenso, garantendo una più

significativa presenza delle minoranze. 9 Il termine di trenta giorni antecedenti la scadenza del settennato dovrebbe presumibilmente consentire

l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro la scadenza del mandato del predecessore. Se, tuttavia, le

votazioni dovessero prolungarsi oltre i 30 giorni, si avrebbe una seconda ipotesi di prorogatio dei poteri del

Presidente uscente, pur nel silenzio della Costituzione. 10

L’iniziativa di convocare il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali è assegnata al Presidente della

Camera dei deputati. Ciò si spiega in quanto al presidente del Senato spetta già il potere di supplenza, e il

costituente è stato attento a mantenere un certo equilibrio tra i massimi organi dello Stato, una costante di tutta

l’architettura del sistema.

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L ’ e l e z i o n e d e l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a h a l u o g o p e r

s c r u t i n i o s e g r e t o 11 e d a m a g g i o r a n z a d i d u e t e r z i

d e l l ’ a s s e m b l e a (cioè a 2/3 dei componenti di entrambi i rami del Parlamento).

Tale maggioranza qualificata è richiesta per le prime tre votazioni, affinché il Presidente

della Repubblica possa godere di un numero di consensi più ampio di quello normalmente

prescritto per le maggioranze governative.

D o p o i p r i m i t r e s c r u t i n i è , i n v e c e , s u f f i c i e n t e l a

m a g g i o r a n z a a s s o l u t a (metà dei componenti l’Assemblea + 1), onde evitare un

ulteriore ed eccessivo prolungamento delle operazioni di voto che sminuirebbe il prestigio

dell’eligendo.

3.4.2.1. Nel caso in cui le camere siano sciolte o manca meno di tre mesi dalla cessazione.

Inoltre l’art. 85 3° co. afferma che: “Se le Camere12 sono sciolte, o manca meno di tre mesi

alla loro cessazione, l’elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere

nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica (prorogatio)”.

Quindi le Camere sciolte o prossime allo scioglimento (cd. C a m e r e “ m o r i b o n d e ” )

non sono abilitate a eleggere il nuovo Capo dello Stato. Si vuole, così, evitare di affidare una

scelta politica importante, come l’elezione del Presidente della Repubblica, a un organo ormai

in scadenza ed i cui membri potrebbero non essere riconfermati con le nuove elezioni.

3.4.2.1.1. Prorogatio del Presidente della Repubblica

La durata in carica del Presidente della Repubblica è fissata in un settennato, a decorrere

dalla data del giuramento. Tuttavia nel caso in cui si verifichi ritardo nell’elezione del

successore (come nel caso previsto dell’art. 85 3° co.), il Presidente della Repubblica in carica

può vedere prorogati i suoi poteri ( p r o r o g a t i o d e l P r e s i d e n t e d e l l a

R e p u b b l i c a )

3.5. Il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservazione della Costituzione.

Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, deve ai sensi dell’art. 91

Cost. presentare g i u r a m e n t o d i f e d e l t à a l l a R e p u b b l i c a e d i

o s s e r v a z i o n e d e l l a C o s t i t u z i o n e dinnanzi al Parlamento in seduta comune13.

In occasione del giuramento, il Presidente della Repubblica rivolge alle Camere un

messaggio, detto “introduttivo” o di “insediamento”, con il quale espone le linee che

caratterizzeranno lo “stile” del suo mandato: si tratta di un messaggio orale, pronunciato

direttamente dinanzi alle Camere, a differenza dei tipici messaggi presidenziali, trasmessi in

forma scritta al Parlamento.

11

S c r u t i n i o s e g r e t o : procedimento di votazione che assicura l’assoluta segretezza (e, di conseguenza,

l’assoluta libertà) della scelta dell’elettore. I regolamenti parlamentari adottano lo scrutinio segreto soltanto nei

casi in cui sia in discussione un argomento che prevede un giudizio sulle persone (ad esempio, elezione e messa

in stato d’accusa del Presidente della Repubblica), mentre la regola generale è quella dello scrutinio palese. 12

C a m e r e : sono i due rami di cui si compone il nostro Parlamento: Camera dei deputati e Senato della

Repubblica. 13

Secondo il dettato costituzionale il giuramento del Presidente della Repubblica dovrebbe essere prestato

soltanto dinanzi al Parlamento in seduta comune; è comunque prassi che il Presidente della Camera inviti anche i

delegati regionali che hanno partecipato all’elezione del Capo dello Stato.

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3.6. Durata in carica.

Il Presidente ella Repubblica d u r a i n c a r i c a s e t t e a n n i 14, (art. 85 1° co. Cost.)

che decorrono dalla data del giuramento.

3.7. Supplenza e impedimento.

3.7.1. Supplenza

La Costituzione non prevede la carica della vicepresidenza, né la possibilità di delega

volontaria delle funzioni del Capo dello Stato ad altro organo, ma solo l’istituto della

“supplenza” , escludendo anche implicitamente la revoca del Presidente.

La s u p p l e n z a consiste nell’assunzione dei poteri e delle funzioni del Capo dello Stato

da parte del Presidente del Senato (art. 86 Cost. 1° co.15), nelle ipotesi in cui, a causa di un

impedimento temporaneo, il Presidente della repubblica non possa svolgere la propria attività

3.7.2. Impedimento

L’i m p e d i m e n t o 16 può essere:

p e r m a n e n t e in caso di:

o infermità che si protragga in modo irreversibile;

o destituzione dalla carica, comminata dalla Corte Costituzionale nella

sentenza di condanna per alto tradimento o attentato alla Costituzione

(d e s t i t u z i o n e ) ;

o perdita di godimento dei diritti civili e politici (d e c a d e n z a ).

t e m p o r a n e o in caso di:

o sospensione della Carica disposta dalla Corte Costituzionale in pendenza

del giudizio d’accusa per alto tradimento alla Costituzione;

o malattia che non importi guarigione entro breve termine, pur senza

pregiudicare la riassunzione della carica, a guarigione avvenuta;

o viaggio all’estero17.

14

La particolare lunghezza del mandato (superata solo da quella dei giudici costituzionali (9 anni) è giustificata,

innanzitutto, dall’esigenza di svincolare il Presidente della Repubblica dalla maggioranza politica che lo ha

eletto, esaltandone la posizione di imparzialità. Si ricordi, infatti che la durata ordinaria delle Camere è fissata a

soli 5 anni. In secondo luogo, la permanenza in carica per sette anni renderebbe possibile l’acquisizione della

maggior esperienza che la delicatezza dei compiti presidenziali impone. Infine, la durata del mandato evidenzia

le prerogative di organo moderatore che la Costituzione assegna al capo dello Stato, soprattutto allorquando si

verifichi un mutamento dei rapporti di forza tra le parti politiche. 15

Art. 86 1° co. Cost.: “Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle,

sono esercitate dal Presidente del Senato”. 16

Qual è l’organo competente ad accertare e dichiarare l’impedimento del Capo dello Stato nel caso in cui il

Presidente non sia in grado di riconoscere il proprio impedimento? Se il Presidente non vuole o non può

effettuare una dichiarazione spontanea, è necessario individuare quale sia l’organo competente: in dottrina è

stato, di volta in volta, individuato nella Corte Costituzionale, nel Governo, nel Parlamento in seduta comune,

ovvero nello stesso Presidente della Camera. Sono tutte soluzioni che, per un motivo o per un altro, lasciano

perplessi. Nell’unico precedente, in occasione della grave malattia che colpì il Presidente Segni (agosto 1964),

l’accertamento dell’impedimento fu fatto con atto del Governo (comunicato ufficiale del Consiglio dei Ministri).

Quindi il Presidente del Senato, convocati il Presidente della Camera e il Presidente del Consiglio e verificata

con loro la sussistenza delle condizioni previste da questo articolo, assunse temporaneamente l’esercizio delle

funzioni di Capo dello Stato, con la qualifica di Presidente supplente della Repubblica. Non si pervenne,

comunque, a una dichiarazione di impedimento permanente, perché nel frattempo il Presidente Segni rassegnò le

dimissioni. 17

Quest’ultimo caso, anche se in passato si è verificato, appare controverso, in quanto non può considerarsi

«impedito» il Presidente della Repubblica proprio quando è all’estero, in rappresentanza dello Stato italiano e

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Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

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S i r i c o r d i c h e l ’ i m p e d i m e n t o c h e i m p o n e l a s u p p l e n z a è

s o l o q u e l l o t e m p o r a n e o , i n q u a n t o l ’ i m p e d i m e n t o

p e r m a n e n t e , d a l u o g o a c e s s a z i o n e a n t i c i p a t a d e l l a c a r i c a .

3.7.3. I poteri del supplente

Il supplente acquista la sua carica automaticamente, cioè senza bisogno di alcuno atto di

investitura e senza che debba prestare giuramento.

I p o t e r i d e l s u p p l e n t e di regola sono limitati ai soli atti di ordinaria

amministrazione, essendo poco opportuno il compimento di atti di carattere palesemente

straordinario (ad es.: scioglimento anticipato delle Camere). La norma non esclude, tuttavia,

la possibilità che il supplente assolva tutte le funzioni presidenziali senza distinzioni, ove ne

ricorra la necessità.

La correttezza costituzionale impone, comunque, al supplente di astenersi dagli atti

destinati ad incidere sugli equilibri tra i vari organi dello Stato. Sarebbe, quindi, del tutto

inopportuno che il Presidente del Senato, nominasse senatori a vita o inviasse messaggi alle

Camere.

3.8. Cessazione.

3.8.1. Ordinaria

Il mandato presidenziale termina in via ordinaria per la scadenza del settennio. Scaduto il

mandato, il Presidente della Repubblica è immediatamente rieleggibile18.

Alla cessazione della carica il Presidente della Repubblica diviene automaticamente

senatore a vita19 (salvo i casi di rinuncia: art. 59 1° co. Cost.).

3.8.2. Anticipata.

La c e s s a z i o n e dell’ufficio può avvenire, oltre che, in via normale per la scadenza del

settennio, anche via a n t i c i p a t a a causa di:

m o r t e ;

d i m i s s i o n i 20: le dimissioni del Presidente della Repubblica hanno effetto

immediato: non esiste, infatti, un organo abilitato a riceverle e ad accettarle (e tale

non è neppure il Parlamento), né ciò sarebbe compatibile con la posizione di organo

super partes che è propria del Capo dello Stato. Per tale motivo l ’ a t t o d i

d i m i s s i o n e d e l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a è u n

dunque nella pienezza delle sue funzioni. La tesi probabilmente più corretta considera necessaria una «supplenza

parziale», riconoscendo al supplente le sole funzioni non inerenti allo svolgimento della missione all’estero. 18

La rieleggibilità del Presidente della Repubblica (e cioè la possibilità di una sua rielezione, anche immediata,

alla scadenza del settennato) si deduce dal silenzio della Costituzione, che per altri organi espressamente la vieta

(come per i giudici della Corte Costituzionale o per i membri del Consiglio Superiore della Magistratura).

Giorgio Napolitano è fino ad ora l’unico presidente ad essere stato rieletto alla scadenza del settennato . 19

E x P r e s i d e n t i d e l l a R e p u b b l i c a d i v e n u t i s e n a t o r i a v i t a : la loro

posizione è totalmente equiparata a quella degli altri senatori, non essendovi nel testo costituzionale alcuna

disposizione che imponga obblighi o assegni particolari privilegi agli ex Presidenti. Pur non essendovi alcuna

esplicita previsione costituzionale, per anni è invalsa la prassi che gli ex Presidenti della Repubblica siano

ascoltati dal Presidente in carica nel corso delle consultazioni per la formazione del Governo. 20

D i m i s s i o n i : atto libero e personale con cui il titolare di un ufficio dichiara di voler abbandonare

anticipatamente l’incarico. Normalmente le dimissioni hanno effetto solo dopo l’accettazione da parte

dell’organo competente e solo quando sia divenuta effettiva la sostituzione da parte del successore. Si ha,

pertanto, la cd. prorogatio dei poteri del precedente titolare, fino a sostituzione avvenuta.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

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a t t o p e r s o n a l i s s i m o , e n o n r i c h i e d e l a c o n t r o f i r m a

m i n i s t e r i a l e , n é l a m o t i v a z i o n e .

per im p e d i m e n t o p e r m a n e n t e ;

d e c a d e n z a : per il venir meno di uno dei requisiti di eleggibilità (cittadinanza,

godimento dei diritti civili e politici);

d e s t i t u z i o n e , a seguito della condanna per alto tradimento o attentato alla

costituzione, do opera della Corte Costituzionale.

In queste ipotesi, ai sensi dell’art. 86 2° co., “il Presidente della Camera dei Deputati indice

l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior

termine previsto se le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla loro cessazione”.

3.9. Gli atti presidenziali o decreti presidenziali.

Ogni atto emanato dal Capo dello Stato, assume la forma di d e c r e t o d e l

p r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a (D.P.R.).

L’elencazione degli atti che devono essere emanati sotto forma di D.P.R., è contenuta nella

Costituzione e nella legge 13/91.

3.9.1. Tipologie.

Gli a t t i p r e s i d e n z i a l i , possono classificarsi in:

atti formalmente presidenziali;

atti formalmente e sostanzialmente presidenziali;

atti sostanzialmente complessi.

3.9.1.1. Formalmente presidenziali (o atti governativi o ministeriali).

Gli a t t i s o l o f o r m a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i , sono gli atti il cui contenuto è

stabilito dal Governo, e sui quali il Presidente apponendo la sua sottoscrizione ne effettua un

controllo di legalità o di merito (quindi la sottoscrizione non ha la funzione di rendere perfetti

tali atti).

Tale controllo ha un efficacia limitata, consentendo al Presidente, ove lo ritenga opportuno,

di arrestare il corso dei medesimi e richiedere un nuovo esame da parte dell’organo che li ha

deliberati.

Tuttavia se l’organo che li ha deliberati o che ha formulato la proposta insiste nel volere

del provvedimento, il Presidente non può ulteriormente rifiutarsi di sottoscriverli.

Rientrano in questa prima categoria: I) decreti legge21; II) decreti legislativi22; III)

regolamenti governativi; IV) gli atti del governo che siano espressione della funzione

amministrativa (ad esempio, la nomina di alti funzionari); V) i provvedimenti relativi ai

rapporti con gli altri Stati (ratifica dei trattati internazionali); VI) gli atti di nomina dei

Ministri proposti dal Presidente del Consiglio; VII) gli atti di esercizio dell’iniziativa

legislativa governativa.

21

D e c r e t o l e g g e : appartiene alla categoria delle ordinanze generali, che si concretano in provvedimenti

provvisori (con forza di legge) adottati dal Governo, di sua iniziativa e sotto la sua responsabilità, in casi

straordinari di necessità e di urgenza. Tali provvedimenti diventano definitivi solo dopo la conversione in legge

effettuata dal Parlamento. 22

D e c r e t o l e g i s l a t i v o : atto con efficacia di legge formale emanato dal Governo in base ad una delega

legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento. La delega del Parlamento è conferita con legge formale

ordinaria.

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Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

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3.9.1.2. Formalmente e sostanzialmente presidenziali (o atti presidenziali).

Sono a t t i f o r m a l m e n t e e s o s t a n z i a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i , quegli atti

che rientrano totalmente nella sfera di discrezionalità del Presidente.

Rientrano in questa seconda categoria: I) la nomina di cinque senatori a vita e di cinque

giudici della Corte costituzionale; II) la nomina di otto esperti componenti il CNEL; III) il

rinvio al Parlamento di una legge; IV) la promulgazione delle leggi; V) i messaggi inviati alle

Camere per segnalare gravi necessità comuni a fare richiamo ad esigenze avvertite in modo

diffuso nel Paese, all’infuori degli schieramenti delle parti politiche.

3.9.1.3. Sostanzialmente complessi.

Infine gli a t t i s o s t a n z i a l m e n t e c o m p l e s s i sono atti il cui contenuto è

determinato sia dal Governo che dal Presidente stesso, e che impegnano la responsabilità di

entrambi allo stesso titolo.

Rientrano in questa categoria: I) la nomina del Presidente del Consiglio; II) lo scioglimento

delle Camere; III) la concessione della grazia.

3.9.2. La controfirma.

Condizione di validità di tutti gli atti emanati23 dal Presidente della Repubblica è la

c o n t r o f i r m a apposta sugli stessi, dal Ministro proponente e anche del Presidente del

Consiglio nel caso di decreti legge o decreti legislativi (art. 89 Cost.).

3.9.2.1. La funzione svolta dalla controfirma.

A secondo degli atti su cui è apposta la controfirma svolge:

nel caso in cui venga apposta su a t t i g o v e r n a t i v i , la controfirma giustamente

a s s o l v e i l c o m p i t o d i t r a s f e r i r e a d a l t r i l a r e s p o n s a b i l i t à

( p o l i t i c a ) d e l l ’ a t t o f i r m a t o d a l P r e s i d e n t e . Quest’ultimo

esercita soltanto una forma di controllo di legittimità sull’operato del Governo;

nel caso in cui venga apposta su a t t i f o r m a l m e n t e e

s o s t a n z i a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i , la controfirma ha soltanto una

f u n z i o n e d i c o n t r o l l o s u l l ’ o p e r a t o d e l P r e s i d e n t e d a

p a r t e d e l G o v e r n o . In altri termini, in questa caso la posizione dei

Ministri si inverte, in quanto il loro compito non è più di collaborazione attiva alla

formazione dei medesimi, ma piuttosto (oltre che di attestazione delle “autenticità

della sottoscrizione del Presidente”) di controllo diretto ad accertare la

costituzionalità formale dell’atto.

3.10. Responsabilità.

3.10.1. Introduzione.

Sotto il profilo costituzionale sono rilevanti due diverse forme di responsabilità:

r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a : ricorre quando il comportamento di chi agisce è

valutabile solo secondo parametri di opportunità ed è sottoponibile ad un tipo di

sanzioni che oscillano dalla rimozione o destituzione dalla carica alla sola censura

politica;

23

Deve ritenersi pacifico, comunque, che la controfirma non è richiesta per quegli atti alla cui formazione il

Presidente della Repubblica partecipa, ma che non vengono imputati a lui bensì ad organi collegiali da lui

presieduti (es.: atti del Consiglio Superiore della Magistratura).

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Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

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r e s p o n s a b i l i t à g i u r i d i c a : ricorre quando l’esercizio del potere è

valutabile secondo precisi parametri normativi ed è sottoponibile alle sanzioni

previste dall’ordinamento giuridico, e cioè sanzioni penali, civili o amministrative.

Nel nostro ordinamento costituzionale il Presidente della Repubblica è soggetto sia alla

responsabilità politica, sia a quella giuridica.

3.10.2. Politica.

Quanto alla responsabilità politica occorre distinguere due forme molto diverse fra loro:

r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a d i f f u s a : è quella di cui il titolare di una

determinata carica politica risponde nei confronti di una generalità di persone (in

questo caso i cittadini) che non possono esercitare nei suoi confronti uno specifico

e diretto potere «sanzionatorio», ma solo un generale diritto di critica;

r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a i s t i t u z i o n a l i z z a t a : è quella che si ha

verso determinati organi dotati della titolarità di uno specifico e diretto potere

sanzionatorio nei confronti del titolare di una certa carica (rimozione, destituzione

etc.).

3.10.2.1. Tipo di responsabilità politica a cui è sottoposto il Presidente della Repubblica.

Si deve ritenere che il Capo dello Stato sia sottoposto alla sola responsabilità politica

diffusa24, dal momento che la Carta Costituzionale non prevede l’esistenza di alcun organo cui

egli debba rendere conto del proprio comportamento politico e che possa esercitare poteri

politici sanzionatori nei suoi confronti.

La sottoposizione del Capo dello Stato a tale forma di responsabilità deriva da uno dei

principi fondamentali del nostro sistema: quello della sovranità popolare. Poiché la sovranità

appartiene al popolo, solo ad esso deve sempre essere riconosciuto il diritto di poter valutare

criticamente il comportamento di chi esercita per suo conto i poteri supremi.

3.10.3. Giuridica.

La r e s p o n s a b i l i t à g i u r i d i c a sorge nel momento in cui vi è la violazione di una

precisa norma di legge appositamente sanzionata (sanzioni penali, civili e amministrative).

Mentre in relazione alla responsabilità civile e quella amministrativa, il Presidente della

Repubblica non gode di nessuna immunità, esiste un particolare regime per la responsabilità

penale.

3.10.3.1. Per i reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni.

Il Capo dello Stato, nell’esercizio delle sue funzioni, è sottratto dalla Costituzione a tale

responsabilità, per cui non può essere chiamato a rispondere in giudizio degli illeciti che

commette.

Egli, pertanto, gode dell’immunità penale che è, tuttavia, limitata ai soli casi in cui essa

risulta strumentale allo svolgimento delle funzioni presidenziali.

L’unica eccezione all’immunità penale del Presidente deve ravvisarsi nelle ipotesi in cui si

renda colpevole dei reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.).

24

È chiaro, come evidenziato in precedenza, che il Presidente della Repubblica risulterà politicamente

responsabile solo per gli atti da lui posti in essere sia formalmente che sostanzialmente, per i quali la controfirma

svolge solo una funzione di controllo.

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Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

30

3.10.3.1.1. Alto tradimento.

Può considerarsi a l t o t r a d i m e n t o ogni comportamento doloso, che, offendendo la

personalità interna ed internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di

fedeltà della Repubblica.

Esso presuppone una intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o,

addirittura, per sovvertire l’ordinamento costituzionale.

3.10.3.1.2. Attentato alla Costituzione.

Mentre deve ritenersi a t t e n t a t o a l l a C o s t i t u z i o n e ogni comportamento doloso

diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o violare la Costituzione.

L’art. 283 c.p. definisce genericamente tale reato come: «un fatto diretto a mutare la

Costituzione dello Stato o la forma di governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento

costituzionale dello Stato»

3.10.3.1.3. La messa in stato d’accusa del Capo dello Stato.

3.10.3.1.3.1. L’organo inquirente.

È il Parlamento a promuovere l’azione penale contro il Presidente della Repubblica per i

reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, per cui ad esso è riservato il potere di

compiere le indagini istruttorie a tal fine necessarie.

La legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, ha disposto modificando l’art. 12 della legge

costituzionale 11 marzo 1953, che, la deliberazione sulla messa in stato d’accusa del

Presidente della Repubblica per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, è

adottata dal P a r l a m e n t o i n s e d u t a c o m u n e (a maggioranza assoluta dei suoi

membri) s u r e l a z i o n e d i u n C o m i t a t o (e non più dunque di una Commissione per

i procedimenti d’accusa), formati dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della

Camera competenti per le autorizzazione a procedere (c.d. giunta per le autorizzazioni a

procedere).

3.10.3.1.3.2. L’organo giudicante.

L’organo competente a giudicare l’accusa mossa è la C o r t e C o s t i t u z i o n a l e , la

quale potrà, in pendenza del giudizio d’accusa, disporre la sospensione dalla carica

presidenziale.

3.10.3.2. Reati compiuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni.

Relativamente ai reati c o m p i u t i a l d i f u o r i d e l l ’ e s e r c i z i o d e l l e s u e

f u n z i o n i , il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro

cittadino.

Tuttavia onde evitare che il capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni

politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene, che non si

possa procedere penalmente contro di lui finché resta in carica (i m p r o c e b i l i t à

d e l l ’ a z i o n e p e n a l e ).

3.10.3.3. In sintesi.

Da quanto detto discende che:

per gli atti non compiuti nell’esercizio delle funzioni presidenziali, la responsabilità

del Capo dello Stato è identica a quella di qualunque altro cittadino. Egli sarebbe

certamente responsabile di una eventuale molestia sessuale attuata sulla segretaria

del Quirinale, anche se compiuta nel corso del settennato;

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

31

per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, egli non assume alcuna

responsabilità giuridica, purché non si tratti dei reati previsti dalla stessa

Costituzione: ad esempio sarebbe sicuramente responsabile di attentato alla

Costituzione, nell’ipotesi in cui decidesse di organizzare un colpo di Stato per

instaurare una dittatura.

3.11. Prerogative.

Per potere esercitare concretamente i suoi poteri il presidente gode delle seguenti

prerogative:

i n s i n d a c a b i l i t à : il presidente della Repubblica non è sindacabile e non può

essere perseguito per i pareri e le opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni.

Limitatamente alla sua irresponsabilità per gli atti del governo, tale insindacabilità è

tutelata dall’art. 279 c.p.;

di i n d i p e n d e n z a e c o n o m i c a : assicurata mediante l’assegnazione di un

a s s e g n o pari a 125.000 € annui;

di una d o t a z i o n e , ossia il complesso dei beni (costituenti patrimonio

indisponibile dello Stato), destinati al mantenimento e al funzionamento

dell’Ufficio della Presidenza della Repubblica. La dotazione si compone di una

parte in natura (Palazzo del Quirinale, tenuta di Castelporziano e altri edifici situati

in diverse Regioni italiane) e di una parte in denaro, necessaria alla manutenzione

dei beni in precedenza indicati.

3.12. Poteri e attribuzioni del presidente della Repubblica.

Il Presidente della Repubblica non è titolare di nessuna delle tre fondamentali funzioni

dello Stato, ma la Costruzione gli riserva la possibilità di intervenire in ciascuna di esse, oltre

che alcune competenza specifiche

3.12.1. In relazione al potere legislativo.

I n r e l a z i o n e a l p o t e r e l e g i s l a t i v o e alla relativa funzione, il Presidente della

Repubblica:

3.12.1.1.1. Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione

Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione (art. 87 3° co. Cost.)25.

Le Camere, appena elette, devono riunirsi entro 20 giorni dalla fine delle elezioni (art. 61

Cost.). Il giorno di prima riunione, nell’ambito di tale termine, è fissato dal Capo dello Stato,

già nel decreto in cui convoca i comizi elettorali.

3.12.1.1.2. Può inviare messaggi alle Camere.

Può inviare messaggi alle Camere (art. 87 2° co. Cost.).

3.12.1.1.2.1. Nozione di messaggio.

Il m e s s a g g i o è un tipico atto presidenziale, il cui contenuto rispecchia gli intendimenti

personali del Capo dello Stato (c.d. p o t e r e d i e s t e r n a z i o n e ) .

25

Si tratta comunque di una a t t r i b u z i o n e p r e s i d e n z i a l e m e r a m e n t e f o r m a l e : sia

convocazione dei comizi elettorali, che la determinazione della data della prima riunione delle Camere sono

deliberate dal Consiglio dei Ministri: siamo quindi di fronte ad u n a t t o g o v e r n a t i v o e , n o n

p r e s i d e n z i a l e q u a n t o a l l a s o s t a n z a .

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

32

Con i propri messaggi, il Presidente non può però interferire nell’azione degli altri organi

costituzionali, né entrare nel merito del programma politico del Governo.

3.12.1.1.2.2. Messaggi formali e informali

Dai m e s s a g g i f o r m a l i i n v i a t i a l l e C a m e r e (tra cui vi è il messaggio

motivato), vanno distinti i m e s s a g g i i n f o r m a l i , rivolti a qualunque altro destinatario,

sugli argomenti più vari e quando il Presidente ne ravvisi l’opportunità (ad es.: messaggi

televisivi rivolti alla pubblica opinione).

Il m e s s a g g i o f o r m a l e v a s e m p r e c o n t r o f i r m a t o d a l P r e s i d e n t e

d e l C o n s i g l i o , o , a l m e n o , d a u n o d e i M i n i s t r i , e tale atto ha valore di

controllo di legittimità. I messaggi informali non sono, invece, soggetti a controfirma.

3.12.1.1.3. Autorizza con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge di

iniziativa governativa.

A u t o r i z z a con suo decreto l a p r e s e n t a z i o n e alle Camere d e i d i s e g n i

d i l e g g e 26 di iniziativa governativa (art. 87 4° co. Cost.).

Tale autorizzazione non è atto presidenziale (cioè di competenza anche sostanziale del

Presidente della Repubblica), perché l’art. 71 Cost. attribuisce, in via tassativa, al governo la

titolarità dell’iniziativa legislativa, escludendo il concorso di altri organi nel suo esercizio:

quindi l’autorizzazione presidenziale non ha carattere discrezionale e non può essere rifiutata.

Può solo ritenersi che i poteri del Capo dello Stato possano limitarsi alla richiesta di un

riesame da parte del Governo. Può, invece, rifiutare l’autorizzazione, per mancanza di un

elemento essenziale o quando l’atto abbia carattere delittuoso.

3.12.1.1.4. Può convocare ciascuna Camera i via straordinaria.

P u ò c o n v o c a r e 27 c i a s c u n a C a m e r a i v i a s t r a o r d i n a r i a 28 (art. 62 2° co.

Cost.)29. In tal caso si riunisce di diritto anche la Camera non convocata (art. 62 3° Cost.).

3.12.1.1.5. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti (art. 87, 5 co.

Cost.).

3.12.1.1.5.1. La promulgazione della legge

P r o m u l g a z i o n e d e l l a l e g g e : è l’ultimo atto del procedimento legislativo prima

della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

I l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a è t e n u t o a p r o m u l g a r e l a l e g g e

e n t r o u n m e s e d a l l ’ a p p r o v a z i o n e d e l l e d u e C a m e r e . Tuttavia se le

Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la

legge è promulgata in un termine più breve da esse stabilito.

Con l’atto di promulgazione, che è atto di controllo, la legge diviene esecutoria. Diviene

invece obbligatoria per tutti i cittadini solo con la pubblicazione.

26

D i s e g n o d i l e g g e : termine tecnico con cui si individuano le proposte di derivazione governativa. La

Costituzione, tuttavia, usa l’espressione in modo spesso improprio, designando con essa ogni progetto di legge,

da qualunque fonte provenga. 27

C o n v o c a z i o n e ( d e l l e C a m e r e ) : atto con il quale viene comunicato ai Parlamentari il giorno e

l’ora della riunione, affinché possano partecipare ai lavori. 28

La c o n v o c a z i o n e s t r a o r d i n a r i a , si attua in circostanze del tutto eccezionali, come nell’ipotesi di

paralisi dell’attività del Parlamento. 29

È questo un atto tipicamente presidenziale, di impulso dell’attività del Parlamento.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

33

3.12.1.1.6. Può, prima di promulgare una legge, chiedere con messaggio motivato alle

Camere una nuova deliberazione.

Tuttavia il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, qualora riscontri vizi

nell’atto o un contrasto dello stesso con altre norme costituzionali30, può31 chiedere alle

Camere una nuova deliberazione o un riesame della legge (c.d. p o t e r e d i v e t o

s o s p e n s i v o ).

Tale rinvio deve essere accompagnato da una “m e s s a g g i o m o t i v a t o 32” in cui siano

indicati motivo di merito o di legittimità costituzionale per cui il Capo dello Stato ritiene la

legge non promulgabile33 (art. 74 1° co. Cost.).

Va precisato che il Capo dello Stato non può bloccare definitivamente l’attività delle

Camere, ma può solo sospendere temporaneamente la promulgazione dell’atto, privandolo

temporaneamente dell’efficacia. Tanto è vero che una volta che le Camere riapprovino senza

modifiche la legge, il Capo dello Stato non può far altro che promulgarla.

Ciò non esclude che, laddove l’atto manchi dei requisiti minimi per essere qualificato

legge oppure sia tale da comportare un vero e proprio attentato alla Costituzione o integri gli

estremi dell’alto tradimento, reati per i quali sussiste la responsabilità penale del Presidente

della Repubblica, quest’ultimo possa di nuovo rifiutarsi di promulgarla. In questo caso potrà

sorgere un conflitto di attribuzione fra Parlamento e Presidente, risolvibile dalla Corte

Costituzionale.

Se, invece, le Camere approvano emendamenti diversi da quelli suggeriti dal Presidente

nel messaggio, egli potrà di nuovo rinviare la legge alle Camere, almeno limitatamente alle

modifiche apportate.

3.12.1.1.7. Emanazione degli atti normativi.

E m a n a z i o n e ( d e g l i a t t i n o r m a t i v i ) : potere analogo a quello di

promulgazione delle leggi.

Ha ad oggetto i seguenti atti di Governo: I) decreti legislativi e decreti-leggi, che, pur

essendo formalmente atti del potere esecutivo, hanno forza e valore di legge; II) regolamenti

governativi, che sono fonti secondarie di diritto.

Il Capo dello Stato emana anche altri atti amministrativi. Con L. 12 gennaio 1991, n. 13

sono stati tassativamente elencati tutti gli atti che devono emanati nella forma di “decreto del

Presidente della Repubblica”.

30

Il controllo presidenziale può svolgersi solo per ragioni di legittimità o di opportunità costituzionale: il rinvio

delle leggi, cioè, può avvenire solo se il Capo dello Stato accerti un contrasto tra la legge e le norme contenute

nella Costituzione, oppure rinvenga nella disciplina legislativa contenuti che possono turbare l’equilibrato

funzionamento delle istituzioni, a presidio del quale tale controllo è posto. 31

La decisione di esercitare o meno il potere di rinvio ha, comunque, un contenuto politico e discrezionale assai

marcato, in quanto il Presidente della Repubblica deve opportunamente valutare anche i riflessi sulle istituzione

dei suoi atti. In ciò si differenzia dalla Corte Costituzionale, la cui attività è sempre doverosa e riveste, pur con

tutte le sue particolarità, il carattere della giurisdizione. 32

Tale messaggio è diverso da quello previsto dall’art. 87 Cost., perché non concerne considerazioni generali

sulla situazione del Paese, né è espressione del potere di impulso del Presidente, bensì riguarda il singolo atto

rinviato, ed è espressione del suo potere di controllo. 33

La sottoscrizione ministeriale richiesta anche per quest’atto, ha in questo caso la funzione di controllo

dell’operato del Presidente.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

34

3.12.1.1.8. Può nominare cinque senatori a vita.

P u ò n o m i n a r e c i n q u e s e n a t o r i a v i t a (senatori di nomina presidenziale), tra

i cittadini “che abbiamo illustrato la Patria di altissimi meriti nel campo sociale, scientifico,

artistico e letterario34” (art. 59 2° co. Cost.).

3.12.1.1.9. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione

I n d i c e i l r e f e r e n d u m p o p o l a r e n e i c a s i p r e v i s t i d a l l a

C o s t i t u z i o n e (art. 87 6° co. Cost.): quindi il referendum abrogativo e il referendum

costituzionale inserito nel procedimento previsto dall’art. 138 della Cost.

3.12.1.1.10. Può sciogliere le Camere, o anche una sola di esse

Può sciogliere le Camere35, o anche una sola di esse, sentiti i pareri obbligatori (ma non

vincolati) dei relativi presidenti36 (art. 88, 1°–2° co. Cost.).

3.12.1.1.10.1. La natura del decreto di scioglimento.

Circa la natura del decreto di scioglimento, in dottrina non vi è una posizione pacifica. Noi

tuttavia accogliamo l’idea che esso sia un a t t o f o r m a l m e n t e c o m p l e s s o , la cui

responsabilità ricade sia sul Presidente che sul Governo.

3.12.1.1.10.2. Il semestre bianco

Il s e m e s t r e b i a n c o : è il p e r i o d o di tempo corrispondente agli ultimi sei mesi

della carica del Presidente della Repubblica, d u r a n t e i l q u a l e l e C a m e r e n o n

p o s s o n o e s s e r e s c i o l t e (art. 88 2° co. Cost.).

Tale divieto per la dottrina deriverebbe dall’intenzione di evitare che il Presidente della

Repubblica si avvalga dei poteri di scioglimento per favorire la sua rielezione (da parte delle

nuove Camere).

L’art. 88 2° co. Cost. è stato modificato dalla L. Cost. n. 1/9137, in base alla quale il

Presidente della Repubblica non può esercitare tale facoltà (cioè lo scioglimento delle camere)

negli ultimi sei mesi del suo mandato s a l v o c h e e s s i c o i n c i d a n o i n t u t t o o i n

p a r t e c o n g l i u l t i m i s e i m e s i d e l l a l e g i s l a t u r a 38, per consentirgli di

sciogliere le Camere ed indire regolarmente le nuove elezioni.

34 La norma, quindi, tenderebbe ad escludere dalla nomina a senatori a vita persone che possono vantare soltanto

meriti politici, privilegiando, invece, personalità che provengono dalla società civile: purtroppo, le scelte fatte in

passato, molto spesso, hanno privilegiato proprio i politici. 35

S c i o g l i m e n t o d e l l e C a m e r e : è l’atto col quale si pone fine all’attività delle assemblee

rappresentative (o di una sola di esse) in vista della loro rinnovazione. 36

Il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Presidente del ramo del Parlamento che il Capo dello Stato

intende sciogliere, realizza una sorta di garanzia del contraddittorio o del giusto procedimento, essendo contrario

ai principi democratici adottare un provvedimento sfavorevole ad un soggetto senza, quanto meno, ascoltarne le

motivazioni. Non solo: i Presidenti delle Camere sono in grado, in virtù dell’importante ruolo ricoperto, di

fornire al Presidente della Repubblica tutte le indicazioni necessarie alla sua decisione. 37

Prima della modifica del 1991, il divieto di scioglimento delle Camere negli ultimi 6 mesi del mandato (c.d.

semestre bianco) non prevedeva eccezioni. Nei primi mesi del 1992 si venne, però, a creare una situazione di

stallo perché contestualmente scadeva il mandato del Presidente Cossiga e volgeva al termine la legislatura.

Poiché il Presidente non poteva sciogliere le Camere (per il divieto posto dal secondo comma di questo articolo),

né queste ultime potevano eleggere un nuovo Presidente, dal momento che mancavano meno di tre mesi alla loro

cessazione, si rese indispensabile procedere ad una modifica della Costituzione, onde evitare una paralisi

istituzionale; pertanto fu introdotta la possibilità per il Presidente di sciogliere le Camere se il termine naturale

della legislatura coincide con quello del semestre bianco. 38

L e g i s l a t u r a : è il periodo di durata effettiva del mandato parlamentare (5 anni) per ciascuna Camera.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

35

3.12.2. In relazione al potere esecutivo.

I n r e l a z i o n e a l p o t e r e e s e c u t i v o ed alla funzione amministrativa, il

Presidente della Repubblica:

nomina il Presidente del Consiglio, e su proposta di questi, i ministri (art. 92 2° co.

Cost.), nomina altresì, i commissari straordinari del Governo ed i sottosegretari di

Stato;

nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato (art. 87 7° co. Cost.)39;

controfirma gli atti ministeriali che sono emanati con suo decreto: il Capo dello

Stato esercita, in tal modo il suo potere di controllo e di garanzia costituzionale;

nomina gli esperti del CNEL: anche questa nomina, come per i funzionari dello

Stato, ha carattere meramente formale: la nomina effettiva rientra fra le attribuzione

del Governo, di cui il CNEL, è organo ausiliario;

ratifica i trattati internazionali e accredita e riceve i rappresentanti diplomatici (art.

87 9° co. Cost.)40;

ha il comando delle forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa (art. 87

9° co. Cost.)41;

dichiara lo Stato di guerra deliberato dalle Camere (art. 87 9° Cost.);

conferisce le onorificenze42 della Repubblica (art. 87 12° co. Cost.);

può sciogliere il Consiglio regionale e rimuovere il Presidente della Giunta (art.

126 1° co. Cost.).

3.12.2.1.1. Altre attribuzioni di carattere amministrativo.

Vi sono poi delle attribuzioni di carattere strettamente amministrativo:

Emana il decreto di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, su decisione del

consiglio dei Ministri. Si tratta di un potere riconosciuto esclusivamente al Governo, per cui

l’atto del Presidente della Repubblica è solo formale;

Emana il decreto di decisione dei ricorsi straordinari amministrativi. Anche se il ricorso è

comunemente detto al “Capo dello Stato”, secondo la dottrina prevalente, non è un atto

39

Ad esempio, sono nominati con decreto del Capo dello Stato: il Presidente e i Consiglieri della Corte dei

Conti; il Presidente del Consiglio di Stato; i presidenti o i direttori generali di enti pubblici di importanza

nazionale etc. La nomina è solo formalmente un atto presidenziale, poiché la deliberazione effettiva spetta al

Governo. 40

Si tratta di due attribuzione del Capo dello Stato attinenti alla sua funzione di rappresentanza internazionale

dello Stato. L’attività di ratifica è un attività di mero controllo costituzionale sull’operato del Governo nei

rapporti con gli Stati esteri. Pertanto è sottratto al Presidente ogni potere deliberante in materia.

Va evidenziato che la Costituzione subordina, in particolari casi, la ratifica all’autorizzazione del Parlamento

(art. 80 Cost.). 41

Non si tratta di un comando, che è affidato agli organi tecnici (Capo di Stato maggiore generale) ma consiste

nella direzione e nel coordinamento politico–amministrativo delle attività delle forze armate, che è attribuito al

Capo dello Stato in quanto rappresentante dell’unità nazionale. Gli atti compiuti dal Capo dello Stato in qualità

di Presidente del Consiglio supremo di difesa non necessitano di controfirma ministeriale (ex art. 89 Cost.). 42

O n o r i f i c e n z e : il Presidente della Repubblica ha il potere di conferire a persone ed enti distintisi in

particolari attività, riconoscimenti quali: l’Ordine al merito della Repubblica italiana, concesso a chi si è distinto

nelle scienze, lettere, arti, economia e cariche pubbliche; l’Ordine al merito del lavoro, conferito a non più di

venticinque persone distintesi particolarmente nel campo del lavoro; l’Ordine di Vittorio Veneto, conferito ai

combattenti della 1a guerra mondiale o guerre precedenti; l’Ordine militare d’Italia, conferito a militari che

abbiano compiuto atti di valore in tempo di guerra; l’Ordine della stella della solidarietà italiana, per i residenti

all’estero.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Presidente della Repubblica

36

presidenziale, bensì governativo, o addirittura di competenza del Consiglio di Stato. Infatti la

decisione viene adottata su proposta del Ministero competente per materia, sentito il parere

del Consiglio di Stato.

3.12.3. In relazione al potere giudiziario.

I n r e l a z i o n e a l p o t e r e g i u d i z i a r i o ed alla relativa funzione, il Presidente

della Repubblica:

presiede il Consiglio superiore della magistratura ed emana i decreti relativi allo

stato giuridico dei magistrati (art. 87 10° co. e 104 2° co. Cost.)43;

concede grazia44 e commuta le pene45 (art. 87 11 co°. Cost.)46;

nomina cinque giudici costituzionali (art. 135 1 co. Cost.).

I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Anni di presidenza Capo dello Stato

1946-1948 Enrico De Nicola (capo provvisorio

dello stato)

1948-1955 Luigi Einaudi

1955-1962 Giovanni Gronchi

1962-1964 Antonio Segni

1964-1971 Giuseppe Saragat

1971-1978 Giovanni Leone

1978-1985 Sandro Pertini

1985-1992 Francesco Cossiga

1992-1999 Oscar Luigi Scalfaro

1999-2006 Carlo Azeglio Ciampi

2006 -2013 Giorgio Napolitano

2013 -2015 Giorgio Napolitano

2015 Sergio Mattarella

43

La funzione adempiuta dal Presidente in tale carica non è puramente simbolica, né si risolve nelle ordinarie

attribuzione di presidente di organi collegiali (direzione del dibattito, fissazione di sedute, etc.). Egli, infatti, in

qualità di presidente del CSM è tenuto a:

equilibrare le tendenze contrastanti che si verificano in senso al Consiglio stesso;

fungere da intermediario tra CSM (quale rappresentante dell’ordine giudiziario) e il potere esecutivo

(governo);

può anche sciogliere il CSM, se esso si trovi nell’assoluta impossibilità di funzionare.

Gli atti compiuti dal Capo dello Stato come presidente del CSM sono di competenza dell’organo collegiale e,

pertanto, non devono essere controfirmati. 44

G r a z i a : è un atto di clemenza di esclusiva prerogativa del Capo dello Stato, che esclude qualunque atto di

delegazione. Si tratta di un provvedimento di carattere particolare, in quanto è essenzialmente individuale e cioè

a beneficio di una singola persona determinata e si distingue dall’amnistia e indulto che hanno, invece, carattere

generale. 45

C o m m u t a z i o n e d e l l a p e n a : potere attribuito al Presidente della Repubblica di trasformare una

pena detentiva in altra, meno afflittiva. 46

Si noti che anche l’amnistia e l’indulto in passato costituivano prerogativa del Presidente della Repubblica,

mentre oggi sono di esclusiva competenza del Parlamento.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

37

Capitolo 4° I l P a r l a m e n t o

4.1. Nozione.

Il P a r l a m e n t o è il luogo istituzionale nel quale si determinano gli indirizzi politici

dello Stato in quanto d e p o s i t a r i o d e l l a f u n z i o n e l e g i s l a t i v a 1 ed espressione

principale della volontà popolare.

4.1.1. Caratteristiche.

Il Parlamento nel sistema costituzionale italiano è un organo:

c o s t i t u z i o n a l e : in quanto rientra nell’organizzazione costituzionale dello

Stato e partecipa alla sovranità, attraverso la titolarità della funzione legislativa;

c o m p l e s s o : in quanto è costituito da due organi interni principali (la Camera

dei deputati e il Senato della Repubblica), operanti su un piano di piena parità

giuridica (bicameralismo perfetto);

c o l l e g i a l e : sia il Parlamento nel suo complesso, che numerosi organi interni,

sono formati da più componenti o membri che non agiscono individualmente ma

come collegio;

r a p p r e s e n t a t i v o : perché rappresenta e rispecchia, più degli altri organi

costituzionali, la volontà del popolo inteso come “corpo elettorale”, da cui è eletto

nella quasi totalità dei suoi membri; ciò tra l’altro spiega, la sua posizione di

“centralità” e di particolare rilevanza e prestigio nel sistema.

4.1.2. Funzioni residuali.

Oltre che la principale funzione legislativa (che viene esercitata collettivamente dalle due

camere ex art. 70 Cost.), al Parlamento spettano altre funzioni, in particolare:

f u n z i o n e d i i n d i r i z z o p o l i t i c o : attraverso la quale si determinano i fini

della politica nazionale e, si scelgono i mezzi per conseguirli;

f u n z i o n e d i c o n t r o l l o p o l i t i c o : esso esercita il controllo sul potere

esecutivo, cioè sul governo (e sugli organi da esso dipendenti), che per poter

svolgere le sue funzioni deve godere della fiducia delle Camere;

f u n z i o n i e l e t t o r a l i (i n s e n s o l a t o ): vi rientrano le attività di elezione

di membri di altri organi:

o elezione del Presidente della Repubblica;

o elezione di 5 giudici della Corte Costituzionale;

o elezione di 8 Componenti del Consiglio superiore della magistratura;

o scelta dei cittadini fra cui vanno sorteggiati i giudici aggregati della Corte

Costituzionale;

o elezione dei 4 componenti del garante per la protezione dei dati personali2.

1 F u n z i o n e l e g i s l a t i v a : attività volta all’attuazione e allo svolgimento dei principi sanciti dalla

Costituzione mediante la produzione di atti normativi primari a cui si dà il nome di leggi ordinarie.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

38

f u n z i o n i m a t e r i a l m e n t e g i u r i s d i z i o n a l i o d i a c c u s a , nei casi

di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica, per i reati di alto

tradimento e attentato alla Costituzione. Tale funzione si avvicina più a quella del

pubblico ministero (funzione di accusa), che non alla funzione giurisdizionale in

senso tecnico.

f u n z i o n i s t r u m e n t a l i a l s u o f u n z i o n a m e n t o : deliberazione del

regolamento, determinazione della posizione giuridica dei singoli parlamentari, etc.

4.2. Struttura del Parlamento.

L’art. 55 Cost. afferma che: “Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del

Senato della Repubblica”.

La nostra Costituzione dispone pertanto che il Parlamento, quale organo collegiale

direttamente rappresentativo, sia organizzato secondo il sistema bicamerale.

4.2.1. Il bicameralismo

Si definisce b i c a m e r a l e quell’assetto organizzativo del Parlamento che demanda

l’esercizio della funzione legislativa a due diverse Camere3. Al riguardo si distingue tra:

b i c a m e r a l i s m o p e r f e t t o , se ad entrambe le Camere sono attribuite

medesime competenze, poteri e funzioni per cui le stesse sono su un piano di piena

uguaglianza;

b i c a m e r a l i s m o i m p e r f e t t o , nell’ipotesi in cui le competenze dei due

rami del Parlamento siano diversificate.

4.2.1.1. Il bicameralismo perfetto previsto dalla Costituzione Italiana.

La Costituzione italiana prevede un b i c a m e r a l i s m o p e r f e t t o , in quanto entrambe

le Camere sono elette a suffragio universale e diretto4, sono dotate degli stessi poteri e, quindi,

sono poste su un piano di completa parità.

Ciò si evince dall’art. 70 Cost. il quale prevede che “la funzione legislativa è esercitata

collettivamente dalle due Camere” e dall’art. 94 Cost. il quale prevede che “il Governo deve

avere la fiducia delle due Camere”.

4.2.2. Le differenze tra le due Camere.

Anche se poste su un piano di parità, le d u e C a m e r e c o m u n q u e s i

d i f f e r e n z i a n o p e r u n a s e r i e d i e l e m e n t i :

innanzitutto è richiesta un’età diversa per l’acquisto del diritto di elettorato attivo5

(18 anni per eleggere i deputati e 25 anni per eleggere i senatori) e del diritto di

elettorato passivo6 (25 anni per essere eletti deputati e 40 per essere eletti senatori);

2 Inoltre, i Presidenti delle due Camere hanno il compito di scegliere, d’intesa, 2 componenti del Consiglio della

magistratura militare, estranei alla stessa magistratura militare. 3 Al bicameralismo si contrappone il m o d e l l o m o n o c a m e r a l e che concentra tutto il potere legislativo

in un solo organo: tale modello, oggi, è quasi del tutto scomparso, in quanto il bicameralismo consente un più

ponderato esercizio della funzione legislativa e una più attenta valutazione dei provvedimenti legislativi. 4 S u f f r a g i o u n i v e r s a l e e d i r e t t o : principio in forza del quale hanno diritto di voto tutti i cittadini

della Repubblica senza distinzione alcuna (universalità) e senza alcun tipo di mediazione (direttamente). In Italia

è stato introdotto soltanto nel 1945, in vista delle elezioni politiche e delle votazioni per l’Assemblea Costituente

che si sarebbero tenute nel 1946: prima di allora, l’esercizio del diritto di voto era limitato ai soli cittadini di

sesso maschile.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

39

la Camera dei deputati è composta da 630 membri (art. 56 2° co. Cost.7), il Senato

da 315 (art. 57 2° co. Cost.8), più i senatori a vita di diritto e di nomina

presidenziale;

sono parzialmente diversi i sistemi elettorali per l’elezione delle due camere:

o la Camera dei Deputati è eletta a base nazionale, salvo i seggi assegnati alla

circoscrizione Estero;

o il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvo i seggi assegnati

alla circoscrizione Estero. A riguardi si ricordi che “Nessuna regione può

avere un numero di senatori inferiori a sette; il Molise ne ha due, la Valle

d'Aosta uno” (art. 57 3° co. Cost.).

la Camera dei deputati è interamente elettiva mentre del Senato, vi sono anche i

senatori a vita di diritto9 e i senatori a vita di nomina presidenziale10.

4.3. Prerogative delle camere.

Le Camere, per esercitare pienamente le loro funzioni sovrane, godono di p r e r o g a t i v e ,

che non vanno confuse con le prerogative dei singoli parlamentari.

4.3.1. Autonomia regolamentare.

L’art. 64 1° co. Cost afferma che: “Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a

maggioranza assoluta dei suoi componenti”.

4.3.1.1. I regolamenti parlamentari.

I r e g o l a m e n t i p a r l a m e n t a r i sono un complesso di disposizioni che ogni camera

(c.d. riserva di assemblea) adotta al fine di disciplinare la propria organizzazione interna, lo

svolgimento delle sue funzioni e i rapporti con gli altri organi costituzionali.

4.3.1.2. Le materie che possono essere disciplinate dai regolamenti parlamentari.

Una delle questioni più controverse in dottrina è quella delle materie che il regolamento

parlamentare può disciplinare. La norma, infatti, si limita semplicemente ad attribuire a

ciascuna Camera il potere di adottare il proprio regolamento.

È indubbio che il regolamento debba delineare e disciplinare tutte le procedure e gli organi

necessari per una efficiente organizzazione e per un buon funzionamento delle Camere.

L’articolo 72, poi, esplicitamente demanda al regolamento la disciplina del procedimento

legislativo.

5 E l e t t o r a t o a t t i v o (che è la capacità di votare): costituisce per il cittadino un d i r i t t o

s o g g e t t i v o p u b b l i c o , è inquadrabile fra i d i r i t t i p o l i t i c i , e cioè fra i diritti che hanno per

contenuto l’esercizio di una pubblica funzione ed è, ex art. 48 Cost., attribuito a tutti i cittadini senza distinzione

di sesso purché maggiorenni; tale limite di età è elevato a venticinque anni per l’elettorato attivo al Senato. 6 E l e t t o r a t o p a s s i v o (che consiste nella capacità di essere eletto) ed è attribuito, ex art. 51 Cost., a chi

oltre ad esser privo della incapacità e della indegnità previste per l’elettorato attivo, abbia anche particolari

requisiti di età, e non si trovi in condizioni di ineleggibilità o di incompatibilità. 7 L’art. 56 2° co. afferma che: “Il numero dei deputati è di seicentotrenta dodici dei quali eletti nella

circoscrizione Estero”. 8 L’art. 57 2° co. Cost. afferma che: “Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella

circoscrizione Estero”. 9 Diventano s e n a t o r i a v i t a d i d i r i t t o i Presidenti della Repubblica alla fine del mandato senza

alcuna ulteriore nomina. 10

I s e n a t o r i a v i t a d i n o m i n a p r e s i d e n z i a l e , sono invece scelti fra i cittadini che abbiamo

illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico, e letterale. Ogni Presidente può

nominare massimo cinque senatori a vita.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

40

Un terzo ambito riguarda i rapporti che intercorrono tra ciascuna Camera e gli altri organi

costituzionali: si pensi soltanto alla stretta connessione che si instaura tra attività parlamentare

ed attività del Governo (mozione di fiducia, esame dei decreti-legge, audizioni di Ministri,

etc.).

4.3.1.2.1. Come fonte di diritto.

I regolamenti parlamentari sono fonti del diritto11. Tuttavia non sono dei regolamenti in

senso tecnico: sono dotati, di efficacia sostanziale, proprie delle fonti normative, ma loro

efficacia formale, non è quella dei regolamenti che, nella gerarchia, delle fonti si collocano in

posizione subordinata alla legge.

I regolamenti parlamentari sono, infatti, fonti subordinate solo alla Costituzione, le cui

disposizioni eseguono ed attuano (fonti normative primarie).

In virtù della riserva di regolamento parlamentare contenuta nell’art. 64 Cost. sono fonti

del diritto che sfuggono ad una collocazione nella scala gerarchica. Si tratta di f o n t i

s e p a r a t e che trovano la loro legittimazione in una riserva di competenza

costituzionalmente riconosciuta a ciascuna Camera, in modo che la legge formale non può

disciplinare la materia loro propria.

4.3.1.3. Insindacabilità dei regolamenti parlamentari.

In quanto fonti normative primarie, subordinate, cioè alla sola Costituzione, i regolamenti

potrebbero, in via generale essere impugnati davanti alla Corte Costituzionale proprio per

violazione di norme costituzionali.

Tuttavia, la Corte Costituzionale si è mostrata di avviso contrario, sostenendo che i

regolamento non sono atti aventi forza di legge (inoltre essi non sono neanche menzionanti

nell’art. 134 Cost.) e che l’indipendenza delle Camere nei confronti degli altri poteri, garantita

dalla Costituzione, preclude ogni sindacato dei loro atti di autonomia normativa.

La Corte sembra, in altri termini, orientata a considerare i regolamenti parlamentari non

come fonti del diritto, ma come atti interni non sindacabili all’estero (c.d. i n t e r n a

c o r p o r i s ).

4.3.1.4. La violazione dei regolamenti parlamentari.

I regolamenti, per espressa previsione della Costituzione, disciplinano la formazione delle

leggi: la loro violazione dovrebbe, quindi configurare un “vizio formale di legge”, come tale

sindacabile dalla Corte Costituzionale ex art. 134 Cost.

Quest’ultima però, ha espressamente affermato che i vizi formali presuppongono la

violazione di norme costituzionali, non dei regolamenti parlamentari. In altri termini le norme

dei regolamenti vanno interpretate dalle Camere, che possono anche decidere di derogarvi

mentre danno vita al testo legislativo.

4.3.2. Autonomia finanziaria.

Ciascuna Camera delibera il bilancio e il proprio consuntivo: le spese gravano su un fondo

speciale, che è amministrato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e gestito

direttamente da ciascuna Camera.

11

F o n t i d e l d i r i t t o . Sono quegli atti o fatti produttivi di diritto, riconosciuti come tali dall’ordinamento

di cui fanno parte.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

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4.3.3. Autonomia amministrativa.

Ciascuna camera provvede all’organizzazione dei propri uffici amministrativi interni

all’assunzione dei propri dipendenti (funzionari, commessi, etc.) stipulando in proprio

contratti di lavoro.

4.3.3.1. Tutela nei confronti degli atti amministrativi delle Camere.

Contro gli atti amministrativi delle Camere non è ammesso ricorso agli organi di giustizia

amministrativa (T.A.R. e Consiglio di Stato): ciò per tutelare l’indipendenza del Parlamento è

la sua autonomia.

È solo possibile il ricorso all’Ufficio di Presidenza della Camera, senza possibilità di

appello ad organi sovraordinati, come risulta sia dal regolamento della Camera sia dal

regolamento del Senato

4.3.3.1.1. L’autodichia o giurisdizione domestica

La particolare prerogativa dei due rami del Parlamento di risolvere, attraverso un

organismo giurisdizionale interno, le controversie sorte con i propri dipendenti, è detta

a u t o d i c h i a o g i u r i s d i z i o n e d o m e s t i c a .

4.3.4. L’inviolabilità degli edifici delle Camere.

In base ad una norma consuetudinaria, non sancita nella Costituzione, è vietato agli

ufficiali ed agenti della forza pubblica l’accesso negli edifici delle Camere, per compiere atti

del proprio ufficio (c.d. i m m u n i t à d e l l a s e d e ).

Le funzioni di polizia, all’interno degli edifici, sono svolte dal personale di ciascuna

Camera: questori, commessi e guardie di servizio, che sono esclusivamente agli ordini del

Presidente di ciascuna Camera.

4.3.5. Tutela penale delle Camere.

Nel nostro ordinamento penale sono punti come reati: il tentativo di impedire alle Camere

l’esercizio delle loro funzioni (art. 289 cod. pen.) ed il vilipendio delle Camere (art. 290 cod.

pen.).

4.4. Gli organi interni delle camere.

4.4.1. Il Presidente e l’Ufficio di presidenza.

L’art. 63 1°. co. afferma che: “Ciascuna Camera elegge12 fra i suoi componenti il

Presidente e l’Ufficio di presidenza”.

12

Per ogni Camera l ’ e l e z i o n e d e l s u o P r e s i d e n t e ha luogo sotto la direzione di un Presidente

provvisorio (al Senato è il membro più anziano presente alla riunione; alla Camera, invece, viene scelto il più

anziano fra i vicepresidenti delle passate legislature rieletti) incaricato di dirigere e controllare le operazioni di

voto che hanno luogo a scrutinio segreto. Anche se le maggioranze richieste per l’elezione dei Presidenti delle

due Camere sono diverse, obiettivo comune è quello di assicurare che egli sia espressione non solo della

maggioranza parlamentare, ma anche delle minoranze: per questo motivo, la carica è generalmente assunta da

una personalità che si pone al di sopra degli schieramenti di parte. In passato, al fine di garantire un maggior

equilibrio tra i due rami del Parlamento, era prassi assegnare la presidenza di una Camera ad un esponente della

maggioranza, e la presidenza dell’altra ad una persona indicata dall’opposizione. Questa consuetudine,

indispensabile per garantire un corretto equilibrio nella direzione delle Assemblee, è, purtroppo, venuta meno

con la seconda repubblica nella quale le coalizioni vincenti si sono assicurate, a colpi di maggioranza, la

leadership di entrambe le Camere.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

42

4.4.1.1. I presidenti (della Camera e del Senato).

Ad ogni ramo del Parlamento è preposto un P r e s i d e n t e , il quale organo che ne

disciplina le attività, secondo le disposizioni dettate dai regolamenti parlamentari,

garantendone l’autonomia nei confronti dell’altra Camera e degli altri poteri dello Stato.

4.4.1.1.1. Attribuzioni.

I Presidenti delle Camere sono titolari di:

attribuzioni espressamente previste dalla Costituzione, come la convocazione

straordinaria delle Camere o il diritto ad essere consultati prima dello scioglimento

delle Camere;

attribuzioni conseguenti al loro ufficio, come la presidenza e la direzione delle

sedute e dei dibattiti, di nominare i componenti delle giunte parlamentari e di

esercitare i poteri disciplinari.

4.4.1.2. L’ufficio di presidenza.

L’u f f i c i o d i p r e s i d e n z a 13 è un organo collegiale (al Senato denominato

C o n s i g l i o d i p r e s i d e n z a ) formato dal Presidente di ciascun ramo del Parlamento, da

4 vicepresidenti14, da 16 segretari15 alla Camera 8 al Senato e da 3 questori16.

S v o l g e c o m p i t i e s s e n z i a l m e n t e a m m i n i s t r a t i v i , relativi, in particolare,

alla gestione finanziaria di ciascuna Camera.

4.4.2. Le giunte parlamentari.

Le g i u n t e p a r l a m e n t a r i sono organi interni delle Camere, formati in proporzione

alle forze politiche presenti in Parlamento. Ad esse competono funzioni consultive ed

extralegislative. Sono attualmente operanti:

la Giunta per le autorizzazioni richieste ai sensi dell’art. 68, meglio nota come

Giunta per le autorizzazioni a procedere17;

la Giunta per il regolamento18;

la Giunta per le elezioni19.

13

L’ufficio di presidenza definitivo non va confuso con l’”Ufficio provvisorio di presidenza” che viene costituito

alla prima riunione delle Assemblee e dura in carica fino all’insediamento dell’Ufficio definitivo. 14

Che hanno il compito di coadiuvare il Presidente nell’esercizio delle sue funzioni e sostituirlo nell’ipotesi di

assenza temporanea o impedimento. Il particolare sistema elettorale adottato mira a garantire la presenza anche

di rappresentanti dei gruppi di minoranza. 15

Che svolgono attività di compilazione e lettura dei processi verbali delle adunanze, accertano l’esistenza del

numero legale, procedono all’appello, etc. 16

Che sovraintendono al cerimoniale ed ai servizi interni e svolgono attività di polizia all’interno delle Camere.

Spetta sempre ai questori il compito di predisporre il progetto di bilancio ed il rendiconto consuntivo di ciascuna

Camera. 17

G i u n t a p e r l e a u t o r i z z a z i o n i a p r o c e d e r e : È una giunta parlamentare, formata in

proporzione alle forze politiche esistenti in Parlamento, presente solo alla Camera dei deputati e composta da

ventuno deputati scelti dal Presidente della Camera. Ad essa spetta il compito di vagliare le richieste di

autorizzazione ex art. 68 Cost. (notevolmente ridotte a seguito dell’approvazione della L.Cost. 3/93). La

decisione spetta in ogni caso all’Assemblea. Al Senato la funzione della giunta per le autorizzazioni a procedere

è svolta dalla Giunta per le elezioni e le immunità. 18

G i u n t a p e r i l r e g o l a m e n t o : organo della Camera e del Senato composto rispettivamente da 10

deputati e 10 senatori con funzioni di esame e proposta in materia di modificazioni o aggiunte ai regolamenti

parlamentari. Inoltre, la giunta per il regolamento è chiamata ad esprimere pareri su questioni di interpretazione

dei regolamenti nonché, alla Camera, sui conflitti di competenza insorti tra le commissioni permanenti. 19

G i u n t a p e r l e e l e z i o n i : Tale organo parlamentare è presente sia alla Camera che al Senato (dove

assume la denominazione di g i u n t a d e l l e e l e z i o n i e d e l l e i m m u n i t à ). Si compone di

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Diritto costituzionale Il Parlamento

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4.4.3. Le commissioni parlamentari.

Le c o m m i s s i o n i p a r l a m e n t a r i sono organi interni di ciascuna Camera, costituiti

in proporzione alle forze politiche presenti in Parlamento.

Possono essere:

s p e c i a l i (o straordinarie) se costituite occasionalmente da ciascuna Camera per

risolvere questioni di pubblico interesse (es. commissione di inchiesta20);

p e r m a n e n t i se istituite permanentemente in seno a ciascuna Camera, il cui

regolamento ne determina la competenza per materia. A t t u a l m e n t e

e s i s t o n o 1 4 c o m m i s s i o n i p e r m a n e n t i s i a p r e s s o i l S e n a t o

s i a p r e s s o l a C a m e r a d e i d e p u t a t i ;

b i c a m e r a l i m i s t e : f ormate sia da senatori che deputati, possono essere

straordinarie o permanenti21.

4.4.3.1. Compiti delle commissioni.

Compiti delle commissioni sono quelli di riunirsi:

in s e d e r e f e r e n t e per l’esame preventivo di ogni disegno di legge presentato

alle Camere, per farne relazione all’Assemblea che deve approvarli;

in s e d e d e l i b e r a n t e , nei casi previsti dai regolamenti, per procedere

all’esame e all’approvazione dei progetti di legge in luogo all’assemblea plenaria;

in s e d e r e d i g e n t e per la formulazione e l’approvazione degli articoli di un

progetto di legge;

in s e d e c o n s u l t i v a per esprimere dei pareri circa una determinata questione;

in s e d e p o l i t i c a per ascoltare e discutere le comunicazione del Governo.

4.4.4. I gruppi parlamentari.

I g r u p p i p a r l a m e n t a r i costituiscono il raccordo tra ordinamento parlamentare e

sistema partitico e, malgrado siano menzionati una sola volta dal Costituente all’art. 72 Cost.,

sono le articolazioni politiche fondamentali delle istituzioni parlamentari.

Rappresentano la proiezione dei partiti politici in seno al Parlamento e consentono ai

parlamentari di partecipare ai lavori delle Camere, che ruotano soprattutto intorno ai gruppi

parlamentari.

ventuno deputati e ventitre senatori nominati rispettivamente dai presidenti della Camera e del Senato e assolve

la funzione di verificare la regolarità delle operazioni elettorali e di giudicare la sussistenza dei requisiti di

eleggibilità degli eletti, laddove sorgano contestazioni. Al Senato la giunta è competente a vagliare anche le

richieste di autorizzazione a procedere ex art. 68 Cost. 20

C o m m i s s i o n e d i ’ i n c h i e s t a : è una commissione parlamentare nominata da ciascuna Camera e

composta in modo da rispecchiare proporzionalmente l’entità dei vari gruppi parlamentari. La commissione

d’inchiesta esercita il potere d’inchiesta, di cui sono titolari le Camere, per approfondire aspetti relativi a

determinati settori o quando si verificano gravi episodi di interesse nazionale. Terminati i lavori, la commissione

d’inchiesta presenta all’Assemblea plenaria una relazione che viene discussa e votata. Possono essere istituite,

con legge, anche commissione d’inchiesta bicamerali, composte cioè da deputati e senatori. Nella prassi la

maggior parte delle commissione d’inchiesta sono state proprio di questa natura (ad esempio, nella XIII

legislatura sono state istituite commissione d’inchiesta sulla mafia, sul terrorismo, sul ciclo dei rifiuti). 21

Tali organismi si sono resi necessari sia per superare il rigido dualismo fra le due assemblee, sia per consentire

l’univoco esercizio del potere parlamentare in delicate materie (es.: Commissione per le questioni regionali, ex

art. 126 Cost.)

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Per la valida costituzione di un gruppo parlamentare occorrono almeno 10 Senatori 2 20

deputati (salvo deroghe autorizzate dall’Ufficio di presidenza).

Tutti i senatori ed i deputati devono dichiarare, entro due giorni (tre giorni per i senatori)

dalla prima seduta successiva alla loro elezione, a quale gruppi parlamentari intendono

iscriversi22, in quanto l’elezione di un parlamentare nella lista di un partito non comporta

l’automatica iscrizione nel suo gruppi parlamentari. Qualora essi non esercitino questa loro

facoltà sono iscritti d’ufficio nel cd. g r u p p o m i s t o 23.

4.4.5. Le conferenze dei capigruppo.

Le c o n f e r e n z e d e i c a p i g r u p p o sono organismi collegiali (uno per ciascuna

camera) presieduti dal Presidente dell’assemblea e costituiti da tutti i Presidenti dei gruppi

parlamentari.

A tali conferenze spetta essenzialmente il compito di deliberare il programma e il

calendario dei lavori dell’assemblea (alla Camera anche delle commissioni).

4.5. Le camere riunite in seduta comune.

Accanto alle funzioni che vengono esercitate dalle due Camere «collettivamente», ma

“disgiuntamente” (ad esempio l’approvazione di una legge), vi sono compiti che devono

essere esercitati dai due rami del Parlamento “congiuntamente”, attraverso la seduta comune.

Per s e d u t a c o m u n e si intende la riunione alla quale partecipano sia i membri della

Camera dei deputati che quelli del Senato della Repubblica, nei casi esplicitamente previsti

dalla nostra Costituzione (art. 55 2° co. Cost.), ossia per:

l’elezione del Presidente della Repubblica24 (art. 83 Cost.);

il giuramento del Presidente della Repubblica (art. 91 Cost.);

la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento o per

attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.);

l’elezione di un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura (art.

104 Cost.);

l’elezione di un terzo dei giudici costituzionali (art. 135 Cost.);

la compilazione dell’elenco di cittadini tra cui devono essere sorteggiati i giudici,

aggregati che devono intervenire nei giudizi di accusa contro il Presidente della

Repubblica, innanzi alla Corte costituzionale (art. 135 Cost.)25.

Tali riunioni si svolgono alla Camera dei deputati utilizzandone strutture ed uffici, e sono

presiedute dal Presidente della Camera26 (art. 63 2° co Cost.27).

22

Ora poiché i parlamentari iscritti ad un partito tenderanno ad aderire tutti allo stesso gruppo, si avranno tanti

gruppi parlamentari quanti sono i partiti politici rappresentati alle Camere. 23

Il parlamentare che si dissocia dal suo gruppo parlamentari non decade dalla posizione di membro del

Parlamento, carica che conserva per tutta la legislatura. Unica sanzione che il partito può infliggere al

dissenziente è la mancata ripresentazione nelle sue liste per le successive elezioni. 24

Si ricordi che per l’elezione del Presidente della Repubblica partecipano alle sedute anche i rappresentanti

delle Regioni. 25

È da notare che, ad eccezione del giuramento e delle messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica

tali sedute riguardano sempre funzioni elettive. 26

È prassi, inoltre, che il Parlamento in seduta comune adotti il regolamento della Camera dei deputati, ma nulla

vieta che sia scelto quello del Senato o se ne rediga uno autonomo.

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4.6. Funzionamento delle Camere.

4.6.1. Periodi di lavoro.

4.6.1.1. Legislatura.

La l e g i s l a t u r a è il periodo di durata effettiva del mandato parlamentare (5 anni) per

ciascuna Camera, salvo scioglimento anticipato (art. 88 Cost.), o proroga in caso di guerra

(art. 60 Cost.). La legislatura si articola in sessioni e sedute.

4.6.1.2. Sessione.

Attualmente, si intende per s e s s i o n e il periodo continuativo di lavoro delle Camere

compreso fra una convocazione e l’aggiornamento dei lavori (cioè la temporanea sospensione

di essi con rinvio ad altra data).

4.6.1.3. Seduta.

L a s e d u t a è la singole riunione delle Camere. Ciascuna sessione, nel senso prima

indicato, consiste di più sedute. La normale attività parlamentare, si svolge attraverso sedute

quotidiane (dal lunedì al venerdì).

4.6.2. Convocazione delle Camere.

La c o n v o c a z i o n e d e l l e C a m e r e è l ’ a t t o con il quale viene comunicato ai

Parlamentari il giorno e l’ora della riunione, affinché possano partecipare ai lavori.

Sono previste quattro tipi di convocazione: I) convocazione iniziale; II) convocazioni di

diritto; III) convocazioni su mozione di aggiornamento; IV) convocazione straordinarie. A cui

potremmo aggiungere la convocazione parallela, la quale in realtà non è altro che una

convocazione straordinaria indotta.

4.6.2.1. La convocazione iniziale.

La convocazione i n i z i a l e , fissata con decreto del Presidente della Repubblica, deve

tenersi non oltre il 20° giorno dall’insediamento delle nuove Camere.

4.6.2.2. Le convocazioni di diritto.

Le c o n v o c a z i o n i d i d i r i t t o , sono le due convocazioni annuali, fissate per il

primo giorno non festivo dei mesi di febbraio e di ottobre.

Va precisato che le convocazioni di diritto hanno assunto un valore residuale, dal momento

che al giorno d’oggi i due rami del Parlamento esercitano la loro attività senza interruzioni di

sorta28.

4.6.2.3. Le convocazioni su mozione di aggiornamento.

La normale attività parlamentare, infatti, si svolge attraverso sedute quotidiane (dal lunedì

al venerdì).

Al termine di ciascuna seduta non è necessario che il Presidente proceda ad una nuova

convocazione, essendo sufficiente un aggiornamento della stessa, che può essere considerato

come la prosecuzione in data prossima della seduta precedente: insieme alla comunicazione di

27

Questa è l’unica disposizione relativa al funzionamento del Parlamento riunito in seduta comune. La norma

mira ad evitare una concentrazione di cariche istituzionali in capo alla stessa persona, tenuto conto che al

Presidente del Senato spetta già la supplenza del Presidente della Repubblica, e che alcune riunioni in seduta

comune riguardano proprio quest’ultimo organo. 28

Le uniche interruzioni dell’attività parlamentare coincidono con i normali periodi di ferie: in passato era prassi

bloccare i lavori anche in coincidenza dei congressi di partito, allo scopo di consentire ai parlamentari di

parteciparvi.

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Diritto costituzionale Il Parlamento

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“a g g i o r n a m e n t o d e l l a s e d u t a ” viene data anche lettura degli argomenti che

saranno trattati (c.d. ordine del giorno).

4.6.2.4. Convocazione straordinaria.

La c o n v o c a z i o n e s t r a o r d i n a r i a (art. 62 2° co. Cost.), da attuarsi in circostanze

del tutto eccezionali, come nell’ipotesi di paralisi dell’attività del Parlamento, è demandata

dalla Costituzione:

al Presidente della Repubblica;

ad un terzo dei componenti di ciascuna Camera;

al Presidente di ciascun ramo del Parlamento29.

4.6.2.4.1. Convocazione parallela.

L’art. 62 3° co. afferma che: “Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è

convocata di diritto anche l’altra”.

La c o n v o c a z i o n e p a r a l l e l a delle due Camere, cioè l’obbligo di riunione di un

ramo del Parlamento quando viene convocato in via straordinaria anche l’altro, trova

giustificazione nella necessità di affrontare con urgenza determinati problemi.

La convocazione straordinaria, infatti, presuppone che il motivo sia talmente grave da

rendere necessario farvi fronte attraverso l’adozione di immediati provvedimenti, attività che

può essere svolta molto più agevolmente se entrambe le Camere sono riunite.

4.7. Svolgimento dei lavori.

4.7.1. Pubblicità e la segretezza delle sedute.

L’art. 64 2° Cost. afferma che: “Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due

Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta”.

La p u b b l i c i t à d e l l e s e d u t e è sancita per consentire il controllo dei lavori

parlamentari da parte del popolo, e per dar conto di essi all’opinione pubblica. Si realizza

consentendo l’accesso al pubblico nelle tribune appositamente istituite nelle singole Camere

(previa autorizzazione), e pubblicando i resoconti parlamentari30.

Invece la possibilità di imporre la s e g r e t e z z a d e l l e s e d u t e consente al

Parlamento di affermare la propria autonomia anche nei confronti della pubblica opinione.

Grazie a ciò, infatti, il Parlamento può sottrarsi alle pressioni di forze esterne presenti in seno

alla società civile31.

4.7.2. Ordine del giorno e calendario dei lavori.

Onde evitare decisioni a sorpresa è stabilito, sia nel regolamento del Senato, sia in quello

della Camera, che non si può discutere né decidere su materie che siano preventivamente

iscritte all’o r d i n e d e l g i o r n o , a meno che non sia deciso dalla Camera stessa a

maggioranza qualificata.

29

Nei fatti spetta sempre a quest’ultimo organo la convocazione formale della Camera, anche quando l’iniziativa

provenga dal Capo dello Stato o da un terzo dei componenti la Camera. 30

Il regolamento della Camera consente al suo Presidente di disporre anche la pubblicità dei lavori nella forma

televisiva diretta, mentre il pubblico e la stampa possono seguire l’attività delle Giunte e delle Commissioni in

separati locali attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. 31

Tuttavia negli ultimi anni il ricorso alle sedute segrete è stata quasi del tutto abbandonato, fatta eccezione per i

lavori della Commissione che svolgono funzioni di inchiesta.

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Diritto costituzionale Il Parlamento

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Il c a l e n d a r i o d e i l a v o r i (cioè la previsione degli ordini del giorno per un massimo

di due mesi) deve essere deliberato dai Presidenti dei gruppi la cui consistenza sia pari a 3/4

dei componenti della Camera.

In caso di mancato accordo, il programma e il calendario dei lavori sono predisposti dal

Presidente dell’assemblea, tenendo conto delle direttive del Governo e inserendo nel

programma le proposte prevalenti.

Una volta deliberato, il calendario dei lavori viene stampato e distribuito a parlamentari, e

diventa impegnativo dopo la comunicazione all’assemblea ed ai presidenti delle Commissioni.

Inoltre il calendario stesso viene inviato al Governo, affinché possa fare intervenire il proprio

rappresentante.

4.7.3. Deliberazioni.

4.7.3.1. Requisito di validità della deliberazione: c.d. numero legale

Affinché ciascuna Camera possa validamente deliberare è necessaria la presenza, nell’aula,

della maggioranza assoluta dei suoi componenti32 (c.d. n u m e r o l e g a l e )33.

4.7.3.1.1.1. La presunzione e la verifica del numero legale

D’altra parte, in entrambe le Camere vige la p r e s u n z i o n e d e l n u m e r o l e g a l e

(si considera sempre presente in aula la metà + 1 di parlamentari), che viene a cadere soltanto

quando almeno 20 deputati o 12 senatori (o lo stesso Presidente) richiedano l a v e r i f i c a

d e l n u m e r o l e g a l e .

Se dopo aver effettuato la verifica effettivamente non è presente il numero minimo di

parlamentari richiesto, il Presidente può sospendere la seduta per un’ora o rinviarla al primo

giorno non festivo successivo.

4.7.3.2. Quorum necessario per approvare una deliberazione: maggioranza relativa dei

presenti.

Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento in seduta comune vengono adottate

a maggioranza dei presenti34 (cd. m a g g i o r a n z a s e m p l i c e o r e l a t i v a ), a meno che

la Costituzione non richieda una maggioranza speciale35.

4.7.3.2.1. Il problema degli astenuti.

Si pone a questo punto, il problema degli a s t e n u t i , vale a dire di chi non vota né a

favore né contro.

Il R.C.D. dispone che ai fini della determinazione della maggioranza, sono considerati

presenti coloro che votano, quindi gli astenuti sono considerati come assenti; mentre nel

32

M a g g i o r a n z a a s s o l u t a d e i c o m p o n e n t i : consiste nella metà + 1 dei membri che

compongono ciascuna Camera: ad esempio, per la Camera dei deputati, formata da 630 membri, la maggioranza

assoluta dei componenti è pari a 315 + 1. 33

Va, sottolineato che i regolamenti parlamentari considerano presenti, ai fini della determinazione di tale

maggioranza, anche gli assenti per incarico avuto dall’Assemblea, i membri del Governo e (solo al Senato) i

senatori in congedo. 34

M a g g i o r a n z a d e i p r e s e n t i è il numero corrispondente alla metà + 1 dei membri di ciascuna

Camera che risultino presenti in aula: ad esempio, se dei 630 membri della Camera dei deputati fossero presenti

in aula solo 350 deputati, la maggioranza relativa sarebbe pari a 175 + 1. 35

La m a g g i o r a n z a s p e c i a l e : è la maggioranza, superiore a quella relativa, richiesta per l’approvazione

di alcune deliberazioni parlamentari. In particolare le maggioranze speciali sono previste: per l’adozione dei

regolamenti e delle relative modifiche; per la riduzione dei termini per l’entrata in vigore della legge; per

l’adozione di una legge costituzionale; per l’elezione del Presidente della Repubblica; per la messa in stato

d’accusa del Presidente della Repubblica.

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Diritto costituzionale Il Parlamento

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Senato ogni deliberazione è presa a maggioranza dei senatori che partecipano alla votazione,

nel senso che gli astenuti sono calcolati ai fini di determinazione della maggioranza e dunque

sono considerati come presenti.

4.7.4. Ammissione dei membri del Governo.

L’art. 64 4° co. Cost. afferma che: “I m e m b r i d e l g o v e r n o 36, a n c h e s e n o n

f a n n o p a r t e d e l l e C a m e r e 37, h a n n o d i r i t t o , e s e r i c h i e s t i o b b l i g o ,

d i a s s i s t e r e a l l e s e d u t e . D e v o n o e s s e r e s e n t i t i o g n i v o l t a c h e l o

r i c h i e d o n o ”.

L’esigenza di coordinamento dell’attività di due organi (Parlamento e Governo) che, in una

democrazia parlamentare come la nostra, sono legati da un rapporto di fiducia, giustifica la

presenza di membri del Governo alle sedute delle Camere.

Per rafforzare tale dialogo, è stata istituita anche la figura del M i n i s t r o p e r i

r a p p o r t i c o n i l P a r l a m e n t o , che ha il compito istituzionale di rappresentare le

istanze del Governo, e partecipare stabilmente alle sedute, svolgendo funzioni di raccordo.

4.7.5. Votazioni.

I regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica prevedono che le

votazione nelle due assemblee siano di regola effettuate a s c r u t i n i o p a l e s e 38, tranne per

i casi in cui sia espressamente previsto il voto a s c r u t i n i o s e g r e t o 39: al di fuori di

queste ultime ipotesi, dunque la regola del voto segreto è stata abrogata40.

4.7.6. Ostruzionismo.

Per o s t r u z i o n i s m o t e c n i c o si intende l’uso esasperato, da parte dell’opposizione

degli strumenti procedurali messi a disposizione dalla legge, al fine di impedire o di ritardare

che le scelte politiche della maggioranza si tramutino in leggi.

36

Nella prassi parlamentare, i membri del Governo che possono intervenire alle sedute delle Assemblee sono il

Presidente del Consiglio, il vice-presidente del Consiglio, i singoli Ministri ed i sottosegretari. 37

La norma, incidentalmente, sancisce la compatibilità delle cariche di membro del Governo e del Parlamento (a

differenza di quanto avviene in altri Stati, ad esempio in Francia), ma consente anche che un ministro non sia

membro del Parlamento. 38

Nello s c r u t i n i o p a l e s e i voti sono espressi per: appello nominale; alzata di mano; divisione nell’aula.

Possono essere anche utilizzati procedimenti elettronici. 39

Nello s c r u t i n i o s e g r e t o i voti sono espressi disponendo nelle urne una pallina bianca o una pallina

nera oppure apposita scheda. 40

Il ricorso allo scrutinio segreto è, tuttavia, ancora previsto sia per la Camera sia per il Senato (e, comunque,

per tutte le deliberazioni assembleari) nei casi riguardanti i giudizi su persone, nonché, quando ne venga fatta

richiesta, per le votazioni che incidono:

sui principi e sui diritti di libertà di cui agli artt. 6, da 13 a 22 e da 24 a 27 della Costituzione sia per la

Camera che per il Senato;

sui diritti della famiglia di cui agli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione sia per la Camera sia per il

Senato;

sui diritti della persona e quelli di cui all’art. 32 della Costituzione;

sulle modifiche relative al regolamento di ciascuna Camera;

sulle leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato e agli organi delle Regioni (regola

prevista solo per la Camera);

sulle leggi elettorali (regola che vale solo per la Camera);

sulla istituzione di commissioni di inchiesta. Va ricordato che nei procedimenti in Commissione il

ricorso allo scrutinio segreto è consentito solo per le votazioni riguardanti persone.

Il ricorso allo scrutinio segreto è, comunque espressamente escluso per le votazioni concernenti: la legge

finanziaria; le leggi di bilancio; le deliberazioni che abbiano comunque conseguenze finanziarie.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

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Dall’o s t r u z i o n i s m o tecnico va distinto quello f i s i c o , cioè quello che si manifesta

attraverso la violenza e che è del tutto illecito.

Accanto all’ostruzionismo dell’opposizione, esiste anche un o s t r u z i o n i s m o d i

m a g g i o r a n z a che consiste nella deliberata volontà della maggioranza parlamentare di

non dare attuazione ai punti più qualificati del programma di Governo.

4.8. Scioglimento e proroga delle Camere.

4.8.1. Scioglimento della camere.

L o s c i o g l i m e n t o d e l l e C a m e r e è l’atto col quale si pone fine all’attività delle

assemblee rappresentative (o di una sola di esse) in vista della loro rinnovazione.

Le Camere possono essere sciolte, singolarmente o congiuntamente, dal Presidente della

Repubblica, sentiti i pareri obbligatori (ma non vincolati) dei relativi presidenti41.

4.8.1.1.1. I casi in cui possono essere sciolte le Camere.

La Costituzione volutamente non indica i presupposti di esercizio del potere di

scioglimento delle Camere, per lasciare le più ampie opportunità valutative al Presidente

rispetto al caso concreto.

Non vi è dubbio, però, che presupposto fondamentale sia il deterioramento del rapporto di

fiducia intercorrente tra Governo e Parlamento.

Pertanto, il Presidente potrà adottare il decreto di scioglimento:

quando sia stata approvata una mozione di sfiducia e non esistano le condizioni

politiche per la costituzione di una nuova maggioranza;

oppure quando, anche in difetto di una mozione di sfiducia, appaia palesemente

logorato il dialogo tra le forze politiche presenti in Parlamento;

o quando, infine, esistano indici sicuri di un distacco tra la volontà del popolo e le

Camere, non più adeguatamente rappresentative delle istanze del primo.

Una ulteriore ipotesi potrebbe essere l’insanabile contrasto tra le due Camere, con

maggioranze tra loro diverse, eventualità non del tutto remota dal momento che la base

elettorale dei due rami del Parlamento è diversa (per il Senato si vota soltanto al compimento

dei 25 anni); in tal caso il Presidente potrebbe, teoricamente, anche procedere allo

scioglimento di una sola Camera, anche se motivi di opportunità politica fino ad oggi hanno

imposto lo scioglimento di entrambi i rami del Parlamento.

4.8.2. Prorogatio e proroga.

4.8.2.1. La prorogatio.

L’art. 61 2° co. Cost. della Costituzione stabilisce che “Finché non siano riunite le nuove

Camere, sono prorogati i poteri delle precedenti”.

La p r o r o g a t i o consente una s o p r a v v i v e n z a t e m p o r a n e a d e l l e

C a m e r e , nonostante la cessazione del loro mandato ordinario, per assicurare la continuità

41

Il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Presidente del ramo del Parlamento che il Capo dello Stato

intende sciogliere, realizza una sorta di garanzia del contraddittorio o del giusto procedimento, essendo contrario

ai principi democratici adottare un provvedimento sfavorevole ad un soggetto senza, quanto meno, ascoltarne le

motivazioni. Non solo: i Presidenti delle Camere sono in grado, in virtù dell’importante ruolo ricoperto, di

fornire al Presidente della Repubblica tutte le indicazioni necessarie alla sua decisione.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

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di funzionamento dell’organo durante l’intervallo necessario alla sostituzione del titolare di

esso.

La prorogatio, prevista dalla stessa Costituzione, opera ipso iure (a differenza della

proroga che è un istituto eccezionale) e, stando al disposto del 1° co. del cit art. 61, non

dovrebbe superare i 90 giorni.

4.8.2.1.1. I poteri delle Camere in regime di prorogatio.

Le Camere prorogate sono scadute, per cui possono compiere solo atti di ordinaria

amministrazione, in ossequio al principio generale del nostro ordinamento per cui gli organi

prorogati possono solo disbrigare gli affari correnti.

Si ricordi inoltre che esplicitamente previsto dalla Costituzione (art. 85 3° co.) che le

Camere in regime di prorogatio non possono procedere all’elezione del Capo dello Stato.

4.8.3. La proroga.

La p r o r o g a consiste in un atto spontaneo del Parlamento che, mediante una legge42,

decide di rinviare le elezioni e di prorogare i propri poteri. La Costituzione ha decisamente

limitato tale ipotesi al solo caso di guerra43 (art. 60 Cost.).

4.9. Le elezioni politiche.

4.9.1. Sistemi elettorali.

4.9.1.1. Nozione.

Per s i s t e m a e l e t t o r a l e , si intende quel complesso di regole e di procedure che

determinano le modalità con cui gli elettori esprimono il loro voto nonché il procedimento

con cui questi vengono tradotti in seggi44.

La Costituzione detta alcuni principi fondamentali sulla formazione e composizione delle

Camere, ma lascia alla legge ordinaria l’integrazione del sistema e le determinazione dei vari

momenti del procedimento elettorale.

4.9.1.2. Tipologia.

Al riguardo si opera una distinzione:

s i s t e m a m a g g i o r i t a r i o , in forza del quale si assegnano ai partiti che

abbiano ottenuto la maggioranza (relativa, assoluta o qualificata) tutti i seggi

attribuiti dal collegio. Tale sistema presenta innegabili vantaggi in quanto evita

l’eccessivo frazionamento del sistema dei partiti, ed infine facilita l’accesso alle

assemblee elettive di spiccate personalità. Al tempo stesso però l’adozione di tale

sistema può risultare inconveniente: infatti, esso opera un travisamento della

volontà popolare sul piano nazionale, favorendo la polarizzazione fra i due partiti

maggiori e sottorappresentando i partiti minori;

con il s i s t e m a p r o p o r z i o n a l e si assegnano ai partiti un numero di seggi in

proporzione ai voti ottenuti, di modo che l’assemblea eletta in questo modo finisce

42

Tale proroga può essere disposta solo con legge, la quale, inoltre non può essere approvata in commissione o

con procedimento abbreviato. 43

Il Costituente ha tassativamente escluso altre ipotesi di proroga per evitare un abuso di tale potere da parte

della maggioranza parlamentare che, una volta eletta, potrebbe prolungare all’infinito il proprio mandato

attraverso l’approvazione di successivi decreti di proroga, rinviando in tal modo le elezioni e sottraendosi al

giudizio degli elettori. Il rischio che il Costituente ha voluto evitare è quello dell’instaurazione di una «dittatura

della maggioranza». 44

S e g g i : con tale termine si intende il numero di Parlamentari eleggibile in una determinata circoscrizione.

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col rispecchiare più fedelmente la volontà degli elettori. Però è anche vero che un

sistema rigorosamente proporzionalistico, producendo un notevole frazionamento

all’interno delle assemblee elettive, rende più difficile la formazione di efficienti e

durevoli maggioranze e perciò può generare pericoli di instabilità politica.

In estrema sintesi potremmo affermare che, mentre i sistemi proporzionali sono più attenti

alla “rappresentatività”, i sistemi maggioritari curano maggiormente l’aspetto della

“governabilità”. Si tratta di esigenze in contrasto difficilmente conciliabili: le varie leggi

elettorali attuali tengono conto in maggiore misura dell’una e dell’altra.

4.9.2. I partiti politici.

L’art. 49 Cost. afferma che: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in

partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

4.9.2.1. Nozione

I p a r t i t i p o l i t i c i sono associazioni di persone che hanno comuni ideologie ed

interessi e che, attraverso una stabile organizzazione, mirano ad esercitare una influenza sulla

determinazione dell’indirizzo politico del Paese.

4.9.2.2. Divieti

Per consentire un corretto svolgimento della loro attività i partiti politici sono sottoposti a

particolari divieti. Essi, infatti non possono:

assumere la forma di un’associazione segreta45, né avere una organizzazione di

carattere militare, per il divieto generale dell’articolo 18 Cost, che, memore delle

passate esperienze, ha espressamente vietato ogni forma di “squadrismo” o

“neosquadrismo” come strumento di “propaganda” politica

assumere simboli o contrassegni confondibili con simboli altrui o riproducenti

immagini religiose;

annoverare tra i loro iscritti (ex art. 98 Cost.): I) i militari di carriera in servizio

permanente effettivo; II) gli ufficiali ed agenti del corpo di polizia giudiziaria; III) i

magistrati; IV) i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero46.

4.9.3. Il diritto al voto.

4.9.3.1. Nozione.

Il d i r i t t o d i v o t o è il diritto di tutti i cittadini47 di eleggere i propri rappresentanti in

seno al Parlamento o negli altri organi rappresentativi dello Stato (Regioni, Province,

Comuni, Circoscrizioni).

45

La norma in esame è stata chiamata in causa negli ultimi anni a proposito della Loggia massonica P2: a

differenza della Massoneria «ufficiale», che non è associazione segreta, in quanto ne sono noti associati, scopi e

sede, questa Loggia si è attivata per coalizzare tutti gli elementi idonei ad attentare al corretto svolgimento delle

pubbliche funzioni, soprattutto inquinando la trasparenza dell’attività pubblica. 46

La ratio di tali esclusioni risiede nel fatto che queste particolari categorie di funzionari statali devono

considerarsi al s e r v i z i o e s c l u s i v o d e l l a n a z i o n e e, per la delicatezza delle loro funzioni

(contatto con le potenze straniere per i diplomatici; comando di truppe armate e quindi possibilità di “golpe” per

gli ufficiali di carriera, dovere di amministrare la giustizia “in nome del popolo” e non del partito per i

magistrati) il Costituente ha ritenuto necessario tenerli lontano da possibili interferenze dei partiti. 47

Per consentire il diritto di voto, anche agli italiani all’estero, è stata istituita per ogni camera una circoscrizione

“Estero” (art. 48 2° co). A l l a n u o v a c i r c o s c r i z i o n e d e l l a C a m e r a s o n o s t a t i

a t t r i b u i t i 1 2 d e p u t a t i m e n t r e a q u e l l a d e l S e n a t o 6 s e n a t o r i .

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4.9.3.2. Caratteristiche.

A norma dell’a r t . 4 8 , C o s t . il v o t o è:

c o n c e s s o a t u t t i g l i e l e t t o r i 48, ossia a norma dell’art. 48 1°co. Cost.

tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età49

p e r s o n a l e , essendo esclusa la possibilità del voto per procura: l’elettore deve

recarsi di persona nella sezione elettorale e segnare di proprio pugno la scheda.

Eccezioni sono ammesse soltanto per consentire l’esercizio del diritto di voto agli

elettori fisicamente impediti (che possono farsi assistere in cabina elettorale da altro

elettore dello stesso Comune), per i degenti in luogo di cura e per i marittimi

imbarcati;

u g u a l e , nel senso che pari peso è riconosciuto al voto di ogni elettore. Pertanto il

voto plurimo (elettori che possono votare più volte) e il voto multiplo (elettori che

votano in più circoscrizioni) non sono ammessi;

l i b e r o nel senso che l’elettore non può subire nessuna forma di pressione o

coazione a favore di un partito o di un candidato;

s e g r e t o , proprio per assicurare la libertà, la segretezza viene assicurata dalla

predisposizione della scheda di Stato e delle cabine elettorali in cui l’elettore deve

isolarsi per esprimere il suo voto. Una sola eccezione è permessa, ed è relativa a

coloro i quali sono del tutto impediti per motivi fisici, cioè i ciechi: essi, per poter

votare, hanno bisogno di qualcuno che stia accanto a loro e che tenga loro la mano

n o n o b b l i g a t o r i o , in quando l’esercizio del voto è un d o v e r e c i v i c o 50

4.9.3.3. Limitazione del diritto di voto

L ’ a r t . 4 8 , 3 ° c o m m a , C o s t . dispone che “Il diritto al voto non può essere

limitato se non per incapacità civile51 o per effetto di sentenza penale irrevocabile52 o ne casi

di indegnità morale53 indicati dalla legge”54.

48

L’insieme dei cittadini che godono dell’elettorato attivo, formano il c o r p o e l e t t o r a l e . L’appartenenza

al corpo elettorale è documentata dall’iscrizione nelle liste elettorali, tenute presso il Comune di residenza. 49

Il requisito della maggiore età non è sufficiente per l’ipotesi prevista dall’art. 58 secondo il quale i soggetti

ammessi a votare per eleggere i membri del Senato devono aver compiuto almeno 25 anni. 50

La qualificazione del voto «come dovere civico» rappresenta una formula di compromesso, voluta per

appianare il contrasto tra i fautori dell’obbligatorietà giuridica del voto e quelli che, ritenendolo espressione del

più generale diritto di libertà di manifestazione del pensiero, ne osteggiavano qualsiasi «compressione» e

sanzione. Il voto, come espressione della libera manifestazione del pensiero, infatti, può anche non essere

esercitato (cd. libertà negativa): è cioè un diritto di ciascun cittadino che non può essere compresso, per cui è del

tutto legittimo l’astensionismo. Invero nessun cittadino può essere costretto a recarsi alle urne, tant’è che la

stessa blanda sanzione (la menzione «non ha votato» nel certificato di buona condotta), prevista originariamente

per i non votanti, è stata abrogata con il D.Lgs. 534/1993. 51

I n c a p a c i t à c i v i l e : è la condizione giuridica di chi, a causa di determinate alterazioni psico-fisiche

(infermità di mente, prodigalità, sordomutismo etc.), è dichiarato, con sentenza del giudice civile, totalmente

(interdizione) o parzialmente (inabilitazione) incapace di attendere ai propri interessi. L ’ a r t . 1 1 d e l l a

l e g g e 1 8 0 / 1 9 7 8 h a a m m e s s o a l l ’ e l e t t o r a t o a t t i v o a n c h e g l i i n t e r d e t t i e

g l i i n a b i l i t a t i p e r i n f e r m i t à d i m e n t e e , p e r t a n t o , i l l i m i t e

c o s t i t u z i o n a l e d e l l ’ i n c a p a c i t à c i v i l e è o r m a i i n o p e r a n t e . 52

S e n t e n z a p e n a l e i r r e v o c a b i l e : è irrevocabile il provvedimento del giudice penale non più

modificabile da giudici di grado superiore, cioè non più appellabile né ricorribile per Cassazione. Perdono il

diritto di voto coloro che sono condannati a una pena che importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici,

mentre l’interdizione temporanea comporta la sospensione dal diritto di voto, per tutto il tempo della sua durata.

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4.10. Lo status di Parlamentare.

4.10.1. Le condizioni per il conferimento dell’ufficio di parlamentare.

C o n d i z i o n i p e r i l c o n f e r i m e n t o d e l l a c a r i c a d i m e m b r o d e l

P a r l a m e n t o sono: I) regolarità del procedimento elettivo; II) assenza di cause di

incapacità; III) assenza di cause di ineleggibilità; IV) assenza di cause di incompatibilità.

4.10.1.1. Le cause di incapacità.

Le c a u s e d i i n c a p a c i t à sono quelle cause che escludono nel soggetto la titolarità

del diritto di voto (elettorato attivo) (es. minore d’età): chi non può votare nelle elezioni, non

può neppure farsi eleggere.

4.10.1.2. Le cause di ineleggibilità e di incompatibilità.

Affinché un soggetto possa essere eletto deputato o senatore, occorre che non vi siano

cause di ineleggibilità e incompatibilità.

L’art. 65 1° Cost. afferma che: “La legge determina i casi di ineleggibilità e di

incompatibilità con l’ufficio del deputato o senatore”.

4.10.1.2.1. Ineleggibilità

4.10.1.2.1.1. Nozione.

L’i n e l e g g i b i l i t à designa l’insieme di quegli impedimenti di natura giuridica

preesistenti all’elezione, che non consentono ad un soggetto (elettore: cioè titolare del diritto

di voto) di essere eletto ad una determinata carica pubblica.

Conseguenza dell’esistenza di cause di ineleggibilità sono:

l’invalidità dell’elezione, se la causa sé è verificata prima dell’elezione;

decadenza (eventuale) dall’ufficio di parlamentare, se la causa si è verificata

successivamente

4.10.1.2.1.2. Ratio.

In genere l’ineleggibilità è dovuta alla particolare carica ricoperta dal soggetto, che

potrebbe porlo in una posizione di vantaggio rispetto ad altri candidati o potrebbe comunque

determinare una pressione sulle scelte degli elettori.

4.10.1.2.1.3. Casi.

Sono ineleggibili:

i presidenti delle Giunte provinciali, i sindaci dei Comuni con popolazione

superiore ai 20.000 abitanti, il capo e vice capo della polizia, gli ispettori generali

di pubblica sicurezza, i capi di Gabinetto dei Ministeri, i commissari del Governo, i

prefetti e i vice-prefetti, gli ufficiali superiori delle Forze armate nella

circoscrizione del loro comando territoriale;

i magistrati, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, nelle

circoscrizione sottoposte totalmente o parzialmente alla giurisdizione degli uffici ai

quali si trovano assegnati o presso i quali esercitano le loro funzioni per un periodo

compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura;

53

I n d e g n i t à m o r a l e : questa particolare esclusione dall’elettorato attivo riguarda gli imprenditori

dichiarati falliti, coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione, a misure di sicurezza detentive (ad esempio,

l’ospedale psichiatrico giudiziario), alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più Comuni. 54

Si ricordi, che è stato abrogato il primo comma della XXIII disp. Trans., in base al quale i membri e discedenti

di Casa Savoia non potevano essere elettori né ricoprire uffici pubblici o cariche elettive (l.cost. 1/2002).

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i diplomatici, i consoli, i viceconsoli, gli ufficiali addetti alle ambasciate, legazioni

e consolati esteri e tutti coloro che abbiano impiego da Governi esteri;

coloro che hanno determinati rapporti di ordine economico con lo Stato55;

i giudici della Corte Costituzionale.

4.10.1.2.2. L’incompatibilità.

4.10.1.2.2.1. Nozione.

L’i n c o m p a t i b i l i t à designa quella situazione che si determina quando una medesima

persona ricopre contemporaneamente due cariche pubbliche tra loro confliggenti.

In questo caso, il soggetto deve scegliere l’una o l’altra carica. L’incompatibilità non

impedisce, quindi, la regolare elezione ad una carica (come accade per l’ineleggibilità), ma

impone solo una scelta fra la nuova e la precedente.

4.10.1.2.2.2. Casi.

Diverse cause di incompatibilità sono fissate dalla stessa Costituzione. Innanzitutto va

detto che chi copre la carica di senatore non può coprire contemporaneamente quella di

deputato (art. 65 2° co. Cost.).

Inoltre la status di parlamentare è incompatibile con l’assunzione delle seguenti cariche: I)

Presidente della Repubblica; II) membro del Consiglio Superiore della Magistratura; III)

membro di Consiglio o di una Giunta regionale; IV) membro della Corte Costituzionale;

membro del CNEL; V) membro del Parlamento Europeo; VI) membro di assemblea

legislativa o di organo esecutivo, in Stati esteri56.

4.10.2. La verifica dei poteri.

Appena proclamato eletto, il candidato assume immediatamente la qualità di deputato o

senatore e può esercitare le funzioni inerenti al suo ufficio.

Per assicurare però, il rispetto della legalità, la sua elezione viene sottoposta ad un

controllo, che prende il nome di “v e r i f i c a d e l l e e l e z i o n i ” o “v e r i f i c a d e i

p o t e r i ”, svolta da ciascuna Camera57 allo scopo di controllare il corretto svolgimento della

competizione elettorale che ha portato all’elezione del candidato, accertando anche che a

carico degli eletti (deputati o senatori) non vi siano cause di ineleggibilità o di incompatibilità

(in tal caso si parla di g i u d i z i o s u i t i t o l i d i a m m i s s i o n e o d i c o n v a l i d a )

oppure che tali cause non sopravvengano nel corso del mandato (in questa ipotesi si tratta di

u n g i u d i z i o s u l l e c a u s e d i d e c a d e n z a )58.

L’organo al quale spetta il compito di procedere alle verifiche dei titoli è, alla Camera, la

Giunta per le elezioni e, al Senato, la Giunta delle elezioni e delle immunità

55

Imprenditori o rappresentanti legali di società o imprese che risultino vincolati per contratti d’opere o di

somministrazioni o da concessioni o autorizzazioni amministrative; rappresentanti, amministratori e dirigenti di

società e imprese sussidiate dallo Stato; i consulenti legali e amministrativi delle imprese di cui sopra. 56

N o n e s i s t e invece i n c o m p a t i b i l i t à c o n i p u b b l i c i i m p i e g h i , tanto è vero che i

pubblici impiegati eletti al Parlamento, sono posti d’ufficio in aspettativa per tutta la durata del mandato però, in

questo periodo non possono conseguire nessun tipo di promozione, se non per motivi di anzianità. 57

In base all’art. 66 Cost., “C i a s c u n a C a m e r a g i u d i c a d e i t i t o l i d i a m m i s s i o n e d e i

s u o i c o m p o n e n t i e d e l l e c a u s e s o p r a g g i u n t e d i i n e l e g g i b i l i t à e d i

i n c o m p a t i b i l i t à ”. 58

Si noti, infine, che questo ampio sistema di garanzia non è previsto per i Consigli regionali, ai quali non è

attribuito il giudizio dei titoli di ammissione dei loro componenti né delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e

incompatibilità (sent. C. Cost. 30-6-64, n. 66).

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4.10.3. Rapporto tra parlamentare e corpo elettorale.

A norma dell’art. 67 Cost. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed

esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

Tale norma ha inteso affermare due principi: quello della rappresentanza nazionale e quella

de divieto di mandato imperativo.

4.10.3.1. Il principio della rappresentanza nazionale.

Secondo il p r i n c i p i o d e l l a r a p p r e s e n t a n z a n a z i o n a l e , il parlamentare

rappresenta il popolo nella sua unità, al di là degli interessi particolari di coloro che lo hanno

scelto. Ciò non impedisce all’eletto di farsi carico dei bisogni dei suoi votanti, ma esige una

valutazione che tenga conto degli interessi complessivi di tutto il Paese.

4.10.3.1.1. Rappresentanza politica.

Va precisato che i parlamentari non sono rappresentanti in senso tecnico del popolo, ma

sono politicamente responsabili di fronte al popolo.

Si tratta, quindi, di un rapporto di fiducia e di responsabilità politica non inquadrabile nel

rapporto giusprivatistico della rappresentanza: infatti tali “rappresentanti” esercitano poteri

che non fanno capo alla figura del rappresentato, ma rientrano nella specifica e diretta sfera di

attribuzione loto spettanti a seguito dell’elezione politica.

4.10.3.2. Il divieto del mandato imperativo.

Secondo la nozione privatistica, il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a

compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (art. 1703 c.c.). Il mandatario (cioè colui

che ha ricevuto l’incarico) è tenuto ad eseguire il mandato con diligenza, a informare il

mandante (colui da cui l’incarico proviene) delle circostanze sopravvenute che possano

incidere sul rapporto, e a rendergli conto del proprio operato.

Un legame così forte non può costituirsi fra gli elettori e l’eletto, il quale non deve essere

vincolato da alcuna direttiva esterna nell’esercizio delle sue funzioni. Ciò perché la

rappresentanza politica, per la sua ampiezza (è rappresentanza di idee, di bisogni), non può

essere circoscritta in un così ristretto ambito.

Ne consegue che ciascun parlamentare, nello svolgimento della sua attività, può agire

liberamente al di là delle promesse fatte per essere eletto, non può essere revocato dai suoi

elettori fino alla normale scadenza del mandato, né può essere chiamato a rispondere,

civilmente o penalmente (salvo che commetta atti illeciti), per il modo in cui ha esercitato il

proprio mandato.

La mancanza di una responsabilità giuridica del parlamentare nei confronti dei propri

elettori non esclude, però, una sua responsabilità politica, che il corpo elettorale può far valere

solo in sede di nuove elezioni, allorquando avrà la possibilità di esprimere un giudizio

sull’operato del parlamentare che si ripresenta candidato, confermandogli o negandogli (nel

caso la condotta del parlamentare non abbia risposto alle aspettative) la propria preferenza59.

59

Il problema del vincolo di mandato si propone in tutta la sua complessità in relazione ai rapporti che si

instaurano tra membro del Parlamento e partito politico di appartenenza. La linea politica adottata dal partito,

infatti, si sovrappone il più delle volte agli orientamenti personali del parlamentare, così che questi viene ritenuto

un mero portavoce del partito in seno al Parlamento: i casi di «ribellione» alle direttive del partito sono puniti

con severe sanzioni disciplinari, che possono giungere fino all’espulsione dal partito.

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4.10.4. Prerogative dei parlamentari.

Affinché i parlamentari possono svolgere senza interferenze, la loro funzione, gli vengono

accordati una serie di p r e r o g a t i v e

Tali prerogative sono irrinunciabili in quanto non costituiscono privilegi personali,

riconosciuti ai membri delle assemblee legislative, ma perseguono il fine di tutelare la

regolarità e l’indipendenza del mandato parlamentare, in ossequio il principio del rispetto

della piena rappresentatività degli organi elettivi.

4.10.4.1. Insindacabilità.

L’art. 68 1° co. afferma che: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a

rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni60”.

La norma ha il preciso scopo di evitare che il parlamentare possa sentirsi in qualche modo

condizionato nell’esprimere il proprio pensiero per il timore di dover rendere conto (in sede

civile, penale o disciplinare) dell’attività svolta: tale prerogativa non ha limiti di durata dal

momento che, anche quando cessa il mandato, il parlamentare non può comunque essere

perseguito per le opinioni espresse all’epoca in cui ricopriva quella carica61.

4.10.4.2. Immunità penale.

L’art. 68 2° co. Cost. stabilisce che: “Senza autorizzazione della Camera62 alla quale

appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o

Talvolta, in passato, i partiti subordinavano l’inclusione di un candidato nella propria lista alla preventiva

consegna di una domanda di dimissioni con data in bianco, diretta alla Presidenza della Camera, per cautelarsi

contro eventuali dissensi del parlamentare eletto nelle loro liste (dimissioni rilasciate in bianco).

Altra tecnica adottata era quella della deposizione anticipata del mandato: i partiti esigevano che il parlamentare

si obbligasse ad abbandonare la carica in qualunque momento, su semplice loro richiesta (es. la rotazione

prevista dal partito radicale a metà mandato).

Più di recente, la questione dei rapporti fra parlamentare e partito di appartenenza si è riproposta nel nostro paese

in occasione della fuoriuscita dei parlamentari della Lega Nord dalla coalizione di governo (Polo delle libertà)

nella quale si erano presentati alle elezioni del 27 marzo 1994 (il famoso «ribaltone»).

In quell’occasione fu affermato che il meccanismo elettorale maggioritario, spingendo l’elettore a votare anche il

candidato di un partito diverso dal proprio, ma pur sempre appartenente alla stessa coalizione, imporrebbe agli

eletti che volessero uscire da quella coalizione di ripresentarsi davanti agli elettori per ottenere un nuovo

mandato. 60

Un eccezione alla guarentigia dell’insindacabilità è contenuta nei regolamenti della Camera e del Senato, i

quali prevedono che, quando nel corso di una discussione una deputato od una senatore sia accusato di fatti che

ledano la sua onorabilità, può chiedere al Presidente dell’Assemblea di nominare una commissione, il c.d.

“g i u r ì d ’ o n o r e ”, il quale è chiamato a giudicare sul fondamento dell’accusa. Leo conclusioni della

commissioni vengono comunicate al Presidente dell’Assemblea il quale può anche emanare una sanzione

disciplinare a carico del parlamentare accusato.

Le s a n z i o n i d i s c i p l i n a r i a c a r i c o d e i p a r l a m e n t a r i consistono: I) nel richiamo

all’ordine nel caso in cui il parlamentare pronunci parole sconvenienti o turbi con il suo contegno la libertà delle

discussioni e l’ordine della seduta; II) nell’esclusione dall’aula per il resto della seduta dopo un secondo

richiamo all’ordine o nei casi più gravi; III) nella censura, con l’interdizione a partecipare ai lavori parlamentari

per un determinato periodo di tempo. 61

L’insindacabilità non si estende alle affermazioni rese dal Parlamentare in qualità di privato cittadino e non

collegabili in alcun modo al suo ufficio: se così non fosse, la norma conferirebbe un ingiusto privilegio, ponendo

il parlamentare in una condizione di superiorità rispetto agli altri cittadini. Una delle questioni più dibattute in

passato riguardava il luogo dell’insindacabilità: in pratica, ci si chiedeva se essa valesse soltanto per i voti e le

opinioni espresse nell’aula parlamentare oppure dovesse estendersi anche all’attività politica svolta fuori dalle

consuete sedi istituzionali (comizi, congressi di partito, dibattiti televisivi, etc.). È opinione prevalente in dottrina

che la tutela operi anche al di fuori delle sedi istituzionali, sebbene ciò possa privilegiare il parlamentare uscente

rispetto agli altri candidati alle elezioni, che non godono di tale prerogativa. 62

La r i c h i e s t a d i a u t o r i z z a z i o n e deve essere inoltrata dal giudice al Presidente della Camera di

appartenenza del parlamentare, che la trasmette ad un apposito organo interno, la Giunta per le autorizzazioni (al

Senato denominata Giunta per le elezioni e le immunità). Dopo l’esame della Giunta, la richiesta viene

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domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in

detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia

colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in

flagranza”.

L’art. 68 3° co. Cost. inoltre afferma che: “Analoga autorizzazione è richiesta per

sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o

comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”

Pertanto è consentito

sottoporre ad indagini i parlamentari, senza la necessità di richiedere un preventiva

autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza63;

arrestare il parlamentare, quando vi è una sentenza irrevocabile di condanna;

trarre in arresto il parlamentare, nel caso in cui sia colto nell’atto di commettere un

reato per cui è previsto l’arresto obbligatorio (art. 380 c.p.p.).

Non è consentito dall’autorità giudiziaria, senza la preventiva autorizzazione della Camera

(c.d. autorizzazione a procedere) a cui appartiene:

sottoporre, a perquisizione personale o domiciliare il parlamentare;

arrestare o comunque privare della libertà personale il membro del Parlamento, ad

accessione de due casi prima citati (sentenza irrevocabile ed arresto in flagranza);

procedere ad intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni e a sequestro della

corrispondenza.

4.10.4.2.1. Ratio

Scopo della disposizione è di consentire al parlamentare di svolgere il suo mandato

liberamente, senza temere che l’autorità amministrativa o giudiziaria possa far uso di

provvedimenti restrittivi della sua libertà per condizionarne l’operato (si pensi agli effetti che

potrebbe avere l’arresto, anche provvisorio, di alcuni membri del Parlamento in coincidenza

di una votazione per la quale si prevede uno scarto di voti molto esiguo).

La norma tutela, quindi, la funzione di cui il Parlamentare è investito, e non la sua persona,

pertanto, quando si dimostri che non vi è alcun intento persecutorio nel provvedimento

restrittivo della libertà, non sussiste motivo per negare l’autorizzazione.

4.10.4.3. Indennità.

L’art. 69 Cost. afferma che: “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita

dalla legge”.

L’i n d e n n i t à è una somma di denaro corrisposta al parlamentare per garantire che

svolga la propria funzione con decoro e indipendenza economica. Non va assimilata alla

retribuzione che, invece, rappresenta il corrispettivo della prestazione di lavoro subordinato.

sottoposta, insieme ad un parere favorevole o contrario, all’Assemblea, cui spetta la decisione di concedere o

negare l’autorizzazione. Le Camere, in tal caso, possono negarla solo se riscontrano che tale richiesta abbia

intenti persecutori o intimidatori nei confronti dei suoi membri. 63

Prima della riforma del ‘93, l’immunità dei parlamentari era molto più estesa in quanto era necessaria

l’autorizzazione anche per avviare indagini a carico di un deputato o di un senatore o per arrestarlo, pur in

presenza d’una condanna irrevocabile. Sull’onda delle inchieste giudiziarie di «Mani pulite» e dei referendum

contro la partitocrazia, il Parlamento si è deciso ad approvare la legge costituzionale n. 3 del 1993, che ha ridotto

l’ambito di applicabilità dell’immunità penale al fine di evitare il ripetersi di abusi di tale prerogativa.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

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Accanto all’indennità, i parlamentari godono anche di una d i a r i a a titolo di rimborso

delle spese per soggiorno a Roma; tale cifra è dovuta solo nell’ipotesi in cui tale presenza si

protragga per almeno 15 giorni al mese.

4.10.5. Cessazione dell’ufficio di parlamentare.

L’ufficio del parlamentare può cessare per le seguenti cause:

f i n e d e l l a l e g i s l a t u r a (o scioglimento anticipato delle Camere);

d i m i s s i o n i v o l o n t a r i e , le quali hanno efficacia solo nel momento in cui

siano accettate dalla Camera di appartenenza;

d e c a d e n z a viene pronunciata dalla Camera se:

o sia intervenuta un’incompatibilità che comporti la decadenza automatica

(es. elezione del parlamentare alla carica del Presidente della Repubblica);

o sia venuto meno uno dei requisiti di eleggibilità;

o siano state violate norme relative alla disciplina della campagna elettorale;

o si sia verificata un’incompatibilità e il parlamentare abbai optato per

un’altra carica, incompatibile con il mandato parlamentare;

o durante la campagna elettorale il candidato eletto abbia superato il limite

massimo di spesa consentito per un ammontare pari o superiore al doppio;

annullamento dell’elezione;

morte64.

4.11. Le leggi.

4.11.1. Nozione di legge.

Per “l e g g e ”, in via generale, si intende un atto dello Stato che fissa regole generali ed

astratte che vincolano tutti i cittadini.

Il termine legge ricorre sia nei testi legislativi che nella stessa Costituzione:

come sinonimo di diritto (per indicare qualunque fonte normativa e qualunque

norma giuridica positiva);

per indicare talune fonti specifiche del diritto, tra cui la legge posta in essere dal

Parlamento.

4.11.2. Leggi formali, materiali e meramente formali.

4.11.2.1. Legge in senso formale.

Si definiscono l e g g i i n s e n s o s t r e t t o o f o r m a l i tutti gli atti deliberati dalle

due Camere o, comunque, da un organo cui è attribuita dalla costituzione la funzione

legislativa (Consigli regionali e Consigli provinciali di Trento e Bolzano) secondo il

procedimento disciplinato dagli artt. 70 e ss. Cost., dai regolamenti parlamentari, dagli statuti

regionali e dai regolamenti dei Consigli regionali e provinciali.

In altri termini sono leggi in sento stretto: I) le leggi ordinarie emanata dal Parlamento; II)

le leggi revisione della costituzione; III) le leggi costituzionali; IV) le leggi regionali emanate

64

Se nel corso della legislatura il deputato o il senatore eletto in un collegio uninominale muore o si dimette, di

dovrà procedere ad una nuova elezione nel collegio di appartenenza: si tratta delle c.d. e l e z i o n i

s u p p l e t i v e , che spesso rappresentano un importante indicatore del consenso di cui gode l’Esecutivo.

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Diritto costituzionale Il Parlamento

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dai Consigli regionali; V) le leggi provinciali emanate dai Consigli provinciali di Trento e

Bolzano.

4.11.2.1.1. Legge ordinaria.

La l e g g e o r d i n a r i a è la legge deliberata dal Parlamento secondo il procedimento

disciplinato, nelle sue linee essenziali, dagli artt. 70 ss. Cost. e, più ampiamente, dai

regolamenti parlamentari.

L’appartenenza al tipo “legge ordinaria” comporta l’assoggettamento a un r e g i m e

g i u r i d i c o p e c u l i a r e , sinteticamente riassunto dall’espressione “forza o valore di

legge”.

In particolare la legge ordinaria:

è idonea a modificare o abrogare, nell’ambito della sua competenza, qualsivoglia

disposizione vigente, fatta eccezione per quelle di rango costituzionale;

è in grado di resistere all’abrogazione e alla modificazione da parte di fonti ad essa

subordinate;

può essere soggetta al controllo di conformità alla Costituzione e alle altre

disposizioni di rango costituzionale soltanto da parte della Corte Costituzionale;

può essere sottoposta a referendum abrogativo ex articolo 75 Cost.

4.11.2.2. Legge in senso materiale.

Per l e g g e i n s e n s o m a t e r i a l e si intendono tutti gli atti a contenuto normativo,

indipendentemente dagli organi che li pongono in essere e quale che sia il procedimento della

loro formazione (gli atti aventi forza di legge del Governo rientrano in questa categoria).

4.11.2.3. Leggi meramente formali.

La dottrina ha delineato anche la figura delle l e g g i m e r a m e n t e f o r m a l i che, pur

avendo aspetto formale di legge, non hanno contenuto normativo, non sono in grado, cioè, di

innovare il diritto oggettivo65.

4.11.2.3.1. Leggi di indirizzo e di controllo

Tra la categoria delle leggi meramente formali, rientrano le l e g g i d i i n d i r i z z o e

d i c o n t r o l l o , mediante le quali il Parlamento esercita poteri di controllo e d’indirizzo

politico.

Queste leggi sono tali solo formalmente, in quanto non contengono norme giuridiche (non

sono fonte di diritto in senso tecnico) ma si limitano ad approvare atti gi à compiuti dagli

organi competenti (leggi di approvazione) oppure a costituire il presupposto di efficacia e

validità di atti non ancora compiuti da tali organi (legge di autorizzazione).

In queste leggi la funzione di indirizzo si intreccia strettamente con quella di controllo,

esercitandosi su attività che rientrano nella competenza di altri organi, soprattutto

dell’Esecutivo.

Sono leggi di indirizzo e di controllo: I) le legge di approvazione del bilancio66; II) la legge

di stabilità67; III) le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali68; IV) la legge

di amnistia e indulto69; V) la legge di deliberazione dello Stato di guerra70.

65

Per diritto oggettivo, o norma agendi, si intende il complesso di norme giuridiche che prescrivono ai soggetti

un dato comportamento, che può essere positivo (obbligo) o negativo (divieto).

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Diritto costituzionale Il Parlamento

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66

L e g g e d i a p p r o v a z i o n e d i b i l a n c i o : è la legge con la quale il Parlamento assume le

principali decisioni di finanza pubblica, autorizzando il Governo all’effettuazione delle spese ed all’acquisizione

delle entrate. 67

La l e g g e d i s t a b i l i t à , insieme alla legge di bilancio, costituisce la manovra di finanza pubblica per il

triennio di riferimento e rappresenta lo strumento principale di attuazione degli obiettivi programmatici definiti

con la Decisione di finanza pubblica. Essa sostituisce la legge finanziaria e rispetto a quest'ultima prevede novità

sia in ordine ai tempi di presentazione sia in merito ai contenuti. Il disegno di legge di stabilità viene presentato

in Parlamento entro il 15 ottobre (in passato era il 30 settembre), un mese dopo la data di presentazione della

Decisione di finanza pubblica. La modifica dei termini di presentazione dei due documenti tende ad avvicinare il

momento della programmazione a quello di definizione della manovra di finanza pubblica. Ciò consente di

disporre di un quadro macroeconomico e di bilancio più stabile, ma richiede anche che i contenuti della manovra

siano maggiormente dettagliati nel corso della definizione del documento di programmazione. Risulta, infatti,

più breve lo spazio che intercorre tra la data di approvazione della DFP e quella di presentazione della legge di

stabilità, con una compressione del lasso temporale entro il quale definire puntualmente le misure che dovranno

far parte della manovra di fine anno. La legge di stabilità presenta poi un contenuto più snello rispetto a quello

della precedente legge finanziaria. Restano escluse dal suo contenuto le norme a carattere ordinamentale o

organizzatorio, anche qualora esse si caratterizzino per un rilevante miglioramento dei saldi; le norme di delega

nonché quelle relative ad interventi di natura localistica o micro settoriale. Gli interventi di sostegno e sviluppo

dell'economia dovranno trovare collocazione in appositi disegni di legge collegati, e pertanto al di fuori della

legge di stabilità. Per quanto riguarda la struttura complessiva della legge, si conferma la sua suddivisione in

articolato e tabelle. Nella prima sezione, essa riporta: il livello massimo del saldo netto da finanziarie e del

ricorso al mercato; la variazione delle aliquote delle imposte; l'importo dei fondi speciali; l'importo complessivo

destinato al rinnovo dei contratti pubblici; le norme eventuali necessarie all'attuazione del Patto di stabilità

interno e alla realizzazione del Patto di convergenza; le misure correttive delle leggi che comportano oneri

superiori a quelli previsti; altre regolazioni meramente quantitative. Le tabelle allegate alla legge di stabilità

vengono ridefinite rispetto alla normativa previgente. In particolare, mentre le Tabelle A e B (che riportano gli

importi dei fondi speciali per la copertura di nuovi provvedimenti legislativi, rispettivamente di parte corrente e

in conto capitale) restano invariate, viene ridefinito, invece, il contenuto della Tabella C escludendo da essa le

spese destinate al funzionamento degli enti pubblici (che presentano natura obbligatoria), e che d'ora in poi

saranno determinate dalla legge di bilancio. La Tabella D, invece, assorbe le "vecchie" tabelle D, E ed F relative

alle spese in conto capitale. Essa riporta gli importi destinati al finanziamento delle leggi che dispongono spese a

carattere pluriennale in conto capitale, con evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle

rimodulazioni. Si modifica, infine, anche la Tabella E che, a differenza di quanto avveniva in passato, riporta ora

le riduzioni delle autorizzazioni legislative relative alla sola spesa corrente. Viene formalizzata la

predisposizione in allegato al disegno di legge di stabilità di un prospetto riepilogativo degli effetti triennali sui

saldi di finanza pubblica (saldo netto da finanziare, fabbisogno e indebitamento netto) derivanti dall'attuazione di

ciascuna disposizione contenuta nella medesima legge. E' previsto inoltre che lo stesso prospetto venga

aggiornato nel passaggio da un ramo all'altro del Parlamento in relazione alle modifiche approvate al disegno di

legge durante la discussione parlamentare. Al fine di rendere più immediato e trasparente il raccordo tra gli

effetti della legge di stabilità sul bilancio dello Stato e sul conto economico delle amministrazioni pubbliche, è

prevista, a corredo del disegno di legge di stabilità, la predisposizione di una apposita nota tecnica illustrativa.

Tale nota espone i contenuti della manovra, gli effetti sui saldi di finanza pubblica articolati nei vari settori di

intervento e i criteri utilizzati per la quantificazione degli stessi, assorbendo parte del contenuto della soppressa

Relazione Previsionale e Programmatica. Essa contiene, altresì, le previsioni del conto economico delle

amministrazioni pubbliche e del relativo conto di cassa, integrate con gli effetti della manovra per il triennio di

riferimento. La legge di stabilità, per la parte relativa alle spese sarà, di norma, articolata per missione e

indicherà il programma cui le disposizioni si riferiscono. Ciò faciliterà l'individuazione degli effetti delle norme

sulle diverse missioni che compongono il bilancio rendendo più immediata la percezione della variazione delle

risorse disposta con la legge di stabilità rispetto al valore complessivo della spesa riferita ad una certa missione o

ad un programma. 68

L e g g i d i a u t o r i z z a z i o n e a r a t i f i c a r e t r a t t a t i i n t e r n a z i o n a l i : con esse le

Camere autorizzano la ratifica dei trattati di natura politica o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari o

importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. 69

L e g g i d i a m n i s t i a e d i i n d u l t o : sono i provvedimenti mediante i quali il Parlamento concede

clemenza ai colpevoli di un reato, estinguendo il reato (amnistia) o condonando in tutto in parte la pena (indulto).

L’art. 79 Cost. richieda una maggioranza molto elevata (i due terzi di ciascuna Camera) per l’approvazione della

legge di amnistia e indulto. Si ricordi che amnistia e indulto non possono applicarsi ai reati commessi

successivamente alla presentazione del disegno di legge. 70

Lo s t a t o d i g u e r r a è una dichiarazione complessa e delicata di indirizzo politico alla quale concorrono

tre organi costituzionali distinti, ciascuno titolare di competenze autonome: I) il Parlamento, che con atto

bicamerale in tempi rapidi delibera lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari (art. 78 1° co.

Cost.); II) il Presidente della Repubblica, che in veste di rappresentante della nazione è l’unico titolare del potere

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

61

4.11.3. Riserve di legge

4.11.3.1. Nozione.

Si ha una r i s e r v a d i l e g g e quando una norma costituzionale riserva, appunto alla

legge ordinaria e agli atti aventi forza di legge71, la disciplina di una determinata materia,

escludendo pertanto (o ammettendo solo in parte) che essa possa essere oggetto del potere

regolamentare del Governo.

4.11.3.2. Assoluta e relativa.

4.11.3.2.1. Assoluta.

Si ha r i s e r v a d i l e g g e a s s o l u t a quando una determinata materia deve essere

interamente regolata dalla legge o da atti aventi forza di legge.

Nelle materie riservate in via assoluta alla legge ordinaria o agli aventi forza di legge72,

resta pertanto escluso l’esercizio del potere regolamentare del Governo, a meno che si tratti di

regolamenti di stretta esecuzione, dati i ristretti limiti entro i quali questi possono essere

emanati.

Si ricordi che nel caso in cui una materia ricoperta da riserva assoluta, sia oggetto di un

progetto di legge, questo potrà essere discusso in commissione solo in sede referente.

4.11.3.2.2. Relativa.

Si ha r i s e r v a d i l e g g e r e l a t i v a quando si richiede soltanto che la legge detti la

disciplina di principio, sugli aspetti essenziali della materia, in modo da contenere la

successiva disciplina posta dall’autorità amministrativa nei limiti dei principi enunciati dalla

legge stessa.

Tale tipo di riserva ammette dunque l’intervento del potere normativo del Governo

attraverso i regolamenti autorizzati, di organizzazione, ed i c.d. regolamenti di attuazione,

dato che l’interesse tutelato appare soddisfatto con la determinazione legislativa “di

principio”.

4.11.3.3. Rinforzata e semplice.

Sia la riserva assoluta che quella relativa possono poi essere r a f f o r z a t e quando la

Costituzione non si limita a rinviare puramente e semplicemente alla legge (nel qual caso si

parla di riserva s e m p l i c e ), ma disciplina essa stessa parte della materia ponendo, in tal

modo, altrettanti limiti alla discrezionalità del legislatore73.

4.11.3.4. Costituzionale.

Si ha r i s e r v a d i l e g g e c o s t i t u z i o n a l e quando la costituzione espressamente

dispone che determinate materie debbano essere regolate con legge costituzionale.

di dichiarare lo stato di guerra (art. 87 9° co. Cost.); III) il Governo, che è destinatario (attraverso il Consiglio

supremo di difesa), ex art. 78 Cost., di poteri extra ordinem necessari per far fronte a tale situazione. Lo stato di

guerra è disposto con un atto di legge formale che non ha forza di legge (innovativa) bensì funge da presupposto

per l’entrata in vigore della legislazione eccezionale prevista per il tempo di guerra. 71

Va precisato cha a volte la riserva fa riferimenti esplicitamente alla sola legge ordinaria del Parlamento:

r i s e r v a d i l e g g e f o r m a l e (es. artt, 77 e 78 Cost.). 72

Sono casi di riserva di legge solo quelli previsti dagli artt. 13, 14, 15, 25, 41, 44 e 95 Cost. È chiaro quindi che

la riserva assoluta di legge si applica prevalentemente nel capo penale e di quello dei diritti e delle libertà

fondamentali dei cittadini. 73

Un tipico esempio di riserva rafforzata, è quella contenuta nell’art. 97, a norma del quale la legge deve

disciplinare l’organizzazione dei pubblici uffici in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità

dell’amministrazione.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

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Sono riservati a legge costituzionale: I) il conferimento dell’iniziativa legislativa per le

leggi ordinarie della Stato; II) l’adozione degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale;

III) la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni; IV) le forme, le condizioni

e i termini dei giudizi di legittimità costituzionale, nonché le garanzie d’indipendenza dei

giudici della Corte Costituzionale.

4.11.3.5. Esplicita e implicita.

Infine la riserva di legge può essere e s p l i c i t a o i m p l i c i t a 74, a seconda se si ricavi

espressamente dalla Costituzione.

4.12. Il procedimento legislativo per leggi ordinarie.

Ogni procedimento diretto all’emanazione di un atto legislativo viene di regola distinto

nelle seguenti fasi essenziali:

fase di iniziativa;

fase deliberativa o costitutiva;

fase integrativa dell’efficacia.

4.12.1. La fase di iniziativa.

L’i n i z i a t i v a l e g i s l a t i v a si esercita con la presentazione di un p r o g e t t o d i

l e g g e ad una delle Camere indistintamente. A seguito della presentazione ogni Camera è

tenuta a deliberare sul progetto di legge.

4.12.1.1. Titolari del potere di iniziativa legislativa.

Titolari del potere di iniziativa legislativa (art. 71 Cost.) sono:

4.12.1.1.1. Il Governo.

L’iniziativa governativa è la più importante, perché il Governo è l’organo che meglio di

tutti può valutare l’opportunità di porre in essere nuovi provvedimenti legislativi e perché ha

un rapporto fiduciario col Parlamento75.

Essa si esercita mediante la presentazione di d i s e g n i d i l e g g e 76 (redatti in articoli),

deliberati dal Consiglio dei Ministri e autorizzati dal Presidente della Repubblica (con decreto

controfirmato).

4.12.1.1.2. I singoli parlamentari.

Ciascun membro del Parlamento, da solo o unitamente a altri parlamentari (o ciascun

gruppo parlamentare), può presentare una p r o p o s t a d i l e g g e 77 alla Camera cui

appartiene.

74

Una riserva di legge implicita è contenuta nell’art. .72, IV Cost., Cost. il quale, esclude che possa essere

adottato un procedimento di formazione diverso da quello ordinario, per i disegni di legge in materia

costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare i tratta

internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. 75

Non a caso, è la stessa Costituzione a riservare al Governo l’iniziativa di alcune leggi, come quelle di

approvazione dei bilanci e del rendiconto consuntivo (art. 81 Cost.). alcuni autori vi includono anche le leggi di

autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di conversione dei decreti–legge, in considerazione

del fatto che è il Governo a condurre trattative internazionali a ed emanare i decreti–legge. 76

Si differenziano dalle proposte e dai progetti di legge in quanto, rispetto a questi sono più completi,

contenendo gli elementi e le informazioni necessarie. Essi, inoltre, sono in grado di indicare la copertura delle

eventuali nuove spese e rispondono in pieno all’indirizzo politico di maggioranza. Per tali ragioni sono i più

autorevoli fra tutti i progetti di legge.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

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4.12.1.1.3. Il CNEL.

In forza dell’art. 99 Cost. il C.N.E.L. può proporre al Parlamento p r o p o s t e d i l e g g e

redatte in articoli ed adottati a maggioranza dei suoi membri.

La prima legge che disciplinava l’organizzazione del CNEL (L. 33/57, successivamente

abrogata) limitava il potere di iniziativa alla sola materia dell’economia e del lavoro; tale

vincolo non è stato riproposto nella nuova legge (la n. 936 del 1986), per cui l’iniziativa

legislativa del CNEL non incontra attualmente alcuna limitazione.

4.12.1.1.4. Il corpo elettorale.

La Costituzione repubblicana ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano

l’istituto dell’i n i z i a t i v a l e g i s l a t i v a p o p o l a r e (art. 71 2° co.).

Il popolo esercita l’iniziativa legislativa mediante presentazione di una p r o p o s t a d i

l e g g e 78 (redatta in articoli ed accompagnata da una relazione sulle finalità complessive delle

singole norme), proveniente (cioè sottoscritto) da almeno 50.000 elettori (iscritti nelle liste per

l’elezione alla Camera dei deputati), le cui firme devono essere autenticate ed accompagnate

da certificati elettorali.

4.12.1.1.5. I Consigli regionali.

L’art. 121. 2° co. Cost. attribuisce ai Consigli regionali la facoltà di “fare proposte di legge

alle Camere”. Si tratta di una competenza che non trova nel testo costituzionale nessuna

limitazione riguardo alle materie che possono essere oggetto di iniziativa legislativa regionale

(tranne ovviamente quelle che sono oggetto di una iniziativa riservata del governo).

4.12.1.1.6. I Consigli comunali

Il potere di iniziativa dei Consigli comunali, è limitato alle proposte di legge per il

mutamento delle circoscrizione provinciale e l’istituzione di nuove Province (art. 133 Cost.)79.

4.12.1.2. Iniziativa vincolata o riservata.

Di regola i soggetti appena indicati sono liberi di esercitare o meno il potere di iniziativa in

qualsiasi materia, tuttavia a volte l’iniziativa può essere vincolata o riservata.

Si parla di “i n i z i a t i v a v i n c o l a t a ” quando la presentazione di una proposta di legge

alle Camere non ha carattere facoltativo ma si pone come attuazione di un obbligo (disegno di

legge del bilancio).

Si parla invece di “i n i z i a t i v a r i s e r v a t a ” quando l’iniziativa legislativa in relazione

ad un determinata materia è riservata ad un determinato organo (così ad esempio, l’iniziativa

legislativa in materia di rapporti fra lo Stato e le confessioni acattoliche, è riservata, al

Governo che è l’unico organo in grado di avviare e concludere le “intese” con le

rappresentanze di queste confessioni, intese che costituiscono la “base” della legge

regolatrice).

77

P r o p o s t e d i l e g g e : secondo la terminologia in uso nel Parlamento, indica i progetti di legge presentati

dai singoli deputati, dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, dalle Regioni e attraverso l’iniziativa

popolare. Con il termine disegni di legge vengono, invece, indicati i progetti di legge presentati dal Governo. 78

Tale progetto si differenzia dalla semplice p e t i z i o n e , con cui i cittadini portano a conoscenza delle

Camere situazioni ed esigenze particolari, affinché i loro membri si attivino per promuovere iniziative legislative

conformi a tali esigenze. 79

Si aggiunga infine che lo stesso art. 71 cost. contiene la previsione di un ulteriore allargamento dei soggetti a

cui l’iniziativa può appartenere: una legge costituzionale, infatti, può conferirla anche ad altri organi ed enti.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

64

4.12.1.3. Potere di ritirare il progetto e sorte dei progetti al termine della legislatura.

I soggetti che godono dell’iniziativa hanno anche il p o t e r e d i r i t i r a r e i l

p r o g e t t o : il ritiro deve avvenire però prima che il progetto sia stato approvato dal almeno

una delle due Camere. In caso di ritiro, ciascun membro del Parlamento può sempre far

proprio il progetto ritirato e ripresentarlo: in tal caso però si deve iniziare un nuova procedura.

Al t e r m i n e d e l l a l e g i s l a t u r a tutti i p r o g e t t i d i l e g g e a n c o r a

p e n d e n t i presso le Camere (qualunque sia lo stadio raggiunto dall’iter legislativo)

decadono automaticamente (tranne quelli di iniziativa popolare, che sopravvivono per due

legislature). Essi qualora risultino già approvati da almeno una Camera e vengono ripresentati

entro i primi sei mesi della nuova legislatura, beneficiano, di un procedimento accelerato.

4.12.2. La fase costitutiva.

Una volta che è stata presentato una proposta o un disegno di legge, è necessario che lo

stesso venga esaminato, eventualmente modificato e approvato da entrambe le Camere.

Va fin’ora chiarito che l e C a m e r e d e v o n o a p p r o v a r e i l p r o g e t t o d i

l e g g e n e l m e d e s i m o t e s t o 80; ne deriva che, se una Camera apporta al progetto già

approvato dall’altra degli emendamenti, il progetto stesso dovrà ritornare alla Camera che lo

ha approvato per prima affinché anche questa approvi a sua volta i nuovi emendamenti.

E poiché possono essere proposti emendamenti agli emendamenti, il progetto passerà da

una Assemblea all’altra (la c.d. n a v e t t a ) sino a quanto sarà raggiunto l’accordo sullo stesso

testo.

Esistono diversi tipi di sistema di approvazione–formazione: I) ordinario; II) decentrato (o

per commissioni); III) misto.

Bisogna subito ribadire c h e i l p r o c e d i m e n t o d i a p p r o v a z i o n e a d o t t a t o

d a u n a C a m e r a n o n v i n c o l a a n c h e l ’ a l t r a , cosicché, ad esempio, una

Camera può approvare un progetto di legge secondo il procedimento ordinario e l’altra

secondo il procedimento decentrato.

4.12.2.1. Procedimento ordinario (per commissione in sede referente).

4.12.2.1.1. Deliberazione preliminare o preparatoria.

Quando si adotta il p r o c e d i m e n t o o r d i n a r i o 81, secondo quando disposto all’art.

72 1° co. Cost.82, il progetto di legge viene preliminarmente esaminato e discusso da una

commissione legislativa competente nella materia alla quale il progetto si riferisce e che, in

questo caso, svolge il suo lavoro in s e d e r e f e r e n t e .

80

In questo senso si dice la legge ordinaria è una a t t o c o m p l e s s o u g u a l e : è “complesso” in quanto

risulta dalla funzione della volontà della Camera e del Senato: è “uguale” in quanto la volontà di entrambe le

camere hanno lo stesso valore giuridico. 81

Tale procedimento è sempre obbligatorio (c.d. r i s e r v a d i a s s e m b l e a ) (art. 72 4 co. Cost.) per i

progetti di legge: I) in materia costituzionale ed elettorale (in questo caso di parla di c o m m i s s i o n i

f i l t r o ); II) di delegazione legislativa; III) di autorizzazione alla ratifica di tratta internazionali; IV) di

approvazione di bilanci e consuntivi. A queste vanno aggiunte le altre ipotesi disciplinate dai regolamenti della

Camera e del Senato. Esso sono: I) i disegni di legge di conversione dei decreti legge; II) la legge comunitaria;

III) le leggi rinviate al Presidente della Repubblica per un riesame del Parlamento. È f a c o l t a t i v o per tutti

gli altri progetti di legge. 82

L’art. 72 1° co. Cost. afferma che: “Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del

suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo

con votazione finale”.

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Diritto costituzionale Il Parlamento

65

Il procedimento ordinario vede la Commissione svolgere una funzione istruttoria, che si

articola nell’esame della proposta di legge, nella sua elaborazione (proposizione di articoli

aggiuntivi e di modifiche a quelli esistenti; scelta del testo migliore in caso di abbinamento di

progetti che abbiano lo stesso oggetto) e nell’approvazione del testo da sottoporre

all’Assemblea (accompagnato da una relazione83 nella quale sono esposti i risultati dell’esame

e gli orientamenti favorevoli o contrari all’approvazione definitiva).

4.12.2.1.2. Discussione in aula.

Successiva in Assemblea, si procede alla discussione in aula. Il progetto di legge è

esaminato attraverso l’intervento dei relatori per la maggioranza e di quelli di minoranza, del

Governo e di un deputato per ogni gruppo parlamentare.

4.12.2.1.3. Esame e approvazione di ogni singolo articolo

In seguito alla discussione in aula, si procede all’esame e all’approvazione di ogni singolo

articolo: in questa fase, i parlamentari possono (anche singolarmente) proporre emendamenti,

ossia modifiche parziali con carattere aggiuntivo, soppressivo, sostitutivo o modificativo del

progetto di legge in discussione. Gli eventuali emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati

sono votati separatamente

4.12.2.1.4. Votazione finale.

Approvati i singoli articoli (e i relativi emendamenti), si passa alla votazione finale,

necessaria per accertare che sul testo modificato (ed eventualmente stravolto) sussista la

maggioranza dell’Assemblea: essa esprime la volontà globale della Camera, che si aggiunge

alla volontà particolare espressa su ogni articolo.

4.12.2.1.5. Procedimento abbreviato.

Si aggiunga infine che il procedimento ordinario, può assumere anche le vesta di

procedimento abbreviato, nell’ipotesi in cui i tempi sono ridotti della metà84.

L’art. 72 2° co. Cost. dispone che i regolamenti camerali possono stabilire

p r o c e d i m e n t i a b b r e v i a t i per i progetti di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

La dichiarazione d’urgenza che può essere proposta dal Governo, dai parlamentari o anche

dal Presidente della Commissione competente per l’esame.

4.12.2.2. Procedimento decentrato o deliberante (per commissione deliberante).

La peculiarità di questo p r o c e d i m e n t o consiste nel fatto che le commissioni

legislative non si limitano (come nel procedimento ordinario) ad esaminare il progetto di

legge ma lo approvano anche.

Per questo esso è definito d e c e n t r a t o , perché, appunto, non si svolge innanzi all’intera

Assemblea (in “aula” come si dice in gergo) bensì in sede decentrata, vale a dire innanzi alla

commissione legislativa competente per materia. In questo caso, la commissione svolge i suoi

lavori in s e d e d e l i b e r a n t e 85.

83

La relazione – che non è altro che un parere della commissione sul progetto di legge – è obbligatoria per la

commissione (che deve presentarla) ma non vincolante per l’assemblea, che può o meno tenerne conto, a sua

discrezione. 84

Tale procedura è sempre utilizzata, de esempio per la conversione dei decreti–legge 85

Un procedimento che affida a commissioni ristrette l’approvazione dei progetti di legge vale a sveltire l’iter

legislativo. La maggior parte delle leggi approvate in tale sede sono settoriali o singolari, e non d’interesse

generale, per il fatto che tali leggi hanno maggiore probabilità di essere approvate in commissione, dove per il

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

66

La commissione procede pertanto:

all’esame preliminare del progetto;

alla sua discussione, che non avviene, quindi, in assemblea;

alla votazione dei singoli articoli;

alla votazione finale e quindi all’approvazione della legge.

4.12.2.2.1. L’assegnazione del progetto alla commissione in sede deliberante.

L’assegnazione del progetto alla commissione in sede deliberante è proposta alla Camera

dal suo Presidente e deve essere approvata dall’Assemblea; mentre al Senato è decisa dal suo

Presidente, che ne da comunicazione all’Assemblea86.

4.12.2.2.2. La rimessione del progetto all’assemblea ordinaria.

Per evitare abusi è, fra l’altro, riconosciuto al Governo, ad un decimo dei componenti di

ciascuna Camera o ad un quinto dei componenti la commissione il p o t e r e d i c h i e d e r e

c h e i l p r o g e t t o s i a r i m e s s o a l l ’ a s s e m b l e a p l e n a r i a , per la sola

votazione finale, o anche per la votazione e discussione di singoli articoli.

Tale potere può essere esercitato finché non sia intervenuta l’approvazione definitiva da

parte della commissione.

4.12.2.3. Il procedimento misto (o redigente).

Il p r o c e d i m e n t o m i s t o non è previsto dalla Costituzione, ma è stato

successivamente introdotto dai regolamenti parlamentari e rappresenta un procedimento

intermedio fra quello ordinario e quello decentrato, in quanto comporta una suddivisione del

lavoro legislativo tra la commissione competente per materia e l’Assemblea.

In tale procedimento la Commissione opera in sede redigente, nel senso che provvede alla

stesura del testo e alla discussione e votazione dello stesso e delle eventuali proposte di

emendamento; all’Assemblea spetta l’approvazione, senza dichiarazioni di voto, dei singoli

articoli e l’approvazione finale con sole dichiarazioni di voto (alla Camera dei deputati) o solo

quest’ultima votazione conclusiva (al Senato).

4.12.3. La fase di integrazione dell’efficacia.

La legge, una volta approvata dalle Camere, è perfetta, ma non ancora efficace. Per

divenire efficace (e quindi obbligatoria per i suo destinatari), deve superare la f a s e d i

i n t e g r a z i o n e d e l l ’ e f f i c a c i a .

Tale fase, si compone di differenti atti, diretti a controllare la legittimità della legge e il

rispetto delle norme di procedura, nonché a renderla pubblica, comunicandone il testo nelle

forme previste, a coloro che sono tenuti ad osservarla (destinatari).

4.12.3.1. La promulgazione.

La legge approvata da ambedue le Camere (che è perfetta ma non ancora efficace) viene

trasmessa, a cura del Presidente della Camera che l’ha approvata per ultima, al Presidente

della Repubblica per la promulgazione.

ridotto numero dei componenti è più facile raggiungere un compromesso tra maggioranza ed opposizione, che in

assemblea. 86

In ogni caso il procedimento deliberante non è ammesso per le leggi previste dall’art. 72 4° co., per le quali è

sempre richiesto il procedimento ordinario (riserva d’assemblea).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

67

Per p r o m u l g a z i o n e si intende l’atto conclusivo del procedimento legislativo con il

quale il Presidente della Repubblica attesta formalmente la conforme approvazione della

legge nello stesso testo da parte delle due Camere, esprime la sua volontà di promulgarla e ne

dispone l’inserimento nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti.

4.12.3.1.1. Controllo di legittimità costituzionale e formale.

Il Presidente della Repubblica tuttavia, prima di effettuare la promulgazione effettua un

c o n t r o l l o d i l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e f o r m a l e e s o s t a n z i a l e 87 (ex

art. 74 Cost.) sulle leggi approvate dal Parlamento.

Se il Presidente rileva un vizio dell’atto approvato dal Parlamento più rinviarlo alle

Camere per un riesame, motivando tale rinvio con un messaggio (c.d. m e s s a g g i o

m o t i v a t o ) e chiedendo una nuova deliberazione delle stesse.

A questo punto se le Camere riapprovino senza modifiche la legge, il Capo dello Stato non

può far altro che promulgarla.

Ciò non esclude che, laddove l’atto manchi dei requisiti minimi per essere qualificato

legge oppure sia tale da comportare un vero e proprio attentato alla Costituzione o integri gli

estremi dell’alto tradimento, reati per i quali sussiste la responsabilità penale del Presidente

della Repubblica, quest’ultimo possa di nuovo rifiutarsi di promulgarla. In questo caso potrà

sorgere un conflitto di attribuzione fra Parlamento e Presidente, risolvibile dalla Corte

Costituzionale.

Se, invece, le Camere approvano emendamenti diversi da quelli suggeriti dal Presidente

nel messaggio, egli potrà di nuovo rinviare la legge alle Camere, almeno limitatamente alle

modifiche apportate.

4.12.3.1.2. Termine

Il Presidente della Repubblica è tenuto a promulgare la legge e n t r o u n m e s e

d a l l ’ a p p r o v a z i o n e d e l l e d u e C a m e r e . Tuttavia se le Camere, ciascuna a

maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata

in un termine più breve da esse stabilito.

4.12.3.2. La pubblicazione.

Con l’atto di promulgazione, che è atto di controllo, la legge diviene esecutoria. Diviene

invece obbligatoria per tutti i cittadini solo con la successiva pubblicazione, la quale deve

essere effettuata entro trenta giorni dalla promulgazione.

La p u b b l i c a z i o n e della legge avviene ad opera, e sotto la responsabilità, del Ministro

della giustizia (guardasigilli) e consiste, tecnicamente, nella inserzione del testo nella Raccolta

ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e nella pubblicazione dello stesso nella

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana; queste operazioni sono precedute

dall’apposizione da parte del ministro, del “v i s t o ” (con il quale egli attesta la regolarità

formale del documento) e del “g r a n s i g i l l o d e l l o S t a t o ” (che vale come

autenticazione).

87

Il c o n t r o l l o f o r m a l e riguarda la correttezza della procedura adottata per la formazione della legge,

mentre il c o n t r o l l o s o s t a n z i a l e deve verificare che non via sia un contrasto con il dettato della

Costituzione.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

68

L’inserzione nella Raccolta è disposta in funzione della certezza del diritto (giacché il testo

che entra in vigore è quello in esso inserito), mentre la pubblicazione nella Gazzetta vale solo

ai fini della conoscenza e realizza, dunque, una forma di pubblicità–notizia88.

4.12.3.3. Entrata in vigore.

Una volta pubblicata, la legge entra in vigore dopo il periodo della v a c a t i o l e g i s (al

fine di permetterne la conoscenza almeno in via preventiva da parte di coloro cui essa è

indirizzata), che normalmente è di 1 5 g i o r n i dalla sua pubblicazione; nella stessa legge,

però, possono essere stabiliti termini più brevi o più lunghi.

Dal momento dell’entrata in vigore, la legge si presume conosciuta da tutti i destinatari, e

non è possibile invocare l’ignoranza di essa per giustificarne l’inosservanza (ignorantia legis

non excusat)89.

4.13. Il procedimento legislativo per le leggi costituzionali e di modifica della

Costituzione.

4.13.1. Generalità.

La Costituzione italiana è una costituzione r i g i d a : per la modifica delle disposizioni in

essa contenute è necessario un procedimento speciale, detto p r o c e d i m e n t o d i

r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e .

Tale procedimento non è affidato ad un organo ad hoc, bensì allo stesso Parlamento nelle

forme e nei modo previsti dall’art. 138 Cost. (c.d. p r o c e d u r a a g g r a v a t a ).

4.13.2. Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale.

L’art. 138 della Costituzione disciplina il procedimento di formazione di un peculiare tipo

di leggi, denominate appunto leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali90.

4.13.2.1. Legge di revisione costituzionale.

La l e g g e d i r e v i s i o n e d e l l a C o s t i t u z i o n e è l’atto normativo con il quale il

Parlamento nazionale può modificare il testo della Costituzione, abrogare determinate norme

o declassarle ad un livello inferiore a quello costituzionale.

4.13.2.2. Legge costituzionale

In via generale potremmo dire che per “l e g g e c o s t i t u z i o n a l e ” , si intende l ’ atto

normativo con il quale il Parlamento nazionale i n t e g r a il contenuto della Costituzione.

In particolare sono legge costituzionali

1. tutte le leggi che sono espressamente definite come tali dalla Costituzione (ad

esempio negli articoli 11691, 132 1° co.92 e 137 1° co.93);

88

L a d a t a d e l l a l e g g e è q u e l l a d e l d e c r e t o d i p r o m u l g a z i o n e , i n n u m e r o

q u e l l a d e l l a s u a i n s e r z i o n e n e l l a R a c c o l t a u f f i c i a l e . 89

Il rigore di tale principio è stato notevolmente attenuato dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato

l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 cod. pen. nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza

della legge penale l’i g n o r a n z a i n e v i t a b i l e , dichiarando quindi la non punibilità di una mancata

conoscenza inevitabile di una legge penale. Pertanto se un soggetto dimostra di non aver potuto per cause esterne

alla sua volontà, prendere conoscenza di una legge, non può essere condannato per la sua violazione. 90

La differenza apparentemente netta, risulta, in realtà assai sfumata, solo se si considera che la stessa

Costituzione qualifica come costituzionali leggi che assolvono anche una funzione di revisione: le leggi che

dispongono la fusione o la creazione di nuove Regioni (qualificate come leggi costituzionali) ad esempio,

modificano anche l’art. 131 del testo costituzionale, che contiene l’elenco delle Regioni italiane. Del resto

entrambi i tipi di legge vengono approvate con lo stesso procedimento e sono ufficialmente denominate, nella

Raccolta degli atti normativi, col nome di leggi costituzionale qualunque sia il loro contenuto.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

69

2. ogni altra legge che il Parlamento voglia approvare col procedimento previsto

dall’art. 138.

4.13.3. La procedura di revisione.

L a p r o c e d u r a d i r e v i s i o n e , ha in comune con quella diretta alla formazione

delle legge ordinarie la fase dell’iniziativa, e, con alcune modifiche di formulazione, la fase

della promulgazione e della pubblicazione e ne differisce, invece, sostanzialmente per quanto

attiene alla fase della approvazione.

Nel procedimento di formazione delle leggi costituzionali può inoltre inserirsi la

manifestazione di volontà del corpo elettorale espressa mediante referendum.

4.13.3.1. Fase preparatoria o di iniziativa.

La f a s e d i i n i z i a t i v a è analoga a quella delle leggi ordinarie, tuttavia non è

ammessa l’iniziativa del CNEL.

4.13.3.2. Fase costitutiva.

In questa fase può essere adottato solo il procedimento ordinario, così come previsto

dall’art. 72 4° co., in altre termini l’approvazione dei singoli articoli nonché della legge nel

suo complesso deve sempre svolgersi in assemblea (c.d. r i s e r v a d i a s s e m b l e a ).

Per approvare le leggi di revisione costituzionale (e le altre leggi costituzionali) occorre

maggiore ponderazione sui loro contenuti per cui sono richieste, in ogni ramo del Parlamento,

d u e s u c c e s s i v e d e l i b e r a z i o n i a d i n t e r v a l l o n o n m i n o r e d i t r e

m e s i .

Va chiarito, che la doppia deliberazione, non avviene in maniera consecutiva – vale a dire

due volte in una Camera e due volte nell’altra – ma i n m a n i e r a a l t e r n a t i v a – vale a

dire una prima volta nell’una e nell’altra e successivamente, trascorsi tre mesi, una seconda

volta, sempre nell’una e nell’altra.

Si ricordi inoltre che, solo nella prima deliberazione, dove è ammessa la discussione e la

votazione dei singoli articoli, è possibile apporre degli emendamenti. Quindi il sistema della

navette ci sarà solo nella prima deliberazione. Si ricordi inoltre, che sia nella Camera e nel

Senato, la prima deliberazione è approvata a maggioranza relativa (maggioranza assoluta dei

votanti sui presenti).

Nella votazione della seconda deliberazione è richiesta la maggioranza assoluta dei

componenti la Camera. In questa votazione non è ammessa la discussione e la votazione dei

singoli articoli, ma solo la discussione delle linee generali e la votazione finale.

4.13.3.3. Fase di integrazione dell’efficacia.

A questo punto possono verificarsi due ipotesi:

91

Art. 116: “Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta

sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo Statuti speciali adottati con leggi

costituzionali” 92

Art. 132 1° co.: “Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni

esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta

tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia

approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse” 93

Art. 137 1° co.: “Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei

giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.”

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

70

se, nella seconda deliberazione, la legge è stata approvata da ambedue le Camere,

con una maggioranza non inferiore ai due terzi dei componenti (non dei presenti), il

Capo dello Stato provvede alla promulgazione e quindi la legge viene pubblicata

sulla Gazzetta Ufficiale e diventa legge dello Stato a tutti gli effetti;

se invece, sempre nella seconda deliberazione, la legge è stata approvata, anche se

da una sola Camera, con la maggioranza assoluta il procedimento prosegue.

In quest’ultimo caso, infatti, il progetto di legge costituzionale non si trasforma in legge.

Esso è soggetto a una sorta di p u b b l i c a z i o n e a n o m a l a (così definita perché la

pubblicazione precede la promulgazione e perché il progetto non è inserito nella Raccolta

ufficiale degli atti normativi) nella Gazzetta Ufficiale, al solo scopo di dare conoscenza del

suo contenuto.

Entro sei mesi dalla pubblicazione, un quinto dei componenti di una Camera, 500.000

elettori o 5 Consigli regionali possono chiedere che la legge sia sottoposta a r e f e r e n d u m

popolare (c.d. s o s p e n s i v o o c o s t i t u z i o n a l e 94).

Qualora entro i tre mesi non sia stata presentata alcuna richiesta di referendum o, se

richiesta sia stata dichiarata illegittima, il Presidente della Repubblica promulga la legge che

poi viene ripubblicata, per l’effettiva entrata in vigore.

Ove invece viene richiesto e si svolga il refrendum, la sorte della legge è affidata all’esito

della consultazione popolare: se favorevole95, il Presidente della Repubblica promulga la

legge che poi viene ripubblicata, se sfavorevole, invece, la legge non viene ad esistenza (e

dell’esito contrario del referendum viene data notizia sulla Gazzetta Ufficiale).

94

Questo tipo di referendum ha lo scopo di consentire una verifica della rispondenza della legge alla volontà del

Paese, quando la maggioranza parlamentare non si è dimostrata favorevole, nella misura prevista dalla

Costituzione, alla legge stessa. 95

Rispetto al referendum abrogativo non è necessario raggiungere il quorum della maggioranza degli aventi

diritto al voto. L’art. 138 Cost. prevede, infatti, che la legge di revisione costituzionale debba semplicemente

essere approvata (o bocciata) dalla maggioranza dei voti validamente espressi, a prescindere dal numero

complessivo dei votanti.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

71

PROCEDIMENTO LEGISLATIVO PER LE LEGGI

COSTITUZIONALI E DI MODIFICA DELLA COSTITUZIONE

Fase di iniziativa

(non è prevista l’iniziativa del CNEL)

Fase costitutiva

(solo procedimento ordinario)

Prima approvazione

(votazione dei singoli articoli e votazione finale;

sono ammessi emendamenti)

Camera Dep. Senato

Viene approvato il medesimo testo a maggioranza

assoluta dei votanti sui presenti (maggioranza relativa)

Intervallo di tre mesi

Seconda approvazione

(solo votazione finale, non sono ammessi emendamenti)

Camera Dep. Senato

Fase di integrazione dell’efficacia

La legge e stata approvata da ambedue

le Camere con una maggioranza non

inferiore a due terzi dei componenti

(non dei presenti)

La legge è stata approvata anche se da una sola

Camera, con la sola maggioranza assoluta dei

votanti sui presenti

Il progetto di legge viene pubblicato sulla Gazzetta

ufficiale, al solo scopo di dare conoscenza del suo

contenuto (pubblicazione anomala)

Promulgazione e

pubblicazione

Entro tre mesi dalla pubblicazione

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

72

Schema 1: Il procedimento legislativo per le leggi costituzionali e di modifica della costituzione.

4.13.4. Limiti assoluti alla revisione costituzionale.

Non tutte le disposizioni costituzionali possono essere modificate, esistono, infatti dei

l i m i t i a s s o l u t i a l l a r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e che possono essere espliciti o

impliciti.

4.13.4.1. Limiti espliciti.

I l i m i t i e s p l i c i t i sono quelli espressamente previsti dal testo costituzionale. L’unico

limite di questo tipo è posto dall’art. 139, secondo cui l a f o r m a r e p u b b l i c a n a 96 n o n

p u ò e s s e r e o g g e t t o d i r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e 97.

4.13.4.2. Limiti impliciti.

Per l i m i t i i m p l i c i t i si intendono quei limiti non espressamente previsti dal testo

costituzionale ma ricavabili dai principi generali stabiliti dalla Costituzione:

L’art. 139 va letto in connessione con l’art. 1, che definisce democratica la nostra

Repubblica. Non possono essere cancellati, quindi, tutti quegli istituti fondamentali di ogni

repubblica democratica e pluralista: l i b e r t à p e r s o n a l e , l i b e r t à d i m a n i f e s t a

d e l p e n s i e r o , d i r i t t o d i r i u n i o n e e d i a s s o c i a z i o n e , p a r t i t i

p o l i t i c i , d i r i t t o d i v o t o .

Non possono inoltre, essere violati i d i r i t t i i n v i o l a b i l i d e l l ’ u o m o 98 sanciti

nell’art. 2, i quali devono essere inseriti tra p r i n c i p i s u p r e m i d e l l ’ o r d i n a m e n t o

96

F o r m a r e p u b b l i c a n a : formula caratteristica di quegli ordinamenti statali in cui la carica pubblica

rappresentativa dell’unità nazionale, il Capo dello Stato, ha natura elettiva e temporanea e non, come avviene

nelle monarchie, ereditaria e vitalizia. 97

La scelta a favore della repubblica fu operata direttamente dal popolo mediante il referendum istituzionale del

2 giugno 1946, ovvero prima che l’Assemblea costituente si fosse insediata, per cui le stesse possibilità di scelta

dei costituenti ne furono vincolate. L’art. 139 Cost. esprime, quindi, un limite prodotto dal referendum

istituzionale. 98

D i r i t t i i n v i o l a b i l i d e l l ’ u o m o : esprimono le libertà e i valori fondamentali e irrinunciabili della

persona umana. Le pubbliche autorità possono solo limitarne temporaneamente l’esercizio (col rispetto di precise

garanzie), ma non sopprimerli, pena il sovvertimento dell’assetto costituzionale. Essi costituiscono sia una sfera

Non è stata presenta nessuna richiesta di

referendum o, se richiesta e stata

dichiarata illegittima

Uno quinto dei componenti di una Camera,

500.000 elettori o 5 Consigli regionali

chiedono che la legge sia sottoposta a

referendum sospensivo

Promulgazione

Ripubblicazione per l’effettiva

entrata in vigore della legge

La consultazione

popolare ha esito

favorevole

La consultazione

popolare ha esito

sfavorevole

La legge non viene

ad esistenza

Promulgazione

Ripubblicazione per l’effettiva

entrata in vigore della legge

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Parlamento

73

c o s t i t u z i o n a l e , vale a dire tra quei principi così fondamentali da condizionare l’intero

ordinamento.

Tale principi hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango

costituzionale; essi costituiscono il c.d. nucleo duro non soggetto a revisione costituzionale,

pena il venir meno dell’ordinamento stesso: una loro modifica equivale ad un mutamento (e

non ad una semplici revisione) di Costituzione.

intangibile della persona che un limite invalicabile per il legislatore. Sono, inoltre, inalienabili e non possono

essere oggetto di rinuncia o perdita per mancato esercizio.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Gli istituti di democrazia diretta

74

Capitolo 5° G l i i s t i t u t i d i d e m o c r a z i a d i r e t t a

5.1. La petizione.

La p e t i z i o n e l’atto con il quale i cittadini portano a conoscenza delle Camere istanze

ed esigenze particolari, comuni a una pluralità di individui, affinché il Parlamento stesso vi

provveda1.

La petizione, sia essa esercitata dal singolo o da una pluralità di individui, deve

rappresentare un interesse pubblico e, pertanto, non è ammissibile per rivendicare diritti

soggettivi o interessi legittimi che invece sono tutelati dall’autorità giudiziaria ordinaria o

amministrativa.

L’art. 50 afferma che: “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per

chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”.

A differenza dell’iniziativa legislativa popolare, il diritto di petizione può essere azionato

più facilmente perché:

a) non richiede particolari formalità, eccettuata l’autenticazione della firma del

proponente;

b) può essere esercitato anche da una singola persona, o da gruppi di più persone

comunque senza limiti di numero;

c) anche se rivolta ad ottenere provvedimenti legislativi, non prevede la formulazione di

un disegno di legge vero e proprio, come invece è richiesto per l’esercizio dell’iniziativa

popolare;

d) può avere ad oggetto tutte le materie, anche quelle che non possono essere sottoposte

a referendum abrogativo.

Tuttavia, a fronte di una maggiore flessibilità, vi è da rilevare che le petizioni ricevono una

scarsa attenzione da parte delle Camere alle quali sono indirizzate, ragion per cui l’istituto è

praticamente caduto in disuso nelle ultime legislature, ed anche in quelle precedenti non ha

prodotto apprezzabili risultati.

Esse, comunque, sono contemplate negli Statuti regionali, comunali e provinciali e nei

regolamenti dei Consigli Regionali.

5.2. Il referendum popolare.

5.2.1. Introduzione.

Il r e f e r e n d u m p o p o l a r e , nella sua accezione più lata, è una consultazione con cui

viene richiesto al corpo elettorale esprimere il suo parere in via diretta su una norma giuridica

già emanata o da emanarsi.

Esso è stato accolto nella nostra Costituzione come il più importante i s t i t u t o d i

d e m o c r a z i a d i r e t t a in quanto prevede l’intervento diretto del popolo nell’esercizio

dell’indirizzo politico senza il tramite dei suoi rappresentanti.

1 La petizione, accanto al diritto d’iniziativa legislativa e al referendum, rientra tra gli istituti di democrazia

diretta, vale a dire quegli strumenti mediante i quali il popolo esercita direttamente la sovranità.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Gli istituti di democrazia diretta

75

Il nostro ordinamento prevede diversi tipi di referendum:

c o s t i t u z i o n a l e (detto anche s o s p e n s i v o ) previsto per le leggi di revisione

della Costituzione e le altre leggi costituzionali (art. 138 Cost.);

a b r o g a t i v o , previsto per leggi ordinarie dello Stato (art. 75 Cost.) e per le leggi

regionali (art. 123 Cost. e singoli Statuti regionali);

t e r r i t o r i a l e , previsto obbligatoriamente per modificazione territoriali di

Regione, Province e Comuni (art. 132 e 133 Cost.);

c o n s u l t i v o , ammesso soltanto a livello regionale o locale2.

5.2.2. Il referendum abrogativo di leggi statali.

5.2.2.1. Nozione.

Il r e f e r e n d u m a b r o g a t i v o 3, è una consultazione avente ad oggetto un quesito

relativo al mantenimento o all’abrogazione, totale o parziale, di leggi e atti ad essa equiparati.

L’art. 75 Cost. prevede che possa essere indetto referendum popolare per deliberare

l’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo

richiedono 500.000 elettori o 5 Consigli regionali.

5.2.2.2. Campo di applicazione del referendum abrogativo.

In referendum abrogativo di leggi statali non può avere ad oggetto:

i regolamenti e le leggi regionali, ossia fonti secondarie collocate sotto la legge, in

quanto l’art. 75 fa riferimento solo alla legge dello Stato.

per espressa previsione dell’art. 75 2° co.4 il referendum abrogativo non può avere

ad oggetto: I) leggi di approvazione del bilancio; II) leggi amnistia e di indulto; III)

leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali; IV) e leggi tributarie5;

e le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, ciò in quanto l’art. 75 fa

riferimento solo alle leggi approvate secondo il procedimento ordinario (previsto

dagli art. 71 ss.) e non anche a quelle approvate secondo il procedimento rafforzato

previsto dall’art. 1386.

2 La legge cost. n. 2/89 ha previsto una nuova figura di referendum, il r e f e r e n d u m d i i n d i r i z z o

attraverso il quale si chiedeva al copro elettorale, se fosse d’accordo circa la realizzazione dell’Unione europea.

Il ricorso alla legge costituzionale si è reso necessario perché tale tipo di referendum non è disciplinato nella

nostra Costituzione. La legge in esame non ha però introdotto, nel nostro ordinamento il referendum di indirizzo,

poiché si è limitata a disporre l’indizione di un singolo referendum, formulando essa stessa il quesito; cosicché,

una volta svoltasi la consultazione, il referendum di indirizzo è, uscito dallo scenario costituzionale e la

temporanea “rottura Costituzionale” si è sanata. Va ribadito che l’indirizzo risultante da tale tipo di referendum

non può avere carattere vincolante. 3 A b r o g a r e significa eliminare dall’ordinamento giuridico una norma: in seguito all’abrogazione,

l’ordinamento risulta modificato nella sua globalità, non fosse altro perché i rapporti già disciplinati dalle norme

abrogate saranno diversamente regolati, mentre le altre norme riceveranno un’interpretazione che risente della

scomparsa di quelle. Per questo motivo, il referendum abrogativo può essere considerato fonte di diritto, anche

perché il risultato favorevole viene recepito attraverso la successiva emanazione di un decreto del Presidente

della Repubblica: in tal modo, il risultato del referendum costituisce un atto normativo dello Stato, con la

conseguenza che la Corte Costituzionale può esercitare il proprio controllo di legittimità costituzionale. 4 L’inammissibilità per i primi tre tipi di leggi è dovuta alla considerazione che, essendo queste atti di indirizzo

politico, sono sottratte al potere legislativo. Per la quarta, invece, l’inammissibilità è dovuta alla necessità di

frenare un’eventuale richiesta popolare volta ad abrogare leggi contro cui è facile e demagogico opporsi, perché

gravano direttamente sul patrimonio dei cittadini. 5 L e g g i t r i b u t a r i e : concernono la materia delle imposizioni dei tributi da parte dello Stato.

6 Per la Corte Costituzionale, oltre alle ipotesi menzionate in questo articolo, sono escluse dal referendum anche

quelle leggi che godono di una capacità di resistenza all’abrogazione maggiore di quella di atti dello stesso tipo,

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Gli istituti di democrazia diretta

76

5.2.2.3. Procedura.

Quando alla procedura, l’art. 75 rinvia alla legge (ordinaria) per le modalità di attuazione7

del referendum e dispone che ad esso hanno diritto di partecipazione tutti i cittadini con i

requisiti elettorali per la Camera dei deputati8.

La proposta soggetta a referendum si intende approvata se ha partecipato alla votazione la

maggioranza degli aventi diritto e sia stata raggiunta la maggioranza dei voti validamente

espressi (non si tiene conto, perciò, delle schede bianche o nulle).

5.2.2.4. Vincolo preclusivo dell’abrogazione.

Si ritiene comunemente che l’abrogazione costituisca un vincolo preclusivo nei confronti

del legislatore ordinario, in omaggio al principio della sovranità popolare (art. 1 Cost.). Al

parlamento sarà, quindi, precluso introdurre una disciplina che ricalchi i principi ispiratori e i

contenuti essenziali della vecchia disciplina.

È chiaro che tale vincolo, tuttavia, avrà una durata pari ad una legislatura (tenuto conto che

in occasione delle elezioni politiche i cittadini sceglieranno i candidati che portino avanti le

loro opinioni politiche, comprese quelle espresse in sede referendaria) o comunque per un

periodo di cinque anni, durante i quali non può essere neppure riproposta la richiesta

referendaria bocciata dal corpo elettorale.

in quanto approvate con un procedimento rinforzato (si pensi alle leggi di revisione del Concordato con la Chiesa

cattolica, che presuppongono anche una intesa con quest’ultima). Inoltre, non possono essere oggetto di quesito

referendario le leggi il cui contenuto non sia frutto di una valutazione discrezionale del legislatore, ma

rappresenti l’unico modo per dare attuazione alla Costituzione (leggi a contenuto costituzionalmente vincolato,

come le disposizioni relative all’aborto terapeutico, indispensabili per la tutela della vita della madre) o le leggi

collegate a quelle previste da questo articolo (ad esempio, non è possibile sottoporre a referendum la legge

finanziaria in quanto ricollegabile alla normativa di bilancio). Le leggi che disciplinano il funzionamento di

organi previsti dalla Costituzione, invece, possono essere oggetto di abrogazione parziale, purché le norme

rimaste in vigore consentano all’organo di operare senza interruzioni. 7 Il procedimento referendario coinvolge due distinti organi con funzioni di controllo preventivo: l’Ufficio

centrale presso la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale. Il primo deve controllare la conformità della

richiesta di referendum alla legge che lo disciplina e accertarsi di tutte le vicende riguardanti le norme legislative

soggette a votazione popolare. All’Ufficio centrale, infatti, spetta verificare che il legislatore non abbia già

abrogate le stesse (e che l’abrogazione sia effettiva e non solo apparente, come accade quando i principi

ispiratori e i contenuti essenziali dei singoli precetti normativi restano inalterati). La Corte Costituzionale,

invece, ha il compito di stabilire se la legge oggetto del referendum rientri fra quelle non suscettibili di essere

abrogate e, più in generale, se la richiesta dei promotori corrisponda all’istituto disciplinato dall’articolo in

esame (sia, cioè, suscettibile di essere votata esprimendo una scelta netta fra l’abrogazione o il mantenimento

della norma). 8 L a c o n s u l t a z i o n e r e f e r e n d a r i a , n o n p u ò a v e r l u o g o n e g l i a n n i i n c u i s i

t e n g o n o l e e l e z i o n i p o l i t i c h e , e d e v e s v o l g e r s i i n u n a d o m e n i c a

c o m p r e s a t r a i l 1 5 a p r i l e e i l 1 5 g i u g n o .

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Diritto costituzionale Il Governo

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Capitolo 6° I l G o v e r n o

6.1. Nozione.

Il G o v e r n o è l’organo istituzionale che ha il compito di tradurre, in concreti programmi

d’azione, l’indirizzo politico espresso dalle forze politiche di maggioranza che lo sostengono

con la fiducia1; in tal senso si dice che esso è titolare della funzione esecutiva.

La struttura e l’attività del Governo sono previste e disciplinate, in modo piuttosto

essenziale, dagli artt. 92-96 Cost. Le poche disposizioni costituzionali devono essere

integrate, in particolare con le previsioni di tre provvedimenti emanati negli anni successivi,

vale a dire:

la L. 23 agosto 1988, n. 400, che per prima ha fornito una disciplina chiara e

organica della struttura e dei compiti spettanti al Governo;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, con il quale si è provveduto a riorganizzare la

struttura centrale e periferica dell’amministrazione dello Stato;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, cha ha riordinato e ridefinito i compiti e la

struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

6.1.1. Caratteri.

Il Governo, nel sistema costituzionale italiano, è un organo:

c o s t i t u z i o n a l e : esso, infatti, rientra nell’organizzazione dello Stato e

partecipa alla funzione di direzione politica, come tale quindi è indefettibile;

c o m p l e s s o : in quanto è costituito al suo interno da più organi con competenze

autonome. Alcuni di tali organi sono espressamente previsti dalla Costituzione

(organi necessari), altri, invece sono nati con la prassi e poi disciplinati da

consuetudini e leggi ordinarie (organi non necessari);

d i p a r t e : nel senso che esso esprime la volontà delle forze politiche di

maggioranza che lo sostengono con la fiducia; per cui nel Governo, a differenza

che nel Parlamento, non sono presenti a nessun titolo le “minoranze”.

6.1.2. Funzioni.

Il Governo esercita funzioni:

p o l i t i c h e : in quanto partecipa alla direzione politica del Paese, nell’ambito

dell’indirizzo indicato dalla maggioranza parlamentare;

l e g i s l a t i v e : esso, infatti, può, emanare norme giuridiche mediante atti aventi

forza di legge ex artt. 76 e 77 Cost. (decreti legislativi e decreti legge);

e s e c u t i v e (o amministrative in senso lato): in quanto è al vertice del potere

esecutivo e ai singoli Ministeri fanno capo tutti i settori amministrativi dello Stato;

1 D’altra parte per “governo” può intendersi anche l’apparato burocratico cui compete la concreta realizzazione

di tali indirizzi (p u b b l i c a a m m i n i s t r a z i o n e ).

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Diritto costituzionale Il Governo

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d i c o n t r o l l o : tale funzione viene esercitata sull’attività di tutti gli organi

amministrativi (in senso stretto).

6.2. Gli organi del governo

6.2.1. Introduzione.

Dal combinato disposto dell’art. 92 1°co. Cost.2 1 e degli art. 1–11 della legge 400/1998 si

deduce che il nostro governo è attualmente composto da:

o r g a n i n e c e s s a r i : Presidente del Consiglio, Ministri e Consiglio dei Ministri

(c.d. G o v e r n o i n s t r e t t o ). La dottrina ritiene “necessari” quegli organi che

“devono” concorrere alla regolare costituzione di qualsiasi Governo e le cui

assenza ne renderebbe la formazione privandolo di una articolazione che il

Costituente ha voluto fosse comunque presente;

o r g a n i n o n n e c e s s a r i : vicepresidenti del Consiglio; Ministri senza

portafoglio; sottosegretari di Stato; Consiglio di Gabinetto, Comitati

interministeriali; Commissari straordinari del Governo (questi organi, unitamente

agli organi necessari, costituiscono il G o v e r n o i n s e n s o l a t o ).

6.2.2. Organi necessari.

6.2.2.1.

6.2.2.2. Presidente del Consiglio dei Ministri.

6.2.2.2.1. Nozione.

Il P r e s i d e n t e d e l C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i è un organo costituzionale

monocratico nominato dal Capo dello Stato e posto al vertice del Governo.

6.2.2.2.2. Nomina.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri è nominato con decreto del Capo dello Stato da egli

stesso controfirmato (art. 1, comma 2, L. 400/1988) e dura in carica finché il Governo è

sorretto dalla fiducia del Parlamento.

Unici requisiti richiesti per la nomina a Presidente del Consiglio sono la cittadinanza

italiana e il godimento dei diritti civili e politici: non occorre invece, l’appartenenza alle

Camere (art. 64, comma 4, Cost.).

6.2.2.2.3. Posizione giuridica del Presidente rispetto ai Ministri.

T r a P r e s i d e n t e d e l C o n s i g l i o e M i n i s t r i n o n i n t e r c o r r e u n

r a p p o r t o d i g e r a r c h i a : il primo, infatti, non può avocare a sé gli atti di competenza

di un singolo Ministro, né può annullarli, né può sostituirsi al Ministro o impartirgli ordini o

direttive relativi alla sua attività3.

Una siffatta prerogativa, infatti, svuoterebbe completamente l’esecutivo di quella

indispensabile indipendenza che ciascuno dei suoi componenti deve godere per assicurare una

vera collegialità al Consiglio dei ministri e un sufficiente margine di discrezionalità nella

delicata funzione di ciascun capo di dicastero.

2 Art. 92 1° co. Cost.: “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che

costituiscono insieme il Consiglio dei ministri”. 3 Tuttavia, la legge n. 400/88 ha attribuito al Presidente la facoltà di sospendere l’adozione di procedimenti da

parte dei Ministri competenti in ordine a questioni politico amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei

Ministri.

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Diritto costituzionale Il Governo

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6.2.2.2.4. Le attribuzioni.

L’art. 95 1° co. Cost. afferma che: “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la

politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed

amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.

Le attribuzioni del Presidente del consiglio possono in particolare così riassumersi: I)

direzione della politica generale del Governo4; II) mantenimento dell’unità di indirizzo

politico e amministrativo del Governo5; III) promozione dell’attività dei Ministri6; III) rapporti

con il Presidente della Repubblica7; IV) rapporti con la Corte costituzionale, con le istituzioni

comunitarie, con le Regioni e le autonomie locali8.

4 È compito preciso del Presidente redigere il programma di Governo e di fissarne le direttive. In relazione a ciò

spetta a lui; a) comunicare alle Camere la composizione del Governo e ogni mutamento in essa intervenuto; b)

chiedere, la fiducia, ex art. 94 Cost., sulle dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni

programmatici e porre la questione di fiducia; c) presentare alle Camere i disegni di legge di iniziativa

governativa nonché esercitare (anche attraverso il Ministro per i rapporti con il Parlamento) le facoltà attribuite

al Governo dall’art. 72 Cost.; d) progettare le politiche generali e le decisioni di indirizzo politico generale; e)

coordinare le politiche di settore considerate strategiche dal programma di Governo; f) monitorare lo stato di

attuazione del programma di Governo e delle politiche settoriali; g) promuovere e coordinare le politiche di

opportunità e le azioni di Governo volte a prevenire, e rimuovere le discriminazioni. 5 Il Presidente del Consiglio dirige l’attività del Governo e cura i rapporti con l’Esecutivo. Esercita funzioni di

coordinamento dell’attività normativa e amministrativa del Governo. II Presidente coordina l’attività dei Ministri

in ordine agli atti che riguardano la politica generale del Governo.

Egli riceve comunicazione preventiva dei provvedimenti che ogni Ministro intende sottoporre al Consiglio,

nonché concorda con i Ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che intendono rendere ogni qualvolta,

eccedendo la normale responsabilità ministeriale, possano impegnare la politica generale del Governo (art. 5,

comma 2, lett. d), legge 400/1988).

Al Presidente è stato inoltre attribuito dalla L. 400/1988 il potere di sospendere l’adozione di atti da parte dei

Ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, al fine di sottoporli al Consiglio dei Ministri

nella riunione immediatamente successiva (art. 5, comma 2, lett. c).

II D.Lgs. 30311999 ha aggiunto all’art. 5, comma 2, della L. 400/1988 una lettera c-bis) con la quale dispone che

il Presidente del Consiglio può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione e

armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni

contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti. 6 Il Presidente del Consiglio è l’organo di propulsione dell’attività del Governo in quanto, ai sensi dell’art. 5,

comma 2 della L. 400/1988, può (e, a nostro avviso, deve): I) indirizzare ai Ministri le direttive politiche e

amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri, nonché quelle connesse alla propria

responsabilità di direzione della politica generale del Governo (lett. a); II) adottare le direttive per assicurare

l’imparzialità, il buon andamento e l’efficacia degli uffici pubblici, promuovendo le verifiche necessarie (lett. e);

III) promuovere l’azione dei Ministri per assicurare che l’attività della aziende di Stato e degli enti pubblici si

svolga in coerenza con gli indirizzi politici e amministrativi del Governo (lett. f) 7 II Presidente del Consiglio rappresenta l’organo di collegamento costituzionale con il Capo dello Stato; egli,

pertanto, a nome del Governo (art. 89 Cost. e art. 5 L. 40011988) sottopone al Presidente della Repubblica: I) le

leggi per la promulgazione; II) i disegni di legge da presentare alle Camere a seguito di deliberazione del

Consiglio dei Ministri per la preventiva autorizzazione; III) i testi dei decreti aventi valore o forza di legge, dei

regolamenti governativi e degli altri atti indicati dalla legge per l’emanazione.

Inoltre controfirma, ex art. 89, comma 2, Cost., tutti gli atti del Presidente della Repubblica aventi valore

legislativo o peri quali sia intervenuta preventiva delibera del Consiglio dei Ministri ovvero siano espressamente

indicati dalla legge (in quest’ultimo caso, insieme al Ministro proponente). 8 Presidente del Consiglio a tal riguardo: I) esercita a nome del Governo la funzione di racconto con il

Parlamento e con gli altri organi costituzionali, con le istituzioni europee, con il sistema delle autonomie locali e

con le confessioni religiose, curandone i rapporti; II) esercita, a nome del Governo, le attribuzioni di cui alla

legge 11 marzo 1953, n. 87, promuovendo i giudizi di legittimità innanzi la Corte costituzionale e riferendo

periodicamente al Consiglio dei Ministri (con comunicazione alle Camere) sullo stato del contenzioso

costituzionale; III) promuove e coordina l’azione del Governo al fine di assicurarne la coerenza e la tempestività

nell’attuazione delle politiche comunitarie; IV) promuove e coordina l’azione del Governo nei rapporti di questo

con le Regioni: come tale presiede la Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome; V)

presiede la Conferenza Stato–città e autonomie locali e la Conferenza unificata.

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Diritto costituzionale Il Governo

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6.2.2.2.5. La responsabilità.

Il Presidente del Consiglio è sottoposto sia ad una responsabilità politica che giuridica.

6.2.2.2.5.1. Politica.

Per quanto attiene la r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a , l’art. 95 1° co. Cost. stabilisce che

il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile (verso

le Camere).

Si tratta quindi di una responsabilità politica i s t i t u z i o n a l i z z a t a (e non diffusa come

quella del Presidente della Repubblica), potendo le Camere, sanzionare il Presidente del

Consiglio revocando la fiducia al Governo.

6.2.2.2.5.2. Giuridica

Si ricordi che la r e s p o n s a b i l i t à g i u r i d i c a ricorre quando l’esercizio del potere è

valutabile secondo precisi parametri normativi ed è sottoponibile alle sanzioni previste

dall’ordinamento giuridico, e cioè sanzioni penali, civili o amministrative.

Per quanto attiene la r e s p o n s a b i l i t à c i v i l e , per violazione di diritti soggettivi, egli

è obbligato al risarcimento del danno come qualsiasi cittadino secondo le norme del codice

civile (art. 2043 e ss. c.c.).

Per quanto attiene la specifica r e s p o n s a b i l i t à p e n a l e bisogna operare, nella

fattispecie, una distinzione tra reati propri, e comuni.

Per r e a t i c o m u n i , sono i reati che il Presidente del Consiglio commette come privato

cittadino. In questo caso il Presidente del Consiglio non gode di nessuna prerogativa dovuta

alla sua carica (salvo ovviamente le eventuali prerogative parlamentari nel caso in cui il

Presidente sia anche parlamentare), nel senso che potrà direttamente essere sottoposto al

vaglio della giurisdizione ordinaria senza una previa autorizzazione.

Discorso diverso vale per i r e a t i p r o p r i , ossia i reati che il Presidente del Consiglio

commette nell’esercizio delle sue funzioni.

Al riguardo l’art. 96 afferma che “Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri,

anche se cessati dalla carica, sono sottoposti per i reati commessi nell’esercizio delle loro

funzioni, alla giurisdizione ordinaria previa autorizzazione del Senato della Repubblica o

della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale”.

L’autorizzazione prevista dall’art. 96 spetta alla Camera cui appartengono le persone nei

cui confronti si deve procedere. Se invece si deve procedere contro più Ministri appartenenti a

Camere diverse, o esclusivamente nei confronti dei soggetti che non sono membri del

Parlamento, l’autorizzazione spetta al Senato della Repubblica.

6.2.2.2.5.3. La sospensione dei processi nei confronti delle più alte cariche dello Stato.

Al riguardo si ricordi che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale:

la legge 20 giugno 2003, n. 140 (c.d. lodo M a c c a n i c o - S c h i f a n i ) , che

all’art. 1 provvedeva a bloccare tutti i processi penali contro le più alte cariche

dello Stato (e quindi anche i processi che vedevano in qualità di imputato il

Presidente del Consiglio) per tutta la durata del loro mandato;

la legge 23 luglio 2008, n. 124 (c.d. l o d o A l f a n o ), che sospendeva per l’intera

durata della carica i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la

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Diritto costituzionale Il Governo

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qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Repubblica,

Presidente della camera e Presidente del Senato.

6.2.2.3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La P r e s i d e n z a d e l C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i , è il complesso organizzatorio

destinato a svolgere funzioni di supporto ai compiti di impulso, indirizzo e coordinamento del

Presidente del Consiglio.

Il D.Lgs. 303/99, infatti, dispone che l’organizzazione della presidenza del Consiglio dei

Ministri si articola nel modo seguente:

S e g r e t a r i a t o g e n e r a l e che si articola in dipartimenti, e della cui attività si

avvalgono i Ministri o Sottosegretari delegati dal Presidente del Consiglio e da lui

individuate con propri decreti;

s t r u t t u r e d i m i s s i o n e , di durata temporanea, istituite con decreto del

Presidente del Consiglio per lo svolgimento di compiti particolari, il

raggiungimento di risultati determinati e la realizzazione di specifici programmi;

u f f i c i d i d i r e t t a c o l l a b o r a z i o n e del Presidente del Consiglio, dei

Ministri senza portafoglio e dei sottosegretari alla Presidenza, individuati con

decreto del Presidente del Consiglio.

Il Presidente del Consiglio può modellare questa struttura organizzativa in relazione alle

proprie funzioni istituzionali, stabilendo con propri decreti il tipo di articolazione che deve

avere l’apparato amministrativo della presidenza del Consiglio dei Ministri.

6.2.2.4. Il Consiglio dei Ministri

6.2.2.4.1. Nozione

Il C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i è un organo costituzionale collegiale, formato da tutti i

Ministri (anche, quelli senza portafoglio), dal Presidente del Consiglio (che lo presiede), dal

vice presidente del Consiglio e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che esercita

le funzioni di segretario senza voto deliberativo9.

6.2.2.4.2. Attribuzioni

Le attribuzioni del Consiglio dei Ministri sono state precisate dalla legge 400/1988 con cui

l’asse Presidente-Consiglio dei Ministri ha acquistato un maggior grado di autonomia rispetto

alle figure ed ai poteri dei singoli Ministri. Esse possono così sintetizzarsi:

6.2.2.4.2.1. Funzione di indirizzo politico e amministrativo del Paese

Il Consiglio dei Ministri determina la politica generale del Governo e, ai fini

dell’attuazione di essa, l’indirizzo generale dell’azione amministrativa; delibera, altresì, su

ogni questioni relativa all’indirizzo politico fissato dal rapporto fiduciario con le Camere. Ciò

infatti costituisce il logico presupposto dell’opera di direzione e coordinamento politico del

presidente del Consiglio10,

9 Quando si trattano materie riguardanti le Regioni a Statuto speciale, alle sedute dei Consigli partecipano anche

i Presidenti delle Regioni interessate, ma con peso diverso. Il Presidente della Regione Sicilia ha voto

deliberativo (art. 21 Stat. Reg. Sic.; D.Lgs. 35/2004), mentre gli altri Presidenti hanno voto solo consultivo. 10

Spetta, in particolare, al Consiglio: I) approvare le dichiarazioni che saranno rese note dal Presidente del

Consiglio alle Camere all’atto della presentazione del Governo dinnanzi alle stesse; II) esprimere l’assenso alla

iniziativa del Presidente del Consiglio di porre la questione di fiducia dinanzi alle Camere; III) deliberare sulle

questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione (come la nomina dei più alti funzionari) nonché sulle

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Diritto costituzionale Il Governo

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6.2.2.4.2.2. Decisione sulla politica normativa del Governo.

Spetta al Consiglio dei Ministri deliberare: I) sui disegni di legge di iniziativa governativa

da presentare al Parlamento; II) sulle comunicazioni che il Governo intende fare alle Camere,

in ordine a proposte di legge non governative; III) sui decreti aventi valore o forza di legge

(decreti-legislativi e decreti-legge) e sui regolamenti (c.d. governativi) da emanare con

decreto del Presidente della Repubblica;

6.2.2.4.2.3. Determinazione dell’atteggiamento del Governo nei rapporti con le Regioni

Sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei Ministri: I) la proposta motivata al

Presidente della Repubblica di scioglimento di un Consiglio regionale ex art. 126 Cost; II) il

promovimento delle questioni di legittimità di una legge regionale innanzi alla Corte

Costituzionale

6.2.2.4.2.4. Soluzione delle divergenze e dei conflitti di attribuzione fra i Ministri

I contrasti possono presentarsi come divergenze politiche o come conflitti di competenza.

In entrambi i casi la decisione definitiva spetterebbe al Consiglio dei Ministri, ma ciò non

esclude che anche il solo Presidente del Consiglio possa svolgere un’azione risolutiva. Il

Presidente del Consiglio, o ciascun Ministro interessato, possono sempre chiedere l’intervento

del Consiglio sulla questione11.

6.2.2.5. I Ministri.

6.2.2.5.1. Nozione.

Il M i n i s t r o è un organo costituzionale dotato sia di funzioni politiche perché

(collegialmente) i ministeri collaborano all’attuazione dell’indirizzo politico del Governo, sia

di funzioni amministrative, in quanto a capo dei Ministeri, organi centrali complessi dello

Stato, ciascuno dei quali dirige un particolare settore della Pubblica Amministrazione.

6.2.2.5.2. Nomina

I Ministri sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del

Presidente del Consiglio dei Ministri. Possono essere scelti anche fra i cittadini non

appartenenti al Parlamento (ciò è implicitamente previsto dall’art. somma 4, Cost.). Non sono

previste incompatibilità per la carica di Ministro.

6.2.2.5.3. Attività e poteri dei Ministri.

6.2.2.5.3.1. Nell’ambito delle funzioni costituzionali

Nell’ambito delle f u n z i o n i c o s t i t u z i o n a l i dei Ministri rientrano: I) il dritto di

iniziativa legislativa (art. 71 Cost.) che si esercita mediante la presentazione al Consiglio dei

Ministri dei disegni di legge da sottoporre alle Camere; II) la controfirma degli atti del

Presidente della Repubblica che essi stessi hanno proposto e di cui si assumono la

responsabilità (politica) (art. 89 Cost.): la controfirma ha natura di atto di controllo; III) il

diritto–dovere di partecipazione alle riunioni e all’attività del Governo nel suo complesso,

attraverso le delibere del Consiglio dei Ministri.

questioni internazionali e comunitarie in genere; IV) deliberava sugli atti concernenti i rapporti tra lo Stato e la

Chiesa cattolica (art. 7 Cost.) e tra lo Stato e le altre confessioni religiose (art. 8 Cost.); 11

È inoltre richiesta la delibera del Consiglio dei Ministri per: I) provvedimenti da emanarsi in contrasto con il

parere (obbligatorio ma non vincolante) del Consiglio di Stato; II) richieste alla Corte dei Conti di registrazione

o apposizione del visto ad atti con riserva; III) annullamento straordinario, a tutela dell’ordinamento, degli atti

amministrativi illegittimi (art. 138 D.Lgs. 267/2000); IV) approvazione dell’elenco dei nuovi Sottosegretari. V)

nomine alla presidenza di enti, istituti o aziende di carattere nazionale, di competenza dell’amministrazione

statale, fatta eccezione per le nomine relative agli enti pubblici creditizi.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

83

6.2.2.5.3.2. Nell’ambito delle funzioni amministrative

Nell’ambito delle f u n z i o n i a m m i n i s t r a t i v e dei Ministri rientrano: I)

l’emanazione di atti amministrativi di varia natura (atti di amministrazione attiva o di

controllo etc.); II) l’emanazione di atti di alta amministrazione, cioè di atti amministrativi che

costituiscono il raccordo fra la funzione politica e la funzione amministrativa; III)

l’emanazione di regolamenti; IV) in genere tutte le attività compiute per la direzione o

l’organizzazione dei rispettivi Dicasteri.

6.2.2.5.4. Responsabilità.

Anche i Ministri sono sottoposti sia ad una r e s p o n s a b i l i t à politica che giuridica.

6.2.2.5.4.1. Politica.

La responsabilità p o l i t i c a non sorge per la violazione di una specifica norma giuridica

(anche se può coesistere con tale violazione), ma deriva dalla mancata corrispondenza tra

l’azione del Ministro e le direttive politiche del Parlamento o del Presidente del Consiglio.

Ciascun Ministro è responsabile sia verso il Parlamento sia verso il Presidente del Consiglio.

La responsabilità politica può essere

c o l l e g i a l e , per gli atti che i Ministri hanno compiuto riuniti nell’organo

collegiale «Consiglio dei Ministri» (art. 95, comma 2, Cost.);

i n d i v i d u a l e , per gli atti compiuti da ciascun Ministro nell’esercizio del suo

ufficio (i comma 2, Cost.). In particolare

o per gli atti esclusivamente loro propri (formalmente e sostanzialmente);

o per gli atti formalmente del Capo dello Stato a cui essi hanno collaborato (e

che hanno controfirmato) (art. 89 Cost.). Ciò, anche in conseguenza del

principio di irresponsabilità del Presidente della Repubblica;

o per gli atti dei loro sottoposti, che possano ricondursi comunque ad un

volontà del Ministro.

6.2.2.5.4.2. Giuridica.

Per quanto attiene, la responsabilità giuridica dei Ministri, ed in particolare per quella

penale valgono le stesse regole dettare per il Presidente del Consiglio, sia per quanto riguarda

l’autorizzazione che per le prerogative.

In particolare competente a giudicare i c.d. “r e a t i m i n i s t e r i a l i ” , cioè quei reati

commessi dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, sarà il T r i b u n a l e d e i

M i n i s t r i , che è un organo giurisdizionale speciale organizzato per sorteggio in ogni

Tribunale sede di distretto di Corte d’Appello.

Sempre nell’ambito della responsabilità giuridica, si ricordi che sui i ministri incombe

anche una particolare r e s p o n s a b i l i t à a m m i n i s t r a t i v a , in quanto sono responsabili

innanzi alla Corte dei Consti dei danni arrecati alla pubblica amministrazione.

6.2.3. Gli organi non necessari.

6.2.3.1. I vicepresidenti del Consiglio.

La carica è disciplinata dalla L. 400/88 che prevede la possibilità, per il Presidente del

Consiglio dei Ministri, di proporre al Consiglio dei Ministri l’attribuzione a uno o più Ministri

delle funzioni di v i c e p r e s i d e n t e d e l C o n s i g l i o .

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Diritto costituzionale Il Governo

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In tal caso, in ipotesi di assenza o impedimento temporaneo del Presidente del Consiglio

dei Ministri, la supplenza spetta al vicepresidente del Consiglio, o qualora ne siano stati

nominati più di uno, a quello più anziano.

Nel caso dei Governi di coalizione il vicepresidente del Consiglio viene nominato e scelto,

per motivi di equilibrio, da un partito diverso da quello cui appartiene il Presidente.

6.2.3.2. Ministri senza portafoglio.

Con l’espressione “m i n i s t r i s e n z a p o r t a f o g l i o ” si indicano quei Ministri a cui

non è stato attribuito un proprio dicastero, e che svolgono le funzioni, su delega del Presidente

del Consiglio dei Ministri, attingendo le risorse economiche dagli altri Ministeri.

La Costituzione non prevede questa figura particolare di Ministro che invece è stata

disciplinata dalla legge n 400/88 la quale prevede che, all’atto di formazione del Governo,

possono dal P.d.R. esse nominati, presso la Presidenza del Consiglio, Ministri senza

portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio sentito il

Consiglio dei Ministri. Detti ministri partecipano a pieno diritto alle deliberazioni del

Consiglio dei Ministri dei cui atti sono responsabili collegialmente al pari dei Ministri titolari

di Dicastero

6.2.3.3. La figura del sottosegretario di Stato.

I S o t t o s e g r e t a r i d i S t a t o non sono contemplati dalla Costituzione, la normativa

che li prevede essendo contenuta nell’art. 10 della L. 400/88. Sono semplicemente incaricati

di coadiuvare i Ministri e la loro nomina costituisce, nell’attuale prassi costituzionale, il primo

atto ufficiale del nuovo Governo.

Vengono nominati dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del

Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro che il sottosegretario di Stato deve

coadiuvare, sentito il Consiglio dei Ministri. Poiché sono legati al Governo12, seguono la sua

sorte e, pertanto, in caso di sfiducia sono tenuti a dimettersi insieme con i membri del

Governo stesso.

I sottosegretari di Stato collaborano col Ministro nel campo amministrativo. Possono

inoltre intervenire, quali rappresentanti del Governo, alle sedute delle Camere e delle

commissioni parlamentari, sostenere la discussione in conformità alle direttive del Governo,

rispondere alle interrogazioni e interpellanze.

6.2.3.4. Il Consiglio di Gabinetto

Il C o n s i g l i o d i G a b i n e t t o è un organo che assiste il Presidente del Consiglio dei

Ministri e il Vicepresidente nella loro attività politica, ferme restando le attribuzioni del

Consiglio dei Ministri13.

Il C o n s i g l i o d i G a b i n e t t o risulta composto dai Ministri (7-8) designati dal

Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri. Il Presidente può

12

La L. 26 marzo 2001, n. 81 ha previsto la possibilità di attribuire ai sottosegretari di Stato la qualifica di vice

Ministro. Secondo quanto disposto dall’articolo 1 della citata legge (che integra il disposto dell’articolo 10 della

L. 400/88) «a non più di dieci sottosegretari può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono

conferite deleghe relative all’intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più

direzioni generali». La delega deve essere conferita dal Ministro competente e successivamente approvata dal

Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. 13

Il Consiglio di Gabinetto è comunque un organo non necessario, per cui ogni Governo decide se istituirlo o

meno.

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Diritto costituzionale Il Governo

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invitare alle sedute del C o n s i g l i o d i G a b i n e t t o anche altri Ministri in ragione della

loro competenza.

Il Consiglio di Gabinetto non ha funzioni deliberative ma solo istruttorie. La discussione

preventiva degli schemi dei disegni di legge è una delle funzioni più importanti.

6.2.3.5. Comitati interministeriali.

I c o m i t a t i i n t e r m i n i s t e r i a l i sono organi collegiali non necessari del Governo,

costituiti da più Ministri, sorti per la necessità di soddisfare le esigenze di particolari settori

della P.A. che coinvolgono le competenze e le attività di più Ministri e, quindi, esigono il

coordinamento dell’attività di costoro.

Possono essere c o n s u l t i v i , se hanno lo scopo di preparare le deliberazioni del

Consiglio dei Ministri, o d e l i b e r a t i v i (ed in tal caso devono essere stabiliti per legge), se

si sostituiscono nelle deliberazioni al Consiglio.

La L. 537/93 ha dettato norme per ridurre e riordinare i comitati interministeriali al fine di

eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di competenza e indebolire i poteri del Consiglio dei

Ministri. Sono perciò stati soppressi tutti i comitati interministeriali esistenti, ad eccezione del

C.I.P.E.14, del C.I.C.R.15, del C.I.S.16 e del C.I.A.C.E. che, essendo stati istituiti con legge,

sono organi deliberanti e sono veri e propri organi di governo.

6.2.3.6. Comitati di ministri.

Infine, il Presidente del Consiglio, in base alla l. n. 400 del 1988 può disporre, con proprio

decreto l’istituzione di c o m i t a t i d i m i n i s t r i , con il compito di esprimere pareri su

direttive dell’attività di Governo e su problemi di rilevante importanza da sottoporre al

Consiglio dei ministri, anche avvalendosi di esperti non appartenenti alla pubblica

amministrazione.

I comitati di ministri, che ribadiamo sono costituiti con decreto (ed in questo si

differenziano dai comitati interministeriali che sono costituti con legge): hanno tutti r i l i e v o

i n t e r n o ; sono organismi di lavoro spesso temporanei; svolgono attività di carattere

puramente istruttorio e non hanno alcuna competenza esterna; le loro deliberazioni e le loro

responsabilità sono fatte proprie dal Consiglio dei Ministri, o dai singoli Ministri interessati.

14

Il C I P E è il più importante dei comitati interministeriali oggi esistenti. È costituito dal Presidente del

Consiglio, dai Ministri dell’Economia e delle Finanze, degli Affari Esteri, delle Attività produttive, del Lavoro e

delle politiche sociali, delle Infrastrutture, delle Politiche agricole e forestali.

Quanto ai compiti, il CIPE: I) predispone gli indirizzi della programmazione della politica economica nazionale;

II) indica le linee generali per l’impostazione del bilancio dello Stato; III) esamina la situazione economica

generale per adottare eventuali misure anticongiunturali; IV) promuove l’ammonizzazione della politica

economica nazionale con le direttive poste in essere dalla Comunità Europea 15

C I C R : Organo costituito nel 1947 con funzioni di alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, di

esercizio del credito e in materia valutaria. Fanno parte di questo comitato il Ministro del Tesoro, del Bilancio e

della programmazione economica (che lo presiede), il Ministro dei Lavori pubblici, il Ministro dell’Industria,

commercio e artigianato, il Ministro del commercio con l’estero, il Ministro per le politiche agricole, il Ministro

delle Finanze, il Ministro delle politiche comunitarie. Partecipa alle riunioni del Comitato (ma senza diritto di

voto) anche il Governatore della Banca d’Italia. 16

Il C I S è stato istituito con L. 801/77 ed ha lo scopo di svolgere funzioni consultive e propulsive in ordine agli

indirizzi generali e agli obiettivi fondamentali della politica di sicurezza. Il CIS opera presso la Presidenza del

Consiglio dei Ministri con la seguente composizione: Presidente del Consiglio dei Ministri, che ne presiede le

sedute, Ministro degli affari esteri, Ministro dell’interno, Ministro della giustizia, Ministro della difesa, Ministro

dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ministro delle finanze.

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Diritto costituzionale Il Governo

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6.3. La formazione del Governo.

La f o r m a z i o n e d e l G o v e r n o costituisce un procedimento, cioè si articola in una

serie di atti successivi coordinati e diretti alla formazione di un atto finale (la nomina del

Governo).

Tale procedimento si inizia ogni qualvolta un Governo presenti le dimissioni e queste

vengono accolte dal Presidente della Repubblica, per cui si rende necessario nominarne uno

nuovo.

La nostra costituzione è estremamente laconica al riguardo. Essa, infatti, si limita a

disporre all’art. 92 2° co. che: “Il Presidente della Repubblica, nomina il Presidente del

Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, i Ministri”.

Le norme che presiedono al procedimento di formazione del Governo sono pertanto, in

gran parte, non scritte e costituiscono altrettanto convezioni costituzionali, sorte per

disciplinare l’esercizio del potere discrezionale del Capo dello Stato

6.3.1. Le consultazioni.

Il procedimento inizia con le c o n s u l t a z i o n i del Capo dello Stato, volte a conoscere

gli orientamenti delle forze politiche e individuare la personalità sulla quale far convergere il

gradimento di una futura maggioranza di governo17.

Il Presidente della Repubblica gode di un ampio margine di discrezionalità

nell’individuazione delle persone da consultare, pur dovendo comunque sentire i due

Presidenti delle Camere (che egli è tenuto a consultare, in base all’articolo 88, prima di

sciogliere le Camere, ipotesi che può concretizzarsi proprio per l’impossibilità di formare un

nuovo Governo) ed i gruppi parlamentari.

Le personalità consultate esprimono al Presidente il loro parare sulla situazione politica

generale con specifico riferimento alla formazione del nuovo Governo, cosicché, alla chiusura

delle consultazioni, il Presidente della Repubblica avrà gli elementi di valutazione in base ai

quali procederà al conferimento dell’incarico a quella personalità politica che egli ritenga

abbia le maggiori probabilità di formale il Governo.

6.3.2. Conferimento dell’incarico.

Terminate le consultazioni, il Capo dello Stato conferisce l’incarico alla persona con

maggiori possibilità di formare un Governo che sia appoggiato dalla fiducia delle Camere18.

6.3.2.1. Il mandato esplorativo.

Tuttavia il conferimento dell’incarico talvolta, può essere preceduto da un c.d. m a n d a t o

e s p l o r a t i v o , che si rende necessario qualora la situazioni politica sia molto complessa

(quando, cioè, i partiti non riescono a raggiungere un accordo per la formazione della

maggioranza) o le prime consultazioni non abbiano dato indicazioni significative.

17

In occasione di crisi extraparlamentari, poi, le consultazioni consentono al Capo dello Stato addirittura di

conoscere i motivi della crisi, non pubblicizzati in un dibattito parlamentare ma rimasti interne alla segreterie dei

partiti. 18

Nei sistemi di tipo maggioritario, come ormai può essere considerato il nostro, le coalizioni solitamente si

formano prima delle elezioni e i leader delle stesse appaiono i naturali destinatari dell’incarico (in Italia, ad

esempio, il Presidente Scalfaro ha conferito immediatamente l’incarico a Silvio Berlusconi, leader della

coalizione di centrodestra vincente alle elezioni del ‘94, e a Romano Prodi, capo del raggruppamento di

centrosinistra uscito vittorioso dalle elezioni del ‘96).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

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Il mandato viene affidato di solito ad una alta personalità (il Presidente di una delle due

Camere), in omaggio al principio di collaborazione fra gli organi costituzionali sancito dal

primo comma dell’art. 88 Cost.

In concreto il mandato esplorativo consiste in una serie di consultazioni, ristrette, questa

volta, a quelle ritenute più essenziali, in modo da avere una visione più completa ed

aggiornata degli orientamenti delle forze politiche.

6.3.2.1.1. Preincarico.

Dal mandato esplorativo si suole distinguere il c.d. p r e i n c a r i c o che si ha quando il

Presidente della Repubblica affida alla personalità politica alla quale, con ogni probabilità

(dato l’esito delle consultazioni) conferirà l’incarico, il compito di svolgere ulteriori

consultazioni onde assumere, in questa sua posizione non ufficiale, ma già di candidato in

pectore all’ufficio di Presidente del Consiglio, elementi di chiarificazione per la formazione

del nuovo Governo.

6.3.2.2. Attività dell’incaricato.

L ’ i n c a r i c a t o a c c e t t a c o n r i s e r v a l ’ i n c a r i c o e inizia (per suo conto) a

sondare le opinioni dei capi gruppo parlamentari, mettendo a punto un programma di governo

che cointeressi i partiti politici disporre a formazione la “c o a l i z i o n e d i g o v e r n o ”,

compendiando o mediando gli obiettivi politici di tali partiti. La colazione deve contare su di

una base parlamentare di consensi tale da assicurare che le Camere accordino o votino la

fiducia.

Completate le consultazioni, l’incaricato (il quale, come detto, accetta l’incarico con

riserva) comunica al Capo dello Stato i risultati del sondaggio e può:

sciogliere la riserva accettando l’incarico: in tal caso viene nominato Presidente del

Consiglio, previa accettazione definitiva da parte del Presidente della Repubblica

delle dimissione del precedente Governo

rinunciare all’incarico, per la difficoltà incontrate nella formazione della nuova

maggioranza. In quest’ultimo caso il Presidente della Repubblica può

attribuire l’incarico ad altra personalità;

respingere le dimissioni presentate al Presidente del Consiglio uscente (se accolte

con riserva) e rinviarlo al Parlamento per una verifica della fiducia;

sciogliere il Parlamento, sentiti i Presidenti delle due Camere, e indire le nuove

elezioni (art. 88 Cost.).

6.3.3. Nomina del nuovo Presidente del Consiglio.

Se l’attività dell’incaricato ha successo e questi riesce a formare un Governo che gode del

consenso di una maggioranza politica in Parlamento, il Capo dello Stato è tenuto a nominarlo

Presidente del Consiglio, con decreto, dopo aver accettato definitivamente le dimissioni del

precedente Presidente (accettate con riserva).

Come tutti i decreti del Presidente, anche quello di nomina ha bisogno della controfirma

dei Ministri proponenti, ex art. 89 comma 1 Cost. In passato si discuteva in dottrina se la

firma dovesse essere apposta dal nuovo Presidente del Consiglio, oppure dal Presidente

uscente.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

88

Oggi tale questione deve ritenersi risolta dall’art. 1, L. 400/1988, che al comma 2 precisa

che il decreto di nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri è da lui controfirmato,

insieme ai decreti di accettazione delle dimissioni del precedente Governo. Con l’apposizione

della controfirma, il Presidente del Consiglio non assume la responsabilità politica per l’atto

controfirmato, ma si limita ad attestare che la «scelta» del Capo dello Stato è avvenuta nel

rispetto delle regole esistenti.

6.3.4. Nomina dei Ministri

L’incaricato, prima della propria nomina alla carica di Presidente del Consiglio, deve aver

già compilato una lista di Ministri gradita alla maggioranza del Parlamento.

All’atto della nomina il Presidente del Consiglio presenta tale lista (che può essere anche

successivamente variata, purché con il consenso dei gruppi) al Presidente della Repubblica, il

quale emette i decreti di nomina19.

6.3.5. Il giuramento.

Nominati il Presidente del Consiglio ed i ministri, il Governo è formato, ma, prima di

assumere le funzioni, i membri del Governo dovranno prestare giuramento nelle mani del

Presidente della Repubblica (art. 93 Cost.20).

6.3.6. La fiducia.

In seguito alla nomina e al giuramento, il Governo è formalmente costituito, tuttavia

affinché possa esercitare, le sue funzioni (che non sia quelle di ordinaria amministrazione21), è

necessario che ottenga la fiducia delle due Camere (art. 94 1° co. Cost).

La f i d u c i a è il rapporto di natura politica, continuo e costante, che deve

necessariamente intercorrere tra il Governo ed il Parlamento, affinché il primo possa

esercitare le sue funzioni; ne consegue che ogni qualvolta viene meno la fiducia il governo è

obbligato a dimettersi.

6.3.6.1. La mozione di fiducia.

Al fine di ottenere la fiducia, entro dieci giorni dalla prestazione del giuramento, il

Governo, a mezzo del Presidente del Consiglio, espone ad ambedue le Camere le

d i c h i a r a z i o n e p r o g r a m m a t i c h e ; successivamente si apre la discussione su tali

dichiarazioni che si conclude con presentazione, da parte dei gruppi parlamentari di

maggioranza, di una “mozione di fiducia”, finalizzata appunto a concedere la f i d u c i a al

neo Governo

19

Può, tuttavia, anche accadere che, all’atto della nomina, l’incaricato non abbia ancora pronto lo schema del

nuovo Governo: in tal caso è sufficiente, per poter considerare portato a termine il suo incarico, che egli sia

sicuro di poter formare un Governo che goda dell’appoggio del Parlamento. 20

La norma considera il giuramento una condizione per il legittimo esercizio delle funzioni governative, il cui

adempimento tempestivo deve essere sollecitato dal Capo dello Stato in qualità di ricevente la dichiarazione. Se

il giuramento viene rifiutato da un Ministro (ad esempio, perché insoddisfatto dalla sua collocazione all’interno

della compagine governativa), il Governo deve essere integrato nella sua composizione mediante la nomina di un

nuovo Ministro o attribuendo provvisoriamente (ad interim) il Ministero vacante ad altri Ministri o al Presidente

del Consiglio. 21

Dopo la nomina ed il giuramento dei componenti del Governo, questo si considera formato. In attesa della

fiducia, tuttavia, i suoi poteri sono limitati all’ordinaria amministrazione, nozione difficile da definire per

mancanza di indicazioni esplicite nella Costituzione o in leggi ordinarie. Generalmente, il Governo in attesa

della fiducia compie gli atti urgenti (emanazione di decreti-legge, presentazione di impugnative davanti alla

Corte Costituzionale) e quelli preordinati al dibattito parlamentare (nomina dei sottosegretari, preparazione del

programma governativo e delle connesse iniziative legislative).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

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La “m o z i o n e d i f i d u c i a ” è quindi l’atto di gradimento politico con cui il

Parlamento aderisce al programma politico dell’Esecutivo.

L a mozione di fiducia deve essere:

m o t i v a t a , perché con essa le Camere devono esprimere le ragioni del loro

consenso al programma politico presentato dal Governo ed impegnando, allo stesso

tempo, il Governo allo svolgimento di quel programma;

e v o t a t a p e r a p p e l l o n o m i n a l e , affinché con la pubblicità del voto, il

Paese possa conoscere l’orientamento di ciascuno dei suoi rappresentati.

6.3.6.1.1. La questione di fiducia.

La mozione di fiducia non va confusa con la q u e s t i o n e d i f i d u c i a 22, la quale è uno

strumento concesso dai regolamenti parlamentari al Governo per verificare, volontariamente,

il rapporto di fiducia con il Parlamento.

Ponendo, su un atto (un intero disegno di legge, un singolo articolo, etc.), la questioni di

fiducia, il Governo pone, i gruppi parlamentari che l’appoggiano, di fronte alla responsabilità

di provocare una crisi di governo, in quanto la mancata approvazione dell’atto su cui è stato

posta la “questione di fiducia” apre di fatto una crisi di governo (vedi in seguito).

In particolare la questione di fiducia è posta dal Governo, su atti, che ritiene essenziali per

il proseguimento della sua azione politica, e sui quali, prima della loro deliberazione, non è

chiaro che ci sia una solida maggioranza in Parlamento.

22

L’art. 2 della legge 400/1988 attribuisce al Presidente del Consiglio l’iniziativa, con l’assenso del Consiglio

dei Ministri, cui spetta comunque, deliberare sulle dichiarazioni relative alle questioni di fiducia, in

considerazione dei riflessi che esse hanno sull’indirizzo politico unitario delle compagine governativa.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

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Schema 2: Procedimento di formazione del Governo.

6.4. Crisi di Governo, sfiducia individuale, revoca e rimpasto.

6.4.1. Crisi di governo.

Si apre la c r i s i d i g o v e r n o quando viene meno la fiducia della maggioranza

parlamentare e il Governo non è più di fatto in grado di funzionare regolarmente (perché il

Parlamento si opporrebbe sistematicamente alle sue iniziative).

Le crisi di governo possono essere parlamentari o extraparlamentari.

PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL GOVERNO

Il Governo uscente

presenta le dimissioni

Il Presidente della Repubblica le

accetta con riserva

Consultazioni del Capo dello Stato

Mandato esplorativo

Conferimento dell’incarico

Preincarico

L’incaricato accetta con

riserva l’incarico

Completate le consultazioni,

l’incaricato può

Sciogliere la riserva

accettando l’incarico

Rinunciare all’incarico

Nomina del nuovo

Presidente del Consiglio e

dei Ministri

Giuramento nelle mani del

Capo dello Stato

Entro dieci giorni dalla

decreto di nomina il

Governo deve ottenere la

fiducia dal Parlamento

Il Capo dello Stato

Rinviare il Governo

uscente alle Camere

per una verifica della

fiducia

Sciogliere le

Camere e indire

nuove elezioni

Attribuire

l’incarico ad

altra

personalità

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

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6.4.1.1. Parlamentari.

Le crisi di governo sono p a r l a m e n t a r i quando sono determinate o da una mozione di

sfiducia delle Camere (c.d. s f i d u c i a e s p r e s s a ) o dal ritiro dell’appoggio al governo da

parte di uno o più gruppi parlamentari (c.d. s f i d u c i a t a c i t a ).

6.4.1.1.1. Mozione o voto di sfiducia.

La m o z i o n e d i s f i d u c i a 23 è l’atto mediante il quale le Camere pongono fine al

rapporto di fiducia con il Governo.

Tale mozione deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera per

assicurare il voto di una sufficiente quantità di parlamentari e non può essere messa in

discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, per evitare colpi di mano, cioè

votazioni di sorpresa (c.d. assalti di diligenza), magari nell’assenza di molti parlamentari

ignari della circostanza.

Anche la mozione di sfiducia d e v e e s s e r e m o t i v a t a , nel senso che deve contenere

l’indicazione delle ragioni per cui non si ritiene più opportuno avallare l’orientamento politico

del Governo in carica.

Il Governo al quale le Camere hanno votato la sfiducia ha l’obbligo giuridico di dimettersi,

se non si dimettesse, spetterebbe al Presidente della Repubblica revocarlo dalla carica per

ripristinare la legalità costituzionale.

6.4.1.1.2. La sfiducia individuale.

Il regolamento della Camera dei deputati e la prassi costante del Senato prevedono anche

la mozione di s f i d u c i a i n d i v i d u a l e n e i c o n f r o n t i d i u n s i n g o l o

M i n i s t r o (assoggettandola alla stessa disciplina prevista per la mozione di sfiducia del

Governo).

Tale istituto, molto discusso in dottrina, è stato legittimato da una recente sentenza (la n. 7

del 1996) della Corte Costituzionale, che ne ha sottolineato la funzione di strumento idoneo a

scongiurare eventuali crisi di Governo: se non fosse ammessa la sfiducia individuale, infatti, il

comportamento del singolo Ministro che spezzi l’unità d’indirizzo politico del Governo

potrebbe essere sanzionato solo sfiduciando l’intera compagine governativa.

6.4.1.1.2.1. Rimpasto di governo.

La sfiducia individuale, non va confusa con il “r i m p a s t o d i g o v e r n o ”, che consiste

nella sostituzione di uno o più ministri all’interno del Governo, perché costoro non godono

più della fiducia del Presidente del Consiglio, o per altre cause (malattia, morte, dimissioni

etc.).

Generalmente il rimpasto non causa la crisi di governo, anzi costituisce un mezzo per

evitarla: se il rapporto fiduciario con uno o più Ministri viene meno, il mutamente

dell’elemento personale può risultare condizione necessaria e sufficiente per mantenere in

piedi l’accordo di governo e il rapporto fiduciario tra Governo e parlamento.

Quanto alla r e v o c a del singolo Ministro, essa può essere deliberata con atto uguale e

contrario alla nomina, vale a dire con un decreto del Capo dello Stato su iniziativa del

23

È importante ribadire la differenza fra m a n c a t a f i d u c i a e voto di sfiducia. Si ha la prima quando il

Governo, presentatosi alle Camere dopo la sua formazione, non ottiene la fiducia; si ha il secondo quando la

fiducia, già concessa, è revocata dalle Camere con l’approvazione della mozione di sfiducia

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Il Governo

92

Presidente del Consiglio nell’esercizio dei suoi poteri d’indirizzo e coordinamento della

compagine governativa, finalizzati al mantenimento dell’indirizzo politico.

6.4.1.2. Extraparlamentari.

Si parla di c r i s i e x t r a p a r l a m e n t a r i , quando la crisi si verificano in seguito ad un

evento esterno alla dinamica parlamentare, che paralizza il funzionamento del Governo e lo

costringe delle dimissioni24.

6.4.2. Le dimissioni del Governo.

Le dimissioni del Governo possono essere:

o b b l i g a t o r i e , a seguito di sfiducia delle Camere e di mancata concessioni

della fiducia iniziale; il Capo dello Stato ha l’obbligo di accettarle. Inoltre sono

obbligatorie a seguito di elezioni generali; in particolare una norma di correttezza

costituzionale vuole che il Governo si dimetta anche se elezioni abbiano

confermato la maggioranza al potere

d i r i t o , a seguito di elezione del nuovo Presidente della Repubblica, che

provvederà a respingerle;

f a c o l t a t i v e , a seguito di mutati rapporti col Parlamento o in partiti che

l’appoggiano. Il Capo dello Stato può respingerle, invitando il Governo a

presentarsi davanti alle Camere e il Presidente del Consiglio a cercare un nuovo

accordo.

6.4.2.1. Il Governo dimissionario.

In ogni caso di dimissioni, di solito accettate con riserva dal Presidente della Repubblica, il

G o v e r n o d i m i s s i o n a r i o resta in carica, su invito del Capo dello Stato, sino alla

nomina del nuovo Governo, per il disbrigo degli affari di ordinaria amministrazione25 (si ha,

una p r o r o g a t i o d i f a t t o ).

6.5. Gli atti aventi forza di legge.

6.5.1. Introduzione.

La funzione legislativa, in base all’articolo 70 e nel rispetto del principio di separazione dei

poteri, è attribuita al Parlamento. Esistono, tuttavia, delle circostanze che possono giustificare

l’e m a n a z i o n e d i a t t i n o r m a t i v i d i r a n g o p r i m a r i o a n c h e d a p a r t e

d e l G o v e r n o 26.

24

Nella prassi tali crisi si sono verificate per i seguenti motivi: I) morte, grave malattia o dimissioni del

Presidente del Consiglio; II) decisioni della Corte costituzionale che incidono pesantemente sull’indirizzo

politico del Governo; III) prese di posizione degli organi direttivi dei partiti (soprattutto in seguito alle risultanze

dei congressi, alle elezioni di nuovi segretari o a scelte di diverse linee politiche etc.) in contrasto con i contenuti

del programma governativo; IV) dissenso insorto tra Presidente della Repubblica e Governo; V) orientamenti di

stampa o di opinione pubblica o gravi manifestazioni di piazza contrari al Governo (es.: caso Tambroni); VI)

mutati atteggiamenti dei gruppi parlamentari (VIRGA indica come caso di crisi pseudo-parlamentare l’ipotesi

del gruppo parlamentare che prima appoggia il Governo e che, successivamente, si ritira dalla maggioranza di

governo); VII) svolgimento di nuove elezioni politiche; VIII) elezione del nuovo Presidente della Repubblica

con una maggioranza diversa da quella governativa (es.: caso Leone, che fu eletto con l’appoggio determinante

dei voti delle destre, mentre era al Governo una coalizione di centro-sinistra). 25

Esso potrà, dunque, compiere gli atti di esecuzione delle leggi vigenti e tutti quelli la cui proroga

comporterebbe un apprezzabile danno allo Stato: dovrà astenersi, al contrario, da tutti quegli atti discrezionali

che possono essere rinviati alla gestione del successivo Governo senza apprezzabile danno. 26

Tale funzione viene detta m a t e r i a l m e n t e l e g i s l a t i v a , per mettere in evidenza che gli atti del

potere esecutivo hanno, di regola, il contenuto tipico della legge, ma non la forma.

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Diritto costituzionale Il Governo

93

Infatti si dà il caso di materie che richiedono una specializzazione tecnica e un insieme di

conoscenze che i parlamentari non posseggono, oppure situazione che vanno a fronteggiare

con una tempestività che un’assembla come il Parlamento non è in grado di assicurare.

Tale circostanze vengono disciplinate dagli artt. 76 e 77 Cost.. in base al primo l’esercizio

della funzione legislativa può essere delegato al Governo, purché ciò avvenga con legge e nel

rispetto di alcune precise condizioni (decreti legislativi); in base al secondo, invece, il

Governo può, di sua iniziativa e sotto la propria responsabilità, fronteggiare casi straordinari

di necessità e urgenza mediante provvedimenti provvisori con forza di legge, che vanno

necessariamente convertiti in legge pena la perdita della loro efficacia sin dall’inizio (decreti

legge).

Tratto comune agli atti aventi forza di legge è, dunque, la capacità di abrogare norme di

legge e di resistere all’abrogazione da parte di fonti di rango inferiore, ad esempio

regolamenti del Governo (cd. f o r z a d i l e g g e )27.

6.5.2. I decreti legislativi o delegati.

6.5.2.1. Nozione.

Il d e c r e t o l e g i s l a t i v o , previsto dall’art. 76 Cost., è un atto normativo emanato dal

Governo in base ad una delega legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento. La delega

del Parlamento è conferita con legge formale ordinaria (cd. legge delega o delegazione).

Si badi bene che le Camere delegano al Governo non la funzione legislativa, ma soltanto

l’esercizio di tale funzione. Di regola le Camere ricorrono alla delega nei casi in cui la materia

da disciplinare legislativamente sia molto complessa e richieda cognizioni eccessivamente

tecniche, per cui il Governo appare come l’organo più qualificato a predisporre i

provvedimenti legislativi. Esempi di applicazione dei decreti legislativi sono i codici ed i testi

unici.

6.5.2.1.1. I contenuti della legge delega.

A norma dell’art. 76 Cost., la legge con la quale le Camere delegano al Governo28

l’esercizio della funzione legislativa deve contenere: a) la determinazione dei principi e dei

criteri direttivi29 ai quali il Governo dovrà attenersi nel predisporre i decreti legislativi; b)

27

Bisogna ricordare che gli atti del governo con forza di legge sono sottratti al controllo preventivo di legittimità

della Corte dei Conti. 28

La delega può essere conferita s o l t a n t o c o n l e g g e o r d i n a r i a e s o l t a n t o a l G o v e r n o

n e l s u o c o m p l e s s o (non ad un singolo Ministro o ad organi diversi). È vietata anche la sub-delegazione,

nel senso che il Governo non può, a sua volta, incaricare altri organi a dare attuazione alla delega ricevuta. Ciò

non esclude che il Governo si avvalga di istituzioni o commissioni che possano vantare una competenza

specifica di settore, per la predisposizione del decreto legislativo (ad esempio, la Banca d’Italia per quanto

riguarda il settore bancario). 29

P r i n c i p i e c r i t e r i d i r e t t i v i : sono le norme fondamentali a cui il Governo deve attenersi e le

specifiche finalità da perseguire. La prassi, però, ha molto sfumato la distinzione, in quanto nelle leggi di

delegazione è stilato un unico elenco di norme direttive, nell’ambito del quale principi e criteri si fondono e

confondono. In ogni caso, essi non devono essere così vaghi e indeterminati da non fornire alcuna indicazione

(in tal caso si avrebbe una delega in bianco), o così vincolanti da non lasciare alcun margine discrezionale al

Governo.

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Diritto costituzionale Il Governo

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l’indicazione del limite di tempo entro il quale il Governo dovrà emanare i suddetti decreti30;

c) l’oggetto31 definito sul quale il Governo potrà legiferare32.

Inoltre la l e g g e d i d e l e g a z i o n e può contenere una parziale regolamentazione della

materia cui si riferisce la delega, nel qual caso essa assume duplice contenuto, di atto

normativo e di delega.

6.5.3. I decreti legge.

6.5.3.1. Nozione.

I d e c r e t i l e g g e sono atti normativi adottati, dal Governo sotto la sua responsabilità33,

per far fronte a situazione imprevedibili (l’art. 77 Cost., parla di “necessità e di urgenza”) che

impongono di intervenire a livello di normazione primaria con una disciplina che trovi

immediata applicazione.

Le norme da essi prodotte, o sono confermate, entra 60 giorni, dalla legge di conversione

(acquistando stabilità), oppure decadono definitivamente con efficacia retroattiva, cioè come

se non fossero mai state emanate34.

6.5.3.2. Formazione.

6.5.3.2.1. Deliberazione

Sono deliberati dal Consigli dei Ministri35 ed emanati con decreto del Presidente della

Repubblica (D.P.R.).

6.5.3.2.2. Pubblicazione

I d e c r e t i l e g g e s o n o p u b b l i c a t i n e l l a G a z z e t t a U f f i c i a l e

i m m e d i a t a m e n t e d o p o l a l o r o e m a n a z i o n e e d e n t r a n o i n v i g o r e i l

g i o r n o s t e s s o d e l l a p u b b l i c a z i o n e , i n v i a p r o v v i s o r i a s a l v o

r a t i f i c a d e l P a r l a m e n t o .

6.5.3.2.3. Conversione.

L’art. 77 della Costituzione sancisce che i d e c r e t i - l e g g e d e v o n o e s s e r e

p r e s e n t a t i a l l e C a m e r e , p e r l a c o n v e r s i o n e i n l e g g e , n e l g i o r n o

s t e s s o d e l l a l o r o p u b b l i c a z i o n e ; e n t r o c i n q u e g i o r n i d a t a l e d a t a

30

Se il Governo non dà attuazione alla delega ricevuta entro il termine fissato dal Parlamento (limite temporale),

decade dalla relativa potestà, salvo che non sia approvata una nuova legge che fissi un diverso termine o

proroghi quello scaduto. 31

Fatte le debite eccezioni (vedi nota successiva), tutte le materie possono essere oggetto di delega legislativa: di

solito sono demandate quelle per le quali sia richiesta una notevole competenza specifica e grande precisione

lessicale (es. codici, regolamentazioni tecniche etc.) nonché una omogeneità di contenuto e di linguaggio che

può esser assicurata meglio da una commissione di tecnici di nomina governativa. 32

In nessun caso la delega può riguardare: la revisione delle norme costituzionali nonché l’emanazione di leggi

costituzionali; gli atti attraverso i quali il Parlamento esercita il controllo politico sull’attività del Governo (ad

esempio, approvazione del bilancio dello Stato, conversione di decreti legge etc.); le leggi che regolano i rapporti

fra organi costituzionali. 33

Il Governo assume una responsabilità politica, civile e penale. Relativamente alla responsabilità politica del

Governo, la mancata conversione del decreto legge non mette in crisi il rapporto di fiducia col Parlamento, in

quanto il voto contrario di una o di entrambe le Camere non importa obbligo di dimissioni. Quanto alla

responsabilità civile, può eventualmente chiedersi il risarcimento dei danni prodotti ovvero la restituzione delle

somme indebitamente riscosse. 34

I decreti legge, in sostanza, presentano analogie con le leggi temporanee, ma con la differenza che mentre

queste, alla scadenza del termine, perdono efficacia ex nunc, essi, con il verificarsi della condizione risolutiva

della mancata conversione, perdono efficacia ex tunc cioè si considerano come mai emanati. 35

Quindi il potere di emanare un decreto legge spetta soltanto al Governo come organo collegiale (Consiglio dei

Ministri) e non anche ai singoli Ministri o ad altri organi.

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l e C a m e r e , a n c h e s e s c i o l t e , s i d e v o n o r i u n i r e p e r l ’ e s a m e d e l

d e c r e t o .

L a c o n v e r s i o n e d e i d e c r e t i i n l e g g e d e v e a v v e n i r e e n t r o 6 0

g i o r n i 36, a d o p e r a d e l l e C a m e r e a l t r i m e n t i i d e c r e t i p e r d o n o

e f f i c a c i a e x t u n c 37.

6.5.3.2.3.1. La legge di conversione.

La l e g g e d i c o n v e r s i o n e , discussa e votata dalle Camere, può limitarsi a far

proprie le norme contenute nel decreto-legge, oppure modificarle, sopprimerle, o aggiungerne

delle altre. Ovviamente, tali modifiche entreranno in vigore dal giorno della pubblicazione

della legge di conversione (ex nunc).

6.5.3.2.3.2. La legge di sanatoria o convalida.

Anche quando il decreto non viene convertito, il legislatore ordinario può intervenire a

disciplinare i rapporti sorti sulla base delle sue disposizioni attraverso una apposita l e g g e

d i s a n a t o r i a o c o n v a l i d a . Tale salvezza non può, invece, essere offerta da un

successivo decreto, in quanto a ciò si oppone sia l’art. 15 L. 400/1998 sia lo stesso art. 77

Cost.

6.5.3.2.4. Il controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e di urgenza.

Il c o n t r o l l o s u l l a s u s s i s t e n z a d e i c a s i s t r a o r d i n a r i d i n e c e s s i t à

e u r g e n z a che giustificano l’uso del decreto-legge può essere svolto da diversi organi:

dal P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a , in sede di emanazione del decreto: si

tratta di un intervento alquanto eccezionale, dal momento che, di solito, il Capo

dello Stato non interferisce nei rapporti fra Governo e Parlamento;

dal P a r l a m e n t o in sede di conversione: le Commissioni di merito competenti

per materia, entro il termine di 15 giorni, verificano la sussistenza dei requisiti. In

caso di esito negativo è possibile che l’Assemblea si esprima in senso negativo;

dalla C o r t e c o s t i t u z i o n a l e , in via successiva, cioè al momento

dell’eventuale giudizio di legittimità.

6.5.3.3. I limiti alla decretazione d’urgenza.

L’art. 15 della legge n. 400 del 1988 individua una serie di l i m i t i a l l a

d e c r e t a z i o n e d ’ u r g e n z a .

Il decreto-legge non può: I) conferire deleghe legislative; II) provvedere nelle materie

indicate nell’articolo 72, quarto comma Cost.; III) rinnovare le disposizioni di decreti-legge

dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere; IV)

36

R e i t e r a z i o n e d e i d e c r e t i l e g g e : Non sempre, però, le Camere sono riuscite a convertire i

decreti legge nel termine previsto, per cui il Governo ha preso a reiterare il contenuto del decreto legge decaduto,

riproducendolo in atti successivi. Tale fenomeno, in aperto contrasto con l’art. 77 che espressamente qualifica i

decreti legge come provvedimenti provvisori, è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale (sent.

360/96). 37

È tuttavia da tenere in conto che la disposizione costituzionale (art. 77, comma III) a norma della quale i

decreti–legge perdono efficacia sin dall’inizio in caso di mancata conversione, resta del tutto disapplicata

nell’ipotesi in cui il decreto abbia prodotto effetti irreversibili (si pensi ad un decreto–legge, non convertito, che

abbia aumentato il prezzo della benzina o dei tabacchi o che abbia inciso sulla libertà personale); per cui il

provvedimento perde, per questa parte, il carattere di provvisorietà ed il governo, in violazione dell’art. 70 Cost.,

si sostituisce alle Camere nel creare situazioni immodificabili. Parimenti la mancata conversione non incide sui

rapporti passati in giudicato.

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regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti; V) ripristinare

l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti

al procedimento.

Il decreto-legge, inoltre, non può sospendere o derogare a norme di rango costituzionale.

Altro limite, infine, alla decretazione d’urgenza riguarda l’impossibilità per il Governo di

decretare in quelle materie (approvazione del bilancio o del suo esercizio provvisorio,

autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali etc.) per le quali è previsto il controllo

politico del Parlamento sul Governo.

6.6. I decreti governativi.

L’attività del Governo si realizza soprattutto attraverso la emanazione di «decreti» che

costituiscono i tipici atti del potere esecutivo (così come la «legge» e la «sentenza»

costituiscono atti tipici rispettivamente del potere legislativo e di quello giudiziario).

I decreti del Governo, che possono avere contenuto normativo ovvero amministrativo in

senso stretto, hanno la forma di:

d e c r e t i p r e s i d e n z i a l i : se sono emanati dal Presidente della Repubblica

(D.P.R.). Non tutti i decreti presidenziali, però, rientrano nella categoria degli atti di

Governo: alcuni sono atti propri del Capo dello Stato che sono solo controfirmati

dai Ministri;

d e c r e t i m i n i s t e r i a l i : emanati da singoli Ministri, senza la partecipazione

del Consiglio dei Ministri. Tali decreti possono distinguersi in:

o decreti del Presidente del Consiglio (D.P.C.M.): relativamente a materie in

cui gode di competenza amministrativa;

o decreti ministeriali (D.M.) in senso stretto: emanati da singoli Ministri;

o decreti interministeriali: emanati da più Ministri congiuntamente per

materia di interesse comune, o in attuazione di delibere prese m sede di

Comitati interministeriali.

6.7. I Regolamenti.

6.7.1. In generale.

6.7.1.1. Nozione.

In prima approssimazione possiamo afferma che i r e g o l a m e n t i sono a t t i

a m m i n i s t r a t i v i g e n e r a l i a c o n t e n u t o n o r m a t i v o .

In particolare i r e g o l a m e n t i sono a t t i f o r m a l m e n t e a m m i n i s t r a t i v i , in

quanto emanati da organi del potere esecutivo (cioè Governo, enti locali territoriali, enti

autarchici ed in certi casi anche da organi della P.A.), ed aventi f o r z a n o r m a t i v a

(sostanzialmente normativi), in quanto contenenti norme destinate a innovare l’ordinamento

giuridico, con i caratteri della generalità e dell’astrattezza, quindi classificabili come fonti di

produzione del diritto38.

6.7.1.2. Classificazione

A seconda dei soggetti pubblici che li emanano, i regolamenti si distinguono in:

38

In questo risiede la differenza tra tali regolamenti e quelli adottabili dagli enti di diritto privato, assimilabili ai

regolamenti c.d. interni (v infra).

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Diritto costituzionale Il Governo

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s t a t a l i , se vengono emanati da organi dell’amministrazione diretta; i

regolamenti statali a loro volta si distinguono in:

o g o v e r n a t i v i , se deliberati dal Governo;

o n o n g o v e r n a t i v i , se emanati da autorità amministrative dirette

periferiche (Prefetto, comandante di porto etc.). Tali regolamenti, a

differenza di quelli governativi hanno portata settoriale e la loro efficacia è

limitata al territorio nella cui sfera ha competenza l’autorità che li ha

emanati;

n o n s t a t a l i , se vengono, emanati da enti dell’amministrazione indiretta, quali

Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. Possono anche essere emanati da

altri enti, quali Ordini e Collegi professionali, Camere di commercio, industria e

artigianato.

A seconda che siano destinati ad operare nell’ordinamento generale o in un ambito

ristretto, i regolamenti si distinguono in:

r e g o l a m e n t i e s t e r n i : sono espressione del potere di supremazia di cui ,

l’Esecutivo dispone verso tutti i cittadini e chiunque altro si trovi nel, territorio

dello Stato. Sono fonti del diritto, e la loro violazione costituisce violazione di

legge, ricorribile in Cassazione;

r e g o l a m e n t i i n t e r n i : regolano l’organizzazione interna di un organo o di

un ente, obbligando solo coloro che fanno parte dell’ufficio, organo, od ente. Sono

espressioni del potere di autorganizzazione dell’ente o dell’organo stesso, perciò

non sono fonti del diritto e la loro violazione non costituisce vizio dell’atto emanato

dall’organo o ente, salvo casi eccezionali.

6.7.2. I regolamenti governativi.

6.7.2.1. I regolamenti governativi come fonti secondarie.

I regolamenti governativi sono qualificati come f o n t i s e c o n d a r i e d e l d i r i t t o , in

quanto la normativa che essi pongono in essere è subordinata a quella emanata dalle fonti

primarie. Pertanto i regolamenti governativi non possono:

derogare o contrastare con la Costituzione, né con i principi in essa contenuti;

derogare né contrastare con le leggi ordinarie, salvo che vi sia una legge ad

attribuire loro il potere, in un determinato e per un determinato caso, di innovare

anche nell’ordine legislativo (delegificando la materia);

regolamentare le materie riservate alla Costituzione alla legge ordinaria o

costituzionale (riserva assoluta di legge );

derogare al principio di irretroattività della legge (la legge, invece, può derogarvi,

in quante tale principio è sancito dall’art. 11 disp prel al codice civile e, dunque da

una fonte di pari efficacia);

contenere sanzioni penali, per il principio della riserva di legge in materia penale

(art. 125 Cost.);

regolamentare istituti fondamentali dell’ordinamento.

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6.7.2.2. La potestà del Governo di emanare regolamenti.

La p o t e s t à d e l G o v e r n o d i e m a n a r e r e g o l a m e n t i è adesso prevista dalla

legge n. 400 del 1988 che disciplina l’attività di governo e l’ordinamento della Presidenza del

Consiglio.

La costituzione, infatti, non contiene alcuna norma su tale potestà, limitandosi a statuire

(art. 87) che i regolamenti (al pari dei decreti aventi forza di legge) sono formalmente emanati

dal Presidente della Repubblica.

6.7.2.3. Procedimento di formazione.

I regolamenti governativi vengono deliberati dal Consiglio dei ministri, udite il parere del

Consiglio di Stato, ed emanati con decreto del Presidente della Repubblica.

I regolamenti sono inseriti nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica e

pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale ed entrano in vigore dopo un periodo di vacatio di 15

giorni dalla pubblicazione.

6.7.2.4. Classificazioni

A seconda del contenuto i regolamenti si distinguono in:

r e g o l a m e n t i d i e s e c u z i o n e , necessari per curare l’esecuzione. delle

leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari. L’emanazione di

tale tipologia di regolamento risulta indispensabile allorquando le norme di rango

primario, per la loro formulazione astratta o particolarmente tecnica, necessitano di

norme di dettaglio o esplicative. Si ricordi che i regolamenti di esecuzione sono gli

unici ammessi ad operare nell’ambito di una riserva assoluta di legge, in quanto

contengono una disciplina di dettaglio o comunque marginale rispetto alle

previsioni di legge;

r e g o l a m e n t i i n t e g r a t i v i , che operano in materie coperte dalla sola

riserva relativa di legge, e che per attuare altre disposizioni sono chiamati ad

un’opera di integrazione, con discreta libertà di manovra;

r e g o l a m e n t i i n d i p e n d e n t i : destinati a disciplinare, nel rispetto delle

norme di grado superiore, le materie attribuite in proprio (dalla legge) alla

competenza della P.A. (cioè non coperte da riserva di legge39). Detti regolamenti

presuppongono una legge che attribuisca alla P.A. la generale competenza ad

emanare norme in una determinata materia (es. regolamenti di polizia veterinaria,

in materia di igiene pubblica);

i r e g o l a m e n t i d i o r g a n i z z a z i o n e , disciplinano l’organizzazione e il

funzionamento delle pubbliche amministrazioni secondo disposizioni dettate da

legge, cui l’art. 97 Cost. riserva la disciplina di queste materie;

I r e g o l a m e n t i d e l e g a t i o a u t o r i z z a t i , sono quei regolamenti che, su

autorizzazione del Parlamento, superano i limiti cui è soggetta la potestà normativa

dell’Esecutivo, derogando a singole disposizioni di legge, abrogando intere

discipline di rango legislativo o intervenendo in materie coperte da riserva di legge.

Si discute circa la legittimità di questi regolamenti, in quanto la potenzialità che

39

Nel presupposto che, laddove la Costituzione, non richiede espressamente l’intervento del legislatore, la

materia può essere disciplinata mediante regolamento.

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Diritto costituzionale Il Governo

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hanno questi regolamenti di poter abrogare una legge ordinaria, rappresenta una

anomalia, se si considera che il regolamento del Governo è un atto subordinato, e

pertanto non può intervenire a modificare o abrogare una legge formale. Tuttavia la

dottrina giustifica l’esistenza di tali regolamenti, affermando che l’effetto abrogante

non è proprio dei regolamenti essendo atti subordinati, ma della legge di

autorizzazione la quale essendo una legge ordinaria ha la forza di abrogare

altrettante leggi emanate dal Parlamento. Tale categoria di regolamenti potrà essere

utilizzata per mettere in atto un progressivo processo di delegificazione40;

r e g o l a m e n t i d i a t t u a z i o n e d e l l e d i r e t t i v e

c o m u n i t a r i e : sono i regolamenti previsti dall’art. 4 della legge 9 marzo 1989,

n. 86 (c.d. Legge comunitaria), mediante i quali il Governo attua le direttive

comunitarie, purché si tratti di materie già disciplinate ma non riservate alla legge.

6.8. Gli atti politici.

Sono atti politici, gli atti attraverso cui il Governo esercita la funzione di indirizzo politico,

e che come tali non rivestono la natura amministrativa.

Gli atti politici sono volta alla formulazione ed attuazione delle scelte mediante le quali si

individuano i fini che lo Stato, in armonia con le previsioni della Costituzione, intende

perseguire in un dato momento storico. Tali atti sono caratterizzati dalla libertà del fine.

Per questo motivo devono essere distinti dagli atti amministrativi che, pur essendo

espressioni della discrezionalità della Pubblica Amministrazione, sono vincolati al

perseguimento di finalità pubbliche e non possono essere utilizzati per fini diversi da quelli

per i quali il relativo potere è stata conferito.

Sempre in tale prospettiva appare chiaro che contro gli atti politici, non sono esperibili

contro di essi, i rimedi utilizzabili a tutela dei privati avverso gli atti amministrativi, ossia i

ricorsi amministrativi (opposizione, ricorso gerarchico e ricorso straordinario al Capo dello

Stato) e quelli giurisdizionali (ricorso innanzi al giudice amministrativo e innanzi al giudice

ordinario).

6.9. Gli atti di alta amministrazione.

Gli a t t i d i a l t a a m m i n i s t r a z i o n e si configurano come una speciale categoria di

atti amministrativi, la cui peculiarità è quella di operare un raccordo tra funzione di governo e

funzione amministrativa.

Tali atti si collocano in una posizione intermedia tra gli atti politici, quali atti di indirizzo

volti alla scelta dei fini da perseguire, ed i provvedimenti amministrativi, diretti all’attuazione

concreta delle opzioni effettuate a livello governativo.

Gli atti di alta amministrazione sono riconducibili nel novero degli atti amministrativi, in

quanto al pari di questi ultimi, sono vincolati nel fine e sono soggetti al medesimo regime

giuridico. Nell’ambito della gerarchia delle fonti si collocano in una posizione di secondo

grado rispetto alla legge ordinaria e agli atti di direzione politica. Pertanto i privati possono

40

D e l e g i f i c a z i o n e : Termine che indica il potere del legislatore di affidare una determinata materia, già

disciplinata dalla legge, alla competenza normativa del potere esecutivo (normazione secondaria). Con la

delegificazione si autorizza espressamente il potere esecutivo a regolare materie che precedentemente erano

disciplinate con legge ordinaria, mediante l’uso dei regolamenti.

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Diritto costituzionale Il Governo

100

esperire gli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale contro gli atti di alta amministrazione

che siano lesivi della loro sfera giuridica.

I soggetti titolari del potere di alta amministrazione sono il Consiglio dei Ministri e i

Comitati interministeriali. Non mancano, però, altre ipotesi di organi legittimati ad adottare

atti di alta amministrazione, come nel caso in cui i Consigli regionali provvedono alla nomina

dei più alti dirigenti degli enti regionali41.

41

In via esemplificativa, costituiscono atti di alta amministrazione: I) l’approvazione dei regolamenti; II) le

deliberazioni di nomina e revoca dei più alti funzionari dello Stato; III) le decisioni dei Comitati

interministeriali; IV) le decisioni con cui il Consiglio dei Ministri risolve i conflitti di competenza.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

101

Capitolo 7° L a C o r t e C o s t i t u z i o n a l e

7.1. Nozione e attribuzioni.

La C o r t e costituzionale è un organo costituzionale, collegiale ed imparziale, i cui

compiti sono fondamentalmente quattro:

giudicare sulle controversie relative alla l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e

d e l l e l e g g i e d e g l i a t t i a v e n t i f o r z a d i l e g g e dello Stato e delle

Regioni (c.d. funzione di garanzia);

giudicare sui c o n f l i t t i d i a t t r i b u z i o n e tra i poteri dello Stato e su quelli

tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni (c.d. funzione arbitrale);

giudicare sulle a c c u s e p r o m o s s e c o n t r o i l P r e s i d e n t e d e l l a

R e p u b b l i c a ;

giudicare sull’a m m i s s i b i l i t à d e l l e r i c h i e s t e d i r e f e r e n d u m

a b r o g a t i v o .

Va precisato che con le prime tre competenze la Corte costituzionale esercita funzioni

giurisdizionali1, mentre con l’ultima una funzione amministrativa.

7.2. Composizione.

Il Costituente ha previsto un’articolata ed eterogenea composizione di questo organo al

fine di costituire un c o l l e g i o s u p e r p a r t e s , svincolato cioè dagli interessi dei partiti e

dagli altri organi costituzionali, per garantirne l’effettiva neutralità ed imparzialità di azione.

7.2.1. Composizione ordinaria.

Nella sua c o m p o s i z i o n e o r d i n a r i a (ossia quando giudica sulle controversie di

legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, sui conflitti di

attribuzione e sull’ammissibilità del referendum abrogativo), la Corte costituzionale si

compone di 1 5 g i u d i c i di cui :

5 eletti dalle supreme magistrature dello Stato, e in particolare:

o 3 da un collegio composto dai magistrati della C o r t e d i

C a s s a z i o n e ;

o 1 da un collegio composto dai magistrati del C o n s i g l i o d i S t a t o ;

o 1 da un collegio composto dai magistrati della C o r t e d e i C o n t i ;

5 e l e t t i d a l P a r l a m e n t o r i u n i t o i n s e d u t a c o m u n e , che li

elegge con scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti nel

primo e nel secondo scrutinio e dei tre quinti negli scrutini successivi;

1 L a C o r t e c o s t i t u z i o n a l e n o n a p p a r t i e n e a l l a m a g i s t r a t u r a o r d i n a r i a

considerata come un ordine (art. 104 Cost.) e ad essa non si riferiscono le norme costituzionali riguardanti

l’ordinamento giudiziario. Tuttavia, le sue funzioni sono (essenzialmente) giurisdizionali, e quindi anche

all’attività di essa svolge si deve applicare l’art. 111 Cost- per cui tutti i provvedimenti della Corte, avendo nato

giurisdizionale, devono essere motivati.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

102

5 n o m i n a t i d i r e t t a m e n t e d a l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a ,

che li nomina con un suo decreto controfirmato dal Presidente del Consiglio2.

I giudici costituzionali, quale che sia l’organo che li nomina o li elegge, devono essere

scelti, senza limiti di età, fra particolari categorie di persone, che sono competenti a farne

parte per le loro conoscenze giuridiche (art. 135, comma 2, Cost.): I) i magistrati, anche a

riposo, delle giurisdizioni superiori, ordinaria e amministrative; II) gli avvocati, con esercizio

professionale almeno ventennale; III) i professori ordinari di università in materie giuridiche.

I g i u d i c i o r d i n a r i d e l l a C o r t e s o n o n o m i n a t i p e r n o v e a n n i 3

(decorrenti dal giuramento), e n o n p o s s o n o e s s e r e n u o v a m e n t e n o m i n a t i ;

prima di assumere le funzioni, prestano giuramento di osservanza alla costituzione nelle mani

del Presidente della Repubblica, alla presenza dei Presidenti delle due Camere.

7.2.2. Composizione per i giudizi d’accusa.

Nei g i u d i z i d i a c c u s a c o n t r o i l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a la

composizione della Corte è diversa in quanto integrata da altri membri.

Ai predetti giudici costituzionali vengono affrancati, infatti, sedici membri (c.d. g i u d i c i

a g g r e g a t i ) tratti a sorte da un elenco di 45 cittadini, con i requisiti per l’eleggibilità a

senatore; tale e l e n c o è c o m p i l a t o d a l P a r l a m e n t o i n s e d u t a

c o m u n e o g n i n o v e a n n i , m e d i a n t e e l e z i o n e e c o n l e s t e s s e

m o d a l i t à s t a b i l i t e p e r l a n o m i n a d e i g i u d i c i o r d i n a r i .

La presenza di giudici aggregati, scelti dalle Camere in numero superiore a quelli ordinari

della Corte, e il sorteggio degli stessi da un’ampia lista (sedici su quarantacinque), tende ad

accentuare il carattere politico dei giudizi di accusa.

7.2.3. Il presidente della Corte Costituzionale.

Un particolare posizione assume in seno alla Corte il suo P r e s i d e n t e .

7.2.3.1. Elezione.

Egli è eletto tra i membri della Corte a m a g g i o r a n z a a s s o l u t a ; nel caso in cui

nessuno riporti la maggioranza si procede ad una nuova votazione e dopo di questa,

eventualmente, alla votazione di ballottaggio tra i candidati che hanno ottenuto il maggior

numero di voti e si proclama eletto chi abbia riportata la maggioranza. In caso di parità, è

proclamato eletto il più anziano di carica e, in mancanza, il più anziano di età.

7.2.3.2. Durata in carica.

Il Presidente r i m a n e i n c a r i c a p e r u n t r i e n n i o e d è

r i e l e g g i b i l e , fermi restando, in ogni caso, i termini di scadenza dell’ufficio di giudice.

7.2.3.3. Poteri.

Il presidente rappresenta la Corte, al convoca, ne preside le sedute sovraintende all’attività

delle commissione ed esercita gli altri poteri che gli sono attribuiti per legge e dai

regolamenti. In particolare il Presidente:

2 A questo riguardo, va ricordato che i decreti di nomina dei cinque giudice costituzionali rientrano fra gli atti

che si sono definiti f o r m a l m e n t e e s o s t a n z i a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i . 3 Alla scadenza del termine il giudice cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. Una ipotesi di prorogatio,

definita “speciale”, è però disciplinata dall’art. 26 della legge 25 gennaio 1962, n. 20 (contenete norme sui

giudici di accusa), il quale dispone che “I g i u d i c i o r d i n a r i e a g g r e g a t i c h e

c o s t i t u i s c o n o i l c o l l e g i o g i u d i c a n t e c o n t i n u a n o a f a r n e p a r t e

s i n o a l l ’ e s a u r i m e n t o d e l n u o v o i n c a r i c o ”.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

103

nomina nei giudizi di legittimità un giudice per la istruzione e la relazione e

convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la discussione;

quando lo ritenga necessario, può con provvedimento , ridurre sino alla metà i

termini dei procedimenti;

fissa con decreto il giorno dell’udienza e convoca la Corte; se nessuna delle parti è

costituita in giudizio può convocare la Corte in Camera di consiglio;

regola la discussione e può determinare i punti più importanti sui quali essa deve

svolgersi;

nella deliberazione delle ordinanze e delle sentenze vota per ultimo; in caso di

parità di voto prevale quella del Presidente.

7.3. Lo status di giudice costituzionale.

L’importanza e la delicatezza delle funzioni che i giudici della Corte svolgono comportano

incompatibilità e prerogative.

7.3.1. Incompatibilità,

L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o di

un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed

ufficio indicati dalla legge.

Durante il periodo di appartenenza alla Corte i giudici che siano magistrati in servizio o

professori universitari non potranno continuare nell’esercizio delle loro funzioni, essere

candidati in elezioni amministrative o politiche, svolgere attività inerenti ad un’associazione o

ad un partito politico.

7.3.2. Prerogative dei giudici costituzionali.

I giudici costituzionali sono assistiti da una serie di g a r a n z i e d i i n d i p e n d e n z a .

In particolare:

non possono essere rimossi o sospesi dal loro ufficio se non con decisione della

Corte4, per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze

nell’esercizio delle loro funzioni (i n a m o v i b i l i t à ) ;

finché durano in carica godono delle guarentigie previste dall’art. 68, per i

parlamentari, ivi compresa quella per la sottoposizione a giudizio penale, ormai

abolita per i parlamentari; le relative autorizzazioni sono date dalla Corte stessa

(i m m u n i t à p e n a l e ).

non sono sindacabili o perseguibili per le opinioni espresse ed i voti dati

nell’esercizio delle loro funzioni (i n s i n d a c a b i l i t à ) ;

spetta alla Corte accertare l’esistenza dei requisiti soggettivi di ammissione dei

propri componenti e dei cittadini eletti dal Parlamento, deliberando a maggioranza

assoluta dei suoi componenti;

i giudici ordinari hanno una retribuzione mensile che non può essere inferiore a

quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria ed è determinata con

legge.

4 La decisione della Corte deve essere assunta a maggioranza di due terzi dei componenti che partecipano

all’adunanza.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

104

7.4. Funzionamento della Corte.

7.4.1. Pubblicità.

Per quel che riguarda il funzionamento, va detto che le udienze della Corte sono pubbliche,

ma il Presidente può disporre che si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere

alla sicurezza dello Stato o all’ordine pubblico o alla morale, o quando avvengano da parte del

pubblico manifestazioni che possono turbare la serenità.

La Corte giudica in via definitiva con sentenza. Tutti gli altri provvedimenti di sua

competenza sono adottati con ordinanza.

7.4.2. Nei giudizi di legittimità costituzionale

Nei giudizi di legittimità costituzionale, la Corte funziona con l’intervento di almeno 11

giudici e le decisioni sono deliberate in Camera di Consiglio dai giudici presenti a tutte le

udienza in cui si è svolto il giudizio e vengono prese a maggioranza assoluta dei votanti5;

l’eventuale “opinione dissenziente” dei giudici che vi partecipano non può essere resa

pubblica. Nel caso di parità di voto prevale quello del Presidente.

7.4.3. Nei giudizi di accusa.

Nei giudizi di accusa il Collegio giudicante deve, in ogni caso essere costituito da almeno

ventuno giudici, dei quali i giudici aggregati devono essere in maggioranza. In caso di parità

di voti prevale l’opinione più favorevole all’accusato.

7.5. Il sindacato di legittimità delle leggi.

7.5.1. Nozione.

Per s i n d a c a t o d i l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e s’intende quell’operazione di

verifica volta ad accertare che una legge o un atto ad essa equiparato6 sia conforme alle norme

della Costituzione, che ne disciplinano forma e procedura d’adozione e impongono o

escludono determinati contenuti.

7.5.2. Caratteri.

Il s i n d a c a t o d i l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e , nel nostro ordinamento

presenta le seguenti caratteristiche:

si tratta di un s i n d a c a t o s u c c e s s i v o 7, dal momento che la verifica avviene

sempre su leggi o atti equiparati già in vigore;

il controllo è a c c e n t r a t o 8 in un unico organo, vale a dire la Corte

costituzionale;

tale controllo viene attivato sia mediante la rimessione alla Corte delle questioni di

costituzionalità sollevate nel corso di un processo da una delle parti o dal giudice

(s i n d a c a t o i n c i d e n t a l e ), sia attraverso la diretta impugnazione degli atti

ritenuti incostituzionali da parte dello Stato o delle Regioni (s i n d a c a t o i n v i a

p r i n c i p a l e ).

5 Mentre per le deliberazione riguardanti norme regolamentari la maggioranza richiesta è di otto giudici.

6 Sugli atti diversi dalla legge e ad essa non equiparabili, come i regolamenti dell’esecutivo e i provvedimenti

amministrativi, il controllo è compiuto, invece, da ogni giudice, che è tenuto ad annullarli o disapplicarli qualora

siano in contrasto con la legge, compresa quella costituzionale. 7 Il s i n d a c a t o successivo si distingue da quello p r e v e n t i v o effettuato prima che la legge venga

pubblicata ed entri in vigore. 8 Il s i n d a c a t o accentrato si distingue da quello d i f f u s o , che si ha quando il potere di verificare la

legittimità costituzionale delle leggi è riconosciuto in capo ad ogni giudice.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

105

7.5.3. Ambito di applicazione.

7.5.3.1. Atti soggetti al sindacato di costituzionalità.

Il sindacato della Corte costituzionale si esercita sulle legge e sugli atti aventi forza di

legge dello Stato e delle Regioni

l e g g i c o s t i t u z i o n a l e e d i r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e

leggi costituzionali, sicuramente sotto il profilo della illegittimità formale (vizi

formali relativi alla regolarità del procedimento di formazione di cui all’art. 138

Cost.) ma anche sotto il profilo della illegittimità materiale, se si accoglie la tesi dei

limiti assoluti della revisione costituzionale;

le l e g g i o r d i n a r i e d e l l o S t a t o sono invece, sindacabili senza alcuna

limitazione;

gli a t t i v i a v e n t i f o r z a d i l e g g e , cioè i decreti-legge9 e decreti

legislativi10;

le l e g g i r e g i o n a l i e l e l e g g i d e l l e P r o v i n c e d i T r e n t o

e B o l z a n o : l’art. 127 ne prevede la sindacabilità quando eccedono la loro

competenza;

gli S t a t u t i r e g i o n a l i che pur non essendo più approvati con legge del

Parlamento, ma dallo stesso Consiglio regionale, sono espressamente assoggettati

al sindacato di costituzionalità dell’art. 123 Cost., come modificato dalla L. cost.

1/199911;

7.5.3.2. Atti non soggetti.

Gli a t t i n o n soggetti a l s i n d a c a t o d i c o s t i t u z i o n a l i t à sono: I) atti

materialmente amministrativi e le sentenze; II) i regolamenti; III) gli atti normativi della

Comunità Europea.

Il sindacato è da escludere anche per il referendum, in quanto la relativa richiesta è già

stata sottoposta al giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale.

7.5.4. I vizi di legittimità costituzionale delle leggi.

I v i z i d i l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e d e l l e l e g g i (e degli atti

aventi forza di legge) si distinguono in vizi formale e vizi materiali.

9 La Corte costituzionale ha precisato che i decreti-legge possono essere oggetto del suo sindacato anche

relativamente ai presupposti di necessità ed urgenza (sent. n. 29/1995) e che la sua valutazione di legittimità può

anche trasferirsi da un decreto decaduto a quello che lo reiteri, qualora la norma del primo venga riprodotta

fedelmente nel secondo (sent. n. 84/1996); 10

Dubbi possono sorgere sulla imputabilità di un decreto–legge, perché nel breve periodo della sua vigenza (al

massimo 60 giorni) appare problematico che possa instaurarsi il giudizio innanzi alla Corte; a meno che la legge

di conversione modifichi o integri il testo del decreto legge oppure converta il decreto senza riprodurre il testo.

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di illegittimità costituzionale sollevata nei

confronti di un decreto legge non convertito. Il decreto–legge potrà invece essere impugnato in via d’azione da

una Regione che lamenti la lesione, da esso operata, dalla sua sfere di competenza, purché tale lesione si

determini immediatamente in seguito alla sua entrata in vigore. 11

Nonché i d e c r e t i d e l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a contenenti le norme di

attuazione degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

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7.5.4.1. Vizi formali.

Si ha v i z i o f o r m a l e quando la legge è approvata dal Parlamento violando una delle

norme sul procedimento di formazione delle leggi contenute nella Costituzione o secondo un

procedimento diverso da quello prescritto.

Al riguardo si ricordi, come già è stato evidenziato, che la legge non presenta vizi formali,

è come tale non può essere oggetto di sindacato di legittimità costituzionale da parte della

Corte Costituzionale, quando è adottata in violazione delle norme sul procedimento

legislativo contenute nei regolamenti parlamentari (avendo il Parlamento la possibilità di

gestire in maniera autonoma il suo potere legislativo).

7.5.4.2. Vizio materiale.

Si ha il v i z i o m a t e r i a l e quando una norma contenuta in una legge ordinaria od in un

atto ad essa equiparato è in contrasto con una norma costituzionale o con un principio

costituzionale (anche se implicito), ovvero quando l’organo che ha emanato la legge non era

competente secondo la ripartizione delle competenze legislative effettuata dalla Costituzione.

Vi sono due tipi di vizi materiali: vizio per incompetenza e eccesso di potere.

7.5.4.2.1. Vizio per incompetenza.

Si ha v i z i o p e r i n c o m p e t e n z a quando l’organo che ha emanato la legge non era

competente secondo la ripartizione delle competenze legislative effettuate dalla Costituzione,

in particolare:

quando una legge dello Stato invade la sfera di competenza riservata dalla

Costituzione o dagli Statuti regionali alle Regioni (qualora si tratti di regioni a

Statuto speciale);

quando la legge di una Regione o disciplina una materia non rientrante fra quelle

su cui essa può legiferare o invade la sfera di competenza riservata allo Stato o

quella di un’altra Regione.

7.5.4.2.2. Eccesso di potere.

Si ha e c c e s s o d i p o t e r e quando la legge è stata emanata per un fine da diverso da

quello assegnatogli dalla Costituzione o in modo non conducente al conseguimento del fine, o

ancora, non rispondente al criterio della ragionevolezza.

7.5.5. Il procedimento per i giudizi di costituzionalità delle leggi

7.5.5.1. Generalità.

L’ordinamento italiano prevede due tipi di giudizi di legittimità costituzionale delle leggi:

uno in via incidentale, ed uno in via principale

Il giudizio in via incidentale trae origine da una controversia giudiziaria pendente innanzi

all’autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa (Tribunale, T.A.R. etc.). Nel corso di tale

controversia viene eccepita l’incostituzionalità della legge da applicare, ed allora il giudice

rinvia gli atti alla Corte costituzionale, sospendendo la causa, affinché la Corte decida sulla

questione.

Il giudizio in via principale, invece, si verifica quando viene proposto ricorso

immediatamente e direttamente alla Corte costituzionale. Tale forma di impugnativa è

consentita, nel nostro ordinamento, soltanto al Governo, per conto dello Stato, e alle Regioni

(e alle Province di Trento e Bolzano).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

107

7.5.5.2. Il giudizio in via incidentale

7.5.5.2.1. Presso il giudice a quo

7.5.5.2.1.1. Proposizione della questione.

La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata i n v i a i n c i d e n t a l e ,

cioè nel corso di un giudizio (penale, civile, amministrativo):

mediante un’apposita istanza12 da una delle parti in via d’eccezione indicando:

o le disposizioni della legge (o dell’atto avente forza di legge) che si

ritengono viziate da illegittimità costituzionale;

o e le disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali che si ritengono

violate13.

e d’ufficio dall’autorità giurisdizionale14 innanzi al quale verte il giudizio15.

7.5.5.2.1.2. Valutazione del giudice a quo.

Il giudice innanzi al quale è sollevata la questione detto g i u d i c e a q u o (la Corte

Costituzionale viene detta giudice ad quem) deve procedere ad un d u p l i c e

a c c e r t a m e n t o (sempre che non abbia egli stesso sollevato la questione):

deve accertare la c.d. r i l e v a n z a d e l l a q u e s t i o n e : in altri termini il

giudice dovrà esaminare se la questione sia stata sollevata nei confronti di una

legge o atto equiparato (o di singolo loro disposizioni) che gli ritine di dover

applicare per poter definire il giudizio;

ritenuta rilevante la questione, il giudice deve verificare se la questione di

legittimità costituzionale p o s s a r i t e n e r s i n o n m a n i f e s t a m e n t e

i n f o n d a t a : in altri termini ilI giudice deve accertare, mediante una «cognizione

sommaria», se sussista o meno un ragionevole dubbio sulla costituzionalità della

legge.

7.5.5.2.1.3. Decisione del giudice a quo.

Il giudice decide con o r d i n a n z a a d e g u a t a m e n t e m o t i v a t a , con cui può:

respingere la questione: in tal caso l’ordinanza non può essere impugnata, ma la

questione può essere riproposta nella fase successiva del giudizio;

accogliere l’eccezione di incostituzionalità: con tale ordinanza il giudice sospende

il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Anche l’o r d i n a n z a d i a c c o g l i m e n t o come la richiesta, deve indicare le

12

L’istanza può essere proposta in qualsiasi stadio del giudizio e, se respinta in primo grado, può essere

riproposta in ogni grado ulteriore del processo. 13

Tuttavia può avvenire anche che il vizio di legittimità costituzionale sia determinato dalla violazione di una cd.

n o r m a i n t e r p o s t a (per es. un decreto legislativo emanato in contrasto con il contenuto della legge

delega) 14

Rispetto al significato di “a u t o r i t à g i u r i s d i z i o n a l e ” la Corte Costituzionale ha adottato una

interpretazione estensiva, ammettendo che la questione possa essere sollevata, oltre che innanzi ai giudici

ordinari e speciali, anche innanzi ad ogni autorità che eserciti una funzione qualificabile come giurisdizionale,

sia pure soltanto sotto il profilo formale e procedurale; in tale prospettiva la Corte ha ritenuto che la questione di

legittimità costituzionale possa essere sollevata anche davanti alla Sezione di controllo della Corte dei conti, alla

sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura etc. 15

Sempre la Corte Costituzionale ha operato un’interpretazione estensiva del termine “g i u d i z i o ”, intendendo

per giudizio anche la fase precedente e successiva al procedimento vero e proprio, pertanto la questione di

legittimità costituzionale può essere sollevata sia innanzi al giudice istruttore in sede civile che davanti al giudice

di sorveglianza per la esecuzione della pena.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

108

disposizioni della legge di cui si denuncia l’incostituzionalità e le disposizioni della

Costituzione che si assumono violate. Risultano in tal modo predeterminati sia

l’oggetto del giudizio (rappresentato, appunto, dalle norme di dubbia

costituzionalità) sia il parametro di esso (rappresentato dalle norme costituzionali

che risulterebbero violate). II giudizio della Corte costituzionale risulta, pertanto,

vincolato dalla norma costituzionale in rapporto alla quale viene eccepita

l’incostituzionalità (c.d. norma parametro).

7.5.5.2.1.4. Notifica e pubblicazione dell’ordinanza.

L’ordinanza deve essere notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Presidente

della Giunta regionale (a seconda che la questione riguardi una norma di legge statale o

regionale). Di essa viene data mera comunicazione ai Presidenti delle due Camere o (se

trattasi di legge regionale) al Presidente del Consiglio regionale.

L’ordinanza deve essere pubblicata, a cura del Presidente della Corte, sulla Gazzetta

Ufficiale (e, se ricorre l’ipotesi, anche sul Bollettino Ufficiale della Regione interessata)

affinché gli altri giudici che si trovino ad affrontare la stessa questione ne siano informati, e

sospendano il giudizio in attesa della decisione della Corte. Non vige, tuttavia, per essi, un

preciso obbligo giuridico di sospendere i procedimenti.

7.5.5.2.2. Presso il giudice ad quem.

Entro 20 giorni dall’avvenuta notificazione dell’ordinanza emessa dal giudice a quo,

le p a r t i del giudizio di merito che lo ha originato hanno facoltà (e pertanto non

sono obbligate a farlo, in altri termini all’interno del giudizio in esame non vi sono

parti necessarie) di c o s t i t u i r s i innanzi alla Corte per difendere i loro concreto

interesse;

mentre hanno facoltà (e dunque non l’obbligo) di intervenire (e non costituirsi in

quanto non configurabili come parti) in giudizio per presentare le loro deduzioni:

o il Presidente del Consiglio dei Ministri (rappresentato da un Avvocato dello

Stato), in rappresentanza dello Stato qualora si tratti di legge o atto avente

forza di legge statale;

o il Presidente della Giunta regionale, se il giudizio verte su una legge

regionale.

Trascorso il termine di venti giorni entro il quale le parti possono costituirsi, ed i Presidenti

del Consiglio o della Giunta Regionale intervenire, il Presidente della Corte nomina un

giudice per l’istruzione e la relazione e convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la

discussione. Si ricordi che qualora non si costituisca alcuna parte o in caso di manifesta

infondatezza, la Corte può decidere in Camera di consiglio.

Al termine della discussione, e con la presenza dei soli giudici che sono stati presenti a

tutte le udienze (cosi come evidenziato in precedenza) la Corte assume una decisione.

7.5.5.3. Il giudizio in via principale (o in via d’azione).

Il p r o c e d i m e n t o i n v i a d ’ a z i o n e ( o p r i n c i p a l e ) può essere adottato

(entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge che si ritiene lesiva della sfera di competenza)

solo dallo Stato (in particolare il Governo16), per impugnare una legge regionale o provinciale,

16

La questione è sollevata previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente del Consiglio.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

109

o dalla Regione per impugnare una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o una

legge di un’altra Regione.

Va precisato che l’oggetto di legittimità davanti la Corte è limitato al riscontro di un

v i z i o d i i n c o m p e t e n z a , dal momento che il Governo nazionale può eccepire soltanto

il difetto di competenza del legislatore regionale, così come la Regione può eccepire soltanto

l’invasione della propria sfera di competenza da parte di una legge statale o di un legge di

altra Regione.

7.5.5.4. Il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato

Al riguardo va rilevato che sia nel giudizio incidentale sia in quello principale, oggetto

della deliberazione della Corte è la “questione”, così come (cioè nei termini e per i motivi)

essa le viene posta dalle parti e dal giudice.

In altri termini, la Corte non può ampliare l’ambito del suo giudizio ma deve attenersi, nel

pronunciare la sentenza, a ciò che le è stato chiesto e non allargare il thema decidendum oltre i

limiti in cui è stato formulato dalle parti e dal giudice, secondo un principio di diritto

processuale definito come “p r i n c i p i o d i c o r r i s p o n d e n z a f r a c h i e s t o e

p r o n u n c i a t o ”.

Le eccezioni all’applicazione di questo principio non sono tuttavia mancate, in quanto

spesso la Corte Costituzionale, attraverso sentenze interpretative (vedi infra), ha spostato la

sua attenzione o su una latra norma diversa da quella che gli era stata sottoposta in esame, o

persino per l’intero testo legislativo.

7.5.5.5. Le decisioni della Corte Costituzionale.

La Corte giudica in via definitiva17 con sentenza18. Tutti gli altri provvedimenti di sua

competenza sono adottati con ordinanza.

In particolare per quanto riguarda le decisioni che la Corte può adottare in relazione ad un

giudizio di costituzionalità, va dette che esse possono essere di rito o di merito.

7.5.5.5.1. Le decisioni di rito o processuali.

Le d e c i s i o n i d i r i t o o p r o c e s s u a l i sono le decisione con le quali la Corte non

definisce la questione di legittimità costituzionale sottopostale (non entrando nel merito di

quest’ultima) bensì il giudizio costituzionale cui la questione ha dato luogo.

Fra tali decisioni vanno annoverate:

di m a n i f e s t a i n f o n d a t e z z a d e l l a q u e s t i o n e : emesse nel caso in

cui la Corte prenda in esame questioni formulate negli stessi termini motivi o

profili di altre già dichiarate infondate o questioni che pur formulate in termini e

con motivi nuovi, non di meno siano identiche od analoghe ad altre già dichiarate

infondate, ancora quando la questione sia palesemente inconsistente

di m a n i f e s t a i n a m m i s s i b i l i t à : emesse quando si tratti questioni già

dichiarate incostituzionali.

a b e r r a t i o i c t u s : emesse nell’ipotesi in cui il giudice a quo sollevi la

questioni su una norma diversa da quella applicabile.

17

Articolo 137 3° comma: “ Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione” 18

Le sentenze sono pronunciate in nome del popolo italiano e devono contenere, oltre alle indicazione dei motivi

di fatto e di diritto, il dispositivo la data della decisione e la sottoscrizione del Presidente e del giudice che le ha

redatte.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

110

7.5.5.5.2. Le decisione di merito.

Le d e c i s i o n i d i m e r i t o , invece, comportano un esame del contenuto della

questione di costituzionalità sottoposta alla Corte, e possono essere di due specie di rigetto e

di accoglimento (a cui tuttavia vanno aggiunte le sentenze interpretative e le sentenze

monito).

7.5.5.5.2.1. Sentenze di accoglimento

Sono di a c c o g l i m e n t o quelle sentente con le quali la Corte dichiara

l’incostituzionalità della legge o della norma impugnata.

A norma dell’art. 136. Cost. la norma dichiarata illegittima costituzionalmente cessa di

avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte nella

“Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana”.

Sembrerebbe dunque che l’efficacia delle sentenza di accoglimento abbia valore per

l’avvenite (ex nunc) e non riguardi, pertanto i rapporti, e le situazioni giuridiche già pendenti,

che dovrebbero continuare ad essere disciplinati dalla legge dichiarata costituzionalmente

illegittima.

Conseguenza questa palesemente assurda, in quanto la sentenza di accoglimento della

Corte non spiegherebbe i suoi effetti nel giudizio in cui la questione è stata sollevata, e

pertanto nessuno avrebbe più interesse a sollevare questione di illegittimità costituzionale..

Il vero è che l’art. 136 non va letto da solo bensì integrandolo con l’art. 1 della legge Cost.

n. 1/48 a norma del quale la questione di legittimità costituzionale può essere posta alla Corte

solo indirettamente, nel corso di un giudizio, da una delle parti o dal giudice.

Da tale lettura la Corte Costituzionale ha dedotto e stabilito in via implicita, che

l ’ i n e f f i c a c i a d e l l a l e g g e d i c h i a r a t a i l l e g i t t i m a è r e t r o d a t a

a l m o m e n t o d e l l a r i c h i e s t a , d u n q u e i n t u t t i i p r o c e s s i i n

c o r s o l a n o r m a n o n t r o v e r à a p p l i c a z i o n e (d i s a p p l i c a z i o n e

d e l l a n o r m a 19).

Rimangono invece f e r m i g l i e f f e t t i d e l l e s e n t e n z e p a s s a t o i n

g i u d i c a t o in cui è stata applicata la legge dichiarata illegittima; cioè è invece da

e s c l u d e r e p e r l e n o r m e p e n a l i , le quale se dichiarate illegittime, incidono

anche per le sentenze passate in giudicato, e se c’è stata una condanna vengono cessato gli

effetti e l’esecuzione della pena20.

E f f e t t o d i r e t t o della sentenza di accoglimento è la r e v i v i s c e n z a delle

norme abrogate dalle norme dichiarate illegittime costituzionalmente. Ma spetta in tal caso

alla Corte controllare se le norme ridivenute operanti non presentino a loro volta, in base alle

stesse valutazioni che hanno portato alla dichiarazione di illegittimità delle norme che le

hanno abrogate, aspetti di imparziale illegittimità21.

19

Va rilevato che la disapplicazione della norma dovrà avvenire non solo da parte dei giudizi ma anche da parte

di chiunque (soggetto pubblico o privato) avrebbe dovuto applicarla. 20

Nella stessa sentenza di accoglimento la Corte può dichiarare illegittime anche le norme consequenziali, ossia

quelle che per la loro validità presupponeva l’esistenza della norma dichiarata illegittima, si parla della c.d.

i l l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e c o n s e g u e n z i a l e . In ogni caso anche la dichiarazione di

illegittimità conseguenziale costituisce una deroga al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 21

E sarebbe questo – sempre secondo la Corte – un caso di illegittimità conseguenziale.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

111

7.5.5.5.2.2. Sentenze di rigetto.

Sono di r i g e t t o , quelle sentenze con cui la Corte, dichiara infondata la questione di

legittimità (cosi come prospettata22).

Le sentenze di rigetto non hanno, efficacia erga omnes. La loro efficacia vale soltanto (nel

procedimento in via incidentale) nei confronti del giudice a quo, nel senso che il giudice sarà

tenuto ad applicare la legge rispetto alla quale era stata formulata la questione23.

È chiaro che benché ci sia stata il rigetto della questione, la stessa questione può sempre

essere riproposta alla Corte, dalle stesse parti24 o da altre, proponendo nuovi motivi

d’incostituzionalità, oppure anche richiamandosi ai vecchi25, in quanto la Corte potrebbe nel

frattempo aver cambiato orientamento26.

7.5.5.5.2.3. Sentenze interpretative.

Si hanno s e n t e n z e i n t e r p r e t a t i v e quando la Corte, andando al di la del thema

decidendum, reinterpreta la norma della cui costituzionalità si dubita (con la conseguenza che

al termine del giudizio non si avrà ne una sentenza di rigetto ne una sentenza di accoglimento

essendo diversa la norme oggetto del giudizio).

Le sentente interpretative possono essere:

d i r i g e t t o : quando la Corte avendo tratto dal testo legislativo un norma in

tutto o parte diversa da quella tratta dalla parti e dal giudice, dichiara che, rispetto a

questa norma, non sussistono vizi di legittimità costituzionale, facendo in tal modo

salvo il testo legislativo27;

d i a c c o g l i m e n t o : quando la Corte dichiara illegittimo l’intero testo (con

l’efficacia propria delle sentenze di accoglimento), in funzione di una determinata

interpretazione, in modo che vengono fatte salve tutte le altre interpretazioni del

testo. Ciò non vuol dire che la legge viene eliminata dall’ordinamento, ma solo che

essa non potrà più essere applicata secondo l’interpretazione che la Corte ha

dichiarato illegittima.

22

In altri termini la sentenza di rigetto vale ad escludere la sussistenza dei vizi di legittimità così come formulati

nella questione e denunciati nell’ordinanza di remissione o nel ricorso. 23

Se invece, oggetto del giudizio era una legge regionale o provinciale impugnata in via di azione, allora

l’efficacia della sentenza si spiegherà nel senso di rendere possibile la promulgazione e la pubblicazione della

legge, e quindi la sua entrata in vigore. 24

Va precisato che quando si tratta di procedimenti incidentali, le stesse parti potranno riproporre la questione,

adducendo vizi diversi (vedi nota successiva), solo in un’altra fase del medesimo giudizio. 25

Ciò non è possibile quando si ripropone la questione in un’altra fase di un medesimo giudizio, se si tratta di

procedimento in via incidentale, in quanto in questo per essere accolta la questione deve proposta sui motivi

nuovi. 26

Va tuttavia rilevato che la Corte dichiara,di regola, m a n i f e s t a m e n t e i n f o n d a t e , le questioni di

legittimità costituzionale riproposte negli stessi termini di altre sulle si era già con pronunciata con sentenza di

rigetto. 27

BRANCA giustifica le sentenze interpretative di rigetto, adducendo a che tali sentenze scaturiscono da motivi di

opportunità e di convenienza politica, al fine di evitare “un buco nell’ordinamento, un buco che è di per se stesso

un male” (l’h o r r o r v a c u i ). In sintesi BRANCA sostiene che la Corte Costituzionale è portata piuttosto a

conservare la legge che a caducarla, o a caducarla in parte piuttosto che travolgerla tutta. È importante ribadire

che l e s e n t e n z e i n t e r p r e t a t i v e d i r i g e t t o n o n v a l g o n o e r g a o m e n e s ,

m a s o n o d i r e t t e s o l o a l g i u d i c e a q u o . Il problema ora è stabilire se l’interpretazione

della Corte è vincolante per il giudice a quo, al riguardo CRISAFULLI afferma che vi è un “vincolo positivo”, nel

senso che il giudice è tenuto ad applicare la norme quale la Corte l’ha individuata, mentre per SANDULLI vi è un

“vincolo negativo” giacché la sentenza vieterebbe al giudice di interpretare il testo nel senso disatteso dalla Corte

ma lo lascerebbe libero di dargli qualsiasi altra interpretazione.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

112

Rispetto alla sentenza di accoglimento, vi è da dire però che questo tipo di sentenza è

andato in disuso, in quanto la Corte piuttosto ricorre alle s e n t e n z e d i a c c o g l i m e n t o

p a r z i a l e che si hanno quando pur lasciando immutato il testo la Corte dichiara

l’illegittimità costituzionale di norme o di frammenti di norme da esso desumibili in via

interpretativa. Con questo tipo di sentenze, detta anche s e n t e n z e m a n i p o l a t i v e la

Corte in realtà interviene sulla portata normativa della disposizione, che viene estesa, ridotta o

comunque mutata, in modo da ricondurre il testo stesso nell’alveo della legittimità

costituzionale. Avremo dunque tre tipi di sentenza manipolative:

s e n t e n z e a d d i t i v e : sono sentenze con le quali la Corte dichiara

l’illegittimità di un testo nella parte in cui non contiene una previsione normativa,

che deve necessariamente esserci, senza che ciò significhi che la norma immessa

sia creata dalla Corte essendo essa già implicita nel sistema28;

s e n t e n z e r i d u t t i v e : sono sentenze con le quali la Corte dichiara

l’illegittimità costituzionale di un testo nella parte in cui contiene una previsione

normativa, che non deve esserci

s e n t e n z e s o s t i t u t i v e : sono sentenze con le quali la Corte sostituisce ad una

parte del testo un’altra parte, che e s s a stessa trae dal testo in via di

interpretazione;

7.5.5.5.2.4. Le sentenze monito.

Vanno infine rilevate le s e n t e n z e i n d i r i z z o o m o n i t o : sono sentenze con le

quali la Corte rilevata la mancanza di una determinata legge di disposizioni che, invece,

dovrebbero esserci perché ritenute essenziali al fine assicurare il rispetto della Costituzione, si

indirizza al legislatore e detta essa stessa i criteri ai quali dovrà uniformarsi per adeguare la

disciplina della materia ai precetti costituzionali (avvertendo eventualmente il legislatore che

qualora dovesse restare inattivo, la legge vigente varrà dichiarata incostituzionale)29.

7.6. I conflitti di attribuzione.

La seconda funzione demandata dall’art. 134 Cost. alla Corte Costituzionale consiste nella

r i s o l u z i o n e d e i c o n f l i t t i d i a t t r i b u z i o n e tra i supremi poteri dello

Stato, tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni.

La Corte risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano

le attribuzioni in contestazione e, ove sia emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla.

7.6.1. Nozione.

Per c o n f l i t t i d i a t t r i b u z i o n e si intendono le controversie che insorgono fra i

poteri dello Stato, fra Stato e Regioni e fra Regioni, allorché uno di essi usurpi o pretenda di

usurpare le funzioni spettanti ad altri, affermando la propria competenza (conflitto positivo),

28

Le sentenze additive possono essere d i g a r a n z i a quando riconoscono un diritto fondamentale negato

dalla norma illegittima, o di p r e s t a z i o n e , quando riconoscono una pretesa patrimoniale tutelata dalla

Costituzione o negata dalla norma illegittima. Può accadere inoltre che la Corte non immetta nell’ordinamento

una regola immediatamente applicabile, ma solo un principio derivante dalla Costituzione, cui il legislatore

dovrà attenersi nella disciplina futura del medesimo oggetto, queste s e n t e n z e sono dette a d d i t i v e d i

p r i n c i p i o . 29

Tali sentenze si differenziano da quelle additive di principio perché non immettono un nuovo principio in una

disciplina particolare sottoposta al controllo della Corte, ma indicano al legislatore la strada da seguire per una

futura normazione costituzionalmente legittima.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

113

interferisca nelle funzioni altrui mediante esercizio illegittimo di competenze proprie, senza

alcuna rivendicazione (conflitto negativo)30.

V a p r e c i s a t o c h e a f f i n c h é s o r g a u n c o n f l i t t o d i

a t t r i b u z i o n e è n e c e s s a r i o c h e s i a n o s t a t e v i o l a t e n o r m e

d e l l a C o s t i t u z i o n e o l e g g i c o s t i t u z i o n a l i .

7.6.2. I conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni.

Si ha c o n f l i t t o d i a t t r i b u z i o n e t r a S t a t o e R e g i o n i , quando una

Regione invade con un suo atto31 (si noti che l’atto deve essere non legislativo o non avere

forza di legge, in quanto in tal caso si dovrebbe sollevare questione di illegittimità

costituzionale per vizio di incompetenza) la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione

allo Stato ovvero ad un’altra Regione.

Del pari si ha conflitto di attribuzione tra Stato e Regione quando è lo Stato con un suo atto

(si noti che l’atto deve essere non legislativo o non avere forza di legge, in quanto in tal caso

si dovrebbe sollevare questione di illegittimità costituzionale per vizio di incompetenza) ad

invadere la sfera di competenza costituzionale di una Regione32.

In entrambi i casi, lo Stato o la Regione rispettivamente interessati possono proporre

ricorso alla Corte Costituzionale per il regolamento di competenza33.

7.6.3. I conflitti di attribuzione fra i poteri supremi dello Stato.

7.6.3.1. Nozione

Si ha c o n f l i t t o t r a p o t e r i d e l l o S t a t o quando un o r g a n o

c o m p e t e n t e a d i c h i a r a r e d e f i n i t i v a m e n t e l a v o l o n t à d e l

p o t e r e c u i a p p a r t i e n e 34, emani un atto (si noti che l’atto deve essere non

30

I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato vanno distinti sia da quelli tra la P.A. e l’autorità giudiziaria

(artt. 41 e 368 c.p.c.), che, esaurendosi in questioni di giurisdizione, vanno risolti dalle Sezioni Unite della

Cassazione dietro esperimento del regolamento di giurisdizione; sia dai conflitti amministrativi, che

intercorrendo tra organi di una stessa amministrazione vanno, invece, risolti dal superiore gerarchico oppure, in

caso di sua mancanza, dall’autorità cui tale potere, caso per caso, sia conferito dalla legge. 31

L’atto lesivo di competenze può concretizzarsi in qualunque manifestazione di volontà con la quale si affermi

il diritto di esercitare un potere per competenza propria oppure si turbi l’esercizio delle competenze altrui. Anche

una semplice omissione di atti dovuti può interferire nelle competenze altrui. Se la lesione della sfera di

competenza è originata da leggi o atti equiparati, si rientra, invece, nel giudizio di costituzionalità delle leggi. 32

Tale previsione si estende anche alle province autonome di Trento e Bolzano. 33

Il ricorso è proposto per lo Stato dal presidente del Consiglio o da un ministro da lui delegato e per la Regione

dal Presidente della Giunta in seguito a deliberazione della Giunta stessa. 34

La Corte costituzionale ha precisato che l’art. 37 della legge 11–3–1953, n. 87, che disciplina l’art. 134 Cost.

la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, allude “a d o r g a n i i c u i

r i s p e t t i v i a t t i o c o m p a r t i m e n t i s i a n o i d o n e i a c o n f i g u r a r s i c o m e

e s p r e s s i o n e u l t i m a e d i m m o d i f i c a b i l e d e i r i s p e t t i v i p o t e r i : nel senso

che nessun altro organo, all’interno di ciascun potere, sia abilitato ad intervenire d’ufficio o dietro sollecitazione

del potere controinteressato, rimuovendo o provocando la rimozione dell’atto o del comportamento che si

assumono lesivi”.

Su questa base, la Corte ha riconosciuto ai seguenti organi la possibilità di essere soggetti nei fitti di attribuzione:

I) Presidente della Repubblica; II) Corte costituzionale; III) le Camere singolarmente e collettivamente, il

Parlamento in seduta comune e le Commissioni inquirenti, relativamente alle funzioni da ciascun organo svolte;

IV) il Consiglio dei Ministri quale organo cui fa capo il potere esecutivo, ma anche il Presidente del Consiglio ed

il Ministro della Giustizia relativamente alle attribuzioni conferite dalla Costituzione questi due organi

monocratici; V) Consiglio Superiore della Magistratura; VI) Corte dei Conti, sia nella veste di organo

giurisdizionale che in sede di controllo contabile; VII) i singoli giudici, in quanto espressione, ciascuno, di un

potere diffuso autonomo e indipendente, e gli stessi organi requirenti (i pubblici ministeri), relativamente

all’attribuzione costituzionalmente individuata dell’esercizio dell’azione penale (art. 112 Cost.); VIII) il

Comitato promotore dei referendum che, pur non rappresentando un potere dello Stato–apparato, bensì una

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La Corte Costituzionale

114

legislativo, in quanto in tal caso si dovrebbe sollevare questione di illegittimità costituzionale)

o ponga in essere un comportamento, provochi un pregiudizio ad un altro organo (anche esso

ovviamente competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene),

vuoi perché interviene nelle sfera di competenza in tutto o in parte a lui riservata, vuoi perché

impedisce di esercitare proprie attribuzione od ostacola l’efficacia dei suoi atti, vuoi infine

perché ne turba in qualche modo l’indipendenza sul piano strutturale, come potere dello Stato.

7.6.3.2. Condizioni.

In base all’art. 37 della legge 87/1953 «il conflitto tra poteri dello Stato è risolto dalla

Corte costituzionale se insorge tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà

del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i

vari poteri da norme costituzionali».

Perché sorga conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato sono quindi, necessarie le

seguenti c o n d i z i o n i :

che esso sorga fra organi appartenenti a poteri diversi35;

che sorga fra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a

cui appartengono;

che sorga per la delimitazione della sfera di attribuzione determinata per i vari

poteri da norme costituzionali.

figura soggettiva esterna, si vede attribuire dall’ordinamento la titolarità e l’esercizio di funzioni pubbliche

costituzionalmente rilevanti e garantite.

Appare chiaro dunque che la cerchia degli organi “competenti a dichiarare definitivamente” la volontà del potere

cui appartengono è più larga di quella degli organi comunemente detti “supremi” (vale a dire gli organi

costituzionali). 35

Restano pertanto esclusi dalla competenza della Corte i conflitti fra organi appartenenti a giurisdizione diverse

(ad esempio TAR e tribunale ordinario) in ordine alla appartenenza della potestà di decisione di una determinata

questione (i c.d. c o n f l i t t i d i g i u r i s d i z i o n e ) ed i conflitti fra organi appartenenti ad uno stesso

potere (ad esempio, fra due ministri) (i c.d. c o n f l i t t i d i c o m p e t e n z a ).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La magistratura e la funzione giurisdizionale

115

Capitolo 8° L a m a g i s t r a t u r a e l a f u n z i o n e g i u r i s d i z i o n a l e

8.1. Magistratura

8.1.1. Nozione.

La m a g i s t r a t u r a è l’insieme di tutti gli organi della giustizia civile, penale,

amministrativa che, nel loro complesso, costituiscono il potere giudiziario (potere dello Stato

autonomo e indipendente, di pari dignità rispetto a quello legislativo delle Camere e quello

esecutivo o amministrativo del Governo).

Tale potere è il titolare unico della f u n z i o n e g i u r i s d i z i o n a l e , cioè della potestà

di dare corretta, concreta e uniforme applicazione al diritto, ove questo non sia rispettato o sia

controverso tra più soggetti.

La separazione del giudice dal legislatore e dall’amministratore trova la sua ragione nella

diffidenza, ormai radicata nella cultura democratica, verso ogni concentrazione di poteri: per

garantire la libertà degli individui si ritiene indispensabile che le funzioni dello Stato siano

suddivise tra diversi poteri, fra loro autonomi e indipendenti (principio della separazione dei

poteri). Il Parlamento ha il compito di creare la norma giuridica, il Governo deve dare ad essa

esecuzione mentre la Magistratura deve applicare le sanzioni previste nel caso in cui la norma

sia violata.

8.1.2. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

In base a quanto stabilito dall’art. 104 Cost. “la magistratura costituisce un ordine

autonomo e indipendente da ogni alto potere”.

8.1.2.1. Il Consiglio superiore della Magistratura.

8.1.2.1.1. Nozione

Il costituente per rendere i giudici autonomi e indipendenti ha costituito la magistratura

ordinaria in un “ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.

Per realizzare questa autonomia è stato istituito il C o n s i g l i o s u p e r i o r e d e l l a

m a g i s t r a t u r a , cha ha appunto la funzione di garantire l’autonomia e l’indipendenza dei

giudici dagli altri poteri dello Stato, e al quale è affidata l’intera carriera dei magistrati.

8.1.2.1.2. Natura giuridica.

Dopo accesi contrasti in dottrina, è stata riconosciuta al Consiglio superiore della

Magistratura dalla Corte Costituzionale (pronuncia 379/92) la natura di o r g a n o

c o s t i t u z i o n a l e , direttamente investito di esclusive funzioni costituzionali esercitate in

via definitiva ed in posizione di assoluta indipendenza dagli altri poteri dello Stato.

8.1.2.1.3. Composizione.

Il C.S.M. è p r e s i e d u t o d a l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a che ne

garantisce, in veste di organo super partes, una conduzione equilibrata ed impedisce che il

C.S.M. adotti una politica corporativa.

Il C.S.M. è composto da:

3 m e m b r i d i d i r i t t o ossia il Primo Presidente della Corte di Cassazione e il

Procuratore Generale presso la Cassazione e Presidente della Repubblica;

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La magistratura e la funzione giurisdizionale

116

2 4 m e m b r i e l e t t i v i di cui 16 eletti dai magistrati nell’ambito degli

appartenenti alla loro categoria, e 8 eletti dal Parlamento in seduta comune (con

scrutinio segreto e a maggioranza dei 3/5) scelti tra professori universitari in

materie giuridiche, e tra avvocati con almeno 15 anni di esercizio forense.

Tutti i componenti durano in carica 4 a n n i e non sono immediatamente

r i e l e g g i b i l i .

8.1.2.1.4. Competenze.

Il Consiglio superiore della magistratura è competente per:

assegnazioni di sedi e di funzioni ai magistrali con successivi mutamenti di esse;

promozioni e trasferimenti di magistrati ed ogni altro provvedimento relativo allo

stato giuridico dei magistrati;

designazione per la nomina a magistrati di Cassazione di professori o avvocati

forniti di meriti insigni;

nomina e revoca dei magistrati onorari e dei giudici “laici” addetti alle sezioni

specializzate dei tribunali;

pareri al Ministero della Giustizia, se richiesti, sui disegni di legge riguardanti

l'ordinamento giudiziario e l'amministrazione della giustizia;

procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati.

8.1.2.1.5. L’amministrazione della giustizia.

La parte della Costituzione dedicata alla magistratura esordisce con una proposizione che

riconferma il principio di sovranità popolare: “La giustizia è amministrata in nome del

popolo” (art. 101 1° co Cost.).

Questo principio trova formale attuazione nelle disposizioni dei codici, secondo cui le

sentenze vengono pronunciate dai giudici in nome del popolo italiano. La scelta del

Costituente non è stata però nel senso di un’investitura del giudice operata direttamente dal

popolo.

Lo stretto collegamento col popolo è ribadito dalla soggezione dei giudici alle leggi:

poiché il popolo elegge il Parlamento, e in tale sede vengono approvate le leggi (comprese

quelle sull’organizzazione, sull’attività e sul controllo della magistratura), tale soggezione

significa che questi sono indirettamente sottoposti alla volontà popolare (tradotta in legge)1.

Al riguardo si ricordi che l’art. 102 3° co. afferma che “La legge regola i casi e le forme

della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia”2.

1 L’amministrazione della giustizia è un’attività ampia e articolata, affidata a una varietà di soggetti: anzitutto il

pubblico ministero ed il giudice. Il primo deve assicurare il rispetto del diritto da parte di tutti coloro che si

trovano sul territorio nazionale (“Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale” art. 112 Cost.);

deve quindi compiere tutte le indagini che ritiene necessarie per l’accertamento di un reato (con l’aiuto delle

forze di polizia giudiziaria), deve dare inizio ad un processo penale portando al giudice i risultati delle indagini

compiute (cioè esercitare l’azione penale quando ritiene che è stato commesso un reato), e partecipare ad alcuni

delicati giudizi civili (es.: divorzio) come rappresentante dello Stato in questioni private ma di importanza

sociale. Il giudice deve, invece, accertare il fatto portato alla sua conoscenza e decidere quale regola giuridica

vada applicata al caso concreto. All’amministrazione della giustizia, in senso ampio, partecipano poi tutti gli altri

soggetti che svolgono la loro attività in coordinamento con i magistrati: cancellieri, ufficiali giudiziari, forze

dell’ordine, Presidenza del Tribunale, Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia etc. 2 La partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia trova la sua più puntuale applicazione

nelle Corti di Assise che giudicano i reati più gravi. Si tratta di organi giudiziari esistenti presso i Tribunali e

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale La magistratura e la funzione giurisdizionale

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8.1.2.1.6. La soggezione dei giudici alla legge.

Il 2° co. Cost. afferma che “I giudici sono soggetti solo alla legge”.

La soggezione del giudice alla legge va intesa in due sensi: anzitutto egli ha il dovere di

applicare la legge anche se non ne condivide il contenuto e gli effetti; inoltre la soggezione

«soltanto» alla legge significa che il giudice non deve e non può subire condizionamenti da

parte di nessuno, singoli cittadini, altri giudici, Governo, partiti politici, gruppi economici etc.

Tutto questo ha come conseguenza la certezza che per situazioni che la legge considera uguali

l’esito del giudizio sarà sempre lo stesso, a prescindere dal giudice davanti al quale si celebra

il processo3.

8.2. Funzione giurisdizionale.

8.2.1. La giurisdizione ordinaria e speciale.

L'ordinamento italiano ripartisce la funzione giurisdizionale fra due ordini distinti: la

giurisdizione ordinaria e giurisdizione speciale.

8.2.1.1. La giurisdizione ordinaria.

La g i u r i s d i z i o n e o r d i n a r i a è esercitata per tutte le controversie da magistrati

ordinari, istituiti e regolati secondo le norme sull'ordinamento giudiziario e soggetti

amministrativamente al Consiglio superiore della Magistratura (art. 102 1° co. Cost.4).

La giurisdizione ordinaria si distingue in:

p e n a l e : competente per le violazioni di quelle norme che hanno, come

conseguenza, l’applicazione di una sanzione penale;

c i v i l e : competente per la tutela giurisdizionale dei diritti dei privati e si svolge su

iniziativa dei privati.

8.2.1.2. La giurisdizione speciale

Le g i u r i s d i z i o n i s p e c i a l i sono quelle che si occupano di particolari controversie,

secondo un criterio di specializzazione, richiesto dalla natura tecnica di esse.

All'interno delle giurisdizioni speciali, si distinguono:

la g i u r i s d i z i o n e a m m i n i s t r a t i v a , è competente per tutte le controversie

che insorgono tra pubbliche amministrazioni, o tra pubbliche amministrazioni e

privati, relative a rapporti di diritto amministrativo, salvo che si controverta

sull'esistenza di diritti soggettivi (in tal caso la controversia è di competenza del

presso le Corti di Appello, composti da due magistrati e da sei giudici popolari, scelti sulla base di elenchi

compilati in ogni Comune fra i cittadini che abbiano i requisiti previsti dalla legge. La scelta avviene mediante

sorteggio e l’incarico non può essere rifiutato. I magistrati e i giudici popolari costituiscono un collegio unico, a

differenza di quanto avviene nei Paesi anglosassoni, dove il magistrato dirige il processo e la giuria emette un

verdetto senza motivazione. 3 La soggezione del giudice alla legge non va comunque vista in modo troppo rigido: del resto, di fronte ad una

produzione di leggi tumultuosa e spesso confusa, il giudice si trova ad essere ancor prima garante dei diritti del

cittadino che non della mera osservanza della legge. La necessità poi di interpretare attentamente ed applicare la

legge non sempre allo stesso modo, ma tenendo presente (sia pure in minima parte) la realtà alla quale essa si

riferisce, ha attribuito spesso e volentieri all’attività giurisdizionale i caratteri della politicità e della creatività. In

altri termini il giudice non è la bocca della legge ma, per usare un’espressione di Norberto Bobbio, un suo più o

meno cosciente manipolatore, cioè un soggetto che, sempre nel rispetto dei valori posti a base dell’ordinamento

(anzitutto il principio di uguaglianza sostanziale), deve tenere presente il continuo evolversi della società, e

ricercare, nell’applicazione della legge, il nuovo e giusto equilibrio tra la legalità ed il fatto concreto portato al

suo esame. 4 “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento

giudiziario”

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Diritto costituzionale La magistratura e la funzione giurisdizionale

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giudice ordinario civile, tranne nei casi di giurisdizione esclusiva). È esercitata dai

Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.) e dal Consiglio di Stato;

la g i u r i s d i z i o n e c o n t a b i l e : è esercitata esclusivamente dalla Corte dei

Conti, nelle controversie concernenti il contenzioso contabile, la responsabilità

civile dei dipendenti nei confronti della pubblica amministrazione, la materia

pensionistica;

la g i u r i s d i z i o n e i n m a t e r i a d i a c q u e p u b b l i c h e : le controversie

concernenti le acque pubbliche (cd. demanio pubblico) sono attribuite alla

competenza di appositi organi giurisdizionali, i Tribunali regionali delle acque

pubbliche, e, in secondo grado, al Tribunale superiore delle acque pubbliche;

la g i u r i s d i z i o n e m i l i t a r e : è esercitata dai tribunali militari, previsti

dall'art. 1033 Cost. Essi svolgono giurisdizione penale limitata ai reati militari

commessi da soggetti appartenenti alle forze armate;

la g i u r i s d i z i o n e t r i b u t a r i a : è affidata alle Commissioni tributarie

regionali con sede nel capoluogo di ogni Regione ed alle Commissioni tributarie

provinciali5.

8.3. Il giusto processo (art 111 Cost.).

La legge costituzionale n. 2 del 1999 ha tradotto sul piano del nostro ordinamento

costituzionale una parte dei principi del giusto processo elaborati dalla dottrina e dalla

giurisprudenza angloamericana6.

I principi enucleabili dal nuovo art. 111 Cost. sono i seguenti:

riserva assoluta di legge in materia processuale;ù

terzietà e imparzialità del giudice;

necessario contraddittorio fra le parti in condizioni di parità;

ragionevole durata del processo, di per sé una afflizione che non è giusto sia,

quindi, eccessivamente protratta;

informazione tempestiva e riservata sulla natura e i motivi dell’accusa elevata a

carico del cittadino;

concreta possibilità di difesa, attraverso la disponibilità di tempo e delle condizioni

necessarie per preparare la sua difesa; la facoltà di interrogare o fare interrogare le

persone che rendono dichiarazioni a suo carico e di ottenere la convocazione e

l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa;

l’acquisibilità di ogni altro mezzo di prova a favore dell’accusato; l’assistenza di un

interprete in caso di mancata comprensione della lingua impiegata nel processo;

formazione della prova nel contraddittorio fra le parti;

5 Ricordiamo inoltre la giurisdizione ecclesiastica: la L. 121/1985, in esecuzione dell'accordo del 1984, ha

riconosciuto alla Chiesa libertà di giurisdizione in materia ecclesiastica. 6 L’applicazione dei principi del giusto processo ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore

della L. cost. 2/99 è stata disciplinata dal D.L. 2/2000 (convertito nella L. 35/2000) ed ha trovato attuazione con

la L. 1-3-2001, n. 63, la quale ha modificato numerosi articoli del codice penale e di procedura penale, e con la

L. 89/2001, inerente la ragionevole durata del processo.

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Diritto costituzionale La magistratura e la funzione giurisdizionale

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ammissibilità di deroghe a tale dialettica nei casi di consenso dell’imputato,

oggettiva impossibilità (si pensi ad una persona offesa moribonda) o provata

condotta illecita (ad es.: minacce ad un testimone);

insufficienza a giustificare la condanna dell’imputato delle dichiarazioni non

confermate in dibattimento.

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Diritto costituzionale Gli organi di rilievo costituzionale

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Capitolo 9° G l i o rg a n i d i r i l i e v o c o s t i t u z i o n a l e

9.1. Introduzione.

Gli o r g a n i a r i l e v a n z a c o s t i t u z i o n a l e o d i r i l i e v o

c o s t i t u z i o n a l e , sono organi che pur non partecipando alla funzione politica, né essendo

essenziale alla struttura costituzionale dello Stato, sono individuati, ma non disciplinati, dalla

Costituzione che rinvia al legislatore ordinario la disciplina della loro attività.

Essi sono: I) il C.N.E.L.; II) la Corte dei Conti; III) il Consiglio di Stato; IV) il C.S.M.; V)

il Consigli della magistratura militare VI) il Consiglio Supremo di Difesa.

9.2. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).

9.2.1. Natura giuridica

II Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, previsto dall’ars. 99 Cost.:

è organo di rilievo costituzionale;

è composto di esperti e rappresentanti delle categorie produttive;

è organo di consulenza delle Camere e del Governo;

ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione

economica e sociale.

9.2.2. Funzioni

In particolare le funzioni del CNEL1 sono quelle di:

esprimere pareri;

promuovere iniziative legislative.

I pareri sono forniti solo su richiesta del Governo, delle Camere o delle Regioni (quindi

non sono obbligatori) e, anche se forniti, non risultano vincolanti.

9.2.3. Composizione.

Sulla base della legge n. 214/2011, esso consta di 65 membri così suddivisi:

il presidente, nominato con decreto del presidente della Repubblica, al di fuori

degli altri componenti;

10 «esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica» di

cui:

8 nominati direttamente dal presidente della Repubblica,

2 nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio

dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;

48 «rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e

privato», di cui:

1 La Costituzione si limita a definire due specifiche competenze: la titolarità dell'iniziativa legislativa e la

competenza a elaborare "la legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i principi stabiliti dalla

legge" che sono assai restrittivi.

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Diritto costituzionale Gli organi di rilievo costituzionale

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22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, tra i quali 3 «rappresentano i dirigenti e

i quadri pubblici e privati»;

9 rappresentanti dei lavoratori autonomi e delle professioni;

17 rappresentanti delle imprese.

6 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del

volontariato.

I membri del Consiglio restano in carica per cinque anni e possono essere riconfermati.

A supporto dell'attività dell'organo è istituito un Segretariato generale, composto da uffici

che fanno capo al segretario generale, nominato con decreto del presidente della Repubblica,

su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei

ministri, sentito il presidente del CNEL.

9.3. La Corte dei Conti.

9.3.1. Natura giuridica.

La C o r t e d e i C o n t i è un organo a rilevanza costituzionale e non un organo

costituzionale: non è, cioè, organo necessario e indefettibile (nel senso che la sua assenza non

determinerebbe un mutamento del regime vigente) e non partecipa alla funzione di indirizzo

politico.

La sua collocazione nel titolo III, dedicato al Governo, e nella sezione II, dedicata agli

organi ausiliari, potrebbe far pensare che la Corte sia un organo ausiliario del Governo: è.

tuttavia lo stesso art. 100 ad imporre alla legge di legge di assicurarne l’indipendenza di fronte

al governo.

Del resto la Corte dei conti è per tradizione considerata la longa manus del Parlamento, lo

strumento principale attraverso il quale le Camere esercitano il controllo politico sull’operato

del Governo e della pubblica amministrazione. Può, quindi, affermarsi che la Corte è in un

rapporto di ausiliarietà e di sostegno sia col Governo che col Parlamento, senza che ciò

escluda possibili contrapposizioni, tenuto conto che essa opera in veste neutrale ed obiettiva

nell’interesse generale della comunità e a tutela della finanza pubblica.

9.3.2. Struttura.

L’attuale struttura della Corte si articola in:

tre sezioni giurisdizionali centrali;

una sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle

amministrazioni dello Stato, suddivisa in due collegi;

una sezione di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, suddivisa

in due collegi;

una sezione autonomie, che esercita i controlli finanziari e le analisi comparative

sull’andamento della gestione degli enti locali;

una sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali;

sezioni regionali di controllo in ogni Regione ad autonomia ordinaria.

sezioni giurisdizionali regionali e provinciali.

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Diritto costituzionale Gli organi di rilievo costituzionale

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9.3.3. La attribuzioni

Fra le molteplici e complesse attribuzioni della Corte dei conti è possibile procedere ad una

classificazione per tipi fondamentali distinguendo:

attribuzioni in funzione di controllo;

attribuzioni in funzione consultiva;

attribuzioni in funzione giurisdizionale.

9.3.3.1. Funzioni di controllo

Ai sensi degli articoli 100 e 103 Cost. la Corte dei conti è la suprema magistratura di

controllo.

In particolare La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del

Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi

e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo

Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del

riscontro eseguito.

Il controllo da essa esercitato assume natura preventiva limitatamente al riscontro di

legittimità di una serie di atti non aventi forza di legge (es.: decreti che approvano contratti

delle amministrazioni pubbliche per importi più rilevanti; atti di programmazione comportanti

spese) il cui elenco è contenuto tassativamente nell’art. 3 L. 20/94.

L’attività di controllo preventivo viene effettuata a mezzo del cd. visto di legittimità: i

provvedimenti sottoposti a controllo acquistano efficacia se il competente ufficio di controllo

non ne rimette l’esame alla Sezione di controllo entro 30 giorni dal ricevimento (art. 3, L.

20/94).

La Sezione del controllo si pronuncia sulla conformità a legge entro 30 giorni dalla data di

deferimento dei provvedimenti da controllare, decorsi i quali essi acquistano efficacia.

Il controllo successivo viene esercitato sulla gestione del bilancio e del patrimonio di

pubbliche amministrazioni, riferendo annualmente al Parlamento ed ai Consigli Regionali.

9.3.3.2. Funzioni consultive.

Nell’esplicare le attribuzioni consultive di cui è depositaria, la Corte dei conti esprime,

obbligatoriamente, parere sulle leggi che importino modifiche o integrazione alle sue

attribuzioni; sulle norme che modifichino la legge sulla contabilità di Stato.

9.3.3.2.1. Funzioni giurisdizionali

Quanto alle attribuzioni giurisdizionali, la Corte giudica della responsabilità dei pubblici

dipendenti in materia contabile, che si fonda sul maneggio, di diritto e di fatto, del denaro o,

in genere, dei valori della pubblica amministrazione e amministrativa, che si fonda, invece,

sul danno patrimoniale dolosamente o colposamente cagionato all’amministrazione. La Corte

giudica anche in materia di pensioni a carico totale o parziale dello Stato2.

9.4. Il Consiglio di Stato.

Il Co n s i g l i o d i S t a t o

è un o r g a n o c o m p l e s s o :

2 La giurisdizione della Corte dei conti è una giurisdizione amministrativa speciale, in quanto esercitata solo

nelle materie tassativamente indicate dalla legge, ed esclusiva, perché comprende sia le questioni relative ai

diritti soggettivi che quelle riguardanti gli interessi legittimi.

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Diritto costituzionale Gli organi di rilievo costituzionale

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di r i l i e v o c o s t i t u z i o n a l e : in quanto è previsto dalla Costituzione, che

ne sancisce l’indipendenza dal Governo, e conseguentemente non potrebbe essere

soppresso né privato delle sue funzioni istituzionali con legge ordinaria;

è o r g a n o g i u r i s d i z i o n a l e a m m i n i s t r a t i v o d i s e c o n d o

g r a d o (rispetto al TAR). Oltre alla competenza giurisdizionale di secondo, il

Consiglio di Stato mantiene una competenza giurisdizionale esclusiva in alcune

materie espressamente previste dalla legge;

con f u n z i o n i c o n s u l t i v e g e n e r a l i i n m a t e r i a

g i u r i d i c o - a m m i n i s t r a t i v a Nell’esercizio delle funzioni consultive il

Consiglio di Stato esprime pareri in materia giuridico-amministrativa. I p a r e r i

del Consiglio di Stato possono essere:

o f a c o l t a t i v i : sono quei pareri che la Pubblica Amministrazione ha la

facoltà (non l’obbligo) di chiedere al C.d.S., se lo ritiene opportuno. Tale

pareri non sono mai vincolanti per la Pubblica Amministrazione che li

richiede;

o o b b l i g a t o r i : sono quei pareri che la P.A. deve chiedere al C.d.S., in

base a norme giuridiche, in caso determinati. In al base all’art. 17, comma

25, della legge 127/1997 il parere del Consiglio di Stato è richiesto in via

obbligatoria per tre categorie di atti:

1) per l’emanazione degli atti normativi del Governo, dei singoli

Ministri, ai sensi dell’art. 17 della legge 400/1998 (si tratti dei

regolamenti dell’Esecutivo) e dei tesi unici;

2) per la decisioni dei ricorsi straordinari al Presidente della repubblica;

3) sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni

predisposti da uno o più Ministri.

9.5. Il Consiglio della magistratura militare

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 266 del 1988 è stato istituito con L.

30-12-1988 n. 561 il C o n s i g l i o s u p e r i o r e d e l l a . m a g i s t r a t u r a

m i l i t a r e . Tale Consiglio ha le identiche funzioni garantistiche e le stesse attribuzioni di

cui gode il C.S.M. protese ad assicurare, attraverso una serie di garanzie di carattere personale

riconosciute ai giudici militari, la stessa imparzialità ed indipendenza assicurate ai giudici

ordinari.

9.6. Il Consiglio supremo di difesa.

9.6.1. Caratteri

Il Consiglio Supremo di difesa. Può definirsi come un organo (tecnicamente un Comitato

interministeria1e);

di rilievo costituzionale, perché previsto dalla Costituzione, ma non partecipe della

funzione politica. bensì solo dotato di attribuzioni proprie del potere esecutivo;

collegiale;

con funzioni consultive e deliberative.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Gli organi di rilievo costituzionale

124

9.6.2. Composizione.

È un organo, composto dal Presidente della Repubblica, che lo presiede, dal Presidente del

Consiglio, dai Ministri per gli affari esteri, dell’Interno, delle Finanze, per la Difesa, per

l’Industria e il Commercio, e dal Capo di Stato Maggiore della difesa.

9.6.3. Competenze

Il Consiglio supremo di difesa coordina tutte le attività relative alla difesa dello Stato.

Inoltre esamina i problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale e determina

i criteri e fissa le direttive per l’organizzazione ed il coordinamento delle attività militari dello

Stato.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

125

Capitolo 10° I p r i n c i p i e l e l i b e r t à p r e v i s t e d a l l a C o s t i t u z i o n e

10.1. Generalità.

Le Costituzioni contemporaneamente garantiscono accanto ai principi generali relativi

all’organizzazione dello Stato, anche altre norme programmatiche che disciplinano il regime

giuridico, sociale, politico ed economico dello Stato (c.d. “d i c h i a r a z i o n i

c o s t i t u z i o n a l i ”).

La Costituzione italiana attuale è fra quelle che dedicano maggiori disposizioni sulle

libertà individuali e ai diritti umani: essa infatti detta al riguardo i primi 54 articoli così

suddivisi:

nella prima parte enuncia i “principi fondamentali” (artt. 1-12) nella loro portata

più ampia e generale;

nella secondo parte (artt. 13-54) ne ribadisce il contenuto in relazione agli specifici

rapporti che interessano la società: rapporti civili (artt. 13-28), etico sociali (artt.

29-34), economici (artt. 35-47), politici (artt. 48-54).

10.2. Principi fondamentali.

10.2.1. Art. 1.

L’art. 1 primo comma della Cost. afferma che “L ’ I t a l i a è u n a R e p u b b l i c a

d e m o c r a t i c a , f o n d a t a s u l l a v o r o ”.

Con l’espressione “Repubblica democratica fondata sul lavoro” la Costituzione ha inteso

riconoscere e far proprio il risultato della consultazione popolare tenutasi il 2 giugno del 1946

(referendum istituzionale), con cui gli italiani avevano cancellato la forma di governo

monarchica e scelto quella repubblicana.

La Repubblica democratica riconosce ad ognuno l’eguale diritto di prendere parte, in

condizioni di parità con gli altri, alla vita politica e sociale. In particolare, in un regime

democratico la maggioranza ha il diritto di governare, ma ha anche il dovere di non impedire

alla minoranza di diventare, a parità di condizioni democratiche, essa stessa maggioranza (il

che consente l’alternanza di forze politiche al potere).

L’art. 1 secondo comma della Cost. afferma che “L a s o v r a n i t à a p p a r t i e n e

a l p o p o l o , c h e l a e s e r c i t a n e l l e f o r m e e n e i l i m i t i d e l l a

C o s t i t u z i o n e ”.

Nei regimi democratici la sovranità appartiene al popolo. Affinché la democrazia non

degeneri in dittatura, il popolo è tenuto ad esercitare la sovranità nelle forme e nei limiti

previsti dalla Costituzione, rispettando le libertà e i diritti di tutti. Questa regola, sancita dal

secondo comma dell’art. 1, connota il nostro ordinamento come S t a t o d i d i r i t t o , in

cui il principio della soggezione alla legge, proprio della forma di Stato liberale, si arricchisce

di un significato ulteriore: sia i cittadini che i pubblici poteri (compreso il legislatore, in

passato considerato onnipotente) sono soggetti, infatti, anche alla Costituzione

(p r i n c i p i o d i l e g a l i t à c o s t i t u z i o n a l e ).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

126

Il popolo esercita tale sovranità secondo due modelli:

quello della d e m o c r a z i a r a p p r e s e n t a t i v a , in cui il corpo elettorale,

cioè la parte attiva del popolo, elegge i suoi rappresentanti ai vertici degli organi

pubblici elettivi per esercitare il potere politico;

quello della d e m o c r a z i a d i r e t t a , caratterizzato dalla partecipazione in

prima persona dei cittadini alle scelte politiche (come nelle pòleis o città-Stato

greche e, più recentemente, nella Confederazione elvetica). Alcuni istituti di

democrazia diretta riconosciuti nel nostro ordinamento e menzionati dalla

Costituzione assolvono ad una funzione prevalentemente suppletiva, integrativa e

correttiva del modello rappresentativo: quello di maggior rilievo è il referendum

abrogativo.

10.2.2. Art. 2.

L’art. 2 della Cost. afferma che: “La Repubblica riconosce1 e garantisce i diritti inviolabili

dell’uomo2, sia come singolo sia nelle formazioni sociali3 ove si svolge la sua personalità, e

richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà4 politica, economica e sociale”.

La norma trascrive in linguaggio giuridico il p r i n c i p i o p e r s o n a l i s t a , in base al

quale al vertice dei valori riconosciuti dall’ordinamento giuridico si colloca la persona umana,

sia nella sua dimensione individuale che in quella sociale.

La Costituzione, cancellando ogni retaggio del passato, non considera più l’individuo

separato dalle comunità intermedie ed organicamente inquadrato nello Stato (come affermava

il pensiero politico liberale o l’ideologia fascista), ma lo inserisce in un fecondo reticolo di

rapporti sociali, all’interno dei quali maturano le condizioni per lo sviluppo della sua

personalità. Ciò spiega perché la Costituzione riconosca alle formazioni sociali un ruolo

1 Ricorrendo al verbo “riconoscere”, la Costituzione prende atto della preesistenza ed ineliminabilità dei diritti

inviolabili dei cittadini, a cui si limita ad apprestare idonea tutela. Da questa norma, inoltre, si può dedurre la

garanzia costituzionale anche di diritti che non rientrano nel catalogo delle libertà previsto dagli artt. 13 e

seguenti: si tratterebbe, cioè, di una «norma a fattispecie aperta», nell’ambito della quale troverebbero posto

anche nuovi diritti di recente elaborazione giurisprudenziale, come il diritto alla riservatezza, all’identità

personale e sessuale etc. 2 D i r i t t i i n v i o l a b i l i d e l l ’ u o m o : esprimono le libertà e i valori fondamentali e irrinunciabili

della persona umana. Le pubbliche autorità possono solo limitarne temporaneamente l’esercizio (col rispetto di

precise garanzie), ma non sopprimerli, pena il sovvertimento dell’assetto costituzionale. Essi costituiscono sia

una sfera intangibile della persona che un limite invalicabile per il legislatore. Sono, inoltre, inalienabili e non

possono essere oggetto di rinuncia o perdita per mancato esercizio. 3 F o r m a z i o n i s o c i a l i : aggregazioni umane nelle quali trova espressione il bisogno di socialità

dell’individuo. La concezione più ampia vi ricomprende gli enti privati con o senza scopo di lucro, la scuola, i

partiti, i sindacati, le confessioni religiose e, in primis, la famiglia. Solo riconoscendo diversi livelli di autonomia

(familiare, sociale, sindacale, territoriale) costituzionalmente garantiti si può tendere all’effettiva uguaglianza dei

diritti e doveri dei cittadini. 4 D o v e r i i n d e r o g a b i l i d i s o l i d a r i e t à : posizioni giuridiche di obbligo a contenuto

politico, economico e sociale alle quali nessuno può sottrarsi. Esempi sono: la difesa della Patria, l’obbligo di

contribuzione alle spese pubbliche, la fedeltà alla Repubblica. L’adempimento di tali doveri trasforma

l’individuo (volto al mero appagamento dei propri bisogni individuali) in membro effettivo e responsabile di una

comunità. Libertà ed eguaglianza sono valori che le moderne democrazie tendono sempre ad affiancare, anche se

presentano caratteri di reciproca conflittualità: il massimo di libertà, soprattutto economica, spesso coincide col

massimo di diseguaglianza. Per evitare che il prevalere dell’una sull’altra disgreghi il tessuto sociale, un altro

valore è prescritto dal nostro ordinamento: la s o l i d a r i e t à . Tutti e tre i valori si identificano con la triade

liberté, égalité, fraternité proclamata dalla Rivoluzione francese. Così, ad esempio, adempiendo al dovere di

contribuire alle spese pubbliche, è possibile consentire allo Stato di procedere ad una redistribuzione del reddito

fra i cittadini per sostenere, tra l’altro, alcuni interventi riequilibratori (sussidi, borse di studio, assegni familiari

etc.) a favore dei soggetti più deboli.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

127

essenziale nella crescita dell’individuo, proteggendole da indebite interferenze dei pubblici

poteri e rendendole destinatarie degli stessi diritti dell’individuo (p r i n c i p i o

p l u r a l i s t a ).

L’ultimo comma afferma, infine, il p r i n c i p i o s o l i d a r i s t a , che impone ai

cittadini non solo di rispettare le altrui libertà e diritti, ma anche e soprattutto di attuare e

difendere i valori supremi del sistema, partecipando attivamente alla vita politica, economica

e sociale. Da tale principio scaturiscono una serie di doveri sociali a vantaggio della comunità

ai quali il singolo non può sottrarsi.

10.2.3. Art. 3.

10.2.3.1. Principio di uguaglianza formale.

L’art. 3 1° co. della Cost. stabilendo che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono

eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di

opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” pone il principio della u g u a g l i a n z a

f o r m a l e dei cittadini.

Questo articolo, definito il cuore della Costituzione e la sua chiave essenziale di lettura,

afferma il principio, propugnato dalla rivoluzione francese, che «la legge è eguale per tutti»:

pertanto non solo i governati, ma anche i governanti sono tenuti a rispettarla (c.d. S t a t o

d i d i r i t t o ).

L’affermazione al primo comma del principio di eguaglianza formale vieta, inoltre, al

legislatore di introdurre norme discriminatorie fondate su ciascuna delle sei categorie previste

e trova, inoltre, riscontro anche in altre disposizioni costituzionali: nell’art. 29, che attribuisce

ai coniugi, all’interno della famiglia, pari dignità morale e giuridica; nell’art. 37, per il quale

la donna lavoratrice ha gli stessi diritti dell’uomo lavoratore e merita, a parità di lavoro, il

medesimo trattamento retributivo; nell’art. 48, che sancisce definitivamente il principio del

suffragio universale etc.

Tuttavia trattare in modo rigorosamente eguale le complesse situazioni che si presentano

nella realtà giuridica e sociale potrebbe, in talune circostanze, rivelarsi sommamente ingiusto:

ad esempio, è vero che uomo e donna sono uguali davanti alla legge, ma è anche vero che non

può considerarsi ingiusta una legge che favorisca la maternità, in considerazione della

diversità biologica tra i sessi e del ruolo naturale di madre che la donna è chiamata ad

assumere.

Al legislatore spetta, pertanto, il difficile compito di unificare in alcuni casi, di

diversificare in altri, senza mai discriminare o concedere privilegi. Il principio d’eguaglianza

si trasforma, così, in principio di ragionevolezza della legge. Questo significa che i trattamenti

discriminatori sono contrari al principio di eguaglianza solo se irragionevoli o ingiustificati.

Si ricordi , infine, che l’art. 3 costituisce una delle fondamentali norme-parametro per le

dichiarazioni di incostituzionalità, in quanto molto frequentemente si invoca la illegittimità

costituzionale di una norma proprio perché viola il 1° comma dell’art. 3.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

128

10.2.3.2. Principio di uguaglianza sostanziale.

Il secondo dell’art. 3 della Cost. afferma che: “È compito della Repubblica rimuovere gli

ostacoli di ordine economico5 e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei

cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di

tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (p r i n c i p i o

d i u g u a g l i a n z a s o s t a n z i a l e ).

La prima parte della norma, nell’affermare il principio di eguaglianza formale, considera

l’individuo nella sua astrattezza, indipendentemente dalle condizioni materiali e sociali in cui

egli concretamente si trova.

Le diseguaglianze di fatto, determinate proprio dalla disparità di condizioni, tuttavia

esistono, e la Repubblica smentirebbe le solenni affermazioni di eguaglianza giuridica se non

si attivasse per attenuare tali differenze ed eliminare gli «scarti sociali» che, se diventano

troppo ampi, possono diventare desocializzanti, distruggendo nell’individuo la convinzione di

appartenere alla comunità nazionale.

Ciò spiega l’affermazione del principio d’eguaglianza sostanziale, che sancisce il

passaggio dall’ordinamento liberale classico (in cui la società era organizzata sulla base della

proprietà privata e dell’assoluta libertà economica) allo S t a t o s o c i a l e e d

i n t e r v e n t i s t a , che si impegna a creare le condizioni necessarie per consentire l’accesso

di tutti a determinate utilità sociali messe a disposizione della comunità, come la salute, il

lavoro, l’istruzione.

10.2.4. Art. 4:

L’art. 4 della Cost. “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e

promuove le condizioni6 che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,

un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale7 della società”.

Questo articolo ha portata rivoluzionaria ed innovatrice: compie una scelta fondamentale di

valori in quanto afferma ed esplicita il p r i n c i p i o l a v o r i s t a (già enunciato all’art. 1),

riconoscendo a tutti i cittadini il diritto al lavoro e l’impegno della Repubblica a creare le

condizioni per renderlo effettivo. In tal modo i pubblici poteri ricevono una spinta orientativa

inequivocabile: attivarsi positivamente per assicurare il lavoro a tutti.

La norma deve essere interpretata nel senso di favorire la stabilità dell’occupazione

attraverso una rigorosa disciplina dell’accesso, dello svolgimento e della cessazione del

rapporto di lavoro. Ciò non significa che il diritto al lavoro possa essere autonomamente

5 O s t a c o l i d i o r d i n e e c o n o m i c o e s o c i a l e : insieme delle situazioni di inferiorità (più

basso reddito individuale e familiare, minor grado di istruzione, handicap fisici o psichici etc.) che degradano

l’individuo e offendono la sua dignità, attenuando anche l’impulso a realizzarsi come persona. Tali ostacoli

rischiano, se non rimossi, di rappresentare una fonte di discriminazione tra i cittadini nella vita economica,

sociale e politica del Paese. Al fine di rimuovere tali ostacoli, sono riconosciuti in capo ai cittadini una serie di

diritti sociali (profondamente diversi dai diritti di libertà) che presuppongono un intervento attivo dello Stato e

uno stimolo all’apparato per la loro costante attuazione. 6 Promuove le condizioni: è questo l’impegno concreto assunto dallo Stato-interventista che si fa carico di una

serie di obiettivi che devono improntare la sua politica (massima occupazione, politiche di sviluppo etc.). 7 A t t i v i t à o f u n z i o n e c h e c o n c o r r a a l p r o g r e s s o m a t e r i a l e o

s p i r i t u a l e d e l l a s o c i e t à : questa ampia espressione comprende ogni prestazione d’opera

dell’uomo che apporta un’utilità alla collettività, qualunque ne sia la qualificazione giuridica o economica:

lavoro manuale o intellettuale, subordinato o autonomo, retribuito o volontario, pubblico o privato.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

129

azionato in sede giudiziaria, ossia che un disoccupato possa adire il giudice invocando la

pretesa a trovare occupazione; ma consente al giudice, in caso di licenziamento illegittimo, di

reintegrare il lavoratore nel suo posto. Allo stesso modo non è configurabile un diritto al

mantenimento del posto di lavoro, sebbene sia innegabile l’influenza esercitata, anche in

questo settore, dal disposto costituzionale e legislativo che tende a limitare le occasioni in cui

è consentito al datore di lavoro licenziare i prestatori di lavoro.

In altri termini con l’espressione il “diritto al lavoro” non è un diritto soggettivo perfetto,

ma un invito al legislatore a favorire al massimo l’impiego delle attività lavorative garantendo

la possibilità giuridica di aver accesso ai posti disponibili quando se ne posseggono i requisiti

prefissati.

Con la previsione del lavoro come “dovere” , al secondo comma, la Costituzione non

costringe il cittadino a lavorare, né comprime la libertà di scegliere l’attività da svolgere,

bensì esprime il monito ad escludere ogni forma di parassitismo economico e sociale. Per

meritare i diritti sociali beneficiando della solidarietà sociale e delle provvidenze stabilite

dallo Stato, il cittadino deve, pertanto, dimostrare di versare effettivamente in condizioni tali

da non poter sostenersi, né con i propri beni, né con il proprio lavoro.

10.2.5. Art. 5.

L’art. 5 della Cost, afferma che “La Repubblica, una e indivisibile8, riconosce9 e promuove

le autonomie locali10; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento

amministrativo11; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze

dell’autonomia e del decentramento12.”

8 L’affermazione dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica altro non è che la formalizzazione giuridica del

processo storico che ha portato alla formazione dello Stato unitario. Viene ribadita in questo articolo perché

rappresenta anche un limite alle potenzialità espansive delle autonomie locali nonché al potere di revisione del

legislatore costituzionale, che non è legittimato in nessun modo ad attuare modifiche costituzionali che mettano

in pericolo l’unità dello Stato. 9 Il termine «riconoscere», in particolare, è riferito ai Comuni e alle Province, in quanto comunità locali

preesistenti al costituirsi della Repubblica. La Costituzione, però, non si è limitata soltanto a prendere atto delle

realtà locali esistenti, ma ne ha promosse altre, le Regioni. Ciò al fine di consentire al cittadino di partecipare più

da vicino alla vita politica delle comunità locali. Tale esercizio si attua nelle forme e nei limiti dettagliatamente

stabiliti dal Titolo V, che gradua e diversifica l’autonomia degli enti rappresentativi delle comunità locali, dando

rilievo particolare proprio alle Regioni. 10

A u t o n o m i a l o c a l e : capacità riconosciuta a ciascuna comunità residente sul territorio nazionale di

regolamentare e gestire, con proprie determinazioni, una parte di affari pubblici. 11

D e c e n t r a m e n t o a m m i n i s t r a t i v o : trasferimento di competenze e poteri decisionali dagli

organi centrali statali ad organi periferici o ad altri soggetti. Questi ultimi possono essere: I) enti pubblici,

territoriali (come Regioni, Province e Comuni) e non. In questo caso si parla di decentramento autarchico, in

quanto tali enti hanno una propria soggettività; II) articolazioni periferiche dello Stato. In questo caso si parla di

decentramento burocratico, perché gli organi ai quali tali poteri sono demandati fanno sempre parte

dell’organizzazione statale, ma non operano a livello centrale (es. Prefetto che dipende dal Ministro

dell’Interno); III) aziende autonome. In questo caso si parla di decentramento funzionale, perché vengono

costituiti appositi enti o società per la gestione di uno specifico servizio pubblico. Rispetto all’autonomia

riconosciuta alle comunità territoriali, il decentramento assolve una funzione più limitata, ma non meno

rilevante. Uniformandosi a tale principio, l’organizzazione dello Stato viene ad articolarsi in più centri di potere,

ciascuno dei quali gode di ampi margini di azione assumendosi le corrispondenti responsabilità. 12

Alla promozione si affianca l’adeguamento della legislazione alle esigenze dell’autonomia e del

decentramento. La norma diventa fonte di un vincolo specifico per il legislatore statale, che in tali materie è

spesso chiamato ad intervenire. Spetta alle leggi della Repubblica, infatti, definire le competenze di Comuni e

Province, demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione e attribuire a Province,

Comuni o ad altri enti locali funzioni amministrative regionali. Così, in particolare, si è verificato con la L.

142/90, che ha previsto un’ampia autonomia statutaria e regolamentare delle Province, Comuni e Comunità

minori dettando regole precise per una adeguata realizzazione del principio autonomista.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

130

In risposta all’ordinamento fascista, fortemente accentrato, la Costituzione afferma, in

subordine all’intangibile principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica, il principio

autonomista, per consentire una partecipazione immediata alla vita politica dello Stato.

In particolare gli ordinamenti minori delle comunità locali si inseriscono nel più generale

ordinamento statale come sue articolazioni: l’art. 114, infatti, afferma che la Repubblica si

riparte in Regioni, Province e Comuni. Questi enti hanno, col territorio che li delimita, lo

stesso rapporto che lo Stato ha con il proprio; essi sono politicamente rappresentativi e

operano nel generale interesse delle comunità stanziate su quel territorio.

La loro autonomia ha quindi un nocciolo comune, perché l’individuazione dei fini da

perseguire e degli strumenti più idonei per realizzarli (nel rispetto dei principi inderogabili

che reggono la nazione) non viene compiuta dallo Stato, ma dalle stesse comunità locali,

talvolta anche in contrasto con l’indirizzo politico statale.

Tuttavia la natura dei poteri che gli enti locali possono esercitare è diversa, come diverse

sono le fonti che li disciplinano: la Costituzione per le Regioni ordinarie, le leggi

costituzionali per le Regioni speciali, le leggi ordinarie per Comuni e Province. Con il

principio del decentramento amministrativo, invece, si tende ad una maggiore snellezza ed

efficacia dell’attività amministrativa per accorciare sempre più le distanze tra Pubblica

amministrazione e cittadini13.

10.2.6. Art. 6

L’art. 6 della Cost. afferma che “La Repubblica14 tutela15 con apposite norme le minoranze

linguistiche16”.

Da molti secoli popolazioni di ceppo etnico e linguistico diverso da quello italiano si sono

stabilmente insediate sul nostro territorio ed oggi a pieno titolo appartengono alla Repubblica.

Numerose e consistenti minoranze linguistiche sono presenti in Italia (si pensi ai numerosi

13

Al momento, da più parti si auspica una nuova forma di regionalismo maggiormente cooperativo che superi

sia gli ingiustificati ritorni centralisti sia le inopportune e illegali tentazioni autonomistiche. Sono, pertanto,

contrari alla Costituzione i tentativi di fomentare i cittadini delle Regioni più ricche alla secessione, soprattutto

se ciò avviene solo per sottrarsi ai doveri di solidarietà, non sussistendo alcuna legittima aspirazione fondata su

motivi di nazionalità. 14

La Costituzione usa il termine «Repubblica» e non quello di «Stato» perché l’impegno di tutelare le minoranze

è un obbligo che ricade non soltanto sugli organi dello Stato centrale, ma anche sulle comunità territoriali in cui

queste formazioni sociali sono presenti. Anche la comunità internazionale, al pari di quella statale, tende sempre

più intensamente a tutelare le minoranze, soprattutto attraverso lo strumento dei trattati bilaterali o multilaterali,

con i quali gli Stati nel cui territorio sono presenti tali gruppi garantiscono alle minoranze parità di diritti, libertà

ed autonomia. Fino alla legge n. 482 del 1999, mancava una legge quadro nazionale che definisse standard

minimi di tutela delle minoranza linguistiche, migliorabili da ciascuna Regione. La nuova legge prevede adesso

interventi mirati a tutela del patrimonio culturale e linguistico delle minoranze storiche (albanesi, catalane,

germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino,

l'occitano e il sardo) a livello di scuole, università, uffici delle pubbliche amministrazioni, organi collegiali degli

enti territoriali, servizio pubblico radiotelevisivo. Le norme più favorevoli alle minoranze si applicano nelle

Regioni a Statuto speciale mediante disposizioni di attuazione dei rispettivi Statuti, mentre le Regioni ordinarie

si adeguano ai principi della legge statale, ferma restando l'applicazione delle leggi regionali vigenti più

favorevoli. 15

La norma in esame oltre a vietare, alla stregua dell’art. 3, ogni discriminazione, vale a dire un trattamento

peggiorativo fondato sulla diversità di lingua, offre anche una tutela positiva, al fine di conservare il patrimonio

linguistico e culturale delle minoranze, in omaggio ai principi di pluralismo e tolleranza. 16

Minoranza linguistica: formazione sociale il cui tratto distintivo è rappresentato dall’uso di una lingua diversa

da quella dello Stato d’appartenenza e a cui l’ordinamento assicura una tutela particolare.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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gruppi di lingua franco provenzale in Val d’Aosta e tedesca in Trentino-Alto Adige, ma anche

ai greci e agli albanesi delle Regioni meridionali o ai ladini delle vallate dolomitiche).

Il regime fascista, esaltando ossessivamente i valori dell’unità e della nazione (fatta

scaturire direttamente dalla civiltà romana), adottò una politica repressiva verso tali

minoranze (si vedano, ad esempio, le disposizioni sulla nazionalizzazione dei cognomi).

Al contrario la Costituzione, nel rispetto dei principi e dei valori di libertà ed uguaglianza

della persona umana, detta un’apposita norma (che ribadisce il precetto contenuto al 1°

comma dell’art. 3 nella parte in cui vieta ogni discriminazione in base alla lingua) a loro tutela

esprimendo così sia la volontà di rottura con la precedente esperienza dittatoriale che

l’impegno concreto, diretto e fattivo della Repubblica a favore della tutela delle minoranze

alloglotte.

10.2.7. Art. 7.

L’art. 7 della Cost. afferma che “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio

ordine, indipendenti e sovrani17.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi18. Le modificazioni dei Patti, accettate

dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale19.”

La questione dei rapporti con la Chiesa cattolica ha fortemente condizionato la recente

storia dello Stato italiano. Già il regno sabaudo-piemontese, pur proclamando formalmente e

solennemente la religione cattolica «religione di Stato», si smentì nei fatti attuando addirittura

una politica antiecclesiastica, ad esempio abolendo nel 1850 il privilegio degli ecclesiastici di

essere giudicati dai tribunali della Chiesa e non da quelli dello Stato.

I rapporti Stato-Chiesa, già tesi dopo l’Unità (1861), divennero insostenibili nel momento

in cui Roma, ultima roccaforte del dominio papale, fu occupata militarmente (presa di Porta

Pia del 20 settembre 1870) e annessa al Regno d’Italia, segnando la fine del dominio

temporale della Chiesa.

A seguito di tale occupazione Papa Pio IX scomunicò l’intera classe dirigente italiana.

17

La Costituzione configura Stato e Chiesa come due ordinamenti sovrani, relativamente ai fini che ciascuno di

essi persegue. I rapporti fra i due ordinamenti sono regolati mediante accordi bilaterali, secondo il modello delle

relazioni internazionali fra Stati, pur riconoscendosi alla Chiesa caratteri peculiari di sovranazionalità e

universalità. 18

P a t t i L a t e r a n e n s i : accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929 nel Palazzo di San Giovanni in Laterano

da Mussolini (per l’Italia) e dal Cardinale Gasparri (per la Santa Sede). Essi si articolavano in tre distinti

documenti: un Trattato, un Concordato e una Convenzione finanziaria. Il Trattato riconosceva la piena

soggettività internazionale allo «Stato della Città del Vaticano» attraverso la rinuncia, da parte dello Stato

italiano, ad una seppure minima estensione di territorio. L’art. 1 affermava il principio della religione cattolica

quale religione ufficiale dello Stato (principio successivamente superato. Il Concordato disciplinava le

condizioni della Chiesa cattolica in Italia, riconoscendo ad essa il libero esercizio del potere spirituale e della

giurisdizione in materia ecclesiastica e regolando la posizione giuridica dei vescovi e del clero, il regime del

matrimonio canonico (al quale si riconosceva automaticamente rilevanza agli effetti civili) nonché la disciplina

degli edifici di culto e degli enti ecclesiastici. La Convenzione finanziaria, infine, prevedeva un risarcimento

(mai corrisposto) al Papa per la perdita dei territori dello Stato Pontificio occupati dal Regno d’Italia. 19

La norma ha costituzionalizzato il p r i n c i p i o p a t t i z i o , in base al quale lo Stato italiano si impegna

a stabilire di comune accordo con la Chiesa ogni modifica dei Patti Lateranensi. Se però tale accordo non viene

raggiunto, sarà necessaria una legge costituzionale che abroghi l’art. 7 per rivedere unilateralmente i Patti

(all’epoca in cui fu redatta la Costituzione, la Chiesa confidava sul fatto che la presenza di un partito cattolico

forte in Parlamento avrebbe scongiurato tale possibilità, dal momento che per approvare una legge costituzionale

sono necessarie maggioranze molto ampie).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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Il Parlamento approvò nel 1871 la legge delle guarentigie, un atto unilaterale col quale il

Regno riconosceva prerogative di sovrano al Pontefice ed extraterritorialità ai palazzi

vaticani: il tentativo di rassicurare la Chiesa sulla sua libertà e indipendenza, tuttavia, non

ebbe credito presso il soglio pontificio in quanto il Papa non accettò mai tale legge e la

situazione di delegittimazione della classe dirigente di fronte al mondo cattolico rimase,

pesando sul futuro del Regno.

Il regime fascista, per acquisire il consenso delle masse cattoliche, tentò in ogni modo di

comporre i dissidi con la Chiesa in nome di una nuova unità spirituale nazionale. Tale intento

sfociò nella stipula dei P a t t i l a t e r a n e n s i , con i quali furono per la prima volta

regolati, su base paritaria e pattizia, i rapporti tra il Regno d’Italia e la Chiesa cattolica.

La Costituzione Repubblicana, dopo accesi contrasti in sede di Assemblea Costituente, si

limitò a recepire, senza alcuna modifica, i Patti lateranensi.

Nel 1984 dopo anni di sterili negoziazioni fra le parti, è stato firmato un nuovo accordo che

ha introdotto rilevanti novità nei rapporti Stato-Chiesa riaffermando il principio di laicità

dello Stato e dettando altre norme per assicurare il rispetto dei principi di eguaglianza, libertà

religiosa etc.

10.2.8. Art. 8.

L’art. 8 afferma che “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere20 davanti alla

legge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i

propri statuti21, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese22 con le relative

rappresentanze23”.

L’art. 8 Cost., superando il dettato dell’art. 1 dello Statuto albertino che dichiarava «la

religione cattolica, apostolica romana sola religione di Stato», afferma il principio di laicità

dello Stato e di libertà di religione, senza riconoscere alcuna situazione di privilegio o

mostrare alcuna ostilità verso ogni altro culto diverso da quello cattolico.

La Repubblica, ispirandosi ad un atteggiamento di neutralità nei confronti dei diversi culti,

si impegna a tutelare senza distinzioni tutte le confessioni religiose: ciononostante, è ancora in

vigore nel nostro ordinamento la legge n. 1159 del 1929 sui «culti ammessi», così definiti in

20

Egualmente libere: significa che la Costituzione non ammette discriminazioni fondate sulla diversità di fede

religiosa: questo fondamentale principio viene integrato da altre disposizioni costituzionali che riconoscono a

tutti la libertà di professare il proprio credo sia in forma individuale che associata. 21

Statuti: quando si riferisce alla Chiesa cattolica il Costituente usa un linguaggio mutuato dal diritto

internazionale, come sovranità e indipendenza. Ai culti acattolici, invece, lo stesso riconosce solo un’autonomia

organizzativa (statutaria), la possibilità, cioè, di organizzarsi senza ingerenze da parte dello Stato ma pur sempre

nell’ambito dell’ordinamento italiano. 22

I n t e s a : accordo tra un culto diverso da quello cattolico e lo Stato, su questioni che interessano l’una e

l’altra parte. Tali accordi, così come i Concordati con la Chiesa cattolica, esprimono un eguale principio: la

legislazione statale in materia ecclesiastica non deve essere unilaterale, ma, almeno di regola, preventivamente

concordata con le diverse confessioni religiose. 23

L’ordinamento italiano accoglie il principio pattizio, in base al quale i rapporti con le confessioni religiose

sono regolati mediante accordi tra le parti: mentre, però, per il Concordato con la Chiesa cattolica la dottrina è

propensa ad orientarsi verso modelli di diritto internazionale, le intese sono considerate come convenzioni di

diritto pubblico interno. A partire dal 1984 lo Stato italiano ha cominciato a dare attuazione alla norma in esame,

stipulando l’intesa con la Tavola Valdese, che ha reso inefficaci nei confronti delle Chiese da essa rappresentate

le norme della legge del 1929. Successivamente sono state concluse intese con altre confessioni religiose.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

133

quanto, a differenza della religione cattolica (considerata, all’epoca, religione di Stato e per

questo motivo privilegiata) gli altri culti venivano soltanto tollerati dall’ordinamento24.

10.2.9. Art. 9

L’art. 9 afferma che: “La Repubblica promuove25 lo sviluppo della cultura e la ricerca

scientifica e tecnica26.

Tutela il paesaggio27 e il patrimonio storico e artistico28 della Nazione.”

10.2.10. Art. 10.

L’art. 10 primo comma della Cost29. afferma che “L’ordinamento giuridico italiano si

conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute30.

24

Anche la tutela penale dei culti, contenuta nel vigente codice penale (codice Rocco, risalente al 1930), risulta

differenziata: per questo motivo la Corte Costituzionale, pur avendo in più occasioni ribadito che la Costituzione

si limita a riconoscere solo l’eguale libertà delle confessioni, ma non un’identità di regolamento dei loro rapporti

con lo Stato, si è più volte attivata per attenuare queste differenziazioni, ad esempio dichiarando incostituzionale

l’art. 724 c.p. (che puniva la bestemmia contro Divinità, Simboli e Persone venerati nella religione di Stato)

proprio nella parte in cui faceva riferimento alla sola fede cattolica (sentenza n. 440 del 1995). 25

l primo comma dell’articolo attribuisce ai soggetti pubblici (Stato, Regioni, enti pubblici, ciascuno nell’ambito

delle proprie competenze) il compito di promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica.

La norma va coordinata con altre disposizioni costituzionali, che ne specificano il significato e ne fissano i limiti

di applicazione. La Costituzione, infatti, proclama l’assoluta libertà della cultura, in tutte le forme in cui si

esprime, e l’autonomia delle strutture che alla promozione della stessa o alla ricerca scientifica e tecnica si

dedicano. L’intervento dei pubblici poteri non può intaccare la libertà di chi fa cultura o ricerca, anche perché

solo salvaguardando tale libertà è possibile indirizzare il progresso spirituale del Paese verso la promozione

dell’uomo, così come richiesto dal principio personalistico che permea l’intera Costituzione. L’attività di ricerca,

d’altra parte, è indispensabile per rinnovare i contenuti dell’insegnamento, favorire l’elevazione professionale

dei lavoratori e assicurare una sempre più adeguata sicurezza sociale e sul lavoro. Da questo complesso

panorama normativo si può dedurre che l’intervento promozionale della Repubblica deve sempre ricercare un

equilibrio costituzionalmente compatibile con la libertà della cultura e della ricerca, evitando che queste ultime

siano soggette a direttive e imposizioni del potere politico o si sviluppino del tutto sganciate dal contesto della

società e dei suoi problemi. 26

R i c e r c a s c i e n t i f i c a e t e c n i c a : tutte le attività che si propongono, con metodo scientifico,

l’allargamento della conoscenza, l’esplorazione di settori dello scibile umano per analizzarli e individuarne i

reciproci rapporti, l’invenzione di nuovi sistemi per l’utilizzazione delle risorse disponibili e la soddisfazione dei

bisogni umani. Così, tra l’altro, si spiega il divieto di brevettabilità dei metodi diagnostici e chirurgici perché in

contrasto con l’art. 9, che vieta qualsiasi ostacolo alla promozione della ricerca scientifica. 27

P a e s a g g i o : nozione che ha subìto nel tempo una evoluzione profonda. In Assemblea Costituente con

tale termine si indicavano unicamente le bellezze naturali, il panorama, la cui tutela si riduceva alla

conservazione dello scenario naturale secondo i precetti contenuti nella legislazione di tutela delle bellezze

naturali del 1939. Successivamente, però, una più attenta riflessione dottrinale e giurisprudenziale ha individuato

nel disposto costituzionale l’esigenza di tutelare il territorio così come modellato dalla comunità umana che vi è

insediata, tenuto conto che nelle moderne società non può parlarsi di ambiente senza presenza umana. Il

paesaggio ha assunto un significato sempre più dinamico, identificandosi con l’ambiente così come modellato

dall’uomo: la Corte Costituzionale lo ritiene comprensivo di ogni elemento naturale e umano che attiene alla

forma esteriore del territorio ed esprime un valore estetico-culturale. In quest’ottica, il secondo comma può

essere letto unitariamente, nel senso che la Repubblica si impegna a favorire uno sviluppo complessivo del

Paese, ispirato non soltanto a criteri economici, ma anche a valori culturali. La tutela paesaggistica tende così ad

interferire con la pianificazione urbanistica, così come istituzionalizzata dalla legge Galasso, che obbliga le

Regioni a dotarsi di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali.

Un ulteriore rafforzamento della tutela del paesaggio è stato realizzato dalla legge n. 349 del 1986, che ha

riconosciuto specificamente come diritto fondamentale della persona e interesse della collettività la salvaguardia

dell’ambiente, vale a dire la conservazione, la razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali, la

preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini e la difesa di tutte le specie animali e vegetali. 28

P a t r i m o n i o s t o r i c o e a r t i s t i c o d e l l a N a z i o n e : complesso dei beni di proprietà

pubblica e privata caratterizzato da una unitaria funzione culturale, di testimonianza della civiltà italiana. 29

L’art. 10 costituisce una norma sulla produzione giuridica, in quanto detta le modalità per recepire nel nostro

ordinamento le norme del diritto internazionale generale (cioè le consuetudini) accettate dalla comunità

internazionale.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

134

Il primo comma dell’articolo esprime la volontà della Repubblica di aprirsi alla comunità

internazionale, impegnandosi a produrre, nel proprio ordinamento interno, disposizioni in

tutto coincidenti con le norme internazionali riconosciute dalla comunità degli Stati. Eventuali

norme interne non conformi al diritto internazionale consuetudinario non possono intaccarle,

anzi vengono giudicate invalide, se successive, o abrogate, se antecedenti31.

I seguenti commi dell’art. 10 affermano che “La condizione giuridica dello straniero32 è

regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali33.

La c o n d i z i o n e g i u r i d i c a d e l l o s t r a n i e r o r e s i d e n t e i n

I t a l i a è protetta dalla previsione di una riserva rafforzata di legge: il trattamento giuridico

a cui viene sottoposto può essere fissato soltanto dalla legge (con esclusione di ogni

intervento della pubblica amministrazione volto a regolamentare la materia, se non per dare

esecuzione alla disciplina legislativa) e non può essere meno favorevole di quanto previsto

nelle norme di diritto internazionale, sia di origine consuetudinaria che pattizia34.

Gli ultimi due commi dell’articolo in esame affermano che: “Lo straniero, al quale sia

impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla

Costituzione italiana35, ha diritto d’asilo36 nel territorio della Repubblica, secondo le

condizioni stabilite dalla legge.

30

N o r m e d e l d i r i t t o i n t e r n a z i o n a l e g e n e r a l m e n t e r i c o n o s c i u t e : regole

di condotta non scritte che hanno per destinatari tutti i soggetti della comunità internazionale, tali norme sono

originate da comportamenti costantemente ripetuti nel tempo e accettati dalla Comunità internazionale e non

sono contenute in specifici accordi tra Stati. Tali norme si indirizzano anche agli Stati o altri soggetti di diritto

internazionale (es.: Stati di nuova formazione) che in passato non hanno partecipato, con il loro comportamento,

alla creazione delle norme stesse. 31

In ogni caso, la Corte Costituzionale ha affermato che, qualora insorgano conflitti fra norme internazionali e

costituzionali, l’interprete deve procedere alla loro armonizzazione, tenendo conto che: I) il diritto internazionale

preesistente alla Costituzione prevale su di essa, in quanto regola fattispecie, situazioni e interessi che si pongono

come speciali rispetto alle norme interne; I) il diritto internazionale successivo non può mai intaccare i principi

fondamentali del nostro ordinamento, cioè quei principi che danno forma al nostro ordinamento costituzionale e

non possono essere alterati in nessun caso (eguaglianza, rispetto della dignità dell’uomo, riconoscimento dei suoi

diritti inviolabili). 32

Attualmente esistono nel nostro ordinamento due categorie di stranieri: I) i cittadini dell’Unione Europea, che

godono di una tutela particolarmente qualificata e tendenzialmente assimilabile a quella riconosciuta agli italiani;

II) i cittadini extracomunitari, che possono, invece, essere soggetti a restrizioni relativamente al loro diritto

d’ingresso, soggiorno e permanenza nel nostro territorio. 33

T r a t t a t i i n t e r n a z i o n a l i : accordi con cui due o più soggetti di diritto internazionale

(prevalentemente Stati, ma anche organizzazioni internazionali) si assumono e riconoscono reciprocamente

obblighi o diritti. Le norme in essi contenute possono avere carattere particolare (se derivano da accordi fra

singoli Stati) oppure generale (se sono il risultato di congressi o conferenze internazionali); in ogni caso esse si

applicano soltanto agli Stati firmatari dell’accordo, a differenza delle norme generalmente riconosciute

(consuetudini) che, invece, vincolano tutti i soggetti della Comunità degli Stati. 34

Ciò non esclude che il legislatore italiano possa sopravanzare il diritto internazionale nel predisporre un

trattamento più favorevole, atteggiandosi, così, come un modello di riferimento per tutta la comunità

internazionale. 35

L i b e r t à d e m o c r a t i c h e g a r a n t i t e d a l l a C o s t i t u z i o n e i t a l i a n a : diritti e

libertà riconosciuti negli ordinamenti vigenti (diritto a non essere discriminati per razza, sesso o religione, libertà

di associazione, pensiero, domicilio, diritti di partecipazione politica) che, per essere naturalmente destinati a

consentire lo sviluppo della persona umana nella sua integralità, non possono non essere riconosciuti ad ogni

uomo, indipendentemente dal luogo in cui risiede. La Repubblica garantisce, quindi, allo straniero la possibilità

di esercitare in Italia quei diritti che gli sono negati nel suo Paese. 36

D i r i t t o d ’ a s i l o : diritto, riconosciuto allo straniero (cittadino di altro Stato o apolide), di essere

ammesso a soggiornare nel territorio dello Stato italiano, se lo Stato in cui risiede non garantisce le libertà

fondamentali riconosciute dalla nostra Costituzione.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

135

Non è ammessa l’estradizione37 dello straniero per reati38 politici”.

Gli ultimi due commi possono essere letti come la proiezione sul piano internazionale dei

valori affermati dalla Costituzione nell’ambito interno. Dopo aver delineato un ordinamento

costituzionale incardinato su ideali di libertà e giustizia, i Costituenti vollero affermare

l’universalità di tale modello, riconoscendo a chiunque non abbia l’opportunità di vivere in

uno Stato retto dagli stessi principi, il diritto di rifugiarsi in Italia e di non essere estradato

qualora abbia commesso reati politici contro un regime illiberale39.

10.2.11. Art. 11.

L’art. 11 della Cost. afferma che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla

libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali40;

consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad

un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le

organizzazioni internazionali41 rivolte a tale scopo”.

Questa norma sancisce il principio pacifista, che propugna il ripudio della guerra come

strumento di offesa agli altri popoli e come modo di risolvere le controversie internazionali.

Alla fine del 1945 l’Italia usciva stremata da una guerra in cui era stata trascinata

dall’esasperato nazionalismo fascista e della sciagurata alleanza col regime nazista.

Aspirazione comune a tutte le forze politiche rappresentate in Assemblea Costituente era,

quindi, l’istanza pacifista, dettata dalla volontà di non ripetere i tragici errori del passato.

Per questo motivo la Costituzione stabilisce che l’Italia non può ricorrere alla guerra per

risolvere eventuali contrasti che insorgano con altri Stati sul piano politico o su quello

giuridico. A maggior ragione tale divieto sussiste qualora lo Stato italiano voglia ledere

l’indipendenza o l’integrità territoriale di uno Stato estero o imporre con la forza un certo

ordinamento ad un’altra popolazione.

37

E s t r a d i z i o n e : istituto giuridico in base al quale lo Stato italiano consegna o chiede in consegna un

imputato o condannato che si trova, rispettivamente, in territorio italiano o estero; ciò affinché venga sottoposto

a giudizio o ad esecuzione della pena nello Stato estero o in quello italiano. 38

R e a t i p o l i t i c i : crimini commessi per opporsi a regimi illiberali o per affermare un diritto di libertà il

cui esercizio è negato (ad esempio, propaganda antigovernativa o organizzazione di manifestazioni scioperi nei

Paesi in cui tale diritto non può essere esercitato). 39

L’interpretazione unitaria dei due commi spinge a qualificare come r e a t i p o l i t i c i quei

comportamenti che esprimano opposizione a regimi non democratici o rappresentino l’esercizio di diritti e libertà

negate da quegli ordinamenti. Escludendo l’estradizione per questo tipo di reati, la Costituzione tende a

restringere la potestà repressiva dello Stato estero per tutelare la persona dello straniero 40

Sono escluse dal divieto le guerre difensive, cioè le operazioni belliche destinate a fronteggiare aggressioni in

atto o seriamente minacciate; ciò trova conferma in quella norma che qualifica sacro dovere di ogni cittadino

difendere la Patria e nelle disposizioni che regolano il procedimento per decidere e dichiarare lo stato di guerra.

Inoltre, il nostro ordinamento fa propria la norma contenuta nell’art. 51 dello Statuto dell’Organizzazione delle

Nazioni Unite, che ammette, come diritto naturale degli Stati, la legittima difesa solo di fronte ad un attacco

armato o avverso aggressioni indirette, consistenti, ad esempio, in infiltrazione di armati. Nel corso degli anni,

sotto la spinta di un pacifismo generalizzato, a livello internazionale si sono formate norme generali che vietano

l’uso e la minaccia della forza, anche quando non raggiunga le dimensioni di un evento bellico che impegni a

lungo e integralmente le risorse umane e materiali di un Paese (si pensi alle rappresaglie implicanti solo il blocco

delle coste o bombardamenti circoscritti). Anche queste norme sono state recepite nel nostro ordinamento,

integrando e specificando il significato del disposto costituzionale. 41

O r g a n i z z a z i o n e i n t e r n a z i o n a l e : unione di Stati creata mediante accordo internazionale e

chiamata a svolgere attività d’interesse comune ai suoi membri. Può acquisire o meno la soggettività di diritto

internazionale. L’ONU in particolare si pone come obiettivo primario il raggiungimento della pace e della

giustizia fra le Nazioni.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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Inoltre sempre ai sensi dell’art. 10 della Cost. il nostro Paese si impegna a partecipare alla

creazione di un ordinamento più giusto, che esprima a livello internazionale quei valori che

sono già a fondamento della Repubblica.

Per conseguire questo risultato, lo Stato italiano si dichiara disposto ad accettare

limitazioni di sovranità, vale a dire a consentire che obblighi assunti a livello internazionale

possano condizionare la sua condotta, purché tale ridimensionamento avvenga in condizioni

di parità con gli altri Stati e al fine di assicurare pace e giustizia nei rapporti fra le Nazioni42.

10.2.12. Art. 12.

L’art. 12 afferma che “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e

rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”43.

10.3. Rapporti civili.

10.3.1. La libertà personale.

La l i b e r t à p e r s o n a l e consiste, nella pretesa, giuridicamente riconosciuta a ogni

individuo, a non subire coercizioni fisiche che non rispettino le forme previste dalla

Costituzione (previsione di legge, regolare giudizio, provvedimento motivato) o comunque

ledano la sua dignità44.

D’altra canto in dottrina si sostiene, che tale libertà non è solo da intendersi come libertà

fisica, ma anche come libertà morale, cioè libertà non solo dalla coercizione fisica, ma anche

da ogni forme di coercizione della volontà, del pensiero e, della psiche dell’individuo.

La libertà personale costituisce il presupposto logico e giuridico di tutte le libertà

riconosciute all’individuo della Costituzione. Il fondamento costituzionale della libertà

personale dell’individuo deve ravvisarsi nell’art. 13 Cost. il quale stabilisce, nel primo

comma, che:

“La libertà personale è inviolabile.

42

La norma fu pensata e scritta per consentire l’adesione dell’Italia alle Nazioni Unite, che richiedeva, come

condizione di ammissione, che lo Stato si fosse dichiarato «amante della pace». Al di là delle intenzioni dei

Costituenti, essa è servita anche per legittimare ulteriori limitazioni di sovranità accettate dallo Stato italiano con

l’adesione alle Comunità Europee (che furono istituite solo nel 1951 e nel 1957); infatti, nei trattati istitutivi di

tali organizzazioni, si proclama solennemente che «gli Stati firmatari sono risoluti a rafforzare … le difese della

pace e della libertà». L’appartenenza alle Comunità Europee implica la soggezione immediata anche a tutte le

norme previste dai trattati (regolamenti, direttive, decisioni), riducendo in tal modo la generale competenza a

legiferare del Parlamento italiano. Inoltre, gli obblighi assunti con l’adesione alle Comunità comportano anche la

disapplicazione, da parte del giudice comune, delle disposizioni nazionali in contrasto con la normativa

comunitaria. 43

Il tricolore fu utilizzato occasionalmente dai giacobini italiani per affermare la loro vicinanza ideologica alla

Rivoluzione francese, che quel simbolo aveva adottato. Il suo ingresso ufficiale nella storia italiana, come

emblema della libertà repubblicana, va, però, fissato al 7 gennaio 1797, quando fu acclamato bandiera della

Repubblica Cispadana. Napoleone Bonaparte lo adottò come bandiera nazionale del Regno d’Italia nel 1805,

sistemandone i colori in bande verticali. Nel 1848 il tricolore sostituì lo stendardo azzurro sabaudo quale insegna

del Regno di Sardegna, con l’aggiunta al centro dello scudo dei Savoia. Nel 1861 fu adottato come bandiera

italiana, scelta che fu confermata anche nel 1946, eliminando, però, lo stemma sabaudo, che fu soppiantato (nel

1948) dall’insegna della Repubblica italiana. 44

Si tratta di una delle prime libertà dell’uomo a trovare formale riconoscimento in un documento scritto, se si

considera che già nella Magna charta libertatum del 1215 (con cui i Baroni britannici posero limiti all’arbitrio

del Re) i sudditi inglesi venivano tutelati dagli arresti ingiustificati.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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Non è ammessa forma alcuna di detenzione45, di ispezione46 o perquisizione personale47, né

qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità

giudiziaria48 e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di

pubblica sicurezza49 può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati

entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive

quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto50.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di

libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva51”.

Dunque l’importanza e la delicatezza della tutela della libertà personale è assistita da tre

specifiche garanzie:

r i s e r v a d i l e g g e : solo il potere legislativo (e non altri) può stabilire i casi e

le modalità in cui è possibile limitare tale libertà;

r i s e r v a d i g i u r i s d i z i o n e : solo il giudice (non l’autorità

amministrativa) è legittimato ad emettere (o convalidare) provvedimenti limitativi

della libertà;

m o t i v a z i o n e d e i p r o v v e d i m e n t i : i provvedimenti giurisdizionali

(di solito ordinanze) devono indicare in modo esauriente i motivi che hanno portato

il giudice ad adottarli.

La dettagliata articolazione della norma non lascia alcuna autonomia all’autorità che ha il

potere di limitare la libertà individuale. Solo il preciso e tempestivo rispetto di tali garanzie da

parte delle autorità pubbliche, infatti, mette l’individuo al riparo da abusi e arbitrî nei suoi

confronti.

45

D e t e n z i o n e : privazione della libertà personale che può essere prevista sia come sanzione per la

commissione di un reato, sia come misura preventiva volta ad evitare che il presunto autore dello stesso si

sottragga alle conseguenze giuridiche dei suoi atti dandosi alla fuga o commetta altri gravi reati o alteri le prove

(art. 274 c.p.p.). 46

I s p e z i o n e p e r s o n a l e : mezzo di ricerca della prova, consistente in un esame della persona diretto

ad acquisire una prima conoscenza del fatto, accertando la presenza di tracce e di altri effetti materiali del reato

su di essa (artt. 244, 245 c.p.p.; artt. 118, 258-260 c.p.c.). È eseguita, di regola, dalla polizia giudiziaria. 47

P e r q u i s i z i o n e p e r s o n a l e : è un mezzo di ricerca della prova, disposto quando si ha fondato

motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Di regola è

eseguita dalla polizia giudiziaria (artt. 247, 249 c.p.p.). 48

A u t o r i t à g i u d i z i a r i a : è l’autorità preposta all’esercizio della funzione giurisdizionale ossia

all’attuazione della legge da parte di soggetti che si comportano come terzi imparziali. 49

A u t o r i t à d i p u b b l i c a s i c u r e z z a : organismi destinati a dare attuazione all’ordine giuridico

e a garantire l’ordine pubblico (polizia, carabinieri etc.); il loro operato è per lo più sottoposto alla direzione e/o

al controllo dell’autorità giudiziaria, che ne può richiedere o convalidare l’intervento. 50

Quando è l’autorità di pubblica sicurezza ad adottare i provvedimenti restrittivi della libertà personale, la

garanzia della previsione di legge si attiva subito, in quanto la necessità e l’urgenza che legittimano tali

restrizioni devono essere previamente indicati dalla legge in modo preciso e non generico. L’intervento

dell’autorità giudiziaria è previsto, invece, in un momento successivo, al fine di accertare se realmente

sussistevano i presupposti per l’emanazione di quei provvedimenti da parte dell’autorità di P.S. 51

C a r c e r a z i o n e p r e v e n t i v a : è una misura cautelare personale (artt. 272-315 c.p.p.), cioè un

provvedimento provvisorio ed urgente adottato dall’autorità giudiziaria prima di una pronuncia definitiva sulla

colpevolezza, per salvaguardare esigenze predeterminate dalla legge e per assicurare l’effettività della decisione

finale (tale provvedimento, in quanto provvisorio e strumentale, va computato al momento in cui si stabilisce

l’entità della pena detentiva).

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

138

10.3.2. La libertà di domicilio.

L’art. 14 della Cost. afferma che “Il domicilio52 è inviolabile.

Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri53, se non nei casi e modi

stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini

economici e fiscali sono regolati da leggi speciali”.

L’art. 14 della Cost. sancisce l’i n v i o l a b i l i t à d e l d o m i c i l i o che rappresenta

l’espressione più tipica della libertà personale, in quanto si concreta nella proiezione spaziale

della persona. Tutelando il domicilio, quindi, l’ordinamento garantisce la persona stessa, o più

esattamente il rapporto persona-ambiente.

10.3.3. La libertà e la segretezza della corrispondenza.

L’art. 15 della Cost. afferma che “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni

altra forma di comunicazione54 sono inviolabili55.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le

garanzie stabilite dalla legge.

La l i b e r t à d i c o r r i s p o n d e n z a e c o m u n i c a z i o n e garantisce il

raccordo dell’individuo con i suoi simili consentendogli di far giungere ad altri — in

esclusiva, senza interferenza alcuna — il suo pensiero. È un aspetto del diritto alla

riservatezza (che trova tutela negli artt. 13, 14, 15) contro le interferenze abusive.

Si ricordi, infine, che a tutela di tale diritto non è ammessa alcuna forma urgente di

limitazione rimessa all’autorità di polizia e da convalidare successivamente da parte del

giudice come nei casi della libertà personale e di domicilio. Infatti la tutela accordata dalla

disposizione in esame, prevede necessariamente ed esclusivamente un atto motivato di un

giudice, su richiesta del pubblico ministero, per qualsiasi restrizione alla corrispondenza Ciò

si giustifica sia per la segretezza delle intercettazioni telefoniche, postali etc. (che non

consente alcuna possibilità di difesa all’intercettato) sia per il carattere interpersonale delle

comunicazioni (che comporta anche il coinvolgimento di tutte le persone con le quali venga in

contatto, per qualsiasi motivo, chi è soggetto ad intercettazioni).

52

Domicilio: nel caso specifico non si fa riferimento al domicilio così come definito dal codice civile (ossia

come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi), bensì si intende

qualunque luogo (abitazione, studio, roulotte, stanza d’albergo etc.) in cui la persona esplica la propria vita

privata e professionale (residenza, dimora etc.). La libertà di stabilire il domicilio è una delle più importanti

espressioni della libertà personale (artt. 43-47 c.c.). 53 S e q u e s t r o : consiste in un vincolo di indisponibilità sulle cose che ne sono oggetto o nel loro

spossessamento. Può essere disposto, nella materia penale, per ottenere una prova di un reato (sequestro

probatorio: artt. 253-265 c.p.p.), o per evitare la perdita di garanzie reali per il pagamento di eventuali pene

pecuniarie, spese di giustizia etc. (sequestro conservativo: artt. 316-320 c.p.p.), o anche per interrompere

l’attività criminosa o impedire la commissione di nuovi reati (sequestro preventivo, artt. 321, 322, 323 c.p.p.). 54

O g n i a l t r a f o r m a d i c o m u n i c a z i o n e : si riferisce ad ipotesi eterogenee, quali il contatto

diretto tra due o più persone presenti, o il contatto a mezzo informatico, telematico etc. 55

Non è specificato chi è il titolare del diritto inviolabile (autore o destinatario); infatti sono assicurate pari

dignità e pari tutela tanto a chi effettua la comunicazione quanto a chi la riceve. Proprio in merito al rapporto tra

autore e destinatario della comunicazione va rilevata la differenza rispetto all’art. 21: in quest’ultimo la tutela

della libertà di manifestazione del pensiero non implica anche la tutela della sua segretezza, in quanto non è

preso in considerazione un destinatario determinato (una o più persone specifiche), ma l’impiego di mezzi di

comunicazione di massa verso destinatari indeterminati.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

139

10.3.4. La libertà di circolazione e soggiorno..

L’art. 16 della Cost. afferma che: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente

in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via

generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da

ragioni politiche”.

Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli

obblighi di legge”.

Va precisato che, anche se la locuzione “cittadino” non estende anche agli stranieri tale

diritto, si ricordi che attualmente la libertà di circolazione e soggiorno riguarda tutto il

territorio degli Stati aderenti alla Comunità Europea: l’articolo 48 del trattato istitutivo

afferma, infatti, che la libera circolazione delle persone comporta il diritto “di spostarsi

liberamente” e “di rimanere sul territorio di uno Stato membro”.

10.3.5. La libertà di riunione.

L’art. 17 della Cost. afferma che I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e

senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico56, non è richiesto preavviso. Delle

riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle

soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.

La l i b e r t à d i r i u n i o n e , garantiti ai soli cittadini dall’art. 17 della Cost., consiste

nella facoltà di darsi convegno, temporaneamente e volontariamente, in un luogo determinato

ed in seguito a preventivo accordo, indipendentemente dalle ragioni per cui ci si riunisce

(politiche, ricreative, religiose, etc.).

10.3.6. La libertà di associazione.

La l i b e r t à d i a s s o c i a z i o n e è sancita dall’art. 18 Cost., il quale afferma che: “I

cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono

vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che

perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

La libertà di associazione, al pari della libertà di riunione, è una libertà strumentale e

indispensabile per favorire lo sviluppo della persona umana e la sua partecipazione alla vita

economica, polita e sociale del Paese (art. 2 Cost.).

La Costituzione, dopo aver garantito in linea generale la libertà di associazione nell’art. 18,

fa esplicito riferimento a tale libertà nei campi; politico (art. 49 cost.); sindacale (art. 39

Cost.); religioso (art. 19 Cost.).

10.3.7. La libertà di fede religiosa.

L’art. 19 afferma che: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede

religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in

56

Va precisato che per l u o g o a p e r t o a l p u b b l i c o : è un luogo privato al quale è consentito (a

talune condizioni, come l’essere socio o il pagare un biglietto d’ingresso) l’accesso da parte di una serie di

persone (anche non predeterminate, come ad esempio i frequentatori di cinema, teatri, palestre etc.). Si distingue

perciò dal l u o g o p u b b l i c o (in cui tutti possono accedere liberamente, come una piazza, un giardino

pubblico etc., senza particolari formalità) e dal l u o g o p r i v a t o .

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

140

privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume57”. In forza

del tale articolo il nostro è uno Stato laico.

Uno S t a t o si definisce l a i c o quando riconosce la libertà di religione e delle

confessioni religiose, e non esprime preferenze attribuendo ad una di esse la qualifica di

«religione ufficiale di Stato». Lo S t a t o c o n f e s s i o n a l e , invece, riconosce una

religione come sola religione dello Stato e assume atteggiamenti di repressione o, al più, di

semplice tolleranza verso gli altri culti.

Inoltre l’art. 20 della Cost. afferma che “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di

culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni

legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni

forma di attività”.

La norma si riferisce al fenomeno religioso nella sua dimensione collettiva, riaffermando

l’eguaglianza dei cittadini senza discriminazioni di religione, anche quando essi operano

all’interno di strutture organizzate. La legge non può, quindi, introdurre trattamenti

sfavorevoli o discriminatori a carico degli enti religiosi rispetto ad altre associazioni che

perseguano scopi diversi, né utilizzare lo strumento fiscale per rendere più difficoltosi la

costituzione ed il funzionamento degli enti. Tali garanzie vengono assicurate a tutti gli enti

religiosi, cattolici e non, a tutela del principio dell’eguale libertà di fede religiosa

10.3.8. La libertà di pensiero e di comunicazione.

L’art. 21 1° co. Cost. afferma che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio

pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

La l i b e r t à d i m a n i f e s t a r e i l p r o p r i o p e n s i e r o costituisce una

pietra angolare di ogni sistema democratico, in quanto garantire ad ognuno di esprimere le

proprie opinioni (o il proprio dissenso) e farne propaganda è il presupposto imprescindibile di

ogni sistema democratico che si basi sul pluralismo ideologico. In una società dalle grandi

strutture che gestiscono l’informazione, tuttavia, il problema centrale è quello di garantire

spazio, libertà ed autonomia ai soggetti che fanno informazione58.

10.3.9. La libertà di stampa.

L’art. 21 della Cost. dal secondo comma in poi afferma che: “La stampa non può essere

soggetta ad autorizzazioni o censure.

57

Come la propaganda (limitata dal divieto di arrecare vilipendio ad altri culti) anche l’esercizio del culto trova

un limite, ove svolto in luogo pubblico o comunque al quale sia consentito accesso ad una pluralità di persone:

l’offesa a valori di morale, decenza etc. A prescindere, poi, dal luogo di svolgimento dei riti del culto, non è mai

consentita la limitazione dei diritti di libertà (sono perciò vietate la segregazione, la sottoposizione a sofferenze,

anche solo psicologiche, o lo svolgimento di riti macabri e/o sacrificali) per motivi religiosi. 58

La libertà di pensiero è riconosciuta senza ulteriori limiti che non siano quelli necessari al rispetto del buon

costume inteso come tutela del pudore sessuale, richiesto anche per la libertà di propaganda religiosa ma non per

quella di insegnamento. Vige, inoltre, il limite della riservatezza e della onorabilità della persona che non

consente di violare la privacy ed è garantito da norme penali che puniscono i reati di diffamazione, ingiuria,

oltraggio. Anche il sacro dovere della difesa della Patria può giustificare limitazioni alla libertà di pensiero, ad

esempio attraverso l’apposizione del segreto militare su notizie riguardanti la difesa nazionale o del segreto di

Stato (L. 801/77) per la salvaguardia della Repubblica. Allo stesso modo è tutelato il segreto giudiziario, per

garantire l’efficace andamento della giustizia e proteggere la reputazione degli imputati prima della condanna

definitiva.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

141

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di

delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione

delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento

dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di

polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare

denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive,

il sequestro si intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di

finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni

contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a

reprimere le violazioni”.

Dunque ’art. 21 delle Costituzione, dal secondo comma in poi, in tema di l i b e r t à d i

s t a m p a pone i seguenti principi in materia: I) esclusione di ogni autorizzazione preventiva;

esclusione di censure (che sono successive); III) limitazione del sequestro ai soli casi di reato

e sua necessaria convalida da parte dell’autorità giudiziaria entro 24 ore; IV) possibilità di

controllo sui mezzi di finanziamenti della stampa; V) facoltà del legislatore di adottare

controlli preventivi e mezzi repressivi contro la stampa che offenda il buon costume.

10.3.10. Impossibilità di limitare la capacità giuridica e di imporre prestazioni se in forza di

legge.

L’art. 22 della Cost. afferma che “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della

capacità giuridica59, della cittadinanza, del nome”.

La norma ha il preciso compito di impedire che nell’ordinamento repubblicano si ripetano

le odiose esperienze del regime fascista che, al fine di disfarsi dei suoi oppositori, ne calpestò

anche i diritti più elementari. La legislazione fascista, infatti, privò della cittadinanza gli

appartenenti alla comunità ebraica e i fuoriusciti che svolgevano attività anti-fasciste. Essa,

inoltre, impose l’italianizzazione dei cognomi originari a chi apparteneva alle minoranze

linguistiche.

Il Costituente ha voluto espressamente impedire che atteggiamenti o comportamenti in

contrasto con gli interessi di una collettività retta da istituzioni democratiche possano

comunque giustificare la privazione dei fondamentali diritti di appartenenza alla comunità

politica stessa.

L’art. 23 afferma poi che: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere

imposta se non in base alla legge”.

La riserva di legge contenuta in questo articolo ha il preciso scopo di evitare che a carico

dei cittadini possa essere arbitrariamente imposto (soprattutto dal potere esecutivo) un obbligo

consistente nel fare (prestazione personale) o nel dare qualcosa (prestazione patrimoniale).

59

C a p a c i t à g i u r i d i c a : è la idoneità di un soggetto ad essere titolare di diritti, potestà, obblighi,

doveri. Si distingue dalla capacità di agire, che è la idoneità a manifestare la propria volontà producendo effetti

nel mondo giuridico. Costituisce un diritto intangibile dell’uomo e non può in nessun modo essere esclusa o

limitata dallo Stato.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

142

Dal momento che la libertà personale o il patrimonio dei cittadini possono essere limitati

soltanto per superiori esigenze di tutta la collettività, spetta unicamente all’organo che

rappresenta l’intera nazione (il Parlamento, attraverso lo strumento legislativo), e non ad altri

(il Governo, attraverso il potere regolamentare), il potere di imporre tali sacrifici.

10.3.11. Principi in materia processuale e panale.

L’art. 24 afferma che “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e

interessi legittimi60.

La difesa è diritto inviolabile61 in ogni stato e grado del procedimento62.

Sono assicurati ai non abbienti63, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti

ad ogni giurisdizione .

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.

L’art. 25 afferma che “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per

legge”.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del

fatto commesso.

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.

L’art. 26 afferma poi che “L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove

sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.

Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici”.

L’art. 28 infine afferma che: “La responsabilità penale è personale.

L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono

tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.”

Gli articoli da 24 a 27 hanno carattere strumentale rispetto agli artt. 2 e 3 in quanto

contengono i principi costituzionali in materia processuale e penale e hanno il compito di

60

I n t e r e s s i l e g i t t i m i : consistono in posizioni di vantaggio nei confronti di una pubblica

amministrazione (verso la quale però, si noti, si può anche avere un diritto), e sono tutelabili in giudizio solo se

sussista e debba essere tutelato un corrispondente e superiore interesse pubblico. 61

Il d i r i t t o a l l a d i f e s a è espressamente definito inviolabile, in quanto rappresenta un istituto

fondamentale dell’intero sistema democratico e non può essere limitato o cancellato neppure dalle norme di

diritto internazionale consuetudinario che trovano accoglienza nel nostro ordinamento, né da leggi di revisione

costituzionale. Esso non indica soltanto la possibilità di avere nel processo l’assistenza di un esperto del diritto

esercente la professione legale (difesa tecnica), ma include anche l’effettiva partecipazione della parte al

processo, attraverso un’adeguata informazione sulle vicende del giudizio, la possibilità di essere ascoltata tutte le

volte in cui il giudice debba prendere una decisione (o almeno in un momento immediatamente successivo,

qualora sussistano, come nei processi cautelari, valide ragioni per assicurare una tutela immediata dei diritti),

nonché il diritto a provare i fatti che vengono dedotti in giudizio. 62

S t a t o e g r a d o d e l p r o c e d i m e n t o : il grado è una fase del processo che indica uno dei

possibili giudizi (primo grado, appello, cassazione etc.); lo stato è un momento di un grado, o il periodo che

intercorre tra due gradi (es. l’istruttoria, la pendenza dell’impugnazione etc.). Quest’ampia formula, dunque,

consente la possibilità di intervenire in tutte le parti del giudizio. 63

N o n a b b i e n t e : colui che non dispone dei mezzi per agire e difendersi. La individuazione di tale

soggetto è affidata al legislatore ed ha quindi carattere mutevole, a seconda dei momenti storici e delle

valutazioni sociali e politiche prevalenti. La difesa di tali categorie di soggetti rispetta il principio di eguaglianza

sostanziale in quanto rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla effettiva parità

tra i destinatari della giustizia.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

143

rendere effettivi ed operanti i diritti di libertà ed uguaglianza precedentemente sanciti. Infatti,

solo consentendo il diritto di accesso alla giustizia a tutti (compresi gli stranieri e i non

abbienti), nonché la possibilità di difesa in ogni stato e grado del procedimento si

garantiscono concretamente i diritti inviolabili dell’uomo e l’uguaglianza.

10.3.12. La responsabilità degli impiegati pubblici.

L’art. 28 della Cost. afferma che “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti

pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli

atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e

agli enti pubblici”.

10.4. Rapporti etico sociali.

10.4.1. La famiglia.

La Carta costituzionale garantisce ampiamente le formazioni sociali nel cui ambito la

personalità dell'uomo può trovare piena esplicazione. Tali formazioni sociali costituiscono un

importante raccordo tra lo Stato ed il singolo cittadino e rappresentano una presenza

imprescindibile per un ordinamento autenticamente democratico. La principale e basilare

formazione sociale intermedia è senza dubbio la famiglia, della quale trattano gli artt. 29-31

Cost.

L’art. 29 della Cost. afferma che: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come

società naturale fondata sul matrimonio”.

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti

stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”

L’art. 30 della Cost. afferma che: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed

educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,

compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.”

L’art. 31 della Cost. afferma che: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre

provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con

particolare riguardo alle famiglie numerose.

Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

10.4.2. Il diritto alla salute.

L’art. 32 della Cost. afferma che: “La Repubblica tutela la salute64 come fondamentale

diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite65 agli indigenti66.

64

Il diritto alla salute, in un’accezione più ampia, va anche considerato come t u t e l a a l l a s a l u b r i t à

d e l l ’ a m b i e n t e , in quanto per prevenire l’insorgenza di patologie del singolo, occorre limitare o

eliminare le cause generali dell’inquinamento dell’area, dell’acqua etc. 65

Il riconoscimento del diritto affida allo Stato l’obbligo di apprestare le strutture ed i presidii per il suo

soddisfacimento. Ciò significa che tutti hanno diritto ad essere curati, anche se non tutti hanno diritto a cure

gratuite, riservate esclusivamente agli indigenti. 66

I n d i g e n t i : sono tutti coloro che non sono in grado di far fronte economicamente alle cure indispensabili

per la loro salute. Il termine non va, dunque, inteso necessariamente come sinonimo di “poveri”.

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Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per

disposizione di legge67. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto

della persona umana68”.

Il d i r i t t o a l l a s a l u t e presenta una molteplicità di valenze. Nel suo contenuto

tradizionale, si identifica nel d i r i t t o a l r i s p e t t o d e l l ’ i n t e g r i t à f i s i c a

fatto valere nei confronti di tutti69.

10.4.3. L’istruzione scolastica.

Ai sensi dell’art. 9 della Cost., la Repubblica “promuove lo sviluppo della cultura e la

ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della

nazione”.

Tale articolo trova la sua applicazione, per quel riguarda lo sviluppo della cultura, negli

artt. 33 e 34 cost., che disciplinano la materia dell’i s t r u z i o n e s c o l a s t i c a secondo

seguenti principi:

il principio della l i b e r t à d i i n s e g n a m e n t o (art. 33 1° co.: “L’arte e la

scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento70”);

il principio della p r e s e n z a d i s c u o l e s t a t a l i per tutti i tipi, ordini e

gradi dell’istruzione (art. 33 2° co.: “La Repubblica detta le norme generali

sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”)

il principio della l i b e r a i s t i t u z i o n e d i s c u o l e d a p a r t e d i

e n t i p r i v a t i (art. 33 3° co.: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole

ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato71”);

67

Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di regola volontari (così come è libera la scelta del medico o del

luogo di cura). L’obbligo di assoggettarsi ad un trattamento sanitario può essere disposto solo con legge, ed è

escluso che tale potere impositivo possa essere esercitato dalle autorità amministrative (la norma prevede, infatti,

una riserva di legge). In particolare sono ammessi trattamenti sanitari obbligatori o addirittura coattivi (imposti

con la forza fisica), ma solo se necessari per la tutela della salute della collettività e della incolumità delle altre

persone. Non è mai consentito imporre un trattamento sanitario per tutelare la sola salute individuale del

soggetto, senza alcun vantaggio per l’interesse collettivo. L’articolo si riferisce ad ogni intervento diagnostico o

terapeutico, di prevenzione o cura: vanno, quindi, comprese tanto le prescrizioni di vaccinazioni obbligatorie per

prevenire malattie infettive e diffusive, quanto i provvedimenti di cura e di isolamento nei confronti di soggetti

affetti da malattie contagiose. 68

In altri termini qualsiasi intervento, anche a tutela di un interesse fondamentale e collettivo, non può

degenerare in violenza fisica sulle persone sottoposte a trattamento sanitario né comunque ledere i diritti

fondamentali dell’individuo. 69

Nella c o n c e z i o n e s o l i d a r i s t i c a della Costituzione, si pone come diritto all’assistenza

sanitaria, che, però, può esser fatto valere solo nei confronti dello Stato. Sotto questo profilo, significativa è stata

la riforma sanitaria (L. 28-12-1978, n. 833) che, istituendo il servizio sanitario nazionale, ha esteso l’obbligo

dello Stato di assicurare le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non solo agli indigenti, ma anche a tutta la

popolazione (gratuitamente o semigratuitamente attraverso il pagamento dei cd. tickets). Si è così passati da un

sistema di p r e v i d e n z a s o c i a l e (nel quale i cittadini ricevono assistenza solo dopo il versamento di

“contributi” agli enti mutualistici di appartenenza), ad uno di sicurezza sociale garantito dal Servizio Sanitario

Nazionale. 70

La libertà d’insegnamento si collega alla libertà di manifestare il proprio pensiero con qualunque mezzo di

diffusione, alla libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione, alla libertà di

svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia più opportuno adottare. È riconosciuto al docente

la libertà di esercitare le sue funzioni didattiche, senza vincoli di ordine politico, religioso o ideologico. Tale

diritto trova solo un limite “interno” nel fatto che l’attività didattica deve esercitarsi in ogni caso nel rispetto

della libertà di opinione del discente. 71

Allo Stato compete, in via generale, la predisposizione dei mezzi di istruzione, attraverso l’emanazione delle

norme generali in materia. Tuttavia l’istruzione non è riservata, quanto alla sua gestione, soltanto allo Stato, dal

momento che la Costituzione garantisce il pluralismo anche nel sistema educativo (c.d. libertà

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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il principio della possibilità di p a r i f i c a z i o n e d e l l e s c u o l e s t a t a l i

a q u e l l e p r i v a t e , quanto agli effetti legali e al riconoscimento

professionale del titolo di studio (art. 33 4° co.: “La legge, nel fissare i diritti e gli

obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse

piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli

alunni di scuole statali”);

il principio dell’ a m m i s s i o n e p e r e s a m e ai vari gradi dell’istruzione

scolastica e dell’abilitazione professionale per esami (art. 33 5° co.: “È prescritto

un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la

conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”);

il p r i n c i p i o d i a u t o n o m i a , sancito dall’art. 33 6° co., secondo il quale

“Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi

ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”;

il principio del l i b e r o a c c e s s o a l l ’ i s t r u z i o n e s c o l a s t i c a ,

senza alcuna discriminazione (art. 34 1° co.: “La scuola è aperta a tutti”72);

il principio della o b b l i g a t o r i e t à e g r a t u i t à d e l l ’ i s t r u z i o n e

d e l l ’ o b b l i g o (art. 34 2° co.: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno

otto anni, è obbligatoria e gratuita”);

il r i c o n o s c i m e n t o a l d i r i t t o a l l o s t u d i o a n c h e a

c o l o r o c h e s o n o p r i v i d i m e z z i , purché capaci e meritevoli (art.

34 3° co.: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di

raggiungere i gradi più alti degli studi73”). L’art. 33 4° co. da canto suo afferma che

“La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle

famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso74”.

10.5. Rapporti economici.

10.5.1. La tutela costituzionale del lavoro.

L’art. 35 afferma che: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed

applicazioni”.

nell’insegnamento) per cui «l’esistenza di due tipi di scuole, statali e non statali, convergenti e non concorrenti, è

una garanzia di buon funzionamento per entrambi». Va tuttavia segnalato che la libera gestione dell’istruzione

non deve comportare impegni di spesa da parte dello Stato. La scuola privata deve, infatti, costituirsi e gestirsi

senza oneri per lo Stato: ciò non esclude che lo Stato possa intervenire finanziando scuole o istituti in difficoltà,

ovvero scuole private in luoghi in cui non esistono scuole statali. 72

Strettamente collegata alla libertà d’insegnamento è la libertà d’istruzione, nel senso che al dovere statale di

istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte un d i r i t t o

a l l ’ i s t r u z i o n e dei cittadini da intendersi come diritto di accedere liberamente al sistema scolastico.

L’istruzione, oltre ad essere un diritto, è peraltro anche un dovere. 73

Nelle intenzioni del Costituente il diritto all’istruzione si impone non solo come potere-dovere di ogni

cittadino di frequentare gradi dell’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita per almeno otto anni (5 anni di

scuola elementare e 3 anni di scuola media), ma anche come diritto di accedere ai gradi più alti degli studi, anche

se privo di mezzi, ma capace e meritevole. Tale ultima aspettativa si definisce come d i r i t t o a l l o

s t u d i o e si colloca tra i diritti sociali, ovvero quei diritti che promuovono l’intervento dello Stato diretto a

soddisfare le esigenze essenziali dei singoli. 74

L’eliminazione delle diseguaglianze economiche che impediscono di fatto l’accesso ai più alti gradi

dell’istruzione, è compito della Repubblica, che deve attivarsi per garantire effettivamente il diritto allo studio

con una serie di provvidenze, elargizioni ed aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi. Poiché lo Stato

non può garantire provvidenze per tutti gli studenti, sono stati stabiliti dei criteri oggettivi (reddito, numero dei

componenti la famiglia, meriti dello studente etc.) per formare una graduatoria.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.

Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e

regolare i diritti del lavoro.

Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse

generale, e tutela il lavoro italiano all’estero”

L’art. 36 afferma che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla

quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia

un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può

rinunziarvi”.

L’art. 37 afferma che: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le

stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire

l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino

una speciale adeguata protezione.

La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di

lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.”

L’art. 38 afferma che: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari

per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro

esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione

involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati

dallo Stato.

L’assistenza privata è libera”

L’art. 35 e l’art. 37 della Costituzione, con lo stabilire il principio della t u t e l a d e l

l a v o r o in tutte le su forme ed applicazioni, e con l’estendere al lavoro femminile tutti i

principi dettati dalla legge in materia di lavoro, hanno voluto non solo ribadire il principio già

affermato nell’art. 1, ma soprattutto attuare la parità di diritto fra uomo e donna.

Anche l’art. 38 della Costituzione, affermando i principi di previdenza e assistenza sociale

come diritti del lavoratore, ha inteso garantire nell’ambito del lavoro subordinato, il rispetto

delle persone umane, ponendo al sicuro il prestatore stesso da quei rischi che possono incidere

sulla capacità lavorativa e sui i bisogni del suo nucleo familiare.

L’art. 46 da parte sua afferma che “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro

e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori

a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.

10.5.2. La liberta sindacale e il diritto di sciopero.

L’art. 39 della Cost. afferma che “L’organizzazione sindacale è libera.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici

locali o centrali, secondo le norme di legge.

È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento

interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in

proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria

per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.”

Il principale strumento di lotta sindacale volto all'ottenimento delle rivendicazioni dei

lavoratori è costituito dallo s c i o p e r o . Lo sciopero si concreta nell'astensione concertata

dal lavoro per la tutela di un interesse professionale collettiva e rappresenta una forma di

autotutela, riconosciuta e garantita dalla Costituzione., .

Tale riconoscimento del diritto di sciopero non implica, però, che il suo esercizio sia

illimitata. Infatti la stessa Costituzione stabilisce che “lo sciopera si esercita nell'ambita delle

leggi che lo regalano” (art. 40 Cost.).

La Costituzione, dunque, ha previsto una regolamentazione legislativa del diritto di

sciopero, allo scopo di evitare che un suo esercizio indiscriminata e incontrollato danneggi

l'intera collettività.

10.5.3. La libertà di iniziativa economica e privata.

L’art. 41 della costituzione afferma che: “L’iniziativa economica privata75 è libera76.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale77 o in modo da recare danno alla

sicurezza, alla libertà, alla dignità umana78.

La legge determina i programmi79 e i controlli opportuni perché l’attività economica

pubblica80 e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

75

I n i z i a t i v a e c o n o m i c a p r i v a t a : ogni attività imprenditoriale diretta alla produzione o allo

scambio di beni e servizi (ad esempio, attività produttive nel settore industriale, manifatturiero, assicurativo etc.)

che miri al perseguimento di qualsiasi vantaggio economico. 76

La norma sembra distinguere due diversi momenti: il momento della scelta del tipo di attività economica da

svolgere, e il momento del concreto svolgimento dell’attività economica. L’iniziativa sarebbe, quindi, libera,

mentre l’attività economica subirebbe penetranti limitazioni sia in negativo che in positivo per il raggiungimento

dei fini sociali. 77

U t i l i t à s o c i a l e : finalità cui va indirizzata ogni iniziativa economica per il raggiungimento della

maggior quantità di benessere per il maggior numero di individui. Per la Costituzione, quindi, il progresso

economico non è un fine ma semplicemente uno strumento per la realizzazione dei valori fondamentali della

persona. 78

La norma si riallaccia ad altri valori costituzionalmente riconosciuti: l’attività economica non può, ad esempio,

svolgersi in modo da violare le libertà civili, minare la sicurezza economica dei lavoratori o la salute della

collettività, intaccare la dignità del lavoratore o dei fruitori della stessa attività economica (ad esempio, i

consumatori). 79

P r o g r a m m i : strumenti attraverso i quali si realizza la funzione di indirizzo politico-economico-

finanziario. Quest’ultima costituisce una specificazione dell’indirizzo politico generale del Governo e consiste

nella determinazione delle linee fondamentali dell’intervento statale in campo economico. L’intervento in questo

settore è definito «governo dell’economia» e trae il suo fondamento costituzionale in quegli articoli che

riservano al legislatore la programmazione e il controllo dell’economia, nonché la gestione di imprese di

pubblico interesse. Lo svolgimento di tali funzioni prevede i seguenti interventi: la programmazione (esperienza,

quest’ultima, di breve durata, nella nostra storia repubblicana), le partecipazioni statali, la manovra monetaria e

creditizia, nonché altre operazioni finanziarie (incentivi alle imprese, sgravi fiscali, contingentamenti etc.) in

stretto collegamento con gli organi della Comunità Europea. 80

Lo Stato non si limita ad esercitare un potere di indirizzo e di controllo sull’attività economica, ma spesso

opera direttamente attraverso la costituzione di imprese pubbliche o mediante il controllo di imprese private (c.d.

aziende a partecipazione statale). In questo caso si presenta come proprietario e gestore di aziende, che operano

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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Questo articolo viene da molti considerato come la disposizione più infelice e

contraddittoria della Costituzione. Esso infatti tenta un impossibile compromesso tra il pieno

riconoscimento della libera iniziativa economica privata e i limiti, programmi e controlli

statali: le contraddizioni letterali fra le parti dell’articolo non fanno altro che riprodurre le

profonde differenze ideologiche presenti tra i componenti dell’Assemblea Costituente che

hanno redatto la disposizione.

Ne deriva una opzione per un ibrido sistema ad economia mista, nel quale lo Stato, pur

garantendo la piena libertà d’iniziativa agli imprenditori privati, e riconoscendo alla stessa un

ruolo fondamentale nel sistema capitalistico di produzione, non rinuncia ad affiancarsi ai

privati nella veste di imprenditore, nonché a controllare ed, eventualmente, a limitare tale

attività.

10.5.4. La proprietà.

L’art. 42 della Costituzione afferma che: “La proprietà è pubblica o privata. I beni

economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di

acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla

accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo,

espropriata per motivi di interesse generale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti

dello Stato sulle eredità”.

L’art. 43 della Cost. afferma poi che “A fini di utilità generale la legge può riservare

originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti

pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che

si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed

abbiano carattere di preminente interesse generale”.

L’art. 44 afferma inoltre che “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di

stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata,

fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la

bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive;

aiuta la piccola e la media proprietà.

La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”

10.5.5. La tutela dell’artigianato.

L’art. 45 afferma che “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a

carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce

l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le

finalità.

La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”.

sul mercato con le stesse modalità degli imprenditori privati, offrendo beni e servizi a coloro che sono disposti

ad acquistarli. Il fenomeno dello «Stato imprenditore» ha assunto dimensioni rilevanti soprattutto nel secondo

dopoguerra, tanto che fu costituito un apposito Ministero delle partecipazioni statali. Nei primi anni ‘90, si è

invece avuta una netta inversione di tendenza, con l’avvio di un vasto programma di privatizzazioni, che prevede

la progressiva vendita ai privati delle società prima controllate e gestite dallo Stato.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

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10.5.6. La tutela del risparmio.

L’art. 47 afferma che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;

disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.

Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà

diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi

produttivi del Paese”.

10.6. Rapporti politici.

10.6.1. Il diritto al voto.

Vedi par. 4.9.3.

10.6.2. I partiti politici.

Vedi par. 4.9.2.

10.6.3. La possibilità di accedere ai pubblici uffici.

L’art. 51: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici

e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.

La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai

cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al

loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.

10.6.4. La difesa della patria

L’art. 52 afferma che: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento

non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.

L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”

10.6.5. La capacità contributiva.

L’art. 53 afferma che “Tutti81 sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche82 in ragione

della loro capacità contributiva83.

Il sistema tributario84 è informato a criteri di progressività85”.

81

La disposizione si riferisce anche agli apolidi e agli stranieri che risiedono in Italia e siano proprietari di beni o

svolgano attività lavorativa: restano esclusi i cittadini italiani che risiedono all’estero e non producono alcun

reddito in Italia. Il principio non esclude che possano essere previste esenzioni o agevolazioni per particolari

soggetti (percettori di redditi minimi, imprese operanti in zone depresse, etc.). 82

S p e s e p u b b l i c h e : spese finalizzate al soddisfacimento delle necessità della comunità sociale, cui lo

Stato deve provvedere. Le spese pubbliche sono erogate dall’amministrazione finanziaria dello Stato (erario)

attraverso una procedura che si articola nelle fasi dell’impegno (previsione della spesa nella legge di bilancio),

della liquidazione (determinazione del concreto ammontare della somma), dell’ordinazione (ordine impartito alla

Tesoreria di procedere al pagamento della somma) e del pagamento (che compete alla Tesoreria o ad altri enti

quali, ad esempio, gli uffici postali). 83

C a p a c i t à c o n t r i b u t i v a : idoneità del soggetto passivo a subire l’onere economico del tributo:

costituisce, pertanto, la misura della partecipazione di ciascuno (cittadino e straniero) alle spese pubbliche. La

capacità contributiva presuppone necessariamente che il contribuente abbia una fonte di reddito (lavoro

autonomo, subordinato, rendite, etc.). Essa costituisce un limite di carattere costituzionale per il legislatore, che

non può andare oltre le possibilità effettive del contribuente. 84

S i s t e m a t r i b u t a r i o : è l’insieme delle norme che disciplinano l’attività di imposizione fiscale e

regolano la contribuzione da parte dei soggetti d’imposta. Tale sistema, nonostante i ripetuti interventi

semplificativi, è ancora penalizzato dalla frammentarietà della legislazione, dall’eccessivo numero di tributi e

dall’alto tasso di evasione fiscale.

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Diritto costituzionale I principi e le libertà previste dalla Costituzione

150

Dunque affinché il costo delle spese pubbliche gravi equamente su tutti i cittadini, è

necessario che il sistema tributario sia improntato al principio della progressività: ciò implica

che la percentuale da versare al fisco (a l i q u o t a d ’ i m p o s t a ) sia più bassa per coloro

che guadagnano meno e più elevata all’aumentare del reddito tassabile (cd. b a s e

i m p o n i b i l e )86.

10.6.6. Il dovere di fedeltà alla Repubblica.

L’art. 54 della Cost. afferma che: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla

Repubblica87 e di osservarne la Costituzione e le leggi88”.

I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina

ed onore89, prestando giuramento90 nei casi stabiliti dalla legge91”.

85

C r i t e r i o d i p r o g r e s s i v i t à : principio in virtù del quale la parte di reddito che il cittadino deve

versare al fisco cresce con l’aumento della capacità contributiva. Tale criterio risponde ad una ragione politico-

sociale legata ai principi di eguaglianza e solidarietà: il sistema tributario viene organizzato in modo da far

gravare maggiormente il carico fiscale sulle quote di reddito più elevate. Ciò non esclude che alcuni tributi siano

determinati in modo fisso o proporzionale, in quanto la progressività deve informare l’intero sistema e non il

singolo tributo. 86

Il principio della progressività è applicabile solo alle imposte dirette (che colpiscono le manifestazioni

immediate della capacità contributiva, come il reddito o il patrimonio:, mentre è difficilmente applicabile alle

imposte indirette (che colpiscono, invece, la manifestazione mediata della capacità di reddito, come i consumi,

gli scambi e i trasferimenti di ricchezza): chiunque compra un’auto paga, infatti, il 20% di IVA, a prescindere dal

reddito personale; d’altra parte sarebbe impossibile stabilire prezzi diversi dei beni di consumo a seconda del

reddito del compratore. Unico correttivo, a favore delle classi meno abbienti, è di fissare per le imposte indirette

aliquote più basse per i beni di prima necessità o destinati a fasce di consumatori meno abbienti (es.: l’IVA sui

motorini è inferiore rispetto alle moto di alta cilindrata). 87

F e d e l t à a l l a R e p u b b l i c a : con l’imposizione di tale dovere l’Assemblea Costituente intese

formalmente sancire l’obbligo di fedeltà alla forma istituzionale repubblicana che lo Stato aveva assunto a

seguito del referendum del 2-6-1946, di cui andava garantito il rispetto anche da parte dei fautori del regime

monarchico, all’epoca ancora molto numerosi. Il dovere di fedeltà, nel suo significato attuale, si traduce

soprattutto nel rispetto di quella parte della Costituzione, sottratta alla possibilità di revisione, in cui sono

enunciati i valori fondamentali dell’ordinamento democratico. Esso grava su tutti i cittadini i quali, ancorché

dissenzienti rispetto a tali valori, devono adeguarvisi nei loro comportamenti materiali. 88

Il dovere di fedeltà ai principi e ai valori fondanti della Repubblica non comporta che in suo nome possano

essere posti limiti all’esercizio dei diritti di libertà del cittadino, soprattutto della libertà di manifestazione del

proprio pensiero: nella nostra Costituzione, infatti, non è riprodotta una norma analoga a quella della legge

fondamentale tedesca (art. 18), secondo la quale chi abusa della libertà di espressione del pensiero, in particolare

della libertà di stampa, di associazione, di insegnamento e di riunione, per combattere la libertà e la democrazia,

perde questi diritti. La democrazia italiana tollera anche il dissenso ideologico più radicale, purché non si

concretizzi in comportamenti materiali destinati a colpire le istituzioni democratiche. Ecco perché la dottrina

prevalente ritiene che il presidio penalistico del dovere di fedeltà sia l’art. 283 c.p., che punisce chiunque

«commetta un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del governo con mezzi non consentiti

dall’ordinamento costituzionale dello Stato». 89

Il secondo comma imporrebbe, secondo taluni, un dovere di fedeltà «qualificato» per coloro che esercitano

pubbliche funzioni. L’opinione prevalente è, però, nel senso che il dovere di fedeltà grava allo stesso modo su

tutti i cittadini; pertanto il secondo comma disciplinerebbe un distinto dovere che attiene alle modalità di

svolgimento («con disciplina ed onore») della funzione pubblica e dal quale scaturiscono obblighi specifici,

come il divieto di iscriversi ai partiti politici o limitazioni a diritti costituzionalmente riconosciuti, come

l’opposizione dei segreti militari o di Stato. 90

G i u r a m e n t o : il termine indica la promessa di assumere determinati comportamenti futuri (ad esempio,

esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio «…nell’interesse esclusivo della nazione»). La Costituzione

espressamente prevede il giuramento del Capo dello Stato, quello del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei

singoli Ministri, quello dei giudici della Corte Costituzionale. 91

Storicamente, la previsione dell’obbligo di prestare giuramento nei casi previsti dalla Costituzione o dalla

legge ordinaria, si giustifica con l’intento di legare al regime repubblicano e alla sua Costituzione anche i

membri dell’apparato statale fautori della monarchia. La previsione fu oggetto di vivaci polemiche che portarono

ad escludere da tale obbligo alcune categorie, come quella dei professori universitari.

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Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

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Capitolo 11° C e n n i d i D i r i t t o d e g l i e n t i l o c a l i

11.1. Introduzione

Un e n t e l o c a l e è un ente pubblico territoriale dotato di un certo grado di autonomia

statutaria, normativa, organizzativa, impositiva e finanziaria.

Il territorio nazionale, come abbiamo visto, è diviso in regioni; queste a loro volta sono

suddivise in province, ulteriormente suddivise in comuni. Fa eccezione la Valle d'Aosta, dove

la provincia è stata soppressa e la regione è direttamente suddivisa in comuni; formalmente

anche la Sicilia ha soppresso le province, sostituendole con altrettante province regionali che

hanno natura di liberi consorzi di comuni

Per i comuni delle aree metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna,

Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Catania, Messina, Trieste, Cagliari si

è costituita città metropolitana, che acquisisce le funzioni della provincia e svolge alcune

funzioni spettanti ai comuni a livello sovracomunale.

Le città metropolitane, le province e i comuni, sono disciplinati dalla Costituzione e, per

quanto attiene la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali, dalla

legge statale (attualmente il D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi

sull'ordinamento degli enti locali), nonché dai rispettivi statuti, che, nell'ambito dei principi

fissati dal predetto testo unico, stabiliscono le norme fondamentali dell'organizzazione

dell'ente.

Tali enti sono dotati di autonomia statutaria e regolamentare. Fanno eccezione le province

autonome di Trento e Bolzano che hanno la loro disciplina nello statuto regionale del

Trentino-Alto Adige e dispongono di particolare autonomia, anche legislativa, come abbiamo

visto.

Emerge la contrapposizione tra le regioni (e le province autonome di Trento e Bolzano), da

una parte, e gli altri enti territoriali dall'altra, giacché solo le prime sono dotate di autonomia

legislativa. Va peraltro rilevato che anche comuni, province e città metropolitane, pur

mancando di autonomia legislativa, dispongono di una rilevante autonomia nel definire il

proprio indirizzo politico (cosiddetta autonomia politica), che può quindi divergere da quello

dello stato (o della regione); anch'essi, pertanto, come le regioni, appartengono alla categoria

degli enti autonomi.

In sintesi il termine Enti locali si identifica:

con il significato più generale di ente pubblico la competenza dei cui organi è

limitata entro una determinata circoscrizione territoriale e persegue interessi

pubblici propri di tale circoscrizione;

con un significato più specifico, derivato dall'uso che ne fa il legislatore, per

riferirsi agli enti locali territoriali diversi dalla regione; in questo senso si parla

anche di autonomie locali.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

152

11.1.1. La Classificazione degli Enti Locali

Secondo la disciplina di settore, basata sul Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli

enti locali (d.lgs. 267/2000), per Enti Locali si intendono:

i Comuni;

le Province;

le Città metropolitane;

le Comunità montane;

le Comunità isolane;

le Unioni di Comuni.

Non sono enti locali in senso stretto le Regioni, alle quali è attribuita, oltre che la potestà

regolamentare, anche la potestà legislativa. Le regioni italiane, così come lo Stato,

condividono tuttavia con gli enti locali il carattere di enti territoriali della Repubblica.

L'elenco contenuto nell'art. 114 della Costituzione non esaurisce tutti gli enti locali

dell'ordinamento italiano; ad essi, infatti, vanno aggiunti quelli non previsti dalla Costituzione

ma solo a livello legislativo, quali:

gli ulteriori enti territoriali elencati nell'art. 2 del D.Lgs. 267/2000 e disciplinati

dallo stesso decreto legislativo, ossia le comunità montane, le comunità isolane, le

unioni di comuni e i consorzi fra enti territoriali;

gli enti locali, ma non territoriali, previsti da altre leggi statali, tra i quali si possono

annoverare le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende

sanitarie locali, gli ordini professionali ed altri;

gli enti locali previsti da leggi regionali.

Non si possono, invece, considerare enti locali le circoscrizioni di decentramento comunale

poiché non sono dotate di personalità giuridica e, quindi, non sono enti pubblici ma organi del

comune, seppur complessi e dotati di autonomia.

11.2. Le Regioni

11.2.1. Nozione.

La R e g i o n e è il più grande ed importante ente territoriale. Essa può anche configurarsi

come ente costituzionale a base territoriale, in quanto trova direttamente nella Costituzione il

fondamento dei propri poteri ed è destinata ad attuare il dettato costituzionale nell’ambito di

un determinato territorio.

Lo Stato italiano si articola in 20 regioni: 15 sono ad autonomia ordinaria (o a statuto

ordinario1), 5 ad autonomia speciale (o a statuto speciale2). La fusione o la creazione di nuove

regioni può avvenire solo con legge costituzionale, secondo quanto dispone l’art. 132 Cost.

11.2.2. Le autonomie delle regioni.

Le Regioni, in quanto enti autonomi territoriali sono dotate di:

1 Tali regioni disciplinate dal titolo V della Costituzione (artt. 114-133), nonché da varie leggi di portata generale

dettate dallo Stato, deliberano il contenuto dei loro statuti che vengono approvati e modificati dal Consiglio

regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. 2 Per motivi politici, etnici ed economici, la Costituzione (art. 116) riserva un trattamento giuridico differenziato

per cinque regioni (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia), secondo le

disposizioni contenute nei rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale dello Stato.

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Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

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a u t o n o m i a s t a t u t a r i a : cioè della possibilità di adottare un proprio Statuto

avente per oggetto la disciplina della forma di governo dell’organizzazione e del

funzionamento dell’ente per tutte le attività non regolate direttamente dalla

Costituzione;

a u t o n o m i a l e g i s l a t i v a : a tutte le Regioni è riconosciuta la potestà di

emanare leggi aventi valore di legge ordinaria. Tale potestà può essere esercitata

dalle Regioni nelle materie non espressamente riservate allo Stato sulla base

dell’art. 117 Cost.;

a u t o n o m i a a m m i n i s t r a t i v a : ciascuna Regione è dotata di un proprio

apparato amministrativo e le è riconosciuta la potestà di emanare atti amministrativi

(cd. a u t a r c h i a );

a u t o n o m i a f i n a n z i a r i a : le Regioni godono di autonomia finanziaria di

entrata e di spesa, in armonia con la Costituzione e in secondo i principi di

coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 119 Cost.).

11.2.2.1. L’autonomia statutaria.

L’autonomia statutaria delle Regioni è contemplata dalla Carta costituzionale, la quale ha

inteso riconoscere l’esistenza e la necessità della elaborazione degli Statuti da parte delle

Regioni, determinandone, altresì, la funzione ed i limiti.

Diversa è la disciplina dettata dalla Costituzione per gli Statuti delle Regioni speciali

rispetto a quella delle Regioni ordinarie.

11.2.2.1.1. Gli Statuti delle Regioni speciali.

Gli statuti delle Regioni ad autonomia differenziata sono invece adottati secondo l’art. 116

Cost.3, con leggi costituzionali.

Dalla natura di legge costituzionale degli Statuti speciali discende che le loro norme

possono essere modificate se non con la procedura di revisione costituzionale previsto

dall’art. 138 della Costituzione4 (c.d. procedura aggravata); mentre per modificare lo Statuto

di una regione di diritto comune sarà sufficiente seguire lo stesso procedimento previsto per la

formazione dello Statuto

11.2.2.1.2. Gli Statuti delle Regioni ordinarie.

11.2.2.1.2.1. Contenuto.

A norma dell’art. 123 della Costituzione, così come modificato dalla l. 1/1999, lo Statuto

delle regioni di diritto comune deve contenere la determinazione della forma di governo; esso

regola inoltre l’organizzazione interna della regione, l’esercizio del diritto di iniziativa

legislativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione e la

pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

La legge cost. n. 3. del 2001 ha stabilito altresì che in ogni regione lo Statuto disciplini il

consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra le Regioni e gli enti locali.

3 L’art. 116, comma 1, Cost. nel testo novellato dalla riforma costituzionale sancisce «II Friuli Venezia Giulia, la

Sardegna, la Sicilia, il Trentino-AltoAdige e la Valle d’Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di

autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale». 4 Le norme in essi contenute prevalgono, quindi, sulle leggi statali ordinarie e, naturalmente, su quelle regionali.

Trattandosi, anzi, di disposizioni di carattere, speciale, prevalgono sulle stesse norme costituzionali generali

dettate per le Regioni, ad eccezione di quelle che fissano i principi fondamentali (diritti e doveri dei cittadini e

l’organizzazione dello Stato) del vigente ordinamento costituzionale.

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Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

154

11.2.2.1.2.2. Procedimento di approvazione.

Lo Statuto delle Regioni ordinarie è a p p r o v a t o e m o d i f i c a t o d a l

C o n s i g l i o r e g i o n a l e c o n l e g g e a p p r o v a t a a m a g g i o r a n z a a s s o l u t a

d e i s u o i c o m p o n e n t i , c o n d u e d e l i b e r a z i o n i s u c c e s s i v e a d o t t a t e

a d i n t e r v a l l o n o n m i n o r e d i d u e m e s i .

Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua

pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto

dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato

se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.

11.2.2.2. L’autonomia legislativa.

11.2.2.2.1. La ripartizione delle Competenza tra Stato e Regioni.

Il riconoscimento alle Regioni, ordinarie e speciali, dell’autonomia legislativa pone l’ente

Regione in una posizione primaria e sovraordinata rispetto a Province e Comuni, titolari di

potestà normativa limitata al solo ambito statutario

In sede di Assemblea Costituente, tra le due correnti che propugnavano, da un lato,

l’attribuzione di una potestà legislativa esclusiva delle Regioni e , dall’altro l’attribuzione, di

una potestà legislativa di mera attuazione delle leggi statali, prevalse una posizione di

compromesso che individuava tre tipi diversi di potestà legislativa regionale:

p o t e s t à l e g i s l a t i v a e s c l u s i v a o p i e n a , in virtù della quale le

Regioni sono equiparate allo Stato nella facoltà di legiferare, escludendo – per le

materie ad essa afferenti – la normativa statale anche di semplice indirizzo o di

coordinamento. Prima dell’intervento della legge di riforma costituzionale tale

potestà spettava esclusivamente alle Regioni a Statuto speciale e alle Province di

Trento e di Bolzano nelle materie individuate dai rispettivi Statuti;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a c o n c o r r e n t e o r i p a r t i t a , in virtù della quale la

Regione legifera con leggi vincolate al rispetto dei principi fondamentali, relativi

alle singole materie, stabiliti dalle leggi dello Stato. Queste ultime prendono il

nome di l e g g i c o r n i c e o l e g g i q u a d r o in quanto specificamente

indicano i principi e gli indirizzi cui la legislazione regionale deve conformarsi. La

formulazione dell’art. 117 precedente alle modifiche della L. cost. 3/2001 attribuiva

tale potestà, nelle materie ivi oggetto di elencazione, alle Regioni ordinarie, alle

Regioni a Statuto speciale (eccettuata la Valle d’Aosta) e alle Province autonome di

Trento e di Bolzano5;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a d i a t t u a z i o n e d e l l e l e g g i d e l l o S t a t o ,

in virtù della quale le Regioni legiferano nel rispetto sia dei principi contenuti nelle

5 Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle

Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni

scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e

tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento

sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di

navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;

previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza

pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di

attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario

e agrario a carattere regionale.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

155

leggi cornice che delle disposizioni di dettaglio contenute nella normativa

nazionale, attuandola puntualmente con adattamenti suggeriti dalle eterogenee

esigenze locali. Con la riforma federale, la potestà legislativa di attuazione è

scomparsa, dal momento che il nuovo testo costituzionale non prevede alcuna

delega dello Stato alle Regioni se non in ambito regolamentare (art. 117).

La completa riformulazione dell’art. 117 Cost., in seguito all’approvazione della L. cost.

3/2001 di modifica del titolo V, parte seconda, della Costituzione, ha portato ad un totale

ribaltamento della precedente suddivisione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni. Il

nuovo testo opera una distinzione tra:

p o t e s t à l e g i s l a t i v a e s c l u s i v a d e l l o S t a t o : si tratta dei 17 settori

indicati nel comma dell’art. 117 e nei quali spetta la potestà legislativa che deve

esse esercitata esclusivamente dallo Stato. In altri termini allo Stato la novella

costituzionale riconosce una potestà legislativa esclusiva e piena vincolata da un

limite generale in materia, da intendersi nel senso che tale potestà non può

esplicarsi, come nel regime previgente, in qualsiasi ambito oggettivo che non risulti

attribuito alla competenza del legislatore regionale, ma al contrario potrà essere

esercitata esclusivamente in riferimento a quelle materie che la norma

costituzionale (art. 117, comma 2), espressamente gli attribuisca;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a c o n c o r r e n t e : si tratta dei settori individuati nel 3°

comma dell’art. 117 e nei quali si assiste ad una suddivisione dei compiti tra lo

Stato e le Regioni: al primo spetta il compito di «determinare i principi

fondamentali» (attraverso le leggi quadro o leggi cornice), mentre alle Regioni

spetta il compito di emanare la legislazione specifica di settore;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a r e s i d u a l e d e l l e R e g i o n i : i settori che

rientrano in tale ambito non sono definiti nel testo costituzionale, ma vanno ricavati

per esclusione; l’art. 117, infatti, dispone che «spetta alle Regioni la potestà

legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla

legislazione dello Stato». La norma va interpretata nel senso che nelle materie

diverse da quelle riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato o quella

concorrente, alle regioni spetta una p o t e s t à l e g i s l a t i v a d i t i p o

p r i m a r i o , ossia non limitata dai principi fondamentali della legislazione statale,

ma soltanto nel rispetto della Costituzione, dell’ordinamento comunitario e degli

obblighi internazionali.

11.2.2.2.2. Il procedimento di formazione delle leggi regionali.

Il procedimento di formazione delle leggi regionali segue un iter che ricalca quasi

fedelmente quello previsto dall’art. 72 Cost. per l’approvazione delle leggi ordinarie dello

Stato. Le fasi sono le seguenti:

l’i n i z i a t i v a l e g i s l a t i v a : spetta alla Giunta regionale, ai singoli consiglieri

regionali e al corpo elettorale regionale; nelle Regioni a Statuto ordinario è

attribuita anche ai Consigli provinciali e comunali;

l’i s t r u t t o r i a : tale fase preparatoria è svolta dalle Commissioni permanenti in

sede referente, strutturate sul modello di quelle esistenti in Parlamento;

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

156

la d e l i b e r a z i o n e : questa fase si svolge innanzi all’Assemblea regionale

poiché le Commissioni permanenti non hanno alcun potere deliberativo. Questi

organi, infatti, hanno rilievo soltanto nella fase istruttoria. In tutte le Regioni la fase

deliberativa si compone dei seguenti momenti essenziali: discussione generale in

Assemblea; approvazione articolo per articolo; votazione finale.

la p r o m u l g a z i o n e : le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della

Giunta;

la p u b b l i c a z i o n e : dopo la loro promulgazione le leggi regionali vengono

pubblicate nel Bollettino Ufficiale della regione e riprodotte (a puro fine di

conoscenza) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La legge regionale entro in

vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale.

11.2.2.2.3. I limiti all’attività legislativa regionale.

L’autonomia legislativa delle Regioni presenta una serie di limiti:

il l i m i t e c o s t i t u z i o n a l e : le leggi regionali, siano esse espressione della

potestà legislativa concorrente (art. 117, comma 3) che della potestà legislativa

residuale (art. 117, comma 4) sono subordinate al «rispetto della Costituzione» (art.

117, comma 1);

i l i m i t i d e r i v a n t i d a l l ’ o r d i n a m e n t o c o m u n i t a r i o e d a g l i

o b b l i g h i i n t e r n a z i o n a l i : tali limiti, posti dall’art. 117, comma 1, valgono

tanto per la legislazione regionale concorrente che per quella esclusiva e si

traducono nel divieto per entrambe di «introdurre nell’ordinamento norme

giuridiche che pongano lo Stato, inteso nella sua unità, in condizione di infrazione

nei confronti della normativa comunitaria ovvero degli obblighi internazionali»;

il l i m i t e t e r r i t o r i a l e : la Regione esercita la sua potestà legislativa,

concorrente o residuale per soddisfare interessi, esclusivamente o prevalentemente

localizzati sul territorio di sua pertinenza, che ne costituisce il limite naturale e

invalicabile;

il l i m i t e d e i p r i n c i p i f o n d a m e n t a l i : si tratta di un limite riferibile

alla legislazione concorrente, la quale, come detto, si esplica all’interno di quadro

di riferimento tracciato dalla legislazione statale di cornice ratione materiae. Tali

principi esprimono le direttive e gli orientamenti generali cui, nelle intenzioni del

legislatore statale, dovrebbe ispirarsi la legislazione regionale nella disciplina delle

singole materie;

il l i m i t e d e l l a r i s e r v a d i l e g g e : in tale ambito la Corte costituzionale

ha affermato che la Costituzione quando rinvia puramente e semplicemente alla

legge la disciplina di una determinata materia, si riferisce solo alla legge dello

Stato. Si pensi all’art. 25 dal quale si ricava che le Regioni non hanno competenza

legislativa in materia penale e non possono quindi munire i precetti delle loro leggi

di sanzioni penali (sent. Corte cost. n. 273/1995).

11.2.2.2.4. Il rapporto fra la legge statale e quella regionale.

Il rapporto fra la legge statale e quella regionale non appare ordinato secondo il criterio

gerarchico per cui (anche quando fissa il limite dei principi o da esecuzione agli obblighi

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

157

internazionali) non è sovraordinata alla seconda, con la conseguenza che le eventuali

antinomie fra le due fonti vanno risolte non invocando la maggiore forza (intesa come

efficacia formale) della fonte statale, bensì secondo un rapporto che trova il suo punto di

confluenza e di armonizzazione nelle norme costituzionali e che va definito in termini di

validità-invaliditià. La delimitazione costituzionale degli ambiti di competenza esclude,

infatti, un rapporto di tipo gerarchico fra le fonte separate.

11.2.2.3. L’autonomia regolamentare.

Il riconoscimento della p o t e s t à r e g o l a m e n t a r e alle Regioni, intesa come facoltà

di dettare una normazione di dettaglio a carattere prevalentemente interno, ha originariamente

trovato codificazione a livello costituzionale nell’art. 121.

Con la legge di riforma federale la previsione dell’art. 121, che definisce la titolarità della

potestà regolamentare, si completa e si perfeziona ora nella lettura con il combinato disposto

dell’art. 117, comma 6 che, invece, ne precisa la portata e l’ampiezza.

Quest’ultimo comma, recita, infatti: La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle

materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta

alle Regioni in ogni altra materia.

Il tenore letterale è estremamente chiaro e da esso si evince schematicamente che le

Regioni sono titolari di potestà regolamentare:

nelle materie di legislazione concorrente ad esse riservate ex art. 117, comma 3;

nelle materie residuali di legislazione esclusiva di cui all’ari. 117, comma 4;

nelle materie che l’art. 117, comma 2, definisce di legislazione esclusiva stata le e

per le quali lo Stato abbia delegato alle Regioni la normazione secondaria.

In conclusione, la riforma costituzionale affida alle Regioni la competenza generale in

ambito regolamentare in analogia a quanto previsto per la potestà legislativa.

11.2.2.4. L’autonomia finanziaria.

11.2.2.4.1. Introduzione

L’autonomia garantita ai vari enti territoriali dalla Costituzione risulterebbe una mera

affermazione di principio se non fosse completata dalla possibilità di avere a disposizione

risorse finanziarie tali da poter concretamente portare a termine le azioni che si intende

intraprendere nei settori di competenza; questo concetto è di fondamentale importanza per

capire il significato dell’articolo 119 della Costituzione, con la quale viene riconosciuta

l’autonomia finanziaria delle Regioni, vale a dire la potestà di stabilire e gestire in modo

autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro

affidate.

11.2.2.4.2. La finanza ordinaria

Il nuovo testo dell’articolo 119 della Costituzione stabilisce che «I Comuni, le Province, le

Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni,

le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. S t a b i l i s c o n o e

a p p l i c a n o t r i b u t i e d e n t r a t e p r o p r i , i n a r m o n i a c o n l a

C o s t i t u z i o n e e s e c o n d o i p r i n c i p i d i c o o r d i n a m e n t o d e l l a

f i n a n z a p u b b l i c a e d e l s i s t e m a t r i b u t a r i o . Dispongono di

compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio».

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

158

Dal nuovo testo dell’articolo 119, in particolare se confermato con la precedente versione,

si possono ricavare i seguenti concetti chiave:

l’autonomia finanziaria è ora esplicitamente attribuita anche ai Comuni, alle

Province e alle Città Metropolitane, oltre che alle Regioni;

l’autonomia finanziaria si concretizza in un’autonomia di entrata e di spesa. La

differenza è fondamentale. Fino a pochi anni fa l’autonomia finanziaria delle

Regioni veni va intesa essenzialmente come “autonomia di spesa”, vale a dire chela

capacità delle Regioni di amministrare in modo autonomo le risorse finanziarie

messe a disposizione con le leggi dello Stato. Il nuovo testo invece, evidenzia

chiaramente anche l’autonomia di entrata delle Regioni;

quest’ultima facoltà è ulteriormente sottolineata nel passaggio in cui si afferma che

gli enti territoriali “stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri”. L’abbandono

della precedente impostazione centralistica, con la quale si stabiliva che “alle

Regioni sono attributi tributi propri” è evidente, così come è chiaro l’intento della

legge di riforma di attribuire autonomia alle Regioni nella fissazione delle risorse

finanziarie e nelle procedure applicative di riscossione;

alla Regioni sono attribuite compartecipazioni del gettito dei tributi erariali

riferibili al loro territorio. In pratica viene esplicitamente affermato il principio

della territorialità dell’imposta, in base al quale, almeno in parte, il gettito prelevato

da un territorio dovrà rimanere nell’ambito della comunità che lo ha prodotto.

11.2.2.4.3. Il fondo perequativo.

Secondo quanto stabilito dal nuovo comma 3 dell’art. 119 Cost. «per i territori con minore

capacità fiscale per abitante» con legge dello Stato si provvede ad istituire un fondo

perequativo senza vincoli di destinazione.

Si tratta di uno strumento che dovrebbe compensare eventuali squilibri fra le entrate

tributarie delle Regioni e consentire a tali enti di erogare i servizi di loro competenza a livelli

uniformi su tutto il territorio nazionale; lo scopo è quello di garantire che in tutte le Regioni, a

prescindere quindi dalla capacità di ricavare risorse fiscali dal loro territorio, siano rispettati

gli stessi standard nella prestazione di determinati servizi, in particolare quelli concernenti i

diritti sociali, come opportunamente sottolineato nel successivo articolo 120, comma 2.

11.2.2.4.4. La finanza straordinaria.

Il terzo pilastro della finanza regionale è costituito dalla risorse aggiuntive destinate dallo

Stato. Secondo il nuovo comma 5 dell’art. 119 «Per promuovere lo sviluppo economico, la

coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire

l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale

esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali

in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni». Si tratta di una

riformulazione del precedente comma 3, che prevedeva contributi speciali volti a valorizzare

«il Mezzogiorno e le isole».

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

159

11.2.3. Il sistema di governo regionale.

La Costituzione (art. 121) prevede che tutte le Regioni siano dotate di una struttura

imperniata su tre organi di vertice, in posizione quasi di simmetria con gli organi

costituzionali statali:

Il Consiglio Regionale, che esercita funzioni simili a quelle del Parlamento

La Giunta Regionale, che Corrisponde al Consiglio dei Ministri

Il Presidente della Giunta, che cumula la carica di Presidente dell’organo esecutivo

e quella di Presidente della Regione.

11.2.3.1. Il Consiglio regionale.

11.2.3.1.1. Nozione.

Il C o n s i g l i o r e g i o n a l e (Assemblea regionale in Sicilia, Consiglio della Valle nella

valle d’Aosta) è il massimo organo deliberativo e rappresentativo dell’ente Regione.

11.2.3.1.2. Funzioni.

L’art. 121 Cost., nella dizione novellata dalla L. cost. 111999, recita: «il Consiglio

regionale esercita le potestà legislative attribuite alle Regioni e le altre funzioni conferitegli

dalla Costituzione e dalle leggi». Il Consiglio è, dunque, titolare della potestà legislativa

regionale. Inoltre, approva e modifica lo Statuto.

Al Consiglio spettano anche le attribuzioni amministrative conferite dallo Statuto,

comprese quelle relative all’ordinamento degli uffici e dei servizi regionali e all’istituzione di

enti amministrativi dipendenti dalla Regione.

II Consiglio esercita anche poteri di controllo politico sull’operato della Giunta e del

Presidente della Regione e approva il bilancio preventivo, i relativi storni di fondi da un

capitolo all’altro e il conto consuntivo. Approva, inoltre, i piani generali concernenti

l’esecuzione di opere pubbliche e l’organizzazione di servizi pubblici di interesse della

Regione e dei finanziamenti relativi.

Al Consiglio spetta, inoltre, partecipare ad alcuni momenti significativi della vita politica

del paese:

formula proposte di legge al Parlamento (art. 121 Cost.);

esprime i pareri previsti dagli artt. 132 e 133 Cost.;

elegge i delegati a partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica (art. 83

Cost.);

può richiedere il referendum abrogativo e quello consultivo (artt. 75 e 138 Cost.).

11.2.3.1.3. Metodo di elezione e durata

Il Consiglio regionale (detto Assemblea regionale in Sicilia) è eletto direttamente dal corpo

elettorale regionale col sistema elettorale maggioritario per l’elezione di 1/5 dei consiglieri e

del sistema elettorale proporzionale per l’elezione di 4/5 dei consiglieri; d u r a i n c a r i c a

c i n q u e a n n i ed esattamente fino al 46° giorno antecedente alla data delle nuove elezioni.

11.2.3.1.4. La status di consigliere regionale.

A norma dell’art. 122 IV, Cost, i consiglieri regionali (analogamente ai parlamentari) non

possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio

dello loro funzioni. I consiglieri regionali non godono, invece della immunità previste dal 2° e

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Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

160

3° comma dell’art. 68 Cost., riservate esclusivamente ai membri del Parlamento nazionali in

base al noto principio della non estensibilità, in via analogica, delle norme eccezionali.

11.2.3.1.5. Composizione.

Tale organo risulta composto, nelle Regioni a statuto ordinario, da un minimo di 30

consiglieri (nelle Regioni con non più di un milione di abitanti), ad un massimo di 80

consiglieri (nelle Regioni con oltre 6 milioni di abitanti); nelle Regioni a statuto speciale il

numero di consiglieri è stabilito dallo Statuto. Il funzionamento del Consiglio regionale è

regolato dallo Statuto e dai regolamenti interni.

11.2.3.2. La Giunta regionale.

11.2.3.2.1. Nozioni e funzioni.

La G i u n t a è l’organo esecutivo della Regione (art. 121 Cost.) e presiede all’attuazione

delle deliberazioni e delle leggi del Consiglio. Inoltre:

ha l’iniziativa legislativa;

provvede alla gestione dell’ente, dirige l’attività degli uffici regionali e amministra

il patrimonio;

predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; predispone i programmi di

sviluppo regionale;

decide, sentito il Consiglio, sui ricorsi di legittimità costituzionale e sui conflitti di

attribuzione.

Per motivi di urgenza, la Giunta può sostituirsi al Consiglio, salva ratifica di quest’ultimo

nella prima adunanza. Non può, tuttavia, esercitare la funzione legislativa in sostituzione del

Consiglio, atteso il disposto dell’art. 121 Cost.

11.2.3.2.2. Metodo di elezione.

L’art. 122 Cost., nella sua originaria formulazione, prevedeva che la giunta regionale

venisse eletta direttamente dal Consiglio e che i suoi membri venissero scelti dal Consiglio

medesimo.

La revisione costituzionale operata dalla L. cost. 1/1999, ha a t t r i b u t o a l

P r e s i d e n t e d e l l a G i u n t a i l p o t e r e d i n o m i n a e r e v o c a d e i

c o m p o n e n t i d e l l a G i u n t a s t e s s a , anche se contestualmente salvaguardia la

facoltà degli Statuti di disporre diversamente (art. 122, comma 5).

11.2.3.3. Il Presidente della Regione.

Il P r e s i d e n t e d e l l a R e g i o n e è anche Presidente della Giunta regionale e questo

spiega la comune denominazione di «capo del Governo» o «capo della Regione».

11.2.3.3.1. Poteri

In questa sua qualità egli rappresenta la regione all’esterno, dirige la politica della Giunta

ne è responsabile, promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali, indici i referendum

previsti dagli Statuti o dalle legge regionali, rappresenta l’ente in giudizio ed esercita i diritti

patrimoniale e non patrimoniali attributi alla regione.

11.2.3.3.2. Elezione.

Per quel che concerne l’elezione il comma 5 dell’art. 122 Cost., come modificato dalla L.

cost. 1/1999, prevede che venga eletto a suffragio universale e diretto, salvo che lo Statuto

regionale disponga diversamente. L ’ e l e z i o n e a s u f f r a g i o u n i v e r s a l e e

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Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

161

d i r e t t o è s t a t a i n t r o d o t t a a n c h e p e r i P r e s i d e n t i d e l l e

R e g i o n i a S t a t u t o s p e c i a l e dalla L. cost. 31-1-2001, n. 2.

11.2.3.3.3. Rieleggibilità

Per quanto riguarda la rieleggibilità del Presidente, il d.d.lgs. recante «Disposizioni di

attuazione dell’art. 122, comma 1, Cost.», approvato in via definitiva dal Senato il 16 giugno

2004, p r e v e d e l a n o n i m m e d i a t a r i e l e g g i b i l i t à a l l o s c a d e r e

d e l s e c o n d o m a n d a t o .

11.2.3.3.4. Mozioni di sfiducia.

Il 2° co. dell’art. 126 della Cost., cosi come modificato dalla L. 1/1999 attribuisce al

Consiglio regionale la potestà di esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della

Giunta, mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e

approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei suoi componenti stessi. La

mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni della presentazione.

11.2.3.3.4.1. La rimozione del Presidente.

Secondo il disposto dell’art. 126, comma 2, Cost. l’approvazione da parte del Consiglio, a

maggioranza assoluta, di una mozione di sfiducia presentata da almeno 1/5 dei suoi

componenti, comporta le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale.

Gli stessi effetti conseguono nell’ipotesi di dimissioni volontarie, impedimento permanente

o morte del Presidente. In pratica la cessazione dalla carica del Presidente comporta un

azzeramento complessivo degli organi di Governo regionale e la necessità di procedere

all’indizione di nuove elezioni6.

11.2.3.3.4.2. Il procedimento di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica.

Oltre ai casi di scioglimento appena esaminati, va analizzato quello dell’art. art 126 1° co.

Cost., il prevede, attraverso un particolare procedimento e con decreto motivato del

presedente della Repubblica, la possibilità di scioglimento del Consiglio e di rimozione il

Presidente della Giunta7, nei seguenti casi:

quando quest’ultimi abbiano compiuti atti contrari alla Costituzione o di gravi

violazioni di legge;

oppure per ragioni di sicurezza nazionale.

In questi casi, su proposta del Governo e sentita la Commissione parlamentare per le

questioni regionali, viene emanato un decreto motivato del Presidente della Repubblica.

11.2.4. I raccordi tra lo Stato e le regioni: le Conferenze permanenti

Il primo soggetto con il quale le Regioni devono costantemente confrontarsi e coordinare

le loro attività è indubbiamente lo Stato.

Per fare ciò sono state istituti appositi sedi di concertazione delle politiche in materia di

autonomie a livello nazionale, in cui Stato e autonomie territoriali si incontrano per definire

6 Qualora il Consiglio regionale approvi, a maggioranza assoluta, una mozione motivata di sfiducia nei confronti

del Presidente della Giunta regionale, entro tre mesi si procede all’indizione di nuove elezioni del Presidente e

del Consiglio (cd. norma antiribaltone). 7 La distinta previsione della rimozione del Presidente della Regione si giustifica considerando che tale organo

non è più necessariamente nominato dal Consiglio regionale, come avveniva prima della riforma costituzionale,

per cui l’organo collegiale non dispone più del potere di sostituire il Presidente o la Giunta.

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Diritto costituzionale Cenni di Diritto degli enti locali

162

linee politico amministrative e scelte comuni, contemperando interessi che possono essere

contrastanti.

Si tratta delle c.d. C o n f e r e n z e p e r m a n e n t i , cui vanno ad aggiungersi la

C o m m i s s i o n e b i c a m e r a l e p e r l e q u e s t i o n i r e g i o n a l i e la

C a b i n a d i r e g i a : si tratta di organismi che hanno il fondamentale compito di dare

concreta attuazione al nuovo assetto della Repubblica delineato dalla riforma della L.cost.

3/2001 e di realizzare, nel rispetto del p r i n c i p i o d i l e a l e c o l l a b o r a z i o n e ,

un proficuo coordinamento tra i diversi livello di governo (c.d. r e g i o n a l i s m o

c o o p e r a t i v o ).

Le Conferenze attualmente operanti sono:

la C o n f e r e n z a S t a t o - R e g i o n i : è presieduta dal Presidente del

Consiglio ed è composta dai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di

Trento e di Bolzano, nonché dai Ministri interessati agli argomenti trattati nelle

singole sedute. Quanto alle funzioni, la Conferenza – con riferimento a tutti i

processi decisionali di interesse regionale, interregionale e infraregionale –

promuove e stipula intese, nei casi previsti dalla legge, ed accordi fra Governo e

Regioni, in tutti gli altri casi;

la C o n f e r e n z a S t a t o - C i t t à e d a u t o n o m i e l o c a l i : è istituti

presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compiti di coordinamento,

studio, informazione e confronto nelle problematiche connesse agli indirizzi di

politica generale che possono incidere sulle funzioni proprie di Province e Comuni

e su quelle delegate da leggi dello Stato;

la C o n f e r e n z a u n i f i c a t a : è costituti da membri di entrambe le

Conferenze permanenti (la Stato-Regioni e la Stato-Città). La Conferenza unificata

è competente nelle materie di interesse comune alle Regioni e agli locali, nel cui

ambito assume deliberazioni, promuove e sancisce intese ed accordi, esprime

pareri, designa rappresentanti nei casi in cui è necessario. È altresì competente e

deve pertanto essere convocata, in tutti i casi in cui la Conferenza Stato-Regioni e

la Conferenza Stato-Città debbano esprimersi sul medesimo oggetto.

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Diritto costituzionale L’ONU

163

Capitolo 12° L’O N U

12.1. L’ONU

L’O r g a n i z z a z i o n e d e l l e N a z i o n i U n i t e fu fondata dopo la seconda guerra

mondiale dagli Stati che avevano combattuto contro le Potenza dell’Asse, e prese il posto

della disciolta Società delle Nazioni. La Conferenza di San Francisco ne elaborò nel 1945 la

Carta che venne ratificata dagli Stati fondatori. Successivamente, secondo il procedimento di

ammissione previsto dell’art. 4 della Carta, ne sono via via divenuti membri quasi tutti gli

Stati del mondo. La Svizzera non ne fa parte.

La competenza dell’ONU, nonché i fini che tale organizzazione persegue sono

numerosissimi; essi, tuttavia possono essere classificati in tre gradi settori: I) mantenimento

della pace nel mondo; II) sviluppo della relazioni amichevoli tra Stati fondati sul rispetto dei

principi dell’uguaglianza dei diritti e della autodeterminazione dei popoli; III) collaborazione

in campo economico, sociale e culturale ed umanitario.

12.1.1. Gli organi principali

L’art. 7 della Carta considera come o r g a n i p r i n c i p a l i : I) l’Assemblea generale; II)

il Consiglio di Sicurezza; III) il Consiglio economico e sociale; IV) il Consiglio di

Amministrazione fiduciaria; V) la Corte Internazionale di Giustizia; VI) ed il Segretario.

Consiglio di Sicurezza, Assemblea generale, Consiglio economico e sociale e Consiglio di

Amministrazione sono o r g a n i c o m p o s t i d a S t a t i . Ciò significa che gli individui che

con il loro voto cormorano a formare al decisione collegiale sono organi del proprio Stato,

manifestano la volontà del proprio Stato. Il Segretario generale e la Corte Internazionale di

Giustizia sono invece o r g a n i c o m p o s t i d a i n d i v i d u i , nel senso che il Segretario

ed i giudici assumono l’ufficio a titolo puramente individuale, senza manifestare al volontà di

alcuno stato e senza ricevere, anzi con l’obbligo di non ricevere, istruzione da alcun Governo.

12.1.1.1. Il Consiglio di Sicurezza

Il C o n s i g l i o d i S i c u r e z z a è composto di 15 membri, di cui 5 siedono a titolo

permanente, si tratta di Stanti Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, godendo altresì

del c.d. d i r i t t o d i v e t o , cioè del diritto di impedire colo loro voto negativo l’adozione di

qualsiasi delibera che non abbai mero carattere procedurale; gli altri 10 membri sono eletti per

un biennio dall’Assemblea.

Il Consiglio di Sicurezza, anche se ha una competenza limitata rationae materiae

occupandosi soltanto di questioni attinenti al mantenimento della pace e della sicurezza

internazionale, è l’organo di maggior rilievo nell’ambito dell’Organizzazione, sia per

l’evidente importanza della questione di sua competenza, sia perché dispone in taluni casi di

poteri decisionali vincolanti.

12.1.1.1.1. Le decisione vincolanti

Le d e c i s i o n e v i n c o l a n t i d e l C o n s i g l i o d i s i c u r e z z a riguardano le

misure, non implicanti l’uso della forza, che devono essere adottate dagli Stati membri contro

uno Stato che minacci o abbia violato la pace. In realtà il Consiglio soltanto in due casi, tra i

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Diritto costituzionale L’ONU

164

quali emerge quella della Corea del Sud, ha emesso decisioni vincolanti, perché di solito è

paralizzato dal diritto di veto; più spesso ha espresso raccomandazioni.

Nel mutato quadro internazionale, tuttavia, il Consiglio di Sicurezza è stato in grado, nel

corso del 1990, di adottare varie risoluzioni che imponevano l’interruzione di ogni relazione

economica con l’Irak (embargo) ed in seguito autorizzava l’uso della forza nei confronti di

questo Stato che nell’agosto dello stesso anno aveva aggredito il Kuwait.

12.1.1.2. L’Assemblea generale

Nell’A s s e m b l e a g e n e r a l e , che ha al contrario una competenza vastissima rationae

materiae (coincide in pratica con la competenza dell’intera Organizzazione) ma quasi nessun

potere vincolante, sono rappresentanti tutti gli Stati e tutti hanno pari diritto di voto.

12.1.1.2.1. Le decisioni vincolanti

Le d e c i s i o n i v i n c o l a n t i d e l l ’ A s s e m b l e a G e n e r a l e riguardano, in

particolare:

la ripartizione delle spese dell’Organizzazione che, se approvate a maggioranza di

due terzi, vincola tutti gli Stati. Lo stato membro in arretrato di due annualità di

contributi non ha diritto di voto in Assemblea. Si ritiene, inoltre, che le prese di cui

parliamo siano solo spese ordinarie;

le modalità ed i tempi per concedere l’indipendenza ai territori sottoposti al

dominio coloniale (siffatta competenza non trova il suo fondamento nella Carta ma

in una norma consuetudinaria che ritenersi si sia formata nell’ambito delle Nazioni

Unite).

12.1.1.3. I Consiglio economico e sociale

Il C o n s i g l i o e c o n o m i c o e s o c i a l e è composto da membri eletti

dall’Assemblea per tre anni; sia esso che il C o n s i g l i o d i A m m i n i s t r a z i o n e

f i d u c i a r i a (il quale ultimo è ora senza lavoro, avendo svolto per vari decenni il controllo

sull’amministrazione dei territori di tipi coloniale) sono in posizione subordinata rispetto

all’Assemblea generale in quanto sono tenuti a seguirne le direttive ed in certi casi il loro

compito si limita addirittura alla preparazione di atti che vengono poi formalmente adottati

dall’Assemblea.

12.1.1.4. Il segretario generale

Il S e g r e t a r i o o, meglio, il Segretario generale che ne è a capo, e che è nominato dalla

Assemblea su proposta del Consiglio di Sicurezza, è l’organo esecutivo dell’Organizzazione.

12.1.1.5. La Corte Internazionale di Giustizia

La C o r t e I n t e r n a z i o n a l e d i G i u s t i z i a composta da 15 giudici, ha sia la

funzione di dirimere controversie fra Stati sia una funzione consultiva in quanto può dare

pareri su qualsiasi questione giuridica all’Assemblea generale o Consiglio di Sicurezza

oppure ad altri organi su l’autorizzazione dell’Assemblea; i pareri non sono però né

obbligatori né vincolanti, non essendo alcun organo obbligato a richiederli o a conformarsi

dopo averli richiesti.

12.1.2. Gli organi sussidiari

L’art. 7 della carta prevede che o r g a n i s u s s i d i a r i possano essere istituti “ove si

rilevino necessari. Gli organi di tale genere, istituti dal 1945 ad oggi, sono numerosissimi, a

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale L’ONU

165

parte quelli aventi mero carattere temporaneo e funzioni limitate a singoli casi concreti, esiste

tutta una serie di organi permanenti, creati soprattutto dall’Assemblea generale e dal

Consiglio economico e sociale, che svolgono funzioni di rilievi anche se non sono dotati di

poteri vincolanti.

Tra i più importanti vi è l’UNCTAD (Co n f e r e n z a d e l l e N a z i o n i U n i t e s u l

c o m m e r c i o e l o s v i l u p p o ) che formalmente è organo sussidiario dell’Assemblea

generale ma che strutturalmente è una sorta di organizzazione nell’organizzazione, dato che si

compone a sua volta di un organo assembleare, in cui tutti gli Stati membri dell’ONU sono

rappresentati, di un Consiglio a composizione più ristretta, di varie Commissione e di un

segretario.

Vi è poi l’UNDP (P r o g r a m m a d e l l e N a z i o n i U n i t e p e r l o s v i l u p p o ),

che ha una struttura simile e che ha soprattutto il compito di approvare programmi nazionali

di sviluppo presentati dai singoli Stati, di stanziare i relativi fondi e di sovrintendere

all’esecuzione dei progetti che compongono i programmi.

12.2. Gli Istituti specializzati delle Nazioni Unite.

Gli i s t i t u t i s p e c i a l i z z a t i d e l l e N a z i o n i U n i t e sono organizzazioni che

operano in stretto collegamento con le NU. e ne subiscono un certo potere di coordinamento e

controllo, pur essendo autonome, in quanto sorte di trattati distinti dalla Carta delle NU.

Tra l’ONU e gli istituti specializzati esistono degli a c c o r d i d i c o l l e g a m e n t o che

comportano una sottoesposizione di tali istituti alla Carta delle NU. Non si però di accordi

internazionali, ma solo di norme che formano parte integrante del funzionamento dell’ONU e

degli istituti stessi, di conseguenza la loro violazione non costituisce illecito contrattuale, ma è

solo causa di illegittimità delle risoluzione in queste organi.

Le f u n z i o n i d i t a l i i s t i t u t i possono suddividersi in: I) f u n z i o n i

n o r m a t i v e , attraverso le quali vengono emanate raccomandazioni, progetti di

convenzioni, etc.; II) f u n z i o n i o p e r a t i v e , consistenti in deliberazioni ed esecuzione di

programmi di assistenza tecnica, aiuti, prestiti, etc. È opportuno, a tal punto, fornire un quadro

generale di questi istituti.

F A O . Le sue funzioni concernono l’attività di ricerca ed informazione nonché la

promozione ed esecuzione di programmi relativi ai settori dell’agricoltura e

dell’alimentazione. Organi: Conferenza, Consiglio, Direttore Generale.

I L O . È l’organizzazione internazionale del lavoro, le cui funzioni fondamentali

consistono nell’emanazione di raccomandazioni, nonché nella preparazioni di progetti di

convenzione multilaterale in materia lavorativa. Tali progetti di convenzione vengono

comunicati agli Stati membri che possono ratficarli o meno, ma hanno in ogni caso l’obbligo

di sottoporli agli organi competenti per la ratifica entro un dato termine e di comunicare al

Direttore generale dell’ILO le decisioni prese in merito. Organi: Conferenza Generale,

Consiglio di Amministrazione, Ufficio Internazionale del lavoro, Direttore Generale.

U N E S C O . Svolge le sue funzioni nell’ambito della cultura, dell’educazione,

dell’istruzione. I progetti vengono apportavi nello stesso modo dell’ILO. Organi: Conferenza

Generale, Comitato Esecutivo e segretario.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale L’ONU

166

I C A O . È un’organizzazione competente ad emanare disposizioni sul traffico aereo, che

costituiscono vere e proprie norme internazionali vincolanti anche per gli Stati dissenzienti.

W H O . È l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il cui fine principale consiste nella

tutela della salute per tutti i popoli del mondo. Tale organizzazione ha, tra l’altro, il poter di

emanare regolamenti vincolanti, eccetto che per i paesi dissenzienti.

I M O , si occupa dei problemi relativi alla sicurezza ed efficienza nei traffici marittimi.

I T U , W H O , I P U . Tali istituto si occupano, rispettivamente, di tematiche relative alle

telecomunicazioni, meteorologia, poste. Emanano decisioni non vincolanti.

I M F ( F o n d o m o n e t a r i o i n t e r n a z i o n a l e ). Il fondo promuove la

collaborazione monetaria internazionale, la stabilità dei cambi e l’equilibrio delle barie

bilance dei pagamenti. Per raggiungere tali scopo dispone di un capitale sottoscritto pro–quota

dagli Stati membri: questi possono ricorrere alle riserve del Fondo limitatamente alla quota

sottoscritta ed a condizione di volta in volta fissate, per fronteggiare squilibri nella propria

bilancia dei pagamenti. La valuta è acquistata con moneta nazionale e va restituita in un arco

di tempo compreso fra tre e cinque anni. Le condizioni di volta in volta fissate per accedere al

fondo sono oggetto di l e t t e r e d i i n t e n t i sottoscritte da un rappresentante dello Stato

richiedente; tali lettere rientrano nella categoria degli accordi in forma semplificata.

I B R I (B a n c a i n t e r n a z i o n a l e p e r l a r i c o s t r u z i o n e e l o s v i l u p p o ).

È un istituto simile al fondo monetario per quanto riguarda gli organi ed il sistema di

votazione. Suo scopo principale è la concessione di mutui agli Stati membri per interventi

produttivi ad un interesse variabile a seconda anche del gradi di sviluppo dello stato

interessato.

I F A D (F o n d o i n t e r n a z i o n a l e s v i l u p p o a g r i c o l o ). È anche esso un ente

finanziario internazionale che si occupa dello sviluppo dell’agricoltura dei Paesi poveri.

L’organo deliberante (Consiglio dei Governatori) è controllato dai Paesi in via di sviluppo.

W P O , U N D O , I A E A . Sono istituti che si occupano, rispettivamente, dei problema

relativa ala proprietà intellettuale del mondo; allo sviluppo industriale e tecnologico degli

Stati membri; allo sviluppo dell’applicazione pacifiche dell’energia atomica

W T O (O r g a n i z z a z i o n e m o n d i a l e d e l c o m m e r c i o ). È un istituto

completamente indipedente dalle Nazioni Unite, create nel 1994 e di cui fanno parte, oltre alla

CE, circa 135 Stati, tra cui l’Italia. Tale Organizzazione svolge dei compiti fondamentali in

materia di liberalizzazione del commercio mondiale; in altre parole disciplina dello

svolgimento dei negoziati relativi alle relazioni commerciali multilaterali, che in precedenza

si svolgevano nell’ambito del GATT. La WTO controlla inoltre, l’esecuzione degli accordi

scaturiti dai suddetti negoziati, tra i quali resta di fondamentale importanza il GATT. Per

quanto riguarda le fonti del diritto internazionale, l’organizzazione è dotata del potere di

emanare decisioni vincolanti in tema di: I) interpretazioni delle norme dello Statuto; II)

dispensa temporanea di un o Stato membro dagli obblighi derivanti dalle norme stesse; III)

contro misure in casi di inadempienza da parte di uno Stato membro. L’Organizzazione,

infatti svolge, anche il compito di risolvere controversie che fanno capo ad essa

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

167

Capitolo 13° N o z i o n i e l e m e n t a r i d i D i r i t t o C o m u n i t a r i o

13.1. I Trattai dell’unione europea

TRATTATO ISTITUZIONE/MODIFICA FIRMATO

A

FIRMATO

IL

EFFETTIVO

DA CESSAZIONE

Trattato di

Bruxelles

Unione dell'Europa Occidentale Bruxelles, BE 17 marzo

1948

23 ottobre 1954

(modificato) 1º luglio 2010

Trattato

CECA

Comunità europea del carbone

e dell'acciaio

Parigi, FR 18 aprile

1951 23 luglio 1952 23 luglio 2002

Trattato

Euratom

Comunità europea dell'energia

atomica

Roma, IT 25 marzo

1957 1º gennaio 1958 in vigore

Trattato CEE Comunità economica europea Roma, IT 25 marzo

1957 1º gennaio 1958 in vigore

Trattato di

fusione

Unione degli esecutivi di

CECA e EURATOM

con quelli della CEE

Bruxelles, BE 8 aprile

1965 1º luglio 1967 1º maggio 1999

Primo

Trattato

Finanziario

Parziali poteri finanziari al

Parlamento

Lussemburgo,

LU

22 aprile

1970 1º gennaio 1971 in vigore

Trattato di

Adesione del

1972

Allargamento a Danimarca,

Irlanda e Regno Unito Bruxelles, BE

22 gennaio

1972 1º gennaio 1973 in vigore

Secondo

Trattato

Finanziario

Poteri finanziari maggiori al

Parlamento.

Istituzione della Corte dei conti

europea

Bruxelles, BE 22 luglio

1975 1º giugno 1977 in vigore

Trattato di

Adesione del

1979

Allargamento alla Grecia Atene, GR 28 maggio

1979 1º gennaio 1981 in vigore

Trattato della

Groenlandia Uscita della Groenlandia Bruxelles, BE

13 marzo

1984 1º gennaio 1985 in vigore

Trattato di

Adesione del

1985

Allargamento a Spagna e

Portogallo

Madrid, ES

Lisbona, PT

12 giugno

1985 1º gennaio 1986 in vigore

Accordi di

Schengen

Spazio di libera circolazione

delle persone

Schengen,

LU

14 giugno

1985

19 giugno 1990

(convenzione) 1º maggio 1999

Atto unico

europeo

Introdotto il Mercato unico

e la Cooperazione politica

europea

Lussemburgo,

LU

L'Aia, NL

17 febbraio

1986

28 febbraio

1986

1º luglio 1987 in vigore

Trattato

sull'Unione

Europea

La CEE divenne Comunità

europea.

Istituzione dei pilastri

intergovernativi

della PESC e del GAI.

Maastricht,

NL

7 febbraio

1992

1º novembre

1993 in vigore

Trattato di

Adesione del

1994

Allargamento a Austria,

Finlandia e Svezia Corfù, GR

24 giugno

1994 1º gennaio 1995 in vigore

Trattato di

Amsterdam

Introdotto l'Alto

Rappresentante,

trasferiti poteri dal GAI alla

CE,

e integrati gli Accordi di

Schengen

Amsterdam,

NL

1º ottobre

1997 1º maggio 1999 in vigore

Trattato di

Nizza

Preparazione in vista degli

allargamenti Nizza, FR

26 febbraio

2001 1º febbraio 2003 in vigore

Trattato di Allargamento a Repubblica Atene, GR 16 aprile 1º maggio 2004 in vigore

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

168

Adesione del

2003

Ceca, Cipro,

Estonia, Lettonia, Lituania,

Malta,

Polonia, Slovenia, Slovacchia e

Ungheria

2003

Trattato di

Adesione del

2005

Allargamento a Bulgaria e

Romania

Lussemburgo,

LU

13 aprile

2005 1º gennaio 2007 in vigore

Trattato di

Lisbona

Completamento delle

innovazioni per il

buon funzionamento dell'UE a

27 e più membri.

Lisbona, PT

13

dicembre

2007

1º dicembre

2009 in vigore

Trattato sul

MES

Istituzione del meccanismo

europeo di stabilità Bruxelles, BE

2 febbraio

2012

27 settembre

2012 in vigore

Trattato sul

bilancio

Unione di bilancio

nell'Eurozona Bruxelles, BE

2 maggio

2012 1º gennaio 2013 in vigore

Trattato di

adesione del

2011

Allargamento alla Croazia Bruxelles, BE 9 dicembre

2011 1º luglio 2013 in vigore

13.2. Gli stati membri

Attualmente l’unione europea è composta da 28 Stati.

STATO DATA DI ENTRATA

NELL’UNIONE

DATA DI ENTRATA

NELL’EURO

DATA DI ENTRATA NELLO

SPAZIO SCHENGEN

Austria 1° gennaio 1995 1° gennaio 1999 1° dicembre 2007

Belgio 1° gennaio 1958 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Bulgaria 1° gennaio 2007 Non ha ancora adottato l’euro Non è membro dello spazio Schengen

Cipro 1° maggio 2004 1° gennaio 2008 Non è membro dello spazio Schengen

Croazia 1° luglio 2013 Non ha ancora adottato l’euro Non è membro dello spazio Schengen

Danimarca 1° gennaio 1973 Non ha ancora adottato l’euro dal 25 marzo 2001

Estonia 1° maggio 2004 1° gennaio 2011 21 dicembre 2007

Finlandia 1° gennaio 1995 1° gennaio 1999 25 marzo 2001

Francia 1° gennaio 1958 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Germania 1° gennaio 1958 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Grecia 1° gennaio 1981 1° gennaio 2001 1° gennaio 2000

Irlanda 1° gennaio 1973 1° gennaio 1999 Non è membro dello spazio Schengen

Italia 1° gennaio 1958 1° gennaio 1999 26 ottobre 1997

Lettonia 1° maggio 2004 1° gennaio 2014 21 dicembre 2007

Lituania 1° maggio 2004 1° gennaio 2015 21 dicembre 2007

Lussemburgo 1° gennaio 1958 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Malta 1° maggio 2004 1° gennaio 2008 21 dicembre 2007

Paesi Bassi 1° gennaio 1958 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Polonia 1° maggio 2004 Non ha ancora adottato l’euro 21 dicembre 2007

Portogallo 1° gennaio 1986 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Regno Unito 1° gennaio 1973 Non ha mai adottato l’euro Non è membro dello spazio Schengen

Repubblica Ceca 1° maggio 2004 Non ha ancora adottato l’euro 21 dicembre 2007

Romania 1° gennaio 2007 Non ha ancora adottato l’euro Non è membro dello spazio Schengen

Slovacchia 1° maggio 2004 1° gennaio 2009 21 dicembre 2007

Lubiana 1° maggio 2004 1° gennaio 2007 21 dicembre 2007

Spagna 1° gennaio 1986 1° gennaio 1999 26 marzo 1995

Svezia 1° gennaio 1995 Non ha ancora adottato l’euro 25 marzo 2001

Ungheria 1° maggio 2004 Non ha ancora adottato l’euro 21 dicembre 2007

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

169

13.3. Il Consiglio europeo.

Il C o n s i g l i o e u r o p e o , sebbene faccia parte del sistema dell’Unione europea, non

può essere considerato come un’istituzione comunitaria1. Esso, infatti, nasce in modo

parallelo ed esterno alla struttura istituzionale comunitaria, dalla prassi dei cd. vertici, ossia

incontri fra i capi di Stato e di governo degli Stati membri. Tali riunioni si sono svolte

periodicamente, pur senza una cadenza precisa, a partire dal 1961 e fino ai primi anni ’70, per

discutere questioni riguardanti la vita e lo sviluppo delle Comunità.

Il Consiglio europeo riceve una prima istituzionalizzazione dal summit di Parigi del

dicembre 1974, in seguito al quale i capi di Stato e di governo decidono di riunirsi2,

accompagnati dai loro Ministri degli Affari Esteri e da rappresentanti della Commissione, tre

volte l’anno. Esso, dunque, nasce come organo informale di cooperazione politica, con

un’importante funzione di stimolo e di coordinamento per le principali attività comunitarie.

Il Consiglio europeo riceve un fondamento giuridico solo con l’Atto Unico europeo che,

però, si limita solo a prendere atto della prassi consolidatasi negli anni. Il Trattato di

Maastricht, poi, ne definisce per linee molto generali, composizione, competenze e

funzionamento; infine, il Trattato di Amsterdam gli attribuisce una funzione più ampia ed

efficace nell’ambito dei tre pilastri della Comunità.

13.3.1. Composizione.

I l C o n s i g l i o e u r o p e o è c o m p o s t o d a i C a p i d i S t a t o o d i

G o v e r n o a s s i s t i t i d a i l o r o M i n i s t r i d e g l i a f f a r i e s t e r i , e d a l

P r e s i e d e n t e o d a u n o V i c e p r e s i d e n t e d e l l a C o m m i s s i o n e ,

a s s i s t i t o d a u n m e m b r o d e l l a C o m m i s s i o n e .

La p r e s i d e n z a del Consiglio europeo spetta al Capo di Stato o di governo della Stato

che esercita la presidenza del Consiglio dell’Unione. Il Consiglio europeo s i r i u n i s c e

a l m e n o d u e v o l t e a l l ’ a n n o , e in una delle città, dello Stato membro che esercita la

presidenza del Consiglio dell’Unione.

13.3.2. Competenze.

Il Consiglio è un organo le cui competenze non sono ben definite; esse svolge attività di

orientamento politico. Tuttavia le sue competenze possono essere ugualmente classificate in

due categorie: I) competenze generali; II) competenze specifiche.

13.3.2.1. Generali.

Per quanto attiene le c o m p e t e n z e g e n e r a l i , va detto che essi si traducono nel dare

gli impulsi necessari per lo sviluppo dell’Unione europea e nella definizione degli

orientamenti politici generali.

In particolare il Consiglio europeo presenta al Parlamento un r a p p o r t o s u

c i a s c u n a d e l l e s u e r i u n i o n i , come pure un r a p p o r t o s c r i t t o a n n u a l e

riguardante i progressi realizzati dall’Unione.

1 A riguardo va subito detto che il Consiglio non deve essere confuso con il Consiglio dell’Unione, che è invece

una istituzione comunitaria e con il Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale, nata nel 1949, e con sede

a Strasburgo. Il Consiglio d’Europa si occupa della cooperazione giuridica tra gli Stati europei che ne sono

membri e principalmente della protezione internazionale dei diritti umani. 2 La prima riunione del Consiglio si tenne nel 1975 a Dublino.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

170

13.3.2.2. Specifiche.

Oltre ad essere il protagonista della cooperazione politica fra gli Stati membri il Consiglio

europeo, pur non potendosi configurare come un’istituzione, svolge un i m p o r t a n t e

r u o l o n e l p r o c e s s o d e c i s i o n a l e della Comunità3. In particolare abbiamo:

nel primo pilastro, la p o l i t i c a d e l l ’ o c c u p a z i o n e ; in tal caso il Consiglio

esamina, annualmente la situazione dell’occupazione e adotta tutte le conclusione

che ritiene opportune. In tema di p o l i t i c a e c o n o m i c a , il Consiglio decide in

merito agli indirizzi di politica economica degli Stati membri e della comunità;

nel secondo pilastro, il consiglio interviene nel campo della p o l i t i c a e s t e r a e

d i s i c u r e z z a c o m u n e , con il compito di definire gli orientamenti generali e

di decidere le strategie che il Consiglio dell’Unione europea deve adottare;

nel settore della c o o p e r a z i o n e r a f f o r z a t a . Se uno Stato si oppone alla

concessione dell’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea all’avvio della

cooperazione rafforzata, è possibile investire il consiglio Europeo della questione

affinché decida.

13.4. Le istituzioni comunitarie

Il conseguimento degli obiettivi che le Comunità si propongono è stato affidato dai trattati

a varie istituzioni. Quelle elencate nell’articolo 7 TCE sono:

il Parlamento Europeo, che partecipa al processo per l’adozioni degli atti

comunitari e svolge funzioni consultive e di controllo;

il Consiglio dell’Unione che esercita il potere normativo;

la Commissione cui compete la funzione esecutiva;

la Corte di Giustizia con funzioni giurisdizionali;

la Corte dei conti con funzione di controllo sulla gestione finanziaria.

Il Consiglio, la Commissione e il Parlamento Europeo sono assistiti da un Comitato

economico e sociali e da un Comitato delle regioni che svolgono funzioni consultive.

Sono istituiti inoltre secondo le procedure previste dal trattato un sistema europeo di

Banche Centrali (SEBC), una centrale europea (BCE) e una Banca europea per gli

investimenti (BEI).

La struttura istituzionale sopra delineata riproduce, per grandi linee, la ripartizione dei

poteri tra gli organi costituzionali di uno Stato nazionale: al Parlamento europeo e al

Consiglio dell’Unione è attribuita la funzione legislativa, alla Commissione europea quella

esecutiva (queste tre istituzioni sono anche definite come il triangolo decisionale

comunitario), mentre alla Corte di giustizia spetta l’esercizio della funzione giurisdizionale.

Accanto alle similitudini occorre anche sottolineare la peculiarità dell’ordinamento

comunitario. In particolare:

nonostante gli indubbi progressi, non sempre al Parlamento europeo è attribuita una

funzione legislativa. Ancora oggi esistono ampi settori della legislazione

3 Le d e c i s i o n i prese dal Consiglio europeo hanno n a t u r a p o l i t i c a , e vengono esternate attraverso un

c o m u n i c a t o f i n a l e . Le decisioni del Consiglio europeo per assumere il carattere giuridico di atti

comunitari, ai sensi dei Trattati, devono essere adottate secondo le procedure previste da questi.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

171

comunitaria di esclusiva competenza del Consiglio o con un intervento soltanto in

funzione consultiva del Parlamento;

l’iniziativa legislativa spetta esclusivamente alla Commissione, l’unica istituzione

deputata a presentare proposte normative. Seppur in parte mitigata

dall’introduzione dell’istituto dell’iniziativa dell’iniziativa resta comunque

un’anomalia la totale esclusione di un autonomo poter di iniziativa dei singoli

membri del Parlamento europeo.

Va infine evidenziato che nell’equilibrio istituzionale della Comunità, mentre la

Commissione rappresenta il momento di sintesi dell’interesse comunitario considerato

globalmente, il Consiglio è strutturato in modo tale da poter dar voce agli interessi nazionali

particolari.

LE ISTITUZIONI COMUNITARIE

ISTITUZIONE MEMBRI NOMINA COMPETENZE

Parlamento

europeo

751 A suffragio universale diretto Poteri deliberativi e di

controllo

Consiglio Un rappresentate per

Stato membro

Ogni Stato designa il proprio

rappresentate

Emanazione di atti normativi.

Formazione e approvazione del

bilancio.

Conclusione di accordi con

Stati terzi

Commissione Un rappresentante

per Stato membro

Nominati di comune accordo

dagli Stati membri, con

approvazione del Parlamento

Funzioni di proposta,

esecutive, di vigilanza e di

rappresentanza

Corte di giustizia Un rappresentate per

ogni Stato membro

Nominati di comune accordo

dagli Stati membri

Funzioni giurisdizionali

Corte dei Conti Un per ogni Stato

membro

Nominati dal Consiglio previa

consultazione del Parlamento

europeo

Controllo generale sulle entrate

e sulle spese

13.5. Parlamento europeo

Al momento della firma dei Trattati di Roma nel 1957 si preferì istituire un’”assemblea

unica per le tre Comunità” (A s s e m b l e a p a r l a m e n t a r e e u r o p e a ), che avrebbe

esercitato le competenze riconosciutele da ciascuno dei tre trattati.

La prima riunione si tenne nel 1958, l’attuale denominazione di P a r l a m e n t o

e u r o p e o fu definitivamente adottata solo nel 1962. La legittimazione formale della

denominazione “Parlamento europeo” è avvenuto attraverso l’Atto unico europeo.

La sede della s t r u t t u r a a m m i n i s t r a t i v a del Parlamento è L u s s e m b u r g o ,

mentre le r i u n i o n i d e l l e c o m m i s s i o n i si svolgono a B r u x e l l e s e la

s e s s i o n e p l e n a r i a m e n s i l e si tiene a S t r a s b u r g o .

13.5.1. Composizione

13.5.1.1. I parlamentari.

Il TUE all’art. 14 stabilisce che il Parlamento europeo è composto da rappresentanti di

cittadini di Stati membri, sottolineando, in tal modo, la rappresentatività dei cittadino europeo

che può eleggere ed essere eletto in tutti gli Stati.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

172

Il numero dei parlamentari non può essere superiore a 750 più il presidente, tuttavia la

composizione del Parlamento non è predeterminata dal Trattato ma da un atto adottato dal

Consiglio europeo all’unanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e con l’approvazione di

quest’ultimo.

I membri del nuovo Parlamento sono, dunque, ripartiti secondo la tabella che segue

Germania 96 Austria 18

Francia 74 Bulgaria 17

Italia 73 Finlandia 13

Regno Unito 73 Danimarca 13

Spagna 54 Slovacchia 13

Polonia 51 Croazia 11

Romania 32 Irlanda 11

Paesi Bassi 26 Lituania 11

Belgio 21 Lettonia 8

Rep.Ceca 21 Slovenia 8

Grecia 21 Cipro 6

Ungheria 21 Estonia 6

Portogallo 21 Lussemburgo 6

Svezia 20 Malta 6

13.5.1.1.1. Il sistema elettorale.

13.5.1.1.1.1. Sistema originario,

In base ai trattati istitutivi, i membri del Parlamento europeo venivano designati dai singoli

Parlamenti nazionali secondo le procedure stabilite da ciascun Stato membro. Per entrare a far

parte del Parlamento europeo era necessario essere membri di un Parlamento nazionale (si

parlava infatti di un d o p p i o m a n d a t o ). La ripartizione dei seggi tra gli Stati era stata

attuata sulla base del loro diverso peso politico e demografico pur essendo stata garantita

un’adeguata rappresentatività degli Stati minori.

13.5.1.1.1.2. Modiche apportate nel 1979.

A partire dal g i u g n o 1 9 7 9 , sulla base della decisione del Consiglio del 20 settembre

1976 (A t t o d i B r u x e l l e s ), i membri del Parlamento europeo sono eletti in ogni Stato

membro tramite s u f f r a g i o u n i v e r s a l e d i r e t t o , per un periodo di cinque anni; essi

non possono essere vincolati da istruzioni né sottostare al mandato imperativo

13.5.1.1.1.3. Modiche apportate nel 2002.

Con la decisione del Consiglio del 25 gennaio e del 23 novembre 2002, n. 2002/772/CE,

Euratom, sono state apportate alcune modiche sostanziali all’atto relativo alle elezioni dei

rappresentati del Parlamento europeo, allegato alla decisione del Consiglio 1976/787, tra le

quali:

l’o b b l i g o d i a d o z i o n e d e l s i s t e m a p r o p o r z i o n a l e 4;

4 Relativamente all’adozione del sistema elettorale proporzionale, al decisione sancisce l’obbligo per gli Stati

membri di adottare tale sistema a partire dalle elezioni del 2004, pur consentendo di poter optare tra lo scrutinio

di lista ovvero il sistema proporzionale con voto singolo trasferibile.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

173

l’i n c o m p a t i b i l i t à tra la carica di parlamentare europeo con quella di

parlamentare nazionale.

La decisione del Consiglio del 20 settembre 1976 ha regolato anche il p e r i o d o d i

s v o l g i m e n t o d e l l e e l e z i o n i per il Parlamento europeo. Esse si svolgono alla

scadenza del mandato al Parlamento quasi contemporaneamente in tutti gli Stati membri in un

giorno, scelto da ciascuno Stato, nell’ambito di un unico periodo che va dal giovedì alla

domenica successiva. L e s u d d e t t e m o d i f i c h e s o n o e n t r a t e i n v i g o r e i l

1 ° A p r i l e 2 0 0 4 .

13.5.1.1.1.4. Verifica dei poteri

V e r i f i c a d e i p o t e r i . Il Parlamento ha il potere di verifica dei poteri dei propri

membri, nel senso che d e c i d e i n m e r i t o a d e v e n t u a l i c o n t e s t a z i o n i

presentate in base ai casi di incompatibilità fissati dall’Atto di Bruxelles.

13.5.1.1.2. Immunità dei parlamentari

Per quanto attiene le i m m u n i t à d e i p a r l a m e n t a r i e u r o p e i , sono da ricordare

la piena libertà di movimento, le agevolazione doganali, il lasciapassare infine i membri del

Parlamento non possono essere ricercati, detenuti, o perseguitati a motivo delle opinioni o dei

voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni.

13.5.1.2. Il Segretario e il Segretario generale.

Espressione del potere di organizzazione del Parlamento (nel senso che non è previsto nei

Trattati delle comunità) il S e g r e t a r i o assicura una complessa e articolata struttura di

supporto. Al vertice del Segretario è posto un S e g r e t a r i o g e n e r a l e , nominato

dall’Ufficio di Presidenza.

Il Segretario generale oltre a dirigere il segretario e ad assicurare lo svolgimento di tutta

l’attività amministrativa e di supporto di vario tipo, firma, congiuntamente al Presidente, i

processi verbali delle sedute plenarie e prepara la relazione in base alla quale l’Ufficio di

Presidenza elabora il progetto provvisorio di stato di previsione delle spese.

13.5.1.3. Il Presidente e il Vicepresidente e i Questori.

Il Parlamento europeo designa tra i suoi membri il P r e s i d e n t e . Fino all’elezione del

Presidente svolge le funzioni il d e c a n o d ’ e t à sotto la presidenza del quale non può aver

luogo alcuna discussione il cui oggetto sia estraneo all’elezione del Presidente o alla verifica

dei poteri.

Il Presidente è eletto con la m a g g i o r a n z a a s s o l u t a d e i v o t i e s p r e s s i , nei

prime tre scrutini; al quarto scrutinio partecipano solo i due candidati che al precedente

scrutinio abbiano ricevuto il maggior numero di voti. Il Presidente dirige i lavori del

Parlamento e ne assicura il buon svolgimento; fa osservare il Regolamento, mantiene l’ordine,

rappresenta il Parlamento nelle relazioni esterne, etc.

Il Presidente può delegare compiti e funzioni ai Vicepresidenti. I V i c e p r e s i d e n t i

sono eletti a scrutinio segreto con unica scheda, risultano eletti i deputato che abbaino

ottenuto la maggioranza assoluta. La durata del mandato del Presidente e dei Vicepresidenti è

di due anni e mezzo.

La decisione, inoltre conferma la possibilità per i singoli Stati di poter stabilire una soglia di sbarramento non

superiore al 5%, nonché di fissare un tetto massimo per le spese elettorali dei singoli candidati

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

174

I Q u e s t o r i sono eletti con le stesse modalità seguite per i Vicepresidenti. Sono in

n u m e r o d i 5 e sovrintendono ai problemi amministrativi e finanziari

13.5.1.4. Gli organi del Parlamento.

Gli o r g a n i d e l P a r l a m e n t o e u r o p e o sono cinque: I) l’ufficio di presidenza: II)

la conferenza dei presidenti; III) la conferenza dei questori; IV) la conferenza dei presidente

di commissioni; V) e la conferenza dei presidenti di delegazione.

13.5.1.4.1. L’Ufficio di Presidenza

L’U f f i c i o d i P r e s i d e n z a è composto dal Presidente, dai Vicepresidenti e dai

Questori. Nelle deliberazioni in caso di parità p r e v a l e i l v o t o d e l P r e s i d e n t e .

L’Ufficio di Presidenza svolge funzioni importanti, adottando le decisioni di carattere

organizzativo e finanziarie concernenti i deputati, i vari organi e i dipendenti.

13.5.1.4.2. La Conferenza dei Presidenti.

Particolare rilevanza assume la C o n f e r e n z a d e i P r e s i d e n t i , che ha sostituito a

partire dal settembre 1993 il precedente Ufficio di Presidenza ampliato, la cui composizioni è

allargata ai Presidenti dei gruppi politici e a due rappresentanti dei deputati non iscritti (che

prendono parte alle riunione senza diritto di voto).

Si può affermare che la conferenza dei Presidenti costituisce in gran parte l’o r g a n o

m o t o r e d e l P a r l a m e n t o . Esso fissa l’ordine del giorno delle tornate, stabilisce il

progetto di spesa, etc. L’Ufficio di Presidenza e la Conferenza dei Presidenti si riuniscono

normalmente uno o due volte al mese.

13.5.1.5. Le Commissioni.

Il Parlamento sin dall’inizio della sua attività ha articolato i suoi lavori attraverso

l’istituzione di C o m m i s s i o n i p a r l a m e n t a r i , le quali possono essere permanenti o

temporanee.

Le Commissioni e s a m i n a n o e d i s c u t o n o le proposte di atti normativi sui quali è

richiesta la consultazione e, in certi casi, la “cooperazione” o la “codecisione” del Parlamento

europeo.

13.5.1.5.1. Procedura.

La Commissione nomina un r e l a t o r e che elabora un p r o g e t t o d i r e l a z i o n e

contente una p r o p o s t a d i r i s o l u z i o n e . Entrambe vengono sottoposte all’esame della

Commissione. Questa approva il testo del progetto di risoluzione, cui fa seguito normalmente

una motivazione. La relazione che la Commissione trasmette all’Assemblea può contenere

anche progetti di emendamenti.

Un particolare procedura adottata dalle Commissioni è quella della “s e d e

d e l i b e r a n t e ”. La Commissione delibera in via definitiva, salvo che sia richiesto da un

terzo dei componenti il rinvio in Aula, su una richiesta di parere o una consultazione di cui è

stato investito il Parlamento.

13.5.1.6. Le Delegazioni parlamentari.

Accanto alle Commissioni si sono venute costituendo negli anni numerose

d e l e g a z i o n i p a r l a m e n t a r i , che più correttamente si dovrebbero definire

interparlamentari, perché esse prevedono accanto ai membri del Parlamento europeo

rappresentati dei paesi con i quali la Comunità ha concluso accordi di associazione o di

cooperazione o con i quali il Parlamento intrattiene rapporti.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

175

C o m p i t o della delegazione è quello di a p p r o f o n d i r e l e r e l a z i o n i

i n t e r p a r l a m e n t a r i e di svolgere un ruolo di accompagnamento parlamentare alle

relazioni esterne della Comunità5.

13.5.2. Funzionamento.

L’attività del Parlamento europeo è disciplinata dal suo regolamento interno. Secondo

quanto stabilito dall’art. 126 del suo regolamento interno, lo svolgimento dei lavori del

Parlamento europeo si articola in una l e g i s l a t u r a q u i n q u e n n a l e , ripartita in

s e s s i o n i a n n u a l i , a loro volta distribuite in t o r n a t e (vale a dire le singoli riunioni

del Parlamento) che hanno luogo o g n i m e s e e che si suddividono i n 5 s e d u t e d i

u n a g i o r n a t a .

13.5.2.1. Le procedure di voto.

Per quanto riguardo le p r o c e d u r e d i v o t o in seno all’Assemblea le deliberazioni del

Parlamento europeo, salvo diversa disposizioni dei trattati, sono adottate a m a g g i o r a n z a

a s s o l u t a d e i s u f f r a g i e s p r e s s i ; le astensioni, quindi, non rientrano nel computo

dei voti.

Il quorum per la validità delle sedute è alquanto basso, essendo sufficiente la presenza di

un terzo dei membri del Parlamento.

13.5.3. Poteri del Parlamento.

13.5.3.1. I poteri deliberativi.

Per quanto attiene i p o t e r i d e l i b e r a t i v i va detto che con il Trattato di Maastricht e

con i successivi accordi di Amsterdam e Nizza si è arrivati a ritagliare un ruolo determinante

al Parlamento europeo in materia legislativa: senza attribuirgli la titolarità esclusiva del potere

normativo, gli è stato concesso di inserirsi a pieno titolo nel procedimento di formazione degli

atti comunitari. Si fa riferimento alla procedura di codecisione, che vede sullo stesso piano

Consiglio, Commissione e Parlamento.

In tale prospettiva va ricordato che ai sensi dell’a r t . 1 9 2 il Parlamento può, a

maggioranza dei suoi membri, chiedere alla Commissione di esercitare il suo potere di

proposta sulle questioni di interesse comunitario che richiedono l’adozione di speciali atti. Si

tratta di un potere (la cd. i n i z i a t i v a d e l l ’ i n i z i a t i v a ) non certo irrilevante, reso

effettivo dalla mozione di censura che il Parlamento può emanare nei confronti della

Commissione.

13.5.3.2. I poteri di controllo.

I p o t e r i d i c o n t r o l l o del Parlamento possono essere suddivisi in: I) controllo sugli

atti delle istituzione, ossia sul risultato dell’azione comunitaria; II) controllo sul

comportamento delle istituzioni; III) controllo sul complesso dell’apparato amministrativo

comunitario.

13.5.3.2.1. Controllo sugli atti.

Il controllo del Parlamento europei si esercita sugli atti:

5 Un caso a parte è costituto dall’A s s e m b l e a p a r i t e t i c a A C P – C E E , composta in pari numero dai

parlamentari europei e rappresentanti dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Questa Assemblea fa parte

di un apparato istituzionale previsto dalla Cosiddetta Convezione di Lomè.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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del C o n s i g l i o : riguarda essenzialmente il b i l a n c i o , atto fondamentale per la

Comunità che, anche se redatto formalmente dalla Commissione, viene approvato

sostanzialmente dal Consiglio;

della C o m m i s s i o n e : ha per oggetto la R e l a z i o n e g e n e r a l e che tale

organo è tenuto a presentare annualmente al Parlamento.

13.5.3.2.2. Controllo sulle istituzioni.

Oltre che sugli atti delle istituzioni, il controllo del Parlamento europeo si estrinseca anche

sul comportamento delle stesse. Non si tratta di un controllo in senso stretto, bensì di una

sorta di influenza che ne condizioni l’operato.

13.5.3.2.2.1. Nei confronti della Commissione

A riguardo va ricordato che il Trattato CE, prevede il potere del Parlamento di

a p p r o v a r e l a n o m i n a d e l P r e s i d e n t e d e l l a C o m m i s s i o n e , nonché un

voto di approvazione finale sulla composizione finale del Collegio. Un ulteriore strumento di

controllo politico, anche se indiretto, è dato dalle i n t e r r o g a z i o n i che ciascun

parlamentare può porre alla Commissione.

La mozione di censura.

Il Parlamento nei confronti della Commissione dispone in particolare di un effettivo

strumento di controllo giuridico: la m o z i o n e d i c e n s u r a .

Tale provvedimento può essere adottato dal Parlamento non prima che siano trascorsi t r e

g i o r n i d a l d e p o s i t o d e l l a m o z i o n e : la stessa si considera a p p r o v a t a quando

abbia riportato la m a g g i o r a n z a d e i d u e t e r z i d e i v o t i e s p r e s s i , che

rappresentano la maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo.

In conseguenza dell’adozione del provvedimento, la Commissione deve dimettersi e

continua a curare, fino alla sua sostituzione solo “gli affari di ordinaria amministrazione”.

13.5.3.2.2.2. Nei confronti del Consiglio.

Nei confronti del Consiglio, il Parlamento dispone solo6 di strumenti di controllo politico,

quali i pareri consultivi e le interrogazioni sopra citate.

Sicuramente rivestono un peso politico anche le proposte di risoluzione (la c.d. iniziativa

dell’iniziativa) unitamente all’accrescimento potere di partecipazione del Parlamento al

procedimento legislativo.

13.5.3.2.3. Controllo sul complesso dell’apparato amministrativo comunitario

Si tratta di forme di controllo volte a salvaguardare i diritti dei membri della Comunità,

siano essi Stati, persone fisiche o persone giuridiche. Le innovazione più significative alla

luce del Trattato sull’Unione europea sono date dalla possibilità, per il Parlamento: I)

di costituire una C o m m i s s i o n e t e m p o r a n e a d ’ i n c h i e s t a (su richiesta

di un quarto dei suoi membri) incaricata di esaminare le denuncie di infrazione o di

cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto comunitario;

di nominare un M e d i a t o r e ;

6 Nessuno dei trattati contempla uno strumento di controllo giuridico del Parlamento europeo sull’operato del

Consiglio. Ciò si spiega in quanto, essendo quest’ultimo espressione degli esecutivi degli Stati membri, un

controllo sugli stessi comporterebbe un controllo sui governi degli Stati membri, spettante invece,

conformemente alle rispettive carte costituzionali ai parlamentari nazionali.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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di costituire una C o m m i s s i o n e p e r l e p e t i z i o n i incaricata di analizzare

nel merito le petizioni7 su materie di interesse comunitario.

13.6. La Commissione

13.6.1. Caratteri.

La C o m m i s s i o n e è stata istituita dal Trattato di fusione del 1967 ed ha sostituito

l’Alta autorità della CECA e le Commissioni CEE ed Euratom.

Essa dal p u n t o d i v i s t a g i u r i d i c o – f o r m a l e , è un’istituzione comunitaria, con

il compito precipuo, di d a r e c o r r e t t a e s e c u z i o n e a l l e n o r m e e a l l e

m i s u r e C o m u n i t a r i e .

Tuttavia non può essere considerata come l’E s e c u t i v o d e l l a C o m u n i t à , in

quanto p a r t e c i p a i n m o d o s o s t a n z i a l e a l p r o c e s s o d i f o r m a z i o n e

d e l l e n o r m e

La Commissione è al contrario del Consiglio, un o r g a n o i n d i p e n d e n t e d i

i n d i v i d u i , nel senso che i suoi membri esercitano la loro funzione in piena indipendenza

nell’interesse generale della Comunità e non sollecitano né accettano istruzione da alcun

governo.

La Commissione è un o r g a n o c o l l e g i a l e , per cui la responsabilità delle sue

delibere ricade sulla Commissione nel suo complesso. Nei limiti del principio di collegialità,

c i a s c u n c o m m i s s a r i o ha la r e s p o n s a b i l i t à d i u n s e t t o r e di attività e può

adottare misure di gestione specifiche.

Infine la Commissione è un o r g a n o a t e m p o p i e n o , che si riunisce almeno una

volta alla settimana, ciò giustifica l’incompatibilità prevista per i membri della Commissione

con qualsiasi altra carica.

13.6.2. Il procedimento di nomina.

La Commissione è nominata ai sensi dell’art. 214, attraverso una procedura articolata in

varie fasi:

il Consiglio, riunito a livello di capi di Stato o di governo deliberando a

maggioranza qualificata, designa la persona che intende nominare Presidente della

Commissione (si tratta quindi di un accordo intergovernativo raggiunto al di fuori

del contesto comunitario8); tale designazione è approvata dal Parlamento europeo;

il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata e di comune accordo con il

Presidente designato, adotta l’elenco delle altre persone che intende nominare

membri della Commissione, redatto conformemente alle proposte presentate da

ciascun Stato membro;

il Parlamento europeo è chiamato ad esprimere un voto di approvazione sul

collegio così formato: dopodiché avrà luogo la nomina della Commissione nel suo

complesso da parte del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata.

7 L e g i t t i m a t i a l l ’ e s e r c i z i o d e l d i r i t t o d i p e t i z i o n e , sono tutti cittadini dell’Unione ed

ogni persona fisica o giuridica che ha la propria sede in uno Stato membro. 8Questa circostanza ha delle precise conseguenze giuridiche, perché sottrae la deliberazione ad eventuali ricorsi

giurisdizionali alla Corte di giustizia.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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13.6.3. Composizione.

La Commissione (dal 1° novembre 2004) è formata d a u n c i t t a d i n o d i

c i a s c u n o S t a t o m e m b r o . In tal modo si è consentito ai nuovi Stati membri di avere

un’adeguata rappresentanza in seno all’istituzione, mentre c’è stata una riduzione ad un

rappresentante per gli Stati maggiori che ne avevano due.

13.6.3.1. Presidente e vicepresidenti

Al P r e s i d e n t e è affidato il coordinamento dell’attività della Commissione e la

rappresentanza esterna della stessa. Oltre a definire l’indirizzo politico della Commissione,

egli gode di un potere piuttosto ampio nell’attribuzione delle competenze ai singoli

Commissari.

Per quanto riguarda la nomina dei v i c e p r e s i d e n t i è il Presidente che previa

approvazione del collegio, nomina dei vicepresidenti tra i membri della Commissione

13.6.4. Status dei membri della commissione

I c o m m i s s a r i s o n o n o m i n a t i a t i t o l o i n d i v i d u a l e e d e v o n o

e s e r c i t a r e l e l o r o f u n z i o n e i n p i e n a i n d i p e n d e n z a .

Inoltre i membri della Commissione nel corso del loro mandato n o n p o s s o n o

e s e r c i t a r e a l c u n a a t t i v i t à p r o f e s s i o n a l e e devono osservare gli obblighi e i

doveri derivanti dalla loro carica.

Pertanto la Commissione (così come la Corte e il Parlamento a differenza del Consiglio) è

un organo formato da individui e non da rappresentanti degli Statti, che agisce nell’esclusivo

interesse della Comunità.

Le volizione dei singoli componenti della Commissione che concorrono a formale la

volontà della organo collegiale, non sono, dunque, riferite agli Stati membri

dell’appartenenza, ma restano volizioni individuali e solo la volontà collegiale dell’organo

viene in rilievo divenendo così imputabile alla Comunità nel suo complesso.

A conferma di tale indipendenza gioca il fatto che i membri della Commissione non

possono essere rimossi né da governi nazionali, né dal Consiglio. Un provvedimento in tal

senso può essere preso solo al Parlamento attraverso la mozione di censura.

13.6.5. Durata del mandato.

Il m a n d a t o ha la durata di c i n q u e a n n i , ed è r i n n o v a b i l e . I membri restano in

carica siano alla loro sostituzione, salvo in caso di dimissioni d’ufficio. La c e s s a z i o n e

i n d i v i d u a l e d e l m a n d a t o può avvenire, oltre che per decesso e per decorso del

termine di 5 anni, per dimissioni volontarie.

Inoltre i membri della Commissione devono abbandonare collettivamente le loro funzioni,

se il Parlamento europeo approva una m o z i o n e d i c e n s u r a . È da notare che i membri

della Commissione nominati per sostituire quelli “sfiduciati” durano in carica non cinque anni

(termine normale) ma fino alla data in cui sarebbe scaduto il mandato dei commissari

dimissionari costretti a dimettersi collettivamente.

13.6.6. Funzionamento.

L’art. 218 stabilisce che la Commissione fissa il proprio regolamento interno in piena

autonomia e provvede alla sua pubblicazione.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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All’atto dell’insediamento la Commissione organizza il proprio lavoro ripartendo tra i suoi

membri i compiti di supervisione dell’attività delle varie unità amministrative (Direzioni

generali e servizi assimilati, entrambi a loro volta articolati in direzioni e queste in unità) nelle

quali è articolata la propria struttura burocratica.

Le delibere della Commissione sono prese a maggioranza assoluta dei voti dei membri che

la compongono (art. 219) ma la prassi si è sempre orientata nel senso di non dar conto

pubblicamente del numero di voti che ha raccolto un atto della Commissione e ciò proprio per

sottolineare il senso della collegialità della responsabilità che si assumono i membri della

Commissione, anche se dissenzienti, e per evitare di evidenziare fratture su linee di opinione

politica.

Le riunioni della Commissione sono convocate dal Presidente ed hanno una cadenza di

norma settimanale.

13.6.7. Attribuzione e poteri.

13.6.7.1. Introduzione.

I p o t e r i d e l l a C o m m i s s i o n e , quali risultano dal Trattato CE, possono essere

essenzialmente distinti in tre gruppi:

alla Commissione compete la funzione di proposta o di iniziativa normativa;

la Commissione vigila sull’esatta esecuzione dei trattati (funzione esecutiva);

la Commissione rappresenta le Comunità sia all’interno degli Stati membri, sia

delle relazioni esterne.

13.6.7.2. Le funzioni di proposta (o di iniziativa normativa).

Secondo l’art. 211, la Commissione «dispone di un proprio potere di decisione e partecipa

alla formazione degli atti del Consiglio e del Parlamento europeo alle condizioni previste dal

presente trattato».

In realtà la Commissione non dispone di un vero e proprio potere decisionale autonomo, se

non nelle poche ipotesi in cui il tratto glielo attribuisce direttamente; dispone invece del

p o t e r e d i p r o p o s t a che le spetta in via esclusiva e che rappresenta la condizione

affinché il Consiglio e il Parlamento possano emanare atti vincolanti.

13.6.7.3. La funzione esecutiva.

La funzione esecutiva della Commissione può essere distinta, sulla base dei trattati, in

emanazione di atti di esecuzione e vigilanza sull’osservanza del trattato.

13.6.7.3.1. Atti di esecuzione.

L’articolo 211 TCE, fa riferimento agli atti di esecuzione e dispone che “la Commissione

esercita le competenze che le sono conferite dal Consiglio per l’attuazione delle nonne da esso

stabilite”; questo implica l’emanazione di atti di esecuzione destinati ad integrare altri

regolamenti adottati dal Consiglio.

Ciò può avvenire:

Sia nel senso di fissare modalità di esecuzione di un regolamento del Consiglio che

in tal senso disponga;

Sia quello, certamente già ampio, di emanare veri e propri regolamenti, necessari

per l’esecuzione di altri regolamenti, su delega del Consiglio.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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Secondo l’art. 202, poi “il Consiglio Conferisce alla Commissione, negli atti che esso

adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce”.

La stessa disposizione prevede, altresì, che il Consiglio possa sottoporre a determinate

modalità l’esercizio della competenza della Commissione e possa anche, in alcuni casi,

esercitare direttamente, la competenza a dare esecuzione ai propri atti normativi.

13.6.7.3.1.1. Comitatologia.

Tale modalità sono state definite nella decisione del Consiglio n. 468 del 1999 (nota come

decisione sulla c o m i t a t o l o g i a ) prevede che la Commissione, pur disponendo della

totalità del potere esecutivo, deve tenere conto dei pareri di alcuni comitati incaricati dal

Consiglio di assisterla.

In particolare tale decisione prevede tre tipi di comitati:

c o m i t a t i c o n s u l t i v i il cui parere non è mai vincolante per la Commissione,

che può liberamente discostarsene;

c o m i t a t i d i g e s t i o n e , il cui parere è parzialmente vincolante poiché la

Commissione può adottare un provvedimento difforme, comunicandolo, però, al

Consiglio; questi può approvare l’atto difforme della Commissione, respingerlo o

non pronunciarsi (in questo caso si ha una forma di silenzio- assenso);

c o m i t a t i d i r e g o l a m e n t a z i o n e il cui parere è vincolante e non può

essere ignorato della Commissione, se non formulando un proposta in merito al

Consiglio.

c o m i t a t i d i r e g o l a m e n t a z i o n e c o n c o n t r o l l o : in questo caso il

parare del comitato è sempre vincolante, ma prima di approvare l’atto di esecuzione

la Commissione deve trasmetterlo al Parlamento è al Consiglio affinché possa

esercitare un controllo.

13.6.7.4. Funzioni di vigilanza.

La f u n z i o n e d i v i g i l a n z a è disciplinata dall’articolo 211 TCE, il quale dispone

che “la Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del trattato e delle

disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù del trattato stesso”.

La funzioni di vigilanza della Commissione può comportare due tipologie di intervento:

si ha i n t e r v e n t o d i r e t t o quando i trattati o regolamenti prevedono ch essa

emani decisioni vincolanti; ad esempio ciò avviene nel campo delle regole di

concorrenza, dove la Commissione può prendere decisioni direttamente applicabili

e che prevedono sanzioni pecuniarie, nei confronti delle imprese.

si ha i n t e r v e n t o i n d i r e t t o della Commissione nell’ambito della funzione di

vigilanza, quando essa propone ricorsi alla Corte di giustizia contro gli Stati e le

istituzioni che abbiano violato gli obblighi loro incombenti in virtù dei trattati e

degli atti normativi derivati.

Si possono far rientrare nel potere di vigilanza le decisioni della commissione che

autorizzano l’applicazione da parte degli Stati di c l a u s o l e d i s a l v a g u a r d i a cioè di

deroghe a norme comunitarie.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

181

13.6.7.5. La funzione di rappresentanza.

Stabilisce l’art. 282 del Trattato CE che «in ciascuno degli Stati membri, la comunità ha la

più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legislazioni nazionali;

essa può in particolare acquistare o alienare beni immobili e mobili e stare in giudizio. A tal

fine, essa è rappresentata dalla Commissione”. È dunque evidente come, negli Stati membri,

la f u n z i o n e d i r a p p r e s e n t a n z a delle Comunità spetti in via esclusiva alla

Commissione.

La Commissione rappresenta anche all’esterno la Comunità. Infatti: spetta alla

Commissione tutta la negoziazione degli accordi conclusi dalle Comunità, anche se la

conclusione stessa è di competenza del Consiglio; tutte le relazioni internazionali e i rapporti

con le organizzazioni internazionali sono prerogativa della Commissione.

13.7. Il Consiglio dell’Unione europea

13.7.1. Cenni generali.

Il C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i o C o n s i g l i o d e l l ’ U n i o n e e u r o p e a (o

semplicemente Consiglio) è stato istituito nel 1965 dal Trattato di fusione, assorbendo quindi

il Consiglio Speciale dei Ministri CECA e i due Consigli dei Ministri della CEEA e della

CEE.

Esso è l’o r g a n o d e c i s i o n a l e d e l l a C o m u n i t à , pur condividendo gran parte

dei poteri normativi con il Parlamento europeo.

L’art. 16 TUE, infatti, prevede al prima comma che “il consiglio esercita, coniugalmente al

Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di

definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabiliti nei trattati”.

13.7.2. Composizione.

Il Consiglio dei Ministri, è c o m p o s t o d a u n m e m b r o p e r o g n i S t a t o c h e

f a p a r t e d e l l a c o m u n i t à , scelti nell’ambito dei rispettivi governi.

I rappresentanti degli Stati in seno al Consiglio non devono necessariamente rivestire la

qualifica di ministri, ma è essenziale che facciano parte della compagine governativa (ad es.:

sottosegretari) e che siano abilitati ad impegnare il proprio governo9.

Il Consiglio è dunque un o r g a n o d i S t a t i , in quanto i membri che lo compongono

rappresentano i rispettivi Stati membri e a quest’ultimi rispondono; ed è un organo a

c o m p o s i z i o n e v a r i a b i l e 10 in quanto la composizione dei Ministri varia a secondo

della materia trattata (Consiglio dei Ministri economici e finanziari o E C O F I N ; Consiglio

dei ministri degli affari esteri o C o n s i g l i o a f f a r i g e n e r a l i , etc.).

13.7.2.1. Il Consiglio dell’unione nella composizione dei capi di Stato o di Governo.

I trattati prevedono una composizione alquanto anomala del Consiglio dell’Unione che

sostanzialmente finisce per coincidere con il Consiglio europeo ed è indicato come

C o n s i g l i o d e l l ’ U n i o n e r i u n i t o i n c o m p o s i z i o n e d e i C a p i d i S t a t o

o d i g o v e r n o .

9 Trattandosi di un organo composto di Stati, in cui ciascuno di essi dispone sovranamente del proprio voto, è

lecito che il governo nazionale conferisca un mandato imperativo senza durata prestabilita di un membro che

andrà a partecipare alla riunione del Consiglio, vincolandone il voto a precise e rigide istruzioni. 10

Il Consiglio si riunisce in varie formazione il cui elenco è adottato conformemente all’art. 236 del TFUE e

cioè in base ad decisione del Consiglio europeo a maggioranza qualificata.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

182

Tale anomalia è dovuta al fatto che, formalmente non si può parlare di Consiglio europeo

ma di Consiglio dell’Unione: anche se, sostanzialmente, data la coincidenza dei soggetti che

ne prendono parte, si tratta di una riunione del Consiglio europeo ed è quest’ultimo, che

esercita il potere decisionale anche se in conformità alle norme sostanziali e procedurali

fissate dai trattati comunitari.

13.7.2.1.1. Competenze.

Al Consiglio dell’Unione, riunito in tale composizione anomala, sono affidati poteri

decisionali in diverse ipotesi:

i n m a t e r i a d i u n i o n e e c o n o m i c a e m o n e t a r i a , sia in merito al

passaggio alla terza fase, sia per l’identificazione degli Stati membri che soddisfano

le condizioni fissate per il passaggio della moneta unica;

n e l l a p r o c e d u r a d i n o m i n a d e l P r e s i d e n t e d e l l a

C o m m i s s i o n e : s econdo le modifiche del Trattato di Nizza, infatti, spetta al

Consiglio riunito in questa composizione designare (a maggioranza qualificata la

persona candidata a ricoprire quella carica;

n e l l ’ a m b i t o d e l l a t u t e l a d e i d i r i t t i u m a n i : il consiglio, infatti

deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della

Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, può constatare

l’esistenza di una violazione grave e persistente per uno dei principi di libertà,

democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato

di diritto.

13.7.3. Organizzazione interna.

13.7.3.1. La presidenza.

La p r e s i d e n z a è esercitata da ciascuno Stato membro per s e i m e s i a turno secondo

l’ordine stabilito dal Consiglio che delibera all’unanimità. Il paese che per turno presiede il

Consiglio dell’Unione:

rappresenta il consiglio in tutte le sedi in cui ciò sia necessario;

convoca il Consiglio o di propria iniziativa (in quanto Stato membro) o su formale

richiesta da parte di un altro Stato membro o della Commissione;

risponde alle interrogazioni del Parlamento Europeo per conto del Consiglio;

cura la relazioni internazionali della Comunità (accreditamento di rappresentanti di

Stati terzi, firma di accordi a norme della Comunità etc.).

13.7.3.2. Il Segretario Generale.

Nell’esercizio delle sue funzione il Consiglio è assistito da un S e g r e t a r i a t o

g e n e r a l e posto sotto la responsabilità del S e g r e t a r i o g e n e r a l e .

Il Trattato di Amsterdam ha però attribuito a quest’ultima figura il ruolo di A l t o

r a p p r e s e n t a n t e p e r l a p o l i t i c a e s t e r a e l a s i c u r e z z a c o m u n e :

mentre la gestione amministrativa del Segretariati e stata attribuita alla figura del V i c e

s e g r e t a r i o g e n e r a l e . Entrambi i funzionari sono nominati dal Consiglio, che delibera

a maggioranza qualificata.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

183

13.7.4. Il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati (COREPER).

L’accrescersi col tempo della mole del lavoro comunitario, insieme alla sempre più sentita

esigenza di un più costante contatto tra Consiglio e Commissione, ha fatto sì che con il

Trattato di fusione degli esecutivi del 1965 venisse istituito un C o m i t a t o d e i

r a p p r e s e n t a n t i p e r m a n e n t i d e g l i S t a t i m e m b r i ( C O R E P E R )11,

costituito dalle rappresentanze diplomatiche presso le Comunità.

13.7.4.1. Competenze.

Tale Comitato è r e s p o n s a b i l e d e l l a p r e p a r a z i o n e d e l l a v o r o d e l

C o n s i g l i o e della r e a l i z z a z i o n e d e i c o m p i t i attribuitigli dallo stesso

Consiglio12.

Il COREPER a seguito delle modifiche introdotte dal Trattato di Maastricht e da quello di

Amsterdam, è oggi previsto dal Trattato CE come o r g a n i s m o a u t o n o m o , a cui è

anche attribuito il potere di adottare decisioni di procedura nei casi previsti dal regolamento

interno.

Col tempo il COREPER è divenuto l’organo che garantisce la continuità dell’operato del

Consiglio e assicura una s e d e p e r m a n e n t e d i n e g o z i a t o e di mediazione sia tra i

vari Governi che con le altre istituzioni ed in particolare con la Commissione.

In particolare il COREPER si riunisce a due livelli:

di ambasciatori rappresentati permanenti (COREPER II) per trattare gli affari di

rilievo politico e quelli concernenti le relazioni esterne;

di ministri plenipotenziari rappresentanti permanenti aggiunti (COREPER I) per

trattare gli affari correnti, di procedura essenzialmente tecnici.

I due livelli non sono in un rapporto di subordinazione bensì operato in modo

indipendente.

13.7.5. Sistemi di votazione del Consiglio.

Le votazione in seno al Consiglio dell’Unione si differenziano a seconda delle materie in

discussione. Da un’analisi dei trattati è possibile enucleare tra distinti sistemi di votazione:

maggioranza semplice, maggioranza qualificata, unanimità.

13.7.5.1. L’unanimità.

Per quanto attiene l’u n a n i m i t à va detto che quest’ultima si ritiene raggiunta anche

quando vi siano state astensioni al voto.

In altri termini unanimità nel Consiglio significa a s s e n z a d i v o t i n e g a t i v i e non

convergenza di voti tutti positivi, tanto è vero che l’art. 205, par 3 TCE afferma che: “le

astensioni dei membri presenti o rappresentati non ostano all’adozione delle deliberazioni del

consiglio per le quali è richiesta l’unanimità”.

11

Prima del Trattato di fusione esisteva nell’ambito del Consiglio il C O C O R , il quale aveva il compito di

preparare le riunioni del Consiglio. Attualmente il COCOR rappresenta un gruppo di lavoro del COREPER. 12

Esso in particolare provvede a: coordinare l’attività di una serie di gruppi di lavoro, formati da esperti dei

governi nazionali in relazione a materie specifiche; predisporre l’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio;

organizzare comitati permanenti o ad hoc per la trattazione sistematica di problemi specifici; adottare decisioni

di procedura nei casi previsti dal regolamento interno del Consiglio.

Tali compiti non poterebbero essere svolti dal Consiglio (la cui attività è discontinua) né dalla Commissione (che

ha carattere d’indipendenza), mentre il COREPER è portatore di interessi degli Stati.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

184

L’unanimità è prevista per emendare una proposta della Commissione ovvero quando sulla

posizione comune del Consiglio vi sia stato un voto negativo del Parlamento da parte della cd.

minoranza di blocco.

13.7.5.2. Maggioranza semplice,

La m a g g i o r a n z a s e m p l i c e , intesa come maggioranza dei membri che

compongono il Consiglio (maggioranza assoluta), e non di quelli presenti alla sessione. La

votazione a maggioranza semplice, rappresenta la regola generale seguita dal Consiglio per le

sue votazioni a meno che il trattato non disponga altrimenti.

13.7.5.3. Maggioranza qualificata.

La m a g g i o r a n z a q u a l i f i c a t a , ossia il raggiungimento di un determinato numero

di voti per l’emanazione di un atto, è stata introdotta dal Trattato di Amsterdam, per alcuni

settori. I voti di ciascun Stato membro non hanno però uguale peso perché le votazioni

avvengono con il sistema del v o t o p o n d e r a t o , che attribuisce un valore diverso a i voti

di ciascun Stato, a seconda della sua importanza demografica e politica all’interno della

Comunità.

Per quanto riguarda la ripartizione dei voti tra i vari Stati occorre far riferimento

all’articolo 205, par. 2 TCE. Esso prevede che:

le d e l i b e r a z i o n i p e r l e q u a l i è p r e v i s t a l a p r o p o s t a d e l l a

C o m m i s s i o n e sono valide se hanno ottenuto almeno 2 5 5 v o t i c h e

e s p r i m a n o i l v o t o f a v o r e v o l e d e l l a m a g g i o r a n z a d e i

m e m b r i ;

negli a l t r i c a s i le deliberazioni sono valide se hanno ottenuto almeno 255 voti

che esprimano il voto favorevole di almeno d u e t e r z i d e i m e m b r i ;

13.7.5.3.1. Le reti di sicurezza.

La necessità di ottenere comunque il voto favorevole della maggioranza degli Stati membri

(e dei due terzi nel secondo caso) costituisce la prima c.d. “r e t i d i s i c u r e z z a ” previste

con il Trattato di Nizza. Lo scopo è di evitare il verificarsi di casi in cui una minoranza di

Stati potrebbe disporre dei voti sufficienti per adottare una decisione.

La seconda rete di sicurezza è, invece, costituita dalla disposizione del nuovo paragrafo 4

secondo il quale ciascun membro del Consiglio può chiedere di verificare che la maggioranza

comprenda almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione; se tale condizione non è

soddisfatta, la decisione non può essere adottata.

Si tratta della v e r i f i c a d e m o g r a f i c a che impone al Consiglio di adottare un atto

soltanto quando vi è il sostegno di un numero di Stati (comunque la maggioranza o addirittura

i due terzi) che rappresenti una cospicua maggioranza della popolazione dell’Unione. È da

sottolineare che tale condizione non è verificata in modo automatico, ma seve essere

esplicitamente, richiesta da uno Stato membro.

13.7.6. Attribuzione e poteri.

Le competenze attribuite al consiglio investono tutti i settori di attività delle Comunità e

dell’Unione. Questa istituzione, infatti, in virtù della sua posizione di rappresentante degli

interessi degli Stati membri svolge un ruolo rilevante sia nell’ambito delle procedure

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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comunitarie sia nell’ambito delle politiche intergovernative. In sintesi le funzioni attribuite al

Consiglio sono:

a d o t t a r e g l i a t t i n o r m a t i v i c o m u n i t a r i : ciò significa che il

Consiglio può adottare quei provvedimenti (regolamenti, direttive e decisioni), che

sono materia per materia, previsti dal trattato. Tale potere è ampiamente condiviso

con il Parlamento europeo;

oltre che nell’emanazione degli atti normativi, il potere decisionale del Consiglio si

manifesta nella f o r m a z i o n e e nell’a p p r o v a z i o n e , insieme al Parlamento,

d e l b i l a n c i o ;

altra importante funzione del Consiglio è quella di c o n c l u d e r e , per conto della

Comunità, a c c o r d i c o n S t a t i t e r z i dopo la chiusura dei negoziati condotti

dalla Commissione (su autorizzazione del Consiglio);

non va dimenticato che il Consiglio provvede al c o o r d i n a m e n t o d e l l e

p o l i t i c h e e c o n o m i c h e generali degli Stati membri;

elaborare la p o l i t i c a e s t e r a e d i s i c u r e z z a c o m u n e (PESC)

dell’Unione Europea, sulla base degli orientamenti generali definiti del Consiglio

europeo;

coordinare la c o o p e r a z i o n e g i u d i z i a r i a e d i p o l i z i a i n m a t e r i a

p e n a l e tra le varie autorità competenti in materia dei diversi Stati membri.

13.8. L’ordinamento giuridico comunitario

13.8.1. Introduzione.

Il s i s t e m a g i u r i d i c o c o m u n i t a r i o è costituito dall’insieme delle norme che

regolano l’organizzazione e lo sviluppo delle Comunità europee e i rapporti tra queste e gli

Stati membri. Il diritto comunitario si distingue in originario e derivato.

Le n o r m e di tale sistema hanno o r i g i n e diversa. I n t e r n a z i o n a l e : i trattati

istitutivi delle Comunità e le successive integrazioni e modificazioni. C o m u n i t a r i a : gli

atti delle istituzioni, ovvero che formano la struttura istituzionale delle Comunità.

N a z i o n a l e : le leggi e gli atti che gli Stati membri pongono in essere per dare corretta

attuazione al sistema giuridico complessivo.

Il d i r i t t o c o m u n i t a r i o o r i g i n a r i o , rappresenta una fonte di primo grado del

diritto comunitario (cd. di r i t t o p r i m a r i o d e l l a C o m u n i t à ) : le norme in essi

contenute formano il quadro giuridico costituzionale della Comunità e non possono essere

disattese dagli atti delle istituzioni comunitarie.

Il d i r i t t o c o m u n i t a r i o d e r i v a t o , invece costituisce una f o n t e d i s e c o n d o

grado in quanto gli atti che lo costituiscono sono gerarchicamente subordinati ai trattati.

13.8.2. Diritto originario.

Il d i r i t t o c o m u n i t a r i o o r i g i n a r i o comprende i Trattati istituivi delle Comunità

europee, nonché gli atti successivi che ne hanno operato una modifica o li hanno completati.

A questi atti, che vanno a formare insieme al diritto comunitario derivato, il d i r i t t o

c o m u n i t a r i o s c r i t t o , devono aggiungersi i principi generali del diritto, enucleati dalla

Corte di giustizia, che costituiscono il d i r i t t o c o m u n i t a r i o n o n s c r i t t o .

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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13.8.2.1. I principi del diritto comunitario.

L’individuazione dei p r i n c i p i g e n e r a l i d i d i r i t t o c o m u n i t a r i o è avvenuta

ad opera della Corte di giustizia che, nello svolgimento della sua funzione volta ad assicurare

il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’attuazione dei trattati, ha colmato alcune

lacune normative presenti nei trattati comunitari, dato il loro carattere iniziale prettamente

economico, formando di conseguenza un d i r i t t o c o m u n i t a r i o n o n s c r i t t o .

13.8.2.1.1. Il rispetto dei principi fondamentali della persona

Una prima attenzione meritano i principi che attengono al r i s p e t t o d e i d i r i t t i

f o n d a m e n t a l i d e l l a p e r s o n a . A riguardo va detto che benché i Trattati istitutivi

non ne facciamo menzione alcuna, la Corte ha riconosciuto che i diritti fondamentali, quali

risultano delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalla C o n v e z i o n e

e u r o p e a s u l l a s a l v a g u a r d i a d e i d i r i t t i d e l l ’ u o m o (Roma 4 novembre

1950), fanno parte dei principi generali di cui essa garantisce l’osservanza.

Tale p r e v i s i o n e è stata poi f o r m a l i z z a t a d a l T r a t t a t o s u l l ’ u n i o n e

e u r o p e a . È il caso di rilevare che l’e s e r c i z i o dei diritti fondamentali p u ò e s s e r e

o g g e t t o d i r e s t r i z i o n i in vista di obiettivi di interesse generale perseguiti dalla

Comunità.

In tale prospettiva va ricordato il riconoscimento da parte anche della Convenzione

europea dei diritti dell’uomo, del d i r i t t o a l l a t u t e l a g i u r i s d i z i o n a l e p i e n a

e d e f f e t t i v a .

Da tale riconoscimento è derivato da una parte il criterio secondo cui la tutela dei diritti

attribuiti da norme comunitarie deve essere almeno pari alla tutela prevista per i diritti

conferiti da norme nazionali; dall’altra, il principio che il sistema nazionale di rimedi

giurisdizionali deve essere tale da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente

gravoso l’esercizio dei diritti attribuiti al singolo da norme comunitarie.

13.8.2.1.1.1. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La C a r t a d e i d i r i t t i f o n d a m e n t a l i d e l l ’ U n i o n e e u r o p e a è un

documento che sancisce il carattere fondamentale dei diritti umani per i cittadini dell’Unione,

ponendosi come nucleo di una futura costituzione europea.

Nel corso del Consiglio europeo di colonia del 3 e 4 giugno 1999, gli Stati membri

decisero di elaborare una Carta dei diritti, il progetto prevedeva che questa dovesse contenere:

I diritti di libertà e uguaglianza;

I diritti procedurali fondamentali garantiti dalla CEDU e come risultato dalle

tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri;

I diritti sociali ed economici contenuti nella Carte sociale europea e nella Carta

Comunitaria dei Diritti Sociali Fondamentali dei Lavoratori.

A seguito dell’approvazione da parte del Parlamento europeo e della Commissione, la carta

dei diritti fondamentale dell’Unione europea è stata ufficialmente proclamata. Essa, però non

va integrarsi nei trattati istitutivi, ma va a costituire un documento separato che manca di

efficacia vincolante

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

187

13.8.2.1.2. Il principio della certezza del diritto.

Di grande rilevanza è anche il p r i n c i p i o d e l l a c e r t e z z a d e l d i r i t t o nelle sue

varie applicazioni. Il principale profilo riguarda la trasparenza dell’attività

dell’amministrazione, nel senso che la normativa comunitaria deve essere chiara e la sua

applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti.

13.8.2.1.3. Il principio del legittimo affidamento

Un aspetto ulteriore del principio della certezza del diritto è il p r i n c i p i o d e l

l e g i t t i m o a f f i d a m e n t o (oppure principio di tutela della buona fede), il quale va

tutelare il soggetto che ha tenuto in buona fede un determinato comportamento illecito non

sapendo di una modifica improvvisa della relativa normativa, oppure quando ha tenuto un

comportamento vietato facendo fede su informazioni provenienti dalla sessa amministrazione

che gli hanno fatto intendere di poter esercitare un determinato diritto.

13.8.2.1.4. Il principio di democraticità

Va ricordato il p r i n c i p i o d i d e m o c r a t i c i t à esplicato dalla Dichiarazione del

1978, secondo la quale nessuno Stato può far parte della Comunità se non ha un ordinamento

democratico. In altri termini la democraticità è un elemento determinate, vera conditio sine

qua non dell’essere “europeo”.

13.8.2.1.5. Il principio di eguaglianza.

Il p r i n c i p i o d i e g u a g l i a n z a trova nel trattato un riconoscimento espresso e

generale nella forma del divieto di discriminazione fondato sulla nazionalità, con applicazioni

specifiche relativamente alla libertà di circolazione delle merci e dei servizi e della libertà di

stabilimento.

13.8.2.1.6. Il principio dell’effetto utile.

Il p r i n c i p i o d e l l ’ e f f e t t o u t i l e impone un’applicazione o anche interpretazione

delle norme comunitarie che sia funzionale al raggiungimento della loro finalità. Tra l’altro, è

sulla base di tale principio che si è attribuito l’effetto diretto anche alle direttive.

13.8.2.1.7. Il criterio dell’interpretazione conforme

Il c r i t e r i o d e l l ’ i n t e r p r e t a z i o n e c o n f o r m e , impone invece al giudice di

applicare tra le chiavi d’interpretazione del diritto nazionale quella che consente di attribuirgli

un significato conforme o almeno compatibile con il diritto comunitario.

13.8.2.1.8. Il principio della leale cooperazione

Infine va valorizzato il p r i n c i p i o d e l l a l e a l e c o o p e r a z i o n e , il quale esprime

l’obbligo generale degli Stati membri di assicurare l’esecuzione degli obblighi sanciti dal

diritto comunitario, facilitare l’assolvimento dei compiti della Comunità e astenersi dal porre

in essere misure che possano compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato.

13.8.3. Diritto derivato.

Per d i r i t t o d e r i v a t o si intende l’insieme degli atti giuridici adottati dalle istituzioni

comunitarie, nei limiti delle competenze e con gli effetti che il Trattato sancisce.

Va precisato che gli atti in questione n o n p o s s o n o avere l’effetto di r e s t r i n g e r e

o m o d i f i c a r e l a p o r t a t a d i u n a n o r m a d e l T r a t t a t o ovvero della

giurisprudenza relativa a quella stessa norma.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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Va inoltre chiarito che la n a t u r a g i u r i d i c a dell’atto non dipende dalla sua

denominazione, nel senso che questa non è determinante ai fini della definizione del suo reale

contenuto e della sua sostanza.

L ’ a r t . 2 4 9 d e l T r a t t a t o C E , indica come atti di diritto derivato: I) i regolamenti;

II) le decisioni; III) le direttive; IV) le raccomandazioni; V) e i pareri.

13.8.3.1. Gli atti vincolanti.

13.8.3.1.1. Regolamenti CE (e Euratom).

13.8.3.1.1.1. Nozione.

Ai sensi dell’art. 249 TCE, il r e g o l a m e n t o è un atto a portata generale, obbligatorio in

tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri della comunità

Europea13.

13.8.3.1.1.2. Caratteri

I caratteri propri del regolamento comunitario sono quindi:

la p o r t a t a g e n e r a l e , che corrisponde al carattere dell’a s t r a t t e z z a , nel

senso che il regolamento non s i r i v o l g e a destinatari determinati o

determinabili, ma a c a t e g o r i e c o n s i d e r a t e a s t r a t t a m e n t e n e l

l o r o i n s i e m e . Destinatari del regolamento sono quindi tutti i soggetti giuridici

comunitari: Stati membri e persone fisiche e giuridiche degli Stati stessi14;

l’o b b l i g a t o r i e t à d i t u t t i i s u o i e l e m e n t i : ciò vuol dire che i

destinatari del regolamento sono tenuti a dare applicazione completa ed integrale

alle norme regolamentari, con conseguente i l l e g i t t i m i t à di una sua

a p p l i c a z i o n e p a r z i a l e da parte di uno Stato15. Inoltre il carattere

obbligatorio del regolamento p r e c l u d e agli S t a t i la possibilità di formulare

o p p o s i z i o n i o r i s e r v e all’atto della sua adozione, le quali, anche se

espresse, restano prive di ogni effetto16;

l a d i r e t t a a p p l i c a b i l i t à i n c i a s c u n o d e g l i S t a t i m e m b r i : sta

a significare che il regolamento acquisisce efficacia negli Stati membri senza che

sia necessario un atto di ricezione o di adattamento da parte dei singoli ordinamenti

statali (c d . n o r m e s e l f – e x e c u t i n g ). Il regolamento ha, quindi, validità

automatica negli Stati membri della Comunità e conferisce diritti ed impone

obblighi agli Stati membri, ai loro organi e ai privati, coma una legge nazionale. Di

conseguenza, esso attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti

a tutelare.

13

Va ricordato che nel vecchio sistema CECA, l’atto corrispondente al regolamento era la d e c i s i o n e

g e n e r a l e . 14

Il carattere della “portata generale” distingue il regolamento dalla direttive, che hanno come destinatari gli

Stati membri, e dalla decisioni, che si rivolgono sempre a soggetti ben determinati. 15

Ciò non vuol dire necessariamente che i regolamenti siano completi: anzi, spesso accade che debbano essere

integrati con m i s u r e d i e s e c u z i o n e , che possono essere adottate sia della stessa istituzione che ha

emanato il regolamento, sia da un’altra istituzione comunitaria (la Commissione, come sappiamo ha questa

funzione), sia dalle autorità nazionali. 16

L’obbligatorietà in tutti i suoli elementi è il carattere che distingue il regolamento dalla direttiva, che, è

obbligatoria, solo nel fine che si intende perseguire.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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13.8.3.1.1.3. Il procedimento di formazione.

I regolamenti sono a t t i a f o r m a z i o n e c o m p l e s s a ; essi in genere sono emanati

dal Consiglio su proposta della Commissione.

Al processo di formazione di tali atti viene associato anche il Parlamento europeo,

attraverso delle procedure previste dal trattato (consultazione, codecisione, cooperazione).

Laddove è previsto devono essere richiesti anche i pareri di altre istituzioni, come il Consiglio

economico e sociale e il Comitato delle Regioni.

13.8.3.1.1.4. Requisiti formali.

Il principale requisito formale, previsto dai trattati per i regolamenti è la m o t i v a z i o n e

(art. 253 TCE). Tuttavia la corte di giustizia ha sottolineato, l’obbligo di motivare dipende

dalla natura dell’atto, e trattandosi di un regolamento, ossia di un atto destinato ad avere

applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare la situazione complessiva che

ha condotto alla sua adozione e gli scopi generali che esso si propone.

Oltre alla motivazione, i regolamenti devono far riferimento alle proposte e ai pareri

obbligatoriamente richiesti dal trattato.

13.8.3.1.1.5. Pubblicità ed entrata in vigore.

I regolamenti sono p u b b l i c a t i s u l l a G a z z e t t a U f f i c i a l e d e l l ’ U n i o n e

e u r o p e a (GUUE) ed e n t r a n o i n v i g o r e d o p o u n p e r i o d o d i v a c a t i o

l e g i s d i 2 0 g i o r n i , a meno che una data diversa che non sia stata indicata nel

regolamento stesso (art. 245 TCE).

13.8.3.1.2. Direttive CE (e Euratom).

13.8.3.1.2.1. Nozione.

Ai sensi dell’art. 249 TCE, la d i r e t t i v a è un atto normativo, che vincola gli Stati

membri a cui è rivolta, per quanto attiene il risultato da raggiungere, fatta salva la competenza

degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi con cui tale risultato va raggiunto17.

13.8.3.1.2.2. Caratteristiche.

I caratteri propri della direttiva comunitaria sono quindi:

n o n h a p o r t a t a g e n e r a l e , ma ha come destinatari gli Stati membri. A

questo proposito si suole distinguere tra d i r e t t i v e g e n e r a l i , indirizzate a

tutti gli Stati membri, e d i r e t t i v e i n d i v i d u a l i o p a r t i c o l a r i ,

indirizzate ad uno o ad alcuni di essi;

n o n s o n o o b b l i g a t o r i i n t u t t i i l o t o e l e m e n t i , in quanto

impongono un’o b b l i g a z i o n e d i r i s u l t a t o , lasciando libero di adottare le

misure dagli stessi ritenute opportune18;

infine per quanto riguarda l’efficacia, le direttive n o n h a n n o e f f i c a c i a

d i r e t t a , cioè non producono diritti ed obblighi che i giudici nazionali devono far

osservare. Perciò la dottrina sostiene che le direttive non sono direttamente

17

Va ricordato che nel vecchio sistema C E C A l’atto corrispondente alla direttiva era la

r a c c o m a n d a z i o n e . 18

In p e n d e n z a d e l t e r m i n e p e r l ’ a t t u a z i o n e d e l l a d i r e t t i v a , l’obbligo di realizzare il

risultato non è sanzionabile. La Corte tuttavia, ha apportato qualche precisazione circa i doveri degli Stati nel

periodo tra l’entrata in vigore della direttiva e la scadenza del termine per l’attuazione della stessa, chiarendo che

su essi grava un o b b l i g o d i s t a n d s t i l l , nel senso che devono astenersi dall’adottare disposizioni che

possano compromettere il risultato prescritto della direttiva.

Ver. 09/04/2017 13:34:00

Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

190

applicabili ma hanno un’e f f i c a c i a m e d i a t a attraverso i provvedimenti che

gli Stati intenderanno adottare19.

13.8.3.1.2.3. Le direttive dettagliate.

Dalla formula dell’art. 249 del Trattato CE si desume che la direttiva dovrebbe limitarsi

all’enunciazione di principi e criteri generali, di regole generali destinati ad essere tradotte dal

singolo Stato in norme di dettaglio.

Tuttavia, nella prassi comunitaria risulta sempre più frequente (specialmente nel settore

agricolo, in tema di diritto di stabilimento) il ricorso a d i r e t t i v e d e t t a g l i a t e o

p a r t i c o l a r e g g i a t e , le quali indicano con precisione le norme interne che gli Stati sono

tenuti ad adottare.

In tal modo la discrezionalità dello Stato si riduce soltanto alla scelta della forma giuridica

interna (legislativa, regolamentare o amministrativa), da dare alla norma già fissata sul piano

comunitario; scelta che peraltro, si verifica nei casi in cui la forma stessa è praticamente

vincolata, ad esempio in materie che necessariamente richiedano l’intervento del potere

legislativo20.

13.8.3.1.2.4. Procedimento di formazione.

Per quanto riguarda l’e l a b o r a z i o n e delle direttive, essa segue lo s t e s s o i t e r

p r o c e d u r a l e d e i r e g o l a m e n t i .

13.8.3.1.2.5. Requisiti formali.

Anche i r e q u i s i t i f o r m a l i sono gli stessi, vale a dire la motivazione e il riferimento

alle proposte a ai pareri obbligatori.

13.8.3.1.2.6. Pubblicità ed entrata in vigore.

Diversa è invece la forma di pubblicità, a causa del carattere individuale delle direttive;

esse vanno notificate ai destinatari e a c q u i s t a n o e f f i c a c i a d a l l a d a t a d e l l a

n o t i f i c a (o da un data successiva, se indicata).

È da notare che invalsa la prassi di pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione le

direttive, oltre naturalmente a notificarle, come previsto dai trattati.

13.8.3.1.2.7. La misure nazionali di attuazione e

Le m i s u r e n a z i o n a l i d i a t t u a z i o n e delle direttive comunitarie devono essere

adottare e n t r o i l t e r m i n e f i s s a t o dalla stessa direttiva.

Inosservanza: diritto al risarcimento.

I n c a s o d i i n o s s e r v a n z a , gli Stati membri commettono una violazione che può

dar luogo non solo ad un’a z i o n e p e r i n f r a z i o n e in ambito comunitario ai sensi

19

Tuttavia la Corte ha affermato la d i r e t t a a p p l i c a b i l i t à di alcune direttive o di una parte della loro

normativa. Ciò si verifica: I) innanzitutto quando la direttiva i m p o n e u n o b b l i g o d i n o n f a c e r e ;

II) in secondo luogo quando trattasi di direttive che ribadiscono obblighi già sanciti in norme del Trattato esse

stesse già direttamente applicabili; III) per le direttive dettagliate; IV) ed infine quando il termine per

l’applicazione da parte degli Stati sia già scaduto. 20

Si è, quindi, posto il problema di accertare se le direttive dettagliate siano ammissibili e non contrastino con lo

spirito e la lettera dell’art. 249. A tal fine si è fatti ricorso al principio generale di interpretazione secondo cui l a

s o s t a n z a p r e v a l e s u l l a f o r m a d e g l i a t t i : pertanto, una direttiva dettagliata che si indirizzi a

tutti gli Stati membri e pongo in essere norme di carattere generale è, nella sostanza, una regolamento; così pure

una direttiva dettagliata che si indirizzi a un singolo Stato membro, è sostanzialmente, una decisione. A ciò non

osta la differenza di forme di pubblicità previste per regolamenti, direttive e decisioni: infatti tali ostacolo è

superato dalla prassi invalsa di far seguire alla notificazione delle direttive anche la loro pubblicazione sulla

Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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dell’art. 226 TCE, ma che può essere anche invocata dagli individui per la r i c h i e s t a d i

u n r i s a r c i m e n t o d a n n i .

Tuttavia affinché possa configurarsi un diritto al r i s a r c i m e n t o d e l d a n n o devono

verificarsi t r e c o n d i z i o n i 21:

il risultato prescritto dalla direttiva deve implicare l’attribuzione di diritti a favore

dei singoli:

il contenuto di tali diritti deve essere chiaramente individuale sulla base delle

disposizioni della direttiva;

deve esistere un nesso di casualità tra la violazione dello Stato e il danno subito dal

soggetto lesso.

Il compito di accertare l’esistenza delle condizioni nonché di quantificare il danno spetta al

giudice nazione (sent. Francovich).

13.8.3.1.3. Decisioni.

13.8.3.1.3.1. Nozione.

Ai sensi dell’art. 249 CE, la d e c i s i o n e è un atto a portata individuale obbligatorio in

tutti i suoi elementi22.

13.8.3.1.3.2. Caratteristiche.

I caratteri propri della decisione comunitaria sono quindi:

la p o r t a t a i n d i v i d u a l e , che avvicina la decisione alla direttiva. Destinatari

delle decisioni possono essere oltre che le p e r s o n e f i s i c h e e

g i u r i d i c h e , anche gli stessi S t a t i m e m b r i ;

l’o b b l i g a t o r i e t à i n t u t t i i s u o i e l e m e n t i , caratteristica comune con

il regolamento e di distinzione dalla direttiva;

analogamente ai regolamenti anche le decisioni, godono, in via generale della

d i r e t t a a p p l i c a b i l i t à , nel senso che attribuiscono direttamente diritti ed

obblighi a favore e a carico dei destinatari23. L’efficacia diretta è stata riconosciuta

dalla Corte comunitaria a n c h e alle d e c i s i o n i i n d i r i z z a t e a g l i S t a t i .

13.8.3.1.3.3. Natura giuridica

Dal p u n t o d i v i s t o g i u r i d i c o – f o r m a l e la decisione può essere qualificata

come un atto amministrativo del diritto comunitario munito del carattere dell’esecutività.

Tuttavia quando è rivolto agli Stati può assumere un carattere normativo secondario.

13.8.3.1.3.4. Requisiti formali.

Poiché si tratta di atti a portata generale individuale, acquista particolare rilievo la

m o t i v a z i o n e , elemento essenziale al fine di evitare abusi da parte delle istituzioni.

21

Il compito di accertare l’e s i s t e n z a delle c o n d i z i o n i citate nonché di q u a n t i f i c a r e i l

d a n n o spetta al g i u d i c e n a z i o n a l e . 22

Va ricordato che ne vecchio sistema C E C A l’atto corrispondente alla decisione era la d e c i s i o n e

i n d i v i d u a l e . 23

Quando i m p o n e o b b l i g h i d i p a g a m e n t o a i s i n g o l i , persone fisiche o giuridiche, la

decisione è a tutti gli effetti un t i t o l o e s e c u t i v o , da far valere negli Stati membri attraverso le procedura

nazionali. L’unica condizione che dovrà essere rispettata è l’a p p o s i z i o n e d e l l a f o r m u l a

e s e c u t i v a da parte dell’autorità nazionale designata, che procede ad un verifica dell’autenticità dell’atto.

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Diritto costituzionale Nozioni elementari di Diritto Comunitario

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13.8.3.1.3.5. Procedimento di formazione.

Le decisioni sono n o r m a l m e n t e emanate dalla C o m m i s s i o n e , mentre il

C o n s i g l i o , di regola, emana solo le d e c i s i o n i i n d i r i z z a t e a g l i S t a t i

m e m b r i .

13.8.3.1.3.6. Pubblicità ed entrata in vigore.

Le decisioni, come le direttive, vengono n o t i f i c a t e ai destinatari ed a c q u i s t a n o

e f f i c a c i a d a l l a d a t a d e l l a n o t i f i c a o d a a l t r a d a t a s u c c e s s i v a ,

espressamente indicata.

13.8.3.2. Gli atti non vincolanti.

L’art. 249 prefigura due tipi di atti non vincolanti: le raccomandazioni e i pareri.

13.8.3.2.1. Soggetti legittimati.

A u t o r i di tali atti possono essere, data la natura non vincolante degli stessi, t u t t e l e

i s t i t u z i o n i comunitarie: dal Parlamento europeo, dal Consiglio e della Commissione, alle

condizioni contemplate dal trattato24.

I pareri, invece, possono essere emanati oltre che dalle menzionate istituzioni anche dalla

Corte di Giustizia nella speciale ipotesi prevista dall’art. 300, par. 6 TCE, dal Comitato

economico e sociale e dal Comitato delle regioni.

13.8.3.2.2. Destinatari

Sia le raccomandazioni che i pareri possono avere come i destinatari gli Stati membri,

oppure le altre istituzioni comunitarie o ancora i soggetti di diritto interno degli Stati membri

13.8.3.2.3. Pubblicità

Anche se non è previsto dal Trattato gli atti non vincolanti vengono comunque

p u b b l i c a t i nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

L’efficacia non vincolante delle raccomandazioni e dei parei non implica che essi siano

totalmente sprovvisti di alcun effetto giuridico. In dottrina si è infatti posto in evidenza come

essi producono un cd. e f f e t t o d i l i c e i t à , nel senso che è da considerarsi pienamente

lecito un atto, di per sé illecito, posto in essere per rispettare una raccomandazione o un parere

di una istituzione.

13.8.3.2.4. Raccomandazioni (CE e Euratom).

Il linea generale, le r a c c o m a n d a z i o n i sono normalmente dirette agli Stati membri e

contengono l’invito a conformarsi ad un certo comportamento.

Per quanto riguarda la n a t u r a della raccomandazione, possiamo affermare che laddove

vengono rivolte a singoli destinatari, assumono la veste di a t t i a m m i n i s t r a t i v i .

Data la sua natura, la raccomandazione n o n c o m p o r t a nei confronti degli Stati la

p o s s i b i l i t à d i r i c o r s o p e r i n a d e m p i m e n t o , mentre p u ò essere presentato

r i c o r s o p e r c a r e n z a .

Benché la raccomandazione non impone ai destinatari obblighi specifici, essa contiene

comunque un o b b l i g o g e n e r a l e d i c o o p e r a z i o n e , nel senso che sugli Stati

incombe un o b b l i g o m o r a l e di osservanza di ciò che è stato previsto.

24

Un ruolo privilegiato è tuttavia attribuito alla Commissione, che può formulare pareri o raccomandazioni oltre

che nei casi espressamente previsti dal trattato anche quando lo ritenga necessario.

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13.8.3.2.5. Pareri.

Il p a r e r e viene definito in genere come una valutazione di determinate circostanze di

fatto o come una manifestazione di opinione, magari di natura tecnica, volta a contribuire alla

preparazione di atti giuridici; in questo caso si inserisce come momento di un procedimento.

Non rientrano nella previsione dell’art. 249 i pareri espressi dagli organi comunitari, nel

corso del procedimento legislativo, in quanto sono dotati di una valenza esclusivamente

interistituzionale.

Un’altra ipotesi che va tenuta nettamente distinta è quella del p a r e r e m o t i v a t o

emesso dalla Commissione, che assume una sua precisa rilevanza nell’ambito della procedura

relativa ala violazione da parte di uno Stato delle disposizione del trattato.

13.8.3.3. Altri atti.

Gli a t t i a t i p i c i sono atti, emanati dalle istituzioni comunitarie, che non rientrano in

quelli elencati nell’art. 249, concernenti ipotesi specifiche e per lo più funzionali all’attività

istituzionale. Rientrano in questa categoria:

i r e g o l a m e n t i i n t e r n i che ciascuna istituzione emana per disciplinare la

propria organizzazione e il proprio funzionamento (espressamente previsti per il

Consiglio e il Parlamento europeo). Essi contengono norme aventi efficacia solo

nell’ambito dell’istituzione che li emana25;

le d e c i s i o n i s u i g e n e r i s , sono atti vincolanti normalmente adottati dal

Consiglio e che, a differenza delle decisioni ex art. 249, non sono indirizzati né a

Stati membri, né a persone fisiche o giuridiche, ma hanno una valenza generale; in

particolare, si tratta di decisioni con le quali il Consiglio autorizza la Commissione

e negoziare accordi o con le quali ne approva la conclusione, di decisioni che

investono il funzionamento dell’organizzazione comunitaria, nonché di decisioni

relativa a Fondo e programmi comunitari;

gli a c c o r d i i n t e r i s t i t t u z i o n a l i , firmati dai Presidenti del Parlamento, del

Consiglio e della Commissione, con i quali queste istituzioni stabiliscono delle

regole volte a migliorare i loro rapporti ed evitare possibili conflitti; essi non

impegnano le istituzioni in maniera vincolante ma rappresentano un obbligo

soprattutto di natura morale e politica;

le r i s o l u z i o n i e l e c o n c l u s i o n i d e l C o n s i g l i o , che sebbene

sprovviste di efficacia vincolante, rivestono notevole importanza in quanto

esplicitano il punto di vista dell’istituzione su questioni concernenti determinati

settori di intervento comunitario, speso anticipando una successiva attività

normativa in senso proprio;

le c o m u n i c a z i o n e d e l l a C o m m i s s i o n e possono essere classificati in

tre diversi tipi. Vi sono quelle informative, destinate in particolare ad alimentare il

dialogo tra istituzioni su temi e materie in cui si prefigura l’adozione di veri e

propri atti normativi;

25

Gli a t t i e m a n a t i in v i o l a z i o n e d e l l e n o r m e dei regolamenti interni degli organo che li hanno

adottai non p o s s o n o e s s e r e a n n u l l a t i .

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poi vi sono le c o m u n i c a z i o n i c . d . d e c i s o r i e , relative a settori in cui la

Commissione dispone di un potere di decisione anche discrezionale, come in

materia di concorrenza, e di aiuti di Stato;

ed infine vi sono le comunicazioni cd. i n t e r p r e t a t i v e , volte cioè a far

conoscere agli Stati ed agli operatori i diritti e gli obblighi ad essi derivati dal

diritto comunitario, in particolare alla luce degli sviluppi giurisprudenziali

registratisi nel settore di cui si tratta.

13.9. Gli organismi comunitari

13.9.1. Il Mediatore.

13.9.1.1. Nozioni

Introdotto dall’a r t . 1 9 5 d e l T r a t t a t o C E , il M e d i a t o r e è l’o r g a n o

a b i l i t a t o a r i c e v e r e l e d e n u n c e 26 – di qualsiasi cittadino dell’unione o di

qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la propria sede in uno Stato membro –

r i g u a r d a n t i i c a s i d i c a t t i v a a m m i n i s t r a z i o n e da parte degli organi

comunitari.

Il mediatore, di propria iniziativa o sulla base delle denuncie ricevute, compie tutte le

indagini necessarie e, se constata un caso di cattiva amministrazione, investe l’autorità

interessata che dovrà pronunciarsi entro tre mesi; alla fine trasmette una relazione al

Parlamento.

13.9.1.2. Nomina e durata

Il Mediatore è n o m i n a t o d a l P a r l a m e n t o p e r l a d u r a t a d e l l a

l e g i s l a t u r a ed il suo m a n d a t o è r i n n o v a b i l e . Deve e s e r c i t a r e le sue

funzioni i n p i e n a i n d i p e n d e n z a .

13.9.2. La Banca europea per gli investimenti il Sistema europeo delle banche centrali e la

Banca centrale europea.

La B a n c a e u r o p e a p e r g l i i n v e s t i m e n t i (BEI), dotata di p e r s o n a l i t à

g i u r i d i c a , opera sui mercati finanziari sostanzialmente come un istituto di credito, anche

se non ha fini di lucro e si muove in ogni caso nell’ottica dello sviluppo equilibrato e senza

scosse del mercato comune. Inoltre nello svolgimento dei suoi compiti la Banca facilita la

realizzazione dei programmi di investimento della Comunità.

Con l’inizio della terza fase dell’UEM, è entrata in funzione la Banca centrale europea

(BCE), così come il Sistema europeo delle Banche centrali (SEBC) composto dalla BCE e

dalle Banche centrali degli Stati membri.

L’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi e definire e

attuare la politica monetaria della Comunità.

Funzione principale della BCE è, così come per qualsiasi altra Banca centrale, il controllo

della liquidità. Il Trattato inoltre prevede che la BCE trasmetta al Parlamento europeo, al

Consiglio, alla Commissione e al Consiglio europeo una relazione annuale sulle attività del

SEBC e sulla politica monetaria dell’anno precedente e dell’anno in corso.

26

La denuncia può essere presentata al Mediatore entro due anni dalla data in cui si è avuta conoscenza dei fatti.

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13.9.3. I Comitati.

13.9.3.1. Il Comitato economico e sociale (CES).

Il c o m i t a t o e c o n o m i c o s o c i a l e , organo consultivo della CE e dell’Euratom, è

composto dai “rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale, in

particolare dei produttori, agricoltori, vettori, lavoratori, commercianti artigiani, nonché delle

libere professione e degli interessi generali”

La nomina dei membri è effettuata dal Consiglio, a maggioranza qualificata, sulla base di

elenchi inviati dagli Stati membri. A t t u a l m e n t e e c o m p o s t o d a 3 5 0 m e m b r i ;

l a d u r a t a d e l m a n d a t o è d i 4 a n n i e d è r i n n o v a b i l e .

È o r g a n o d i i n d i v i d u i e dunque i membri del Comitato agiscono in completa

indipendenza dagli Stati membri, nell’interesse generale della comunità

La consultazione del Comitato può essere obbligatoria o facoltativa, a seconda che sia

prevista o meno dai trattati; essa si concreta in pareri che non sono mai vincolanti.

13.9.3.2. Il Comitato delle Regioni.

Istituito dal Trattato di Maastricht, il C o m i t a t o E u r o p e o d e l l e R e g i o n i ,

esercita funzioni consultive nei riguardi della Commissione e del consiglio.

L’art. 263 TCE, stabilisce che questo Comitato è composto di rappresentanti delle

collettività regionali e locali titolari di un mandato elettorale o politicamente responsabili

dinanzi ad un’assemblea eletta.

Attualmente è composto da 350 membri effettivi ed altrettanti supplenti. La nomina spella

al Consiglio dell’Unione europea che vota a maggioranza qualificata adottando l’elenco dei

membri in precedenza redatto sulla base delle proposte presentate da ciascun Stato membro; i

componenti hanno un mandato rinnovabile della durata di 4 anni.

L’art. 264 affida l’organizzazione del Comitato al suo regolamento interno. Il Comitato ha

competenze consultive che si traducono nell’emanazione di pareri mai vincolanti. Il parere del

Comitato può essere facoltativo, quando agisce di propria iniziativa, oppure obbligatorio, nei

casi previsti dal trattato e quando è espressamente richiesto dal Consiglio o dalla

Commissione.

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INDICE SOMMARIO

CAPITOLO 1° ............................................................................................................. 2

Lo Stato .................................................................................................................................................................. 2 1.1. La nozione. .................................................................................................................................................. 2 1.2. Elementi costitutivi. ..................................................................................................................................... 2

1.2.1. Sovranità. ............................................................................................................................................. 2 1.2.1.1. Caratteri. ....................................................................................................................................... 2 1.2.1.2. Esterna e interna. .......................................................................................................................... 3

1.2.2. Il popolo. .............................................................................................................................................. 3 1.2.2.1. La cittadinanza. ............................................................................................................................ 3

1.2.2.1.1. Modi di acquisto della cittadinanza italiana. ........................................................................ 3 1.2.2.2. Cittadinanza europea. ................................................................................................................... 4

1.2.3. Territorio. ............................................................................................................................................. 4 1.3. Funzioni dello Stato. .................................................................................................................................... 5

1.3.1. Il principio della separazione dei poteri. .............................................................................................. 6 1.3.1.1. Interferenze funzionali. ................................................................................................................ 6

1.4. Le forme di Stato. ........................................................................................................................................ 6 1.4.1. Nozione. ............................................................................................................................................... 6 1.4.2. Stato feudale ........................................................................................................................................ 6 1.4.3. Stato assoluto. ...................................................................................................................................... 7

1.4.3.1. Stato di polizia. ............................................................................................................................. 7 1.4.4. Stato moderno o di diritto. ................................................................................................................... 7 1.4.5. Stato autoritario .................................................................................................................................... 7 1.4.6. Stato sociale o interventista, ................................................................................................................. 7 1.4.7. Stato socialista. .................................................................................................................................... 7 1.4.8. Altre distinzioni ................................................................................................................................... 7

1.4.8.1. Stato composto ............................................................................................................................. 8 1.4.8.1.1. Stato federale ........................................................................................................................ 8

1.4.8.2. Stato unitario. ............................................................................................................................... 8 1.4.8.2.1. Accentrato. ........................................................................................................................... 8 1.4.8.2.2. Decentrato ............................................................................................................................ 8

1.4.8.2.2.1. Regionale ...................................................................................................................... 8 1.4.8.3. Unione di Stati .............................................................................................................................. 9

1.4.8.3.1. Confederazioni di Stati ......................................................................................................... 9 1.5. Le forme di governo. ................................................................................................................................... 9

1.5.1. Governo parlamentare. ......................................................................................................................... 9 1.5.2. Governo presidenziale.......................................................................................................................... 9 1.5.3. Governo direttoriale. ............................................................................................................................ 9

1.6. I caratteri dello Stato italiano. ...................................................................................................................... 9 1.6.1. Repubblicano. .................................................................................................................................... 10 1.6.2. Democratico. ...................................................................................................................................... 10 1.6.3. Fondato sul lavoro. ............................................................................................................................. 10 1.6.4. Interventista. ...................................................................................................................................... 10 1.6.5. Parlamentare. ..................................................................................................................................... 10 1.6.6. Decentrato. ......................................................................................................................................... 11 1.6.7. Non confessionale. ............................................................................................................................. 11 1.6.8. Aperto alla Comunità Internazionale ................................................................................................. 11

CAPITOLO 2° ........................................................................................................... 12

Le norme giuridiche e le fonti del diritto ........................................................................................................... 12 2.1. La norma giuridica. .................................................................................................................................... 12

2.1.1. Nozione .............................................................................................................................................. 12 2.1.2. Caratteri. ............................................................................................................................................ 12 2.1.3. L’efficacia delle norme nel tempo. .................................................................................................... 12

2.1.3.1. L’inizio dell’obbligatorietà. ....................................................................................................... 12 2.1.3.1.1. Il principio di irretroattività. ............................................................................................... 12

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2.1.3.2. La cessazione dell’obbligatorietà. .............................................................................................. 13 2.1.3.2.1. L’abrogazione delle leggi. .................................................................................................. 13

2.1.3.2.1.1. Forme dell’abrogazione. ............................................................................................. 13 2.1.3.2.1.2. Efficacia dell’abrogazione. ......................................................................................... 13

2.1.4. L’efficacia delle norme nello spazio. ................................................................................................. 14 2.2. Le fonti ...................................................................................................................................................... 14

2.2.1. Nozione. ............................................................................................................................................. 14 2.2.2. Classificazioni. ................................................................................................................................... 14 2.2.3. Fonti atto e fonti fatto. ....................................................................................................................... 15

2.2.3.1. La consuetudine. ........................................................................................................................ 15 2.2.4. Rapporto tra le fonti e risoluzione delle antinomie. ........................................................................... 16 2.2.5. La gerarchia tra le fonti atto. .............................................................................................................. 17 2.2.6. Interpretazioni delle fonti. .................................................................................................................. 18

2.2.6.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 18 2.2.6.2. Classificazione secondo gli autori. ............................................................................................. 18 2.2.6.3. Classificazione secondo i risultati cui si perviene. ..................................................................... 18 2.2.6.4. Interpretazione analogica. .......................................................................................................... 18

2.3. La Costituzione in generale. ...................................................................................................................... 19 2.3.1. Nozione. ............................................................................................................................................. 19 2.3.2. Classificazioni .................................................................................................................................... 19 2.3.3. Le norme costituzionali. ..................................................................................................................... 20

2.4. La Costituzione italiana. ............................................................................................................................ 20 2.4.1. L’elaborazione, la promulgazione e l’entrata in vigore ..................................................................... 20 2.4.2. Composizione e struttura ................................................................................................................... 20 2.4.3. Caratteri. ............................................................................................................................................ 21 2.4.4. L’attuazione. ...................................................................................................................................... 21

CAPITOLO 3° ........................................................................................................... 22

Il Presidente della Repubblica ............................................................................................................................ 22 3.1. Nozione e caratteri. .................................................................................................................................... 22 3.2. Eleggibilità................................................................................................................................................. 23 3.3. Incompatibilità. .......................................................................................................................................... 23 3.4. Nomina. ..................................................................................................................................................... 23

3.4.1. Organo elettivo................................................................................................................................... 23 3.4.2. Procedimento. .................................................................................................................................... 23

3.4.2.1. Nel caso in cui le camere siano sciolte o manca meno di tre mesi dalla cessazione. ................. 24 3.4.2.1.1. Prorogatio del Presidente della Repubblica ....................................................................... 24

3.5. Il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservazione della Costituzione. ......................................... 24 3.6. Durata in carica. ......................................................................................................................................... 25 3.7. Supplenza e impedimento. ......................................................................................................................... 25

3.7.1. Supplenza ........................................................................................................................................... 25 3.7.2. Impedimento ...................................................................................................................................... 25 3.7.3. I poteri del supplente .......................................................................................................................... 26

3.8. Cessazione. ................................................................................................................................................ 26 3.8.1. Ordinaria ............................................................................................................................................ 26 3.8.2. Anticipata. .......................................................................................................................................... 26

3.9. Gli atti presidenziali o decreti presidenziali. .............................................................................................. 27 3.9.1. Tipologie. ........................................................................................................................................... 27

3.9.1.1. Formalmente presidenziali (o atti governativi o ministeriali). ................................................... 27 3.9.1.2. Formalmente e sostanzialmente presidenziali (o atti presidenziali). .......................................... 28 3.9.1.3. Sostanzialmente complessi. ........................................................................................................ 28

3.9.2. La controfirma. .................................................................................................................................. 28 3.9.2.1. La funzione svolta dalla controfirma. ......................................................................................... 28

3.10. Responsabilità. ......................................................................................................................................... 28 3.10.1. Introduzione. .................................................................................................................................... 28 3.10.2. Politica. ............................................................................................................................................ 29

3.10.2.1. Tipo di responsabilità politica a cui è sottoposto il Presidente della Repubblica. .................... 29 3.10.3. Giuridica. ......................................................................................................................................... 29

3.10.3.1. Per i reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni. ............................................................. 29 3.10.3.1.1. Alto tradimento. ................................................................................................................ 30 3.10.3.1.2. Attentato alla Costituzione. .............................................................................................. 30

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3.10.3.1.3. La messa in stato d’accusa del Capo dello Stato. ............................................................. 30 3.10.3.1.3.1. L’organo inquirente. ................................................................................................. 30 3.10.3.1.3.2. L’organo giudicante. ................................................................................................. 30

3.10.3.2. Reati compiuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni. ..................................................... 30 3.10.3.3. In sintesi. .................................................................................................................................. 30

3.11. Prerogative. .............................................................................................................................................. 31 3.12. Poteri e attribuzioni del presidente della Repubblica. .............................................................................. 31

3.12.1. In relazione al potere legislativo. ..................................................................................................... 31 3.12.1.1.1. Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione ............................................ 31 3.12.1.1.2. Può inviare messaggi alle Camere. ................................................................................... 31

3.12.1.1.2.1. Nozione di messaggio. .............................................................................................. 31 3.12.1.1.2.2. Messaggi formali e informali .................................................................................... 32

3.12.1.1.3. Autorizza con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa

governativa. ........................................................................................................................................ 32 3.12.1.1.4. Può convocare ciascuna Camera i via straordinaria. ........................................................ 32 3.12.1.1.5. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. ................... 32

3.12.1.1.5.1. La promulgazione della legge ................................................................................... 32 3.12.1.1.6. Può, prima di promulgare una legge, chiedere con messaggio motivato alle Camere una

nuova deliberazione. ........................................................................................................................... 33 3.12.1.1.7. Emanazione degli atti normativi. ...................................................................................... 33 3.12.1.1.8. Può nominare cinque senatori a vita. ................................................................................ 34 3.12.1.1.9. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione ................................... 34 3.12.1.1.10. Può sciogliere le Camere, o anche una sola di esse ........................................................ 34

3.12.1.1.10.1. La natura del decreto di scioglimento. .................................................................... 34 3.12.1.1.10.2. Il semestre bianco ................................................................................................... 34

3.12.2. In relazione al potere esecutivo. ....................................................................................................... 35 3.12.2.1.1. Altre attribuzioni di carattere amministrativo. .................................................................. 35

3.12.3. In relazione al potere giudiziario. ..................................................................................................... 36

CAPITOLO 4° ........................................................................................................... 37

Il Parlamento ....................................................................................................................................................... 37 4.1. Nozione. ..................................................................................................................................................... 37

4.1.1. Caratteristiche. ................................................................................................................................... 37 4.1.2. Funzioni residuali. .............................................................................................................................. 37

4.2. Struttura del Parlamento. ........................................................................................................................... 38 4.2.1. Il bicameralismo................................................................................................................................. 38

4.2.1.1. Il bicameralismo perfetto previsto dalla Costituzione Italiana. .................................................. 38 4.2.2. Le differenze tra le due Camere. ........................................................................................................ 38

4.3. Prerogative delle camere. ........................................................................................................................... 39 4.3.1. Autonomia regolamentare. ................................................................................................................. 39

4.3.1.1. I regolamenti parlamentari. ........................................................................................................ 39 4.3.1.2. Le materie che possono essere disciplinate dai regolamenti parlamentari. ................................ 39

4.3.1.2.1. Come fonte di diritto. ......................................................................................................... 40 4.3.1.3. Insindacabilità dei regolamenti parlamentari. ............................................................................ 40 4.3.1.4. La violazione dei regolamenti parlamentari. .............................................................................. 40

4.3.2. Autonomia finanziaria........................................................................................................................ 40 4.3.3. Autonomia amministrativa. ................................................................................................................ 41

4.3.3.1. Tutela nei confronti degli atti amministrativi delle Camere. ...................................................... 41 4.3.3.1.1. L’autodichia o giurisdizione domestica .............................................................................. 41

4.3.4. L’inviolabilità degli edifici delle Camere. ......................................................................................... 41 4.3.5. Tutela penale delle Camere. ............................................................................................................... 41

4.4. Gli organi interni delle camere. ................................................................................................................. 41 4.4.1. Il Presidente e l’Ufficio di presidenza. ............................................................................................... 41

4.4.1.1. I presidenti (della Camera e del Senato). .................................................................................... 42 4.4.1.1.1. Attribuzioni. ....................................................................................................................... 42

4.4.1.2. L’ufficio di presidenza. .............................................................................................................. 42 4.4.2. Le giunte parlamentari. ...................................................................................................................... 42 4.4.3. Le commissioni parlamentari. ............................................................................................................ 43

4.4.3.1. Compiti delle commissioni. ........................................................................................................ 43 4.4.4. I gruppi parlamentari. ......................................................................................................................... 43 4.4.5. Le conferenze dei capigruppo. ........................................................................................................... 44

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4.5. Le camere riunite in seduta comune. ......................................................................................................... 44 4.6. Funzionamento delle Camere. ................................................................................................................... 45

4.6.1. Periodi di lavoro. ................................................................................................................................ 45 4.6.1.1. Legislatura. ................................................................................................................................. 45 4.6.1.2. Sessione. ..................................................................................................................................... 45 4.6.1.3. Seduta. ........................................................................................................................................ 45

4.6.2. Convocazione delle Camere. .............................................................................................................. 45 4.6.2.1. La convocazione iniziale. ........................................................................................................... 45 4.6.2.2. Le convocazioni di diritto. ......................................................................................................... 45 4.6.2.3. Le convocazioni su mozione di aggiornamento. ........................................................................ 45 4.6.2.4. Convocazione straordinaria. ....................................................................................................... 46

4.6.2.4.1. Convocazione parallela. ..................................................................................................... 46 4.7. Svolgimento dei lavori. .............................................................................................................................. 46

4.7.1. Pubblicità e la segretezza delle sedute. .............................................................................................. 46 4.7.2. Ordine del giorno e calendario dei lavori. .......................................................................................... 46 4.7.3. Deliberazioni. ..................................................................................................................................... 47

4.7.3.1. Requisito di validità della deliberazione: c.d. numero legale ..................................................... 47 4.7.3.1.1.1. La presunzione e la verifica del numero legale ........................................................... 47

4.7.3.2. Quorum necessario per approvare una deliberazione: maggioranza relativa dei presenti. ......... 47 4.7.3.2.1. Il problema degli astenuti. .................................................................................................. 47

4.7.4. Ammissione dei membri del Governo. .............................................................................................. 48 4.7.5. Votazioni. ........................................................................................................................................... 48 4.7.6. Ostruzionismo. ................................................................................................................................... 48

4.8. Scioglimento e proroga delle Camere. ....................................................................................................... 49 4.8.1. Scioglimento della camere. ................................................................................................................ 49

4.8.1.1.1. I casi in cui possono essere sciolte le Camere. ................................................................... 49 4.8.2. Prorogatio e proroga. ......................................................................................................................... 49

4.8.2.1. La prorogatio. ............................................................................................................................. 49 4.8.2.1.1. I poteri delle Camere in regime di prorogatio. ................................................................... 50

4.8.3. La proroga. ......................................................................................................................................... 50 4.9. Le elezioni politiche. ................................................................................................................................. 50

4.9.1. Sistemi elettorali. ............................................................................................................................... 50 4.9.1.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 50 4.9.1.2. Tipologia. ................................................................................................................................... 50

4.9.2. I partiti politici. .................................................................................................................................. 51 4.9.2.1. Nozione ...................................................................................................................................... 51 4.9.2.2. Divieti ......................................................................................................................................... 51

4.9.3. Il diritto al voto. ................................................................................................................................. 51 4.9.3.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 51 4.9.3.2. Caratteristiche. ........................................................................................................................... 52 4.9.3.3. Limitazione del diritto di voto .................................................................................................... 52

4.10. Lo status di Parlamentare. ....................................................................................................................... 53 4.10.1. Le condizioni per il conferimento dell’ufficio di parlamentare. ...................................................... 53

4.10.1.1. Le cause di incapacità. ............................................................................................................. 53 4.10.1.2. Le cause di ineleggibilità e di incompatibilità. ......................................................................... 53

4.10.1.2.1. Ineleggibilità ..................................................................................................................... 53 4.10.1.2.1.1. Nozione. .................................................................................................................... 53 4.10.1.2.1.2. Ratio.......................................................................................................................... 53 4.10.1.2.1.3. Casi. .......................................................................................................................... 53

4.10.1.2.2. L’incompatibilità. ............................................................................................................. 54 4.10.1.2.2.1. Nozione. .................................................................................................................... 54 4.10.1.2.2.2. Casi. .......................................................................................................................... 54

4.10.2. La verifica dei poteri. ....................................................................................................................... 54 4.10.3. Rapporto tra parlamentare e corpo elettorale. .................................................................................. 55

4.10.3.1. Il principio della rappresentanza nazionale. ............................................................................. 55 4.10.3.1.1. Rappresentanza politica. ................................................................................................... 55

4.10.3.2. Il divieto del mandato imperativo. ........................................................................................... 55 4.10.4. Prerogative dei parlamentari. ........................................................................................................... 56

4.10.4.1. Insindacabilità. ......................................................................................................................... 56 4.10.4.2. Immunità penale. ...................................................................................................................... 56

4.10.4.2.1. Ratio ................................................................................................................................. 57 4.10.4.3. Indennità. .................................................................................................................................. 57

4.10.5. Cessazione dell’ufficio di parlamentare. .......................................................................................... 58

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4.11. Le leggi. ................................................................................................................................................... 58 4.11.1. Nozione di legge. ............................................................................................................................. 58 4.11.2. Leggi formali, materiali e meramente formali. ................................................................................ 58

4.11.2.1. Legge in senso formale. ........................................................................................................... 58 4.11.2.1.1. Legge ordinaria. ................................................................................................................ 59

4.11.2.2. Legge in senso materiale. ......................................................................................................... 59 4.11.2.3. Leggi meramente formali. ........................................................................................................ 59

4.11.2.3.1. Leggi di indirizzo e di controllo ....................................................................................... 59 4.11.3. Riserve di legge................................................................................................................................ 61

4.11.3.1. Nozione. ................................................................................................................................... 61 4.11.3.2. Assoluta e relativa. ................................................................................................................... 61

4.11.3.2.1. Assoluta. ........................................................................................................................... 61 4.11.3.2.2. Relativa. ............................................................................................................................ 61

4.11.3.3. Rinforzata e semplice. .............................................................................................................. 61 4.11.3.4. Costituzionale. .......................................................................................................................... 61 4.11.3.5. Esplicita e implicita. ................................................................................................................. 62

4.12. Il procedimento legislativo per leggi ordinarie. ....................................................................................... 62 4.12.1. La fase di iniziativa. ......................................................................................................................... 62

4.12.1.1. Titolari del potere di iniziativa legislativa. ............................................................................... 62 4.12.1.1.1. Il Governo. ........................................................................................................................ 62 4.12.1.1.2. I singoli parlamentari. ....................................................................................................... 62 4.12.1.1.3. Il CNEL. ........................................................................................................................... 63 4.12.1.1.4. Il corpo elettorale. ............................................................................................................. 63 4.12.1.1.5. I Consigli regionali. .......................................................................................................... 63 4.12.1.1.6. I Consigli comunali .......................................................................................................... 63

4.12.1.2. Iniziativa vincolata o riservata. ................................................................................................ 63 4.12.1.3. Potere di ritirare il progetto e sorte dei progetti al termine della legislatura. ........................... 64

4.12.2. La fase costitutiva. ........................................................................................................................... 64 4.12.2.1. Procedimento ordinario (per commissione in sede referente). ................................................. 64

4.12.2.1.1. Deliberazione preliminare o preparatoria. ........................................................................ 64 4.12.2.1.2. Discussione in aula. .......................................................................................................... 65 4.12.2.1.3. Esame e approvazione di ogni singolo articolo ................................................................ 65 4.12.2.1.4. Votazione finale................................................................................................................ 65 4.12.2.1.5. Procedimento abbreviato. ................................................................................................. 65

4.12.2.2. Procedimento decentrato o deliberante (per commissione deliberante). .................................. 65 4.12.2.2.1. L’assegnazione del progetto alla commissione in sede deliberante. ................................. 66 4.12.2.2.2. La rimessione del progetto all’assemblea ordinaria.......................................................... 66

4.12.2.3. Il procedimento misto (o redigente). ........................................................................................ 66 4.12.3. La fase di integrazione dell’efficacia. .............................................................................................. 66

4.12.3.1. La promulgazione. .................................................................................................................... 66 4.12.3.1.1. Controllo di legittimità costituzionale e formale. ............................................................. 67 4.12.3.1.2. Termine ............................................................................................................................ 67

4.12.3.2. La pubblicazione. ..................................................................................................................... 67 4.12.3.3. Entrata in vigore. ...................................................................................................................... 68

4.13. Il procedimento legislativo per le leggi costituzionali e di modifica della Costituzione. ........................ 68 4.13.1. Generalità. ........................................................................................................................................ 68 4.13.2. Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale. .................................................................. 68

4.13.2.1. Legge di revisione costituzionale. ............................................................................................ 68 4.13.2.2. Legge costituzionale ................................................................................................................. 68

4.13.3. La procedura di revisione. ................................................................................................................ 69 4.13.3.1. Fase preparatoria o di iniziativa. .............................................................................................. 69 4.13.3.2. Fase costitutiva. ........................................................................................................................ 69 4.13.3.3. Fase di integrazione dell’efficacia. ........................................................................................... 69

4.13.4. Limiti assoluti alla revisione costituzionale. .................................................................................... 72 4.13.4.1. Limiti espliciti. ......................................................................................................................... 72 4.13.4.2. Limiti impliciti. ........................................................................................................................ 72

CAPITOLO 5° ........................................................................................................... 74

Gli istituti di democrazia diretta ........................................................................................................................ 74 5.1. La petizione. .............................................................................................................................................. 74 5.2. Il referendum popolare. ............................................................................................................................. 74

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5.2.1. Introduzione. ...................................................................................................................................... 74 5.2.2. Il referendum abrogativo di leggi statali. ........................................................................................... 75

5.2.2.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 75 5.2.2.2. Campo di applicazione del referendum abrogativo. ................................................................... 75 5.2.2.3. Procedura. .................................................................................................................................. 76 5.2.2.4. Vincolo preclusivo dell’abrogazione. ......................................................................................... 76

CAPITOLO 6° ........................................................................................................... 77

Il Governo ............................................................................................................................................................ 77 6.1. Nozione. ..................................................................................................................................................... 77

6.1.1. Caratteri. ............................................................................................................................................ 77 6.1.2. Funzioni. ............................................................................................................................................ 77

6.2. Gli organi del governo ............................................................................................................................... 78 6.2.1. Introduzione. ...................................................................................................................................... 78 6.2.2. Organi necessari. ................................................................................................................................ 78

6.2.2.1. ..................................................................................................................................................... 78 6.2.2.2. Presidente del Consiglio dei Ministri. ........................................................................................ 78

6.2.2.2.1. Nozione. ............................................................................................................................. 78 6.2.2.2.2. Nomina. .............................................................................................................................. 78 6.2.2.2.3. Posizione giuridica del Presidente rispetto ai Ministri. ...................................................... 78 6.2.2.2.4. Le attribuzioni. ................................................................................................................... 79 6.2.2.2.5. La responsabilità. ................................................................................................................ 80

6.2.2.2.5.1. Politica. ....................................................................................................................... 80 6.2.2.2.5.2. Giuridica ..................................................................................................................... 80 6.2.2.2.5.3. La sospensione dei processi nei confronti delle più alte cariche dello Stato............... 80

6.2.2.3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri. .................................................................................. 81 6.2.2.4. Il Consiglio dei Ministri ............................................................................................................. 81

6.2.2.4.1. Nozione .............................................................................................................................. 81 6.2.2.4.2. Attribuzioni ........................................................................................................................ 81

6.2.2.4.2.1. Funzione di indirizzo politico e amministrativo del Paese ......................................... 81 6.2.2.4.2.2. Decisione sulla politica normativa del Governo. ........................................................ 82 6.2.2.4.2.3. Determinazione dell’atteggiamento del Governo nei rapporti con le Regioni ............ 82 6.2.2.4.2.4. Soluzione delle divergenze e dei conflitti di attribuzione fra i Ministri ...................... 82

6.2.2.5. I Ministri. ................................................................................................................................... 82 6.2.2.5.1. Nozione. ............................................................................................................................. 82 6.2.2.5.2. Nomina ............................................................................................................................... 82 6.2.2.5.3. Attività e poteri dei Ministri. .............................................................................................. 82

6.2.2.5.3.1. Nell’ambito delle funzioni costituzionali .................................................................... 82 6.2.2.5.3.2. Nell’ambito delle funzioni amministrative ................................................................. 83

6.2.2.5.4. Responsabilità. ................................................................................................................... 83 6.2.2.5.4.1. Politica. ....................................................................................................................... 83 6.2.2.5.4.2. Giuridica. .................................................................................................................... 83

6.2.3. Gli organi non necessari. .................................................................................................................... 83 6.2.3.1. I vicepresidenti del Consiglio. .................................................................................................... 83 6.2.3.2. Ministri senza portafoglio. ......................................................................................................... 84 6.2.3.3. La figura del sottosegretario di Stato.......................................................................................... 84 6.2.3.4. Il Consiglio di Gabinetto ............................................................................................................ 84 6.2.3.5. Comitati interministeriali. .......................................................................................................... 85 6.2.3.6. Comitati di ministri. ................................................................................................................... 85

6.3. La formazione del Governo. ...................................................................................................................... 86 6.3.1. Le consultazioni. ................................................................................................................................ 86 6.3.2. Conferimento dell’incarico. ............................................................................................................... 86

6.3.2.1. Il mandato esplorativo. ............................................................................................................... 86 6.3.2.1.1. Preincarico. ......................................................................................................................... 87

6.3.2.2. Attività dell’incaricato................................................................................................................ 87 6.3.3. Nomina del nuovo Presidente del Consiglio. ..................................................................................... 87 6.3.4. Nomina dei Ministri ........................................................................................................................... 88 6.3.5. Il giuramento. ..................................................................................................................................... 88 6.3.6. La fiducia. .......................................................................................................................................... 88

6.3.6.1. La mozione di fiducia. ................................................................................................................ 88 6.3.6.1.1. La questione di fiducia. ...................................................................................................... 89

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6.4. Crisi di Governo, sfiducia individuale, revoca e rimpasto. ........................................................................ 90 6.4.1. Crisi di governo.................................................................................................................................. 90

6.4.1.1. Parlamentari. .............................................................................................................................. 91 6.4.1.1.1. Mozione o voto di sfiducia. ................................................................................................ 91 6.4.1.1.2. La sfiducia individuale. ...................................................................................................... 91

6.4.1.1.2.1. Rimpasto di governo. .................................................................................................. 91 6.4.1.2. Extraparlamentari. ...................................................................................................................... 92

6.4.2. Le dimissioni del Governo. ................................................................................................................ 92 6.4.2.1. Il Governo dimissionario. ........................................................................................................... 92

6.5. Gli atti aventi forza di legge. ..................................................................................................................... 92 6.5.1. Introduzione. ...................................................................................................................................... 92 6.5.2. I decreti legislativi o delegati. ............................................................................................................ 93

6.5.2.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 93 6.5.2.1.1. I contenuti della legge delega. ............................................................................................ 93

6.5.3. I decreti legge. .................................................................................................................................... 94 6.5.3.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 94 6.5.3.2. Formazione. ................................................................................................................................ 94

6.5.3.2.1. Deliberazione ...................................................................................................................... 94 6.5.3.2.2. Pubblicazione ..................................................................................................................... 94 6.5.3.2.3. Conversione. ....................................................................................................................... 94

6.5.3.2.3.1. La legge di conversione. ............................................................................................. 95 6.5.3.2.3.2. La legge di sanatoria o convalida. ............................................................................... 95

6.5.3.2.4. Il controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e di urgenza. ...................... 95 6.5.3.3. I limiti alla decretazione d’urgenza. ........................................................................................... 95

6.6. I decreti governativi. .................................................................................................................................. 96 6.7. I Regolamenti. ........................................................................................................................................... 96

6.7.1. In generale. ......................................................................................................................................... 96 6.7.1.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 96 6.7.1.2. Classificazione ........................................................................................................................... 96

6.7.2. I regolamenti governativi. .................................................................................................................. 97 6.7.2.1. I regolamenti governativi come fonti secondarie. ...................................................................... 97 6.7.2.2. La potestà del Governo di emanare regolamenti. ....................................................................... 98 6.7.2.3. Procedimento di formazione. ..................................................................................................... 98 6.7.2.4. Classificazioni ............................................................................................................................ 98

6.8. Gli atti politici. ........................................................................................................................................... 99 6.9. Gli atti di alta amministrazione. ................................................................................................................. 99

CAPITOLO 7° ......................................................................................................... 101

La Corte Costituzionale .................................................................................................................................... 101 7.1. Nozione e attribuzioni. ............................................................................................................................. 101 7.2. Composizione. ......................................................................................................................................... 101

7.2.1. Composizione ordinaria. .................................................................................................................. 101 7.2.2. Composizione per i giudizi d’accusa. .............................................................................................. 102 7.2.3. Il presidente della Corte Costituzionale. .......................................................................................... 102

7.2.3.1. Elezione. ................................................................................................................................... 102 7.2.3.2. Durata in carica. ....................................................................................................................... 102 7.2.3.3. Poteri. ....................................................................................................................................... 102

7.3. Lo status di giudice costituzionale. .......................................................................................................... 103 7.3.1. Incompatibilità, ................................................................................................................................ 103 7.3.2. Prerogative dei giudici costituzionali. .............................................................................................. 103

7.4. Funzionamento della Corte. ..................................................................................................................... 104 7.4.1. Pubblicità. ........................................................................................................................................ 104 7.4.2. Nei giudizi di legittimità costituzionale ........................................................................................... 104 7.4.3. Nei giudizi di accusa. ....................................................................................................................... 104

7.5. Il sindacato di legittimità delle leggi. ....................................................................................................... 104 7.5.1. Nozione. ........................................................................................................................................... 104 7.5.2. Caratteri. .......................................................................................................................................... 104 7.5.3. Ambito di applicazione. ................................................................................................................... 105

7.5.3.1. Atti soggetti al sindacato di costituzionalità. ............................................................................ 105 7.5.3.2. Atti non soggetti. ...................................................................................................................... 105

7.5.4. I vizi di legittimità costituzionale delle leggi. .................................................................................. 105

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7.5.4.1. Vizi formali. ............................................................................................................................. 106 7.5.4.2. Vizio materiale. ........................................................................................................................ 106

7.5.4.2.1. Vizio per incompetenza. ................................................................................................... 106 7.5.4.2.2. Eccesso di potere. ............................................................................................................. 106

7.5.5. Il procedimento per i giudizi di costituzionalità delle leggi ............................................................. 106 7.5.5.1. Generalità. ................................................................................................................................ 106 7.5.5.2. Il giudizio in via incidentale ..................................................................................................... 107

7.5.5.2.1. Presso il giudice a quo ...................................................................................................... 107 7.5.5.2.1.1. Proposizione della questione. ................................................................................... 107 7.5.5.2.1.2. Valutazione del giudice a quo. ................................................................................. 107 7.5.5.2.1.3. Decisione del giudice a quo. ..................................................................................... 107 7.5.5.2.1.4. Notifica e pubblicazione dell’ordinanza. .................................................................. 108

7.5.5.2.2. Presso il giudice ad quem. ................................................................................................ 108 7.5.5.3. Il giudizio in via principale (o in via d’azione). ....................................................................... 108 7.5.5.4. Il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato .......................................................... 109 7.5.5.5. Le decisioni della Corte Costituzionale. ................................................................................... 109

7.5.5.5.1. Le decisioni di rito o processuali. ..................................................................................... 109 7.5.5.5.2. Le decisione di merito. ..................................................................................................... 110

7.5.5.5.2.1. Sentenze di accoglimento ......................................................................................... 110 7.5.5.5.2.2. Sentenze di rigetto. ................................................................................................... 111 7.5.5.5.2.3. Sentenze interpretative. ............................................................................................. 111 7.5.5.5.2.4. Le sentenze monito. .................................................................................................. 112

7.6. I conflitti di attribuzione. ......................................................................................................................... 112 7.6.1. Nozione. ........................................................................................................................................... 112 7.6.2. I conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni. ................................................................................... 113 7.6.3. I conflitti di attribuzione fra i poteri supremi dello Stato. ................................................................ 113

7.6.3.1. Nozione .................................................................................................................................... 113 7.6.3.2. Condizioni. ............................................................................................................................... 114

CAPITOLO 8° ......................................................................................................... 115

La magistratura e la funzione giurisdizionale ................................................................................................. 115 8.1. Magistratura ............................................................................................................................................. 115

8.1.1. Nozione. ........................................................................................................................................... 115 8.1.2. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura. ........................................................................... 115

8.1.2.1. Il Consiglio superiore della Magistratura. ................................................................................ 115 8.1.2.1.1. Nozione ............................................................................................................................ 115 8.1.2.1.2. Natura giuridica. ............................................................................................................... 115 8.1.2.1.3. Composizione. .................................................................................................................. 115 8.1.2.1.4. Competenze. ..................................................................................................................... 116 8.1.2.1.5. L’amministrazione della giustizia..................................................................................... 116 8.1.2.1.6. La soggezione dei giudici alla legge. ................................................................................ 117

8.2. Funzione giurisdizionale. ......................................................................................................................... 117 8.2.1. La giurisdizione ordinaria e speciale. ............................................................................................... 117

8.2.1.1. La giurisdizione ordinaria. ....................................................................................................... 117 8.2.1.2. La giurisdizione speciale .......................................................................................................... 117

8.3. Il giusto processo (art 111 Cost.). ............................................................................................................ 118

CAPITOLO 9° ......................................................................................................... 120

Gli organi di rilievo costituzionale ................................................................................................................... 120 9.1. Introduzione. ............................................................................................................................................ 120 9.2. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). .................................................................... 120

9.2.1. Natura giuridica ............................................................................................................................... 120 9.2.2. Funzioni ........................................................................................................................................... 120 9.2.3. Composizione. ................................................................................................................................. 120

9.3. La Corte dei Conti. .................................................................................................................................. 121 9.3.1. Natura giuridica. .............................................................................................................................. 121 9.3.2. Struttura. .......................................................................................................................................... 121 9.3.3. La attribuzioni .................................................................................................................................. 122

9.3.3.1. Funzioni di controllo ................................................................................................................ 122

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9.3.3.2. Funzioni consultive. ................................................................................................................. 122 9.3.3.2.1. Funzioni giurisdizionali .................................................................................................... 122

9.4. Il Consiglio di Stato. ................................................................................................................................ 122 9.5. Il Consiglio della magistratura militare ................................................................................................... 123 9.6. Il Consiglio supremo di difesa. ................................................................................................................ 123

9.6.1. Caratteri ........................................................................................................................................... 123 9.6.2. Composizione. ................................................................................................................................. 124 9.6.3. Competenze ..................................................................................................................................... 124

CAPITOLO 10° ....................................................................................................... 125

I principi e le libertà previste dalla Costituzione ............................................................................................ 125 10.1. Generalità. .............................................................................................................................................. 125 10.2. Principi fondamentali. ............................................................................................................................ 125

10.2.1. Art. 1. ............................................................................................................................................. 125 10.2.2. Art. 2. ............................................................................................................................................. 126 10.2.3. Art. 3. ............................................................................................................................................. 127

10.2.3.1. Principio di uguaglianza formale. .......................................................................................... 127 10.2.3.2. Principio di uguaglianza sostanziale. ..................................................................................... 128

10.2.4. Art. 4: ............................................................................................................................................. 128 10.2.5. Art. 5. ............................................................................................................................................. 129 10.2.6. Art. 6 .............................................................................................................................................. 130 10.2.7. Art. 7. ............................................................................................................................................. 131 10.2.8. Art. 8. ............................................................................................................................................. 132 10.2.9. Art. 9 .............................................................................................................................................. 133 10.2.10. Art. 10. ......................................................................................................................................... 133 10.2.11. Art. 11. ......................................................................................................................................... 135 10.2.12. Art. 12. ......................................................................................................................................... 136

10.3. Rapporti civili. ....................................................................................................................................... 136 10.3.1. La libertà personale. ....................................................................................................................... 136 10.3.2. La libertà di domicilio. ................................................................................................................... 138 10.3.3. La libertà e la segretezza della corrispondenza. ............................................................................. 138 10.3.4. La libertà di circolazione e soggiorno.. .......................................................................................... 139 10.3.5. La libertà di riunione. ..................................................................................................................... 139 10.3.6. La libertà di associazione. .............................................................................................................. 139 10.3.7. La libertà di fede religiosa. ............................................................................................................ 139 10.3.8. La libertà di pensiero e di comunicazione. ..................................................................................... 140 10.3.9. La libertà di stampa. ....................................................................................................................... 140 10.3.10. Impossibilità di limitare la capacità giuridica e di imporre prestazioni se in forza di legge. ....... 141 10.3.11. Principi in materia processuale e panale. ..................................................................................... 142 10.3.12. La responsabilità degli impiegati pubblici. .................................................................................. 143

10.4. Rapporti etico sociali. ............................................................................................................................ 143 10.4.1. La famiglia. .................................................................................................................................... 143 10.4.2. Il diritto alla salute. ........................................................................................................................ 143 10.4.3. L’istruzione scolastica.................................................................................................................... 144

10.5. Rapporti economici. ............................................................................................................................... 145 10.5.1. La tutela costituzionale del lavoro. ................................................................................................ 145 10.5.2. La liberta sindacale e il diritto di sciopero. .................................................................................... 146 10.5.3. La libertà di iniziativa economica e privata. .................................................................................. 147 10.5.4. La proprietà. ................................................................................................................................... 148 10.5.5. La tutela dell’artigianato. ............................................................................................................... 148 10.5.6. La tutela del risparmio. .................................................................................................................. 149

10.6. Rapporti politici. .................................................................................................................................... 149 10.6.1. Il diritto al voto. ............................................................................................................................. 149 10.6.2. I partiti politici. .............................................................................................................................. 149 10.6.3. La possibilità di accedere ai pubblici uffici. .................................................................................. 149 10.6.4. La difesa della patria ...................................................................................................................... 149 10.6.5. La capacità contributiva. ................................................................................................................ 149 10.6.6. Il dovere di fedeltà alla Repubblica. .............................................................................................. 150

CAPITOLO 11° ....................................................................................................... 151

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Cenni di Diritto degli enti locali ....................................................................................................................... 151 11.1. Introduzione ........................................................................................................................................... 151

11.1.1. La Classificazione degli Enti Locali .............................................................................................. 152 11.2. Le Regioni ............................................................................................................................................. 152

11.2.1. Nozione. ......................................................................................................................................... 152 11.2.2. Le autonomie delle regioni. ........................................................................................................... 152

11.2.2.1. L’autonomia statutaria. ........................................................................................................... 153 11.2.2.1.1. Gli Statuti delle Regioni speciali. ................................................................................... 153 11.2.2.1.2. Gli Statuti delle Regioni ordinarie. ................................................................................. 153

11.2.2.1.2.1. Contenuto. ............................................................................................................... 153 11.2.2.1.2.2. Procedimento di approvazione. ............................................................................... 154

11.2.2.2. L’autonomia legislativa. ......................................................................................................... 154 11.2.2.2.1. La ripartizione delle Competenza tra Stato e Regioni. ................................................... 154 11.2.2.2.2. Il procedimento di formazione delle leggi regionali. ...................................................... 155 11.2.2.2.3. I limiti all’attività legislativa regionale. .......................................................................... 156 11.2.2.2.4. Il rapporto fra la legge statale e quella regionale. ........................................................... 156

11.2.2.3. L’autonomia regolamentare. .................................................................................................. 157 11.2.2.4. L’autonomia finanziaria. ........................................................................................................ 157

11.2.2.4.1. Introduzione .................................................................................................................... 157 11.2.2.4.2. La finanza ordinaria ........................................................................................................ 157 11.2.2.4.3. Il fondo perequativo. ...................................................................................................... 158 11.2.2.4.4. La finanza straordinaria. ................................................................................................. 158

11.2.3. Il sistema di governo regionale. ..................................................................................................... 159 11.2.3.1. Il Consiglio regionale. ............................................................................................................ 159

11.2.3.1.1. Nozione. ......................................................................................................................... 159 11.2.3.1.2. Funzioni. ......................................................................................................................... 159 11.2.3.1.3. Metodo di elezione e durata ............................................................................................ 159 11.2.3.1.4. La status di consigliere regionale. .................................................................................. 159 11.2.3.1.5. Composizione. ................................................................................................................ 160

11.2.3.2. La Giunta regionale. ............................................................................................................... 160 11.2.3.2.1. Nozioni e funzioni. ......................................................................................................... 160 11.2.3.2.2. Metodo di elezione. ........................................................................................................ 160

11.2.3.3. Il Presidente della Regione. .................................................................................................... 160 11.2.3.3.1. Poteri .............................................................................................................................. 160 11.2.3.3.2. Elezione. ......................................................................................................................... 160 11.2.3.3.3. Rieleggibilità .................................................................................................................. 161 11.2.3.3.4. Mozioni di sfiducia. ........................................................................................................ 161

11.2.3.3.4.1. La rimozione del Presidente. .................................................................................. 161 11.2.3.3.4.2. Il procedimento di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica............. 161

11.2.4. I raccordi tra lo Stato e le regioni: le Conferenze permanenti ........................................................ 161

CAPITOLO 12° ....................................................................................................... 163

L’ONU ................................................................................................................................................................ 163 12.1. L’ONU ................................................................................................................................................... 163

12.1.1. Gli organi principali ....................................................................................................................... 163 12.1.1.1. Il Consiglio di Sicurezza ........................................................................................................ 163

12.1.1.1.1. Le decisione vincolanti ................................................................................................... 163 12.1.1.2. L’Assemblea generale ............................................................................................................ 164

12.1.1.2.1. Le decisioni vincolanti ................................................................................................... 164 12.1.1.3. I Consiglio economico e sociale ............................................................................................. 164 12.1.1.4. Il segretario generale .............................................................................................................. 164 12.1.1.5. La Corte Internazionale di Giustizia ...................................................................................... 164

12.1.2. Gli organi sussidiari ....................................................................................................................... 164 12.2. Gli Istituti specializzati delle Nazioni Unite. ......................................................................................... 165

CAPITOLO 13° ....................................................................................................... 167

Nozioni elementari di Diritto Comunitario ..................................................................................................... 167 13.1. I Trattai dell’unione europea .................................................................................................................. 167 13.2. Gli stati membri ..................................................................................................................................... 168

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13.3. Il Consiglio europeo. ............................................................................................................................. 169 13.3.1. Composizione. ............................................................................................................................... 169 13.3.2. Competenze.................................................................................................................................... 169

13.3.2.1. Generali. ................................................................................................................................. 169 13.3.2.2. Specifiche. .............................................................................................................................. 170

13.4. Le istituzioni comunitarie ...................................................................................................................... 170 13.5. Parlamento europeo ............................................................................................................................... 171

13.5.1. Composizione ................................................................................................................................ 171 13.5.1.1. I parlamentari. ........................................................................................................................ 171

13.5.1.1.1. Il sistema elettorale. ........................................................................................................ 172 13.5.1.1.1.1. Sistema originario, .................................................................................................. 172 13.5.1.1.1.2. Modiche apportate nel 1979. .................................................................................. 172 13.5.1.1.1.3. Modiche apportate nel 2002. .................................................................................. 172 13.5.1.1.1.4. Verifica dei poteri ................................................................................................... 173

13.5.1.1.2. Immunità dei parlamentari.............................................................................................. 173 13.5.1.2. Il Segretario e il Segretario generale. ..................................................................................... 173 13.5.1.3. Il Presidente e il Vicepresidente e i Questori. ........................................................................ 173 13.5.1.4. Gli organi del Parlamento....................................................................................................... 174

13.5.1.4.1. L’Ufficio di Presidenza .................................................................................................. 174 13.5.1.4.2. La Conferenza dei Presidenti. ......................................................................................... 174

13.5.1.5. Le Commissioni. .................................................................................................................... 174 13.5.1.5.1. Procedura. ....................................................................................................................... 174

13.5.1.6. Le Delegazioni parlamentari. ................................................................................................. 174 13.5.2. Funzionamento. .............................................................................................................................. 175

13.5.2.1. Le procedure di voto. ............................................................................................................. 175 13.5.3. Poteri del Parlamento. .................................................................................................................... 175

13.5.3.1. I poteri deliberativi. ................................................................................................................ 175 13.5.3.2. I poteri di controllo. ................................................................................................................ 175

13.5.3.2.1. Controllo sugli atti. ......................................................................................................... 175 13.5.3.2.2. Controllo sulle istituzioni. .............................................................................................. 176

13.5.3.2.2.1. Nei confronti della Commissione ........................................................................... 176 13.5.3.2.2.2. Nei confronti del Consiglio. .................................................................................... 176

13.5.3.2.3. Controllo sul complesso dell’apparato amministrativo comunitario .............................. 176 13.6. La Commissione .................................................................................................................................... 177

13.6.1. Caratteri. ........................................................................................................................................ 177 13.6.2. Il procedimento di nomina. ............................................................................................................ 177 13.6.3. Composizione. ............................................................................................................................... 178

13.6.3.1. Presidente e vicepresidenti ..................................................................................................... 178 13.6.4. Status dei membri della commissione ............................................................................................ 178 13.6.5. Durata del mandato. ....................................................................................................................... 178 13.6.6. Funzionamento. .............................................................................................................................. 178 13.6.7. Attribuzione e poteri. ..................................................................................................................... 179

13.6.7.1. Introduzione. .......................................................................................................................... 179 13.6.7.2. Le funzioni di proposta (o di iniziativa normativa). ............................................................... 179 13.6.7.3. La funzione esecutiva. ............................................................................................................ 179

13.6.7.3.1. Atti di esecuzione. .......................................................................................................... 179 13.6.7.3.1.1. Comitatologia. ........................................................................................................ 180

13.6.7.4. Funzioni di vigilanza. ............................................................................................................. 180 13.6.7.5. La funzione di rappresentanza. ............................................................................................... 181

13.7. Il Consiglio dell’Unione europea ........................................................................................................... 181 13.7.1. Cenni generali. ............................................................................................................................... 181 13.7.2. Composizione. ............................................................................................................................... 181

13.7.2.1. Il Consiglio dell’unione nella composizione dei capi di Stato o di Governo. ........................ 181 13.7.2.1.1. Competenze. ................................................................................................................... 182

13.7.3. Organizzazione interna. ................................................................................................................. 182 13.7.3.1. La presidenza. ........................................................................................................................ 182 13.7.3.2. Il Segretario Generale. ............................................................................................................ 182

13.7.4. Il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati (COREPER). .............................................. 183 13.7.4.1. Competenze. ........................................................................................................................... 183

13.7.5. Sistemi di votazione del Consiglio. ................................................................................................ 183 13.7.5.1. L’unanimità. ........................................................................................................................... 183 13.7.5.2. Maggioranza semplice, ........................................................................................................... 184 13.7.5.3. Maggioranza qualificata. ........................................................................................................ 184

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13.7.5.3.1. Le reti di sicurezza. ......................................................................................................... 184 13.7.6. Attribuzione e poteri. ..................................................................................................................... 184

13.8. L’ordinamento giuridico comunitario .................................................................................................... 185 13.8.1. Introduzione. .................................................................................................................................. 185 13.8.2. Diritto originario. ........................................................................................................................... 185

13.8.2.1. I principi del diritto comunitario. ........................................................................................... 186 13.8.2.1.1. Il rispetto dei principi fondamentali della persona ......................................................... 186

13.8.2.1.1.1. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. .......................................... 186 13.8.2.1.2. Il principio della certezza del diritto. .............................................................................. 187 13.8.2.1.3. Il principio del legittimo affidamento ............................................................................. 187 13.8.2.1.4. Il principio di democraticità ........................................................................................... 187 13.8.2.1.5. Il principio di eguaglianza. ............................................................................................. 187 13.8.2.1.6. Il principio dell’effetto utile. .......................................................................................... 187 13.8.2.1.7. Il criterio dell’interpretazione conforme ......................................................................... 187 13.8.2.1.8. Il principio della leale cooperazione ............................................................................... 187

13.8.3. Diritto derivato. .............................................................................................................................. 187 13.8.3.1. Gli atti vincolanti. ................................................................................................................... 188

13.8.3.1.1. Regolamenti CE (e Euratom). ........................................................................................ 188 13.8.3.1.1.1. Nozione. .................................................................................................................. 188 13.8.3.1.1.2. Caratteri .................................................................................................................. 188 13.8.3.1.1.3. Il procedimento di formazione. ............................................................................... 189 13.8.3.1.1.4. Requisiti formali. .................................................................................................... 189 13.8.3.1.1.5. Pubblicità ed entrata in vigore. ............................................................................... 189

13.8.3.1.2. Direttive CE (e Euratom). ............................................................................................... 189 13.8.3.1.2.1. Nozione. .................................................................................................................. 189 13.8.3.1.2.2. Caratteristiche. ........................................................................................................ 189 13.8.3.1.2.3. Le direttive dettagliate. ........................................................................................... 190 13.8.3.1.2.4. Procedimento di formazione. .................................................................................. 190 13.8.3.1.2.5. Requisiti formali. .................................................................................................... 190 13.8.3.1.2.6. Pubblicità ed entrata in vigore. ............................................................................... 190 13.8.3.1.2.7. La misure nazionali di attuazione e ........................................................................ 190

13.8.3.1.3. Decisioni. ........................................................................................................................ 191 13.8.3.1.3.1. Nozione. .................................................................................................................. 191 13.8.3.1.3.2. Caratteristiche. ........................................................................................................ 191 13.8.3.1.3.3. Natura giuridica ...................................................................................................... 191 13.8.3.1.3.4. Requisiti formali. .................................................................................................... 191 13.8.3.1.3.5. Procedimento di formazione. .................................................................................. 192 13.8.3.1.3.6. Pubblicità ed entrata in vigore. ............................................................................... 192

13.8.3.2. Gli atti non vincolanti. ............................................................................................................ 192 13.8.3.2.1. Soggetti legittimati. ........................................................................................................ 192 13.8.3.2.2. Destinatari ...................................................................................................................... 192 13.8.3.2.3. Pubblicità ........................................................................................................................ 192 13.8.3.2.4. Raccomandazioni (CE e Euratom). ................................................................................ 192 13.8.3.2.5. Pareri. ............................................................................................................................. 193

13.8.3.3. Altri atti. ................................................................................................................................. 193 13.9. Gli organismi comunitari ....................................................................................................................... 194

13.9.1. Il Mediatore. ................................................................................................................................... 194 13.9.1.1. Nozioni ................................................................................................................................... 194 13.9.1.2. Nomina e durata ..................................................................................................................... 194

13.9.2. La Banca europea per gli investimenti il Sistema europeo delle banche centrali e la Banca centrale

europea. ...................................................................................................................................................... 194 13.9.3. I Comitati. ...................................................................................................................................... 195

13.9.3.1. Il Comitato economico e sociale (CES). ................................................................................ 195 13.9.3.2. Il Comitato delle Regioni. ...................................................................................................... 195