Istituzioni Di Diritto Pubblico Riassunto Diritto Costituzionale ARCIDIACONO CARULLO RIZZA

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Istituzioni di diritto pubblico Estratto dall’omonimo testo (terza edizione) dei professori ARCIDIACONO- CARULLO-RIZZA.

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Istituzioni di diritto pubblico

Estratto dall’omonimo testo (terza edizione) dei

professori ARCIDIACONO- CARULLO-RIZZA.

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Istituzioni di diritto pubblico

Indice

PARTE PRIMA – DIRITTO COSTITUZIONALE Le fonti ........................................................................................................... pag. 4 Il corpo elettorale ........................................................................................... pag. 12 La persona nella costituzione A) L’autonomia della persona........................................................................ pag. 14 B) Le formazioni sociali................................................................................. pag. 16 C) I doveri costituzionali................................................................................ pag. 17 Il Parlamento .................................................................................................. pag. 19 Le funzioni delle Camere ............................................................................... pag. 23 Il Presidente della Repubblica........................................................................ pag. 27 Il Governo....................................................................................................... pag. 29 Gli organi ausiliari.......................................................................................... pag. 32 Il potere giurisdizionale.................................................................................. pag. 34 La Corte Costituzionale.................................................................................. pag. 36

PARTE SECONDA – DIRITTO AMMINISTRATIVO

La funzione amministrativa............................................................................ pag. 42 L’organizzazione amministrativa................................................................... pag. 43 La capacità di agire nella pubblica amministrazione ..................................... pag. 45 Provvedimenti e meri atti amministrativi....................................................... pag. 45 I vizi degli atti amministrativi ........................................................................ pag. 49 I mezzi della pubblica amministrazione......................................................... pag. 52 La responsabilità della pubblica amministrazione ......................................... pag. 55

PARTE TERZA – LA TUTELA NEI CONFRONTI DELLA P. A.

I ricorsi amministrativi ................................................................................... pag. 57 I ricorsi giurisdizionali amministrativi........................................................... pag. 58 Il ricorso alla giurisdizione ordinaria nei confronti della P.A. ...................... pag. 60

PARTE QUARTA – IL DECENTRAMENTO POLITICO – REGIONALE

La riforma del titolo V della Costituzione ..................................................... pag. 62

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PARTE PRIMA

DIRITTO COSTITUZIONALE

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PARTE PRIMA DIRITTO COSTITUZIONALE

LE FONTI

1) I significati del termine costituzione: dal punto di vista della resistenza formale che la stessa oppone alle modifiche, essa

suona a distinguersi in flessibile e rigida; in ordine al fondamento politico distinguiamo una costituzione concessa o votata; Quanto al contenuto possiamo distinguere una costituzione corta o lunga; infine dal punto di vista storico parliamo di costituzioni liberali, a democrazia

socialista, eccetera. 2) le leggi di revisione costituzionale: esse possono trattarsi di una modificazione

di un qualsiasi dettato del testo costituzionale; 3) le altre leggi costituzionali : sono le leggi che pur non toccando il testo

originario ,si rifanno ad esso ,soprattutto per quelle parti “aperte” nelle quali è stato previsto un ambito di intervento delle camere o l’approvazione di un testo del tutto nuovo.

4) le fonti di provenienza extrastatale: il principio dell’adattamento automatico al diritto internazionale e i procedimenti di adattamento al diritto pattizio.

All’interno della comunità internazionale sono state e sono prodotte norme che contribuiscono a renderne possibile una vita relativamente ordinato.

Secondo l’articolo 10 cost. l’ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale; infatti per il solo fatto, cioè l’esistenza di una norma internazionale, nel nostro ordinamento nasce una norma di contenuto corrispondente a quello della norma internazionale: è questo il cosiddetto adattamento automatico del diritto interno al diritto internazionale.

I procedimenti di adattamento al diritto pattizio sono quelli che scaturiscono dai singoli impegni internazionali dello stato. Il procedimento si articola in due momenti principali: la ratifica cioè l’approvazione dell’accordo negoziato è concluso dai rappresentanti degli stati; e l’ordine di esecuzione che viene ricostruito come un rinvio fisso avente ad oggetto il contenuto del singolo trattato. Scopo è la produzione mediante rinvio di norme interne corrispondenti a quelle pattizie il che accade quando le norme pattizie hanno carattere auto applicativo, c’è chi non richiedono l’emanazione di ulteriori norme per la loro attuazione. Quando invece manca il suddetto carattere il procedimento si basa sulla dotazione di regole adeguate all’adempimento dell’impegno assunto sul piano internazionale (procedimento ordinario di adattamento).

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5) i regolamenti hanno portata generale, sono vincolanti in ogni loro elemento e sono direttamente applicabili in ciascuno degli stati aderenti . la corte costituzionale ha deciso che essendovi prevalenza della norma comunitaria su quella nazionale nel caso siano configgenti, i giudici devono applicare la prima fonte. Per quanto riguarda i limiti eventualmente imposti al parlamento dai regolamenti ,la questione è stata risolta dall’articolo 11 cost. nella parte in cui si afferma che l’Italia consente ,in condizioni di parità con gli altri stati ,alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni. A differenza dei regolamenti le direttive comunitarie sono indirizzate agli stati aderenti ai quali spetta eseguirle, scegliendo in via legislativa , regolamentare o con atti amministrativi generali , gli strumenti occorrenti per il conseguimento degli scopi fissati in sede comunitaria. La direttiva crea solo un obbligo comunitario di adempimento per lo Stato. Uno strumento particolare è stato introdotto dalla legge 9/3/1989 n. 86 (legge la Pergola ): la legge nazionale è preordinata al periodico adeguamento dell’ordinamento italiano a quello comunitario.

6) riserva di legge : l’origine del principio della riserva di legge risale al passaggio dallo stato assoluto allo stato costituzionale tuttavia essa non è venuta meno nella nostra repubblica parlamentare; naturalmente né è stato modificato il profilo garantista. Permane il significato originario di impedire interventi normativi dell’esecutivo nelle materie coperte dal principio della riserva di legge , ovviamente con finalità di garanzia nei confronti di cittadini . Inoltre è presidio per impedire al parlamento di derogare con proprie leggi al principio delle riparto delle competenze. Il controllo sul corretto processo politico e sulla legittimo svolgimento del rapporto tra costituzione e legge può essere esercitato mediante il sindacato della corte costituzionale . distinguiamo le riserve di legge in assoluta (e la costituzione individua campi in cui l’intervento della legge deve essere pressoché totale ); rinforzata (non solo in talune materie è voluta la disciplina esclusiva con legge, ma ne viene determinato anche il fine e il contenuto; relativa (la costituzione, pur prescrivendo l’obbligatorietà di disciplina con legge, ammette che quest’ultima possa riguardare i principi fondamentali della materia, delegando ad altri ordini di disciplina di norme e con norme di secondo grado. Nei casi in cui fosse possibile individuare ipotesi di prescrizioni costituzionali in cui alla legge è vietato di coprire con la propria disciplina l’intera materia, si parlerebbe allora di riserve di legge relative necessarie; se infine la riserva di legge attiene all’intervento con legge costituzionale tutte le volte in cui la disciplina della materia è prevista dalla costituzione attraverso tale fonte, si parla allora di riserva di legge costituzionale.

7) il procedimento di formazione della legge: il principio comune ad ogni atto pubblico è che la formazione sia retta da un procedimento che si articola in diverse fasi:

l’iniziativa è costituita dall’ atto con il quale si induce il potere ad attivare le proprie attribuzioni. L’articolo 71 cost. conferisce le iniziative al governo, a ciascun componente delle camere e al popolo; quest’ultimo proposta deve

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essere sottoscritta da non meno di cinquantamila elettori; l’iniziativa è conferita inoltre agli organi e ambienti ai quali viene conferita da legge costituzionale. L’iniziativa spetta anche al CNEL (articolo 99), alle regioni (articolo 121) e ai comuni (articolo 133). Per quanto riguarda l’iniziativa parlamentare l’articolo 67 dà una posizione forte al parlamentare quale rappresentante dell’intera collettività lasciando quindi libero di orientare il proprio atteggiamento nella direzione in cui ritiene di potere cogliere l’interesse generale e di perseguirlo. L’iniziativa legislativa del governo, esercitata in base alla legge 400/88 con deliberazione del consiglio dei ministri , è considerata la più incisiva anche se non la più importante. La fase costitutiva del procedimento di formazione della legge, che perviene esclusivamente ad entrambe le camere in base ai dettati degli articoli 70 e 72 della costituzione e dei regolamenti camerali, consiste nella determinazione del contenuto della legge individuato utilizzando tre diversi tipi di procedimento: A) il procedimento normale o ordinario (art. 72) vede un disegno di legge

esaminato prima da una commissione e poi dalla camera stessa che lo approva articolo per articolo e con una votazione finale;

B) il procedimento abbreviato viene autorizzato per quei disegni di legge dichiarate urgenti in base a richiesta del governo; esso segue lo stesso schema di approvazione del procedimento normale distinguendosi da esso però per una maggiore celerità dovuta alla riduzione dei termini;

C) il procedimento decentrato vede la commissione competente assorbire delle attività rimesse al plenum e agire in sede deliberante . in tal caso l’ordinamento prevede maggiori garanzie che consistono nella pubblicità dei lavori delle commissioni e soprattutto nella possibilità che ,fino al momento dell’approvazione definitiva del progetto di legge ,il governo , un decimo dei componenti della camera , ed un quinto dei componenti della commissione chiedano il trasferimento innanzi al plenum;

D) Il procedimento misto vede la commissione legislativa procedere allo svolgimento di tutte le attività inerenti l’approvazione della legge, rimettendo la stessa alla assemblea soltanto per la votazione finale con le sole dichiarazioni di voto;

Infine un ulteriore garanzia consiste nel fatto che il procedimento ordinario deve essere adottato per l’approvazione dei disegni di leggi concernenti materia costituzionale ed elettorale, per quelli di legge di delegazione legislativa, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi (articolo 72).

8) la fase integrativa dell’efficacia è una fase successiva alla approvazione definitiva della legge che la vede oggetto di attività e di interventi di differente natura tutti convergenti ad imprimere alla medesima l’efficace è proprio per che essa è mentre nell’ordinamento giuridico secondo la specie e la sostanza propri; fornendo così alla legge i requisiti indispensabili perché essa si trasformi in precetto in grado di venire a applicato ;

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9) la promulgazione spetta al capo dello stato (articolo 73). Riguardo la promulgazione vi sono opposte opinioni circa la sua natura legislativa, si ritiene comunque che la promulgazione consiste in un atto tipicamente presidenziale che si aggiunge alle conformi deliberazioni delle camere per conferire alla legge la qualità di un atto che ,ad opera del capo dello stato ,sì depurare del processo politico anche di contrasto fra le parti .

10) la pubblicazione della legge è finalizzata alla divulgazione della stessa e ad essa viene legata l’operatività dell’atto ( articolo 73 ,123 e 127, 138).

11) il decreto legislativo esplicitamente contemplato nell’articolo 76 della costituzione , va annoverato tra gli atti con valore di legge per il precisa al riferimento che fa il testo legge fondamentale e le conseguenze che esso vanno desunte. La titolarità della funzione legislativa resta alle camere le quali conferiscono l’esercizio di essa al governo. Nel testo della legge di delegazione deve essere necessariamente indicato: il contenuto, cioè l’oggetto ovvero le materie genericamente indicate senza però mancare del tutto o essere vaga; il tempo, cioè il periodo entro il quale il governo deve concludere la propria attività; i principi e i criteri direttivi ovvero le coordinate in base alle quali l’organo esecutivo deve legiferare ; l’eventualità per la quale il decreto legislativo non rispetti le previsioni della legge di delegazione , denominata eccesso di delega , è accertabile dalla corte costituzionale per lesione dell’articolo 76 , quindi la violazione dei limiti posti dalla legge di delega produce la illegittimità del decreto legislativo.

12) Il decreto-legge viene disciplinata dall’articolo 77 e rappresenta il secondo dei provvedimenti normativi del governo ,espressamente indicati come a atti aventi valore di legge. Con il decreto legge il governo pone in essere una attività normativa singolare , dovendo provvedere alla necessità e per l’urgenza di fronteggiare una qualsiasi evenienza che meriti adeguata, seppur provvisoria, disciplina con un atto che abbia la medesima capacità di innovare l’ordinamento giuridico. La sua vigenza non può superare i 60 giorni dall’emanazione entro i quali ha piena efficacia pari alla legge e, peraltro, entro lo stesso termine le camere hanno facoltà di convertire in legge, eventualmente modificandolo, il provvedimento dell’Esecutivo modificando la provvisorietà degli effetti nella definitività che è propria della legge ; altrimenti l’efficacia del decreto legge viene travolto fin dall’apparire dell’atto nell’ordinamento riconducendo e disciplinando tutte le situazioni anteriori al provvedimento governativo mediante le disposizioni vigenti prima del decreto legge. Per quanto riguarda la reiterazione del decreto-legge non convertito nel termine di 60 giorni, ovvero la ripresentazione dell’ atto non convertito, essa è stata dichiarata dalla corte costituzionale illegittima costituzionalmente poiché elude la natura provvisoria del provvedimento normativo ; e invita la sanzione della perdita di efficacia dal momento dell’emanazione del decreto-legge ;che attenuano i principi regolatori dei rapporti tra i poteri secondo la nostra forma di governo .

13) Il referendum abrogativo (articolo 75) è uno strumento mediante il quale il corpo elettorale può esercitare una delle proprie funzioni deliberative ovvero

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quella di abrogare ,totalmente o in parte, una legge o un atto avente forza a questa equiparata. Il presidente della repubblica con proprio decreto dichiara la avvenuto abrogazione della legge o dell’atto avente forza di legge ; tale abrogazione ha effetto decorre dal giorno successivo a alla pubblicazione anche se, su proposta del ministro interessato e del consiglio dei ministri, l’entrata in vigore può essere posticipata fino un massimo di 60 giorni. Il referendum va considerato come vera e propria fonte del diritto con forza pari a quella dell’atto che esso è in grado di abrogare.

14) I regolamenti governativi (articolo 87) ( ex legge 100 /1926; nova legge 400/1988) sono atti aventi il rango di norme subordinate alla legge ,secondo il principio della gerarchia tra gli atti normativi. Si tratta di provvedimenti del governo ,di cui la costituzione presuppone l’esistenza, che condividono la natura degli atti amministrativi sotto il profilo formale manifestando ,però, una potestà dell’organo esecutivo a contenuto normativo. Vengono deliberati dal consiglio dei ministri ,su parere, seppure non vincolante, del consiglio di stato da aversi entro 90 giorni, e successivamente promulgati dal presidente della repubblica con proprio decreto. Distinguiamo cinque diverse tipologie di regolamenti governativi: A) i regolamenti di esecuzione sono atti normativi idonei e necessari dare

esecuzione alle leggi e ai decreti legislativi, destinate a specificare punti della legge lasciati alla mera esecuzione tecnica da parte del governo;

B) i regolamenti di attuazione e di integrazione delle leggi e dei decreti legislativi sono destinate ad operare nelle materie coperte da riserva relativa di legge per le quale queste ultime possono limitarsi di dettare i principi lasciando la parte non disciplinata dalla legge all’intervento dei regolamenti governativi ;

C) i regolamenti indipendenti o autonomi sono previsti nei casi in cui le materie ,non coperte da riserva di legge ,non risultino disciplinati da atti di normazione primaria; è importante evidenziare a tale proposito che mediante i suddetti regolamenti il governo avrebbe facoltà di legiferare, infatti il dibattito sull’ammissibilità di tale tipo di regolamento è ancora in auge;

D) i regolamenti di un organizzazione sono relativi all’organizzazione, appunto, al funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Formalmente, non sono per nulla diverse ai regolamenti di attuazione ed integrazione delle leggi e dei decreti legislativi se non per le materie nelle quali sono destinati ad intervenire ;

E) i regolamenti delegati o autorizzati riguardano materie, non coperte da riserva di legge assoluta , nelle quali una legge del parlamento autorizza il governo ad intervenire con potestà normativa. In tal caso la potestà regolamentare del governo determina l’abrogazione delle norme disciplinanti la materia nel momento in cui il nuovo regolamento intervenga a disciplinare la stessa. Il suddetto fenomeno consistente nella possibilità del regolamento di manifestare i propri effetti a causa della coincidente abrogazione della disciplina legislativa della materia e

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denominato delegificazione. Da sottolineare ,però ,è che l’abrogazione della precedente legge è disposta dalla legge di autorizzazione che disciplina pure i principi fondamentali ai quali regolamento delegato poi autorizzato deve attenersi ,e non dallo stesso regolamento .

15) La consuetudine è una fonte-fatto del diritto non nasce da un atto di autorità,

bensì da un comportamento a cui ne fanno seguito altri e altri ancora fino al maturarsi della convinzione che quel comportamento occorre uniformarsi in quanto obbligo giuridico. Anche in campo costituzionale può darsi il fatto di una consuetudine come ad esempio nella formazione del governo: sono consuetudine, e non legge, le consultazioni del capo dello stato con i rappresentanti dei partiti politici o di associazioni per la formazione del nuovo governo in seguito ad elezioni politiche oppure in caso di crisi di governo. In tal caso si parla di consuetudine costituzionale; si verifica per lacunosità di qualche disposizione costituzionale voluta, talvolta, per consentire l’instaurazione di precedenti oppure si verifica in relazione all’organizzazione costituzione in cui le regole sono dettate anche dalla disciplina che rapporti fra le forze politiche e sociale tendono a darsi attraverso una ripetizione di comportamenti che si consolidano. La forza da riconoscere ad essa è quella di una fonte non subordinata alla legge, ma sovraordinata, divenendo la stessa parametro di giudizio di costituzionalità di un eventuale legge che ne contraddica i principi, ed è per questo che viene più volte invocate quale fonte integrativa delle norme costituzionali per risolvere conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato.

16) La convenzione costituzionale ha particolare importanza e della disciplina dei rapporti in cui è destinata ad incidere; essa si impone nell’intreccio dei rapporti e tra le attribuzioni degli organi costituzionali, o tra le prerogative delle parti politiche, allorché qualcuno degli uni o delle altre espande il proprio comportamento, senza trovare reazione da parte di chi potrebbe farlo ,in base alla propria autonomia , alle proprie competenze o alla propria capacità di reazione. Il vincolo di obbedienza alla convenzione costituzionale è dato dalla impossibilità di mutare le condizioni di fatto in cui esse agisce produttive del duplice comportamento attivo di una parte e passivo dell’altra.

17) Un ulteriore tipo di fonti statali è costituito dalle norme promananti dagli organi costituzionali. Infatti distinguiamo: A) i regolamenti parlamentari danno particolare concretezza al principio di

autonomia di ciascuna camera a nonché di fronte all’altra e sono diretti a disciplinare i lavori interni di ogni assemblea e ad attuare ed integrare direttamente precetti costituzionale in materia soprattutto di organizzazione camerale (articoli 63, 66, 68, 72, 82, 126 ) , ma anche in materia di procedimento di approvazione delle leggi. E secondo l’articolo 64 ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta. La forza di tali regolamenti è equiparata a quella delle leggi; a tal proposito la questione riguarda il rapporto tra legge e regolamenti parlamentari e da una parte, mentre dall’altra parte attiene alla sottoponibilità dei regolamenti

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delle camere al giudizio di legittimità innanzi alla corte costituzionale, in quanto aventi forza di legge dello stato. La prima questione si risolve seguendo il criterio della separazione di competenza, la conseguenza sarebbe la sottrazione, alla disponibilità della legge, delle materie su cui è riservata la disciplina al regolamento, sottoponendo, pertanto, l’una e l’altra fonte soltanto e immediatamente alla costituzione.

B) I regolamenti della corte costituzionale non sono menzionati nella costituzione. Per apprezzare la posizione di tali fonti nel sistema occorre capire se il fondamento della potestà regolamentare della corte risiede direttamente nella costituzione, ovvero nella legge. Se ad essa si attribuisce natura assoluta non pare dubbio che si imbocchi la via per affermare che i regolamenti della corte costituzionale sono fonte di secondo grado. Se, invece ,si ritiene che la riserva di legge prevista nell’articolo 137 sia di tipo relativo, ma necessaria, la soluzione è che questi regolamenti traggono direttamente fondamento nella costituzione. Infatti l’articolo 137 pone due riserve di legge: una costituzionale, rinviando la determinazione delle condizioni ,delle forme e dei termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale , nonché le garanzie di indipendenza dei giudici della corte ha successive leggi costituzionali ; l’altra di legge ordinaria sulle norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della corte.

C) I regolamenti del capo dello stato (articolo 84) vengono emanati ai sensi della legge 1077/1948 per dare attuazione al terzo comma dell’articolo 84. La suddetta legge ha istituito il segretariato della presidenza della repubblica , nato per consentire l’espletamento delle funzioni del presidente della repubblica e per provvedere alla gestione della dotazione di questo organo. Il fondamento di tali regolamenti risiede esclusivamente nella legge istitutiva del segretariato generale. Tale regolamento non vengono pubblicati, come quelle delle camere e della corte costituzionale, nella gazzetta ufficiale .

D) I regolamenti interni del governo non sono menzionati nella costituzione, la quale nell’articolo 95 sancisce una riserva di legge sull’ordinamento della presidenza del consiglio dei ministri. Infatti la legge 400/1988 e dà facoltà al consiglio dei ministri di approvare regolamento interno di disciplina degli adempimenti necessari per l’inserimento delle proposte di iniziativa legislativa e di quelle relative all’attività normativa del governo. Tale regolamento viene pubblicato nella gazzetta ufficiale .

18) Il sistema delle fonti. L’ordinamento giuridico di uno stato è intessuto di una

serie, più o meno numerosa, di diversi tipi di fonte; la fonte-atto è costituita da quelle espresse in veri e propri atti volitivi, tanto per ciò che attiene la volontà di porli in essere, quanto per quel che riguarda la volontà di predeterminarne gli effetti. Le fonti-fatto si distinguono dalle precedenti in quanto riguardo ad esse non esiste un atto produttivo della norma. Sono esempi di fonte-fatto, la consuetudine anche costituzionale e la convenzione costituzionale. Tutte queste

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considerazioni impongono l’esigenza che l’ordinamento formi un sistema. Una metodologia per porre in rapporto le norme giuridiche al fine di risolvere eventuali contrasti tra di esse, viene dato dal principio cronologico, secondo il quale ponendo in rapporto la norma antecedente con la susseguente, ha efficacia la disposizione dell’ultima norma dotata di pari l’esistenza attiva e passiva e sempre che sia fonte e dello stesso grado. Il principio di specialità sussiste quando a un regime generale se ne affianca uno speciale . in tal caso la medesima fonte detta un regime generale non applicabile ai casi espressamente previsti. Si precisa infine che il criterio cronologico ha efficacia per l’avvenire trovando qui applicazione il principio della irretroattività della efficacia della norma. Altro criterio regolatore dei rapporti tra le fonti è il principio della gerarchia che tende a risolvere le antinomie tra le fonti in base al principio della graduazione della forza propria di ciascun tipo; è possibile graduare le fonti creando una vera e propria scala di forze, da ricordare il fatto che il principio gerarchico si è maggiormente rafforzato per effetto dell’accoglimento di costituzioni rigide. Considerato il fatto che i soggetti legittimati ad adottare atti normativi sono diversi, in caso di antinomie e controversie interviene il principio della competenza che sancisce la prevalenza della fonte emanata da soggetto preminente rispetto all’altro ,determinando altresì condizionamenti sulla costui fonte. Resta incontrastata la supremazia del parlamento rispetto agli altri. Se infine, la controversia non può essere disciplinate per mancanza di una norma predisposta a tal fine, sia applica la così detta analogia di legge, cioè si applica una norma che regola una fattispecie analoga; si applica invece la cosiddetta analogia di diritto qualora debba farsi appello all’applicazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico; resta fermo il fatto che tali regole non si applicano alle leggi penali e a quelle eccezionali.

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IL CORPO ELETTORALE

1. La nozione di corpo elettorale è legata a quella di popolo in quanto ne costituisce la parte politicamente attiva. La condizione necessaria perché si faccia parte del corpo elettorale è innanzitutto, il possesso della cittadinanza; ulteriore circostanza che concorre nel far parte del corpo elettorale è il conseguimento della maggiore età (articolo 48). Tale diritto può essere limitabile esclusivamente con legge per motivi di incapacità elettorale (minore età); per motivi di inabilità elettorale (per cause di incapacità civile , di sentenze penali irrevocabili e di indegnità morale); e nei casi di ineleggibilità.

2. La manifestazione tipica del diritto elettorale è costituita dal voto. Gli articoli 56, 58, 60 e 61 esprimono assai bene il modo collettivo dell’esercizio del voto, come manifestazione simultanea della volontà di ciascun elettore.

3. I caratteri del voto sono stati individuati dalla costituzione e sono: a) personalità: il voto, come manifestazione di volontà, non può essere assolutamente espresso mediante rappresentante; b) uguaglianza: il voto di ciascun elettore ha il medesimo “peso” e conta parimenti agli altri, essendo vietata la possibilità del voto plurimo o multiplo; c) libertà e segretezza: la formazione del volere in ciascun elettore dev’essere frutto di convincimento influenzabile solo mediante strumenti leciti di persuasione maturati dal confronto democratico; d) dovere civico: l’esercizio del voto appartiene ad uno dei doveri costituzionali, tuttavia, l’uso dell’aggettivo “civico” , stemperandone la cogenza, lo riveste di una singolare connotazione che quella dell’ indurre l’elettore alla partecipazione non solo in quanto destinatario di un diritto proprio ,ma per contribuire allo svolgimento collettivo di una funzione .

4. Il diritto di elettorato attivo consiste nella titolarità della situazione giuridica

soggettiva di partecipare a manifestazioni collettive attraverso il voto ; come già detto con la maggiore età sia diritto a far parte dell’elettorato attivo, resta fermo il fatto è che per esprimere il voto per l’elezione del Senato della repubblica è necessario aver superato il venticinquesimo anno di età (articolo 58) .

5. Il diritto di elettorato passivo è la situazione giuridica che il cittadino vanta circa la possibilità di candidarsi e di essere conseguentemente eletto in qualità di titolare di organi rappresentativi .

6. Il legislatore ha disciplinato l’organizzazione del corpo elettorale rispondendo a diversi criteri : a) omogeneità: ciascun elettore è incardinato in un collegio; b) certezza e della comodità: l’elettore è chiamato a votare nel comune nel cui

registro della popolazione è iscritto d’ufficio. 7. I sistemi elettorali largamente più diffuse sono il sistema elettorale

maggioritario e il sistema elettorale proporzionale; il primo, che può essere Pagina 12

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classico (inglese) o con ballottaggio (francese),oppure ancora a collegi plurinominali o uninominali, mira a premiare la coalizione politica che ha ottenuto il maggior numero di suffragi; il secondo, che può essere puro o corretto, tende ad attribuire a ciascun partito un numero di seggi corrispondente al rapporto tra quantità di suffragi espressi a suo favore e il numero complessivo di voti validamente espressi dal corpo elettorale.

8. il corpo elettorale può essere chiamato ad esprimere direttamente delle decisioni, configurando la cosiddetta funzione deliberativa.

9. il referendum abrogativo (vedi LE FONTI n. 13) è la prima funzione deliberativa riservata al corpo elettorale dall’articolo 75 della costituzione. Viene indetto dal capo dello stato per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge. La richiesta del referendum abrogativo può essere avanzata da 500 mila elettori o da cinque consigli regionali. Tutto il corpo elettorale attivo è chiamato a esprimere la propria opinione con il voto. L’approvazione della proposta è soggetta anzitutto alla partecipazione della maggioranza del corpo elettorale (quorum di partecipazione) e successivamente al conseguimento della maggioranza dei voti validamente espressi (quorum di approvazione) .

10. il referendum costituzionale è la seconda funzione deliberativa riservata al corpo elettorale dall’articolo 138. Le leggi di rango costituzionale, varate da ciascuna camera ma non ancora produttive di effetti, possono essere sottoposte al vaglio elettorale su richiesta pervenuta da parte di 500 mila elettori, cinque consigli regionali o da 1/5 dei componenti di una camera. Tutto il corpo elettorale attivo è chiamato ad esprimere la propria opinione con il voto. Per l’approvazione della proposta e richiesto il solo quorum di approvazione e non anche quello di partecipazione.

11. Il corpo elettorale può espletare, oltre a funzioni deliberative, anche funzioni propositive.

12. L’iniziativa legislativa, prevista dall’articolo 71, consiste nella potestà di almeno 50.000 elettori di produrre una proposta di progetto di legge redatto in articoli, il quale deve necessariamente essere esaminato e deliberato ( anche negativamente ) dalle Camere.

13. Il diritto di petizione, previsto dall’articolo 50, consiste in uno strumento di partecipazione rivolto a tutti i cittadini, e non solo agli elettori, i quali possono rivolgere petizioni alle camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

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LA PERSONA NELLA COSTITUZIONE

A) L’AUTONOMIA DELLA PERSONA

1. Uno degli indici per individuare la forma di stato è costituito da regime sull’autonomia della persona e in particolare, del cittadino, desumibile dall’ordinamento costituzionale dello stato. La nostra costituzione all’articolo 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. La repubblica inoltre, richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. L’interpretazione dell’articolo 2 come norma “ aperta”, è da considerarsi necessaria, per la forza mediante la quale alcuni diritti della personalità sono emerse ( identità sessuale, riconoscimento delle coppie di fatto, eccetera). È indispensabile in questa sede precisare, però, che tali “nuovi” diritti, se pur eventualmente facenti parte dell’ordinamento per effetto di una legge ordinaria, vanno considerati ancora come diritti in attesa del riconoscimento della inviolabilità, fino a quando il loro consolidamento nella realtà sociale e nella coscienza sociale avrà trovato corrispondenza sostanziale in una formula di una norma costituzionale. Il richiamo all’adempimento del dovere di solidarietà politica ,economica e sociale , pur profilando dei problemi (limitabilità dei diritti dell’uomo), è da considerarsi come un richiamo ad un atteggiamento spontaneo dell’uomo, il quale deve indusse a limitare la propria autonomia allorquando l’esercizio della stessa possa incidere su quella altrui.

2. Il principio di eguaglianza viene sancito dall’articolo 3 il quale: nel primo comma dispone che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge ,senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, esprimendo così il primo carattere del principio di eguaglianza e cioè quello di eguaglianza formale; nel secondo comma la norma costituzionale asserisce che compito della repubblica è la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese , esprimendo infine l’altro carattere del principio di eguaglianza ovvero quello di eguaglianza sostanziale.

3. Dopo l’enunciazione dei principi fondamentali , è l’articolo 13 ad aprire la parte prima dedicata ai diritti e doveri dei cittadini , disciplinando la libertà personale sancendone l’inviolabilità e tutelando anzitutto l’interesse di ciascuna persona di venire sottratto nella piena soggezione altrui. La norma prescrive che sono l’autorità giudiziaria risulta abilitato ad intervenire in tema di restrizioni della libertà personale così come anche l’autorità di pubblica sicurezza, ma solo per i casi eccezionali espressamente previsti di necessità ed urgenza. In tal caso i provvedimenti restrittivi adottati sono provvisori e soggetti alla comunicazione entro 48 ore alla autorità giudiziaria che ha facoltà

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di convalidarli entro le successive 48 ore, altrimenti il provvedimento si intende revocato e resta privo di effetti.

4. Sempre nell’articolo 13, al secondo comma, la tutela dell’interesse di ciascuna persona di venir sottratto alla piena soggezione altrui risulta più attenzionata nel caso in cui si profili un qualche motivo di attenuazione mediante la prescrizione della doppia riserva. a) Difatti il solo intervento restrittivo della libertà personale è consentito esclusivamente con atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge; è ancora la legge ,peraltro ,che prevede i tempi e i modi in cui può essere limitata la libertà personale. (riserva di legge). b) Inoltre , la circostanza che il provvedimento sia corredato dei motivi che hanno portato alla sua produzione e la necessità, affinché esso produca effetti, della conferma del provvedimento di restrizione della libertà personale da parte dell’autorità giudiziaria costituisce la cosiddetta riserva di giurisdizione o giurisdizionale.

5. la libertà di domicilio viene disciplinata dal successivo articolo 14 il quale al primo comma ne sancisce, anzitutto, l’inviolabilità. Secondo la nozione civilistica, il domicilio è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi; mentre secondo la nozione penalistica è l’abitazione o il luogo di privata dimora e le pertinenze di essi da cui il soggetto può escludere chiunque non abbia titolo permanente di coabitazione. Dal punto di vista costituzionale, del domicilio si ha una nozione onnicomprensiva dei luoghi, anche momentanei, in cui la persona esercita la propria riservatezza. I limiti ai quali è soggetta la libertà di domicilio vanno determinati con le stesse garanzie richieste a proposito delle limitazioni alla libertà personali; anche qui, quindi, vi è la previsione della doppia riserva anche se sono consentiti accertamenti e le ispezioni secondo le disposizioni di leggi speciali.

6. la libertà di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, disciplinata dall’articolo 15, è anche essa dichiarata inviolabile tutelando l’interesse alla riservatezza nelle relazioni e si caratterizza per la tutela della segretezza della corrispondenza.

7. la libertà di circolazione, di soggiorno, e di espatrio, enunciata dall’articolo 16, risulta fondata sulla disciplina del rapporto tra cittadino e territorio dello stato, a proposito è sensato fare riferimento al secondo comma dell’articolo 120 il quale vieta alle regioni la possibilità di adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle persone fra le regioni; per quanto riguarda il diritto di soggiorno è opportuno ricordare che esso è preordinato a garantire la libera scelta del luogo di lavoro coerentemente a quanto disposto dal primo comma dell’articolo 4; infine, per quanto riguarda la libertà di espatrio , il testo fondamentale vuole garantire al cittadino la possibilità di interrompere il rapporto con il territorio dello stato , riconoscendogli però ,la possibilità di riprendere tale rapporto rimpatriando.

8. la libertà di riunione viene sancita dall’articolo 17 , a condizione che venga esercitata con intento pacifico e senza armi. In ciò consiste il primo limite

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cosiddetto assoluto in quanto attiene qualsiasi forma di riunione ed è applicabile ad essa indipendentemente dal luogo; invece i limiti relativi attengono alla circostanza che le riunioni si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico; per le prime è necessario dare preavviso alle autorità, le quali possono vietarle per comprovati motivi di incolumità pubblica e di sicurezza, mentre per le altre non è richiesto preavviso.

9. la libertà di associazione, sancita dall’articolo 18, è un diritto che può essere esercitato, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati nei singoli dalla legge penale . sono inoltre vietate le associazioni segrete e quelle che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. I due limiti espressi dalla norma costituiscono, dall’altro lato, una grande apertura volta al riconoscimento della legittimità di qualsiasi associazione intesa come interesse di far parte di un gruppo organizzato costituito da una pluralità di soggetti uniti dal medesimo scopo.

10. la libertà religiosa è sancita dall’articolo 19 che, a fronte della libertà di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, di farne propaganda e di esercitare nel culto, dispone il limite riguardante i riti contrari al buon costume. Una delle conseguenze del dettato della norma è la costituzione dell’impegno di tolleranza fra soggetti che professano credi religiosi differenti .

11. la libertà di manifestazione del pensiero, sancita dall’articolo 21 che chiude la disciplina delle libertà individuali espressamente previste nella costituzione, si estende alla sua diffusione con la parola, lo scritto ed ogni altro idoneo mezzo diretta alla circolazione ed al confronto delle opinioni. Riguardo al contenuto della manifestazione del pensiero i limiti imposti riguardano le manifestazioni contrarie al buon costume e quelle tese a violare interessi o valori costituzionalmente rilevanti di altri soggetti. Trattazione separata meritano il diritto d’informazione inteso come libertà di dare notizie che possono interessare alla collettività ho parte di essa, alla quale è connesso il cosiddetto diritto di cronaca quale libertà di raccontare, descrittivamente, ciò che accade e il diritto all’informazione inteso come diritto di accesso alla notizia. È opportuno e pertinente ricordare in tale contesto la legge sulla “par condicio” mediante la quale e stata disciplinata la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie per la comunicazione politica e per la diffusione di opinioni e valutazioni politiche.

B) LE FORMAZIONI SOCIALI

1. È necessario richiamare l’articolo 2 per ricordare che la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo oltre che come singolo anche nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, ed analizzare gli articoli dal 29 al 51 per comprendere che la costituzione, pur individuando talune formazioni sociali, non nega la possibilità che l’evoluzione dei rapporti umani e sociali possa dar vita a nuovi gruppi, contribuendo invece, eventualmente, a

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trarre da essa stessa i principi generali e fondamentali da applicare ad ogni “nuova” formazione sociale.

2. La famiglia viene riconosciuta dall’articolo 29 come società naturale fondata sul matrimonio. Il testo fondamentale sancisce col proprio dettato diversi principi ovvero la stabilità del vincolo, le eguaglianza morale e giuridica dei coniugi individuando così, con l’articolo 30, il nucleo della società intesa in senso generale come la totalità dei cittadini alla quale conferire specifici fini quali l’istruzione e l’educazione dei figli.

3. La scuola intesa sia come organizzazione pubblica o privata che fornisce istruzione alla collettività, sia come comunità di docenti e discenti, vede fra i diritti spettanti ad essa , quello della libertà di insegnamento vista come interesse della formazione sociale al pluralismo delle idee, per una formazione culturale critica ed una istruzione aperta ; inoltre va necessariamente annoverato il diritto allo studio aperto a tutti senza preclusione di età e senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione. Il testo fondamentale, inoltre, prevede l’autonomia nel darsi ordinamenti da parte delle istituzioni di alta cultura, università, ed accademie (articolo 33).

4. I sindacati, disciplinati dall’articolo 39, godono di piena libertà e sono soggette solamente all’obbligo di registrazione condizionata dal deposito di uno statuto che regoli il sindacato utilizzando criteri di natura democratica ; con la registrazione il sindacato ottiene la personalità giuridica e a diritto di stipulare contratti di lavoro di categoria in quanto rappresentante della stessa. L’articolo 39 della costituzione ha contribuito alla crescita di un sindacato che sia adoperato per la difesa della dignità del lavoratore, per la tutela dell’occupazione, per l’affermazione di tali valori, quando questi siano minacciati, anzitutto utilizzando lo strumento dello sciopero sancito dall’articolo 40.

5. I partiti politici, così come definiti dall’articolo 49, costituiscono il mezzo attraverso il quale i cittadini concorrono, con metodo democratico, alla determinazione della politica nazionale . essi sono espressione della raccolta degli interessi generali e della individuazione dei metodi e degli strumenti con i quali darvi soddisfazione. Il metodo democratico si sostanzia nel confronto tra le diverse posizioni, dettate da ideologie, da metodo o da visioni di priorità diverse o apprezzate differentemente; ovviamente il metodo in oggetto non è in contraddizione con quanto dispone l’articolo 18 della costituzione in tema di libertà di associazione.

C) I DOVERI COSTITUZIONALI

1. La teoria dei doveri costituzionali è riferibile alla enunciazione contenuta

dall’articolo 2 della costituzione, il quale richiede l’adempimento dell’inderogabile obbligo di solidarietà economica, civile e politica.

2. L’articolo 52 sancisce che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino; è importante precisare che il concetto di difesa va interpretato estensivamente,

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come possibilità che il legislatore preveda prestazioni personali obbligatorie per la difesa della patria.

3. L’articolo 53 sancisce il dovere di contribuzione alle spese pubbliche, al quale tutti devono assolvere in relazione alla loro capacità contributiva; è proprio questo il così detto criterio della progressività dell’imposizione fiscale, sancito dal testo fondamentale.

4. L’articolo 54 prevede a carico dei cittadini il dovere di fedeltà alla repubblica osservandone la costituzione e le leggi; prevede anche un ulteriore obbligo per i cittadini che assolvono a funzioni pubbliche: l’adempimento delle suddette con disciplina ed onore, prestando anche giuramento.

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IL PARLAMENTO 1. La parte seconda della nostra costituzione tratta l’ordinamento della

repubblica enunciando i principi fondamentali su cui poggiano potere legislativo, esecutivo, giudiziario così come anche gli organi preposti all’esercizio degli stessi.

2. L’articolo 55 dispone espressamente che il parlamento si compone della camera dei deputati e del Senato della repubblica configurando così, quel sistema bicamerale che trova giustificazione in base a: a) ragioni storiche: nei regimi monarchici le due camere erano luogo di

dibattito politico tra le prerogative regie e gli interessi della collettività; tuttora, il sistema bicamerale tende ad assumere la contrapposizione come metodo di interpretazione della realtà sociale e dei bisogni della popolazione;

b) ragioni strutturali: l’adozione del bicameralismo è dettata anche dall’esigenza di garantire il rispetto dell’autonomia territoriale della regione o degli stati federati;

c) motivi razionali: al di fuori delle ipotesi precedentemente illustrate l’adozione del bicameralismo risponde all’ opportunità, per i rappresentanti di ambo le camere, di ricercare, trovare e adottare adeguate soluzioni in quanto frutto di una più attenta riflessione.

3. Il nostro bicameralismo è definito perfetto, in quanto entrambe le camere

svolgono le medesime funzioni; le differenze tra camera dei deputati e Senato della repubblica sono sancite dalla costituzione e sono: a) diversa composizione numerica: l’articolo il 56 prevede che la camera dei

deputati sia composta di 630 rappresentanti, mentre l’articolo 57 prevede 315 senatori elettivi; infine secondo il dettato dell’articolo 59, gli ex presidenti della repubblica hanno diritto ad essere senatore a vita tranne che rinunzino, al secondo comma dello stesso articolo si prevede che il presidente della repubblica possa nominare senatore a vita cinque cittadini sciando illustrato la patria per altissimi meriti nei diversi campi;

b) differente elettorato attivo e passivo: secondo gli articoli 56, 58 e 48 elettorato attivo della camera dei deputati e del Senato della repubblica è qualsiasi cittadino che abbia compiuto, rispettivamente, 18 e 25 anni; mentre secondo gli stessi articoli dell’elettorato passivo possono farne parte i cittadini che abbiano compiuto 25 anni per l’elezione della camera dei deputati, e 40 anni per l’elezione del Senato della repubblica;

c) diversi sistemi elettorali adottati: tale distinzione opera sul piano della disciplina non costituzionale; la costituzione detta in merito esclusivamente la prescrizione in base alla quale la ripartizione dei seggi del Senato avvenga proporzionalmente alla popolazione delle regioni. La legge dispone che l’elezione del Senato della repubblica avviene utilizzando il sistema maggioritario a collegio uninominale, così come l’elezione del 75 % della

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camera dei deputati, mentre il restante 25% viene eletto utilizzando il sistema proporzionale col quoziente rettificato con la clausola di sbarramento (4%) .

5. La regola secondo la quale ciascuna camera svolge ed esaurisce i propri

lavori nel suo ambito viene derogata dall’articolo 55 della costituzione nel quale si fa rinvio ad altre norme del testo fondamentale che identifica tassativamente i casi in cui il parlamento deve riunirsi in seduta comune ovvero: a) elezione del capo dello stato (articolo 83); b) giuramento del capo dello stato (articolo 91); c) messa in stato di accusa del capo dello stato (articolo 90); d) Elezione di un terzo dei componenti del consiglio superiore della

magistratura (articolo 104); e) Elezione di un terzo dei componenti della corte costituzionale (articolo

135); 6. L’organizzazione camerale consta di tre punti fondamentali i quali sono

segnati: a) dalla predisposizione di norme costituzionali; b) dalla rimessione di tutto quello che residua alla autonomia; c) dal principio di continuità delle camere. Nel principio sub a) si ricava il minimo di organizzazione necessarie per l’espletamento delle attribuzioni parlamentari. Nel I gruppo annoveriamo le norme che impongono o suggeriscono a ciascuna camera l’istituzione di taluni organi al suo interno; ad esempio l’articolo 63 prevede l’elezione del presidente e dell’ufficio di Presidenza e prevede ancora che in caso di riunione del parlamento in seduta comune, l’assemblea è presieduta dal presidente della camera. L’intento della disposizione è diretto ad assicurare ordine ed imparzialità nello svolgimento dei lavori parlamentari. Dagli articoli 72 e 82 si desume l’esistenza di altri organi esplicitamente previsti che sono: le commissioni legislative, i gruppi parlamentari e la commissione bicamerale per le questioni regionali, le commissioni di inchiesta. Nel II gruppo annoveriamo le disposizioni del testo fondamentale relative agli istituti di funzionamento ed alle modalità di deliberazione delle camere; Infatti all’articolo 61 è previsto il termine, di 60 giorni, entro il quale devono essere convocati i comizi elettorali per il rinnovo delle camere ed anche quello, di 20 giorni, entro il quale devono riunirsi le nuove camere; l’articolo 62 dispone che quando una camera si riunisce in via straordinaria, l’altra è convocata di diritto; altre norme in fine riguardano le sedute e le deliberazioni di camere e parlamento in adunanza comune. Nel III gruppo vanno annoverate quelle dirette a disciplinare talune rapporti tra le camere e gli altri poteri, sostanzialmente quindi i rapporti col

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governo e la partecipazione del parlamento alla preposizione all’ufficio di capo dello stato e di giudice della corte costituzionale (articoli 64, 94, 104 e 135) . Nel principio sub b) è da evidenziare che la forza dello stesso è tale da renderlo applicabile a ciascuna assemblea nei confronti dell’altra. Tale principio si basa sul più antico principio dell’indipendenza di ciascun potere nei confronti di tutti gli altri e risulta proficuo applicarlo fra le due camere; lo strumento che ne rende possibile l’applicazione è il regolamento camerale che ciascuna assemblea adotta e alla quale il testo fondamentale fa frequentemente riferimento. Il principio sub c) trova affermazione in due ipotesi:

- la prima prorogatio riguarda il tempo intercorrente tra la fine della legislatura e l’inizio della successiva; sancita dall’articolo 61, prevede la proroga dei poteri delle precedenti camere finché non si siano riunite le nuove camere;

- l’altra prorogatio sancita dall’articolo 60 , prevede che la durata ciascuna camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.

7. La posizione del parlamentare viene disciplinata dagli articoli 67, 68, 69 della

costituzione. Ciascuno di essi presenta particolari finalità, ma tutte le risultano corrette dal medesimo intento di rendere la condizione di ciascun componente dell’assemblea legislativa immagine riflessa dell’autonomia della camera di cui fa parte. La costituzione, nell’intento di garantire a il parlamentare, ha tenuto presente e necessario definire:

- la relazione dei parlamentari col corpo elettorale e col partito politico. Il parlamentare assume autonomamente ed responsabilmente le proprie decisioni; esso rappresenta la nazione e non è sottoposto ad alcun mandato imperativo, cioè non ha l’obbligo di ottemperare a eventuali “ patti” conclusi con i propri elettori o con il partito nel quale risulta iscritto;

- la posizione di fronte all’ordinamento generale ed il rapporto con gli altri poteri. Il parlamentare gode delle prerogative dell’insindacabilità e della immunità; la prima sostiene l’esercizio delle funzioni parlamentari al fine di garantire la piena manifestazione della funzione politico-rappresentativa e di mettere il parlamentare al riparo da eventuali attacchi di persecuzione politica da parte di altri soggetti. Garantisce quindi il parlamentare che esprime il suo pensiero con la parola, con lo scritto o col voto , nei casi in cui egli è chiamato a far ciò, non ritenendolo soggetto a responsabilità per l’espressione della propria opinione; in breve non può esser intrapreso un giudizio davanti alle autorità preposte nei confronti di un parlamentare solo perché ha espresso opinioni e ha dato voti in esplicazione delle stesse.

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La seconda assiste gli altri fatti del parlamentare compiuti al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni. L’articolo 68 ha infatti l’immunità di natura meramente processuale che tutela il parlamentare esclusivamente durante il periodo del mandato potendo comunque rimuovere tale condizione mediante autorizzazione della camera alla quale egli appartiene. Secondo la riforma introdotta dalla legge costituzionale n. 3 /1993, l’autorizzazione è necessaria per procedere all’arresto, alla perquisizione personale o domiciliare, per le intercettazioni in qualsiasi forma e per il sequestro di corrispondenza del parlamentare. Dall’immunità del parlamentare discende la cosiddetta immunità della sede e, conseguenzialmente occorre che la sede dove si svolge la funzione politico-amministrativa sia tutelata e garantita in modo da poter rassicurare il libero esercizio della funzione parlamentare.

- La condizione di autonomia economica. L’articolo 69 della costituzione chiude la sezione I del titolo I della parte II del testo fondamentale prevedendo, a favore di ogni membro del parlamento, di una indennità stabilita con legge. Le funzioni preordinate alla previsione della suddetta indennità, peraltro non prevista nello Statuto Albertino, sono di incoraggiamento per il cittadino che voglia assolvere alla funzione consentendogli di non preoccuparsi di dover abbandonare la fonte del proprio reddito, e contemporaneamente di porre i membri del parlamento destinatari delle indennità, al riparo da tentazioni di altri guadagni che andrebbero a inquinare lo svolgimento delle attività parlamentari.

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LE FUNZIONI DELLE CAMERE 8. Alcune funzioni delle assemblee rappresentative esistono in quanto la scelta

della forma di governo o degli altri profili dello stato ne esigono l’esercizio da parte delle camere. Dal punto di vista della scelta di un criterio di classificazione, le funzioni camerali possono essere distinte: a) in quelle strettamente connesse alla forma di stato : Con l’articolo 70 si

apre la sezione II dedicata alla formazione delle leggi, ed esso sancisce che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere le quali si riuniscono senza alcuna priorità di una rispetto all’altra, ma continuamente fino a quando non si realizza il pieno e completo assenso dei due rami del parlamento su un medesimo testo di legge. L’attività conoscitiva è quella attività attraverso la quale le camere traggono conoscenza oltre che dal contributo personale di ciascun parlamentare, anche dai partiti politici tenuto conto della loro capacità organizzativa e della loro sensibilità e vicinanza ai problemi della collettività. Particolare rilievo, a proposito, è necessario dare ai punti dell’articolo 82 nei quali si sofferma sulla composizione della commissione di inchiesta, ai poteri e all’ oggetto della stessa. Riguardo la composizione, essa dovrà rispettare e rispecchiare la proporzione dei vari gruppi parlamentari al fine di garantire l’attività conoscitiva ad ognuno di questi. Quanto ai poteri della commissione l’articolo 82 precisa che essa procede alle indagini e all’esame con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Infine oggetto dell’inchiesta è qualsiasi materia di pubblico interesse. L’articolo 79 modificato dalla legge costituzionale 6 marzo 1992 n. 1, disciplina le leggi di amnistia e di indulto, le quali vengono annoverate, per il loro contenuto e la loro finalità, insieme alla grazia presidenziale, tra i provvedimenti cosiddetti di clemenza. Un elemento caratterizzante tali provvedimenti è la loro natura derogatoria di leggi penali. L’amnistia produce una deroga alla parte della norma comminativa della sanzione. L’indulto consiste nella riduzione nella commutazione della pena lasciando in piedi l’intera struttura della norma penale. Conseguentemente possiamo affermare che l’amnistia estingue il reato, mentre l’indulto attenua la pena. Tali leggi richiedono l’approvazione a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, per ogni articolo e nella votazione finale.

b) Nelle altre dipendenti dalla forma di governo: la disciplina di tale funzione camerale è contenuta nei regolamenti delle singole camere, mentre gli articoli 94 e 95 della costituzione sanciscono rispettivamente il rapporto fiduciario che lega il governo alle camere e la responsabilità dei singoli organi di cui è composto l’esecutivo di fronte alle

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camere. Dato che la costituzione non specifica dettagliatamente numero e forme degli strumenti necessari all’esercizio delle funzioni di informazione e controllo, sono i regolamenti camerali che li individuano:

- l’interrogazione, che è il mezzo, di competenza di ciascun parlamentare, mediante il quale la posizione delle camere di fronte al governo si arricchisce di dati, fatti ed informazioni sull’orientamento dell’azione governativa riguardo determinate circostanze;

- l’interpellanza, anch’essa di competenza di ciascun parlamentare, consiste in una domanda rivolta al governo e si differenzia dall’interrogazione per la più marcata finalità di controllo politico;

- la mozione, è uno strumento con il quale avviene il collegamento del parlamentare alla propria camera in quanto avente come fine la promozione di un dibattito o di una delibera di questa. Essa si caratterizza come atto di indirizzo della camera in relazione al quale il governo deve trarre i necessari spunti per l’attività degli organi interessati dall’indirizzo espresso dalla camera;

- la risoluzione, è simile alla mozione condividendone contenuto e finalità, ma si distingue da essa soprattutto per due circostanze; la sede (commissione) in cui la risoluzione viene espressa, e la maggior varietà di disciplina alla Camera e al Senato;

- le commissioni “in sede politica”, che consistono in una adunanza tra camere e governo al fine di ascoltare e discutere le comunicazioni del rappresentante del governo traendo infine, solamente conclusioni di natura politica;

La legge di approvazione del bilancio: l’articolo 81 della costituzione specifica che il bilancio dello Stato e il rendiconto consuntivo vengono approvati annualmente dalle camere, successivamente alla redazione e presentazione degli stessi da parte del governo disponendo altresì, che non possono essere introdotti nuovi tributi e nuove spese mediante la legge di approvazione del bilancio; nell’ultimo comma si precisa che qualsiasi altra legge che prevede nuove o maggiori spese deve contestualmente indicare i mezzi per farvi fronte. Le prescrizioni del terzo quarto comma trovano giustificazione nel fatto che la legge di bilancio costituisce l’ esecuzione di precedenti leggi ed esercita la funzione di indirizzo politico e di controllo parlamentare sulla distribuzione delle risorse. Le attività di controllo esercitate con l’ausilio della Corte dei Conti: il secondo comma dell’articolo 100 affida alla Corte dei Conti il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo ed anche il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello stato, prescrivendo altresì l’obbligo per la stessa di riferire alle camere i risultati del riscontro eseguito.

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c) Nelle altre collegabili alla qualifica dello stato quale soggetto di diritto internazionale : a tal proposito è indispensabile richiamare il contenuto è dell’articolo 10 che prescrive la conformità dell’ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale ed anche dell’articolo 11 che richiama il valore della pace e di strumenti diversi dalla guerra come metodi di risoluzione delle controversie internazionali promuovendo invece, le organizzazioni internazionali volte ad assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni. Premesso ciò risulta più facilmente comprensibile il dettato dell’articolo 78 in base al quale le camere deliberano lo stato di guerra conferendo al governo i poteri necessari; l’affidamento alle camere di tale atto gravissimo richiama alla responsabilità delle stesse il rispetto dei dettati degli articoli succitati e viene spiegato dal fatto che le camere, rappresentando la collettività nazionale, sono le sole legittimate a deliberare tale circostanza. Altra fondamentale funzione è prevista dall’articolo 80 che consiste nella legge di autorizzazione all’atto presidenziale di ratifica dei trattati internazionali. L’appartenenza del nostro stato all’unione europea esige che le camere integrino e arricchiscano le proprie funzioni affinché si impegnino a seguire i rapporti tra i soggetti componenti l’Unione Europea; a tal proposito è prevista al Senato la Giunta per gli affari delle comunità europee e, in seno alla Camera, la Commissione speciale per le politiche comunitarie le quali hanno il compito di esaminare le questioni inerenti la comunità e di attuare gli accordi comunitari espletando così le funzioni di adeguamento normativo del nostro ordinamento a quello della comunità e quelle di maggior controllo delle camere sull’indirizzo della politica comunitaria del governo. In definitiva possiamo affermare che si sono sviluppate altre funzioni camerali derivanti da quelle della giunta e della commissione e cioè la funzione consultiva, conoscitiva e di indirizzo.

d) In quelle consequenziali al tipo di stato : è opportuno fare riferimento all’articolo 5 in cui viene sancita l’unità e indivisibilità della repubblica ed anche il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali per comprendere che l’autonomia delle regioni richiede la determinazione di profili che la rendano compatibile con i principi espressi dall’articolo 5. in tale contesto le Camere con la legge costituzionale del 22 novembre 1999 n. 1 si sono viste privare della procedura di approvazione da parte del parlamento della deliberazione del consiglio regionale con cui veniva formulato lo Statuto delle singole regioni, continuano però ad assolvere la funzione di giudizio di merito per contrasto della normativa regionale con gli interessi nazionali o di altre regioni, ottemperando al dettato dell’articolo 127; un’ultima funzione, prevista dall’articolo 126, consiste nella necessità che venga espresso il parere su un decreto del presidente della repubblica che disponga lo scioglimento del consiglio regionale e del presidente della

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giunta regionale da parte della commissione bicamerale per le questioni regionali.

e) Nelle funzioni discendenti dalla loro autonomia : in proposito assume particolare rilievo la riserva di una attività giurisdizionale delle camere, sia quale eccezione al principio dell’unità della funzione, sia quale deroga alla logica della visione di un giudice della costituzionalità. In breve esse sono: funzioni di giurisdizione autodichistica, accertamento del motivo politico dei reati ministeriali, messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica.

f) In quelle di partecipazione alla formazione degli organi costituzionali : il testo fondamentale individua in quattro differenti articoli altre quattro funzioni camerali inerenti la partecipazione delle stesse, che rappresentano la collettività nazionale, alla formazione di organi costituzionali o di altri organi di rilievo costituzionale. Esse sono:

- la preposizione all’ufficio di capo dello stato , alla quale partecipano anche rappresentanti delle regioni in base a quanto stabilito dall’articolo 83;

- la partecipazione alla costituzione del governo nella parte in cui occorre dare piena legittimazione politica all’attività dell’esecutivo, nei modi e nei termini stabiliti dall’articolo 94;

- la partecipazione alla formazione della corte costituzionale, il parlamento elegge un terzo dei componenti della corte secondo quanto stabilito dall’articolo 135;

- la partecipazione alla formazione del consiglio superiore della magistratura, anche in tal caso il parlamento elegge un terzo dei componenti del CSM secondo quanto stabilito dall’articolo 104.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

1. Il titolo II della parte II della nostra costituzione è dedicato alla figura del Presidente della Repubblica sancendo che esso è l’organo che impersona l’unità, la stabilità e la continuità statale, al di sopra e al di là dei mutevoli orientamenti degli organi di indirizzo comune e rappresenta altresì lo stato nelle relazioni internazionali.

2. L’articolo 83 della costituzione stabilisce che esso venga eletto dal parlamento in seduta comune al quale si giungono tre delegati per ogni regione eccetto la Valle d’Aosta che può inviare un solo delegato. Nella sua elezione è richiesto il voto a scrutinio segreto dei due terzi dell’assemblea; successivamente ai primi due scrutini si ritiene sufficiente per la sua elezione la maggioranza assoluta .

3. L’articolo 86 prevede che in caso di impedimento, eserciti le sue funzioni il presidente del Senato. Tale dettato potrebbe sembrare apparentemente in contrasto con quanto sancito dal terzo comma dell’articolo 85 il quale prevede che, in caso di rinnovo del presidente della repubblica che lo stesso articolo 85 dispone a scadenza settennale, se le camere sono sciolte o saranno sciolte di lì a tre mesi, l’elezione si terrà entro 15 giorni dall’insediamento delle nuove camere, prevedendo inoltre la prorogatio del mandato del vecchio presidente.

4. L’articolo 84 prevede che qualsiasi cittadino possa essere eletto presidente della repubblica a condizione che abbia compiuto 50 anni di età e che goda dei diritti civili e politici . lo stesso articolo sancisce l’incompatibilità dell’ufficio di presidente della repubblica con qualsiasi altra carica. La legge determina inoltre l’assegno e la dotazione del presidente.

5. Riguardo le funzioni del capo dello stato , il testo fondamentale fornisce una alquanto dettagliata elencazione con l’articolo 87 il quale stabilisce che egli:

- Può inviare messaggi alle camere; - Indice nuove elezioni per il parlamento; - Autorizza la presentazione alle camere dei disegni di legge

d’iniziativa del governo ; - Promulga le leggi ed emana i decreti ; - Indice il referendum popolare ; - Nomina i funzionari dello Stato; - Ratifica i trattati internazionali ; - Ha il comando delle forze armate; - Può concedere grazia e commutare le pene; - Conferisce le onorificenze della Repubblica.

6. L’articolo 89 stabilisce che nessun atto di presidenza della repubblica e valido se non è controfirmato dai ministri proponenti i quali ne assumono la responsabilità, mentre gli atti aventi forza di legge vengono controfirmati anche dal presidente del consiglio dei ministri. La responsabilità del presidente della repubblica la si evince dal dettato dell’articolo 90 il quale sancisce che il presidente della repubblica è responsabile esclusivamente per alto tradimento o

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per attentato alla costituzione, disponendo anche che la messa in stato d’accusa è di competenza del parlamento in seduta comune che la approva a maggioranza assoluta dei suoi membri.

7. Un articolo della costituzione a parte, il numero 88 è dedicato ad un intervento delicato in seno alla nostra repubblica, e cioè lo scioglimento delle camere. È sancito infatti che il presidente della repubblica può sciogliere le camere e indire nuove elezioni nelle stesse ,od anche per una di esse ,sentiti i presidenti delle rispettive camere. Lo stesso articolo però contiene un limite: e cioè la non esercitabilità di tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato (semestre bianco) a meno che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Al riguardo fra le tesi dibattute dalla dottrina prevale quella che considera lo scioglimento un atto presidenziale coerentemente con la visione del capo dello stato in qualità di garante della costituzione.

8. Infine l’articolo 92 prevede che il Capo dello Stato nomini il presidente del consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i singoli ministri.

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IL GOVERNO

LA FORMAZIONE DEL GOVERNO

1. Il titolo III della parte II della nostra costituzione, dedicato al Governo, si divide in tre sezioni: la prima (art. 92-96) è dedicata al Consiglio dei Ministri, la seconda (art. 97-98) alla Pubblica Amministrazione e la terza (art. 99-100) agli Organi ausiliari.

2. La costituzione italiana fissa solamente i passaggi essenziali relativi alla formazione del governo:

- l’articolo 92 prevede solamente che il presidente della repubblica nomini il presidente del consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i singoli ministri;

- l’articolo 93 prevede il giuramento dei membri del governo nelle mani del presidente della repubblica;

- l’articolo 94 prevede che il governo abbia la fiducia delle camere. 3. Non si hanno ulteriori disposizioni legislative al di fuori di quelle

precedentemente citate, favorendo quindi la possibilità dell’instaurarsi di alcune regole non scritte ma che vengono rispettate rigorosamente: è qui il caso delle cosiddette consultazioni , una prassi non disciplinata, ma che costituisce invece una consuetudine costituzionale. In breve, possiamo configurare un iter diretto alla formazione del governo nel quale distinguiamo tre fasi: preparatoria, costitutiva e integrativa dell’efficacia.

4. Anche nel caso in cui in governo entra in crisi , si rendono necessarie le consultazioni le quali si svolgono successivamente alla presentazione delle dimissioni del governo al capo dello stato che si riserva di accettarle, aprendo questa fase che consiste in una serie di colloqui che il capo dello stato tiene, svolgendo l’attività conoscitiva, con i capigruppo parlamentari e con i segretari di partito, con i presidenti delle camere ed infine, anche se di secondo piano, con gli ex presidenti della repubblica, gli ex presidenti del consiglio e gli ex presidenti delle camere. Resta ovvio il fatto che i pareri sostanzialmente vincolanti siano quelli dei capigruppo parlamentari e dei segretari di partito i quali rappresentano le forze politiche che dovrebbero garantire la maggioranza al governo che andrebbe a formarsi .

5. Conclusa questa fase, il Presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il nuovo governo e il designato accetta, con riserva, ove non riuscisse a formare il Gabinetto.

6. Appena il presidente incaricato scioglie positivamente la riserva, si chiude la fase preparatoria e ha luogo la fase costitutiva, la quale comprende i decreti di nomina del nuovo presidente del consiglio, i decreti di nomina dei nuovi ministri, e il decreto di accettazione delle dimissioni del precedente governo.

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7. L’ultima fase, quella integrativa dell’efficacia, È caratterizzata dalla rendimento di cui all’articolo 93 ovvero la prestazione del giuramento nelle mani del presidente della repubblica; questo atto occorre affinché i decreti di nomina producono l’effetto giuridico conseguente. Il governo precedente dal momento dell’accettazione delle dimissioni, fino al momento del giuramento dei nuovi ministri, resta ancora in carica in virtù della prorogatio.

LA STRUTTURA E LE FUNZIONI DEL GOVERNO 8. la struttura del governo si presenta notevolmente articolata, ma la

costituzione viene nostro aiuto nella classificazione in quanto nell’articolo 92 si prevede che il governo sia composto dal presidente del consiglio, dai ministri, i quali costituiscono insieme il consiglio dei ministri; tali organi sono “necessari” in quanto previsti dal testo fondamentale, mentre organi “non necessari” sono il vicepresidente del consiglio, i ministri senza portafoglio, gli alti commissari e commissari straordinari, i sottosegretari, i comitati interministeriali.

9. I rapporti tra gli organi del governo si basano su tre principi descritti dall’articolo 95 ovvero la collegialità (riferita al consiglio), la monocraticità (riferito al presidente) e l’autonomia ministeriale.

10. lo stesso articolo 95, integrato dalla legge n. 400/1988, elenca le competenze e le funzioni del presidente del consiglio il quale:

- rappresenta il governo nei rapporti con gli altri organi costituzionali; - dirige la politica generale del governo e ne è responsabile; - ha il potere di porre la questione di fiducia su votazioni parlamentari; - indirizza ai Ministri le direttive politiche ed amministrative; - promuove e coordina l’attività dei ministri; - può disporre l’istituzione di particolari comitati di ministri.

Particolare rilievo assume il fatto che la legge 24 ottobre 1977 n. 801 attribuisce al presidente del consiglio l’alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza attraverso un ampio potere di direttiva e disposizione delle attività del SISDE e del SISMI. In caso di sua assenza interviene la figura del vice presidente del consiglio, che dovrà operare in modo da non adottare provvedimenti inaccettabili per il presidente del consiglio, preoccupandosi soprattutto del funzionamento del consiglio dei ministri ( fissazione dell’ordine del giorno, rinvio di delibera, ecc.).

11. Ancora dall’articolo 95 si desume che la più ampia competenza del consiglio dei ministri sia quella di determinare la politica generale del governo; mentre fra le competenze specifiche è necessario ricordare l’adozione degli atti con forza di legge, l’esercizio dell’iniziativa legislativa, l’approvazione delle dichiarazioni programmatiche del premier, l’assenso all’iniziativa di

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quest’ultimo nel porre la questione di fiducia, le nomine dei sottosegretari e dei commissari del governo e le impugnazioni di leggi regionali.

12. L’attività del ministro (con portafoglio) consiste nella traduzione nei vari atti della attività di indirizzo del governo e del parlamento e nell’esercizio delle competenze amministrative. Il ministro è preposto a un dicastero organizzato secondo un duplice schema: uno imperniato sulla direzione generale e l’altro basato sui dipartimenti; altra novità costituiscono le agenzie, strutture autonome che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale. L’ultimo comma dell’articolo 95 dispone che sia la legge a provvedere all’ordinamento dell’esecutivo e quindi anche al numero dei ministeri. La mancanza del titolare di un ministero consente, oltre all’affidamento dello stesso ad un nuovo soggetto, la reggenza ad interim da parte di un altro ministro o del presidente del consiglio. Il ministro può farsi coadiuvare, delegandogli dei compiti e impartendogli delle direttive, dai Sottosegretari.

13. I ministri senza portafoglio partecipano a pieno titolo alle riunioni del consiglio dei ministri, ma non sono posti a capo di un dicastero rifacendosi, organizzativamente, alla presidenza del consiglio.

14. I commissari o alti commissari sono a capo di singoli settori amministrativi, non godono delle stesse prerogative dei ministri e rispondono del loro operato al governo.

15. I comitati interministeriali sono dei collegi più snelli rispetto al consiglio dei ministri ai quali vengono affidati compiti con varia rilevanza, anche operativa, di competenza di più ministeri.

16. La costituzione disciplina, con l’articolo 94, il rapporto di fiducia disponendo che la mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti dell’assemblea e che nella sua discussione bisogna rispettare un intervallo di tempo di almeno tre giorni. In fase di votazione si applica la regola della maggioranza semplice con delle differenze riguardanti il computo degli astenuti in seno alla votazione. Infatti il regolamento della camera esclude gli astenuti dal computo della maggioranza considerandoli non votanti, mentre quello del Senato li considera presente e votanti.

17. Le responsabilità del governo sono molteplici, infatti distinguiamo: - la responsabilità civile e amministrativa; - la responsabilità politica istituzionale; - la responsabilità penale: riguardo l’autorizzazione a procedere contro

un membro del governo, è necessario che essa sia concessa dalla camera di appartenenza o, se appartengono a camere diverse o non sono membri delle camere, la concessione dell’autorizzazione spetta al Senato.

Dibattuta è la definizione di reato ministeriale; la tesi maggiormente soddisfacente risulta quella che considera ministeriale i reati che possono compiersi solamente in quanto si abbia veste di ministro.

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GLI ORGANI AUSILIARI 18. A tali organi definiti ausiliari, ma che non fanno parte della pubblica

amministrazione, la costituzione dedica la sezione III del titolo III della parte II ovvero gli articoli 99 e 100.

19. L’articolo 99 sancisce che il consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) è composto da esperti e rappresentanti delle categorie lavorative, e che è un organo consultivo del governo e delle camere per le materie economico-sociali; il testo fondamentale attribuisce a tale organo l’iniziativa legislativa e la possibilità di contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale, entro i limiti stabiliti dalla legge.

20. Il primo comma dell’articolo 100 prevede il Consiglio di Stato. Esso è un organo preesistente all’ordinamento repubblicano e svolge un duplice ruolo (consultivo e giurisdizionale-amministrativo). È suddiviso in sei sezioni delle quali le prime tre hanno funzione consultiva e le altre hanno funzione giurisdizionale. L’Adunanza Generale, che include tutti i componenti del consiglio di stato, esercita le funzioni consultive rilasciando pareri distinti in tre categorie: facoltativi, obbligatori e vincolanti; l’Adunanza Plenaria, composta dal presidente del consiglio di stato e da 12 consiglieri, si occupa di esaminare ricorsi di particolare importanza o che danno luogo a contrasti giurisprudenziali.

21. La Corte dei conti è il massimo organo di controllo sull’amministrazione dello stato è la suprema magistratura in tema di contabilità pubblica così come sancito dal secondo comma dell’articolo 103. E’ composta da un presidente, nominato dal consiglio dei ministri e da magistrati, un procuratore generale, vice procuratori generali, sostituti procuratori per un totale di più di 500 unità. Essa coadiuva il parlamento nello svolgimento della funzione ispettiva. Le leggi n. 19 e 20 del 1994 e la legge n. 639 del 1996 hanno riformato l’ordinamento della corte dei conti alla quale sono attribuite funzioni:

- Di controllo: può essere preventivo di legittimità o successivo; - Consultive: esprime pareri ed in particolare è obbligatorio il suo

parere sulle leggi che modifichino le attribuzioni della corte stessa e sulle norme che modificano la legge sulla contabilità generale dello stato;

- Giurisdizionali: tale funzione viene esercitata da sezioni regionali istituite presso ogni capoluogo di regione e tende a risolvere i contenziosi di tipo contabile, pensionistico, del pubblico impiego, sulla responsabilità civile dei funzionari dello stato.

21. Risulta non proprio facile dare collocazione e qualificazione alle autorità

indipendenti; innanzitutto è indispensabile precisare che tali organismi sono caratterizzati da una accentuata indipendenza dai poteri dello stato e soprattutto da quelli di governo. Alcune peculiari caratteristiche delle autorità indipendenti sono:

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- l’intervento in materie inerenti i diritti costituzionalmente garantiti

alla persona; - le loro funzioni vanno dalla disciplina della materia, alla repressione

degli abusi e alla decisione dei conflitti non sostituendosi mai, però, alla preposta autorità giudiziaria;

- per la preposizione dei titolari all’ufficio bisogna tener conto delle condizioni soggettive speciali sancite dalla legge ed anche degli organi competenti alla scelta per la preposizione;

- i titolari all’ufficio delle autorità garanti non sono esposti a responsabilità politica.

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IL POTERE GIURISDIZIONALE

1. Nell’ordinamento repubblicano il potere giurisdizionale risulta articolato, considerando a parte la corte costituzionale, in cinque branche principali:

- la magistratura ordinaria; - la magistratura amministrativa; - la magistratura contabile; - la magistratura tributaria; - la magistratura militare.

Esclusa la magistratura ordinaria, le restanti assumono carattere di giudici speciali e trovano un riferimento diretto nella costituzione od anche indiretto come, ad esempio, per la magistratura tributaria. In siffatto sistema si colloca la Corte di cassazione, che l’organo più alto della magistratura ordinaria, la quale assicura la uniforme interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche e coordina i rapporti fra le varie giurisdizioni, essa inoltre risolve i conflitti fra i giudici speciali, o fra questi e i giudici ordinari.

2. L’articolo 104 sancisce il così detto principio di autonomia e indipendenza da ogni altro potere dell’ordine giudiziario, il quale amministra la giustizia in nome del popolo, così come detta l’articolo 101 che apre la sezione I del titolo IV della parte II del testo fondamentale.

3. L’indipendenza istituzionale della magistratura ordinaria è assicurata dal Consiglio Superiore della Magistratura. Esso è presieduto dal presidente della repubblica (2° comma articolo 104).

4. Le funzioni del CSM sono elencate dall’articolo 105 e cioè assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Tra attribuzioni più delicate del CSM figura la decisione dei procedimenti disciplinari tendenti ad accertare le responsabilità dei magistrati per la violazione degli obblighi derivanti dal rapporto di pubblico impiego, o a seguito di accertata la responsabilità civile per danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie.

5. L’azione disciplinare nei confronti dei magistrati spetta al ministro di grazia e giustizia a memoria dell’articolo 107 e al procuratore generale presso la corte di cassazione.

6. Seguendo in parte il modello del consiglio superiore della magistratura sono state introdotte strutture di autogoverno anche per le principali giurisdizioni speciali dando svolgimento all’ articolo 108 che, ponendo una riserva assoluta di legge, affida alla legge il compito di assicurare l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali nonché del pubblico ministero presso di esse e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia.

7. l’articolo 101 sancisce il principio che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Ciò comporta l’applicazione in modo imparziale del diritto positivo e imposizione di indipendenza anche all’interno delle strutture organizzative.

8. L’articolo 102 pone un divieto assoluto per l’istituzione di giudici straordinari e di giudici speciali. Il divieto riguarda l’istituzione di nuovi

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giudici speciali, mentre per quelli preesistenti alla sua entrata in vigore la costituzione ha richiesto una revisione, salvo che per il consiglio di stato, la corte dei conti ed i tribunali militari.

9. L’articolo 106 dispone che l’accesso alla magistratura ordinaria sia regolato dal concorso, anche se non in maniera assoluta.

10. L’articolo 107 garantisce ai magistrati l’inamovibilità; ovvero essi non possono essere dispensati o sospesi, trasferiti o destinati ad altra funzione se non per decisione del consiglio superiore della magistratura. Lo stesso articolo al terzo comma sancisce il principio dell’organizzazione verticale della magistratura: infatti i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni ( di legittimità, di merito, requirenti).

11. L’articolo 109 stabilisce che all’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria ovviamente a fini strumentali alle sue attività.

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LA CORTE COSTITUZIONALE

1. Il titolo VI, concernente le garanzie costituzionali, dedica la sezione I alla Corte costituzionale; infatti già l’articolo 134 sancisce i campi di competenza della corte ovvero:

- la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello stato e delle regioni;

- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato e su quelli tra lo stato e le regioni, e tra le regioni;

- sulle accuse promosse contro il presidente della repubblica. 2. L’articolo 135 stabilisce che la corte costituzionale si compone di 15 giudici

nominati per 1/3 dal presidente della repubblica, 1/3 dal parlamento in seduta comune, 1/3 dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. Per i giudici eletti dal parlamento si richiede una maggioranza qualificata dei due terzi nei primi tre scrutini, mentre nei successivi scrutini si richiede la maggioranza dei 3/5. I giudici di scelta presidenziale vengono nominati dal capo dello stato con decreto controfirmato dal presidente del consiglio, quest’ultimo però non produce nessuna proposta ufficiale. infine i giudici eletti dalle supreme magistrature vengono eletti a maggioranza assoluta. La durata in carica è di 9 anni, non è ammesso il rinnovo della nomina o della elezione, e nemmeno la prorogatio. Ai componenti della corte sono riconosciute ampie garanzie: l’immunità penale per i voti dati e delle opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni e l’improcedibilità dell’azione penale nei loro confronti senza l’autorizzazione a procedere da parte della corte. La corte in quanto organo costituzionale è dotata di ampia autonomia:

- elegge in suo seno il Presidente (art. 135 5° comma); - ha autonomia regolamentare; - è sottratta al controllo da parte della Corte dei conti La sua composizione cambia esclusivamente nel caso di giudizi penali: infatti ai

giudici preposti vengono aggiunti 16 membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il parlamento compila ogni nove anni.

3. La prima e caratterizzante funzione della corte costituzionale sancita dall’articolo 134 è quella riguardante l’espressione di un giudizio sulle controversie relative alla legittimità costituzionale della legge e degli atti aventi forza di legge. Il ricorso alla corte è limitato ai maggiori enti territoriali (stato, regioni e province autonome). Può configurarsi la possibilità che il giudizio venga instaurato:

- in via principale (o di azione ): in tal caso il ricorso resta nella disponibilità di chi lo ha promosso, il quale può anche rinunziarvi,

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con l’assenso della controparte, determinando così l’estinzione del processo. Le fattispecie sono: l’impugnazione statale delle leggi regionali e l’impugnazione regionale degli atti legislativi statali e delle altre regioni; da precisare è che per le regioni e le province autonome l’impugnazione è ammessa solo per invasione della loro sfera di competenza, mentre l’impugnazione statale assolve alla funzione di controllo ed è ammessa sia per contrasto di interessi che per motivi di legittimità;

- in via incidentale: in tale circostanza la competenza della corte viene attivata in seguito ad un incidente processuale, infatti l’articolo 1 della legge costituzionale n. 1/48 stabilisce la questione di legittimità costituzionale rilevata d’ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio è rimessa alla Corte purché siano soddisfatti seguenti requisiti : a) rilevanza: si verifica la circostanza che il giudizio non possa essere

definito indipendentemente dalla risoluzione della questione; si preclude, così, la possibilità di sottoporre alla corte disposizioni che non sono attinenti alla controversia principale;

b) non manifesta infondatezza: il giudice comune si limita ad accertare sommariamente l’esistenza di un dubbio di incostituzionalità, rinviando così la questione alla Corte.

Il giudice “comune” provvede sulla questione di legittimità con l’ordinanza ovvero l’atto processuale mediante il quale viene respinta o accettata l’ipotesi dell’esistenza di un dubbio di incostituzionalità; nel secondo caso, altresì, l’ordinanza dispone la sospensione del processo e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. L’ordinanza non è impugnabile, ma qualora respinga l’eccezione di incostituzionalità, le parti possono riproporla all’inizio di ogni grado successivo del processo; se ne chiede la motivazione, sia in caso di rigetto sia in caso di rimessione della questione alla Corte: in tal caso l’ordinanza deve argomentare sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza del dubbio di incostituzionalità. Altro requisito di ammissibilità della questione è la corretta individuazione dell’oggetto e del parametro del giudizio. Fanno parte dell’oggetto; secondo l’articolo 134, le leggi ed atti aventi forza di legge dello Stato e delle regioni cioè le leggi ordinarie, le leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Per parametro si intende l’insieme delle regole sovraordinate in base alle quali viene valutata dalla Corte la legittimità degli atti di rango legislativo. Il nucleo di questo insieme è costituito dalla costituzione e dalle leggi costituzionali, le norme cosiddette interposte (es.: legge di delega), mentre questione controversa è l’appartenenza a questo

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nucleo da parte delle consuetudini costituzionali interpretative o integrative: a tal proposito la corte sembra orientarsi positivamente. Per quanto riguarda i vizi denunciabili, essi vengono ricondotti alle categorie dell’incompetenza, della violazione di legge (costituzionale o interposta), dell’eccesso di potere (legislativo). L’incompetenza ricorre quando l’atto viene emanato da un organo o un soggetto non titolare del potere esercitato, è per tale aspetto viene di solito considerato vizio nella sua formazione.

4. L’articolo 18 della legge n. 87/1953 dispone che la corte giudica in via definitiva con sentenza, mentre tutti gli altri provvedimenti di sua competenza sono adottati con ordinanza. Le sentenze devono contenere l’indicazione dei motivi di fatto e di diritto oltre al dispositivo, mentre le ordinanze sono succintamente motivate. Distinguiamo due categorie fondamentali ed altre categorie intermedie che si sono create successivamente:

a) sentenza di rigetto: con essa la Corte dichiara l’infondatezza della questione prospettatale; non viene accertata la legittimità costituzionale della disposizione, ma la corte dichiara non fondato il dubbio di incostituzionalità. Gli effetti della suddetta sentenza sono vincolanti esclusivamente per il giudice rimettente, mentre non creano vincoli per gli altri giudici che possono anche riproporre la questione negli stessi termini in cui è stata ritenuta infondata dalla corte;

b) sentenza di accoglimento: con essa la Corte, dichiarando illegittima la disposizione sottopostale, fa cessare erga omnes l’applicazione della stessa dal giorno successivo alla pubblicazione nella gazzetta ufficiale o nel bollettino regionale. Si ricordi che l’accoglimento può anche essere parziale. L’efficacia di tale sentenza è retroattiva tranne che per i cosiddetti rapporti esauriti.

Fra le categorie intermedie, introdotte dalla corte per limitare alcune lacune normative, distinguiamo:

c) sentenze interpretative di rigetto: con essa la corte dichiara infondata la questione sottopostale perché dalla disposizione enunciata può trarsi un’altra norma compatibile con il parametro costituzionale;

d) sentenze interpretative di accoglimento: con esse la corte lascia inalterato il testo dell’atto legislativo a lei sottoposto, ma mi limita le potenzialità circoscrivendo la possibilità di ricavarne norme, poiché dichiara illegittima quella costruita in base alla interpretazione da essa ritenuta contrastante con la costituzione ;

e) decisioni creative: con essa la corte aggiunge o sostituisce precetti normativi per correggere una omissione del legislatore;

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f) decisione-monito, sentenze-delega e le sentenze additive di principio costituiscono tecniche decisionali della corte utilizzate per segnalare la necessità di intervento da parte del legislatore.

5. la seconda competenza assegnata alla corte dalla costituzione inerisce la

risoluzione dei conflitti di attribuzione. E’ innanzitutto importante precisare che col termine conflitto ci si vuole riferire alla situazione di contrasto fra più organi o soggetti in relazione alla diversa interpretazione da essi data alle norme regolanti le proprie sfere di azione. I conflitti positivi ricorrono quando gli organi o soggetti si dichiarano competenti in a provvedere su una determinata materia. I conflitti negativi si hanno quando gli organi o soggetti si dichiarano tutti incompetenti. I conflitti virtuali si hanno quando, esistendo contestazione sulla spettanza, si teme che un organo o soggetto diverso agisca in materia. I conflitti reali si hanno quando sorgono dalla concreta azione di organi o soggetti. L’oggetto del conflitto è la spettanza delle attribuzioni, intesa come lesione della propria sfera operativa derivante dall’atto o comportamento concreto di un altro potere. Parametro del giudizio sono le norme costituzionali attributive della competenza; si è tendenzialmente favorevoli ad ammettere in qualità di parametro anche quelle norme integrative delle suddette norme costituzionali. Il procedimento viene instaurato su iniziativa di parte, e cioè con ricorso proposto dal potere che lamenta la lesione. Non sono previsti termini di decadenza. La pronuncia ha efficacia erga omnes, sia in quanto annulla l’atto, sia soprattutto in quanto afferma la competenza per il caso concreto.

6. Due sono i casi di responsabilità del capo dello Stato: alto tradimento e attentato alla costituzione. La corte giudica nella speciale composizione integrata di 16 giudici estratti a sorte. Il procedimento viene suddiviso in una fase istruttoria durante la quale può anche essere ordinata la sospensione dalla carica del presidente, e in una fase dibattimentale nella quale viene a realizzarsi il contraddittorio fra l’imputato e i commissari di accusa eletti dal parlamento. La sentenza chiude il giudizio da pubblicare nella gazzetta ufficiale. In caso di condanna la corte ha ampio potere di determinare la pena nei limiti dei massimi previsti alla normativa vigente; infine la sentenza della corte non è impugnabile ma è soltanto ammessa la revisione così come è ammessa la riabilitazione del condannato.

7. Altra funzione della Corte, stavolta affidatale non dalla Costituzione, ma da una legge costituzionale, la n. 1 dell’ 11 marzo 1953 riguarda il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo. Con la sentenza la Corte decide sulla ammissibilità o meno del quesito referendario, considerato che il parametro

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non è solo l’articolo 75 della Costituzione ma, come la Corte stessa ha indicato, vi sono da considerare anche i cosiddetti valori di ordine costituzionale. Se viene dichiarata l’inammissibilità il referendum non avrà corso, anche se è ammessa la ripresentazione del quesito identico a quello giudicato inammissibile; inoltre è da ritenere rilevante che la dichiarazione di ammissibilità del referendum non preclude alla Corte il nomale sindacato sulla situazione normativa conseguente alla delibera popolare abrogativa.

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PARTE SECONDA

DIRITTO AMMINISTRATIVO

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PARTE SECONDA DIRITTO AMMINISTRATIVO

LA FUNZIONE AMMINISTRATIVA

1. L’amministrazione è una delle funzioni che spetta al potere esecutivo, essa: a) è cura degli interessi pubblici in modo immediato, cioè lo Stato cura

direttamente con essa i propri interessi; b) è attività concreta, cioè opera direttamente sulla realtà esterna,

modificando di fatto le situazioni esistenti, e non limitandosi ad impartire ordini;

c) è attività normalmente spontanea, in quanto l’iniziativa può essere presa dagli stessi organi amministrativi decidenti;

d) è attività normalmente discrezionale, nel senso che gli organi amministrativi hanno la facoltà di scelta fra due o più comportamenti tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge, ciò ovviamente ai fini di curare concretamente gli interessi.

Esistono tuttavia dei fini fondamentali ed imprescindibili cui tende

l’attività della pubblica amministrazione (P.A.) tra cui: a) mantenimento dell’ordine interno e della sicurezza esterna; b) compiti di propulsione economica e benessere sociale.

Nell’ambito dell’attività amministrativa tra le varie distinzioni che la

dottrina ha formulato, è importante evidenziare e segnalare quella che si rifà al contenuto che l’attività amministrativa può presentare nel concreto, cioè:

a) amministrazione attiva: è l’amministrazione a cui è demandato il compito di realizzare gli interessi della collettività;

b) amministrazione consultiva: con essa si identificano tutti i soggetti chiamati ad esprimere un giudizio/parere su un argomento di competenza di un altro soggetto; i suddetti pareri possono essere facoltativi, obbligatori, vincolanti e non;

c) amministrazione di controllo: in tale tipologia consideriamo quei soggetti chiamati a svolgere l’attività di verifica, preventiva o successiva, sulla legittimità od opportunità delle decisione adottate dall’amministrazione attiva;

d) spesso viene affiancata alle suddette attività anche l’amministrazione contenziosa, intesa come quell’attività tesa a

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risolvere eventuali conflitti tra titolari e destinatari della funzione amministrativa.

2. L’articolo 97 della costituzione sancisce che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che sia assicurato il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Da una attenta analisi si evincono i seguenti principi:

- principio di legalità: è un principio implicito negli articoli 24, 97, 114 della Costituzione; le conseguenze derivanti da suddetto principio sono la tipicità dei provvedimenti amministrativi, l’eccezionalità dell’esecutorietà degli atti stessi e l’eccezionalità degli atti amministrativi destinati a formare certezza legale privilegiata;

- principio di buona amministrazione: mediante tale principio si è voluto imporre alla P.A. il rispetto dei criteri di efficienza, efficacia (ed economicità) [vedi strumenti quali la conferenza di servizi, gli accordi di programma, l’autocertificazione];

- principio d’imparzialità: sancito dall’articolo 3 ed anche dal 97 della Costituzione implica che la P.A. conduca la sua azione in maniera oggettiva.

E’ opportuno annoverare in aggiunta ai predetti principi anche i seguenti: - principio delle autonomie locali e del decentramento amministrativo; - principio dell’indipendenza di alcuni organi della P.A.; - principio della responsabilità della P.A.; - principio della tutela del privato contro gli atti della Pubblica

Amministrazione.

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA 3. E’ sempre l’articolo 97 della Costituzione ad influire sul tema in quanto

prevede una riserva di legge (relativa) per ciò che riguarda l’organizzazione della P.A.. Lo strumento organizzatorio comune a qualsiasi soggetto spetti disciplinare l’organizzazione della P.A. è la prassi amministrativa intesa come interpretazione delle norme vigenti. Ovviamente il soggetto fondamentale ed il più importante della P.A. è lo Stato, inteso come soggetto detentore della sovranità e titolare del potere d’impero. E’ opportuno distinguere l’ente pubblico dal soggetto pubblico: il primo è privo della caratteristica della rappresentatività di comunità, da ciò desumiamo che il soggetto pubblico è anche ente pubblico. Gli organi rispondono al principio generale che vede l’esercizio delle loro proprie funzioni soggetto ad un mandato di durata determinata, salvo il caso di prorogatio; essi possono essere distinti in organi:

- individuali; - collegiali (perfetti e imperfetti, effettivi e supplenti); - a rilevanza esterna o interna; - rappresentativi o non rappresentativi:

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- organi persone giuridiche;

Le caratteristiche proprie di tali soggetti ed enti si possono riassumere in: - autonomia: capacità di definire le norme del proprio

comportamento e di quello di terzi che con esso vengono in rapporto, distinguiamo:

• autonomia normativa: è la capacità riconosciuta ad un ente di darsi un proprio ordinamento mediante l’emanazione di norme vincolanti per sé stesso e per i terzi;

• autonomia organizzativa: consiste nell’indipendenza nei rapporti con gli organi superiori dello Stato, si distingue, in base all’aspetto cui si riferisce, in autonomia contabile, finanziaria, di gestione, etc. Normalmente si riferisce ad organi dello Stato e di altri enti e non agli enti;

• autonomia politica: consiste nella possibilità che l’ente ha di determinare il proprio comportamento, cioè nell’attività concreta di indirizzo politico e amministrativo;

- autarchia: capacità di amministrarsi da sé, di provvedere, cioè, ai propri bisogni imponendo ai terzi il proprio volere in modo unilaterale;

- autotutela: capacità di risolvere i conflitti attuali o potenziali che possono sorgere con i soggetti terzi in seguito alla produzione di provvedimenti; distinguiamo:

• autotutela decisoria: viene attuata attraverso l’emanazione di un atto amministrativo; distinguiamo:

o spontanea: l’amministrazione agisce d’ufficio e si può avere in tal caso: l’annullamento, la revoca o la sanatoria del provvedimento;

o necessaria: si ha nell’ambito dei controlli amministrativi e in caso di inattività dell’ente;

o contenziosa: fa riferimento al campo dei ricorsi amministrativi (ricorso in opposizione, ricorso gerarchico, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica);

• autotutela esecutiva: consiste nell’insieme delle attività che vengono poste in essere al fine di dare esecuzione ed attuazione alle decisione già formalizzate dall’amministrazione;

• autotutela sui rapporti: consiste nella possibilità, da parte dell’amministrazione, di agire nei confronti del

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terzo che adotti un comportamento non conforme alle aspettative della stessa; a questa ipotesi appartengono le sanzioni amministrative, distinte in positive o punitive.

LA CAPACITA’ DI AGIRE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

4. E’ di cruciale importanza la definizione della capacità di agire della P.A.,

ovvero dell’organo, dell’ente o del soggetto amministrativo: la suddetta capacità viene denominata competenza. Distinguiamo in merito tre categorie:

- competenza per materia: essa comporta la ripartizione dei compiti, contribuendo al formarsi di rami “specializzati” all’interno della P.A.;

- competenza per territorio: essa presuppone l’identità di competenza per materia, comportando, però, la ripartizione dei compiti in riferimento all’ambito territoriale;

- competenza per grado: essa presuppone identità di competenza per materia e per territorio, comporta la ripartizione dei compiti in seno allo stesso ramo della P.A. secondo il criterio gerarchico (interno o esterno).

Il trasferimento di competenza da un organo/soggetto ad un altro è consentito dalla disciplina attraverso la previsione degli istituti della:

- avocazione: essa consiste nella possibilità che l’organo gerarchicamente superiore assuma la competenza di un organo inferiore;

- delegazione: essa consiste nel conferimento ad altro organo/ente, in maniera autoritaria ed unilaterale, di una competenza relativa ad una determinata materia. Tale trasferimento di competenza si ha mediante un particolare atto denominato delega o delegazione amministrativa;da precisare infine che il delegato assume solo l’esercizio del potere, non anche la titolarità che rimane sempre in mano al delegante. A seconda dei soggetti tra cui si verifica il trasferimento di competenza distinguiamo la delega interorganica e la delega intersoggettiva. Infine la delega va distinta dal decentramento, dalla delega di firma, dall’avvilimento dell’ufficio.

PROVVEDIMENTI E MERI ATTI AMMINISTRATIVI

5. L’attività della pubblica amministrazione è assai complessa. È importante

distingue tra: - attività giuridica: è il risultato dell’esercizio della funzione

amministrativa e si tradurrà necessariamente in un atto (provvedimenti e meri atti);

- attività materiale: è il risultato di comportamenti di fatto che non necessariamente discendono da atti.

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6. La nascita dell’atto amministrativo provvedimentale (provvedimento amministrativo), viene determinata dall’esercizio del potere amministrativo. Quindi i presupposti essenziali sono:

- che l’esercizio del potere avvenga da parte di un organo o soggetto inserito nell’ambito dell’organizzazione amministrativa;

- che sia espressione di un potere giuridico esercitabile in via unilaterale;

- che riguardi una fattispecie concreta.

Dalla combinazione tra i presupposti essenziali dell’atto amministrativo nascono gli elementi essenziali dell’atto stesso:

- la competenza, cioè che il rapporto tra il soggetto di pubblica amministrazione e la fattispecie che deve esaminare, in relazione alla quantità (quantum) di potere che gli ha. Come si è precedentemente evidenziato, ricordiamo nuovamente che la competenza può essere per territorio, per materia e per grado;

- la causa, cioè il rapporto tra l’ interesse che il legislatore ha voluto in via generale ed astratta che l’amministrazione tutelasse e l’interesse che concretamente l’amministrazione persegue con l’emanazione del provvedimento in relazione alla fattispecie concreta;

- la funzione, cioè il modo in cui il potere si fa atto; ovverosia tutto quel processo attraverso il quale la pubblica amministrazione realizza all’interesse alla cui tutela essa è preposta.

Oltre agli elementi essenziali sono da tenere in considerazione eventuali

elementi esterni all’atto che possono caratterizzare lo stesso per effetto della decisione discrezionale dell’amministrazione, tali sono gli elementi accidentali:

- la condizione:è una determinazione accessoria che fa dipendere gli effetti da un evento futuro ed incerto;

- i termini: consistono nel decorso di un tempo in cui possono o debbono verificarsi gli effetti dell’atto;

- i modi: sono particolari oneri imposte perché gli effetti dell’atto possano prodursi.

Il fatto che i provvedimenti amministrativi siano condizionati dalla legge, fa

sì che indirettamente, sia quest’ultima a determinare le caratteristiche fondamentali degli stessi che sono:

- la nominatività: ogni atto deve essere previsto dalla legge e non è lasciata all’amministrazione la libertà di creare nuovi atti amministrativi a differenza di quanto accade nel diritto privato;

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- la tipicità: l’atto amministrativo può perseguire solo ed esclusivamente l’interesse previsto dalla legge e non un altro differente;

- l’imperatività: il provvedimento è espressione del potere di imperio e dunque è capace di agire su posizioni giuridiche di terzi anche senza il consenso di quest’ultimi;

- la unilateralità: anche questa caratteristica è espressione del potere di imperio, infatti per dar vita ad un atto amministrativo non è necessario la volontà del destinatario;

- la inoppugnabilità: gli atti della pubblica amministrazione possono essere impugnati solo di fronte ad un organo della giustizia amministrativa oppure in via di autotutela contenziosa nei termini decadenziali previsti dalla legge ;

- la presunzione di legittimità: l’atto si presume legittimo fin quando l’autorità amministrativa o giurisdizionale non ne sospendano l’esecutività e l’esecutorietà.

Volendo procedere alla qualificazione degli atti amministrativi,

esamineremo il provvedimento amministrativo dal punto di vista della causa, da ciò avremo gli atti:

- discrezionali: l’autorità amministrativa ha il potere di scegliere nell’ambito dei confini previsti dalla norma al fine di determinare l’interesse concreto da perseguire; la discrezionalità riguarda il se, come, quando esercitare il potere; da sottolineare è la non coincidenza esistente tra la discrezionalità amministrativa e la discrezionalità tecnica;

- vincolati: in tal caso l’autorità amministrativa è obbligata comunque all’emanazione dell’atto.

Mentre esaminando il provvedimento amministrativo dal punto di vista della

funzione, distingueremo gli atti in: - perfetti: se il procedimento attraverso il quale si completano è

terminato; - esecutivi: se sono idonei a produrre modificazioni della realtà

esterna per le quali sono stati posti in essere.

Infine riguardo al soggetto emanante gli atti, li distinguiamo in: - semplici: se emanati da un organo individuale; - collegiali: se emanati da un organo collegiale; - collettivi: se, per dar vita all’atto amministrativo, è necessaria la

presenza di più organi; - complessi: se l’atto è il risultato di una serie di volizioni, anche

esterne, la cui somma costituisce la determinazione finale.

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7. Il procedimento amministrativo è lo strumento attraverso il quale si esercita il potere amministrativo e si dà vita al provvedimento amministrativo. L’adozione del procedimento risponde all’esigenza del rispetto della legalità di agire, così come sancito dall’articolo 97, ed è con la legge n. 241 del 1990 che si ha l’affermazione dei princìpi generali che devono star alla base del procedimento amministrativo, ed essi sono il principio della ragionevolezza, della economicità, della celerità, del contraddittorio e dell’affidamento. La stessa legge, ai fini di garantire che l’esercizio della funzione avvenga con le modalità, termini, tempi previsti dalla legge nei confronti dell’amministrazione così come nei confronti dei terzi, ha previsto la nomina, per ogni procedimento, di un responsabile dello stesso. In caso di patologia del procedimento lo stesso verrà rinnovato dal momento in cui si sia verificata l’illegittimità.

Il procedimento amministrativo si compone di 5 fasi che passeremo ad

analizzare singolarmente. A) iniziativa: essa consiste nell’atto o comportamento che fanno scattare

l’obbligo di pronuncia dell’amministrazione. L’iniziativa può essere portata avanti dalla stessa amministrazione (distinguiamo in tal caso iniziativa obbligatoria, d’ufficio o facoltativa), da altra amministrazione o da un privato. Si distinguono così, in relazione ai vari proponenti, atti di domanda o di richiesta, le istanze e le petizioni ed infine l’atto di denuncia;

B) istruttoria: è attraverso questa fase che l’amministrazione raccoglie tutti i dati necessari ed utili ai fini della propria determinazione;

C) deliberativa o decisoria: questa è la fase relativa alla determinazione finale; si rivela tanto più lunga e complessa quanto più organi siano coinvolti nella decisione; l’esercizio della funzione amministrativa può anche avvenire senza che intervengano atti o provvedimenti, ma semplicemente per silentium: distinguiamo tre casi in cui la legge carica di significato l’inerzia dell’amministrazione cioè i casi di silenzio rifiuto, silenzio rigetto e silenzio accoglimento;

D) integrativa dell’efficacia: non sempre l’atto è in grado di produrre modificazioni nella realtà a seguito della conclusione della fase decisoria, ma per meglio tutelare l’amministrazione attiva spesso si rendono necessari dei controlli preventivi da parte di altre amministrazioni. Solo successivamente si possono utilizzare quegli strumenti previsti dalla legge al fine di rendere pubblico l’atto, essi sono: la pubblicazione e la comunicazione e/o notificazione ai diretti interessati;

E) esecuzione: questa fase si ha ovviamente a procedimento concluso comportando, dopo l’efficacia dell’atto, che lo stesso venga portato ad esecuzione. I dati principali sono l’esecutività e l’esecutorietà dell’atto.

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8. Siamo in presenza di meri atti amministrativi Quando un soggetto pubblico esprime una semplice propria facoltà. Tali atti si caratterizzano in quanto si rivolgono alla definizione di una fattispecie concreta; i meri atti amministrativi offrono un’ampia casistica: • le manifestazioni di giudizio: pareri tecnici, parere tecnico-giuridici,quelli

giuridico-amministrativi; • le dichiarazioni di scienza: certificati; • gli atti di accertamento o i verbali; • le ordinanze amministrative e le circolari; • le manifestazioni di desiderio;

l’importanza di tali atti consiste nel fatto che esse sono istruzioni vincolanti

per i destinatari pur non essendo dei provvedimenti, nonostante ciò condividono con questi ultimi tutti i principi generali previsti dalla legge n. 241 del 1990 ed in particolare, il principio della pubblicità e dell’accesso.

Infine, è importante la constatazione che la pubblica amministrazione, per il

raggiungimento dei fini istituzionali, ha la possibilità di utilizzare anche altri atti che non abbiano necessariamente la forma di provvedimento ovvero di atto unilaterale; infatti la legislazione ha individuato figure intermedie ovvero:

• gli accordi sostitutivi del provvedimento ; • gli accordi di programma e le convenzioni fra amministrazioni; • le convenzioni urbanistiche ; • le concessioni.

I VIZI DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

9. L’atto amministrativo è viziato quando è difforme dalla norma che lo regola.

Possiamo individuare due categorie di vizi dell’atto amministrativo: • se la norma è una norma giuridica , il vizio che ne consegue sarà di

legittimità e l’atto sarà illegittimo; l’illegittimità dell’atto può essere più o meno grave delineando così,

rispettivamente le due categorie: - della nullità: è nullo (o inesistente) l’atto che è manchevole di

uno dei presupposti essenziali richiesti dalla legge. Infatti l’atto è nullo per:

inesistenza del soggetto; incompetenza assoluta; inesistenza dell’oggetto, si realizza nelle seguenti tre ipotesi:

o impossibilità dell’oggetto; o illiceità dell’oggetto; o indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto;

incapacità naturale dell’agente (art. 428 c.c.); Pagina 49

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mancata individuazione del soggetto destinatario; mancanza di forma (nei casi in cui è richiesta ad substantiam).

Le conseguenze della nullità si ricavano dai principi generali con l’aggiunta di alcuni casi validi proprio per l’atto amministrativo; quindi l’atto nullo:

o è anche inefficace (quod nullm est nullum producit effectum); o non richiede espressa dichiarazione di nullità in quanto va

semplicemente accertata; o non può essere annullato o revocato, infatti esso è inesistente; o non può sanarsi né convalidarsi, essendo invece ammessa la

conversione di un atto nullo in un altro valido qualora presenti gli elementi essenziali di questo.

- dell’annullabilità: è annullabile l’atto che è viziato in alcuno dei suoi elementi essenziali . I vizi di legittimità che possono incidere sugli elementi essenziali sono:

incompetenza:si verifica quando il soggetto dà vita ad un atto che eccede la sfera di attribuzione dell’organo o dell’ente. La distinguiamo in assoluta e relativa anche se l’incompetenza assoluta implica la nullità dell’atto; l’incompetenza relativa si distingue in base al fatto che sia riferita al grado, alla materia o al territorio;

eccesso di potere: esistono diverse figure irrilevanti in cui viene riscontrato un eccesso di potere, esse sono:

• sviamento di potere: consiste nell’utilizzo di un potere discrezionale della P.A. per un fine diverso da quello per il quale le era stato conferito oppure nell’utilizzo di un potere diverso da quello previsto dalla legge pur avendo come fine il pubblico interesse;

• travisamento ed erronea valutazione dei fatti; • illogicità: si verifica quando venga riscontrato un

contrasto tra le varie parti dell’atto; • motivazione insufficiente o incongrua: si verifica quando

si omettono circostanze rilevanti o ci si riferisce esclusivamente a elementi insufficienti oltreché irrilevanti;

• contraddittorietà tra più atti ovvero nello stesso atto; • vizio della funzione: si ha quando non viene osservata

una circolare causando così contraddizione tra volontà manifestata in generale dalla P.A. e quella manifestatasi nel caso singolo dell’inferiore gerarchico;

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• disparità di trattamento; • ingiustizia manifesta; • violazione e vizi del procedimento; • vizi della volontà: si verifica quando venga emanato a

seguito di violenza morale, errore o dolo; violazione di legge: è una figura residuale in quanto

ricomprende tutte quelle specie di vizi che non rientrano nelle precedenti due categorie. Possiamo raggrupparli per:

• vizio di forma; • difetto di motivazione; • inosservanza delle disposizioni relative alla valida

costituzione dei collegi; • contenuto illegittimo.

Le conseguenze dell’atto annullabile si ricavano anch’esse dai principi generali con l’aggiunta di alcuni casi validi proprio per l’atto amministrativo, ma nel caso dell’annullabilità si pone il problema dell’efficacia provvisoria dell’atto e, conseguenzialmente, dell’esecutorietà dello stesso. Affinché l’atto perda la sua efficacia è necessaria una sentenza costitutiva dell’autorità giudiziaria amministrativa preceduta da ricorso oppure un atto di ritiro della autorità amministrativa che lo ha emanato o di una gerarchicamente superiore, d’ufficio o su ricorso.

Per gli atti amministrativi ad efficacia protratta nel tempo si pone il

problema se l’annullabilità sia o meno configurabile. Il problema è stato risolto dalla dottrina rilevando il caso della invalidità sopravvenuta: essa si verifica quando per il mutamento delle circostanze e della legislazione, l’atto diventa illegittimo successivamente alla sua produzione. Tale circostanza viene risolta mediante l’emanazione di un apposito atto di ritiro: la rimozione (o abrogazione) con efficacia ex nunc, ovvero dal momento in cui si verificano le condizioni per l’invalidità.

• se la norma non è giuridica il vizio conseguente sarà di merito e l’atto sarà inopportuno. E’ inopportuno l’atto contrario ai principi di opportunità e di convenienza ai quali l’atto stesso avrebbe dovuto ispirarsi. Tali atti sono suscettibili di autotutela, infatti rileviamo:

annullamento per vizi di merito; revoca; caducazione; riforma.

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L’atto amministrativo che non sia radicalmente nullo, ma solo annullabile può essere, anziché ritirato, sanato con una successiva manifestazione di volontà di autotutela da parte della P.A., si hanno quindi le due ipotesi di:

sanatoria dell’atto viziato: essa tende ad eliminare il vizio che inficia l’atto, distinguiamo ancora:

o la ratifica; o la convalida; o la conversione; o la riforma;

conservazione dell’atto viziato: mira a rendere l’atto inattaccabile con i ricorsi amministrativi o giurisdizionali, si hanno le ipotesi di:

o inoppugnabilità; o acquiescenza; o conferma.

Infine, altre definizioni:

L’atto è illecito quando viene a ledere un diritto soggettivo perfetto del singolo oppure una norma penale.

L’atto è illegittimo quando si pone in contrasto con una norma che

tutela in via indiretta e riflessa un interesse differenziato del singolo ovvero un interesse legittimo.

I MEZZI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

10. La P.A. per il raggiungimento del suo scopo si avvale non soltanto di soggetti, ma anche di beni che costituiscono il patrimonio dello Stato. I beni di cui si serve la P.A. rappresentano la categoria dei beni pubblici che si distinguono da quelli privati in quanto vengono sottoposti ad un diverso regime giuridico.

I beni pubblici si dividono in demaniali e patrimoniali indisponibili; l’articolo 822 del c.c. indica i beni demaniali mentre l’articolo 826 c.c. enumera i beni patrimoniali indisponibili.

I beni demaniali sono caratterizzati da:

- l’essere esclusivamente beni immobili o universalità di mobili; - l’appartenenza allo Stato o ad un altro ente pubblico.

La demanialità di una bene coinvolge le sue pertinenze e le servitù costituite a favore del bene demaniale, mentre non hanno carattere demaniale le accessioni ed i frutti dei beni demaniali se non, precedentemente al distacco, qualificati come pertinenze.

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Inoltre possiamo distinguere i beni demaniali in due grandi categorie:

- beni del demanio necessario: essi sono di esclusiva proprietà dello Stato e non possono che appartenere ad esso e sono:

demanio marittimo: comprende il lido del mare, i porti, le lagune, i canali, le pertinenze e la loro tutela è affidata al ministero dei trasporti e della marina mercantile;

demanio idrico: comprende i fiumi, i laghi, i torrenti, i ghiacciai, le acque sorgenti, la loro tutela è affidata al ministero dei lavori pubblici e al prefetto;

demanio militare: comprende le fortezze, le piazzeforti, le installazioni missilistiche, i porti e gli aeroporti militari che sono tutelati dal ministero della difesa;

La tutela affidata ai Ministeri sopra citati viene dà vita alla cosiddetta polizia demaniale.

- beni del demanio accidentale (o eventuale): demanio accidentale statale, provinciale, comunale:

comprende acquedotti, strade, beni storici ed archeologici e si suddivide in:

o demanio stradale; o demanio aeronautico; o acquedotti; o beni di interesse storico, artistico ed archeologico (i

poteri di polizia demaniale sono attribuiti al Ministero per i beni culturali e per l’ambiente).

demanio accidentale regionale: ne fanno parte i porti lacuali oltre quelli già di proprietà della Regione; in Sicilia, regione a Statuto Speciale, appartengono al demanio regionale i beni già appartenenti al demanio statale esclusi quelli del demanio militare e quelli di interesse e carattere nazionale;

demanio comunale specifico: ne fanno parte i cimiteri ed i mercati di proprietà del Comune.

I beni demaniali godono di un particolare regime, infatti non possono essere

alienati, né usucapiti, non sono suscettibili di esecuzione forzata né di espropriazione ed infine non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

Per godere del sopra descritto regime, è necessario descrivere quali sono gli

atti che consentono ad un bene di acquisire la qualità di bene demaniale, fermo restando che, per i beni del demanio necessario, la qualità di bene demaniale coincide con gli eventi che coinvolgono l’esistenza dello stesso.

Gli atti occorrenti affinché un bene diventi demaniale sono:

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- la costruzione del bene: può anche avvenire ad opera di privati purché nell’interesse della P.A.;

- un effettivo atto di destinazione pubblica del bene: la concreta destinazione del bene alla funzione per la quale era stato costruito.

I beni patrimoniali vanno distinti in indisponibili e disponibili. I beni appartenenti allo Stato o agli enti territoriali che non siano demaniali

costituiscono il patrimonio dello Stato. L’articolo 826 c.c. li enumera: o le foreste; o le miniere, le cave e le torberie (se non lasciate alla libera

disponibilità del proprietario del fondo); o le acque termali e minerali; o le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da

guerra; o le cose di interesse storico, archeologico, paleontologico e

artistico; o i beni costituenti la dotazione del Presidente della Repubblica.

Anche agli enti territoriali appartengono beni patrimoniali disponibili ed

indisponibili; nelle Regioni a Statuto speciale sono indicati dallo stesso, mentre in quelle a Statuto ordinario tali beni sono indicati dalla legge n. 281 del 1970.

Agli enti non territoriali appartengono solamente beni patrimoniali. I beni patrimoniali indisponibili possono formare oggetto di:

- alienazione: fatta sempre salva la destinazione del bene a pena di annullabilità;

- usucapione: è ammessa solamente l’usucapione di un diritto reale sempreché non sia pregiudicata la pubblica destinazione del bene.

- La proprietà dei beni mobili non può acquistarsi se non è intervenuta la sottrazione alla loro destinazione originaria secondo le leggi vigenti.

L’amministrazione dei beni pubblici consta di varie e complesse attività che

danno luogo a due categorie distinte di atti: atti di conservazione e manutenzione ed atti di utilizzazione.

L’amministrazione dei beni demaniali comprende l’attività di costruzione e manutenzione dei beni, nonché l’attività di polizia e di tutela degli stessi beni, ciò in quanto sono destinati a soddisfare bisogni collettivi.

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LA RESPONSABILITA’ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

11. La P.A. entra in rapporti di diritto pubblico e privato con altri soggetti giuridici. Tra gli obblighi fondamentali che la pubblica amministrazione incontra nei suoi rapporti con i terzi v’è quello di non intaccare la sfera giuridica altrui (principio del neminem laedere). La violazione del suddetto obbligo comporta responsabilità per la P.A. che sarà tenuta a risarcire i danni eventualmente cagionati ai terzi. I caratteri propri della responsabilità della P.A. cono costituiti da:

- la necessità di un evento dannoso; - il risarcimento a carico della Pubblica Amministrazione.

Per quanto riguarda la responsabilità contrattuale trovano applicazione i

principi generali previsti dal codice civile. La materia della responsabilità precontrattuale si rifà agli articoli 1337 e

1338 c.c. In tal il giudice deve accertare se la P.A. si è comportata da corretto contraente.

Art. 1337 - Trattative e responsabilità precontrattuale. Le parti, nello

svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede (c. 81, 1175, 1358, 1366, 1375).

Art. 1338 - Conoscenza delle cause d'invalidità. La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa d'invalidità del contratto (c. 1418 ss.), non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno (c. 2043 ) da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto (c. 139, 1398).

Riguardo la responsabilità extracontrattuale della P.A., superato ormai

positivamente il problema riguardante l’ammissibilità o meno di tale responsabilità, oggi non si ha dubbio alcuno sul fatto che anche la P.A. è tenuta a risarcire i danni cagionati ad altri con la propria condotta.

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PARTE TERZA

LA TUTELA NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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Istituzioni di diritto pubblico

PARTE TERZA LA TUTELA NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

I RICORSI AMMINISTRATIVI

1. I ricorsi amministrativi hanno costituito e tuttora costituiscono uno dei mezzi di difesa delle situazioni giuridiche soggettive, che il privato ritiene violate per effetto di atti o di comportamenti omissivi da parte della pubblica amministrazione.

Il ricorso gerarchico è quel mezzo ordinario attraverso il quale l’interessato

chiede alla pubblica amministrazione di rivedere l’atto ritenendo che quest’ultimo abbia leso un diritto soggettivo oppure un interesse legittimo. Esso può essere impugnatorio o no, a seconda che viene esperito contro un provvedimento dell’autorità amministrativa richiedendone l’annullamento o la revoca oppure si avanzi il riconoscimento di un diritto. Il termine entro cui i proporre il ricorso è fissato 30 giorni dalla data di piena conoscenza dell’atto da impugnare.

L’autorità amministrativa che riceve il ricorso, ha la potestà di sospendere l’efficacia dell’atto impugnato, d’ufficio e su istanza di parte. Infine con riferimento al silenzio eventualmente serbato dall’amministrazione chiamata in causa, il nuovo regime prevede che, trascorso infruttuosamente il termine di 90 giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l’amministrazione abbia deciso o comunicato la decisione all’interessato, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti. La conseguenza di ciò è che il privato può impugnare l’atto originario innanzi al giudice amministrativo o, in alternativa, con ricorso straordinario al capo dello Stato.

Il ricorso in opposizione è rivolto all’amministrazione da cui promana l’atto

lesivo di una situazione giuridica del privato, affinché venga annullato o riformato secondo i motivi di legittimità e/o di merito indicati. Esso quindi è un rimedio contro gli atti della pubblica amministrazione e costituisce, infatti, uno dei mezzi di tutela del privato. È un ricorso eccezionale poiché può essere azionato solo nei casi previsti dalla legge a differenza di quello gerarchico che può essere proposto nei confronti di qualsiasi atto della pubblica amministrazione.

Il ricorso straordinario al Capo dello Stato. Il termine di presentazione della

dal ricorso e stabilito in centoventi giorni dalla piena conoscenza del Pagina 57

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provvedimento; inoltre tale ricorso è ammissibile contro il provvedimento originario, gravato da ricorso gerarchico, a seguito del quale l’amministrazione abbia serbato il silenzio per 90 giorni. L’attuale orientamento indica la preferenza di questo ricorso rispetto a quello giurisdizionale.

RICORSI GIURISDIZIONALI AMMINISTRATIVI 2. Le controversie aventi ad oggetto gli interessi legittimi sono affidate al

complesso formato dai T.A.R. e dal Consiglio di Stato nonché dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana .

La giurisdizione amministrativa viene divisa in tre sottocategorie o tipi: - la giurisdizione generale di legittimità; ha carattere generale

nel senso che vi rientrano tutte le controversie aventi ad oggetto la legittimità di un atto amministrativo lesivo di un interesse legittimo. I poteri del giudice sono limitati all’annullamento dell’atto che sia affetto, appunto, da vizi di legittimità;

- la giurisdizione speciale di merito; ha carattere eccezionale e si aggiunge a quella di legittimità. Qui il giudice dispone di poteri più ampi: istruttori, cognitivi e decisori;

- la giurisdizione speciale esclusiva: ha la caratteristica che nelle materie in essa ricomprese si prescinde dalla regola generale del riparto. Oltre al pubblico impiego le materie più importanti sono tutte le controversie in materia di pubblici servizi, le controversie aventi per oggetto gli atti e i comportamenti delle P.A. in materia di urbanistica ed edilizia, le controversie in materia di espropriazione, eccetera.

Per individuare quale sia il tribunale amministrativo davanti al quale bisogna

presentare il ricorso, la legge prevede due criteri: quella della sede dell’ente che ha emanato l’atto, e quello dell’efficacia territoriale dell’atto stesso.

Gli atti impugnabili sono i provvedimenti amministrativi anche taciti o non

definitivi emanati da una autorità amministrativa nell’esercizio di una funzione amministrativa. Non sono impugnabili gli atti che non hanno carattere lesivo, gli atti già annullati o quelli radicalmente nulli o inesistenti.

Il termine per ricorrere ha carattere perentorio ed è di 60 giorni decorrenti dalla data della comunicazione personale (notifica) e da quella di pubblicazione per i terzi interessati per i quali non è richieste la comunicazione personale. Per le pretese patrimoniali dei pubblici dipendenti vale il termine di prescrizione di cinque anni anziché quello di decadenza di 60 giorni.

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L’introduzione del giudizio si ha dunque con il ricorso, atto scritto in carta bollata recante l’intestazione del T.A.R. ed i seguenti elementi:

- generalità del ricorrente, - specificazione del provvedimento impugnato, - esposizione della vicenda da cui nasce la controversia, - l’indicazione e lo svolgimento dei motivi sui quali il ricorso è

fondato, - la precisazione della domanda rivolta al tribunale nonché

l’eventuale richiesta motivata di previa sospensione cautelare dell’esecuzione del provvedimento,

- la sottoscrizione del ricorrente e dell’avvocato patrocinante.

Nel termine di cui si è detto, a pena di inammissibilità, il ricorso deve essere notificato all’autorità emanante e ad almeno uno dei controinteressati, se ve ne sono. Entro 30 giorni dall’ultima notifica il ricorso in originale con l’allegata documentazione attestante le avvenute notifiche dev’essere depositato a pena di decadenza presso l’apposito ufficio del T.A.R.; si allega inoltre, anche la documentazione relativa al ricorso.

La costituzione delle controparti avviene con apposito atto di resistenza entro

20 giorni dal termine stabilito per il deposito del ricorso; solitamente il resistente usa produrre i documenti successivamente cioè: 20 giorni prima dell’udienza di trattazione per i documenti e 10 giorni prima per la memoria. È anche ammessa la costituzione in udienza, ma senza alcun deposito di documenti o difese scritte.

L’atto conclusivo del processo è la sentenza anche se bisogna ricordare che le sentenze interlocutorie, che decidono solo su questioni strumentali, lasciano in piedi il processo. Le sentenze definitive, invece, concludono il processo e si distinguono a seconda che pongano fine al ricorso in rito oppure nel merito mediante le sentenze di rigetto o di accoglimento che a loro volta si distinguono in: costitutive, dichiarative e di condanna.

La sentenza deve riportare la motivazione e il dispositivo ed è sottoscritta dal Presidente del Collegio giudicante e dal giudice estensore, viene pubblicata mediante deposito in cancelleria ed è immediatamente esecutiva.

Le sentenze dei T.A.R. sono impugnabili con ricorso al Consiglio di Stato

(per il T.A.R. Sicilia l’organo deputato a tale funzione è il Consiglio di Giustizia Amministrativa). La legittimazione ad appellare spetta alle parti necessarie rimaste in tutto o in parte soccombenti nel giudizio di primo grado compresi i controinteressati che non avevano ricevuto la notifica del ricorso.

Poiché la sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva, l’appellante, che dalla sua esecuzione riceverebbe un danno grave e irreparabile, può chiederne la sospensione. Il termine per ricorrere è di 60 giorni dalla notifica

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della sentenza oppure di un anno dalla pubblicazione mediante deposito in cancelleria.

La costituzione dell’appellato è prevista nei 30 giorni successivi a quello del deposito della ricorso, ma tale termine non è perentorio. È richiesta la difesa legale riservata gli avvocati abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Anche in questo caso il giudizio si conclude con la sentenza che può essere di rito o di merito; quest’ultima si distingue sentenze di rigetto o di accoglimento che, a loro volta, comprendono sentenze di puro annullamento, sentenze di annullamento con rinvio al T.A.R., sentenze di accoglimento con l’esame del merito non effettuato in primo grado, sentenze di accoglimento con riesame del merito.

Se le possibili impugnazioni vengono respinte ovvero non vengono proposte, la sentenza del TAR o del Consiglio di Stato passa in giudicato; ciò significa che la richiesta ed i motivi sui quali essa era fondata restano definitivamente disciplinati dalle statuizioni contenute nella sentenza senza che sia possibile riaprire la questione in un nuovo giudizio.

È previsto solamente il rimedio per i casi in cui l’amministrazione non ottemperi al giudicato: esso è il cosiddetto giudizio di ottemperanza.

IL RICORSO ALLA GIURISDIZIONE ORDINARIA NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Si può ricorrere al giudice ordinario quando la pubblica amministrazione

abbia tenuto un comportamento non semplicemente illegittimo, ma ingiusto, ledendo un diritto soggettivo. I poteri del giudice ordinario presentano, però, dei limiti:

- il giudice ordinario, esaminato l’atto può valutare solo la sua legittimità (conformità a norme giuridiche) e non il merito (e opportunità, convenienza);

- il giudice ordinario, se riconosce l’atto illegittimo, non può annullarlo potendo invece solamente non applicarlo dichiarandolo illegittimo e decidendo come se l’atto non esistesse;

- il privato, se vuol ottenere anche l’annullamento dell’atto, deve rivolgersi al giudice amministrativo (TAR);

- il giudice ordinario può condannare la pubblica amministrazione al risarcimento del danno causato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile; [art. 2043. Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno];

- il giudice ordinario non può mai sostituirsi alla pubblica amministrazione per il principio della separazione dei poteri.

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PARTE QUARTA

IL DECENTRAMENTO POLITICO - REGIONALE

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Istituzioni di diritto pubblico PARTE QUARTA

IL DECENTRAMENTO POLITICO - REGIONALE

LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

1. Il costituente ripartiva la Repubblica in regioni, province e comuni, quindi disciplinava prima le Regioni (art. 115 -127) e poi le province e i comuni (art. 128-133).

La costituzione del 1948 dettava i seguenti principi e disposizioni in materia: alle regioni spettavano le funzioni amministrative relative alle materie sulle quali avevano competenza legislativa (principio del parallelismo delle funzioni). Alle regioni era riconosciuta autonomia finanziaria, ma solamente secondo le norme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica. Era fatto espresso divieto alle regioni di ostacolare la mobilità di persone e cose, di istituire dazi e di limitare il diritto dei cittadini a lavorare dunque. Era riconosciuto a ciascuna regione autonomia statutaria sulla propria organizzazione interna.

Quanto alle province e ai comuni la costituzione rinviava a leggi generali della repubblica.

Gli anni ‘90 sono stati anni di grande trasformazione, citiamo alcuni provvedimenti:

- il nuovo ordinamento delle autonomie locali permise a province e comuni di dotarsi di propri statuti;

- la nuova legislazione elettorale comunale e provinciale introdusse l’elezione diretta dei vertici monocratici delle amministrazioni locali;

- il nuovo ordinamento della finanza e della contabilità degli enti locali;

- la legge sui controlli degli atti amministrativi regionali e locali ovvero la cosiddetta legge Bassanini;

Dopo le riforme costituzionali ogni regione ha un ordinamento a sé con un livello di differenziazione rispetto alle altre destinato a dilatarsi nel tempo sempre più.

Con riguardo ai contenuti lo Statuto Regionale disciplina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione.

Quanto al procedimento l’art. 123 prevede che lo Statuto sia approvato dal Consiglio Regionale con voto a maggioranza assoluta in due successive deliberazioni a distanza di almeno due mesi.

Quanto ai vincoli che lo Statuto deve rispettare l’articolo 123 della costituzione indica il limite generale dell’armonia con la costituzione; riguardo ad

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organizzazione e funzionamento della regione, la forma di governo deve rispettare una serie di vincoli costituzionali che portano ogni singola regione a muoversi dentro un percorso in parte già tracciato.

Infine, quanto alle funzioni amministrative la riforma costituzionale ha sostituito il criterio del cosiddetto parallelismo delle funzioni con l’applicazione del cosiddetto principio di sussidiarietà verticale; l’articolo 118 dispone infatti che in via generale le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni.

Dopo la riforma titolo V della costituzione, le leggi regionali non sono più

sottoposte al visto preventivo del governo. È stato abrogato l’articolo 125 della costituzione che prevedeva i controlli dello stato sugli atti amministrativi della regione.

L’articolo 116 della costituzione che riguarda le cinque regioni a statuto speciale è rimasto pressoché immutato a parte l’espressione bilingue per la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige.

Novità sono state apportate a tali regioni sulla base di statuti definiti speciali.. Le specialità consiste nel fatto che:

- gli statuti vengono adottati con legge costituzionale; - tali regioni hanno sempre competenza legislativa in un numero

di materie più ampio di quello previsto per le regioni ordinarie; - hanno una competenza legislativa esclusiva in alcune materie

nonché una competenza integrativa-attuativa per l’attuazione ed integrazione di leggi dello stato;

- hanno una ampia autonomia finanziaria sulla base di discipline diverse che assicurano risorse ingenti alle Regioni a statuto speciale.

Per quanto riguarda i rapporti internazionali la regione può concludere, nelle materie di sua competenza, accordi internazionali sia con Stati che con enti sub-nazionali non italiani. Può esercitare tale facoltà nei casi e nelle forme stabilite dalla legge statale.

Sempre per le materie di propria competenza le regioni concorrono alla formazione degli atti comunitari ed inoltre partecipano all’attuazione ed all’esecuzione degli atti dell’unione europea.

Per i rapporti con lo Stato, oltre quanto già precedentemente descritto, si può fare riferimento a quanto previsto dall’articolo 118 della costituzione.

Ogni singola regione può concludere intese con altre regioni ai fini di migliorare l’esercizio delle proprie funzioni e può istituire a tale scopo organi interregionali comuni: la legge regionale ratifica tali intese.

Dopo la riforma del 2001 le regioni e gli enti locali sono stati posti sullo stesso piano per molti aspetti; resta da evidenziare il fatto che il legislatore costituzionale, con l’art. 123, ha voluto imporre ad ogni regioni di dotarsi, nel proprio statuto, del consiglio delle autonomie locali in qualità di organo di raccordo permanente tra regione ed enti locali.

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