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UNITÀ DIDATTICA 1L’Italia e la gastronomiadei localismi pag. 60

UNITÀ DIDATTICA 2La gastronomia europea pag. 88

UNITÀ DIDATTICA 3La gastronomia del mondo pag. 98

IL SETTORE GASTRONOMICO TRAIDENTIFICAZIONE E GLOBALIZZAZIONE

MM OO DD UU LL OO 33

ABILITÀMM33 UUDD11 •• SSaappeerr iinnddiivviidduuaarree ggllii aalliimmeennttii iinn bbaassee aallllee ccaa--rraatttteerriissttiicchhee ee aallllaa pprroovveenniieennzzaa tteerrrriittoorriiaallee

•• SSaappeerr iinnddiivviidduuaarree iill ccoonnttrriibbuuttoo aappppoorrttaattoo ddaagglliiaalliimmeennttii aallllee ddiivveerrssee ccuucciinnee tteerrrriittoorriiaallii

•• SSaappeerr vvaalloorriizzzzaarree ii ppiiaattttii ddeell tteerrrriittoorriioo

MM33 UUDD22•• SSaappeerr rriiccoonnoosscceerree llee iiddeennttiitt>> ggaassttrroonnoommiicchheeddeellllee pprriinncciippaallii ccuucciinnee eeuurrooppeeee

MM33 UUDD33•• SSaappeerr ddiissttiinngguueerree llee ddiivveerrssee ccuucciinnee ddeell mmoonnddooaattttrraavveerrssoo llee lloorroo ccaarraatttteerriissttiicchhee pprriinncciippaallii

www.07Gli ingredienti fondamentali:la mozzarella e il pomodoro per la pizza e la pizzaiolawww.08L’identità della cucina nasce dal confronto e dal confine culturale(a cura del prof. G. Ballarini)www.09Storia della culturagastronomica americana

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1. Un mosaico di culture e di saporiNel nostro Paese la cucina è spesso considerata l’elemento più rappresentativo dell’identità nazionale,anche se, in realtà, non esiste una cucina italiana vera e propria,sia a causa della complessa articolazione geografica del ter-ritorio, sia per la storia del Paese stesso, due condizioniche in vario modo hanno contribuito a far nasceremolti piatti tipici riconducibili allo stesso territorio.Le regioni italiane, infatti, più che dai piatti dellaloro gastronomia, sono accomunate dall’uso dialcuni ingredienti come, per esempio, la pasta,che è presente su tutte le tavole dello Stivale, indiversi formati e con sapori che variano anchein base alle zone di produzione.Il Nord e il Sud d’Italia sono uniti anche dal riso,consumato secondo numerose ricette, andandodal risotto alla milanese in Lombardia fino agliarancini in Sicilia, con variazioni ancora a livelloregionale, tanto che a Palermo, per esempio, glistessi arancini sono preparati con riso aromatiz-zato allo zafferano, quindi dal colore giallo,mentre a Catania è mantenuto bianco. Se ci sisposta, invece, in Emilia Romagna, si possono ri-

Sbo l lentare i saper i

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Nord

Prevalenza di carni bovine e suine,

pesci d’acqua dolce, prodotti caseari, selvaggina.

Modesto uso del pomodoro.

Sapori intensi e prevalenza di pollame,carni ovine e suine, pesce azzurro.

Largo uso del pomodoroe delle verdure

a foglia.

Largo uso del peperoncino e prevalenza

di pasta e zuppe di verdura, carni ovine,pesci e frutti di mare,

formaggi.

CentroSud

LE GRANDI AREE GASTRONOMICHE ITALIANE

I piatti della tradizione italiana, come per esempio la pasta e la pizza, sono considerati oggi il fattore piC rappresentativodellIidentit> nazionale da quasi la met> degli italiani interpellati.Secondo unIindagine della Coldiretti, infatti, la cucina @ considerata piC significativa della cultura artistica e letteraria,della moda, del calcio, della scienza e della tecnologia quale veicolo di riconoscimento nazionale.

LL’’ IIttaall iiaa ee llaa ggaassttrroonnoommiiaa ddeeii llooccaall iissmmii

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 61M.3

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conoscere addirittura due cucine completamente diverse, debitrici ognunadella storia che ha caratterizzato il passato delle regioni Emilia e Romagna. In-fatti, tra l’800 e il 550 a.C., in Emilia era già fiorente l’allevamento dei bovini,mentre la Romagna scontava il prezzo di essere ancora un territorio molto pa-ludoso. Di conseguenza, allora come oggi, l’impiego della carne di manzo èmolto più frequente nella cucina tradizionale emiliana.Un altro denominatore comune rintracciabile nella cucina italiana è rappre-sentato dalle tecniche di cottura tradizionali, lente e prolungate, della carne,cucinata brasata, in umido, arrosto o in salmì. Nello stesso tipo di prepara-zione, però, gli ingredienti possono essere diversi: per quanto si riferisce, peresempio, alla cottura arrosto, nel Lazio si preferisce la porchetta, mentre inLombardia il coniglio. Quanto si è messo in evidenza finora dimostra come,benché non esista una vera e propria cucina nazionale, nel corso dei secoli,una fitta rete di contatti tra popolazioni con usi, costumie condizioni socio-economiche diverse ha favorito gliscambi di informazioni, di ingredienti e di tecniche incucina. Tutto ciò ha permesso la nascita di una culturagastronomica italiana fondata sia sulle identità locali siasulle innovazioni. Spesso le ricette contadine semplici ve-nivano rielaborate e nobilitate all’interno delle corti deinobili, proprio come fanno, anche se in ambiti diversi,magari più tecnologici, gli chef odierni. Il risultato diquesto processo è che talvolta le pietanze, pur diverse traloro, sono comunque l’espressione di uno stile italianoben identificabile, basato sulla ricerca, a tavola, del sa-pore e del massimo piacere.

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LIAAccccaaddeemmiiaa IIttaalliiaannaa ddeellllaa CCuucciinnaa @ unIassociazione culturale fondata nel 1953, a Milano, dal giornalista e scrittore OrioVergani �1898 F 1960� e presieduta oggi dal prof. Giovanni Ballarini. J stata dichiarata, il 18 agosto 2003,Istituzione

Culturale della Repubblica Italiana. Tale associazione @ stata la prima in Italia a dedicarsi alla tutela e alla valorizzazionedella tradizione gastronomica del nostro Paese, con il fine di promuoverne e favorirne il miglioramento, facendolaconoscere anche allIestero, mediante varie iniziative, studi e opere di divulgazione, che si avvalgono del contributo

di un centro studi e di attivit> editoriali, con programmi di degustazione dei prodotti e cosA via. �Nella foto ilPresidente dell�Accademia Giovanni Ballarini e il Presidente Giorgio Napolitano�

www.07Gli ingredienti fondamentali: la mozzarella e

il pomodoro per la pizza e per la pizzaiola

I piatti della tradizione italiana, come per esempio la pasta e la pizza, sono considerati oggi il fattore piC rappresentativodellIidentit> nazionale da quasi la met> degli italiani interpellati.Secondo unIindagine della Coldiretti, infatti, la cucina @ considerata piC significativa della cultura artistica e letteraria,della moda, del calcio, della scienza e della tecnologia quale veicolo di riconoscimento nazionale.

UUnn pp iizzzziiccoo iinn pp iiùù

Gli ingredienti della tradizione lombarda rivisitati: Risotto alla milanese, ossobuco e gremolata di PanettoneIngredienti

Ossibuchi di vitello 1,4 kg Sedano, carote e cipolle 300 gSalvia 1 mazzetto Rosmarino 1 mazzettoPrezzemolo 1 mazzetto Vino bianco 1 dlPomodori maturi 150 g Panettone al mandarino 150 gRiso Carnaroli 300 g Olio aromatico alla cipolla q.b.Brodo vegetale q.b. Pistilli di zafferano q.b.Burro 80 g Grana padano 100 gOlio extravergine d’oliva q.b. Sale e pepe q.b.

Procedimento• Tagliare le verdure a julienne e farle appassire in una casseruola con poco olio e con un mazzetto composto

da metà di erbe aromatiche, unire gli ossibuchi, rosolare, sfumare con il vino bianco e lasciare evaporare, ag-giungere i pomodori privati della buccia e dei semi, salare e pepare e portare a cottura.

• Tostare il panettone in forno e frullare al mixer con prezzemolo, salvia e rosmarino. • Togliere il midollo dagli ossibuchi, impastarlo con il panettone alle erbe, formare dei rotolini con la pellicola

trasparente e congelare. • Passare al mixer il fondo della carne, tagliare a cubetti la carne degli ossibuchi, unirla la fondo di verdure e

metterla in cerchietti monoporzione. • Tostare il riso con l’olio aromatizzato alla cipolla, bagnare con il brodo, dopo 10 minuti di cottura unire i pi-

stilli di zafferano, portare a cottura, togliere dal fuoco e mantecare con burro e grana padano. • Versare il riso nei piatti di portata, adagiarvi gli ossibuchi e completare con una lamella di midollo aromatiz-

zato al Panettone.(Tratto da Loison, Pasticceri dal 1938)

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2. Le tre macroaree gastronomiche dell’ItaliaLe profonde differenze geologiche, idrografiche e climatiche contribuisconoa far distinguere lungo la penisola italiana tre macroaree geografiche: setten-trionale, centrale e meridionale, in ciascuna delle quali la cucina ha caratteri-stiche legate alla produttività del territorio considerato.Per esempio, nel periodo precedente l’industrializzazione dell’Italia, nel se-condo dopoguerra, la pasta secca fatta con grano duro, acqua e un pizzico disale (spaghetti, rigatoni e così via) era più facile da preparare, e quindi più po-polare nel Sud, dove il clima caldo ne accelerava il processo di essiccazione.Non è un caso, infatti, che, nonostante la presenza di fabbriche di pasta seccain tutta Italia, siano ancora oggi le regioni meridionali italiane a vedersi attri-buire il primato del prodotto migliore. Il Centro e alcune zone del Nord Italia (in particolare l’Emilia Romagna e ilPiemonte) sono invece note sia per la produzione di pasta fresca preparatacon uova, farina e sale, come le tagliatelle, i tajarin o le pappardelle (che sono

tutte paste a forma piatta), sia per le paste ri-piene, fra le quali i ravioli e i tortellini. Tuttavia,per tradizioni secolari, nell’Italia del Nord siconsumavano soprattutto due prodotti: la po-lenta, costituita da un impasto di farina di maise acqua, che rappresentava l’alimento base deiceti più poveri, e il risotto, preparato con diversevarietà di riso tutte coltivate nel settentrione, tracui l’Arborio, il Carnaroli e il Vialone Nano.Nel Sud, invece, dove il periodo di crescita e ma-turazione dei prodotti agricoli è maggiore ri-spetto al Nord, per le stagioni più soleggiate ecalde, in cucina sono popolari i pomodori, la cuicrescita ben si adatta a tali condizioni climati-

che. Di conseguenza, le regioni meridionali vantano una cucina composta damolti piatti a base di salse rosse, associate alla pasta o, come è noto, alla pizza.Inoltre, fra gli ortaggi rivestono ruoli gastronomici importanti le melanzane, ifriarielli, le cime di rapa e i broccoli, spesso associati a paste lunghe e corte(spaghetti, orecchiette, fusilli, ecc.). Nel Nord, al contrario, si ritrovano le coltivazioni orticole adatte a un climapiù fresco, se non freddo, come quelle dei cavoli, dei cardi e del radicchio, chenecessitano anche di meno ore di luce solare.Un cenno particolare meritano poi i formaggi, che, soprattutto in passato, dif-ficilmente si consumavano al di fuori della regione d’origine, perché la loropreparazione è fortemente legata al clima del territorio: la stessa tecnica diproduzione, infatti, è in grado di generare formaggi differenti a seconda dellazona di lavorazione. Inoltre, mentre al Nord prevale l’impiego caseario dellatte di vacca, nel Centro si fa uso di quello di pecora mentre al Sud è spessoutilizzato quello di bufala.

CCuucciinnaa RReeggiioonnaallee -- IIll NNoorrdd Nelle regioni del Nord sono allevate ottime razze di bovinida carne e da latte, nonché varietà di suini (maiali) diqualità, in particolare in Piemonte e in Emilia Roma-gna, mentre la carne di altri animali, come l’agnello oil capretto, svolge un ruolo gastronomico minore. Lacucina del territorio spazia pertanto dai bolliti alla frit-tura, fino ai brasati e agli stufati. In genere, con questetecniche di preparazione i cuochi fanno un uso mo-desto dei pomodori, preferendo impiegare per lostesso scopo il vino o il brodo, mentre, per esaltare il sa-

Erbe aromatiche.

... per saper fare

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pore dei piatti, si servono di erbe tritate, con risultati anche molto apprezza-bili per aroma e sapore. Lo stesso discorso vale per gli arrosti, soprattutto quelliinvernali, in molti casi realizzati aggiungendovi un ripieno di verdure. Nelle regioni settentrionali si deve anche considerare la grande varietà di pro-dotti ittici disponibili, fra cui le anguille di Comacchio, a sud del delta del Po,le cozze e le vongole nelle zone costiere, oltre a numerose specie di pesci d’ac-qua dolce. Presso i laghi e le vie navigabili interne, soprattutto in pianura, si tro-vano, inoltre, le anatre e altri uccelli selvatici, che, particolarmente in passato,rappresentavano una risorsa alimentare importante e a basso costo. In tutta l’area settentrionale, dalle zone montane a quelle di pianura, rivestonomolta importanza, infine, i salumi, i prodotti caseari, con una vasta gamma diformaggi, spesso di rinomanza internazionale, come l’asiago, il gorgonzola, ilgrana padano e il parmigiano reggiano.

CCuucciinnaa RReeggiioonnaallee -- IIll CCeennttrroo La cucina dell’Italia centrale è caratterizzata dai sapori intensi.In queste zone le estati sono più calde e prolungate di quelledel Nord e, di conseguenza, sono numerosi i piatti a base dipomodori; allo stesso tempo, le zone dell’entroterra sono con-traddistinte da inverni freddi, ideali per la maturazione delleverdure a foglia, come il cavolo nero, che raggiungono il pro-prio apice produttivo dopo le gelate. Nonostante la presenza di brasati e stufati di carne, in granparte del centro Italia un menu tipico deve comprendere unmisto di pollame, carni suine e carni bovine cotte arrosto oalla griglia. Queste preparazioni sono comuni soprattutto inToscana, ricca per tradizione di allevamenti di bestiame da cuisi ottiene la celebre Chianina. Nel Lazio, invece, nei piatti ti-pici è ben presente la carne d’agnello, il cui allevamento è svi-luppato anche in Umbria e nelle Marche. Nonostante la prevalenza delle carni, la cucina regionale del-l’Italia centrale possiede anche una ricca tradizione di specialità agricole, conmolte colture che difficilmente si trovano altrove: ne sono esempi il farro, unantico cereale coltivato già dai Romani, lo zafferano, il cui sapore particolarearricchisce molti piatti tipici locali e i carciofi.In queste regioni centrali sono molto diffusi anche il cosiddetto pesce azzurro(come le sardine), cucinato in brodetto o in zuppa, e la preparazione dellapasta all’uovo.Il territorio che caratterizza questa parte d’Italia, quasi interamente collinareo di montagna, vanta inoltre molti boschi di castagni, i cui frutti (le castagne)in passato sono stati fra le materie prime alimentari fondamentali per la mensadei ceti più poveri. Anche ora, però, arrostite, costituiscono un gustoso cibo in-vernale, così come i piatti preparati con la farina ottenuta dalle castagne es-siccate, fra cui il castagnaccio.

CCuucciinnaa RReeggiioonnaallee -- IIll SSuudd La cucina regionale del Sud Italia è l’emblemadella terra nella quale ha avuto origine: ricca dicontrasti. Ci si trova, infatti, nell’area dove in pas-sato si è manifestata maggiormente la povertà,tanto che gran parte della popolazione vivevaquasi esclusivamente di una dieta vegetariana,ricca di verdure, pane e pasta. Allo stesso tempo,però, la nobiltà locale, spesso di origine stra-niera, era straordinariamente ricca e poteva per-mettersi abitudini alimentari molto raffinate ecostose.

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Cavolo nero.

Linguine con le cozze.

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Rispetto all’Italia settentrionale e centrale, nelle regioni del Sud si fa un uso mag-giore di pasta secca, ma si consumano anche zuppe nutrienti a base di verdure.Per quanto riguarda la carne, anche se sono presenti i bovini, allevati già in pas-sato, il Sud è noto storicamente per l’allevamento del suino e la pastorizia, cosìche il maiale, l’agnello e il capretto assumono nella dieta un ruolo molto più im-portante di quanto accade in gran parte del Nord e persino del Centro. Nelle regioni meridionali anche il pesce contribuisce fortemente alla dieta dibase e, anzi, in molte zone costiere è l’alimento predominante, insieme ai mol-luschi, preparati spesso in primi piatti ricchi e sostanziosi. Sono degni di notaanche molti formaggi, alcuni dei quali divenuti prodotti di grande pregio,come il caciocavallo, il provolone e l’eccellente mozzarella. Per i condimenti,invece, rispetto al burro (tipico del Nord) si preferisce impiegare l’olio di oliva(extravergine) e si fa largo uso del peperoncino il quale, oltre a insaporire icibi, svolge una funzione antisettica apprezzata soprattutto nei territori caldidel Mediterraneo. Infine, i dolci del Sud, composti spesso da agrumi e frutta secca, tendono a es-sere molto più grassi e zuccherati rispetto a quelli delle altre zone del Paese,forse per l’origine magrebina di alcuni di essi.

3. Le caratteristiche della cucina regionaleOltre alla conformazione fisica, alla posizione geografica e al clima, di cui si ègià detto, esistono altri fattori che hanno influito sulle usanze culinarie ita-liane, facendo riferimento in particolare all’alternanza di popoli (spagnoli, au-striaci, francesi, arabi e così via) che, nei secoli, hanno occupato i diversiterritori, senza trascurare le materie prime che in passato sono giunte nella

nostra penisola da altri continenti. Per esempio,ingredienti fondamentali come il mais e il po-modoro, provenienti dall’America, furono intro-dotti nella cucina italiana soltanto intorno alXVIII secolo, andando poi a integrarsi con le giàforti identità territoriali. Lo stesso ulivo, quasiemblematico delle regioni che si affacciano sulMediterraneo, è stato portato dall’Oriente, forsegià da Alessandro Magno.È quindi facile notare come il Piemonte e la Valled’Aosta sono fortemente influenzati dalla cucinafrancese, così come si rintracciano influssi slavi eaustro-ungarici nelle abitudini culinarie friulanee altoatesine; dall’Oriente sono arrivate in Ve-neto le spezie, mentre la cucina siciliana è stataplasmata da quella araba e normanna. Le inva-

sioni di Greci, Etruschi, Romani, Longobardi, Arabi, Normanni, Spagnoli eAustriaci hanno aumentato pertanto le diversità culinarie nelle varie zone d’Ita-lia, dando vita alla ricca identità gastronomica che si conosce oggi, e che ci èriconosciuta anche al di fuori dei confini nazionali.Le tradizioni dei nostri piatti sono legate, tuttavia, alla cucina popolare, tra-mandata nei secoli soprattutto dalle famiglie contadine e basata sulla tipicitàdei prodotti del territorio, come ortaggi e verdure, e sull’ampio utilizzo di ce-reali e legumi di vario genere, nonché di formaggi e salumi. Nel tempo le ri-cette del popolo sono state rivisitate dalle classi agiate, che hanno contribuitoa inserire in esse prodotti di origine più nobile, quali innumerevoli qualitàdi carni e di pesci, e sono state poi rielaborate dall’estro e dalla professiona-lità dei cuochi che si sono susseguiti nelle varie epoche. In tal modo, semplicie popolari ricette locali si sono diffuse su buona parte delle tavole, fino a di-ventare patrimonio di tutta l’Italia, costituendo una vera e propria cucina na-zionale.

Per ccuucciinnaa nnaazziioonnaalleesi intende oggi unacucina piC semplicedi quella classica,composta tuttaviada alimenti della tradizione locale eofferta, di solito,in ristoranti

o trattorie piuttostoinformali.

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Tuttora, l’innovazione della cucina si fonda sulla rivi-sitazione dei piatti tradizionali, mediante la speri-mentazione di nuovi accostamenti tra ingredientiprovenienti non soltanto da ogni parte d’Italia, maanche da luoghi più lontani, con lo scopo di far con-vivere armonicamente tecniche e materie primenuove e tradizionali.Per innovare, infatti, è importante conoscere le ricettedei localismi, che per comodità sono state catalogatein questo libro su base regionale, pur sapendo chespesso, anche all’interno di una stessa regione, le siesegue in modi molto differenti. Per questo motivo,pertanto, si è soliti parlare di “cucina del territorio”,proprio per evitare rigide classificazioni regionali che,se sono vere da un punto di vista amministrativo, nonlo sono in ambito enogastronomico.

4. La gastronomia delle regioni d’ItaliaL’Italia è un mosaico di culture che, nei secoli, si sono fuse in un’unica iden-tità nazionale. Tuttavia, se questo è stato possibile dal punto di vista sociale epolitico, nelle manifestazioni più profonde dell’anima popolare sono rimasteintatte le più antiche abitudini, fra le quali quelle legate alla gastronomia. Ogniregione della penisola conserva ricette che hanno resistito nel tempo a qual-siasi omologazione culturale, diventando il segno di riconoscimento di una cu-cina definita dei localismi, con una ricchezza che difficilmente possiedonoaltre Nazioni.

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UUnn pp iizzzziiccoo iinn pp iiùù

La cucina di Pellegrino ArtusiNella sua opera La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, pubblicata nel 1891,Pellegrino Artusi (1820-1911) realizzò la prima sintesi gastronomica riferita allacucina italiana.Secondo questo codice alimentare dell’Italia unita, i maccheroni, per esempio,si preparerebbero con “pasta, pomodori sbucciati tagliati a pezzi e nettati daisemi, basilico, sale, pepe…” provenienti dal Sud, a cui vanno aggiunti gli ingre-dienti tipici del Nord. Quindi, ci ricorda Artusi: “condite i maccheroni con burrocrudo e parmigiano e mandateli in tavola, che saranno aggraditi specialmenteda chi nel sugo di pomodoro ci nuoterebbe dentro”. L’opera di Artusi è statoun vero e proprio tentativo di dare corpo, nei primi decenni travagliati dell’unitàd’Italia, all’identità di una cucina nazionale, fondandola sullo scambio interre-gionale e senza per questo sacrificare le identità locali.

LI innovazione culinaria sta nellIabilit> del cuoco, che deve saper scegliere gli ingredienti giusti dai singoli localismi per poi unirli in modo equilibrato.

Le cucine povere, come quella di guerra o di pura sopravvivenza, sono sempre state veri laboratori di ricerca, nei quali si eseguiva unIintensa attivit> di bricolage culinario. Infatti, unendo un ingrediente insolito a uno ordinario si ricavava un piatto finalmente nuovo e piC gradito. Si pensi ai tanti condimenti che hanno variatoin mille modi la solita polenta dei contadini del Nord Italia.

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La tradizione gastronomica della Lombardia è contraddistinta da una riccagamma di cucine, frutto delle varie dominazioni (fra cui la spagnola e l’au-striaca) che si sono avvicendate sul suo territorio nel corso dei secoli, rendendocosì simili o talora diverse le proposte culinarie delle varie province. Assiemea questo aspetto, ha avuto un ruolo importante il territorio stesso, come intutte le regioni d’Italia: pianure, laghi o monti hanno infatti determinato lapresenza di colture o allevamenti adatti a quello specifico ambiente.La città di Pavia, per esempio, ha tradizioni gastronomiche che sono legatealla pianura, con le sue estese risaie e i canali per l’irrigazione. La vicinanzacon il lago di Garda ha fatto sì che Brescia desse origine, invece, a una cucinabasata sui pesci d’acqua dolce, come accade anche a Como. Nella cucina delVaresotto, insieme ai piatti di pesce di lago, troviamo anche verdure, salumi e carni pregiate, spesso in-saporite con erbe e aromi, a dimostrazione dei legami con la varietà del suo territorio, montano e pia-neggiante. L’elemento fondamentale che accomuna la cucina lombarda è il riso, con il quale sipreparano le ricette più famose della regione, conosciute ormai in tutto il mondo. Nella gastronomiaregionale è anche frequente l’impiego di frattaglie, come pure di selvaggina e animali da cortile, uti-lizzando per le carni cotture lunghe, grazie alle quali si ottengono numerosi intingoli, accompagnatispesso dalla polenta. Un ulteriore carattere distintivo è infine l’impiego, comune a quasi tutto il Nordd’Italia, del burro e dello strutto al posto dell’olio di oliva.

Cereali: farina di grano saraceno,riso Arborio e Carnaroli.Ortaggi: asparago di Mezzago, ci-polla rossa di Sermide, soncino,patate di Campodolcino, zuccagialla.Frutta: amarene d’Uschione, peramantovana.Pesci di lago: agone, alborelle, co-regone, carpe, lavarelli, persici,pigo.

Carni e salumi: bresaola dellaValtellina (preparazione a base dicarne di manzo salata e stagio-nata), cotechino (insaccato dicotenne di maiale macinate espeziate), salame d’oca di Mor-tara, ciccioli d’oca (piccoli pezzidi pelle che vengono cotti a lun-go e lentamente finché non di-ventano croccanti e dal bel colo-re dorato), petto d’oca stagiona-to, luganega (salsiccia), morta-della di fegato, verzini (piccole sa-lamelle usate per la preparazione

della casoeula), violino di capra(salume ottenuto dalla cosciadella capra stagionata), salame diVarzi, salame Milano, salameBrianza, slinzega (salume pro-dotto generalmente con carne bo-vina ma anche di cavallo, capra ocervo (è simile alla bresaola).Olio: olio d’oliva del Garda.Grassi: burro di montagna.Formaggi: a pasta molle : Taleggio,Stracchino, Mascarpone, Robiola,Gorgonzola, Strachitunt; a pastadura o semidura: Bagoss, Bitto,Branzi, Quartirolo lombardo, Gra-na Padano, Latteria, ProvoloneValpadana, Formai de Mut. Salse: Mostarda di Cremona (con-serva composta da una miscela difrutta candita, zucchero e senapepiccante), Mostarda di Mantova(conserva preparata con fruttiquali pere o mele).

Piatti: risotto alla mila-nese, riso in cagnone, ca-soncelli bergamaschi, tor-telli di zucca, pizzocche-ri, zuppa pavese, mine-

strone alla milanese, pesce incarpione, busecca (trippa), ca-soeula, ossobuco alla milanese, co-stoletta alla milanese, polenta ta-ragna. Dolci: amaretti di Saronno,brutti ma buoni (biscotti croc-canti con mandorle e nocciole),pan de Mej (biscotti un tempopreparati con farina di miglioora sostituita con quella di mais),panettone, polenta e osei (dolcea base di marzapane), torta Sbri-solona (a base di mandorle), tor-rone di Cremona, cotognata(conserva di mele cotogne).Vini: Bonarda dell’Oltrepò Pa-vese, Franciacorta Spumante,Terre di Franciacorta bianco,Lambrusco mantovano, GardaColli Mantovani, Valcalepio Mo-scato passito, Valtellina supe-riore.

La cucina lombarda

Prodotti tipici

Alborella.

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Salame di Varzi.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 67M.3

U.D.1

Come il suo territorio, anche la tradizione gastronomica del Trentino AltoAdige è suddivisa in due parti, quella del Trentino e quella dell’Alto Adigeo Sud Tirolo. La prima ha tradizioni che ricordano il Veneto, facendo moltouso della selvaggina, degli gnocchi (come i tipici spätzle e i canederli) e dellapolenta preparata con la farina di mais o con quella di grano saraceno (po-lenta nera). Nella zona dell’Alto Adige spicca invece l’impiego di carne e dipesce di lago (come le trote), ma in essa si avverte l’influenza delle abitu-dini gastronomiche centro-europee, soprattutto tedesche, che possiamo ri-trovare nell’abbinamento di sapori dolci e salati come anche nell’uso dicrauti, würstel, cavoli e patate, oltre che di quelle ungheresi, manifestazionidel passato Impero Austro-Ungarico. In questi territori si è ancora soliti preparare i dolci in casa, utilizzando fruttasecca, pere, frutti di bosco, e soprattutto, mele, il prodotto più rappresentativo del Trentino AltoAdige, che copre più del 50% del raccolto nazionale.

Cereali: mais nostrano di Storo,farina di grano saraceno, pane disegale.Ortaggi: cavolo cappuccio dellaVal di Gresta, asparago bianco diTerlano, crauti, cren (rafano).

Frutta: mela Val di Non, marronetrentino, susina di Dro, marille(albicocche della Val Venosta).Pesci di lago: trote.Carni e salumi: carne “salada”(carne di manzo aromatizzata),lucanica mochena di cavallo (in-saccato stagionato di carni equi-ne e suine, da consumarsi allo sta-to crudo, dopo un’adeguata sta-gionatura), mortadella affumi-cata della Val di Non, Speck Tren-

tino e dell’Alto Adige, Probusto(salsicciotto ottenuto esclusiva-mente con carne di maiale insa-porita), Leberwurst (salsiccia difegato), würstel di Merano, pro-sciutto d’alce (con carne di im-portazione).Olio: olio Garda Trentino.Formaggi: a pasta molle: MonteBaldo primo fiore, Casada, Do-lomiti, Tosella; a pasta dura o se-midura: Algunder Butterkase (for-maggio di Lagundo), Alpkäse(formaggio di alpeggio), Tren-tingrana, Puzzone di Moena,Spressa delle Giudicarie, Nostra-no di malga, Vezzena.

Piatti: knödel (canederli),spätzle (gnocchetti di gra-no saraceno), strangola-preti (gnocchi a base dipane raffermo e spinaci),minestrone d’orzo alla

Trentina, trotelle alla trentina, gu-lash (spezzatino di manzo con pa-prika), camoscio alla trentina,capriolo con polenta.

Dolci: strudel, kraphen, brazedèl(ciambelline dolci intrecciate),Zelten (torta natalizia).Vini: Chardonnay, Müller Thur-gau, Pinot bianco, Pinot grigio,Marzemino, Merlot trentino, San-ta Maddalena, Toroldego Rota-liano.

La cucina trentina e altoatesina

Prodotti tipici

Asparago bianco.

Alpk?se.

KnBdel �canederli�.

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Speck Trentino. MDller Thurgau.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione68

La cucina veneta, per le caratteristiche del territorio, si può distinguere ri-spetto a varie aree:• la zona che si affaccia sulla costa e sulla laguna, a sud, con una cucina ba-

sata prevalentemente sul consumo di pesce, molluschi e crostacei (orate,anguille, spigole, cefali, seppie, granchi, granseole);

• la regione pianeggiante, lontana dalla costa e situata verso nord, dove pre-vale la coltivazione di cereali come il riso e il mais, ma anche il grano sa-raceno, nonché di ortaggi, tra cui il famoso radicchio; in quest’area si pra-tica l’allevamento di suini, bovini e animali da cortile;

• la fascia situata più a nord, caratterizzata da un territorio prevalentementemontuoso, sfruttato da sempre per l’allevamento del bestiame, in parti-colare ovini e bovini, dai quali si ricavano ottime carni, salumi e formaggi di fama internazionale.

Anche in questa regione, il lago di Garda fornisce una vasta gamma di pesci d’acqua dolce, che nei piattivengono accompagnati con i prodotti della terra.Nel panorama gastronomico del Veneto, la polenta ha svolto e ricopre ancora oggi un ruolo di primariaimportanza, servita sia come primo piatto sia in accompagnamento a piatti a base di carne e di sel-vaggina.

Cereali: farina di mais di Ma-rano, farina di mais Biancoperla,riso Vialone Nano Veronese.

Ortaggi: aglio bianco polesano,asparago bianco di Bassano, ra-dicchio rosso di Treviso, di Ve-rona e di Chioggia, radicchio va-riegato di Castelfranco, insalatadi Lusia, fagioli di Lamon, car-ciofo violetto di S. Erasmo, pa-tata del Mondello, zucca santabellunese.

Frutta: marrone di San Zeno, pe-sca di Povegliano, mela di Mon-fumo, ciliegia di Marostica.Pesci: anguilla del Livenza, bran-zino e cefalo delle valli da pesca(sono aree lagunari recintate,dove si pratica la vallicoltura),granseola, moleche (granchi),ghiozzi, capesante, lumachine,vongola verace del Polesine.

Carni e salumi: anatra di cortepadovana, gallina dorata di Lo-nigo, oco in onto dei Berici(carne di oca disossata, salata econservata nel grasso dell’ocastessa, oppure del maiale o an-che nell’olio), Bondola della ValLeogra (insaccato di suino), Tor-resano di Breganze (colombo),sopressa vicentina, Schenal

(carne salata di maiale prove-niente dal lombo intero, trattatoall’esterno con sale e spezie,quindi lievemente affumicato),prosciutto Veneto Berico-Euga-neo, Speck di Sappada, sfilacci dicavallo.Olio: olio di oliva del Garda.Formaggi: a pasta molle: Casatellatrevigiana, Monte Veronese,Morlacco, Zigher; a pasta dura osemidura: Asiago, Montasio, Moe-sin di Fregona, Nevegal, Piave.

Piatti: bigoli, risi e bisi(riso e piselli), pasta efagioli, risotto alla trevi-giana, baccalà alla vi-centina, sardelle in saor,

polenta e osei, fegato alla vene-ziana.Dolci: fugassa veneta (torta),pandoro di Verona, miele delleDolomiti Bellunesi.Vini: Bardolino, vini dei Colli Eu-ganei, Gambellara, Prosecco diValdobbiadene, Reciotto diSoave, Soave, Valpolicella, Ver-duzzo, Refosco.

La cucina veneta

Mais Biancoperla.

Capesante.

Mela di Monfumo.

Prodotti tipici

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 69M.3

U.D.1

La gastronomia di questa regione è il frutto tipico di un territorio pretta-mente montuoso e delle vicende storiche che in passato l’hanno segnata. Lazona del Friuli, quella più a nord, ha una cultura gastronomica basata suifrutti della terra e dell’agricoltura, soprattutto ortaggi, carne e formaggi, chele donne friulane nel corso dei tempi hanno sapientemente trasformato inpiatti eccezionali. Il territorio della Venezia Giulia, invece, per la vicinanza con l’Austria e la Slo-venia, propone una cucina caratterizzata da sapori in genere agrodolci, conelevato impiego di spezie.Nonostante le diverse tradizioni gastronomiche che coesistono nella stessaregione, Friuli e Venezia Giulia hanno in comune molti piatti, anche sespesso li si prepara con modi e ingredienti diversi. Un esempio è quello di undolce, la Gubana, che in Friuli viene preparata con spezie e frutta secca, inserite poi in una pasta sfo-glia fatta a forma di spirale chiusa, mentre in Venezia Giulia la Gubana diventa la Putizza, di forma eimpasto simili, ma distinguibile per la spirale aperta.

Cereali: Blave di Mortean (farinadi granoturco per polenta), panedi segale.Ortaggi: asparagi di Aquileia, diSant’Andrea e di Tavagnacco,brovada (rapa), aglio di Resia,radicchio canarino, patate di Ri-bis e Godia.

Pesci: pesce azzurro, rombo, an-guilla, frutti di mare.Carni e salumi: agnello istriano,coppa di testa, muset (cotechinopreparato con la testa del ma-iale), stinco di Carnia, prosciutto

crudo di San Daniele, prosciuttoaffumicato di Sauris, prosciuttod’oca, prosciutto di Cormons.Olio: olio di oliva Tergeste.Formaggi: a pasta molle: caprinodella Carnia, Cuincir (ricotta fre-sca aromatizzata), Formella delFriuli; a pasta dura o semidura:Formadi Frant, Latteria di Faga-gna, Monte Re, Sot la trape (for-maggio sotto le vinacce), caprinodella Carnia a pasta dura.

Piatti: cialzòn (agno-lotti), jota (zuppa), bac-calà alla triestina, salsaal cren, frico (formag-gio fritto).

Dolci: biscotti Esse, Gubana,pinza triestina, strucchi, mar-mellata di olivello spinoso.Vini: Refosco dal peduncolorosso, Pinot nero, Tocai friulano,Picolit Colli Orientali del Friuli,Ramandolo.

La cucina friulana

Jota.

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Aglio di Resia.

Caprino della Carnia.

Crudo di San Daniele. Refosco dal peduncolo rosso.

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Lardo di Arnad.

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione70

La Valle d’Aosta, per la sua posizione geografica e le caratteristiche del ter-ritorio offre una cucina ricca e genuina, che risente delle influenze gastro-nomiche francesi, svizzere e piemontesi.Veri protagonisti della cucina valdostana sono gli alimenti come la polenta,il riso, le zuppe, i salumi e i formaggi, come la fontina, componente di basedella fonduta valdostana, oggi simbolo della gastronomia di questa regione.

Cereali: pane nero.

Frutta: mela renetta della Vald’Aosta, castagne, mirtilli, lam-poni, pere.

Carni e salumi: Boudin (lardo dimaiale tritato con patate), Lardodi Arnad, Jambon de Bosses,Mocetta di camoscio (carnemagra di camoscio messa sottosale e spezie), Saoucesse (sal-sicce di bovino, maiale e spezie),Teteun (insaccato a base dimammelle di mucca).

Olio: olio di noci.Grassi: burro d’alpeggio.Formaggi: a pasta molle: Brossa,Reblec, Sèras; a pasta dura o se-midura: Fontina, Toma di Gres-soney.

Piatti: zuppa valtelline-se, fonduta, civet di ca-moscio (spezzatino), car-bonade di manzo, costo-letta alla valdostana, po-lenta concia, Montblanc.

Dolci: dolci e budini a base di ca-stagne, Montblanc.Vini: Arnad-Montjovet, Donnas,Enfer d’Arvier, Nus Malvoise,Blanc de Morgex et de la Salle.Liquore Genepì.

La cucina valdostana

Prodotti tipici

Pane nero.

Fontina.

Civet di camoscio.

Mela renetta della Val dIAosta.

Liquore GenepA.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 71M.3

U.D.1

La gastronomia piemontese è molto ricca, poiché si basa sia su piatti semplici,di origine contadina, sia su altri più elaborati, realizzati con prodotti pregiati,come la carne, il pesce e il tartufo. La cucina di questa regione vanta prepa-razioni ricche di storia e di cultura, avendo subìto anche l’influenza della cu-cina francese durante il periodo dei Savoia.Grazie alle caratteristiche del territorio e dei fiumi che attraversano le areedi pianura del vercellese e del novarese, da secoli si è sviluppata la risicoltu-ra, con una produzione che copre circa il 50% del totale nazionale, così cheil riso è un cereale diffuso in tutta la regione, dove lo si usa, secondo le tra-dizioni locali, per preparare vari piatti.Le zone collinari e montuose della regione sono utilizzate principalmente perl’allevamento di bovini di razza piemontese, ma sono anche i territori in cuisi sviluppa il tartufo bianco, e in cui si producono le nocciole e molti ortaggi. Inoltre, la presenza dinumerosi laghi, in particolare nel nord della regione, consente di disporre di una ricca gamma di pe-sci di acqua dolce (lucci, lavarelli e trote, queste ultime presenti anche nei fiumi e nei torrenti di mon-tagna) utilizzati per preparare numerosi piatti.

Cereali: riso Sant’Andrea, risodi Baraggia Biellese e Vercellese,grissini torinesi.Ortaggi: cardo gobbo di NizzaMonferrato, asparagi di Sante-na, fagioli di Cuneo, peperonidi Carmagnola, tartufo biancod’Alba.

Frutta: castagna di Cuneo, noc-ciola tonda della Langhe, pe-sche di Volpedo, albicocca tondadi Costigliole, mela Carla della ValBorbera.

Pesci: prodotti ittici in carpione.Carni e salumi: cappone di Mo-rozzo, gallina bianca di Saluzzo,agnello biellese, bundiola (in-saccato a base di carne e grasso dimaiale), salame cotto, salamed’la doja, salami d’asino, d’oca edi cavallo, mortadella.

Grassi: burro di montagna.Formaggi: a pasta molle: Muraz-zano, robiola di Roccaverano,Seirass, Taleggio; a pasta dura o se-midura: Bra, Castelmagno, Ra-schera, Toma piemontese.

Piatti: agnolotti alla pie-montese, tajarin al sugod’arrosto, bollito mistopiemontese, pollo alla Ma-rengo, panissa, lepre in ci-

vet, brasato al Barolo, fritto mistopiemontese, bagna cauda, zaba-ione.Dolci: amaretti, baci di dama,

canestrelli, crumiri, mustaccioli(tutti biscotti), gianduiotti, bonèt(budino), torta gianduja, marronglacé.

Vini: Asti spumante, Moscatod’Asti, Barbaresco, Bonarda, Ba-rolo, Barbera del Monferrato,Dolcetto d’Asti, Gavi, Brachettod’Aqui, Nebbiolo, Gattinara, Do-gliani, Freisa, Grignolino, Mal-vasia, Ratafià, Vermut.

La cucina piemontese

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Tartufo bianco dIAlba.

Crumiri.

Moscato dIAsti.Albicocca tonda di Costigliole.

Salame dIla doja.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione72

Con la Liguria ci si immerge in un ambiente che degrada verso il Mediter-raneo, con i suoi aromi e le sue erbe, come timo, salvia, rosmarino, borrag-gine, maggiorana, basilico ligure dalla foglia piccola e molto profumata, fon-damentale per preparare il pesto, nonché il preboggion (erbette selvaticheusate per il ripieno dei pansotti). Il territorio ligure offre una cucina semplice,basata su pochi ingredienti, ed essendo prettamente collinare, seppure af-facciato sul mare, basa la propria tradizione gastronomica sulle colture e suipochi prodotti locali quali zucchine, carciofi, olive, uva. Siccome la Ligurianon dispone di zone pianeggianti, l’allevamento è quasi inesistente, pertan-to l’impiego delle carni bovine e suine è molto limitato, prediligendo, infatti,le carni bianche, e in particolar modo il coniglio. Come in buona parte deiPaesi mediterranei, anche in questa regione la produzione dell’olio di oliva è cospicua, soprattutto nel-la zona di Imperia, dando un prodotto che fa da “padrone” in tutta la cucina ligure.Essendo una terra affacciata sul Mediterraneo, nella cucina ligure di mare i prodotti più utilizzati sonocrostacei, molluschi, acciughe (esportate in tutto il mondo), bianchetti, saraghi, branzini e altre varie-tà locali di pesce.Seppure la maggior parte della gastronomia ligure è simile su tutto il territorio, tuttavia alcune preparazionie tradizioni distinguono le varie province. A Genova, per esempio, il piatto ittico più noto è il capponmagro, un ricco antipasto a base di pesce e verdure, a Savona sono noti i piatti con le lumache men-tre a Imperia la cucina è soprattutto marinara.

Cereali: granturco dall’asciutto. Ortaggi: asparago e carciofo vio-letti di Albenga, fagioli di Pignae di Badalucco, aglio bianco diVessalico, cavolo broccolo lava-gnino, basilico genovese, pre-boggion (misto di erbe selvati-che), zucchine di Alberello di Sar-zana, olive taggiasche, funghiporcini.

Frutta: nocciole, farina di casta-gne, ciliegio durone sarzanese, su-sino collo storto, meli dell’en-troterra ligure.Pesci: Cicciarello di Noli (pesceazzurro), acciughe di Monteros-so, mitili del Golfo di La Spezia,tonnidi del Golfo Paradiso.

Carni e salumi: Gigante nera d’I-talia (Pollo della Val di Vara), vac-ca Cabannina, salame genovese.Olio: olio extravergine d’olivadella Riviera Ligure.Formaggi: a pasta molle: caprinodelle Alpi Marittime, Prescinseua(cagliata di latte), Giuncata, for-maggetta della Valle Stura; a pa-sta dura o semidura: Sarasso (similea ricotta stagionata).

Salse: marò (pesto di fave), aglia-ta, pesto, preboggion, salsa dinoci.

Piatti: pesto alla genove-se, focaccia di Recco (alformaggio), sardenaira,torta Pasqualina, farinatadi ceci, trofie e trenette al

pesto, pansotti alle noci, mine-strone alla genovese, mesciua(zuppa di legumi e cereali) cap-pon magro, ciuppin, seppie in zi-mino, coniglio alla ligure, cimaalla genovese.Dolci: biscotti del Lagaccio, ca-nestrelli, castagnaccio, pan deimorti (biscotti), pànera (semi-freddo al caffè), pandolce geno-vese, torta sacripantina.

Vini: Colli di Luni, Colline di Le-vanto, Ormeasco di Pornassio,Rossese di Dolceacqua, Sciac-chetrà, Vermentino, Val Polceve-ra, Pigato.

La cucina ligure

Prodotti tipici

Asparago di Albenga. Prescinseua e pesto.

Biscotti del Lagaccio.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 73M.3

U.D.1

Il territorio dell’Emilia Romagna è caratterizzato dall’essere parte di un’areaestesa della fertile Pianura Padana, e di inerpicarsi in una porzione appen-ninica, entrambe ben sfruttate in ambito agricolo e zootecnico, tanto da far-ne una delle regioni d’Italia più ricche di prodotti agroalimentari. La zona dell’Emilia, in particolare, ha una tradizione gastronomica ricercata,basata soprattutto sul consumo di paste fresche, come le tagliatelle e paste ri-piene come le lasagne, conosciute in tutto il mondo quale “pasta Bologna”.La Romagna, invece, propone una cucina semplice ed essenziale, fondata sulconsumo di ortaggi e di prodotti della pesca. Famosi sono i cappelletti (pastaripiena in brodo). La gastronomia della regione, seppur ricca e grassa, distingueuna cucina basata sulla genuinità e su una tradizione antica, mai mutata ne-gli anni, che si differenzia da una provincia all’altra. Il fiore all’occhiello del-le produzioni tipiche è il Parmigiano Reggiano, un formaggio che spesso rappresenta il prodotto ita-liano per eccellenza nel mondo. Non mancano, tuttavia, altre produzioni di grande interesse, come oliod’oliva, vini di elevata qualità e il famoso aceto balsamico tradizionale di Modena e di Reggio.

Cereali: coppia ferrarese (tipo dipane).Ortaggi: asparago verde di Alte-do, scalogno di Romagna, patatadi Bologna, cardo gigante di Ro-magna.

Frutta: farina dolce di castagne diGranaglione, ciliegia di Vignola,cocomero tipico di San MatteoDecima, fragola di Romagna,mela e pera piacentina, pescanettarina di Romagna, marronedi Castel del Rio.Pesci: anguilla di Comacchio.

Carni e salumi: vitellone biancodell’Appennino centrale, suino dirazza mora, coppa e pancettapiacentina, cotechino e zamponedi Modena, culatello di Zibello,mortadella Bologna, prosciutto diParma e di Modena, salame Fe-lino.Olio: olio extravergine di oliva diBrisighella.Formaggi: a pasta molle: squac-querone di Romagna, Casatellaromagnola, Raviggiolo; a pastadura o semidura: Parmigiano Reg-giano, Grana Padano, pecorinodell’Appennino Reggiano, for-maggio di Fossa di Sogliano delRubicone.

Salse: aceto Balsamico di Mode-na e di Reggio Emilia.

Piatti: cappelletti in bro-do, tortellini, lasagne e ta-gliatelle alla bolognese,pisarei e fasò (gnocchet-

ti e fagioli), piadina o piada, er-bazzone, zampone modenese, sa-lama da sugo ferrarese.Dolci: pinza bolognese (torta ri-piena di mostarda dolce).Vini: Lambrusco, Sangiovese diRomagna, Trebbiano di Roma-gna, Albana di Romagna, ColliPiacentini Malvasia Passito, Pi-gnoletto, Lambrusco di Sorbana.

La cucina dell’Emilia Romagna

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Scalogno di Romagna.

Mortadella Bologna.

Squacquerone di Romagna. Sangiovese di Romagna.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione74

Prettamente basata su prodotti poveri, come ortaggi e verdure, la cucina to-scana è ritenuta una delle più semplici fra le cucine regionali. Essa si carat-terizza principalmente per la qualità delle sue materie prime, valorizzate an-cor di più da preparazioni equilibrate ed essenziali, dall’uso del suo eccellenteolio d’oliva, di sapore deciso e dall’aroma fruttato, come anche dall’impie-go di erbe aromatiche tipiche della macchia mediterranea, come il ginepro.Il territorio toscano, prevalentemente collinare-montuoso e quasi privo di pia-nure, ha favorito lo sviluppo della produzione agricola e orticola (cavolo nero,molto usato nelle zuppe come la ribollita) come anche di quella zootecnica.Per quanto riguarda l’allevamento, in particolare, è molto presente quello bo-vino, con la rinomata razza “Chianina”, da cui si ricava la famosa “fiorentina”,e quello dei cinghiali e dei maiali, questi ultimi soprattutto della razza di “cinta senese”, impiegati siaper la produzione di carne che per i salumi, quali prosciutto toscano e finocchiona.Anche la zona costiera arricchisce il patrimonio gastronomico toscano, soprattutto grazie a molte spe-cialità marinare, tra le quali predominano il cacciucco e le triglie alla livornese.Il pane privo di sale e dalla mollica compatta, è ampiamente utilizzato per accompagnare salumi e piat-ti dai sapori marcati.

Cereali: mais quarantino, farrodella Garfagnana, pane di Pon-tremoli.

Ortaggi: asparagi di Pescia, cavolonero, patata rossa di Cetica, rapodel Valdarno, cipolla di Certaldo,fagiolo di Sorana, fagiolo zolfino,carciofo empolese, fungo di Bor-gotaro, zafferano di S. Gimi-gnano.

Frutta: castagna del Monte Amia-ta, farina di castagne della Luni-giana, marrone del Mugello, me-lograno di Firenze, ciliegia diLari, fichi di Carmignano.Pesci: bottarga di cefalo di Or-betello, trota fario appenninicadel Casentino.Carni e salumi: pollo del Valdar-no, agnello di Zeri, bovini di raz-za Chianina, vitellone dell’Ap-pennino centrale, carne di razzaMaremmana, trippa e lampre-dotto, Biroldo di Lucca, finoc-chiona (salame aromatizzato consemi di finocchio), lardo di Co-lonnata, prosciutto di cinghiale,prosciutto di cinta senese, pro-sciutto toscano, salame di cin-ghiale, mortadella di Prato.

Olio: olio extravergine d’olivatoscano, di Lucca, Terre di Siena.

Formaggi: a pasta molle: Ravig-giolo; a pasta dura o semidura: Pe-corino di Pienza, Pecorino To-scano, caciotta toscana, formag-gio di latte di capra dell’isola diCapraia, Marzolino.

Piatti: panzanella, cro-stini con fegatini di pol-lo, pappa col pomodoro,ribollita, fagioli all’uc-celletto, cacciucco, tri-

glie alla livornese, arista, scottiglia(stufato di carni bianche e sel-vaggina).Dolci: berlingozzo, buccellato diLucca (tipi di torte), castagnaccio,cantucci, panforte e ricciarellidi Siena, zuccotto alla fiorentina,miele della Lunigiana.Vini: Brunello di Montalcino,Carmignano, Morellino di Scan-sano, Chianti, vino Nobile diMontepulciano, Rosso di Mon-talcino, Bianco di Pitigliano, Ver-naccia di San Gimignano, VinSanto di Montepulciano.

La cucina toscana

Prodotti tipici

Farro della Garfagnana.

Trota fario appenninica del Casentino.

Biroldo di Lucca.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 75M.3

U.D.1

L’Umbria, con il suo territorio in prevalenza collinare e in parte montuoso,è una regione che ha basato la sua economia sull’allevamento del bestiamee sull’agricoltura. Di conseguenza, la sua cucina è fondamentalmente con-tadina, dai forti legami con il territorio, ma, nello stesso tempo, ricca di sa-pori e di tradizioni tramandate nei secoli. Le materie prime più impiegate sono,di conseguenza, i cereali e i legumi, di cui già gli Etruschi iniziarono le col-ture, i formaggi e il noto tartufo nero, molto diffuso nella zona di Norcia eSpoleto, che viene utilizzato in svariate preparazioni, sia come condimento,sia in veste di elemento caratterizzante. L’allevamento del bestiame è moltoimportante nel territorio umbro, con bovini, ovini e suini le cui carni rive-stono un ruolo fondamentale per la gastronomia della regione, nella qualesi produce la rinomata porchetta, uno dei piatti più apprezzati.

Cereali: farro di Monteleone diSpoleto.Ortaggi: cicerchia (legume), ci-polla di Cannara, patata rossa diColfiorito, piselli di Bettona, se-dano nero di Trevi, lenticchie diCastelluccio di Norcia, tartufonero di Norcia, tartufo bianco del-l’Alto Tevere.

Pesci di lago: carpa, persico rea-le e tinca del Trasimeno.Carni e salumi: beccacce e pa-lombacci, vitellone Bianco del-l’Appennino Centrale, maialini dirazza nera, mazzafegati (salsiccea base di carni di suino di secon-da e terza scelta con fegato di sui-

no allevato in zona), salame e pro-sciutto di Norcia, lombetto (sa-lame), ventresca (insaccato abase di lardo di pancia), por-chetta.Olio: olio extravergine d’olivaUmbro.Formaggi: a pasta dura o semidu-ra: caciotta al tartufo, pecorino ericotta di Norcia.

Salse: pasta di olive, paté di inte-riora di pollo, salsa di funghi e tar-tufi.

Piatti: torta al formag-gio di Pasqua, strangozzie strascinati (tagliatelle),ciriole (simili a fettucci-ne), palombacci alla

ghiotta, porchetta, parmigianadi gobbi (ortaggio simile al se-dano).Dolci: torcolo, ciaramicola (ciam-belle), Rocciata di Foligno (dol-ce simile allo strudel con un ri-

pieno di noci, mele, zucchero eolio), pinoccate (dolcetti croc-canti a base di pinoli), cicerchia-ta (che non contiene, però, il le-gume di cui ricorda il nome, mane ricorda la forma).

Vini: Colli del Trasimeno, Tor-giano rosso riserva, Torgianobianco, Sagrantino di Montefal-co, Orvieto classico.

La cucina umbra

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Cipolla di Cannara.

Torcolo.

Torgiano bianco.

Ventresca.

Caciotta al tartufo.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione76

La gastronomia delle Marche è legata alla varietà del suo territorio, artico-lato in aree montane, collinari e costiere. Questa varietà ambientale fornisceuna vasta gamma di preparazioni, così come la posizione geografica che larende punto d’incontro tra le tradizioni gastronomiche delle regioni limitrofe. Nella zona costiera si preparano soprattutto piatti a base di pesce azzurro, cro-stacei, frutti di mare e baccalà, tra i quali è famoso il “brodetto marchigiano”,preparato in diverse varianti, sia di ingredienti sia di procedimento, in fun-zione delle influenze da parte delle regioni confinanti. Le tradizioni contadine caratterizzano, invece, la cucina dell’entroterra, basatasui prodotti della terra, su quelli caseari nonché sui salumi e sulle carni.Importante è anche la produzione e l’impiego di tartufi, di tutte le varietà,ma, in particolare, il tartufo bianco di Acqualagna, che fornisce circa un terzo della produzione italianadi tartufi.

Cereali: farina di granturco qua-rantino nostrano del maceratese,farro Dicocco (Triticum dicoccum).Ortaggi: carciofo di Jesi, cavolfioredi Fano e precoce di Jesi, olivaascolana del Piceno, ceci, funghie tartufi di Acqualagna.

Frutta: visciole e amarene di Can-tiano.Carni e salumi: tacchino bronza-to rustico, bovini di razza mar-chigiana, pecora sopravvissana,porchetta, prosciutto di Carpegnae delle Marche, ciauscolo (in-saccato morbido e spalmabile abase di carni scelte di suino e pan-cetta, aromatizzato all’aglio), sa-lame di fegato, salame e sop-pressata di Fabriano, lardo diMontefeltro.Olio: olio extravergine di oliva diCartoceto.

Formaggi: a pasta molle: cacio informa di limone, Raviggiolo; a pa-sta dura o semidura: caciotta di Ur-bino, formaggio di Fossa di Fo-gliano, pecorino in botte.

Piatti: olive all’ascolana,vincisgrassi (lasagne alforno), maccheroncinidi Campofilone, brodet-

to all’anconetana, carni in po-tacchio (pollo, coniglio ma an-che stoccafisso), porchetta, cre-scia sfogliata di Urbino, fritto mi-sto all’ascolana, passatelli inbrodo.Dolci: biscotti di mosto, calcionedi Treia, crescia fogliata (dolci dipasta sfoglia ripieni), bostrengo(torta di riso).

Vini: Verdicchio dei Castelli diJesi, Vernaccia di Serrapetrona,Rosso Piceno, Rosso Conero,Colli Pesaresi, Offida rosso obianco, Bianchello del Metauro,vino di visciole.

La cucina marchigiana

Prodotti tipici

Carciofo di Jesi.

Ciauscolo.

Biscotti di mosto.

Crescia sfogliata di Urbino.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 77M.3

U.D.1

La gastronomia dell’Abruzzo, come il suo territorio, è suddivisa in cucina mon-tana e in quella marinara, caratterizzate entrambe dall’impiego di prodottigenuini e dalle immutate tradizioni culinarie. Il popolo abruzzese, da sem-pre contadino, dedito alla pastorizia e all’allevamento, ha ampiamente uti-lizzato tutti i suoi prodotti, tanto che la cucina si basa principalmente sul-l’impiego di carni di agnello, capra e pecora o di suini, dai quali si ricava laporchetta.Produzione importanti sono anche quelle dello zafferano di alta qualità deL’Aquila, dei tartufi e del peperoncino piccante “diavolicchio”.Tra i piatti tipici oltre ai maccheroni alla chitarra e le scrippelle ’mbusse, èdegno di nota il “minestrone delle virtù”, la cui denominazione è legata a unaleggenda popolare, secondo la quale, in origine, venne preparato con diversiortaggi, cotiche, lardo e altri ingredienti forniti da ragazze belle e virtuose. Lungo la costa è presente anche una cucina a base di prodotti ittici, comprendenti sgombro, nasello,pesce azzurro e frutti di mare. Non manca, sul territorio, la produzione di mandorle e noci, ingredientifondamentali per la preparazione di diversi dolci.

Cereali: farro d’Abruzzo.Ortaggi: aglio rosso di Sulmona,carciofo del Vastese, carota del-l’Altopiano del Fucino, patatedegli altipiani d’Abruzzo, pepe-roncino secco piccante, zafferanode L’Aquila.

Frutta: mandorle di Navelli, uvadi Tollo e Ortona.Carni e salumi: tacchino alla can-zanese, capra alla neretese, pro-sciutto aquilano, salsicce di fega-to, mortadella di Campotosto,salame abruzzese, ventricina, an-noia (insaccato simile alla salsic-cia).Olio: olio agrumato, olio extra-vergine d’oliva Apruntino Pe-scarese, delle Colline Teatine ePretuziano delle Colline Tera-mane.

Formaggi: a pasta dura o semidu-ra: caciocavallo abruzzese, peco-rino di Atri e di Farindola, cacioricotta, scamorza.

Piatti: maccheroni allachitarra, scrippelle ’mbus-se, zuppa di ortiche, bro-detto pescarese, pesce inscapece, ghiotta (sfor-

mato di verdure a strati), turci-nelli arrostiti, arrosticini, agnellocacio e ova, coratella d’agnello.

Dolci: bocconotti di Castel Fren-tano (pasticcini ripieni), par-rozzo (dolce ricoperto di cioc-colato a base di mandorle), fia-done (dolce a base di ricottama può essere anche salato),ferratelle o pizzelle, confetti diSulmona, torrone di Guardia-grele e torrone tenero al cioc-colato aquilano Nurzia.Vini: Montepulciano d’Abruzzo,Trebbiano d’Abruzzo, Contro-guerra. Liquore Centerbe.

La cucina abruzzese

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Patate degli altipiani dIAbruzzo.

Bocconotti di Castel Frentano.

Ventricina.

Turcinelli.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione78

Il territorio in prevalenza montuoso, in parte collinare e poco costiero del Mo-lise ha fatto sì che la regione abbia basato la sua economia principalmente suagricoltura e allevamento, con la relativa produzione di salumi e formaggi.La cucina, prettamente contadina e molto semplice nelle preparazioni, esal-ta la genuinità dei suoi prodotti, conservando inalterato il forte legame conil territorio. I piatti più rappresentativi sono a base di carne di maiale, cheper tradizione è allevato da molte famiglie molisane, ma vi sono preparazionianche con carni di capretto e di agnello, cotte in umido con pomodoro e uti-lizzate anche per condire i vari formati di paste fresche, come i maccheronialla chitarra e i cavatelli. La tradizione contadina è presente anche nell’im-piego frequente di legumi, come le lenticchie, e di cereali, quali il farro, concui si preparano zuppe e minestre.

Cereali: farro Dicocco.Ortaggi: patata lunga di San Bia-se, cipolla di Isernia, centofoglie(scarola di Venafro), olive al na-turale, lenticchie di Capracotta.

Carni e salumi: misischia di Guar-dialfiera (carne di pecora), si-gnora di Conca Casale (salame afetta grande), capocollo, cicciolio cigoli, ventricina di Montenero

di Bisaccia, sfarriccio (a base disangue di suino).Olio: olio extravergine d’olivadel Molise.Formaggi: a pasta molle: burrino,treccia di Santa Croce di Maglia-no, scamorza molisana; a pastadura o semidura: caciocavallo diAgnone, pecorino del Matese e diCapracotta, formaggio di Pietra-catella (stagionato in grotte ditufo).

Piatti: calcioni, cavatelli(tipici gnocchi) o lasa-gnette condite con ragùdi agnello o pecora, bro-detto di Termoli, trippa,

ricotta fritta, sarde o alici in sca-pece.

Dolci: caggiunitti (ciambelle dol-ci), pepatelle (biscotti duri), ra-violi cotti al forno ripieni di ama-rena.

Vini: Biferno, Molise, Rotae.

La cucina molisana

Prodotti tipici

Lenticchie di Capracotta.

Treccia di Santa Croce di Magliano.

Sfarriccio.

Caggiunitti.

Biferno.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 79M.3

U.D.1

La tradizione gastronomica del Lazio racchiude in sé le cucine di zone diverse,come la Tuscia (al confine con la Toscana), con piatti a base di legumi e sel-vaggina, la Sabina, con piatti che sono ormai un simbolo gastronomico, comela pasta all’amatriciana, e la zona della pianura pontina, con una cucina perlo più a base di verdure e carni, come il capretto alla ciociara.Ma quella che più rappresenta la gastronomia laziale in Italia e nel mondoè la cucina di Roma, la quale, nonostante i nobili, gli ambasciatori e i papiche l’hanno abitata nei secoli, non presenta piatti elaborati e di origini ari-stocratiche, bensì si fa forte di preparazioni della tradizione popolaresca. Lacucina della capitale, infatti, concentra in sé le diverse tradizioni rappresen-tate fondamentalmente da tre tipi di cucina: l’ebraica, l’abruzzese e quelladella tradizione “macellara”.• La cucina ebraica detta anche “giudia”, è quella più fine, colta e capace al meglio di rappresentarela cultura ebraica. I suoi piatti più celebri sono: i carciofi alla giudia, la minestra di pasta e broccolicon arzilla, le puntarelle con acciughe, l’abbacchio scottadito, la crostata di ricotta e visciole.

• La cucina abruzzese, detta anche “burina”, è quella casareccia/contadina, legata ai prodotti della ter-ra e della pastorizia. Infatti, i suoi piatti più rappresentativi sono: le paste all’amatriciana, alla carbo-nara e cacio e pepe, l’agnello brodettato (in origine cacio e ova) e vari piatti a base di carne di ma-iale, come la porchetta.

• La cucina “macellara” è preparata utilizzando i prodotti poveri del macello (quinto quarto o fratta-glie), che gli operai (scortichini) dell’antico mattatoio portavano a casa, a fine giornata, come inte-grazione della paga, dando così origine a piatti poveri ma molto gustosi.

Cereali: farro, pane di Genzanoe di Lariano.Ortaggi: carciofo romanesco e diOrte, patate di Leonessa, punta-relle (cicorie), sedano bianco diSperlonga, peperone “corno dibue” di Pontecorvo, broccolo ro-manesco, zucchine romanesche,lenticchia di Ventotene, fagiolocanellino di Atina, fagiolo di Su-tri, olive di Gaeta.Frutta: farina di marroni, kiwi diLatina, fragole di Nemi e di Ter-racina, pere di Castel Madama,nocciola romana, castagna di Val-lerano.Pesce di lago: trota reatina, co-regone e anguilla del Lago di Bol-sena.

Carni e salumi: abbacchio, bu-dellacci o viarelli (salumi dacuocere), coppiette, guancialeo goletta, spianata, porchetta diAriccia, corallina romana (sa-lume).

Olio: olio extravergine d’olivaCanino e Sabina, delle CollinePontine, Tuscia.Formaggi: a pasta molle: burrata dibufala, caciofiore, cacio Magno,mozzarella di bufala del basso La-zio, ricotta romana; a pasta durao semidura: caciotta della Sabina,Pecorino Romano.

Piatti: stracciatella allaromana, supplì di riso, ri-gatoni con la pajata, bu-catini all’amatriciana,spaghetti all’arrabbiata

e alla carbonara, tonnarelli cacioe pepe, pasta con i legumi (cecio lenticchie), gnocchi di semoli-no alla romana, abbacchio e sal-timbocca alla romana, coda allavaccinara, costolette scottadito,agnello in tegame con carciofi,fritto alla romana, puntarelle conacciughe, carciofi alla romana ealla giudìa.Dolci: tozzetti viterbesi (biscotti abase di nocciole), ciambelline alvino, maritozzi, crostata di ricot-ta e visciole, pangiallo.Vini: Aprilia, Aleatico di Gradoli,Castelli romani, Cesanese del Pi-glio, Cerveteri, Colli Etruschi Vi-terbesi, Est! Est! Est! di Monte-fiascone, Frascati, Marino, mo-scato di Terracina, Velletri, Za-garolo.

La cucina laziale

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Peperone Gcorno di bueH di Pontecorvo.

Abbacchio.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione80

La tradizione gastronomica della Campania è l’espressione delle tradizioniculinarie dei popoli come greci, romani, arabi, normanni, e, infine, spagnolie francesi, che, nel corso dei secoli, hanno dominato la regione. La cucina campana si rispecchia soprattutto in quella di Napoli, che racchiudein sé due diverse tradizioni culinarie, quella popolare con piatti semplici epoco elaborati, e quella più ricca dei “monsù”, cioè i cuochi francesi al ser-vizio dell’aristocrazia, quando la città era la capitale del Regno. • La cucina del popolo ruota intorno a pochi ingredienti e a piatti poveri, resipiù pregiati, però, dalla creatività delle massaie e dei cuochi napoletani cheli hanno valorizzati creando specialità ancora oggi molto valide e apprez-zate in tutto il mondo, come la pizza Margherita, i calzoni, la pasta con levongole, la sfogliatella napoletana, il polpo alla luciana, ecc.

• La cucina di corte, invece, ha dato origine a piatti elaborati, divenuti poi un vero patrimonio gastro-nomico della regione, come il gateau di patate, il sartù di riso e il babà.

Entrambe le cucine, comunque, sono legate, da sempre, alla realizzazione del tradizionale ragù alla na-poletana, preparato soprattutto per i giorni di festa, poiché l’esigenza di farlo sobbollire lentamente(pippiare) per diverse ore a fuoco lento, richiede molto tempo a disposizione.Grazie alla sua posizione geografica e al suolo vulcanico che in parte la caratterizza, la Campania è unaregione molto fertile, nella quale si ha una consistente produzione ortofrutticola, che annovera alcu-ne eccellenze, come il pomodoro San Marzano, il limone di Sorrento, la mela annurca, noci e nocciole.Di rilievo è anche la produzione casearia, in particolare di mozzarella di bufala, caciocavallo e ricottadi pecora, come anche quella relativa ai pastifici e alle industrie di conservazione dei pomodori.

Cereali: pasta di Gragnano.Ortaggi: cipollotto Nocerino, ca-volfiore gigante di Napoli, po-modoro San Marzano, pomodo-rino del Piennolo del Vesuvio, car-ciofo di Paestum.

Frutta: noci di Sorrento, noccio-le di Giffoni, castagna di Mon-tella, limoni di Amalfi e Sorren-to, mela annurca campana, peraspadona di Sorrento, albicocca ve-suviana, fico bianco del Cilento.Pesci: pesce azzurro, molluschi ecrostacei.Carni e salumi: carne bufalina,carne di suino di razza casertana,salsiccia alla sugna di Vairano

Patenora, fegato con la zeppa, sa-lame di Napoli, prosciutto di Pie-traroia, soppressata cilentana edel Vallo di Diano, capicollo di Ri-cigliano.

Olio: olio extravergine d’olivadel Cilento, della Penisola Sor-rentina, delle Colline Salernitane.Grassi: burro di bufala.Formaggi: a pasta molle: Fior di lat-te (mozzarella), mozzarella e ri-cotta di bufala campana, sca-morza campana; a pasta dura o se-midura: caciocavallo Silano, pro-volone del Monaco.Salse: colatura di alici di Cetara.

Piatti: pizza napoletana,sartù di riso, maccheroni(spaghetti, linguine e ver-micelli) al ragù di carne,mozzarella in carrozza,

parmigiana di melanzane, me-lanzane al funghetto, peperoniimbottiti, impepata di cozze, pol-po alla luciana, bistecche allapizzaiola, coniglio all’ischitana.

Dolci: babà, roccocò, sfogliatelle,struffoli, pastiera napoletana,zeppole di San Giuseppe.Vini: Aglianico del Taburno, Fia-no di Avellino, Greco di tufo, Ci-lento, Penisola sorrentina, Tau-rasi, Sannio, Vesuvio; da non di-menticare il liquore Limoncellodi Sorrento.

La cucina campana

Prodotti tipici

Pomodoro San Marzano. Soppressata.

Bab>.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 81M.3

U.D.1

Il Tavoliere delle Puglie rende pianeggiante il territorio pugliese, consentendocosì una grande produzione di olive, uva e, soprattutto, grano, tanto da farguadagnare alla Puglia, insieme alla Sicilia, la denominazione di “granaio d’Ita-lia”. Di conseguenza è molto rilevante l’impiego della pasta, con diversi for-mati che vanno dai cavatelli alle orecchiette, come pure la panificazione, conil famoso pane di Altamura, a base di farina di grano duro, che viene com-mercializzato anche in altre regioni d’Italia.Molto importante è poi l’olio d’oliva, sia per l’elevata qualità che per la quan-tità prodotta: infatti, con i suoi oliveti ultracentenari risulta da sempre la mag-giore produttrice italiana.La morfologia del territorio, la posizione geografica e il clima mite offronola possibilità di produrre una notevole varietà di prodotti agroalimentari, men-tre l’estesa superficie costiera consente un importante consumo di prodotti ittici, fra i quali meritanodi essere ricordate le ostriche e le cozze di Taranto. Da tutte queste eccellenze e dalla varietà delle produzioni deriva una gastronomia molto ricca di in-gredienti e di preparazioni, che è possibile suddividere in due diverse cucine: una legata ai prodotti del-la terra e della pastorizia con ricette semplici e genuine, l’altra basata sui prodotti della pesca.

Cereali: grano duro, farinella,pane di Altamura e pane di La-terza, frisella.Ortaggi: cime di rapa, fave, lam-pascioni (cipollotti selvatici ama-ri), oliva La bella della Daunia.Frutta: clementine del Golfo diTaranto, arancia del Gargano.Pesci: ostriche e cozze di Taran-to, cannolicchi, datteri, tartufidi mare.

Carni e salumi: bovino di razza po-dolica, Muschiska (carne essicca-ta al sole), salsiccia a punta di col-tello dell’Alta Murgia (insaccatoottenuto con parti pregiate dicarne suina), capocollo di Marti-na Franca, prosciutto di Faeto.Olio: olio extravergine d’olivaCollina di Brindisi, Terra d’Otran-to, Dauno, Terre Tarantine, Ter-ra di Bari.

Grassi: manteca (burro ricavatodalla prima ricotta fatta con sie-ro crudo).Formaggi: a pasta molle: burratad’Adria, Giuncata, cacioricotta; apasta dura o semidura: provola,Canestrato di Puglia, Pecorino diFoggia, caciocavallo podolicodauno.

Piatti: puddica (focacciacon aglio e pomodorifreschi), pizza di ciccioli,panzerotti pugliesi, fri-selle (ciambelle di pane),

orecchiette o strascinati alle cimedi rapa, tiella di riso e cozze.

Dolci: bocconotti, carteddate, cu-peta, tarallucci, mostaccioli.Vini: Aleatico di Puglia, Castel delMonte, Gioia del Colle, Leverano,Primitivo di Manduria, Salice Sa-lentino, Martina Franca, San Sa-vero.

La cucina pugliese

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Cozze di Taranto.

Burrata dIAdria.

Capocollo di Martina Franca.

Panzerotti pugliesi.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione82

La Basilicata o Lucania è una regione prettamente montuosa, con l’ecce-zione di una piccola zona pianeggiante (Metaponto) dalla quale provienela maggior parte della produzione agricola. La gastronomia di questo ter-ritorio difficile è semplice e povera, basata su pochi prodotti agricoli e sul-l’allevamento di ovini e suini, praticato soprattutto nelle zone montane ea livello familiare. La regione non vanta una propria tradizione gastronomica, poiché da sem-pre attinge dalle cucine delle regioni confinanti, infatti, nel potentino troviamoanalogie con la cucina campana, mentre la zona di Matera risente delle in-fluenze gastronomiche pugliesi e calabresi. Il prodotto di eccellenza che ha reso famosa la Basilicata è la “lucanica”, unaparticolare salsiccia di maiale conosciuta, secondo note storiche, già al tempo dei Romani, ma è famosoanche il pane di Matera, dalla forma irregolare, preparato con semola di grano duro. I primi piatti sono a base di paste fresche fatte in casa, realizzate con un impasto di acqua e semola digrano duro, e conditi con sughi a base di ortaggi, legumi o carni (castrato o pecora).

Cereali: granturco, frumento,orzo e avena, pane di Matera.Ortaggi: peperone di Senise, pe-peroni cruschi, melanzana Rossadi Rotonda, patata rossa di Ter-ranova del Pollino, fagioli bianchidi Rotonda, fagioli di Sarconi e diMuro Lucano, cordoncello (fun-go carnoso), ceci e lenticchie.

Carni e salumi: maiale nero, in-voltini di cotenna, salame pez-zente, salsiccia lucanica, gelatinadi maiale.

Formaggi: a pasta molle: Casieddu,Padraccio; a pasta dura o semidu-ra: Canestrato di Moliterno, ca-ciocavallo podolico della Basili-cata, Pecorino di Filiano.

Piatti: lagane (simili atagliatelle) e ceci o fa-gioli, baccalà alla poten-tina, alici arraganate, stu-fati a base di carne di

agnello e pecora, ciauedda (con-torno di verdure stufate), taralli,ciambotta lucana.

Dolci: biscotti glassati, cicerata,calzoni di ceci (dolcetti natalizi abase di ceci e cioccolato).Vini: Aglianico del Vulture, Ma-tera, Terre dell’Alta Val d’Agrirosso.

La cucina lucana

Prodotti tipici

Fagioli bianchi di Rotonda.

Casieddu.

Ciambotta lucana.

Cicerata.

Aglianico del Vulture.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 83M.3

U.D.1

Le varie civiltà che hanno percorso la storia della Calabria (come quelle gre-ca, latina, normanna, spagnola) hanno influito anche sulla sua gastronomia,introducendo materie prime e tradizioni culinarie diverse, riscontrabili an-cora oggi nelle cucine delle sue province. In questo contesto si inserisconoanche le tradizioni religiose, molto sentite, che si riversano nella gastrono-mia, determinando usanze che prevedono la preparazione di pietanze differentiper le varie ricorrenze, come, per esempio, quella dell’Epifania quando si de-vono portare tredici alimenti diversi sulla tavola.Caratterizzata da un territorio aspro, soprattutto montuoso e collinare, la Ca-labria, ha una produzione agricola limitata ma di ottima qualità: la cipolla ros-sa di Tropea, le patate della Sila, il peperoncino, i pomodori, le clementine,gli agrumi, i fichi e l’olio d’oliva, tutti prodotti ampiamente utilizzati nellasua cucina, semplice ma molto gustosa e dai sapori decisi. Di notevole importanza sono l’allevamento di ovini con relativa produzionedi carne e formaggi, e di suini (particolare il maiale “nero di Calabria” divenutoun presidio Slow Food), con ampia produzione di salumi e insaccati, fra i qua-li la soppressata, il capocollo, la salsiccia, la ’nduja e la pancetta.Significativa è anche la produzione di conserve di ortaggi, posti sia sott’oliod’oliva calabrese, che sotto sale, in appositi contenitori di terracotta smalta-ta chiamati “salaturi”. Nella zona costiera non mancano, infine, le preparazioni a base di baccalà e stoccafisso, di cui la cuci-na calabrese fa molto uso.

Ortaggi: cipolla rossa di Tropea,asparago selvatico della Calabria,pomodoro di Belmonte, melan-zane violette lunghe, peperonci-no calabrese, patate della Sila.

Frutta: Bergamotto di ReggioCalabria, clementine di Calabria,fichi di Cosenza, liquirizia.Pesce: pesce spada, sarde, alici,bottarga di tonno.Carni e salumi: carne caprina eovina calabrese, maiale nero, ca-pocollo di Calabria, salsiccia di Ca-labria, pancetta di Calabria, sop-pressata e ’nduja di Calabria, sa-lame crudo di Albidona.

Olio: olio extravergine d’olivaBruzio, Lametia, Alto Crotonese.Formaggi: a pasta molle: butirro,mozzarella silana; a pasta dura o se-midura: caciocavallo silano, pe-corino crotonese.Salse: salmoriglio (a base di aglio,prezzemolo, origano, succo di li-mone, olio d’oliva e sale, utilizzatocome condimento di carni e pe-sci grigliati).

Piatti: pitta chicchiulata(torta salata ripiena diverdure), maccheroni aru ferretto, sagna chjina,pasta cu rà muddica, pi-

scispata a’gghiotta, stocco allacalabrese, morsello (o mursed-du), ciambotta calabrese.

Dolci: anicini, bocconotti, pitta’mpigliata, cuddura, sanguinac-cio.Vini: Cirò rosso, Pollino, Savuto,Cirò rosato, Greco di Bianco, Bi-vongi rosso e bianco, Scavignarosso.

La cucina calabrese

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Melanzane violette lunghe.

INduja.

Pitta Impigliata.

I pprreessiiddii SSllooww FFoooodd italiani riconosconooltre 200 alimenti

che vengono prodotti attraverso pratiche tradizionali ed ecosostenibili.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione84

Per la sua posizione centrale nel Mediterraneo, la Sicilia è stata sempre unaterra ambita da diversi popoli, che l’hanno dominata nel corso dei secoli, tracui fenici, greci, romani, arabi, normanni, aragonesi, responsabili anche diinfluenzarne la gastronomia. Tuttavia, tra le civiltà che hanno lasciatoun’impronta importante nell’isola vi è quella araba, che ha introdotto diversiprodotti, come zucchero, spezie (soprattutto cannella e zafferano), agrumi,e molte preparazioni, quali la cassata, il cous cous, il sorbetto, che in segui-to i cuochi e i pasticceri siciliani hanno saputo rielaborare e migliorare.La gastronomia, prettamente mediterranea, è basata nell’entroterra sul con-sumo di verdure, formaggi e poca carne, mentre sulla costa si prediligono piat-ti a base di pesce di vario genere. Notevole è l’utilizzo del pesce spada e deltonno, con i quali si preparano diverse specialità, come gli involtini e la ghiotta.Degna di nota è inoltre l’abilità di trasformarne parti poco nobili del pescato in prodotti di eccellen-te qualità come la bottarga, ricavata essiccando le uova di cefali e tonni.Il clima caldo ha favorito anche la crescita di capperi, mandorle, uva passa, pistacchi e di svariate erbearomatiche, prima fra tutte il finocchietto selvatico, da sempre ampiamente utilizzati nella cucina si-ciliana. Importante è la coltivazione degli agrumi e di molti vegetali, che, sempre per ragioni climati-che, in questo territorio maturano prima, consentendo una consistente esportazione di primizie.La pasticceria siciliana, nota in tutto il mondo, è, sulla scorta della tradizione araba, molto dolce e ric-ca di mandorle, pistacchi, frutta candita, ricotta di pecora e cioccolato (particolare quello di Modica).Rilevante, infine, è la cosiddetta gastronomia da strada introdotta dalle varie culture, ricca di ricette po-vere come le panelle e la focaccia con la milza, o più elaborate come i famosi arancini di riso.

Cereali: grano duro, pagnottadel Dittaino.

Ortaggi: pomodoro di Pachino,cappero di Pantelleria, olive No-cellara del Belice, manna.Frutta: arancia rossa di Sicilia,arancia di Ribera, limone di Si-racusa, cedri, mandarini, ficod’India dell’Etna, uva da tavola diCanicattì, uva da tavola di Maz-zarrone, mandorla di Avola, pi-stacchio verde di Bronte.Pesce: pesce spada, tonno, pesceazzurro.Carni e salumi: suino nero dei Ne-brodi, salsiccia pasqualora, salameS. Angelo.

Olio: olio extravergine d’olivaMonti Iblei, Valdemone, Valledel Belice, Monte Etna.Formaggi: a pasta molle: ricotta si-ciliana, Vastedda della Valle delBelice; a pasta dura o semidura: Ra-gusano, Pecorino Siciliano, Pro-vola delle Madonie, Maiorchinosiciliano, Caciotta degli Elimi,Piacentinu.

Piatti: arancini di riso, pa-nelle, pasta alla Norma,pasta con le sarde, sardea beccafico, involtini dipesce spada, farsumagru

(arrosto di vitello farcito), capo-

nata di melanzane.Dolci: biancomangiare, cannoli si-ciliani, cassata siciliana, cioccolatadi Modica, dolci di mandorle,frutta di Martorana, granita dimandorle.

Vini: Cerasuolo di Vittoria, Etnarosso, Santa Margherita di Belicebianco, Nero d’Avola, Monrealerosso, Etna rosato, Malvasia del-le Lipari, Moscato di Pantelleria,Moscato di Siracusa.

Prodotti tipici

La cucina siciliana

Pagnotta del Dittaino.Uva da tavola di CanicattA.

Cannoli siciliani.

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L’Italia e la gastronomia dei localismi 85M.3

U.D.1

La Sardegna ha una gastronomia basata soprattutto sui prodotti della pastoriziae del mare, caratterizzata, inoltre, dall’impiego delle erbe della macchia me-diterranea, in prevalenza mirto, utilizzato anche per la preparazione di liquori. La cucina dell’entroterra prevede soprattutto il consumo di ortaggi, formaggie carni ovine e suine cotte in prevalenza allo spiedo o con una particolare cot-tura sotto terra detta “carraxiu”, dove la carne viene abbondantemente aro-matizzata con mirto, alloro, salvia e rosmarino. Numerosi sono anche i piat-ti a base di pasta fresca.Tra i prodotti caseari, hanno un ruolo di primaria importanza la ricotta di pe-cora e i formaggi stagionati come pecorino, fiore sardo e il “casumarzu”, da con-sumare accompagnati dal particolare pane carasau (formato da dischi sottili ecroccanti di pane azzimo) o da usare nella preparazione di svariati piatti. Grazie alle notevoli risorse ittiche, la cucina delle città costiere è molto ricca di preparazioni a base dipesce ed è anche importante la produzione di bottarga.

Cereali: grano duro varietà Se-natore Cappelli (Trigu Cappelli,Su Senadori, Grano Cappelli),riso prodotto e lavorato in Sar-degna, pane carasau, fregola.

Ortaggi: carciofo spinoso di Sar-degna, mirto, corbezzolo, po-modoro Camone, zafferano diSardegna.Pesce: tonno, aragosta di Gallu-ra, molluschi del Golfo di Ori-stano, belu (trippa di tonno),bottarga di muggine.

Carni e salumi: agnello di Sar-degna, carne bovina di razza sar-

do-modicana, porceddu, pro-sciutto di pecora, salsiccia sarda,mustela (lombo di suino insac-cato, speziato e stagionato).Olio: olio extravergine d’oliva diSardegna.Formaggi: a pasta molle: Bonassai,Fiore sardo; a pasta dura o semi-dura: Casumarzu, Pecorino Sardo,Casizolu.

Piatti: malloreddus, im-panadas, culurgiones, fre-gola con le arselle, bur-rida, porceddu, pane frat-tau.

Dolci: seadas, anicini, biscotti diFonni, sospiri di Ozieri, papassi-nos (biscotti), torrone di Tonara.Vini: Cannonau di Sardegna,Girò di Cagliari, Alghero bianco,Vermentino di Gallura, Vernacciadi Oristano, Vermentino di Sar-degna, Campidano di Terralba,Malvasia di Bosa e di Cagliari, Mo-scato di Sorso; da ricordare il li-quore al mirto.

La cucina sarda

Prodotti tipici

M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione

Fregola.

Casumarzu.

Seadas.

Molluschi del Golfo di Oristano.

Moscato di Sorso.

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M 3 - Il settore gastronomico tra identificazione e globalizzazione86

5. La cucina italiana all’esteroA differenza degli italiani, che, come si è visto, fanno spesso fatica a riconoscereun’unica cucina nazionale, gli stranieri non hanno alcun dubbio sulla nostraidentità gastronomica. In linea di massima, la loro idea del cibo all’italiana com-prende certamente la pizza, la pasta, il risotto, i ravioli, il salame e il parmigia-

no. Ma il piatto italiano più popolare all’estero, o anche in Ita-lia per i turisti stranieri, è rappresentato dagli spaghetti alla bo-lognese, i quali simboleggiano la somma di tutti i sapori delnostro Paese: il condimento con il trito di carne (Italia set-tentrionale), la pasta (Italia centrale), aromi e pomodori (Ita-lia meridionale). La nostra cucina è diventata sicuramente un prodotto di espor-tazione, sia in vesti modeste sia in altre più ricercate. Negli anni,infatti, si è potuto assistere all’evoluzione dei cosiddetti “ri-storanti italiani”, i quali, da copie imperfette sono diventati inmolti casi ambasciatori efficaci della nostra cultura gastrono-mica negli altri Paesi.

6. Il software di settore e l'Interactive @Book delle ricette nazionali

L’informatica può dare un prezioso contributo anche in cucina e, per questomotivo, la Casa Editrice San Marco ha creato l’e-Book in cucina (un softwareprofessionale), nel quale sono state inserite le ricette citate nel testo, per po-terle condividere via e-mail con compagni e docenti e un Interactive @Bookche permette, sempre, partendo da ogni singola ricetta di creare variazioni per-sonali.Per ogni ricetta vengono elencati gli ingredienti necessari per la sua realizza-zione, in modo tale che si possa creare una lista della spesa. Vengono calcola-te le grammature degli ingredienti in rapporto alle porzioni che si vogliono pre-parare. È possibile anche quantificare il valore nutrizionale di ogni ricetta pre-sentata. In questo modo, nel redigere un menu, si potranno valutare quali al-tre proposte introdurre, così che il tutto risulti equilibrato e rispetti le esigen-ze dietetiche della clientela. Per ogni ricetta dell’Interactive @Book sono indicate in modo chiaro e correttole tecniche di preparazione, i tempi e i modi di cottura.È possibile anche inserire, oltre alla foto del piatto, alcune note in un apposito

spazio, in modo da creare un proprio ri-cettario personale, commentato e mi-gliorabile. Il programma offre anche lapossibilità di controllare l’ortografia deltesto. Si possono catalogare le ricette e sal-varle in un proprio raccoglitore. Il softwaredà anche la possibilità di stamparle in di-versi formati.La ricetta originale di un piatto può esseresoggetta a variazioni personali creandocosì, con l’aggiunta o con la sostituzionedi ingredienti, una nuova ricetta nella qua-le sappiano convivere sapientemente tra-dizione e innovazione. Questa procedu-ra dà la possibilità al cuoco, a mano amano che acquisisce competenze, nel cor-so degli anni della scuola o della profes-sione, di creare una cartella contenentei piatti della tradizione rivisitati.

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Vero/Falso1. In Emilia Romagna si possono distinguere due cucine molto diverse2. Il Nord Italia e il Centro sono note per la produzione di paste ripiene3. Arborio, Carnaroli, Vialone nano non sono fabbriche di riso, ma varietà di questo cereale4. Il cavolo nero non sopporta le basse temperature5. Nel Sud d’Italia sono molto diffusi i piatti a base di agnello e capretto6. I cibi della cucina friulana sono sovente agrodolci e speziati7. La cucina valdostana offre un tipico dolce chiamato “boudin”8. La fontina è un prodotto tipico della cucina veneta9. Con il termine “chianina” si indica una razza di maiali toscani10. Il tartufo nero è molto diffuso in Umbria nella zona di Norcia11. La “pinza” bolognese è un dolce12. Il ragù alla napoletana è di veloce realizzazione13. La “lucanica” è una salsiccia già nota ai tempi dei Romani14. Gli arancini siciliani sono dolci a base di frutta15. Il pane carasau è azzimo

Risposte aperte1. Per quale motivo una vera e propria cucina italiana non esiste?2. Quali sono i più noti piatti della tradizione italiana?3. Illustra in breve le caratteristiche dell’Accademia Italiana della Cucina.4. Perché, salvo qualche eccezione, le più importanti fabbriche di pasta secca sono tipicamente me-

ridionali?5. Quali sono i prodotti che caratterizzano la cucina dell’Italia settentrionale?6. La polenta svolge un ruolo di primaria importanza nella cucina italiana. Come viene servita?7. Che cosa si intende per cren?8. Elenca alcuni prodotti tipici della cucina friulana.9. Che cos’è la pànera genovese?10. Per quale motivo Brescia e Como sono note per la cucina basata sui pesci d’acqua dolce?11. La cucina marchigiana offre sovente il ”ciauscolo”. Di che cosa si tratta?12. Descrivi in breve i tre tipi di cucina caratteristici di Roma.13. Per quale prodotto è nota la zona di Altamura? Quali ne sono le caratteristiche?14. Che cos’è la bottarga?15. In che cosa consiste la cottura detta “carraxiu”?

L’Italia e la gastronomia dei localismi U.D.1

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E S E R C I Z I

Individua le componenti culturali della gastronomia attraverso la lettura:LLIIiiddeennttiitt>> ddeellllaa ccuucciinnaa nnaassccee ddaall ccoonnffrroonnttoo ee ddaall ccoonnffiinnee ccuullttuurraalleea cura del prof. Giovanni Ballarini, Presidente dellIAccademia Italiana della Cucina.

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