Magazine Finis Terrae | N. 4/2013

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FINIS TERRAE Rivista Mensile del Progetto “Finis Terrae” Gennaio 2013 - IV L’educazione come bene comune In questo numero: Finis Terrae e il rapporto tra Scuola e Territorio Intervista al Presidente CNOS Scuola e CNOS/FAP e al Preside dell’Ist. Comp. “Garibaldi” di Bari Il contributo di don Francesco Preite Speciale Strenna 2013

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Il Magazine Finis Terrae è la rivista mensile del Progetto FT Bari sostenuto dalla Fondazione con il Sud

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Finis TerraeRivista Mensile del Progetto “Finis Terrae” Gennaio 2013 - IV

L’educazione come bene

comuneIn questo numero:

Finis Terrae e il rapporto tra Scuola e Territorio

Intervista al Presidente CNOS Scuola e CNOS/FAP e al Preside dell’Ist. Comp. “Garibaldi” di Bari

Il contributo di don Francesco Preite

Speciale Strenna 2013

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ediToriale di Vitandrea Marzano

FINIS TERRAERivista mensile

del Progetto “Finis Terrae”

Autorizzazione del Tribunaledi Bari n. 2131/2012

del 24.09.2012

Direttore Responsabile:Vitandrea Marzano

Vicedirettore Responsabiledon Giuseppe Ruppi

Coordinatrice di RedazioneAlessandra Rizzi

Gruppo di Redazione:Aron Pacucci

Mariapia Locaputo

Simona Gelao

Hanno collaborato in questo numero

Michele Lucarelli

Rossana Mazzeo

Giuseppe Cifarelli

Editing e ufficio graficodon Andrea Tripaldi

Come evidenziato dalle numerose analisi che li riguardano, i giovani costituiscono oggi un gruppo ‘in divenire’, caratterizzato da un accesso all’occupazione e alla fonda-zione di una famiglia sempre più ritardati, da frequenti avvicendamenti tra lavoro e studi, da percorsi individuali non lineari. Sullo sfondo, il peso delle trasformazioni generali del mercato del lavoro, le carat-teristiche peculiari delle varie forme con-trattuali, ma anche le rappresentazioni di sé, i mutamenti dell’identità sociale, dei riferimenti culturali, la significatività del-la formazione e del lavoro nel definire le coordinate sociali entro cui i soggetti stessi si collocano. Un quadro complesso dun-que, in cui, accanto alla mera rilevazione statistica si affiancano argomentazioni e ipotesi di carattere squisitamente qualitati-vo, volte a interpretare la fenomenologia di un processo in cui convergono dimensioni fondamentali in grado di incidere sull’agi-re individuale e collettivo: i rapporti in-terpersonali, l’affettività, il ruolo della sfera famigliare, la propensione al consumo, la dialettica con le istituzioni. Le conclusio-ni che da più parti se ne traggono parlano di una generazione ripiegata su se stessa che basa la propria esistenza maggior-mente sulle risorse individuali, incapace di rappresentarsi e che sacrifica (consape-volmente) l’auto-consapevolezza in nome della propria sopravvivenza. Per dirla con Umberto Galimberti: “l’animo di una ge-nerazione è segnata da un profondo e dif-fuso nichilismo e da una evidente perdita di senso (…) un senso inteso nella duplice accezione di significato e direzione di vita, in assenza del quale svaniscono prospetti-ve e orizzonti e si intristiscono le passioni fiaccandone l’anima”.Ciò che caratterizza infatti questo disagio, non è solo il disorientamento del presente, ma l’incapacità di proiettarsi in un futuro che custodisca una qualche promessa. E in un tale deserto emotivo, non c’è da sor-prendersi se i fenomeni di devianza mino-rile o di bullismo aumentano o se peggio la frustrazione individuale si traduce in

La centralità dei présidi educativi e il futuro dei giovani

forme di (auto)lesionismo che impediscono oltremodo un cammino di libertà. Un pro-blema culturale insomma e non psicologico come molti sosterrebbero. Ma come uscire da questo cupo scenario? Come andare ol-tre il nichilismo? La soluzione c’è e consiste nel rafforzamento dei presidi educativi e di conoscenza perché possano operare sui gio-vani e per i giovani, valorizzando l’istruzio-ne come strumento di autoconsapevolezza e leva di emancipazione. L’obiettivo è dotare i giovani di adeguati strumenti culturali per leggere il presente e la propria soggettività all’interno di un sistema di relazioni socia-li, economiche e culturali più complesse e, sulla base di questo nuovo ri-orientamento, operare una scelta consapevole per il futu-ro. Un risveglio della coscienza che possa scuoterli dal torpore del quotidiano per proiettarli in una geografia temporale di medio e lungo periodo. Un antidoto contro l’analfabetismo affettivo che possa rieduca-re al valore della lealtà, della fiducia e dell’a-more di sé e degli altri. Una rieducazione morale che passa attraverso la conoscenza e la riscoperta del valore della vita. E nel terzo millennio la scuola non può più limitarsi ad esercitare un ruolo di mera somministra-zione dell’istruzione ma deve necessaria-mente riscoprire il proprio ruolo di agenzia formativa, culturale e sociale territoriale, agendo in rete con tutti i soggetti che possa-no supportarla nel difficile compito di con-tenimento dell’inquietudine e di valorizza-zione della condizione giovanile. Insegnare l’arte del vivere non è un compito semplice e troppo spesso le scuole sono caricate di responsabilità alle quali non corrispondo-no risorse, spazi adeguati, competenze e supporti. Abbandonate dalle istituzioni e in trincea permanente, si limitano al solo governo della disciplina, senza avere spazi e tempo di programmare e attuare percorsi di crescita e buone pratiche educative. Biso-gna liberare le scuole da questo onere esclu-sivo e dar loro una nuova centralità sociale e nuovi spazi per esercitare la propria origi-naria funzione culturale.

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I circoli didattici dell’VIII Circo-scrizione di Bari sono quattro: Don Bosco - Melo da Bari, Garibaldi - Principessa di Piemonte, Carlo Levi - Collodi, S. Girolamo. In quella che è la circoscrizione più popolosa e più giovane dell’intera città (i bambini sino a 9 anni rap-presentano il 6% dei residenti e i giovani fino a 29 anni sono il 2% in più rispetto alla media cittadi-na), ma che è anche quella in cui sono ancora tanti, troppi, i minori a rischio di devianza, di margina-lità, di destrutturazione dei retaggi familiari e sociali, la scuola rappre-senta non soltanto una fucina di istruzione. È soprattutto un rifugio, un luogo dell’accoglienza, e, in molti casi, un àncora di salvataggio. Un luogo dove si respirano i valori della solidarietà, della legalità, del rispetto per l’ambiente, dell’inter-cultura e delle differenze religiose, etniche e sociali, soprattutto laddo-ve la presenza di studenti migranti non è più l’eccezione. Ma la scuola non esaurisce di per sé il ruolo edu-cativo: anche il territorio concorre alla formazione dei futuri cittadini. La crescita sociale e culturale dei cittadini, infatti, è in stratta relazio-ne con il territorio di appartenenza e la scuola si colloca come centro di mediazione tra bisogni emergenti e strumenti da impiegare. Ecco perché è fondamentale che a partire dalla scuola e ponendola al centro di un percorso formativo di più ampio respiro, tutti i soggetti attivi nel territorio portino avanti una vision educativa di larghi oriz-zonti che tenga conto dei bisogni e li integri con le possibilità edu-cative esistenti. D’altronde è dalla scuola che può partire una spinta per un processo di riscatto e coe-

Finis Terrae: tra Scuola e Territorio

linee, aTTori e risorse

sione sociale che riguarda non solo il singolo, ma la comunità tutta e le cui ricadute principali si riflettono proprio sui territori di appartenen-za. Il vero problema è che ancora oggi la scuola non viene percepita come autentica risorsa dal territorio e viceversa difficilmente la scuola individua nel territorio una comu-nità di appartenenza al cui miglio-ramento deve contribuire. Biso-gna allora uscire dall’isolamento e aprirsi reciprocamente, facendo entrare il territorio nella scuola e lasciando che il territorio consideri la scuola una ricchezza da preser-vare e valorizzare. Non è semplice però. Non basta che la scuola si apra al territorio, ma deve necessa-riamente individuare altri soggetti attivi - le famiglie, il terzo settore, le istituzioni - e con questi attivare un rapporto profondo e incisivo.

È una sfida complessa e importante per la quale servono coerenza, de-terminazione, competenza. In tal senso Finis Terrae entra con pro-fessionalità e coraggio nel mondo delle scuole organizzando labora-tori e promuovendo la cultura della legalità, dell’integrazione multicul-turale, dello sviluppo sostenibile, dello sport e del teatro come stru-menti di opportunità e riscatto so-ciale. Ma soprattutto ponendosi come anello di imprescindibile raccordo tra mondo della scuola e realtà ter-ritoriale.

Le Azioni di Progetto di Finis TerraeDiritti e rovesci. A cura della coop. sociale CAPS, è uno sportello di consulen-za legale (attivo il mercoledì dalle 16.30 alle 18.30 e il venerdì dalle 13.30 alle 15.30) e di assistenza psico-sociale (attivo il mercoledì dalle 12.00 alle 14.00) presso il centro diurno Area 51. L’obiettivo è fornire ai migranti tutte le infor-mazioni utili per districarsi nella dottrina giurisprudenziale italiana, dando consulenza legale, promuovendo l’interazione tra bisogni del cittadino e re-ali possibilità, valorizzando l’importanza di prevenire il disagio sociale e of-frendo supporto a individui singoli e famiglie, favorendo così l’integrazione.Corso per giovani burattinai: è stato indetto un bando (scadenza delle iscri-zioni il 15 gennaio), dal Granteatrino di Paolo Comentale, per iscriversi al corso per giovani burattinai e diventare abili costruttori di marionette, alle-stimenti scenici fino alla realizzazione di una vera piéce teatrale.Corso di italiano L2 per migranti, gratuito, a cura della coop. sociale CAPS presso Area 51, che si terrà ogni martedì e giovedì dalle 18.30 alle 20.00 fino a fine maggio. Educazione alla legalità nelle scuole: Legambiente Puglia sta avviando percor-si di educazione alla legalità nelle scuole IC San Giovanni Bosco – Melo da Bari, IC Duse e Collodi – Levi. Attraverso un percorso di approfondimento sui rifiuti con lezioni teoriche e sperimentazioni pratiche gli studenti avran-no la possibilità di capire il rapporto che la nostra società ha con il problema della produzione dei rifiuti, dalla raccolta differenziata alla riutilizzazione della materia oltre che valutare la qualità dell’ambiente nel proprio quartiere, migliorandolo.

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La scuola in movimento Intervista alla Preside dell’Istituto Comprensivo “G. Toniolo” di Bari

l’inTervisTadi Michele Lucarelli e Rossana Mazzeo

Prf.ssa Linda CUCUMAZZO

1) : Qual è il ruolo della scuola come presidio sociale e culturale?L’Istituto Comprensivo di Stato “G. Garibaldi”si trova nel quartie-re Libertà, in prossimità del centro cittadino, inserito in un ambiente variegato e multietnico, in un con-testo in cui la scuola è l’unica istitu-zione pubblica nella quale il bam-bino vive come “soggetto attivo”.La scuola si pone come punto di riferimento in collaborazione con il territorio, per stabi-lire strategie comuni e co-progettare itinera-ri formativi condivisi, valorizzando le risorse disponibili (Enti locali, Associazioni culturali, società sportive, grup-pi di volontariato) allo scopo di realizzare un progetto educativo ric-co e articolato, affinché l’offerta formativa della scuola non si limiti alle sole attività curricolari,

ma assuma un più ampio ruolo di promozione sociale e culturale.

2) : I giovani stranieri alla Garibal-di.Come la scuola promuove la loro integrazione?L’Istituto opera in un quartiere a forte processo immigratorio in cui vivono numerose famiglie prove-nienti da paesi diversi: Albania, Romania, Mauritius, Marocco, Ni-geria, Etiopia, Ucraina, Filippine, Cina, Bangladesh, con gli evidenti problemi d’inserimento, linguisti-co e culturale. Per questo motivo, uno dei criteri ispiratori del POF è quello dell’interculturalità, con-cepita come la nuova educazione del tempo globale e della società multiculturale. L’obiettivo è quello di far convivere le “diverse” culture in un rapporto fatto di scambi e re-ciprocità. Per favorire l’integrazio-ne, al momento dell’iscrizione, la scuola si attiva anche con l’ausilio della mediazione linguistico-cultu-rale per avviare un dialogo, fatto di scambio, confronto e reciprocità, anche con gli stessi genitori. Per

questi alunni sono stati organiz-zati corsi di alfabetizzazione della lingua italiana e l’Istituto ha anche partecipato in rete a un progetto per l’apprendimento della lingua italiana per genitori.

3) : Una proposta per il quartiere e per rendere più efficace il ruolo che la scuola ha nel territorio.L’obiettivo fondamentale della scuola è il pieno successo forma-tivo di ciascun alunno,per fare ciò, occorre prevenire e recupera-re il disagio scolastico e gli atteg-giamenti di rifiuto verso la scuola, eliminare tutti i possibili ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità. A tale scopo, l’a-pertura al territorio è per la scuola fondamentale e infatti spesso sono state attività e strategie di sostegno educativo con le varie agenzie del territorio (Enti locali, Parrocchie, Associazioni varie). In futuro, si auspica una sempre maggiore col-laborazione per operare insieme su obiettivi comuni.

4) : In che modo è coinvolta la scuo-la Garibaldi nel progetto “Finis Ter-

rae”?Sempre nell’ottica dell’apertura al territo-rio e della collaborazio-ne, L’Istituto ha accolto con grande interesse e disponibilità il pro-getto “Finis Terrae”. Il Dirigente Scolastico, i docenti Funzioni Stru-mentali seguono con particolare interesse lo svolgimento del pro-getto, ritenendolo vali-do per la nostra utenza.

Scuola Elementare “Principessa di Piemonte” - Bari

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La scuola in movimento Intervista a Don Mario Tonini , Presidente CNOS/Scuola e CNOS-FAP

l’inTervisTadi Mariapia Locaputo

Don Mario TONINI, Salesiano

1.) In questi anni si sono succeduti numerosi atti normativi in materia di riordino del Sistema di Istruzione e Formazione. Possiamo dire che la scuola sta cambiando? Se sì, in che senso? Verso quale direzione?

È vero. Da più di dieci anni il si-stema scolastico e formativo è stato sottoposto ad un processo di rifor-me e di controriforme che hanno disorientato i giovani e le famiglie ed hanno messo a dura prova gli operatori. Oggi, a giudizio di mol-ti, l’architettura ha trovato una sua stabilizzazione. Tra gli osserva-tori, sono molti, però, quelli che preferiscono parlare di “riordino” piuttosto che di “riforma” perché l’impianto complessivo è rimasto sostanzialmente quello tradizio-nale. Una novità si può cogliere nel secondo ciclo con l’avvio di un (sotto)sistema di Istruzione e Formazione Professionale – l’uni-co sottoposto a sperimentazione in questo decennio – che propone una offerta formativa più flessibile

e più raccordata con il mondo del lavoro. Ma si tratta di un cantiere ancora aperto, da completare. Se-gnali di cambiamento, in conclu-sione, ci sono nella direzione di una didattica più coinvolgente, di un sistema educativo di istruzione e formazione più vicino al mondo del lavoro, di una offerta scolastica e formativa più articolata e diffe-renziata.

2.) Quali sono i punti di forza e di debolezza oggi nella scuola (e quan-do parliamo di scuola parliamo di tutto il Sistema)?

Alcuni “pezzi” del sistema edu-cativo di Istruzione e Formazio-ne sono giudicati positivamente. Mi riferisco, in particolare, alla scuola dell’infanzia ed alla recen-te sperimentazione della sezione Primavera. Mi riferisco anche agli esiti positivi rilevati a seguito del-la sperimentazione dei percorsi formativi triennali e quadriennali, oggi messi a regime. Prematuri mi sembrano i giudizi sulle innova-zioni introdotte attraverso le nuo-ve tecnologie, leggi iPad, applicate alla didattica. Sono punti deboli dell’intero sistema, invece, a giu-dizio di molti, la situazione della scuola secondaria di primo grado, l’anello debole del sistema italiano, l’uscita dei giovani a 19 anni dal si-stema scolastico italiano rispetto ai 18, la norma più diffusa in Europa, la carenza di una offerta tecnica e professionale non universitaria strutturata ed organica, una scuola paritaria piccola e fragile.

3.) Il futuro del nostro Paese dipen-de dalla qualità della scuola, dalla capacità che essa avrà di formare cittadini consapevoli e responsabili. Quali cambiamenti sono veramente significati per rimettere al centro del processo educativo l’allievo, la sua persona, e il suo futuro?

La domanda è impegnativa e non di facile risposta perché non c’è la bacchetta magica per rendere vivo un “corpo enorme” come è il mon-do della scuola in Italia. Il sistema scolastico e formativo italiano ac-coglie un numero molto elevato di giovani – quasi tre milioni – ed è stato segnato dal fenomeno della scolarizzazione di massa. Resta-no, tuttavia, alcuni punti fermi per immaginare un servizio di quali-tà. Una scuola attenta alla persona dello studente e dell’allievo, innan-zitutto, la motivazione e la profes-sionalità dei docenti e dei formato-ri in secondo luogo, una macchina organizzativa snella, un sistema di valutazione con cui confrontarsi, un sistema scolastico e formativo connotato dal pluralismo e non dallo statalismo come è, invece, oggi.

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“La mia politica è quella del Padre Nostro”. Lo disse don Bosco a chi lo voleva coinvolgere in una scelta di partito. Può suonare come un non volersi mescolare nel confronto che ha luogo nella società. Tutt’al-tro: è un’affermazione proprio in senso contrario! Certo parlare di politica non è mai stato semplice. Oggi, dire politica evoca tangenti, rimborsi assurdi, corruzione... La politica ha più il volto del potere logoro e logorante che del bene costruttivo ed edifi-cante. In questa inversione ma-chiavellica, nella quale il fine (la partecipazione e la costruzione del bene comune) è diventato il mez-zo (esercizio del potere), c’è tutto il paradosso della politica: un volto deturpato dalla corsa al potere, in-vece di un volto bello per la voglia di costruire il bene comune. Ma il bene comune, interessa tutti! Interessa tutti perché Dio, facen-dosi storia nel Natale, ci ha fatti “sociali”. L’amore verso Dio trova la sua concretizzazione nell’amore verso il prossimo, e viceversa. Evi-denziare un solo aspetto è come slegare gli assi della Croce con il rischio di un spiritualismo evane-

scente o di un materialismo depri-mente. Nella circolarità che esiste tra la fede e l’amore è possibile veri-ficare l’autentico rapporto che lega con Dio.In questo senso la politica del Pa-dre Nostro, è la partecipazione e la costruzione del bene comune. Si-gnifica impegnarsi per una società migliore, cercando la partecipazio-ne di tutti. L’inclusione sociale av-viene, prima di tutto, riconoscendo ed includendo gli attori sociali che realmente si impegnano nelle poli-tiche del welfare State o del welfare society, senza lasciarsi indurre nel-le diverse tentazioni che il potere comporta.

Sia ben chiaro, fare una scelta par-titica, non è male! Appartiene al nostro mondo di vivere in un tem-po e in una società. Ma non si può fare una scelta partitica o essere

uomo politico a tal punto da sacri-ficare il bene della gente, la verità e il diritto. Don Bosco, fuori da ogni attivismo ideologico, ha partecipato alla po-litica. Ha lavorato per il bene della società educando i giovani ad esse-re onesti cittadini che lievitassero il corpo sociale. Per questo si faceva insistentemente presente presso gli uomini di governo mettendo a prova la sua e la loro pazienza. Non era un uomo di partito ma un uomo della società che senza tradi-re il suo essere prete ha promosso una politica a favore dei giovani. Un tempo, quello di don Bosco, non semplice, diremo in crisi: la Chiesa era sott’attacco, povertà e miseria erano in contrasto con la borghesia industriale e le grandi innovazioni, i giovani erano i gran-di esclusi, precari di manovalanza sottopagata ed a nero.... Tempi non troppo lontani dai nostri con una disoccupazione giovanile al 37%, con lo spread sociale in aumento, con la sperequazione crescente tra ricchi e poveri. Don Bosco ancora oggi può parla-re e tu potresti essere la sua voce e la sua azione!

La mia politica è quella del Padre Nostro

ConTribuTidi don Francesco Preite, Responsabile dell’Oratorio Centro Giovanile Redentore e Project Leader “Finis Terrae”

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eTiCa soCialedi don Giuseppe Ruppi

“Come don Bosco educatore, offriamo ai giovani il Vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà”

Presentazione della Strenna 2013 del Rettor Maggiore dei Salesiani

Il Rettor Maggiore dei Salesiani, così come faceva Don Bosco, ogni anno dona ai suoi confratelli come a tutti i membri della Famiglia Sa-lesiana, una “strenna”, cioè un rega-lo, una frase programmatica per il cammino del nuovo anno che ini-zia. Don Pascual Chavez, dopo aver centrato, nell’anno 2012, insieme con tutto il movimento salesiano l’attenzione sulla storia di Don Bo-sco ed aver cercato di comprende-re meglio tutta la sua vita, segnata dalla predilezione per i giovani, in questa Strenna 2013 propone come obiettivo quello di approfondire la sua proposta educativa. Concreta-mente vogliamo avvicinarci a Don Bosco educatore. Si tratta quindi di approfondire ed aggiornare il Si-stema Preventivo. Anche in questo compito, il nostro approccio non è solo intellettuale. È certamente necessario, da una parte, uno studio approfondito della pedagogia salesiana, per ag-giornarla secondo la sensibilità e le esigenze del nostro tempo. Singolare è il fatto che nel primo Oratorio di casa Pinardi, a Torino, fossero presenti alcune importanti intuizioni che saranno successiva-mente acquisite nella loro valenza più profonda di complessa sintesi umanistico-cristiana: 1. una struttura flessibile, quale opera di mediazione tra Chiesa, società urbana e fasce popolari gio-vanili; 2. il rispetto e la valorizzazione dell’ambiente popolare; 3. la religione posta a fondamento dell’educazione, secondo l’insegna-mento della pedagogia cattolica trasmessa a lui dall’ambiente del

Convitto; 4. l’intreccio dinamico tra forma-zione religiosa e sviluppo umano, tra catechismo ed educazione; 5. la convinzione che l’istruzione costituisce lo strumento essenziale per illuminare la mente; 6. l’educazione, così come la ca-techesi, che si sviluppa in tutte le espressioni compatibili con la ri-strettezza del tempo e delle risorse; 7. la piena occupazione e valoriz-zazione del tempo libero; 8. l’amorevolezza come stile educa-tivo e, più in generale, come stile di vita cristiana.

Il rilancio dell’ “onesto cittadino” e del “buon cristiano”

In un mondo profondamente cambiato rispetto a quello dell’ot-tocento, operare la carità secondo criteri angusti, locali, pragmatici, dimenticando le più ampie dimen-sioni del bene comune, a raggio nazionale e mondiale, sarebbe una grave lacuna di ordine sociologico ed anche teologico. Concepire la carità solo come elemosina, aiuto d’emergenza, significa rischiare di muoversi nell’ambito di un “fal-so samaritanesimo”. Ci si impone pertanto una riflessione profonda, innanzitutto a livello speculativo. Essa deve estendere la sua consi-derazione a tutti i contenuti relativi al tema della promozione uma-na, giovanile, popolare, avendo, al contempo, attenzione alle diverse qualificate considerazioni filoso-fico-antropologiche, teologiche, scientifiche, storiche, metodologi-che pertinenti. Questa riflessione, si deve poi concretizzare sul piano della esperienza e della riflessione operativa dei singoli e delle comu-nità. Dovremo procedere nella direzio-ne di una riconferma aggiornata della “scelta socio-politica-educa-tiva” di Don Bosco. Questo non significa promuovere un attivismo ideologico, legato a particolari scel-te politiche di partito, ma formare ad una sensibilità sociale e politica, che porta comunque ad investire la propria vita per il bene della co-munità sociale, impegnando la vita come missione, con un riferimen-to costante agli inalienabili valo-ri umani e cristiani. Detto in altri termini, la riconsiderazione della

Giuseppe Sartori, don Bosco seduto, Torino 1878

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costruttivamente critico? Il proget-to “Finis Terrae” potrebbe essere una risposta, per noi, alle sollecita-zioni che ci vengono dalla Strenna?

Gli impegni della Strenna del 2013

1. Il ‘vangelo della gioia’, che carat-terizza tutta la storia di Don Bosco che ha intercettato il desiderio di felicità presente nei giovani e ha declinato la loro gioia di vivere nei linguaggi dell’allegria, del cortile e della festa; ma non ha mai cessato di indicare Dio quale fonte della gioia vera. 2. La pedagogia della bontà. Un tratto non riducibile solo a un principio pedagogico, ma va rico-nosciuta come elemento essenziale della spiritualità salesiana.

3. Il Sistema Preventivo. È un’espe-rienza spirituale ed educativa che si fonda su ragione, religione ed ‘amorevolezza.

4. L’educazione è cosa del cuore. «La pedagogia di Don Bosco, ha scritto don Pietro Braido, s’identi-fica con tutta la sua azione; e tutta l’azione con la sua personalità; e tutto Don Bosco è raccolto, in de-nitiva, nel suo cuore».

5. La formazione dell’onesto citta-dino e del buon cristiano. La pre-senza educativa nel sociale com-prende queste realtà: la sensibilità educativa, le politiche educative, la qualità educativa del vivere sociale, la cultura.

6. Umanesimo salesiano.

7. Sistema Preventivo e Diritti Umani. La Congregazione non ha motivo di esistere se non per la sal-vezza integrale dei giovani. Il siste-ma preventivo offre ai diritti umani un approccio educativo unico ed innovativo rispetto al movimento di promozione e protezione dei di-ritti umani.

8. Per una comprensione approfon-dita e l’attuazione dei punti nodali suindicati sono utilmente da legge-re: Il Sistema Preventivo nell’edu-cazione della gioventù, la Lettera da Roma, le Biografie di Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco, tutti scritti di Don Bosco che illustrano bene sia la sua espe-rienza educativa che le sue scelte pedagogiche.

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“la liberTa’ individuale si realiZZa

Con l’iMPeGno soCiale”

aMarTya sen