Maggio 2013

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ANNO VI Maggio Maggio 2013 2013 CULTURA SOSTENIBILE E HAPPY CREA CULTURA SOSTENIBILE E HAPPY CREA INSIEME per un razionale sviluppo sostenibile Arte del riciclo Arte del riciclo Hobby creativo Hobby creativo Riuso con arte Riuso con arte Riutilizzo artisti- Riutilizzo artisti- 17/18/19 maggio 2013 17/18/19 maggio 2013 Idroscalo Milano Incontri, dibattiti, workshop, eventi, spettacoli, dimostrazioni e laboratori ELENA DE VARDA ELENA DE VARDA

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Edizione di maggio di 'mdarteRivista' 2013

Transcript of Maggio 2013

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ANNO VI

MaggioMaggio

20132013

CULTURA SOSTENIBILE E HAPPY CREACULTURA SOSTENIBILE E HAPPY CREA I N S I E M E per un razionale svi luppo sostenibi le

A r t e d e l r i c i c l oA r t e d e l r i c i c l o H o b b y c r e a t i v o H o b b y c r e a t i v o R i u s o c o n a r t eR i u s o c o n a r t e R i u t i l i z z o a r t i s t i -R i u t i l i z z o a r t i s t i -

17/18/19 maggio 201317/18/19 maggio 2013 Idroscalo Milano

Incontri, dibattiti, workshop, eventi, spettacoli, dimostrazioni e laboratori

E L E N A D E VA R D AE L E N A D E VA R D A

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In contesto manifestazione 'Festival dell'ambiente 2013', l'Artista presenta la mostra personale dal titolo: “MI GODO LA TERRA”. Questo ciclo di quadri e installazioni di Elena de Varda racconta il le-game profondo tra l'autrice e la natura in cui si riflettono ritmi re-conditi, emozioni, colori e storie simili alle nostre, che l'artista cattu-ra e traspone in varie tecniche e attraverso svariati materiali (plexiglas, tela, fotografia, pittura). L'imitazione della natura è stata anelito ed ispirazione di artisti e pensatori dall'origine dei tempi, se pensiamo ai primi disegni rupe-stri fino alla nascita del pensiero estetico esposto per la prima volta da Aristotele, che considera l'arte appunto un'imitazione umana della natura nelle varie sue forme. Leonardo era ossessionato ed attratto dalla botanica e ci ha lasciato minuziosi disegni di piante di prato o fiori di campo che noi uomini del terzo millennio consideriamo insignificanti; piante che spesso crescono ai bordi dei marciapiedi, che gli antichi consideravano te-rapeutiche. Leonardo tali piante le disegnava minuziosamente sui propri taccuini e cercava da esse di apprendere qualcosa. Che cosa esattamente? Cosa possiamo apprendere dalla natura? Scienziati, biologi, neuroscienziati, artisti perseverano nello studiare la natura e continuano a stupirsi, in quanto nonostante l'immenso progresso tecnologico nessuno è riuscito anco-ra ad imitare il processo di fotosintesi di una pianta per produrre energia pulita, a creare polimeri senza dispendi immensi di risorse ed energie, come avviene in natura. Persino le forme inorganiche in natura si organizzano in geometrie perfette che gli uomini sono riusciti a imitare solo dopo infiniti calcoli di geometria frattale attraverso il computer; ogni volta ci stupiamo come bambini nell'osservare la perfezione geometrica di un cristallo o di una conchiglia che si sono creati “da soli”. L'uomo è stato da sempre attratto dalla natura in quanto ancora non ne ha rivelato il mistero profondo e non è riuscito ad imitarne i meccanismi più complessi, non abbastanza con-sapevole che solo nell'imitazione dei processi della natura troveremo la soluzione dei nostri problemi ambientali. Elena de Varda spesso si emoziona guardando una foglia od osservando il ritmo dell'acqua e cattura la natura ai bordi dei marciapiedi, nei parchi di Milano, nelle periferie e sempre si stupisce. Non sempre ha una macchina fotografica, spesso solo un taccuino, un cellulare, oppure la sola memoria. Attraverso la natura ci racconta delle storie, talvolta criptiche, decifrabili solo dopo un attenta osservazione, conscia che la Natura si può solo imitare, raccontare, mai riprodurre in quanto in ogni petalo, in ogni foglia si cela qualcosa di misterioso.

M I G O D OM I G O D O

L A T E R R AL A T E R R A Mostra personale dell’artista Elena De Varda.

Opere esposte in contesto manifestazione 'Festival dell'ambiente 2013'

Idroscalo Milano 17/18/19 maggio 2013

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In contesto manifestazione 'Festival dell'ambiente 2013', l'Artista presenta la mostra personale dal titolo: “MI GODO LA TERRA”. Questo ciclo di quadri e installazioni di Elena de Varda racconta il le-game profondo tra l'autrice e la natura in cui si riflettono ritmi re-conditi, emozioni, colori e storie simili alle nostre, che l'artista cattu-ra e traspone in varie tecniche e attraverso svariati materiali (plexiglas, tela, fotografia, pittura). L'imitazione della natura è stata anelito ed ispirazione di artisti e pensatori dall'origine dei tempi, se pensiamo ai primi disegni rupe-stri fino alla nascita del pensiero estetico esposto per la prima volta da Aristotele, che considera l'arte appunto un'imitazione umana della natura nelle varie sue forme. Leonardo era ossessionato ed attratto dalla botanica e ci ha lasciato minuziosi disegni di piante di prato o fiori di campo che noi uomini del terzo millennio consideriamo insignificanti; piante che spesso crescono ai bordi dei marciapiedi, che gli antichi consideravano te-rapeutiche. Leonardo tali piante le disegnava minuziosamente sui propri taccuini e cercava da esse di apprendere qualcosa. Che cosa esattamente? Cosa possiamo apprendere dalla natura? Scienziati, biologi, neuroscienziati, artisti perseverano nello studiare la natura e continuano a stupirsi, in quanto nonostante l'immenso progresso tecnologico nessuno è riuscito anco-ra ad imitare il processo di fotosintesi di una pianta per produrre energia pulita, a creare polimeri senza dispendi immensi di risorse ed energie, come avviene in natura. Persino le forme inorganiche in natura si organizzano in geometrie perfette che gli uomini sono riusciti a imitare solo dopo infiniti calcoli di geometria frattale attraverso il computer; ogni volta ci stupiamo come bambini nell'osservare la perfezione geometrica di un cristallo o di una conchiglia che si sono creati “da soli”. L'uomo è stato da sempre attratto dalla natura in quanto ancora non ne ha rivelato il mistero profondo e non è riuscito ad imitarne i meccanismi più complessi, non abbastanza con-sapevole che solo nell'imitazione dei processi della natura troveremo la soluzione dei nostri problemi ambientali. Elena de Varda spesso si emoziona guardando una foglia od osservando il ritmo dell'acqua e cattura la natura ai bordi dei marciapiedi, nei parchi di Milano, nelle periferie e sempre si stupisce. Non sempre ha una macchina fotografica, spesso solo un taccuino, un cellulare, oppure la sola memoria. Attraverso la natura ci racconta delle storie, talvolta criptiche, decifrabili solo dopo un attenta osservazione, conscia che la Natura si può solo imitare, raccontare, mai riprodurre in quanto in ogni petalo, in ogni foglia si cela qualcosa di misterioso.

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Günter Umberg Günter Umberg

Galleria: A arte Studio Invernizzi Via Domenico Scarlatti 12, Milano

orari: da lunedì a venerdì 10.00/13.00 - 15.00/19.00 sabato su appuntamento

Informazioni: tel. 02.29402855 [email protected] www.aarteinvernizzi.it

MOSTRA PERSONALE 17 maggio - 16 lugl io 2013

La galleria A arte Studio Invernizzi inaugura giovedì 16 maggio 2013 alle ore 18.30 una mostra personale dell’artista tedesco Günter Umberg. Dopo le precedenti mostre tenutesi in galleria a partire dal 1996, anche in questa occasione l’artista ha specificamente ideato un percorso espositivo in cui il ‘corpus’ di opere è pensato in relazione allo spazio espositivo. Attraverso un coerente percorso artistico, Günter Umberg interpreta e indaga in modo strettamente personale il tema del monocromo e le sue opere acqui-siscono lo ‘status’ di entità pienamente corporee, condizioni concrete e attua-tive, inserendosi pienamente nel contesto del reale e dell’esperienza vissuta. Nella prima sala del piano superiore verrà esposta l’opera “Territorium 20A, 2012-2013”, costituita da sei lavori ordinati e disposti dall’artista sulle pareti per creare uno spazio definito e adatto all’esperienza percettiva, creando una connessione dialogica tra i lavori stessi, la stanza e lo spettatore, che viene chiamato a interagire e divenire parte attiva. Nella seconda sala dello stesso piano verrà esposto, per la prima volta in Ita-lia, un gruppo di opere del 1976, fogli di carta trasparente immersi in pigmen-ti puri miscelati con cera o paraffina, sui quali l’artista ha praticato dei fori. Al piano inferiore della galleria, secondo un intenso procedere dialogico con quanto esposto nelle sale precedenti, saranno presentati “Territorium, 22, 2013, 2013” ed alcuni lavori recenti, caratterizzati da intense cromie scure, ottenute attraverso diverse stesure di pigmenti e resine, e da una fisicità im-perante che si disvela già nel momento del processo creativo, grazie a un’a-zione fortemente consapevole di sè e dell’interazione fisica tra l’artista e l’o-pera.

In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo bilingue con la riproduzione delle opere esposte, un saggio introduttivo di Paolo Bolpagni, una poesia di Car-lo Invernizzi e un aggiornato apparato bio -bibliografico.

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Günter Umberg "Territorium 15", 2010 Pigmento e resina su legno Courtesy A arte Studio Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano

MOSTRA: Günter Umberg

CATALOGO CON SAGGIO DI: Paolo Bolpagni

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Fino a pochi anni fa, qui in Italia, creatività e creativo erano parole impronunciabili.

Tali da evocare, nella migliore delle ipotesi, persone e attività vanitose e modaiole, e nella peggio-

re un’ampia gamma di comportamenti non solo irritanti ma disdicevoli (la finanza creativa, per dire

truffaldina. Le soluzioni creative, per dire abborracciate, improbabili e inefficaci).

Storicamente del tutto differenti l’attenzione e l’atteggiamento di altri paesi, e specie del mondo

anglosassone, in primis gli Stati Uniti ma non solo, verso l’idea stessa di creatività intesa come

motore del progresso umano: la preziosa e peculiare attitudine degli individui a scovare soluzioni

nuove, a scoprire elementi e connessioni sconosciute, a sperimentare e a inventare.

Le idee sul produrre idee

È un parroco scozzese, William Duff, a pubblicare nel 1767 An Essay on Original Genius, il primo

trattato che prova a indagare le dinamiche della creatività. È l’inglese Francis Galton, scienziato

eclettico, antropologo, cugino di Darwin e pioniere della biometria a formalizzare per primo la di-

stinzione tra nature e nurture, cioè tra eredità e ambiente, e a segnalare, in Hereditary Genius,

quanto l’educazione può nel bene e nel male influenzare l’esprimersi del talento.

Risale agli inizi del secolo scorso una delle prime, e forse ancor oggi la più convincente fra le mol-

tissime definizioni di “creatività”: fa capo al grande matematico francese Henri Poincaré, che nel

1906, in Scienza e metodo, parla di trovare connessioni nuove, e utili, tra elementi distanti tra loro.

Pochi anni dopo è il tedesco Wolfgang Köhler, uno dei fondatori della Psicologia della Gestalt, a

coniare il termine insight per definire l’illuminazione creativa e a intuirne la natura istantanea e

inattesa. Val la pena di ricordare che lo fa descrivendo la performace creativa di Sultano, il più

sveglio fra gli scimpanzé ospitati nella stazione zoologica di Tenerife, e mentre in buona parte

d’Europa infuria – siamo nel 1917 – la prima guerra mondiale.

Così, grazie a Sultano e all’ingegnosità degli esperimenti di Köhler, l’idea di creatività si estende,

anche se con tutte le necessarie distinzioni, ad alcu-

ne specie animali superiori.

Quali? Ce lo dice Alberto Oliverio: sviluppano com-

portamenti creativi le specie che sono predatrici e

non predate, i cui piccoli giocano e, quando dormo-

no, sognano.

A partire dal comportamento dei topi nei labirinti è

invece l’americano Edward Tolman a intuire, verso

la fine degli anni Quaranta, quanto flessibilità e fina-

lizzazione siano importanti per raggiungere un

obiettivo, e a formulare il concetto di mappa cogniti-

va.

Un paio di decenni prima, il tedesco Karl Jaspers si

è interrogato (1922) sui legami tra genio e follia,

mentre nel 1926 l’inglese Graham Wallas ha conce-

pito un efficace modello – in quattro fasi: preparazione, incubazione, insight e verifiche – del pro-

cesso creativo.

Gli italiani e la creatività: per quasi tutti un po’ astuzia, un po’ dono del cielo

In Italia, a parte pochi pionieri inascoltati – tra questi è necessario ricordare almeno Gabriele Cal-

vi, autore de Il problema psicologico della creatività a metà anni Sessanta, e Aldo Carotenuto per

alcuni scritti - il mondo accademico e scientifico appare per decenni piuttosto disinteressanto

all’argomento. Silvano Arieti, autore di Creatività, La sintesi magica, lavora negli Stati Uniti.

In tempi più recenti, ben che vada, gli imprenditori più curiosi, i manager più attenti e i lettori di

saggistica divulgativa vanno a cercarsi sui bestseller americani che vengono tradotti nella nostra

lingua (alcuni meritevoli, altri assai meno) qualche ricetta ready to use per avere idee. Solo da

una manciata di anni i lavori di Melucci, Antonietti, Legrenzi, Masi e non molti altri cominciano a

destare attenzione e a diffondere qualche prospettiva nuova e più consistente.

Non c’è dunque da meravigliarsi se la prima grande ricerca sull’idea che gli italiani nel loro com-

plesso hanno della creatività, svolta da Eurisko nel 2004, restituisce percezioni superficiali e con-

traddittorie: per un intervistato su due la creatività è importante per moda (60% di risposte positive)

e cucina (43%)… per poco più di uno su venti (6% di risposte positive) è importante per l’economia.

Per la maggior parte degli intervistati, compresi i giovani universitari, la creatività si risolve nel

rompere (si noti bene: non nel superare, ma nel trasgradire) le regole, ed è un fatto privato che

può rendere la vita più gratificante appagando il narcisismo individuale: magari si traduce in un

hobby da coltivare senza troppe pretese nel tempo libero, magari coincide con la capacità di de-

streggiarsi astutamente in campo lavorativo.

Insomma: nella pratica quotidiana, per i nostri connazionali, la creatività non è altro che una ver-

sione più sofisticata dell’arte di arrangiarsi mentre, se viene considerata in una più ampia prospet-

tiva storica, appare come un misterioso dono del cielo che in passato ha benedetto pochi eletti fa-

mosissimi (Leonardo, Michelangelo…), e che tuttora, per motivi altrettanto misteriosi, continua a

essere una gratuita benedizione permanente per il Paese.

Che, qualsiasi cosa “creatività” significhi, a molti sembra “creativo” per definizione, anche se gli

unici esempi di creatività che le persone hanno in mente ormai riguardano personaggi resi famosi

dalla tv.

Da segnalare l’eccezione di due gruppi: le élite produttive (professionisti, imprenditori…) dichiara-

no che creatività vuol dire talento e tenacia, conoscenza, competenza, sfida per ottenere risultati

che hanno valore.

È una visione condivisa anche dagli anziani, e il dato è meno sorprendente di quanto sembri: si

tratta delle medesime persone che, nel dopoguerra, hanno saputo, con tenacia e talento, ricostrui-

re l’Italia, avviandola a una stagione di espansione e benessere.

La pratica della creatività è stata concreta nelle loro mani ed è rimasta intatta nella loro memoria.

L a c r e a t i v i t à n e g l e t t a n e l p a e s e c h e f u i l p i ù c r e a t i v o d e l m o n d o

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Fino a pochi anni fa, qui in Italia, creatività e creativo erano parole impronunciabili.

Tali da evocare, nella migliore delle ipotesi, persone e attività vanitose e modaiole, e nella peggio-

re un’ampia gamma di comportamenti non solo irritanti ma disdicevoli (la finanza creativa, per dire

truffaldina. Le soluzioni creative, per dire abborracciate, improbabili e inefficaci).

Storicamente del tutto differenti l’attenzione e l’atteggiamento di altri paesi, e specie del mondo

anglosassone, in primis gli Stati Uniti ma non solo, verso l’idea stessa di creatività intesa come

motore del progresso umano: la preziosa e peculiare attitudine degli individui a scovare soluzioni

nuove, a scoprire elementi e connessioni sconosciute, a sperimentare e a inventare.

Le idee sul produrre idee

È un parroco scozzese, William Duff, a pubblicare nel 1767 An Essay on Original Genius, il primo

trattato che prova a indagare le dinamiche della creatività. È l’inglese Francis Galton, scienziato

eclettico, antropologo, cugino di Darwin e pioniere della biometria a formalizzare per primo la di-

stinzione tra nature e nurture, cioè tra eredità e ambiente, e a segnalare, in Hereditary Genius,

quanto l’educazione può nel bene e nel male influenzare l’esprimersi del talento.

Risale agli inizi del secolo scorso una delle prime, e forse ancor oggi la più convincente fra le mol-

tissime definizioni di “creatività”: fa capo al grande matematico francese Henri Poincaré, che nel

1906, in Scienza e metodo, parla di trovare connessioni nuove, e utili, tra elementi distanti tra loro.

Pochi anni dopo è il tedesco Wolfgang Köhler, uno dei fondatori della Psicologia della Gestalt, a

coniare il termine insight per definire l’illuminazione creativa e a intuirne la natura istantanea e

inattesa. Val la pena di ricordare che lo fa descrivendo la performace creativa di Sultano, il più

sveglio fra gli scimpanzé ospitati nella stazione zoologica di Tenerife, e mentre in buona parte

d’Europa infuria – siamo nel 1917 – la prima guerra mondiale.

Così, grazie a Sultano e all’ingegnosità degli esperimenti di Köhler, l’idea di creatività si estende,

anche se con tutte le necessarie distinzioni, ad alcu-

ne specie animali superiori.

Quali? Ce lo dice Alberto Oliverio: sviluppano com-

portamenti creativi le specie che sono predatrici e

non predate, i cui piccoli giocano e, quando dormo-

no, sognano.

A partire dal comportamento dei topi nei labirinti è

invece l’americano Edward Tolman a intuire, verso

la fine degli anni Quaranta, quanto flessibilità e fina-

lizzazione siano importanti per raggiungere un

obiettivo, e a formulare il concetto di mappa cogniti-

va.

Un paio di decenni prima, il tedesco Karl Jaspers si

è interrogato (1922) sui legami tra genio e follia,

mentre nel 1926 l’inglese Graham Wallas ha conce-

pito un efficace modello – in quattro fasi: preparazione, incubazione, insight e verifiche – del pro-

cesso creativo.

Gli italiani e la creatività: per quasi tutti un po’ astuzia, un po’ dono del cielo

In Italia, a parte pochi pionieri inascoltati – tra questi è necessario ricordare almeno Gabriele Cal-

vi, autore de Il problema psicologico della creatività a metà anni Sessanta, e Aldo Carotenuto per

alcuni scritti - il mondo accademico e scientifico appare per decenni piuttosto disinteressanto

all’argomento. Silvano Arieti, autore di Creatività, La sintesi magica, lavora negli Stati Uniti.

In tempi più recenti, ben che vada, gli imprenditori più curiosi, i manager più attenti e i lettori di

saggistica divulgativa vanno a cercarsi sui bestseller americani che vengono tradotti nella nostra

lingua (alcuni meritevoli, altri assai meno) qualche ricetta ready to use per avere idee. Solo da

una manciata di anni i lavori di Melucci, Antonietti, Legrenzi, Masi e non molti altri cominciano a

destare attenzione e a diffondere qualche prospettiva nuova e più consistente.

Non c’è dunque da meravigliarsi se la prima grande ricerca sull’idea che gli italiani nel loro com-

plesso hanno della creatività, svolta da Eurisko nel 2004, restituisce percezioni superficiali e con-

traddittorie: per un intervistato su due la creatività è importante per moda (60% di risposte positive)

e cucina (43%)… per poco più di uno su venti (6% di risposte positive) è importante per l’economia.

Per la maggior parte degli intervistati, compresi i giovani universitari, la creatività si risolve nel

rompere (si noti bene: non nel superare, ma nel trasgradire) le regole, ed è un fatto privato che

può rendere la vita più gratificante appagando il narcisismo individuale: magari si traduce in un

hobby da coltivare senza troppe pretese nel tempo libero, magari coincide con la capacità di de-

streggiarsi astutamente in campo lavorativo.

Insomma: nella pratica quotidiana, per i nostri connazionali, la creatività non è altro che una ver-

sione più sofisticata dell’arte di arrangiarsi mentre, se viene considerata in una più ampia prospet-

tiva storica, appare come un misterioso dono del cielo che in passato ha benedetto pochi eletti fa-

mosissimi (Leonardo, Michelangelo…), e che tuttora, per motivi altrettanto misteriosi, continua a

essere una gratuita benedizione permanente per il Paese.

Che, qualsiasi cosa “creatività” significhi, a molti sembra “creativo” per definizione, anche se gli

unici esempi di creatività che le persone hanno in mente ormai riguardano personaggi resi famosi

dalla tv.

Da segnalare l’eccezione di due gruppi: le élite produttive (professionisti, imprenditori…) dichiara-

no che creatività vuol dire talento e tenacia, conoscenza, competenza, sfida per ottenere risultati

che hanno valore.

È una visione condivisa anche dagli anziani, e il dato è meno sorprendente di quanto sembri: si

tratta delle medesime persone che, nel dopoguerra, hanno saputo, con tenacia e talento, ricostrui-

re l’Italia, avviandola a una stagione di espansione e benessere.

La pratica della creatività è stata concreta nelle loro mani ed è rimasta intatta nella loro memoria.

L a c r e a t i v i t à n e g l e t t a n e l p a e s e c h e f u i l p i ù c r e a t i v o d e l m o n d o

Test i e immagini t rat t i da ‘Nuovo e ut i le ’ Fonte: www.nuovoeut i le . i t Concess ione ‘Nuovo e Ut i le ’ - redazione@nuovoeut i le. i t .

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QUANDO IL TURISMO E’ BIOLOGI-

Gli edifici sono stati recentemente ristrutturati integralmente secondo i criteri dlla bioedilizia e del risparmio energetico utilizzando risorse rinnovabili. Questo intervento è stato

riconosciuto con il Premio Nazionale "Innovazione Amica dell'Ambiente 2006", patrocinato

Ponti sul Mincio

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QUANDO IL TURISMO E’ BIOLOGI-

Gli edifici sono stati recentemente ristrutturati integralmente secondo i criteri dlla bioedilizia e del risparmio energetico utilizzando risorse rinnovabili. Questo intervento è stato

riconosciuto con il Premio Nazionale "Innovazione Amica dell'Ambiente 2006", patrocinato

Ponti sul Mincio

Page 10: Maggio 2013

Elena de Varda, regista, producer e fondatrice della casa di produzione filmlux, specializzata in contenuti ambientali. Sono stata community manager per alcuni dei più grandi portali italiani.

Eclettica, curiosa, desiderosa sempre di apprendere qualcosa. Mi interesso di... musica, arte, teatro, cinema e audiovisivo, scienza, letteratura, ambiente ed ecologia.

Il mio progetto condivisione di conoscenze nella scuola partendo dal proprio territorio: io amo il mio territorio.

E L E N A D E V A R D AE L E N A D E V A R D A

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Elena de Varda, regista, producer e fondatrice della casa di produzione filmlux, specializzata in contenuti ambientali. Sono stata community manager per alcuni dei più grandi portali italiani.

Eclettica, curiosa, desiderosa sempre di apprendere qualcosa. Mi interesso di... musica, arte, teatro, cinema e audiovisivo, scienza, letteratura, ambiente ed ecologia.

Il mio progetto condivisione di conoscenze nella scuola partendo dal proprio territorio: io amo il mio territorio.

E L E N A D E V A R D AE L E N A D E V A R D A

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17/18/19 magg

io 2

013

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