Magazine Finis Terrae | N. 6/2013

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FINIS TERRAE Rivista Mensile del Progetto “Finis Terrae” Marzo 2013 - VI Differenze di genere In questo numero: La doppia presenza delle donne Intervista a Giuliana Laspada del CNA Sul rapporto tra donne e salute, il punto di vista della LILT Speciale ARENA GIARDINO PROJECT

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Il Magazine Finis Terrae è la rivista mensile del Progetto FT Bari sostenuto dalla Fondazione con il Sud

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Finis TerraeRivista Mensile del Progetto “Finis Terrae” Marzo 2013 - VI

Differenze di genere

In questo numero:

La doppia presenza delle donne

Intervista a Giuliana Laspada del CNA

Sul rapporto tra donne e salute, il punto di vista della LILT

Speciale ARENA GIARDINO PROJECT

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ediToriale di Vitandrea Marzano

FINIS TERRAERivista mensile

del Progetto “Finis Terrae”

Autorizzazione del Tribunaledi Bari n. 2131/2012

del 24.09.2012

Direttore Responsabile:Vitandrea Marzano

Vicedirettore Responsabiledon Giuseppe Ruppi

Coordinatrice di RedazioneAlessandra Rizzi

Gruppo di Redazione:Aron Pacucci

Mariapia Locaputo

Simona Gelao

Hanno collaborato in questo numero

Michele Lucarelli

Rossana Mazzeo

Giuseppe Cifarelli

Editing e ufficio graficodon Andrea Tripaldi

riscontrare quanto ancor oggi, nella cd. società moderna, alcun mutamento sostanziale sia in-tervenuto in materia di eguaglianza, basta sem-plicemente sfogliare i giornali e leggere quale tipo di protagonismo abbia l’universo fem-minile nella cronaca e nella rappresentazione culturale: donne strumento del potere politico, donne icone di marketing e promozione, donne attrici assoggettate nella sfera familiare, donne oggetto di violenza domestica, donne come corpi da trasferire e vendere lungo i confini dei paesi e delle città. In Italia ci sono 14 milio-ni di donne che sono state oggetto di violenza, quasi il 90 per cento delle donne non ha il co-raggio di denunciare il proprio patner violento, un milione e 400 mila ragazzine ha subito uno stupro prima dei 16 anni, una donna su 5 al Sud è disoccupata e la percentuale aumenta con-siderando la fascia d’età 15-24 anni: in questo caso il tasso di disoccupazione femminile sale al 49,9% al Sud (nella VIII Circoscrizione rag-giunge il 60%). Sebbene il livello di istruzione sia addirittura superiore a quello degli uomini, una donna su quattro è costretta ad abbando-nare il lavoro dopo la nascita dei figli e, ancora oggi, solo il 9% delle posizioni di management è occupato da donne. Le statistiche del World Economic Forum pongono l’Italia al 74° posto su 134 paesi in termini di ‘Gender Gap’ ossia la differenza di genere misurata in vari segmenti della vita sociale (partecipazione e opportuni-tà economica, accesso all’educazione, salute e aspettative di vita, accesso al potere politico). Dati allarmanti che indicano non solo una sot-torappresentazione dell’universo femminile sotto il profilo della sfera culturale e simbolica, ma evidenziano una vera e propria emergenza sociale a cui porre rimedio in tempi brevi e af-frontare in modo scientifico e selettivo. Perché altrimenti si rischia di promuovere un’immagi-ne di differenza – come direbbero i canadesi le minoranze devono essere visibili in Parlamento – senza interiorizzare realmente l’importanza e il senso delle differenze. A livello sociale è ne-cessario testimoniare continuamente la propria appartenenza di genere attraverso il comporta-mento, il linguaggio, il ruolo sociale. E capire che le differenze sono categorie dinamiche che devono essere storicizzate, contestualizzate e promosse. Ma soprattutto condivise socialmen-te, attraverso una difficile e spesso conflittuale dialettica democratica finalizzata al reciproco riconoscimento. E che passa anche attraverso la Politica.

Pochi giorni fa, commentando l’avvio ormai prossimo della sperimentazione della doppia preferenza in politica - un voto al maschile e uno al femminile – il mio interlocutore, genui-namente perplesso, pur adeguandosi con fiducia alla nuova vulgata, ha esclamato: “ (...) che poi, io non ho ancora capito perché prima li chiamava-mo sessi e adesso dobbiamo dire generi”. Ammet-to di aver sorriso di fronte all’ingenuità del suo interrogativo, ma allo stesso tempo mi ha fatto riflettere su come serva a poco introdurre novità culturali e legislative, senza fornire gli adeguati strumenti di comprensione di senso e di finali-tà ai cittadini. E quanto sia rischioso altresì che, certi passaggi culturali importanti, siano sem-plicemente letti dalle cittadinanze come leziosi stratagemmi lessicali progressisti e al contrario non se ne comprenda la portata storica e politica. La mancata comprensione di un fenomeno nuo-vo genera sempre diffidenza o peggio rifiuto so-ciale quando non è accompagnato da un’idonea informazione e sensibilizzazione. E nonostante possa sembrare ridondante nel 3° Millennio ar-gomentare ancora su questi temi, probabilmente l’esercizio non è mai sufficiente. Per rispondere in primis al mio interlocutore, direi che il ses-so costituisce un corredo genetico, un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici che pro-ducono un binarismo maschio/femmina, il ge-nere rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo bio-logico e danno vita allo status di uomo/donna. Uno status che evidentemente non ha ancora conseguito alcun tipo di eguaglianza, sia sotto il profilo sostanziale che della rappresentanza. Come sosteneva il filosofo Pierre Bourdieu nel suo celebre saggio ‘Il dominio maschile’, “la di-visione dei sessi trae la sua forza dal sembrare naturale, nell’ordine delle cose, dall’apparire così ovvia da non dover essere giustificata (….) e alla radice di tali schemi, invece, c’è il rapporto so-ciale di dominio che si è affermato storicamente e che si mantiene a costo di un incessante lavo-ro di riproduzione delle strutture sociali e del-le attività produttive e riproduttive organizzate secondo la divisione sessuale del lavoro”. La dif-ferenziazione dei generi - maschile e femminile - è quindi, secondo il filosofo, una costruzione sociale arbitraria, perseguita costantemente at-traverso la riproduzione di schemi di pensiero che oppongono maschile e femminile in modo strumentale, alimentando il senso di minorità del femminile, attraverso apparati simbolici e di comunicazione organizzati e pervasivi. E per

La doppia esistenza delle donne

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1. CNA. Chi è e cosa fa? La CNA è l’associazione di rappresentanza dell’artigiana-to, della piccola e media impresa ed industria. Opera attraverso un rapporto diretto con le imprese at-traverso la diffusa rete territoriale delle sedi regionali e provinciali, ognuna delle quali sviluppa strut-ture autonome di servizi e con-sulenze specifiche a misura delle imprese. Rappresenta e tute la gli interessi degli associati, con le isti-tuzioni pubbliche e private, con le organizzazioni politiche, sindacali, sociali ed economiche. Partecipa come attore protagonista alla de-terminazione delle politiche per lo sviluppo della competitività del sistema economico e civile della società regionale e nazionale.

2. Quali sono i servizi che la CNA of-fre nel territorio? La CNA si rivolge a tutti co-loro che pensano di avere un’idea valida e vorrebbero trasformarla in un’attività imprenditoriale ma hanno bisogno di orientamento e accompagnamento, informazioni di tipo burocratico e amministrati-vo, consulenza specifica finalizzata allo sviluppo del piano di impresa, alla consulenza giuridica, alle fonti di finanziamento esistenti. Inoltre, lavora al fianco del cittadino attra-verso i servizi di CAF e Patronato, CNA Pensionati, CNA World per l’assistenza ai cittadini immigrati,

CNA Impresa Sensibile per tut-te le forme di fragilità. A questi si aggiungono altri servizi di consu-lenza per le imprese e l’attività for-mativa destinata ai lavoratori, ai giovani e a tutti coloro che hanno voglia e bisogno di aggiornarsi.

3. L’VIII Circoscrizione è la più po-polosa, la più giovane e la più mul-tietnica della città. È un punto di forza o di debolezza? L’VIII Circoscrizione è si-curamente una risorsa ed un cen-tro di grandi opportunità,

per i suoi abitanti e per le organiz-zazioni, come la CNA, che vi ope-rano. Essere in tanti e di diversa nazionalità apre a differenti forme di dialogo e di conoscenza. In que-sti anni abbiamo visto l’emergere di fenomeni economici e sociali che possono determinare la crescita delle disuguaglianze e dei fenome-ni di disagio e di marginalità. L’obiettivo a cui tendere, nell’af-frontare queste nuove dinamiche

sociali, deve essere quello di agi-re puntando su logiche di diritto di cittadinanza per tutti. Occorre creare relazioni tra le istituzioni, i cittadini del territorio, le organiz-zazioni di riferimento (religiose, economiche, ecc.), per prendere consapevolezza che la diversità, nelle sue tante forme è sempre una ricchezza e non un pericolo o un problema da scongiurare.

4. Cosa fa CNA nel progetto Finis Terrae? La CNA nel progetto ha attivato uno Sportello stabile di orientamento al lavoro ed affianca-mento per la creazione d’impresa. Gli operatori forniscono consulen-za di tipo tecnico specialistico per lo sviluppo di idee imprenditoriali e per l’individuazione degli stru-menti finanziari necessari all’avvio d’impresa. Organizza seminari in-formativi sull’auto imprenditoriali-tà, per orientare e far emergere la reale attitudine al lavoro autono-mo, le competenze necessarie ed il percorso formativo e formale per la creazione di un’impresa. Inoltre, sviluppa percorsi di qualificazione professionale per assistenti familia-ri, il cui scopo è non solo certifica-re le competenze di coloro che già lavorano nell’assistenza alle perso-ne fragili, ma anche far emergere quelle forme di lavoro irregolare così largamente diffuse in questo settore.

Il Diritto delle donne al lavoro Intervista a Giuliana Laspada

linee, aTTori e risorsedi Alessandra Rizzi

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me ci sono altre mamme e perso-ne con le quali cerchiamo di ren-dere straordinario l’ordinario.

3. Cioè? Puoi essere più chiaro? La normalità, la quotidia-nità vissuta in semplicità è una lezione di vita che dura sempre.

Le risposte di Vito ci incuriosi-scono e andando un po’ più in là, troviamo delle mamme, intente a preparare degli ottimi panini. Con una certa disinvoltura chie-diamo: Ma chi vi paga?

Pagare? Siamo cresciuti con il motto di don Bosco: la nostra paga è il Paradiso. Costruire un piccolo pezzo di Paradiso nell’in-ferno di tante famiglie è già un miracolo. Non crede?

Ci sorprende la risposta di questa mamma. Li vediamo indaffarate e ritorniamo al Bar dell’oratorio. Incontriamo altre due mamme

Passeggiando per il cortile dell’O-ratorio abbiamo intervistato al-cune mamme, papà, persone che volontariamente e gratuitamente sono al servizio dei ragazzi dell’o-ratorio Vito, 50 anni, papà, svolge quotidianamente il suo servizio a favore dei ragazzi e giovani.

1. Vito in che cosa consiste il tuo impegno in Oratorio? Il mio servizio è di acco-gliere i ragazzi nel Bar dell’Ora-torio. Il bar è una stazione di vita abbastanza presente nella vita dei ragazzi. Il modo di accogliere e di servire i ragazzi esprime il nostro intento educativo per il ragazzo e l’Oratorio: ascoltare i ragazzi, in-tervenire per correggere qualche parolaccia, accogliere con un sor-riso e con gentilezza... sono pic-coli gesti, semplici, ordinari, che educano.

2. Svolgi il tuo servizio da solo? Assolutamente no. Insie-

che aiutano Vito ed Anna, volon-taria storica del Redentore e con-sacrata dal 2003 nell’Ordo Virgi-num. Le chiediamo di descrivere il loro servizio con tre aggettivi. Anna ci spiega:

E’ difficile riassumere con 3 agget-tivi il servizio che svolgo in Ora-torio da tanto tempo. Da quando mi sono consacrata cerco di eser-citare il mio stare al Bar, l’essere catechista, cercando di fare incon-trare Cristo con la mia vita perchè credo che l’evangelizzazione si fa appunto con la propria vita. Sono in oratorio non perchè ho tempo da perdere o perchè non ho nien-te da fare: l’Oratorio,la comunità del Redentore è la “vigna” a cui mi ha destinato il Signore per do-nare la mia vita al servizio degli altri. I 3 aggettivi che scelgo per qualificare il servizio in Oratorio sono: pronto, disponibile, attento.

La gratuità del sociale al femminile Incontro con alcuni volontari dell’Oratorio

l’inTervisTadi Michele Lucarelli e Rossana Mazzeo

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Alla domanda: “quanto si par-la dell’universo femminile?”, ri-sponderemmo: “Tantissimo”. Ma se poi ci chiedessimo: “Quanta attenzione concreta viene ri-servata alle problematiche delle donne?” , la risposta non sareb-be dello stesso tono. E lo sanno le donne lavoratrici che devono affrontare la maternità tra mil-le problematiche: gravidanza, allattamento, primi anni di vita del bambino. A chi si rivolgo-no? Alle Istituzioni? No, ad altre donne: Mamma, Suocera, Sorella.Infatti, nonostante le donne siano sempre state numericamente su-periori agli uomini, bisogna am-mettere che l’impostazione della società è stata prevalentemente androcentrica. E questo è avve-nuto anche in Medicina: gli studi in ambito clinico e farmacologico sono sempre stati compiuti con-siderando quasi esclusivamente, soggetti maschi e adattando suc-cessivamente i risultati alla don-na, senza valutare che la biologia f e m m i n i -le può in-f luenzare, talvolta in modo de-terminante, lo sviluppo e la progres-sione della m a l a t t i a . Ecco perché da qualche anno a que-sta parte, si parla di Medicina di Genere che tiene conto

anche di altri vari fattori che in-fluenzano negativamente la salute della donna: il doppio impegno (famiglia e lavoro), la scarsità di potere economico personale, e, soprattutto, la propensione ad oc-cuparsi prima dei bisogni altrui che dei propri. Questo atteggia-mento, si accentua maggiormen-te in momenti di crisi economi-ca quando sempre più donne, si trovano costrette a risparmiare sulle cure e la prevenzione in fa-vore della famiglia e dei figli. E questa tendenza sta portando ad un aumento dell’incidenza di tut-te le maggiori patologie di genere (dai tumori ai disturbi psichici, fino alla malattia cardiovascola-re). Le Istituzioni sanitarie hanno compreso come la tutela e la pro-mozione della salute delle donne, sono da considerarsi un impor-tantissimo investimento anche per il miglioramento dello stato di salute del Paese, e stanno la-vorando su questo fronte, ma, di-

ciamolo francamente, la strada è ancora lunga. Per questo bisogna sollecitare sempre di più le don-ne ad essere più attente alla cura della propria salute. Sul fronte della prevenzione dei tumori tipi-camente femminili (utero e seno) le donne hanno già da tempo raggiunto un buon livello di con-sapevolezza e sensibilità che ha portato ad un calo della mortalità per tali patologie, nonostante l’in-cidenza della malattia sia sempre alta. E’, infatti, sempre più alto il numero di donne che si sottopon-gono ai controlli assicurandosi, così, una tempestiva individua-zione della patologia oncologica e, di conseguenza, una possibilità altissima di vittoria sulla malattia. Lo stesso atteggiamento positivo deve essere mutuato anche negli altri ambiti della tutela della pro-pria salute. Le donne sanno che il loro comportamento sarà vissuto come primo modello da imita-re da parte dei loro figli, perché

sono e conti-nueranno ad essere il ti-moniere della loro famiglia. Mi piace con-cludere con una frase del libro “L’origi-ne femminile dell’umanità”. Per ripensare l’idea, il con-cetto stesso di specie uma-na, la strada più utile, la via maestra, è quella che ri-parte dal gene-re femminile.

Sul rapporto tra donne e salute Il punto di vista della LILT

ConTribuTidi Anna Mastropasqua,Responsabile della Sezione Provinciale della LILT di Bari

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eTiCa soCialedi don Francesco Preite, Responsabile Oratorio Centro Giovanile Redentore Salesiani Bari

Mission , Governance, VisionLa differenza cristiana di un progetto educativo

Le periferie contano qualcosa nelle grandi metropoli urbane della nostra esistenza? I gesti di bontà e di tenerezza servono ad un mondo concentrato sul proprio torna-conto e sullo spread? Il più forte vincerà sempre nella selezione naturale di una so-cietà sempre più esclusiva e sempre meno inclusiva?In poco meno di un mese, queste do-mande hanno trovato un’unica risposta da un’istituzione al centro di scandali che l’hanno turbata ma non vinta, da una co-munità antica ma sempre giovane con una capacità innata di rinascita e di riscatto. La risposta è stata: Papa Francesco.Un vescovo scelto dalla periferia del mon-do per presiedere nella carità, il centro del mondo.E nella prima omelia, il vescovo di Roma ha lanciato il suo progetto in tre punti, anzi in tre movimenti. Ogni educatore sa che per permettere la crescita di un ragaz-zo ha bisogno di proporre dei passaggi, dei movimenti. In tal senso il progetto è educativo: movimenti e non punti, perché il movimento indica dinamismo e non immobilismo. Il progetto educativo di Papa Francesco insiste su tre movimenti semplici e chiari per l’agenda mondiale della Chiesa e dei credenti. Il primo movimento è camminare. “Cam-

minare è la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo”. Camminare indica la missio-ne da portare a termine. Ogni cammino è ricco di insidie che non devono imbri-gliare o fermare una comunità che vuole giungere insieme alla meta. Camminare con il passo dell’ultimo e non del primo: è il segreto del non fermarsi ed è la mission dei credenti che voglio rendere un servi-zio alla persona e alla società.Il secondo movimento è edificare. Edifi-care è voler consolidare il cammino fatto costruendo la comunità pietra su pietra. Costruire richiede la forza di verificare il cammino (mission) prendendo decisioni rispettose della comunità ma perentorie per non compromettere il cammino svol-to costruendo palazzi di sabbia, deboli di consistenza. La capacità di governo, la governance è il secondo movimento che il pastore di Roma chiede ai cristiani di ren-dere operativo. E avverte: “Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiag-gia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza”.La governance richiede la capacità di ben progettare, terzo movimento. La visio-ne progettuale o vision illumina gli altri due movimenti dando senso e significato. Senza visione progettuale non ha senso

né camminare, né edificare: “Noi pos-siamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va”. Confessare Gesù Cristo (vision), significa proporre la croce come unica via (mis-sion) per servire la persona edificando la comunità (goverance). Tradire la vision è tradire l’identità del cristiano: “Quando camminiamo senza la Croce, quando edi-fichiamo senza la Croce e quando confes-siamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, ma non discepoli del Signore”. La differenza cristiana sta tutta qui! Una differenza che pone l’ultimo al centro, che non discrimina ma che edifica una comu-nità sempre più giusta ed inclusiva come l’amore di Dio manifestato sulla croce per tutti. Difficile da credere? Gesù Cristo ha iniziato con dodici apostoli... E Papa Fran-cesco, successore di Pietro del gruppo dei dodici, già sta attuando il progetto. Alcuni segni parlano chiaro: la croce pettorale di ferro, il condividere il tragitto sul bus con gli altri confratelli cardinali, la riduzione della scorta, il celebrare la Messa del Gio-vedì Santo nel carcere minorile di Roma...Gesti semplici che esprimono una verità difficilmente contestabile: l’unico potere del cristiano è il servizio.

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speCialeArena Giardino Ballerina Project

Differenze e periferial Collettivo BUA (Bari Urban Action) sceglie l’VIII Circo-scrizione per il proprio Pro-getto ‘Arena Giardino Ballerina Project’: un progetto socio-fo-tografico indipendente che focalizza l’attenzione dell’o-pinione pubblica e dell’Am-ministrazione su luoghi in abbandono e contesti degra-dati attraverso la fotografia e la danza. L’azione AGBP ha scelto l’Arena Giardino, l’ex cinema del Quartiere Libertà chiuso ed in stato di abbandono da più di quindici anni, “preludio” della Manifattura dei Tabac-

chi, altro spazio storico ed in-cantevole contenitore urbano in altrettanto stato di degrado ed indifferenza. Il Progetto, li-beramente ispirato all’inizia-tiva internazionale ‘Bellerina Project’ è stato curato da Elisa-betta de Robertis (aka Jeanne Duval) e Olga Diasparro nel concept e nella fotografia. L’a-zione urbana ha visto coinvol-ti 8 ballerini, Andrea, Bassi, Alessia Carbone, Francesco Colonna, Erika Guastamac-chia, Giorgia Martinelli, Sere-na Servadio, Serena Pantaleo, Marianna Vitucci, dell’ Acca-

demia dello spettacolo UniKa e della Compagnia Altradan-za che hanno fatto rivivere le macerie di un luogo che in un passato recente è stato un ele-mento di aggregazione sociale e culturale in uno dei quartieri più problematici della città.

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“la diFFerenza aCquisisCe valore

quando diviene soggeTTiviTà”

Julia KrisTeva