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1 OPERA ARMIDA BARELLI ROVERETO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO CORSO PER OPERATORE SOCIO SANITARIO SEDI DI LEVICO TERME PREVENZIONE E SICUREZZA (Modulo Generale 4 Unità Didattica n° 1) 1° CICLO A cura di: Ivano Zampedri Data di pubblicazione: 30 settembre 2014 Materiale didattico ad uso interno

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OPERA ARMIDA BARELLI

ROVERETO

PROVINCIA AUTONOMA

DI TRENTO

CORSO PER OPERATORE SOCIO SANITARIO

SEDI DI LEVICO TERME

PREVENZIONE E SICUREZZA

(Modulo Generale 4 – Unità Didattica n° 1)

1° CICLO

A cura di: Ivano Zampedri

Data di pubblicazione: 30 settembre 2014

Materiale didattico ad uso interno

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Al termine di questa attività didattica sarete in grado di:

Individuare i rischi connessi all'attività dell'O.S.S. rispetto alle più comuni infezioni per se

e l'utente e descrivere gli interventi per ridurli.

Descrivere i rischi relativi agli ambienti di vita e di cura ed i sistemi di prevenzione e di

protezione per garantire la sicurezza ed il comfort alla persona assistita e agli operatori.

INDICE

Concetto di rischio e pericolo ________________________________________________ pag. 3

Principali rischi ospedalieri _________________________________________________ pag. 5

I microrganismi __________________________________________________________ pag. 6

Principali definizioni in igiene _______________________________________________ pag. 11

Catena delle infezioni ______________________________________________________ pag. 12

Difese contro le infezioni ___________________________________________________ pag. 17

Vaccinazioni _____________________________________________________________ pag. 18

Immunoprofilassi passiva ___________________________________________________ pag. 20

Guida allo studio __________________________________________________________ pag. 21

Infezioni correlate alle pratiche assistenziali ____________________________________ pag. 22

Guida allo studio __________________________________________________________ pag. 29

Infezioni occupazionali ____________________________________________________ pag. 30

Precauzioni universali e standard _____________________________________________ pag. 31

Decreto legislativo 81/08 ___________________________________________________ pag. 33

Dispositivi di protezione individuale __________________________________________ pag. 37

Malattie e infortuni lavorativi ________________________________________________ pag. 40

Guida allo studio __________________________________________________________ pag. 41

Lavaggio mani ___________________________________________________________ pag. 42

Guida allo studio __________________________________________________________ pag. 50

Guanti __________________________________________________________________ pag. 51

Divisa e sopra camici ______________________________________________________ pag. 56

Occhiali e maschere _______________________________________________________ pag. 59

Smaltimento aghi e taglienti _________________________________________________ pag. 62

Procedure in caso di contatto con materiale biologico _____________________________ pag. 63

Igiene dell'operatore _______________________________________________________ pag. 65

Guida allo studio __________________________________________________________ pag. 67

Rischio chimico __________________________________________________________ pag. 68

Rischio fisico ____________________________________________________________ pag. 74

Rischio elettrico da apparecchi elettromedicali __________________________________ pag. 77

Sicurezza antincendio nelle strutture __________________________________________ pag. 80

Guida allo studio __________________________________________________________ pag. 91

Bibliografia ______________________________________________________________ pag. 92

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RISCHI PROFESSIONALI IN AMBIENTE SANITARIO

Prima di affrontare il tema dei rischi in ospedale o comunque in ambiente sanitario è doveroso

chiarirci sul significato di due termini che spesso vengono impropriamente usati per dire la stessa

cosa e cioè: pericolo e rischio.

Che cos’è il pericolo?

Possiamo definire pericolo qualsiasi fattore o situazione che può produrre un danno alla salute. Così

un bisturi può tagliare, un disinfettante può essere irritante per la pelle, un apparecchio elettrico in

tensione può determinare una scossa elettrica, un fascio di radiazioni ionizzanti può causare dei

danni ai tessuti colpiti.

Che cos’è il rischio?

Possiamo definire il rischio come la probabilità che un pericolo produca un danno alla salute in

determinate condizioni d’uso e di esposizione. Così, maneggiare un bisturi in modo distratto può

causare un taglio più facilmente che maneggiarlo in modo attento e appropriato, toccare un

disinfettante senza le giuste protezioni alle mani può causare problemi che sarebbero ridotti o non ci

sarebbero se si utilizzano guanti idonei allo scopo, toccare un apparecchio elettrico con le mani

bagnate non è la stessa cosa che toccarlo con le mani asciutte se ci fossero delle perdite di corrente,

sottoporci giornalmente, in ragione del proprio servizio, a fasci di radiazioni non è la stessa cosa che

esporci occasionalmente in seguito ad una radiografia. Si deduce da quanto riportato che il

rischio è un fattore percentuale che decresce in funzione della applicazione di norme

preventive di sicurezza.

L’AMBIENTE SANITARIO

L’ambiente sanitario e l’ospedale in particolare è un ambiente di lavoro rappresentato dal soggetto

malato, attorno al quale ruota il personale sanitario che utilizza per esempio sostanze chimiche,

agenti fisici e microbiologici. Diversamente da altri ambienti di lavoro la sicurezza non è riferita ad

una categoria omogenea di lavoratori ma è estesa oltre al personale addetto, quindi sanitario e non,

anche a pazienti e visitatori.

I rischi in ambiente sanitario comprendono tutti i rischi convenzionali legati all’ambiente in cui si

lavora (rischi derivanti dagli impianti e dalla struttura), aggravati dai rischi specifici derivanti

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dall’attività sanitaria (rischi chimici, fisici, biologici, cancerogeni, movimentazione manuale dei

pazienti).

LA GESTIONE DELLA SICUREZZA RICHIEDE UN FORTE COINVOLGIMENTO DEI

LAVORATORI E VA SEMPRE CONSIDERATA L’INTEGRAZIONE DELLA GESTIONE

DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI CON QUELLA DEI PAZIENTI E DELLA

STRUTTURA.

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PRINCIPALI RISCHI NEL

SETTORE SANITARIO

Il personale sanitario soprattutto in ospedale, può incontrare molteplici rischi. Vediamone i

principali.

PRINCIPALI RISCHI OSPEDALIERI PER IL PERSONALE SANITARIO

Agenti biologici Malattie infettive

Infestazioni

Agenti fisici Elettricità

Radiazioni ionizzanti

Altre radiazioni (ultraviolette, laser,

elettromagnetiche, ecc.)

Agenti chimici Irritanti primari (detergenti, disinfettanti)

Allergeni (farmaci, disinfettanti)

Mutageni, oncogeni

Fattori ergonomici Posizioni incongrue

Prestazioni lavorative ad alto costo energetico

Prestazioni al videoterminale

Fattori di stress Fisici (turni a ciclo continuo, straordinari,

carichi di lavoro eccessivi)

Psicologici (conflittualità di gruppo, di

gerarchia, con utenti, responsabilità)

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MICRORGANISMI

Gli operatori che lavorano nei reparti e servizi ospedalieri, nelle strutture e anche a domicilio

nonché i pazienti e gli utenti, possono venire a contatto con fluidi biologici (feci, urine, sangue) o

con aerosol contaminati. Tale evenienza va sotto il nome di rischio biologico.

Con il termine di rischio biologico si intende la possibilità, da parte di un soggetto, di contrarre

un'infezione in seguito ad esposizione di microrganismi.

Il rischio biologico è senza dubbio il principale, ed è quello che riceve solitamente le dovute

attenzioni dagli operatori addetti all'assistenza di pazienti specie in quelle aree a più evidente

carattere infettivo e con maggior probabilità di esposizione o contatto con liquidi biologici. Tale

rischio rappresenta un problema importante anche per i pazienti.

ALCUNE CARATTERISTICHE DEI

MICRORGANISMI

I microrganismi o microbi detti comunemente germi, sono esseri estremamente piccoli tanto da non

essere visibili ad occhio nudo, ma solo con speciali apparecchi (microscopi) perché le loro

dimensioni sono nell’ordine di millesimi di millimetro e, in alcuni casi di milionesimo di

millimetro.

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I microbi che causano malattie sono detti patogeni ma vi sono anche microbi innocui e spesso anche

utili all’uomo detti non patogeni

Germi non patogeni sono presenti nella bocca, sulla pelle e nell’intestino dell’uomo, nel terreno per

la trasformazione delle sostanze organiche, in molte trasformazioni chimiche come nel processo di

formazione del formaggio, del pane, del vino e dell’aceto.

Quando un germe scarsamente patogeno diventa tale per una diminuzione delle difese

dell'organismo, viene detto opportunista.

CLASSIFICAZIONE DEI MICRORGANISMI PIU' IMPORTANTI

- virus

- batteri

- miceti

- protozoi

I QUATTRO TIPI DI MICRORGANISMI RIPORTATI

ALLA STESSA SCALA

I QUATTRO TIPI DI MICRORGANISMI RIPORTATI ALLA STESSA SCALA

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VIRUS: sono particelle di piccolissime dimensioni che possono essere viste solo al microscopio

elettronico (dimensioni ultramicroscopiche).

Per vivere hanno assoluto bisogno di dipendere da altri esseri viventi non possedendo caratteristiche

vitali autonome.

I virus come i batteri risentono delle condizioni di temperatura, d’umidità e dell’effetto della luce

solare, ma non vengono uccisi dagli antibiotici.

Esempi di virus dannosi per l’uomo sono quelli che danno il raffreddore, l’influenza, il morbillo, la

rosolia, la varicella, l’epatite A, B, C, l’herpes, la poliomielite, l’AIDS.

BATTERI: hanno dimensioni molto maggiori dei virus dell’ordine di millesimo di millimetro

(micron) e sono visibili al microscopio ottico. A differenza dei virus sono vere e proprie cellule in

grado di nutrirsi, crescere e riprodursi autonomamente. Sono sensibili agli antibiotici.

I batteri si nutrono di sostanze molto semplici e pertanto trovano un ottimo nutrimento in tutti i

materiali biologici (feci, urine, escreato, residui alimentari).

In base alla forma li posiamo distinguere in vari gruppi cocchi (forma rotondeggiante), bacilli

(forma cilindrica a bastoncino), vibrioni (forma a virgola), spirochete (forma elicoidale).

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I batteri si moltiplicano

dividendosi a metà dando

origine a due batteri figli

che a loro volta

continuano a raddoppiarsi

ogni 20 minuti circa.

Per la loro crescita hanno bisogno di nutrimento, di un ambiente umido, generalmente temono

l’essiccamento e la luce preferendo il buio.

I batteri patogeni raramente agiscono in forma isolata, ed il più delle volte aderiscono a superfici e

si organizzano in associazioni batteriche, inglobate in uno strato di proteine dando vita alla

produzione di biofilm. Il biofilm è pertanto un insieme di batteri che costituiscono una struttura

complessa e organizzata, difficile da aggredire e che può formarsi non solo sulle mucose ma su

tutte le superfici ed in particolare sulle superfici dei materiali estranei inseriti nel corpo come per

esempio i cateteri.

Vi sono batteri che richiedono la presenza d’ossigeno detti aerobi, altri che vivono senza ossigeno e

vengono chiamati anaerobi.

Vi sono poi batteri detti sporigeni che in presenza di situazioni sfavorevoli come essiccamento,

temperature alte o basse anziché morire si trasformano in strutture molto resistenti chiamate spore.

Le spore possono sopravvivere nel terreno per anni e quando ritrovano le condizioni favorevoli si

trasformano in batteri.

Alcuni batteri elaborano delle sostanze che si comportano come veri e propri veleni: le tossine.

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Tra i batteri dannosi per l’uomo ricordiamo la salmonella che provoca il tifo, il bacillo di Koch che

provoca la TBC, lo stafilococco responsabile dei foruncoli, il bacillo del tetano, ecc.

Infine ricordiamo i batteri piogeni, della famiglia degli stafilococchi e degli streptococchi che

producono una sostanza densa e viscosa, il pus. Il pus è formato da globuli bianchi morti,

microrganismi e prodotti del disfacimento dei tessuti.

FUNGHI O MICETI: hanno dimensioni da 20 a 50 volte superiori ai batteri e rispetto a

quest’ultimi sono più resistenti ai disinfettanti.

Le infezioni fungine umane vengono divise in micosi superficiali (che colpiscono la cute, i capelli,

le unghie) e profonde sistemiche.

Tra le forme dannose per l’uomo ricordiamo la candida che provoca malattie del cavo orale e di

altre mucose (mughetto), le tigne che colpiscono il cuoio capelluto.

PROTOZOI: sono i microrganismi più grandi, anch’essi però non sono visibili ad occhio nudo.

Le malattie più importanti provocate da protozoi sono la malaria, la dissenteria amebica, la

toxoplasmosi e alcune uretriti e vaginiti da trichomonas vaginalis.

Esistono poi altri microrganismi quali:

- micoplasmi: germi di piccolissime dimensioni

- ricketsie: con caratteristiche intermedie tra i batteri e i virus

- clamidie: piccoli batteri di forma rotondeggiante

"Nessun elenco di patogeni può essere considerato completo.

Possono sempre essere scoperti nuovi agenti infettivi o

possono sempre essere scoperte situazioni particolari in cui

un microrganismo scarsamente patogeno può dar luogo a

malattia, almeno in soggetti predisposti"

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"ASEPSI è l'assenza di

microrganismi

patogeni"

"CONTAMINAZIONE

è la presenza

transitoria di

microrganismi sulla

superficie corporea o su

oggetti"

"INFEZIONE è

l'ingresso e lo

sviluppo di

microrganismi

patogeni in uno o più

tessuti di un

organismo"

"MALATTIA

INFETTIVA è quella

condizione morbosa

che riconosce come

causa necessaria

l'azione di un agente

biologico infettivo"

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Le infezioni si dividono in:

"INFEZIONE COMUNITARIA è un'infezione che è

presente o in incubazione al momento dell'ingresso in

ospedale e non sono in relazione con questo o precedenti

ricoveri"

"INFEZIONE OSPEDALIERA è un'infezione contratta in

ambiente sanitario (ospedale, ambulatorio, casa di cura, casa

di riposo) che non era evidente all'ingresso, ma che si

manifesta durante o dopo il ricovero e da questo è causata;

si parla pertanto di INFEZIONI CORRELATE ALLE

PRATICHE ASSISTENZIALI."

"INFEZIONE OCCUPAZIONALE è un'infezione contratta

dall'operatore sicuramente sul luogo di lavoro, deve risultare

connessa direttamente con l'attività lavorativa"

CATENA DELLE INFEZIONI

agente

infettivo

modalità di

trasmissione

porta di

entrata

ospite

serbatoio

porta di

uscita

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La diffusione delle infezioni è scandita da sei momenti principali rappresentati come anelli di una

catena.

Gli agenti infettivi accumulati nei serbatoi attraverso le porte di uscita con diverse modalità di

trasmissione penetrano attraverso le porte di ingresso negli ospiti suscettibili che possono

ammalarsi e produrre altri agenti infettivi.

Se tutti questi anelli sono presenti l'infezione si trasmette. Se uno di questi anelli non è presente o si

interrompe l'infezione non può instaurarsi.

Gli agenti infettivi sono i microrganismi (virus, batteri, miceti, protozoi).

I serbatoi sono i luoghi dove un agente infettivo può sopravvivere, si tratta di habitat naturali del

microrganismo dove lo stesso può riprodursi: un uomo, un animale, ma anche l'ambiente e gli

oggetti. Fra gli uomini dobbiamo considerare non solamente i soggetti malati, ma anche i portatori

sani che sono persone in grado di trasmettere i microbi perché li albergano nel loro corpo senza

però avere i segni di malattia (persone sane, malate ma asintomatiche o convalescenti).

Le porte d'uscita sono per esempio nell'uomo le vie respiratorie, la via intestinale, la via genito-

urinaria, la via cutanea, la via transplacentare e il sangue.

Le modalità di trasmissione sono i meccanismi di trasporto dell'agente infettivo dal serbatoio

all'ospite.

Si possono riconoscere le seguenti modalità di trasmissione:

per contatto quando i microrganismi vengono trasferiti toccando o manipolando il serbatoio;

può essere diretto con trasmissione da persona a persona cioè tramite rapporti sessuali, baci,

morsi ecc., o indiretto attraverso oggetti d'uso che permettono la sopravvivenza dell'agente

come le medicazioni, gli aghi contaminati la biancheria sporca, ecc.

per droplet quando i microrganismi sono contenuti in goccioline provenienti dalle vie

respiratorie in seguito a tosse o starnuto. Tali goccioline hanno la caratteristica di essere grandi e

pesanti per cui devono essere emesse con forza dall'ospite infetto e richiedono la vicinanza fra le

persone entro un metro o meno

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per via aerea quando i microrganismi sono contenuti in goccioline di piccolissime dimensioni o

nella polvere e trasportati dalle correnti d'aria possono rimanere nell'ambiente anche per lunghi

periodi

tramite veicoli cioè quando i microrganismi vengono trasportati da oggetti inanimati che

riescono a fargli vivere su di essi fino a quando entrano in contatto con ospiti suscettibili quali

l'acqua, i liquidi organici, il cibo

tramite vettori cioè quando i microrganismi vengono trasportati verso l'ospite suscettibile da

esseri viventi. Essi possono essere facoltativi quando trasportano il germe passivamente (mosca,

topi) e obbligati quando trasportano solo quel germe dovendolo trasformare (zanzara per la

malaria).

Le porte d'ingresso sono i percorsi attraverso i quali l'agente infettante raggiunge l'ospite come le

vie respiratorie, i tratti gastro-intestinali e genito-urinari, la cute lesa, le mucose, la placenta, le

ferite chirurgiche.

Gli ospiti suscettibili sono individui privi di capacità di difese sufficienti come gli anziani, i neonati,

i malati cronici, chi abusa di farmaci, ecc.

Le modalità di trasmissione rappresentano l'anello più debole della catena e quindi il più facile da

spezzare. E' anche l'anello più importante che gli operatori sanitari devono conoscere.

modalità

di

trasmissione

agente

infettivo

porta di

entrata

ospite

serbatoio

porta di

uscita

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COME SI POSSONO INDEBOLIRE GLI ANELLI DELLA CATENA

agente

infettivo

modalità di

trasmissione

porta di

entrata

ospite

serbatoio

porta di

uscita

SIERO E VACCINO - PROFILASSI

Obiettivo: intervenire sulle resistenze

PULIZIA E DISINFEZIONE

mani, indumenti, strumenti, ambienti obiettivo: controllare

l'infezione

ISOLAMENTO PROTETTIVO DEL

PAZIENTE NON INFETTO Obiettivo: prevenire

l'infezione

DISINFEZIONE DEI MATERIALI INFETTI Obiettivo: controllare

l'infezione

ACCERTAMENTO DIAGNOSTICO:

ISOLARE PAZIENTE INFETTO

Obiettivo: controllare la sorgente

ANTIBIOTICO TERAPIA MIRATA

Obiettivo: distruggere il germe patogeno

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L'inizio della storia naturale di una malattia infettiva è costituita dal contatto e dalla successiva

interazione fra agente biologico ed individuo. L'esito di tale incontro è legato alle caratteristiche

dell'agente biologico dell'individuo e dell'ambiente.

Quando il microbo è penetrato nell'organismo abbisogna di un determinato tempo per moltiplicarsi

e solo quando il numero è elevato inizia la sintomatologia: questo periodo è detto d'incubazione ed

è estremamente variabile.

Agente biologico

Le principali caratteristiche dell'agente biologico sono:

l'infettività cioè la capacità di un microrganismo di radicarsi in un ospite penetrando nel suo

interno e invadendo i distretti superficiali e di moltiplicarsi attivamente ossia la capacità di

provocare un'infezione;

la patogenicità cioè la capacità di alcuni microrganismi di provocare malattia a seguito di

infezione;

la virulenza che è la misura del grado di patogenicità, esprime non solo la capacità di provocare

malattie, ma anche il livello di gravità di queste malattie;

la carica microbica cioè il numero di microrganismi presenti.

ESITO

AGENTE BIOLOGICO

AMBIENTE

INDIVIDUO

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Ambiente

I fattori ambientali sono per esempio le condizioni socio-economiche, lo stato igienico in generale,

il clima, la posizione geografica che possono influenzare anche pesantemente la diffusione degli

agenti biologici.

Individuo

Lo stesso agente eziologico non ha lo stesso effetto su tutti gli individui in quanto ciascuno di questi

ha caratteristiche particolari (costituzione, razza, età, sesso).

La principale caratteristica è rappresentata dallo stato di resistenza all'azione dei diversi agenti

microbici. L'individuo ospite può esplicare tale resistenza anche come capacità generale di difesa

contro le malattie infettive determinata per esempio da adeguati livelli di nutrizione, dall'attività

sportiva, ecc. l'ospite però contrasta il radicamento degli agenti microbici principalmente attraverso

meccanismi di difesa.

DIFESE NATURALI ASPECIFICHE

L’uomo possiede numerosi sistemi “aspecifici” cioè non mirati contro un microrganismo infettante

particolare.

Ne sono un esempio la pelle e le mucose che se integre sono spesso barriere insuperabili,

presentando inoltre una particolare acidità che previene la crescita microbica e la presenza di

microbi capaci di inibire la crescita di altri microbi.

La saliva contiene enzimi in grado di danneggiare molti batteri; le lacrime ed il secreto bronchiale

sono dei veri e propri sistemi di lavaggio di eventuali germi depositatisi.

L’acidità del succo gastrico è mortale per molti batteri.

L’acidità della pelle e della vagina creano un ambiente sfavorevole alla crescita dei microrganismi.

Il sangue stesso contiene delle cellule specializzate capaci di bloccare molti germi.

I macrofagi sono cellule capaci di fagocitare i germi e spesso digerirli, attraverso enzimi e perossidi

(sostanze con effetto simile a quello dell’acqua ossigenata) da essi prodotti. Anche la febbre si può

considerare un sistema di difesa ma è soprattutto la risposta infiammatoria che ne è la

manifestazione più evidente.

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DIFESE NATURALI SPECIFICHE

Quando le difese naturali aspecifiche si dimostrano insufficienti entra in campo un sofisticato

sistema capace di risposte specifiche e selettivamente mirate: il sistema immunitario.

Questo sistema è basato su un complesso e delicato meccanismo: dopo che un macrofago ha

digerito un microrganismo, ne espone i pezzi costitutivi che vengono chiamati antigeni sulla propria

superficie cellulare, questi vengono riconosciuti dai linfociti T specifici che possono distruggerli o

inviare messaggi al linfociti B che sollecitati incominciano a produrre anticorpi.

Gli antigeni sono pertanto tutte quelle sostanze riconosciute come estranee all'organismo che

scatenano la formazione di anticorpi.

Gli anticorpi sono vere e proprie “pinze” molecolari alle cui estremità si trovano delle braccia a

forma di autentici “stampi” adatti a ricevere la forma esatta dell’antigene microbico perciò sono

specifici.

L’antigene microbico così neutralizzato viene attaccato da altre sostanze che si liberano con un

sistema a cascata.

Tali sostanze si infilano come cunei nella superficie dei batteri attaccate agli anticorpi, provocando

così l’apertura di fori da cui escono le sostanze contenute nell’interno della cellula batterica, con

conseguente morte di quest’ultima.

DIFESE ARTIFICIALI O INDOTTE

L’organismo umano per produrre anticorpi protettivi e linfociti specifici abbisogna di un certo

tempo. A volte questi tempi sono troppo lunghi perché le difese si sviluppano in tempo per evitare

la morte del malato.

Ecco allora che laddove è possibile si preferisce produrre delle varianti di germi che se iniettate

sono incapaci di provocare la malattia (in quanto cellule morte, frammenti o attenuate) ma sono

ancora in grado di stimolare la risposta immunitaria. Queste preparazioni si chiamano vaccini e la

loro introduzione nell’organismo è chiamata vaccinazione.

IMMUNOPROFILASSI ATTIVA

Le vaccinazioni sono pertanto un efficace mezzo di prevenzione e consistono in una

immunoprofilassi attiva. I vaccini hanno cambiato la storia della medicina e si sono affermati come

strumento fondamentale per la riduzione della mortalità, modificando profondamente

l’epidemiologia delle malattie infettive.

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Il difetto principale dei vaccini è però quello di essere delle armi di difesa molto selettive in grado

cioè, di proteggere solo nei confronti del microrganismo che è servito per realizzarli.

Allo stato attuale non abbiamo a disposizione per ogni microbo un vaccino specifico, inoltre la

protezione data dalla vaccinazione non può essere considerata assoluta, totale e definitiva.

Lo stesso stato di salute della persona sottoposta a vaccinazione può influire nel determinare una

risposta immunitaria più o meno intensa.

Per conservare nel tempo una quantità di anticorpi sufficienti è indispensabile poi ricorrere a

richiami periodici (secondo le scadenze previste dai vari vaccini).

ESSERE VACCINATI NON ESIME DAL RISPETTO DELLE

NORME IGIENICHE PIU’ GENERALI

PIANO PROVINCIALE DI PROMOZIONE DELLE VACCINAZIONI PER LA

PROVINCIA DI TRENTO

In linea con la politica nazionale per le vaccinazioni, anche in Trentino si è stabilito di superare

l’obbligo della vaccinazione passando da una logica impositiva ad una partecipazione consapevole

della comunità. Tale scelta è nata dal fenomeno sempre più diffuso dell’obiezione all’obbligo

vaccinale derivante da un atteggiamento culturale di persone che manifestano una visione

alternativa della salute e della prevenzione delle malattie e più in generale un rifiuto della medicina

convenzionale. Pertanto è stata sospesa in via sperimentale, l’applicazione delle sanzioni pecuniarie

nei confronti dei genitori e di coloro che hanno la patria potestà sui minori che rifiutano di

sottoporre gli stessi per un insuperabile convincimento personale. Il rifiuto della vaccinazione deve

essere espresso in forma scritta ed inviato all’azienda provinciale per i servizi sanitari, viene così

meno anche l’obbligo del certificato vaccinale per l’iscrizione scolastica.

Tuttavia l’azienda provinciale per i servizi sanitari è fortemente impegnata a promuovere al

massimo le vaccinazioni ritenendole il più importante strumento di prevenzione primaria delle

malattie infettive. Nasce così il calendario provinciale delle vaccinazioni con una serie di

vaccinazioni raccomandate che riguardano tuta la popolazione e che sono offerte gratuitamente.

VACCINAZIONI DELL’INFANZIA

Vaccino esavalente formato da sei vaccini contro DIFTERITE - TETANO - POLIOMELITE -

EPATITE B - PERTOSSE - HAEMOPHILUS INFLUENZALE

Vaccino trivalente formato da tre vaccini contro MORBILLO - ROSOLIA - PAROTITE

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VACCINAZIONI PREADOLESCENZA

Vaccino antipapilloma virus

Vaccino antimeningococco

Vaccino antivaricella

VACCINAZIONI DELL’ADULTO

Vaccino antinfluenzale

Vaccino antipneumococcico

Vaccino antimeningoencefalite da zecche

IMMUNOPROFILASSI PASSIVA

La formazione degli anticorpi dopo una vaccinazione è lenta (ci vogliono almeno 15 giorni).

Pertanto quando l’infezione sia già in corso o non sia possibile disporre di un vaccino efficace, si

può tentare di ridurre la gravità della malattia iniettando direttamente nel soggetto colpito gli

anticorpi specifici prelevati da persone già immunizzate. (GAMMAGLOBULINE)

Questa metodica è detta immunoprofilassi passiva. Gli anticorpi introdotti non sono duraturi

(sopravvivono per circa 20 giorni), ma intanto se era stato possibile praticare il vaccino si stanno

formando altri anticorpi.

Una immunità specifica di tipo passivo viene acquisita anche naturalmente per esempio quando

l'organismo materno trasmette al feto gli anticorpi specifici preformati.

A malattia già in corso abbiamo altre sostanze capaci di interferire con il metabolismo o la

riproduzione di batteri e funghi: sono gli antibiotici. Questi farmaci sono armi molto potenti con dei

grossi limiti quali elevata tossicità per l’uomo, insensibilità contro i virus, tendenza a sviluppare nei

batteri resistenze o sostanze che li neutralizzano.

Se tutti questi meccanismi non funzionano bene o vengono scavalcati l'uomo diventa suscettibile e

può contrarre un'infezione.

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21

DOMANDE GUIDA ALLO STUDIO

Che cos'è un rischio ed in particolare il rischio biologico?

Quali altri rischi sono presenti in ospedale?

Qual è la differenza tra germe patogeno - non patogeno - opportunista?

Rispetto alla grandezza come si presentano virus - batteri - protozoi?

Dove amano vivere i microbi?

Che cosa sono i biofilm?

Qual è la differenza tra batteri e virus?

Nomina qualche malattia data da virus - batteri - funghi - protozoi?

Che cosa sono i germi aerobi e anaerobi?

Che cosa sono le spore e le tossine?

Che cosa sono i batteri piogeni?

Definizioni di asepsi - contaminazione - infezione - malattia infettiva.

Definizione di infezione ospedaliera - comunitaria - occupazionale

Descrivi gli anelli della catena di una infezione.

Quali sono le principali caratteristiche dell’agente biologico?

Nomina qualche difesa naturale contro le infezioni.

Che cos’è il sistema immunitario?

Che cosa sono gli anticorpi e gli antigeni?

Che cosa sono i vaccini?

Elenca alcuni vaccini proposti nel calendario provinciale per le vaccinazioni..

Che cos’è l’immunoprofilassi passiva?

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INFEZIONI CORRELATE ALLE

PRATICHE ASSISTENZIALI

Con il termine di Infezioni correlate alle pratiche assistenziali (ICPA) si intendono quelle infezioni

una volta chiamate ospedaliere ed acquisite cioè dal paziente e riconducibili a momenti

assistenziali, anche non strettamente ospedalieri

Malgrado i progressi delle terapie, l'aumento della sicurezza di materiali e procedure, la crescita

delle conoscenze, una migliore preparazione di medici, infermieri, operatori in genere, e una

migliore attenzione da parte degli ospedali e delle strutture, il problema delle infezioni ospedaliere è

ben lontano dall'avere trovato una soluzione.

Molte ICPA sono prevenibili attraverso l’adozione di pratiche assistenziali sicure.

Le infezioni correlate all’assistenza rappresentano quindi un indicatore della qualità delle

cure

E' POSSIBILE STIMARE CHE 7 - 10 PERSONE SU 100 CHE SI

RICOVERANO IN OSPEDALE MANIFESTANO UN'INFEZIONE

CORRELATA ALLE PRATICHE ASSISTENZIALI

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23

"Le icpa rappresentano un ulteriore aggravio di

sofferenza per il malato e rappresentano un notevole

problema sociale"

"Le icpa sono sempre più spesso considerate come

indicatore della qualità dell'assistenza "

" L'aspetto medico - legale delle icpa rappresenta un

problema sempre più importante "

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24

CAUSE PRINCIPALI DELLE ICPA

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PERSONE A RISCHIO DI CONTRARRE UN'INFEZIONE

CORRELATA ALLE PRATICHE ASSISTENZIALI

Esistono categorie di persone "a rischio" che vengono colpite più facilmente di altre da queste

infezioni

Tutti coloro che hanno le difese immunitarie ridotte e che quindi non si possono difendere al meglio

dall'attacco dei germi, sono il bersaglio favorito di queste malattie.

Ecco chi è a maggior rischio:

anziani, spesso deboli e debilitati;

bambini, che presentano difese immunitarie più basse degli adulti;

persone malnutrite e debilitate;

persone che soffrono per affezioni che riducono le difese (malati di tumore, di cirrosi epatica, di

AIDS e di immunodeficienze di vario tipo);

persone che hanno subito interventi chirurgici e che quindi presentano ferite esposte all'azione

di microrganismi pericolosi o che presentano ustioni;

persone sottoposte a lunghe cure a base di antibiotici, che uccidono alcuni germi ma,

paradossalmente, possono favorire la crescita di altri microrganismi resistenti (non sensibili al

farmaco);

persone che soffrono di patologie generali (diabetici, anemici, patologie cardiovascolari);

persone costrette all'immobilità per lunghi periodi di tempo;

persone sottoposte a procedure di trapianto di midollo, reni, fegato, ecc.

I microrganismi patogeni per l’ospite immunocompromesso sono spesso normali contaminanti del

terreno, dell’acqua e dei vegetali

L’80 % dei germi che causano infezioni nell’immunocompromesso provengono dalla flora

batterica del paziente stesso (intestino vie genitali, cavo orale e vie aeree).

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AGENTI RESPONSABILI DELLE ICPA

Le infezioni ospedaliere sono, nella maggior parte dei casi di origine batterica. I virus e i funghi pur

presenti sono poco significativi.

Solitamente si tratta di germi resistenti agli antibiotici che proliferano in serbatoi naturali (acqua,

spazzoloni per la pulizia, vestiti).

Sono soprattutto batteri Gram negativi, come Escherichia coli, Pseudomanas aeruginosa e Proteus

mirabilis, ma anche i Gram positivi, come Stafilococcus aureus e Streptococcus pyogenes, che

possono causare infezioni ospedaliere.

Le infezioni causate da virus rigurdano per esempio i virus dell'epatite, mentre per i funghi anch'essi

poco rappresentativi ricordiamo ad esempio la Candida.

In base all'origine, le infezioni ospedaliere possono essere distinte in:

infezioni endogene o autoinfezione - in questo caso il microrganismo che causa la malattia è

già presente nell'organismo, come ospite abituale non patogeno, ma che ha acquistato

patogenicità e virulenza in seguito ad una grave compromissione delle difese dell'individuo.

Infezioni esogene o crociate - in questo caso il microrganismo che causa la malattia arriva al

paziente da un altro paziente, o da un portatore, da un operatore o dall'ambiente, strumenti,

alimenti, ecc.

LOCALIZZAZIONI DELLE ICPA

Vie urinarie - sono le più diffuse, in quanto sono facilmente trasmesse con l'utilizzo del

catetere, pratica molto diffusa negli ospedali.

Apparato respiratorio - le affezioni dell'apparato respiratorio sono soprattutto polmoniti, che

si verificano in seguito all'immobilità, che favorisce la crescita di germi responsabili di tali

infezioni.

Ferite - si tratta di ferite operatorie intaccate da diversi tipi di germi che coinvolgono i tessuti

interessati e quelli circostanti.

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27

CONSEGUENZE E COSTI DELLE ICPA

Per il paziente disagio

febbre

dolore

prolungamento della de- genza

possibilità di un falli- mento

dell'intervento

morte

Per lo staff di assistenza aggravio di tempo

aumento esami e terapie

aumento pericoli

minor tempo per gli altri

pazienti

Per la comunità allungamento della lista di attesa

diffidenza e paura del ricovero

dimissione portatori con ceppi

ospedalieri

giornate lavorative perse

costi

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COME PREVENIRE LE INFEZIONI IN OSPEDALE

Operatori sanitari Pazienti

√ Buone pratiche assistenziali

√ Formazione continua

√ Informazione

√ Controllo rischio biologico

√ Precauzioni standard e specifiche

√ ………….

√ Igiene personale

√ Condizioni cliniche

√ ………

Attrezzature e dispositivi medici

Ambiente

√ Pulizia

√ Disinfezione

√ Sterilizzazione

√ Conservazione del materiale

√ ………………

√ Pulito

√ Igienico

√ Sicuro

√ …….

ALCUNI ESEMPI DI MISURE DI CONTROLLO

DELLE ICPA

1. Misure di efficacia sconosciuta o nulla (raggi ultravioletti - tappeti decontaminanti - nebulizzazione di

disinfettanti)

2. Misure di efficacia ragionevole (disinfezione dei pavimenti - educazione al paziente - sistemazione

della biancheria contaminata da liquidi biologici in sacche impermeabili)

3. Misure di elevata efficacia (lavaggio delle mani - aggiornamento del personale - aghi e taglienti in

contenitori rigidi)

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29

DOMANDE GUIDA ALLO STUDIO

Che cosa sono le icpa?

Quanti pazienti ricoverati vanno incontro ad una infezione correlata alle pratiche assistenziali?

Quali sono alcune cause delle icpa?

Quali sono i pazienti più suscettibili di contrarre le icpa?

Definizione di infezione esogena ed endogena?

A carico di quali apparati si localizzano principalmente le icpa?

Perché sono importanti e quali sono le conseguenze delle icpa?

Nomina alcuni esempi per il controllo delle icpa .

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30

INFEZIONI

OCCUPAZIONALI

L’esistenza del rischio biologico è da presumere ubiquitario negli ambienti sanitari.

Infatti l’ambiente sanitario risulta tra quelli abitati dall’uomo, un’area dove si possono realizzare

importanti concentrazioni di microrganismi patogeni nelle migliori condizioni per la loro diffusione.

Il rischio biologico per gli operatori sanitari, pur essendo compreso nell'ampia problematica delle

infezioni da ospedale, deve essere rivisto in un'ottica diametralmente opposta. Infatti, in questo caso

il paziente passa dal ruolo di "recettore" a quello di "fonte" di agenti infettivi, i quali non sono più

rappresentati da agenti opportunisti, ma da microrganismi ad elevato potenziale patogeno in grado

di colonizzare gli organismi sani.

POSSIBILI TRASMISSIONI DA PAZIENTE AD OPERATORE

Vie di trasmissione Malattie infettive

VIA EMATICA Epatite B

Epatite C

AIDS

VIA AEREA Tubercolosi

Meningite meningococcica

VIA ORO-FECALE Salmonellosi

Epatite A

CONTATTO CUTANEO Scabbia

Pediculosi

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PRINCIPALI NORME CHE PROTEGGONO GLI

OPERATORI SANITARI DAL RISCHIO BIOLOGICO

Il concetto di protezione degli operatori non è né nuovo né originale in quanto già il codice civile

prevede la necessità di fare tutto ciò che è necessario al fine di evitare l'esposizione dei lavoratori a

pericoli.

In epoca recente si è assistito però ad un sempre maggiore interessamento al rischio professionale

all'interno delle strutture sanitarie e socio-assistenziali.

Negli ultimi anni c'è stata una presa di coscienza dei rischi a cui il personale è sottoposto durante lo

svolgimento del proprio lavoro: è indiscussa l'importanza della protezione del paziente per ridurre il

più possibile le infezioni ospedaliere, non si possono però trascurare le precauzioni per la

salvaguardia della salute degli operatori.

RISCHIO DI TRASMISSIONE ATTRAVERSO IL SANGUE E I LIQUIDI BIOLOGICI

Il decreto 28 settembre 1990 del Ministero della Sanità relativo alle "Norme di protezione dal

contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private"

recependo i consigli emanati dai C.D.C., (centri per il controllo delle malattie di Atlanta - USA) nel

1987 stabilisce delle linee guida di comportamento che vanno sotto il nome di Precauzioni

Universali (PU). Nel 1996 le P.U. sono state aggiornate con le precauzioni attualmente consigliate

e dette PRECAUZIONI STANDARD

Le precauzioni universali erano inizialmente nate con la finalità di prevenire le esposizioni

parenterali, delle mucose e della cute non intatta degli operatori sanitari e dei malati, a patogeni

trasmessi attraverso il sangue con epatite B, epatite C, epatite Delta, HIV.

Successivamente e con l’avvento delle precauzioni standard tali precauzioni, oggi si intendono

estese a tutti i momenti dell’attività assistenziale.

Tutte le misure per controllare la diffusione delle infezioni in ambito sanitario e o domiciliare

si basano sulle precauzioni standard.

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Le precauzioni standard si applicano a tutte le persone assistite indipendentemente dalla diagnosi e

dal sospetto di infezione. Devono essere usate in caso di contatto con sangue o altri liquidi

organici, secrezioni, escrezioni, cute non integra e mucose.

Tutte le persone malate e non, devono essere considerate potenzialmente infette.

L’esigenza di considerare tutte le persone potenzialmente infette nasce, infatti, dalle seguenti

constatazioni:

elevata proporzione dei casi asintomatici

impossibilità di ottenere un’anamnesi accurata per tutti i malati

scarsa validità di uno screening indiscriminato di tutti i ricoverati.

Esse prevedono in presenza di sangue o di liquidi organici (sudore escluso):

il lavaggio delle mani;

l'uso dei guanti;

il divieto di incappucciare gli aghi e maneggiare i taglienti;

l'utilizzo di mascherine, occhiali e camici;

la gestione corretta della biancheria sporca;

la cura dell'attrezzatura e dell'ambiente.

Esistono due tipi di precauzioni:

Precauzioni Standard e Precauzioni basate sulla Via di Trasmissione.

Come visto le Precauzioni Standard si devono applicare nella cura di tutti i pazienti ricoverati

nelle strutture, in ospedale o presenti a domicilio, indipendentemente dalla diagnosi o dal presunto

stato di infezione.

Le Precauzioni basate sulla Via di Trasmissione vengono utilizzate per i pazienti per i quali si

conosce o si sospetta l'infezione o la colonizzazione da parte di agenti patogeni

epidemiologicamente rilevanti, in grado di essere trasmessi attraverso la via aerea o per contatto

diretto (vedi programma malattie infettive ).

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VACCINAZIONE ANTI EPATITE B

Ai sensi del Decreto del Ministero della Sanità 4.10.1991 viene offerta gratuitamente la

vaccinazione al personale sanitario di nuova assunzione del Servizio Sanitario Nazionale e al

personale del servizio sanitario già impegnato in attività a maggior rischio di contagio nonché al

personale di altri servizi che erogano assistenza, alle vittime di punture accidentali e agli addetti ai

servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

TUTELA LAVORATRICI MADRI

Diverse sono le norme (es. L. 1204/71, D.Lgs. 645/96) che tutelano la salute delle donne in

gravidanza e il nascituro. Tali norme non contemplano solo il rischio infettivo, ma anche fisico e

chimico. In particolare le donne in gravidanza e per sette mesi dopo il parto non possono essere

adibite a lavori pericolosi, faticosi e insalubri. E' previsto anche l'anticipo del congedo obbligatorio

a tre mesi prima del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori pregiudizievoli e gravosi.

Fin dall'inizio della gravidanza la donna non può comunque essere adibita a lavori che comportano

rischi per la salute. Fino all'anno di età del bambino è previsto un orario ridotto ed è possibile poi

fino ai tre anni un esonero dal turno notturno.

IL TESTO UNICO SULLA SICUREZZA D.lgs n. 81 9 Aprile 2008

(modificato dal D.lgs 106/2009)

Le disposizioni del presente decreto sono l’attuazione dell’art 1 della legge 3 agosto 2007 n.123 che

ha previsto di realizzare il riordino e la rivisitazione della normativa vigente in materia di salute e

sicurezza in un unico testo normativo.

Quando si parla di salute e sicurezza si pensa solo ai tanti e troppi incidenti mortali ed ai tradizionali

rischi presenti nei settori industriali, mentre il mondo del lavoro è profondamente cambiato, il

terziario tradizionale e quello “avanzato” assumono sempre più rilevanza. Lo spirito di questo testo

unico è quello di accorpare tutte le leggi che in passato si occupavano di sicurezza sui luoghi di

lavoro e di benessere lavorativo in senso generale andando ad abrogarle (esempio non esiste più il

Dl.gs 19 settembre 2004 n°626).

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Il Decreto Legislativo 81/ 2008 si deve applicare IN TUTTI I SETTORI DI ATTIVITA’ PRIVATI

O PUBBLICI, nelle imprese, nelle fabbriche, nell’artigianato, negli uffici e nella scuola, negli

ospedali e nelle case di cura. Sono quindi coinvolti anche gli utenti dei corsi di formazione

professionale nei quali si faccia uso di apparecchi, agenti chimici, fisici o biologici e pertanto

rientrano a pieno titolo tra i beneficiari della legge anche gli allievi della scuola per operatore

sanitario.

Ecco allora che il D. lgs. 81/2008 contiene norme specifiche su:

uso delle attrezzature di lavoro

uso dei mezzi di protezione individuale (D.P.I.)

movimentazione manuale dei carichi

videoterminali

protezione da agenti cancerogeni

protezione da agenti biologici

DATORE DI LAVORO DIRIGENTIPREPOSTI

SERVIZIO DI PREVENZIONEE PROTEZIONE

e MEDICO COMPETENTE

LAVORATORIR.L.S.

L’ORGANIZZAZIONE DELLA PREVENZIONE E I SOGGETTI COINVOLTI

Referente del atore di Lavoro per la Sicurezza Distretto Est

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ALCUNI COMPITI DELLE VARIE FIGURE:

IL LAVORATORE

Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e della propria sicurezza e quella delle

persone presenti nel luogo di lavoro, su cui accadono gli effetti delle sue azioni o omissioni,

partecipando in modo attivo alla in-formazione, alle istruzioni ed ai mezzi forniti dal datore di

lavoro, dai dirigenti e preposti, segnalando le deficienze dei dispositivi di sicurezza. In pratica il

lavoratore osserva le disposizioni, segnala le condizioni di pericolo, collabora con il datore di lavoro

per l'adempimento di tutti gli obblighi, utilizza e non modifica o rimuove i sistemi di protezione.

IL DATORE DI LAVORO 8ED I DIRIGENTI

Il datore di lavoro è il soggetto che ha la responsabilità dell’azienda (es. il direttore) mentre il

dirigente è colui che assume un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale (es.

il primario). Uno dei compiti più importanti che deve fare è la valutazione di tutti i rischi e la

elaborazione del DVR (DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI) in quanto la

valutazione del rischio diventa l’elemento cardine del sistema di prevenzione aziendale.

Il DVR deve contenere la radiografia dell’azienda ed il mancato adempimento dell’obbligo della

valutazione dei rischi, è sanzionato, in alcuni casi di particolare gravità, con l’arresto. Il datore di

lavoro ed il dirigente devono informare ciascun lavoratore sui rischi specifici cui è esposto, sulle

normative per la sicurezza e sulle misure di protezione e prevenzione adottate. Il datore di lavoro ed

il dirigente devono assicurare a ciascun lavoratore una adeguata informazione sui rischi, sulle

procedure di primo soccorso, sulle protezioni e prevenzione adottate. Devono fornire ai lavoratori i

necessari ed idonei dispositivi di protezione e osservare e assicurarsi che i lavoratori osservino le

norme e le disposizioni in materia di sicurezza.

Oltre adempiere agli obblighi di informazione, devono aggiornare le misure di prevenzione in

relazione ai mutamenti organizzativi, garantire ai lavoratori e ai Rappresentanti dei lavoratori (RLS)

di verificare l’applicazione delle misure di sicurezza e protezione della salute, il datore di lavoro

deve infine designare il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione dei rischi ed il Medico

Competente.

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IL PREPOSTO

Il Preposto ( es. caposala o capotecnico) sovraintende e svolge funzioni di controllo sull’esecuzione

del lavoro; Vigila sull’osservanza da parte dei lavoratori dei loro obblighi di legge e si accerta che

vengano attuate le disposizioni in materia di prevenzione e protezione della salute e sicurezza,.

Informa il lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato e segnala al datore le

deficienze delle attrezzature da lavoro e dei dispositivi di protezione o altra condizione di pericolo.

IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO PREVENZIONE E PROTEZIONE

Il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda o della

unità produttiva nominandone un responsabile (RSPP). Il RSPP gestisce, coordina le attività del

Servizio di Prevenzione e Protezione ed insieme al Medico Competente, visita gli ambienti di

lavoro almeno una volta l’anno, può essere una figura esterna o interna all’azienda e la sua nomina

deve essere concertata dal datore di lavoro e con i RLS. Provvede all’individuazione dei fattori di

rischio, ad elaborare le misure di prevenzione e protezione, a proporre programmi di informazione e

formazione, a dare ai lavoratori le informazioni sui rischi presenti e sulle misure adottate.

IL MEDICO COMPETENTE

Il Medico competente (M.C. ), collabora con il datore di lavoro e con il RSPP alla valutazione dei

rischi, definisce la programmazione della sorveglianza sanitaria, la predisposizione della attuazione

delle misure per la tutela della salute e della integrità psicofisica dei lavoratori, predispone

protocolli sanitari in funzione di rischi specifici, cura l’organizzazione del servizio di primo

soccorso, infine ha la possibilità di stabilire e far registrare nel DVR visite degli ambienti di lavoro

più frequenti rispetto all’attuale normativa. Il M.C. fornisce informazioni ai lavoratori e, a richiesta,

ai RLS; informa il lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria, gli rilascia, a

richiesta, copia della documentazione, e comunica per iscritto ai RLS, in occasione della riunione

periodica, i risultati anonimi collettivi.

Ha l’obbligo della custodia delle cartelle sanitarie e quello della loro consegna al datore di lavoro

alla cessazione dell’incarico.

SORVEGLIANZA SANITARIA

La sorveglianza sanitaria è un’attività complessa effettuata per legge dal Medico competente, che

opera in piena autonomia rispetto al Datore di Lavoro in modo da valutare e dare suggerimenti per

la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

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La sorveglianza sanitaria comprende:

a. accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i

lavoratori sono destinati (visita pre-assuntiva)

b. accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio

di idoneità alla mansione specifica (visite a cadenza periodica es.: ogni 2-3 anni)

c. accertamenti in occasione di tutti cambi mansione (visite in occasione di trasferimenti)

d. accertamenti dopo malattie lunghe (60 gg)

e. accertamenti a fine servizio

Gli accertamenti consistono in un esame clinico (visita medica) e in indagini diagnostiche mirate

(esami del sangue e delle urine, spirometrie per chi è ad esposizione di broncoirritanti, audiometrie

per rischio rumori, screening visivi per chi usa il videoterminale, visite del rachide (per chi solleva

pesi)

Alla fine viene stilato un giudizio di idoneità e per ogni lavoratore viene istituito e periodicamente

aggiornato un documento sanitario.

IL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA

Il rappresentante dei lavoratori (RLS) deve essere adeguatamente formato, è consultato, riceve le

informazioni e la documentazione, formula osservazioni ed ha accesso in tutti i luoghi di lavoro e a

tutta la documentazione. Riceve tempestivamente le informazioni e la documentazione aziendale in

merito alla valutazione dei rischi. L’RLS è’ consultato in merito all’organizzazione della

formazione e deve disporre del tempo necessario per lo svolgimento del suo incarico, nonché dei

mezzi e degli spazi necessari per l’esercizio delle sue funzioni.

SANZIONI: la legge prevede sanzioni, anche l'arresto in alcuni casi, per tutti i soggetti obbligati al

rispetto delle norme stabilite.

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Si intende per dispositivo di protezione individuale (D.P.I.) qualsiasi attrezzatura destinata ad

essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili

di minaccia alla sicurezza o alla salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio

destinato allo scopo (art. 74 D.Lgs. 81/08).

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CARATTERISTICHE

I DPI devono rispondere a requisiti di comfort ( es. leggerezza, traspirabilità, ecc.), e nello

stesso tempo devono avere requisiti di sicurezza (solidità e assenza di rischi causati dallo stesso

DPI). Devono soprattutto riportare notizie sulle protezioni fornite:

Accanto al marchio CE, alla Conformità CE e alla normativa EN, devono riportare il pittogramma

che ci indica il grado di protezione offerto. Tali elementi garantiscono il possesso da parte del DPI

dei requisiti essenziali in ottemperanza al D.L.gs. 475/92.

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Lo scopo dei DPI è quello di abbattere o diminuire per quanto possibile un determinato rischio

individuato nelle procedure lavorative, non eliminabile o riducibile con mezzi di prevenzione

tecnici, procedurali, organizzativi.

Le tappe da seguire prevedono:

1. analisi e valutazione dei rischi

2. eliminazione se possibile del rischio con nessun ricorso all’uso dei DPI

3. identificazione del DPI necessario se il rischio non è stato eliminato

4. identificazione delle caratteristiche del DPI (conformità alla legge, adeguatezza,

compatibilità con altri DPI, assenza di rischi)

5. scelta e gestione del DPI

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Per quanto riguarda il rischio biologico la scelta del DPI deve seguire queste indicazioni:

Che cosa sono le malattie professionali?

Sono malattie causate dall'esposizione a fattori nocivi presenti nell'ambiente di lavoro.

Denuncia di malattia professionale

Il lavoratore: richiede la visita medica e fa la denuncia al datore di lavoro entro 15 giorni.

Il medico: segnala il fatto alla Medicina del Lavoro, all'autorità giudiziaria e all'INAIL entro 10

giorni.

Il datore di lavoro: trasmette all'INAIL la denuncia ed il certificato medico entro 5 giorni.

Che cos'è un infortunio sul lavoro?

E' un evento dannoso ed imprevisto che avviene sul luogo di lavoro.

Denuncia di infortunio sul lavoro

Il lavoratore: si rivolge immediatamente al medico (Pronto Soccorso, medico curante) e

informa immediatamente il datore di lavoro.

Il medico: compila il primo certificato medico indicando la diagnosi e la prognosi (entro quanto

tempo avverrà la guarigione).

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Il datore di lavoro: se la prognosi è superiore a 3 giorni, trasmette all'INAIL la denuncia e il

certificato medico entro 2 giorni.

Che cos'è la commissione medico legale?

E' una commissione che valuta l'eventuale incapacità del lavoratore a svolgere le mansioni proprie

della qualifica. La richiesta della visita può essere inoltrata dal lavoratore o dal datore di lavoro

all'Unità Operativa di Medicina Legale.

DOMANDE GUIDA ALLO STUDIO

Elenca qualche esempio di possibile trasmissione di germi dal paziente all'operatore.

Descrivi cosa sono le precauzioni universali e quelle standard.

Che cos’è e cosa tratta il Decreto Legislativo 81/08 e dove si applica?

Quali sono le figure definite dal D.Lgs. 81/08 e quali i rispettivi compiti?

Che cos’è il Documento di Valutazione dei rischi?

D.P.I.: cosa sono, quali sono, come devono essere, quando usarli e come usarli?

Come deve avvenire la scelta dei DPI per quanto riguarda il rischio biologico?

Che cosa si intende per sorveglianza sanitaria?

Differenza tra malattia professionale ed infortunio sul lavoro.

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LAVAGGIO

DELLE MANI

I 10 veicoli di infezione più importanti sono:

le tue 10 dita

L'atto di lavarsi le mani non è soltanto una questione di igiene personale, ma anche di rispetto

verso gli altri. In tutto il mondo migliaia di persone muoiono ogni giorno per infezioni acquisite

durante l’assistenza sanitaria e le mani sono la principale via di trasmissione dei germi durante

le procedure assistenziali.

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Prima Sfida Globale

per la Sicurezza del Paziente

“Le cure pulite sono cure più sicure”

Obiettivo: Ridurre le infezioni correlate all’assistenza

Igiene delle mani come pietra miliare

La popolazione microbica presente sulla cute delle mani si distingue in:

flora batterica residente: i microbi sono presenti negli strati più profondi della cute e pertanto

sono di difficile eliminazione, generalmente però non sono patogeni. Essi vivono e si

moltiplicano sulla cute e variano da persona a persona. Non costituiscono un pericolo per chi li

ospita, tuttavia, possono provocare gravi infezioni se vengono a contatto con pazienti a rischio o

se cambiano la loro sede abituale.

Flora microbica transitoria: i microbi sono passeggeri e vengono raccolti dalla mano tramite il

contatto con un'altra persona o con un oggetto durante l'attività quotidiana. Tali microbi sono i

più insidiosi. Dopo un contatto con pazienti e/o oggetti contaminati, questi germi possono

sopravvivere sulle mani per un tempo variabile ( 2 -60 minuti). In assenza di azioni di igiene

delle mani, più lunga è l’assistenza fornita, più alto è il grado di contaminazione delle mani.

IDEALMENTE L’IGIENE DELLE MANI DEVE ESSERE EFFETTUATO AL LETTO DEL

PAZIENTE NEL PUNTO DI ASSISTENZA

Per punto di assistenza si intende il luogo fisico in cui si trovano contemporaneamente il

paziente, l’operatore sanitario e in cui si effettua la cura o il trattamento con contatto del

paziente. Ogni operatore deve pertanto avere facile accesso ad un prodotto per l’igiene delle

mani, come una soluzione per mani a base alcolica in forma tascabile o in dispenser fissati al

letto o al comodino del paziente (o in prossimità), senza allontanarsi dalla zona in cui si

effettua la cura/il trattamento.

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EFFETTUARE L’IGIENE DELLE MANI IN TUTTE QUESTE SITUAZIONI ,

INDIPENDENTEMENTE DAL FATTO CHE VENGANO USATI O MENO I GUANTI

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1. PRIMA DEL CONTATTO CON IL PAZIENTE

Effettuare l’igiene delle mani prima di toccare un paziente mentre ci si avvicina per proteggerlo dai

germi presenti sulle nostre mani. Quindi lavarsi le mani prima di toccarlo per aiutarlo a camminare,

a lavarsi, prima di effettuare un massaggio, misurare il polso o la pressione, ecc.

2. PRIMA DI UNA MANOVRA ASETTICA

Effettuare l’igiene delle mani immediatamente prima di qualsiasi manovra asettica per proteggerlo

dai germi potenzialmente patogeni compresi quelli appartenenti al paziente stesso. Quindi lavarsi le

mani prima del contatto con le mucose del paziente, prima di effettuare medicazioni, cateterismi, o

prima di preparare i cibi, ecc.

3. DOPO L’ESPOSIZIONE A RISCHIO AD UN LIQUIDO CORPOREO

Effettuare l’igiene delle mani immediatamente dopo l’esposizione ad un liquido corporeo per

proteggere l’operatore e l’ambiente sanitario da germi potenzialmente patogeni. Quindi lavarsi le

mani dopo aver toccato mucose o cute non integra, dopo esserci tolti i guanti, dopo manipolazione

di qualsiasi fluido corporeo, dopo aver eliminato feci, urine, vomito, rifiuti, dopo aver pulito o

decontaminato materiali o superfici visibilmente sporche, ecc.

4. DOPO IL CONTATTO CON IL PAZIENTE

Effettuare l’igiene delle mani dopo aver toccato il paziente o le superfici nelle immediate vicinanze

del paziente uscendo dalla stanza per proteggere sia l’operatore che l’ambiente da germi

potenzialmente patogeni. Quindi lavarsi le mani dopo aver aiutato un paziente a deambulare, dopo

aver eseguito un massaggio, dopo aver misurato polso e pressione, ecc.

5. DOPO IL CONTATTO CON CIO’ CHE STA’ ATTORNO AL PAZIENTE

Effettuare l’igiene delle mani uscendo dalla stanza del paziente dopo aver toccato qualsiasi oggetto

o mobile nelle immediate vicinanze del paziente anche in assenza di un contatto diretto con il

paziente per proteggere sia l’operatore che l’ambiente da germi potenzialmente patogeni. Quindi

lavarsi le mani dopo aver cambiato le lenzuola, regolato le spondine del letto, pulito il comodino,

ecc.

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TIPI DI LAVAGGIO DELLE MANI

Per l'igiene delle mani distinguiamo due livelli:

lavaggio delle mani con sapone (con o senza antisettico)

lavaggio delle mani mediante frizione con prodotto a base alcolica

Quando le mani sono visibilmente sporche o non è presente un prodotto a base alcolica

vanno lavate con acqua e sapone

Quando le mani non sono visibilmente sporche preferire la frizione con una soluzione

alcolica; questo metodo è più veloce, più efficace, e meglio tollerato dalle mani.

Anche nel LAVAGGIO CHIRURGICO attenersi alle seguenti regole:

se le mani sono visibilmente sporche lavarle con acqua e sapone;

usare un sapone con antisettico o un prodotto a base alcolica prima di indossare i

guanti sterili;

quando si usa il sapone frizionare per 2-5 minuti come raccomandato dal produttore;

quando si usa un prodotto a base alcolica, seguire le raccomandazioni del produttore

utilizzando una quantità sufficiente per coprire le mani ed i polsi durante la frizione.

Lasciare asciugare perfettamente prima di indossare i guanti.

Non praticare mai in sequenza il lavaggio con acqua e sapone (con o senza antisettico) e la

frizione con il prodotto a base alcolica.

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COME FRIZIONARE LE MANI

Durata dell’intera procedura: 20-30 secondi

Versare nel palmo della mano una quantità di frizionare le mani palmo contro palmo

soluzione sufficiente per coprire tutta la superficie

della mano

il palmo destro sopra il dorso

sinistro intrecciando le dita tra

loro e viceversa

palmo contro palmo

Intrecciando le dita tra loro

dorso delle dita contro il

palmo opposto tenendo le

dita strette tra loro

frizione rotazionale del pollice

sinistro stretto nel palmo destro e

viceversa

frizione rotazionale, in avanti ed

indietro con le 3 dita della mano

destra tra loro nel palmo sinistro e

viceversa

…una volta asciutte, le tue mani sono

sicure

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COME LAVARSI LE MANI

Durata dell’intera procedura: 40-60 secondi

Bagna le mani con acqua applica una quantità di

sapone sufficiente per coprire

tutta la superficie della mano

friziona le mani palmo contro

palmo

Il palmo destro sopra il sinistro

intrecciando le dita tra loro e

viceversa

palmo contro palmo

intrecciando le dita tra loro

dorso delle dita contro il palmo opposto

tenendo le dita strette tra loro

frizione rotazionale del pollice

sinistro stretto nel palmo destro e

viceversa

frizione rotazionale, in avanti ed

indietro con le dita della mano

destra strette tra loro nel palmo

sinistro e viceversa

risciacqua le mani con l’acqua

asciuga accuratamente con una

salvietta monouso

usa la salvietta per chiudere il

rubinetto

..una volta asciutte, le tue mani sono

sicure

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REGOLE GENERALI PER L'IGIENE DELLE MANI

Scegliere prodotti per la frizione alcolica efficaci: devono avere inoltre una bassa probabilità

di causare irritazioni ed il personale stesso dovrebbe partecipare alla scelta del prodotto,

valutando sensazione, il profumo e la tollerabilità cutanea;

avere sempre a portata di mano il prodotto a base alcolica: dotare il personale di confezioni

tascabili o di dispenser funzionanti nei luoghi di cura;

individuare un lavandino idoneo: in ospedale e nelle strutture è necessario individuare più

lavandini possibilmente ad uso esclusivo degli operatori. Tali lavandini devono essere tenuti ben

puliti, dotati di acqua calda e fredda e possibilmente con rubinetti a gomito o a pedale. Anche a

domicilio bisogna evitare di utilizzare lavelli impropri come quello della cucina;

utilizzare prodotti preferibilmente liquidi: l'uso di sapone solido è sconsigliato perché può

essere veicolo di trasmissione per i microrganismi. Gli erogatori per il sapone liquido se fissi,

vanno mensilmente smontati, lavati e disinfettati.. Se si utilizza il sapone in pezzi ( es. a

domicilio) questo deve essere di dimensioni piccole, dopo l'uso deve essere sciacquato sotto

l'acqua corrente e va riposto su una griglia ad asciugare in quanto la schiuma può diventare un

ottimo terreno di coltura per i microbi. I prodotti per l'igiene delle mani non devono avere

proprietà allergizzanti, non devono alterare il pH cutaneo e devono avere elevato potere

detergente;

evitare anelli, braccialetti, orologi da polso: i monili trattengono lo sporco e l'umidità e quindi

i microrganismi, inoltre impediscono il lavaggio e l'asciugatura delle mani. La fede in quanto

liscia è permessa;

nei reparti a rischio, non usare smalto per unghie: i microrganismi possono nascondersi nelle

screpolature dello smalto;

non indossare unghie artificiali o allungate,: i microrganismi possono svilupparsi più

rapidamente, mantenere comunque le unghie corte;

usare creme emollienti: la cute delle mani deve essere mantenuta morbida per evitare

screpolature che sono la porta d'ingresso per i microrganismi. La crema dovrà essere personale o

possibilmente in tubo.

curare e coprire abrasioni o tagli: ogni piccola lesione rappresenta un terreno adatto alla

proliferazione batterica;

utilizzare acqua a 37°: temperatura più basse danno vasocostrizione con restringimento dei

pori che impediscono la penetrazione del prodotto, temperature più alte possono causare

irritazioni cutanee e passaggio in superficie di germi resistenti;

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evitare il contatto mani-bocca durante il turno di lavoro: è fatto divieto di fumare, mangiare

mentre si eseguono determinate attività "sporche";

usare asciugamani monouso di carta: gli asciugamani comuni di stoffa umidi rappresentano

un favorevole terreno di crescita per alcuni batteri. Nel caso che fossero disponibili solo

asciugamani di stoffa (domicilio), è necessario sostituirli frequentemente. L'asciugatura delle

mani con carta monouso va fatta tamponando anziché strofinando per evitare abrasioni. In

ambiente sanitario non è consigliato nemmeno l’uso di asciugamani a rullo;

utilizzare una divisa con maniche corte: la stoffa della divisa potrebbe contribuire alla

contaminazione delle mani;

abolire l'uso di spazzolino a setole dure per le unghie: se utilizzato curare solo l'unghia e non

la cute perché si potrebbero creare delle microlesioni. Gli spazzolini devono essere monouso o

se riutilizzati, lavati e sterilizzati.

DOMANDE GUIDA ALLO STUDIO

Descrivi l’importanza dell’igiene delle mani.

Descrivi la popolazione microbica presente sulle mani.

Descrivi che cosa si intende per punto di assistenza.

Descrivi i 5 momenti fondamentali per l’igiene delle mani.

Descrivi come deve essere effettuata l’igiene delle mani.

Descrivi le norme di carattere generale che regolano il lavaggio delle mani.

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GUANTI

I guanti se usati correttamente sono da considerarsi un efficace Dispositivo di Protezione

Individuale. Abbiamo guanti pluriuso in gomma e guanti monouso in latice, vinile, nitrile.

Il requisito EN 374 specifica che il guanto è resistente alla penetrazione di prodotti chimici

e/o microrganici e che pertanto può ritenersi un DPI

Va però ricordato che il guanto, spesso, deve proteggere anche il paziente e pertanto deve essere

considerato un dispositivo medico (DM) cioè come uno strumento destinato ad essere impiegato

sull’uomo.

Il requisito EN 455 specifica che il guanto può essere usato in campo medicale.

La normativa vigente non permette che un guanto possa essere classificato nello stesso tempo come

DPI e come DM e questo può generare al momento della scelta parecchia confusione.

Tutte le confezioni devono riportare comunque il logo CE; se accanto a questo marchio appare la

scritta “per rischi minimi” trattasi di guanti non di uso medicale.

La scelta deve essere quindi orientata verso l’uso di guanti medicali e cioè marchiati En 455 che fra

le altre cose devono rispettare la normativa EN 374; viceversa non possiamo garantire che un

guanto marchiato come DPI possa essere sempre usato sull’uomo.

Ricordiamo fra le altre cose che i guanti non sostituiscono la necessità di lavarsi le mani, che

bisogna usarli sempre in presenza di liquidi biologici o sostanze pericolose, che bisogna evitare di

toccare tutto ciò che successivamente possa essere toccato da altri senza guanti e che si devono

togliere con tecnica atta ad evitare contaminazioni o aerosolizzazioni di microbi.

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I guanti si dividono in tre categorie:

guanti monouso (non sterili e sterili - usa e getta)

guanti chirurgici (sale operatorie)

guanti in gomma pluriuso per le pulizie (personali)

I guanti monouso e i guanti usati in sala operatoria sono utili agli operatori che fanno assistenza per

non contaminarsi le mani con germi patogeni presenti in pazienti o materiali infetti. Nello stesso

tempo impediscono che infezioni di lesioni cutanee degli operatori si trasmettano al paziente. Essi

pertanto accanto al marchio CE devono riportare il simbolo di "protezione da microrganismi"

I guanti pluriuso utilizzati per le pulizie ambientali sono utili all'operatore per salvaguardarsi dal

rischio biologico (contatto con superfici od oggetti sporchi) e dal rischio chimico-irritativo (contatto

con detergenti e disinfettanti). Essi pertanto accanto al marchio CE devono riportare il simbolo di

"protezione da microrganismi" e di "protezione da sostanze chimiche".

PRINCIPALI TIPI DI GUANTI MONOUSO E LORO UTILIZZO

Guanti in polietilene: (film trasparente) monouso per manovre non pericolose e di lunga durata,

ma che comportano rischio di contaminazione per l'operatore o l'utente (esempio trasporto padelle o

pappagalli).

Guanti in latice con polvere o senza polvere (con clorinatura): per tutte le manovre a rischio dove

ci sono materiali biologici. Essi offrono la garanzia più elevata e la miglior adattabilità alle mani.

Guanti in vinile con polvere o senza polvere: in alternativa al latice, ma con minor sensibilità

tattile.

Guanti in nitrile con polvere o senza polvere: in alternativa al latice con buona sensibilità,

morbidezza e resistenza meccanica, presentano inoltre buona resistenza rispetto ad oli, grassi,

solventi.

La scelta del guanto monouso sterile o non sterile dipenderà ovviamente dall'attività eseguita. Così

si utilizzeranno guanti non sterili per procedure che richiedono contatto con materiali contaminati

da materiale biologico (contatto con rifiuti infetti, drenaggi, biancheria sporca, ecc.).

Si dovranno invece utilizzare guanti sterili per tutte le procedure asettiche (interventi chirurgici,

medicazioni sterili, manovre invasive).

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I guanti inoltre vanno indossati obbligatoriamente se l'operatore presenta sulle mani ferite, abrasioni

o dermatiti.

REGOLE COMPORTAMENTALI

Ispezionare sempre i guanti prima dell’uso.

Utilizzare i guanti quando effettivamente serve una protezione: pertanto non indossarli per

distribuire il pasto, rifare i letti vuoti, accompagnare un utente, ecc.

Tenere le unghie corte ed evitare di indossare anelli.

Lavarsi ed asciugarsi le mani (evitare creme sulle mani) sia per non contaminare guanti che

verranno indossati, sia quelli che rimarranno nel contenitore

Calzare i guanti della propria misura per mantenere al massimo la sensibilità e la destrezza di

movimento.

Sostituire immediatamente i guanti se si rompono o si pungono.

Ridurre i contatti con superfici pulite (telefoni, maniglie) eventualmente decontaminare.

Sostituirli frequentemente con intervalli non superiori ai 30’e comunque sempre tra un paziente

e l’altro.

Non lavare mai i guanti con il detergente (aumento permeabilità).

In presenza di sangue aumentare la protezione indossando due paia di guanti.

Toglierli seguendo le indicazioni previste nella tabella a pagina 54.

Lavarsi le mani per rimuovere eventuali microrganismi penetrati attraverso microlacerazioni.

Considerare eventuali problemi da latice che in ordine di frequenza sono dermatite da contatto

causata da sostanze estranee al latice aggiunte durante il processo di vulcanizzazione, dermatite

irritativa causata da polveri presenti nel guanto tipo l’amido di mais, allergia al latice causata

da una proteina presente nel latice che può causare in soggetti predisposti orticaria, rinite,

congiuntivite, edema angioneurotico, shock anafilattico. Se la persona è allergica al latice, la

crisi si può scatenare anche senza indossare i guanti per la presenza di antigene nell’aria.

A questo proposito ricordare che il latice non è contenuto solamente nei guanti, ma anche in molti

altri materiali di assistenza (cannule, lacci emostatici, sonde, materassi). Avvertire pertanto sempre i

superiori se compaiono manifestazioni legate all’uso dei guanti. Chi è allergico inoltre, dovrà

evitare di mangiare alimenti dotati di reattività crociata al latice come banane, kiwi, nocciole,

avocados.

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RIMOZIONE DEI GUANTI MONOUSO

Il guanto viene afferrato sotto la zona del polso.

Il guanto va tirato verso la mano in modo da

girare la parte interna verso l'esterno e così viene

sfilato.

Il guanto rimosso, va tenuto con l'altra mano

ancora guantata. Si inseriscono due dita della

mano senza guanto all'interno dell'altro guanto

all'altezza del polso.

Il secondo guanto va tirato verso il basso girando

la parte interna verso l'esterno sopra la mano e

l'altro guanto. I due guanti possono essere così

eliminati.

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TIPI DI GUANTI CHIRURGICI E LORO UTILIZZO

Guanti sterili in latice: utilizzati per interventi chirurgici e/o manovre invasive; sono più spessi e

più lunghi dei normali guanti.

Guanti sterili in materiale alternativo al latice: utilizzati al posto di quelli in latice nei luoghi

privi di latice.

Guanti in cotone chirurgici: indossati sopra quelli in latice per avere una presa meno scivolosa

(esempio per afferrare le anse intestinali).

REGOLE COMPORTAMENTALI

Lavarsi le mani con un lavaggio chirurgico.

Prelevare i guanti sterilmente.

Se si indossa il camice, sistemare i guanti in modo da coprire i polsini del camice.

TIPI DI GUANTI PLURIUSO E LORO UTILIZZO

Guanti in gomma di latice, neoprene, vinile, nitrile.

La scelta del guanto pluriuso dipende dal tipo di rischio a cui sarà sottoposto. Generalmente servono

per le pulizie ambientali e per il lavaggio di strumentario e pertanto accertarsi che abbiano la

simbologia relativa alla protezione da agenti biologici, chimici e ai tagli.

REGOLE COMPORTAMENTALI

I guanti devono essere personali.

I guanti devono essere differenziati da un codice colore (esempio separati cucina e wc).

Dopo l'uso vanno lavati, sciacquati, rovesciati e mantenuti asciutti negli spazi appositi; lontano

da fonti di calore e campi elettromagnetici che rovinano gli elastomeri della gomma;

periodicamente e al bisogno vanno anche disinfettati.

Sostituirli quando si presentano con rotture, sono squamati o scoloriti.

GESTIONE DEI GUANTI PLURIUSO CONTAMINATI

Prima di togliere i guanti lavarli con acqua e sapone, bagnarli con un disinfettante (es. 20 ml di

candeggina su 1 litro di acqua) e lasciarli asciugare per evaporazione.

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LA DIVISA

Ricordiamo che la divisa non è un Dispositivo di Protezione Individuale

La divisa è importante perché:

1) riduce la possibilità di trasmettere infezioni:

proteggendo l'operatore

proteggendo il paziente

2) Contribuisce a fornire una buona immagine professionale di sé stessi, a riconoscere il ruolo e

l'istituzione di riferimento

CARATTERISTICHE ED UTILIZZO DELLA DIVISA

Particolare cura si deve rivolgere alla divisa, la quale deve essere sobria, decorosa, comoda, di

colore chiaro, pulita, cambiata frequentemente, indossata solo quando si fa assistenza e protetta da

un camice quando si eseguono determinati lavori che la potrebbero sporcare.

Una divisa comoda e funzionale è costituita da pantaloni e giacca con maniche corte.

La divisa non va coperta da capi di lana, pullovers o giacche personali.

La divisa non deve mai venire a contatto con gli abiti personali e pertanto va conservata in spazi

separati. Nello spogliatoio se non si dispone di un armadietto a doppio scomparto, si deve

conservare la divisa usata su un appendiabito all'esterno mentre gli abiti personali andranno posti

nell'armadietto.

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La divisa sporca va manipolata il meno possibile e riposta negli appositi contenitori. Anche per il

trasporto della divisa usata nell'assistenza domiciliare si avrà cura che questa non contamini

superfici pulite (esempio sedile della macchina).

Per il lavaggio infine, evitare di farlo assieme al resto della biancheria di casa.

SCARPE

Tutte le scarpe indossate dagli operatori non necessariamente sono dei DPI e devono essere dotate

degli essenziali requisiti di qualità, come ergonomia, solidità, innocuità, comfort. Devono altresì

essere costituite da materiale facilmente lavabile e disinfettabile così come non devono essere

rumorose se usate nei reparti di degenza .

Qualora esista un rischio specifico non eliminabile, anche le scarpe diventano un DPI. Abbiamo

così scarpe marchiate UNI EN 347- 346-345 che proteggono per esempio dalle perforazioni, dagli

urti o schiacciamenti, o che offrono protezione da penetrazione e assorbimento di acqua o altre

sostanze o che sono antistatiche.

CAMICI DI PROTEZIONE

Camici o grembiuli di protezione devono essere indossati sopra la divisa durante l'esecuzione di

procedure che prevedono schizzi di sangue o altri liquidi biologici contaminati o nell'assistenza a

persone con parassitosi cutanee (pediculosi, scabbia) in atto. Camici da adottare come D.P.I. sono

quelli di tipo chirurgico monouso di tipo idrorepellente in tessuto non tessuto, con allacciatura

posteriore, maniche lunghe con polsino di elastico o maglia, di lunghezza almeno al di sotto del

ginocchio. Durante l’esecuzione di particolari manovre in cui l’operatore sanitario può essere

esposto a schizzi di liquido, per esempio broncostimolazione, il camice può essere rinforzato

anteriormente e sulle braccia può essere utilizzato un manicotto di materiale barriera che oltretutto

facilita l’adesione del guanto sopra il camice.

I camici non vanno utilizzati fuori dalle aree di esposizione, come va assolutamente evitato il loro

utilizzo dopo precedenti esposizioni.

Per indossare e togliere i camici di protezione seguire la tecnica sotto descritta.

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TECNICA PER INDOSSARE E TOGLIERE IL CAMICE

Infilare le braccia e le mani nelle maniche.

Legare i lacci dietro al collo.

Sistemare il camice posteriormente in modo che

copra completamente la divisa.

Rimuovere il camice rovesciando la parte esterna

verso l'interno.

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VISIERE ED OCCHIALI PROTETTIVI

Gli occhiali protettivi e gli schermi facciali devono essere indossati per l'esecuzione di tutte le

procedure che comportano un rischio di esposizione delle mucose orali, nasali o congiuntivali ad

aerosol di sangue o di altri fluidi biologici (esempio in endoscopia, odontostomatologia, ecc.). I DPI

per la protezione degli occhi sono tali solo se riportanti oltre al marchio CE la norma europea di

riferimento EN 166.

Sia gli occhiali che le visiere devono essere in materiale antiappannante, con possibilità di

regolazione delle stanghette e devono offrire protezione specifica da liquidi in gocce e spruzzi

anche lateralmente. Si fa presente che tale prodotto non è sovrapponibile ad occhiali da vista. Per

coloro che portano lenti correttive sono disponibili tipologie particolari.

MASCHERE

Le maschere sono utilizzate in ambito assistenziale per tre scopi:

1. Indossate dagli operatori sanitari per protezione da contatto con materiale infetto proveniente

dai pazienti (secrezione respiratoria, spruzzi di sangue o liquidi corporei …)

2. Indossate dagli operatori quando sono impegnati in procedure che richiedono una tecnica sterile,

per proteggere i pazienti da esposizione ad agenti infettivi colonizzanti la bocca e/o il naso degli

operatori sanitari.

3. Indossate dai pazienti con tosse per limitare la potenziale diffusione di secrezioni respiratorie

infettive dal paziente ad altri pazienti/operatori (igiene della tosse).

Abbiamo le mascherine chirurgiche e le maschere vere e proprie chiamate anche facciali filtranti.

Le mascherine chirurgiche non sono dei veri e propri D.P.I., ma sono Dispositivi medici (D.M.) che

comunque rispondono ai requisiti dei D.P.I.

Le mascherine chirurgiche sono state disegnate per resistere ai liquidi a vario grado e seconda del

disegno del materiale della mascherina e trovano pertanto indicazione per proteggere le mucose del

naso e della bocca da eventuali spruzzi di sangue o di altri liquidi biologici e dalle inalazioni di

particelle superiori ai 5 micron (droplet).

Nei casi ci si debba difendere da microrganismi e particelle in sospensione nell'aria di piccole

dimensioni, sotto i 5 micron, si devono utilizzare maschere ad alta efficienza chiamate respiratori

facciali filtranti antipolvere. Tali respiratori offrono tre diversi gradi di protezione: classe 1 FFP1 =

78% di efficienza filtrante, classe 2 FFP2 = 92% di efficienza filtrante (da usarsi in presenza di

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paziente con Tbc), classe 3 FFP3 = 98% di efficienza filtrante (per rischi elevati come

broncoscopie). Tali maschere dovrebbero essere preferibilmente munite di valvola di espirazione

che riduce la resistenza respiratoria.

REGOLE COMPORTAMENTALI

Indossare la maschera correttamente in modo che copra bene naso e bocca, aderisca al viso e

non permetta perdite sui bordi (la tenuta sul viso non è garantita se l’operatore risulta mal rasato

o porta barba o baffi).

Una volta indossata non deve essere abbassata.

Con la maschera indossata parlare il meno possibile.

Quando la maschera è tolta gettarla nel contenitore dei rifiuti e far seguire un accurato lavaggio

delle mani.

Per indossare e togliere la maschera facciale seguire la tecnica descritta nella pagina seguente.

Sequenza per indossare i D.P.I. Sequenza per rimuovere i D.P.I.

1. Igiene delle mani 1. Guanti

2. Copricamice 2. Copricamice

3. Maschera facciale 3. Igiene delle mani

4. Occhiali 4. Occhiali

5. Guanti 5. Maschera facciale

6. Igiene delle mani

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TECNICA PER INDOSSARE E TOGLIERE

LA MASCHERA FACCIALE

Infine inspirare rapidamente fino a sentire all’interno della maschera una pressione negativa. Se si

avverte una perdita aggiustare e posizionare la maschera e/o la tensione degli elastici.

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SMALTIMENTO AGHI E

TAGLIENTI

Per quanto riguarda gli aghi e i taglienti devono essere smaltiti in tutti i casi secondo le indicazioni

contenute nel D. m. 28 settembre 1990 che all'articolo 2 recita:

"l'eliminazione degli aghi e degli altri taglienti, utilizzati nei confronti di qualsiasi paziente, deve

avvenire con cautele idonee ad evitare punture o tagli accidentali. In particolare gli aghi, le lame

dei bisturi e gli altri strumenti acuminati o taglienti monouso non debbono essere rimossi dalle

siringhe o da altri supporti ne in alcun modo manipolati o reincappucciati, ma riposti per

l'eliminazione in appositi contenitori resistenti alla puntura. Tali contenitori devono essere immessi

nei contenitori dei rifiuti pericolosi e avviati all'incenerimento".

Questo vuol dire:

non "girare" mai con un tagliente usato in mano;

accertarsi di avere gli appositi contenitori il più vicino possibile al luogo dell'utilizzo;

non cercare di prendere "al volo" strumenti taglienti, appuntiti o di vetro;

collaborare con l'infermiere a tenere fermo il paziente se è agitato in manovre che prevedano

l'uso di taglienti;

non reincappucciare gli aghi usati, non manipolarli, evitare di dirigerne la punta verso il corpo,

non rimuoverli dalle siringhe, non piegarli, non spezzarli;

porre le siringhe monouso usate e gli aghi, le lame da bisturi ed altri oggetti taglienti, in

contenitori resistenti alle punture; tali contenitori di sicurezza non vanno riempiti fino all’orlo;

pulire con cura i vassoi porta strumenti (spesso contengono aghi ed altri oggetti taglienti

contaminati).

Maneggiare con cura la biancheria sporca dove potrebbero essere finiti per errore dei taglienti.

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mettere a disposizione attrezzature mediche più sicure, quali siringhe con aghi retrattili;

maggiore controllo dei rifiuti ospedalieri;

migliorare le condizioni di lavoro, come l’illuminazione;

migliorare l’organizzazione del lavoro (ad es. riducendo il carico di lavoro conseguente a turni

troppo lunghi, che può essere causa di incidenti ai lavoratori, e migliorando i controlli per

garantire il rispetto dei metodi di lavoro);

utilizzare equipaggiamenti di protezione personale (attenzione agli schizzi);

vaccinarsi contro il virus dell’epatite B;

lavarsi le mani dopo ogni contatto con un paziente e dopo il contatto con sangue o fluidi

corporei;

coprire le ferita e le abrasioni della pelle con cerotti impermeabili;

COMPORTAMENTO DA ADOTTARE IN SEGUITO AD ESPOSIZIONE CON

MATERIALE BIOLOGICO

MATERIALE A RISCHIO

Sangue o altro materiale biologico che contenga sangue macroscopicamente visibile;

Liquor cerebrospinale, liquido sinoviale, pleurico, pericardio, peritoneale, amniotico,

sperma e secrezioni vaginali;

Tessuti e organi;

MATERIALE NON A RISCHIO

Saliva (tranne che per HBV, lacrime, secrezioni nasali, urine, feci, vomito, a meno che

non siano visibilmente contaminate da sangue;

INCIDENTI A RISCHIO

Lesioni da puntura o taglio provocate da aghi, bisturi o altro materiale tagliente

contaminato da materiale biologico a rischio;

Lesione da graffio o morso;

La contaminazione di cute lesa o mucose con materiale biologico a rischio;

La contaminazione di cute integra con grosse quantità di sangue;

INCIDENTI NON A RISCHIO

la contaminazione di cute integra con sangue o altri liquidi biologici a rischio in

quantità minima;

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In caso di ferita:

(es. puntura d'ago)

aumentare il sanguinamento premendo la parte *

detergere la parte con acqua e sapone per 10 minuti

disinfettare la ferita con Amuchina al 10% o Betadine **

* ** Non esistono prove che l’applicazione di antisettici o il

sanguinamento provocato riducano il rischio di trasmissione da HIV,

tuttavia tali manovre non sono controindicate

In caso di contatto: togliere eventuali indumenti

detergere la parte con acqua (se la cute è lesa applicare

successivamente Amuchina al 10% o Betadine)

In caso di contaminazione occhi e bocca

lavare immediatamente con acqua corrente o soluzione

fisiologica gli occhi per 15 minuti ed il viso

in caso di contatto con il cavo orale effettuare risciacqui con

Amuchina al 5%

In tutti i casi avvertire i superiori e recarsi al Pronto Soccorso per una valutazione e per

effettuare denuncia di infortunio. Si ricorda che ogni lavoratore che subisce un incidente deve

darne immediata comunicazione al datore di lavoro, o dirigente o preposto (DL.gs.81/08- D.M.

28 settembre 1990 – DPR 1124/65)

In caso di puntura d'ago o di contaminazione di cute lesa, richiedere il consenso per un prelievo

di sangue al paziente "fonte", fare effettuare il prelievo e portare con sé la provetta quando ci si

reca in Pronto Soccorso con tutta la modulistica necessaria. Se il paziente fonte presenta fattori

di rischio e se si tratta di infortunio a rischio maggiore (es. lesione da bisturi, da ago cavo pieno

di sangue, da contaminazione massiva di mucose o cute non integra), l’esame HIV và eseguito il

più presto possibile, per garantire in caso di positività, l’inizio della profilassi postesposizione

dell’operatore entro 4 ore dall’infortunio.

L’uso dei guanti oltre che minimizzare il rischio di infezione ospedaliera nei pazienti e di

contaminazione cutanea degli operatori, si è dimostrato in grado di ridurre per una semplice azione

meccanica, la quantità di sangue inoculata a seguito di puntura accidentale o tagli.

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IGIENE PERSONALE

Capelli

Devono essere puliti e curati. I capelli lunghi devono essere raccolti e non devono ricadere sul viso

ne sulle spalle. La più frequente contaminazione dei capelli avviene attraverso le proprie mani; per

questo è particolarmente importante non toccarli durante il lavoro.

Il personale non dovrà necessariamente indossare la cuffia eccetto nei settori protetti dove i capelli

di tutti i membri del gruppo dovranno essere completamente coperti da una cuffia aderente (sale

operatorie, cucine).

Barba e baffi

Devono essere tenuti corti e comunque ben curati.

Unghie

Devono essere pulite, corte e prive di smalto.

Monili e orologi da polso

Non si devono indossare durante l'assistenza monili quali anelli, braccialetti, grossi orecchini,

lunghe collane ne orologi da polso a causa del pericolo di contaminazione e di produrre lesioni.

Fazzoletti

E' preferibile usare fazzoletti di carta e le mani devono sempre essere lavate dopo aver soffiato il

naso.

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Norme comportamentali

Durante l'assistenza alla persona o nelle pulizie ambientali evitare di mangiare, portare le mani alla

bocca o agli occhi.

I rifiuti, lo strumentario utilizzato e gli attrezzi per le pulizie vanno sempre tenuti lontani dal corpo.

Soprattutto la biancheria sporca va manipolata il meno possibile; quando si toglie dal letto bisogna

arrotolare gli orli verso l'interno e nel trasportarla verso il sacco della biancheria sporca si deve

tenerla distante dal proprio corpo.

SEQUENZA INDOSSAMENTO D.P.I.

1. Maschera facciale

2. Occhiale o visiera

3. Camice

4. Guanti

SEQUENZA RIMOZIONE D.P.I.

1. Guanti

2. Camice

3. Occhiale o visiera

4. Maschera facciale

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DOMANDE GUIDA ALLO STUDIO

Descrivi i vari tipi di guanti e le rispettive indicazioni

Quali sono le caratteristiche richieste per i guanti?

Quali sono le regole comportamentali da osservare durante l’uso dei guanti?

Quale importanza assume la divisa per l’operatore?

Quali caratteristiche deve avere una divisa e quali le scarpe?

Quali sono le indicazioni per i camici di protezione e quali caratteristiche devono possedere?

Quali sono le indicazioni per occhiali protettivi e maschere e quali caratteristiche devono

possedere?

Quali norme bisogna osservare in presenza di aghi e taglienti?

Descrivere le procedure di comportamento da adottare in caso di contatto accidentale con liquidi

biologici?

Descrivi quali sono le norme igieniche personali che deve osservare l’O.S.S. durante le attività

di assistenza.

In quale ordine vanno indossati e tolti i D.P.I.?

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RISCHIO CHIMICO

Il rischio chimico è determinato dalla presenza di sostanze o preparati pericolosi, la cui

manipolazione può avere effetti nocivi sulle persone o provocare danni alle cose.

Le esposizioni a composti chimici si realizzano nelle sale operatorie (gas anestetici volatili) e nei

laboratori, nella sterilizzazione chimica (aldeidi, ossido di etilene), nella preparazione e

somministrazione di farmaci (in particolare chemioterapici antiblastici), nell'impiego di

disinfettanti, detergenti nei locali di degenza e negli ambulatori, nelle aree tecniche ed economali. Il

personale adibito a mansioni particolari (es. sale operatorie) deve essere sottoposto ad una visita

preassuntiva per idoneità ed a controlli medici anche trimestrali.

L'azione sull'organismo

Sostanze e preparati pericolosi possono esercitare la loro azione mediante:

inalazione, attraverso le vie respiratorie

contatto, attraverso la pelle e le mucose

ingestione, attraverso la bocca.

Gli effetti nocivi prodotti da sostanze e preparati pericolosi sugli organismi viventi possono avere

origine da:

proprietà specifiche della sostanza

intensità, frequenza o durata dell'esposizione alla sostanza

suscettibilità specifica dell'organismo a una determinata sostanza

concausa di due o più di queste componenti.

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69

CLASSIFICAZIONE

Tutte le sostanze pericolose sono state classificate dalla CEE che ne ha disposto l'etichettatura. Ogni

sostanza deve pertanto riportare in etichetta il numero di classificazione, il simbolo di rischio, le

frasi di rischio e i consigli di prudenza. Le sostanze sono classificate nel seguente modo:

Esplosivi

le sostanze e i preparati solidi, che anche senza l'azione dell'ossigeno atmosferico, possono

provocare una reazione esotermica con rapida formazione di gas, e che, in determinate condizioni di

prova, esplodono in seguito a riscaldamento.

Comburenti

le sostanze e í preparati che a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, provocano

una forte reazione esotermica.

Estremamente infiammabili

le sostanze e i preparati liquidi con punto di infiammabilità estremamente basso e punto di

ebollizione basso;

le sostanze e i preparati gassosi che a temperatura e pressione ambiente sono infiammabili a

contatto con l'aria.

Facilmente infiammabili

1. le sostanze e i preparati che, a contatto con l'aria, a temperatura ambiente e senza apporto di

energia, possono subire innalzamenti termici e da ultimo infiammarsi;

2. le sostanze e i preparati solidi che possono facilmente infiammarsi dopo un breve contatto con

una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo il distacco

della sorgente di accensione;

3. le sostanze e i preparati liquidi il cui punto d'infiammabilità è molto basso;

4. le sostante e i preparati che, a contatto con l'acqua o l'aria umida, sprigionano gas estremamente

infiammabili in quantità pericolose.

Infiammabili

le sostanze e í preparati liquidi con un basso punto di infiammabilità.

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Molto tossici

le sostanze e i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in

piccolissime quantità, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche.

Tossici

le sostanze e i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, in piccole

quantità, possono essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche,

Nocivi

le sostanze e i preparati che, in caso di inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo possono

essere letali oppure provocare lesioni acute o croniche.

Corrosivi

le sostanze e i preparati che, a contatto con i tessuti viventi possono esercitare su di essi una azione

distruttiva.

Irritanti

le sostanze e i preparati non corrosivi, il cui contatto diretto, prolungato o ripetuto con la pelle o le

mucose, può provocare una reazione infiammatoria.

Sensibilizzanti

le sostanze e i preparati che, per inalazione o assorbimento cutaneo, possono dare luogo a una

reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato

produce caratteristiche reazioni avverse.

Cancerogeni

le sostanze e i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo possono provocare il

cancro o aumentarne la frequenza.

Mutageni

le sostanze e i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo, possono produrre

difetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza.

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Tossici per il ciclo riproduttivo

le sostanze e i preparati che, per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo possono provocare o

rendere più frequenti effetti nocivi non ereditari sulla prole o danni a carico della funzione o delle

capacità riproduttive maschili e femminili.

Pericolosi per l'ambiente

le sostanze e i preparati che, qualora si diffondano nell'ambiente, presentano o possono presentare

rischi immediati o differiti per una o più delle componenti ambientali.

NORME DI PREVENZIONE

Ogni operatore è tenuto a consultare le schede di sicurezza del prodotto che devono essere sempre

presenti sul luogo di lavoro. In esse si trovano tutte le informazioni che concorrono a definire le

misure da adottare ai fini della salute della sicurezza sui luoghi di lavoro e della tutela

dell'ambiente.

Così le schede riporteranno in maniera chiara e concisa:

la società produttrice

il grado di pericolosità e tutte le informazioni tossicologiche ed ecologiche

la composizione del prodotto, i suoi ingredienti, la composizione chimico - fisica

le misure di primo soccorso in caso di contatto accidentale

le misure antincendio e i mezzi di estinzione richiesti

le norme per la manipolazione e lo stoccaggio

le misure da adottare in caso di fuoriuscita accidentale

i sistemi di protezione individuale per l'operatore nonché tutte le misure e gli accorgimenti per

garantire la sicurezza durante la manipolazione

i sistemi di smaltimento.

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SIMBOLOGIA

La legislazione in materia impone precisi simboli e indicazioni di rischio da riportare sull'etichetta

che accompagna obbligatoriamente le sostanze e i preparati pericolosi. I simboli devono essere

stampati in nero su fondo giallo - arancione.

TOSSICO

FACILMENTE

INFIAMMABILE

CORROSIVO

IRRITANTE

XI

NOCIVO

XN

COMBURENTE

Particolarmente importanti sono la frase R seguita da uno o più numeri che indicano il tipo di

rischio collegato alla manipolazione del prodotto e i consigli di prudenza S che indicano le

precauzioni da adottare.

Attenzione il nuovo Regolamento (CE) n. 1272/2008, introduce nuovi criteri di classificazione dei

rischi e nuovi pittogrammi di pericolo, inseriti in una cornice romboidale rossa. Il termine per

l'entrata in vigore di queste ultime è fissato per il 1º giugno 2015, mentre è possibile già dal 2010

affiancare le nuove etichette a quelle già esistenti.

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Comburente

Infiammabile

Tossico

Corrosivo

Irritante o nocivo

In Italia l’istituto superiore di sanità ha recepito le indicazioni europee e di conseguenza:

Le frasi H hanno sostituito le più vecchie frasi R.

I consigli P hanno sostituito le più vecchie frasi S.

In definitiva la prevenzione si attua mediante il rispetto delle norme di sicurezza e l’adozione di

comportamenti adeguati riguardanti ambiente, sostanze impiegate, strumenti e macchinari, sistemi

di prevenzione ambientale, dispositivi di protezione individuale.

Mai come in questo caso si devono tenere presenti le misure generali per la tutela della salute e per

la sicurezza dei lavoratori indicate dal DL.gs 81/08:

• Interventi alla sorgente: eliminazione , sostituzione o riduzione delle sostanze

pericolose, modifiche alle procedure operative, sistematica manutenzione e pulizia

delle attrezzature in uso;

• Sistemi di protezione collettiva: aspirazioni localizzate (cappe) e ventilazione

generale;

• Interventi sugli operatori:riduzione dei tempi di esposizione, uso dei DPI,

sorveglianza sanitaria, informazione e formazione.

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RISCHIO FISICO

I rischi fisici possono essere così suddivisi:

radiazioni ionizzanti (Rx, isotopi radioattivi)

radiazioni non ionizzanti (campi magnetici, radio frequenze, ultrasuoni, laser)

RADIAZIONI IONIZZANTI

Nell'ambito sanitario l'esposizione si può realizzare o nella diagnostica per immagine (es. Rx in

radiologia, ortopedia, emodinamica, sale operatorie o nella diagnostica di laboratorio (uso di

radionuclidi).

Gli effetti delle radiazioni ionizzanti in campo sanitario non sono di tipo acuto, ma si possono

manifestare nel tempo in seguito a ripetute esposizioni e riguardano la formazione di tumori,

alterazioni genetiche, danni cutanei, oculari, ematologici e sulla fertilità.

Tutto il personale che lavora nei servizi dove vi sono radiazioni ionizzanti sia per uso diagnostico

che per terapia deve usare un apparecchio che rileva le radiazioni chiamato dosimetro. Tale

strumento è personale e viene portato solitamente all’altezza del petto con l’attenzione di non

sistemarlo nel taschino dietro altri oggetti metallici. Gli operatori esposti devono essere sottoposti a

periodica sorveglianza sanitaria e anche i luoghi di lavoro dovranno essere costantemente tenuti

sotto controllo.

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Il sistema di protezione radiologica per gli operatori dei servizi che utilizzano radiazioni ionizzanti

prevede:

limitare le attività che comportano l'esposizione a radiazioni ionizzanti

mantenere le radiazioni ionizzanti al livello più basso possibile

limitare le esposizioni del lavoratore fino ad una dose annua massima ammissibile fissata da

precisi limiti.

Tre sono i mezzi di protezione dalle radiazioni ionizzanti:

1. la distanza;

2. la schermatura;

3. il tempo.

In pratica tutti gli altri operatori che occasionalmente vengono a contatto con radiazioni ionizzanti

devono:

attenersi scrupolosamente alle norme interne di radio protezione, indicate dagli esperti che

dovranno essere sempre chiaramente visibili e facilmente consultabili

proteggersi dietro le pareti murarie o munirsi di apposite schermature durante l'esecuzione delle

radiografie con guanti e grembiuli piombati

non intercettare mai con nessuna parte del corpo il fascio primario di radiazioni

nel caso di assistenza a pazienti che hanno ricevuto radionuclidi a scopo diagnostico o

terapeutico, specie nel caso di impiego di preparati di elevata radioattività, le misure cui

attenersi per ridurre l’esposizione sono l’uso dei guanti di protezione durante la manipolazione

di liquidi biologici e degli indumenti personali e della biancheria, la raccolta degli escreti con

opportuni accorgimenti, la delimitazione di un’area di rispetto intorno al letto del paziente, la

riduzione al minimo dei tempi di assistenza

NORME PER IL PERSONALE DI ASSISTENZA A PAZIENTI CUI SONO STATI

SOMMINISTRATI MATERIALI RADIOATTIVI A SCOPO DIAGNOSTICO

Criteri generali di assistenza

Gli operatori addetti all’assistenza di pazienti che hanno effettuato indagini diagnostiche di

medicina nucleare non sono esposti a significativa irradiazione nello svolgimento delle proprie

mansioni.

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È opportuno comunque programmare con cura le operazioni da svolgere in prossimità di tali

pazienti al fine di ridurre al minimo indispensabile il tempo di presenza.

Qualunque operazione di prelievo sangue , cambio cateteri, medicazioni, cambio pannoloni ecc. va

eseguita utilizzando i dispositivi di protezione individuale previsti in tali manovre assistenziali,

senza la necessità di ulteriori precauzioni specifiche.

Non sono necessarie particolari procedure per la pulizia del paziente oltre a quelle normalmente

adottate.

Non sono necessari particolari accorgimenti nello smaltimento di urine o feci del paziente.

RADIAZIONI NON IONIZZANTI

Nell'ambito sanitario l'esposizione si può realizzare utilizzando numerose apparecchiature sia

diagnostiche che curative.

Gli effetti di tali radiazioni sono da alcuni anni oggetto di studio per verificarne l'eventuale azione

dannosa sull'uomo, dovuta per esempio ad una azione termica.

Così, anche tutti gli apparecchi e gli impianti vengono predisposti per garantire sicurezza alle

persone.

PREVENZIONE

Radiazioni ultraviolette: consiste nell’adozione di adeguati sistemi di protezione ambientale

(schermatura della sorgente) e di protezione individuale (occhiali idonei, guanti, indumenti).

Radio frequenze e microonde: controllo della sorgente che deve obbedire alle norme di

omologazione ed essere dotato delle prescrizioni di sicurezza nonché opportunamente schermata.

Deve essere ridotto inoltre il tempo di esposizione degli operatori.

Ultrasuoni: non devono essere adibiti ad attività esponenti ad ultrasuoni soggetti con malattie

croniche del sistema nervoso, malattie endocrine, con ipo e ipertensione arteriosa o pregressi traumi

cranici.

Laser: delimitazione delle zone in cui viene usato il laser, eliminazione nel locale delle superfici

riflettenti, protezione oculare con lenti adeguate al tipo di laser e con protezione laterale.

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APPARECCHI

ELETTROMEDICALI ED

ELETTRICITA'

DEFINIZIONE DI APPARECCHIO ELETTROMEDICALE

E' un apparecchio elettrico, destinato alla diagnosi, al trattamento o alla sorveglianza del paziente

sotto la supervisione di un medico e che entra in contatto fisico o elettrico con il paziente e / o

trasferisce energia verso o dal paziente e / o rileva un determinato trasferimento di energia verso il

paziente.

REGOLE CHE DISCIPLINANO L'USO DEGLI APPARECCHI ELETTROMEDICALI

Tutti gli apparecchi elettromedicali devono essere dotati di sistemi di isolamento e / o terra di

protezione.

Simbolo che attesta il doppio isolamento. Gli apparecchi di questo tipo non

devono essere collegati a terra.

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La sicurezza degli apparecchi deve essere garantita con la certificazione del prodotto e relativa

omologazione con marchio di qualità.

Marchio di qualità presente sugli apparecchi italiani

(se l'apparecchio è fabbricato in altri paesi il simbolo cambia)

Bisogna presidiare anche lo spazio fino a 2,5 metri di distanza dalla posizione in cui è destinato

il paziente, entro il quale possono verificarsi contatti intenzionali o non tra il paziente e

l'apparecchio od altre persone in contatto con l'apparecchio.

Bisogna accertarsi sul livello di classificazione dell'apparecchio per considerare il grado di

protezione delle parti applicate.

Le sgradevoli scosse che si possono avvertire toccando un apparecchio elettromedicale, nella

maggior parte dei casi sono di origine elettrostatica e vengono favorite principalmente dall’aria

secca e dalla presenza di materiali non conduttivi, che facilitano l’accumulo di cariche elettriche.

Per eliminare , o ridurre tale fenomeno si devono adottare alcune precauzioni come indossare capi

di abbigliamento scarpe comprese di tipo antistatico, scegliere arredi e attrezzature con superfici

conduttive, mantenere l’umidità dell’aria entro valori adeguati. Se, nonostante le precauzioni

adottate il fenomeno si dovesse ripetere con una certa frequenza, scollegare il cavo di alimentazione

elettrica, apporre una segnalazione di apparecchio guasto e chiamare i tecnici per una verifica.

ALCUNE REGOLE COMPORTAMENTALI

Utilizzare solo apparecchiature approvate e costantemente tenute sotto controllo.

Utilizzare solo cavi di alimentazione provvisti di massa.

Informare subito l'ufficio tecnico di tutti i guasti e / o difetti riscontrati.

Non utilizzare mai etere per la pulizia delle parti plastiche.

Non effettuare mai riparazioni provvisorie.

Non utilizzare mai prolunghe, adattatori e prese volanti multiple.

Non lasciare cavi abbandonati sulle vie di transito.

Non mettere eventuali cavi a contatto con spigoli od oggetti che possono lacerarli.

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Non scambiare mai i cavi (es. elettrobisturi).

Non utilizzare mai liquidi nelle vicinanze di strumenti elettrici.

Non utilizzare mai strumenti fisicamente danneggiati anche se apparentemente funzionanti.

Informare l'ufficio tecnico in caso di rilevazioni rumorose.

Non estrarre la spina tirando il cavo.

Non connettere due pazienti allo stesso apparecchio (es. monitor).

Non avvicinare mai sostanze gassose a fonti di calore e / o strumenti elettrici.

Per evitare incidenti al paziente o all’operatore dovuti a percorsi anomali della corrente,

particolare attenzione deve essere prestata nell’uso dell’elettrobisturi e del defibrillatore: in

entrambi i casi si raccomanda massima pulizia delle piastre che vanno a contatto con il corpo,

perfetta adesione, assenza di contatti con parti metalliche, disinfettanti, gas infiammabili.

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SICUREZZA ANTINCENDIO

NELLE STRUTTURE

Il fuoco è da sempre uno degli eventi temuti nella struttura sanitaria. Basti pensare alle residenze

sanitarie assistenziali dove l’allontanamento dal luogo di lavoro è reso difficoltoso dalla presenza di

ospiti immobilizzati a letto o comunque con scarsa capacità di deambulazione o all’ospedale dove

ancora ci sono pazienti costretti a letto o collegati a macchine la cui continuità di funzionamento

garantisce la loro sopravvivenza.

A questo si aggiunge la caratteristica degli edifici che sono di dimensioni anche elevate, percorsi da

svariati impianti fra i quali si ricordano i gas medicali e dalla presenza di grandi quantità di sostanze

infiammabili nonché di persone che a vario titolo frequentano questi luoghi.

Le strutture sanitarie e l’ospedale in particolare poiché rappresentano “un punto di riferimento” per

l’intera collettività necessitano della massima attenzione per la prevenzione degli incendi e delle

emergenze in generale. Anche il legislatore ha voluto dedicare ampio spazio alla problematica

emanando per esempio direttive precise e puntuali in materia di prevenzione incendi nelle strutture

sanitarie.

Il punto di riferimento per la parte impiantistica e che riguarda quindi gli uffici tecnici, è il D.M. 18

settembre 2002 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la

costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private”.

Gli operatori addetti all’assistenza devono invece conoscere il DL.gs. 626/94 che occupandosi della

tutela della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro mette in risalto anche la questione prevenzione

degli incendi.

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In particolare il datore di lavoro designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione,

consulta i rappresentanti dei lavoratori, istituisce una squadra appositamente preparata ad

intervenire in caso di incendio, informa ed istruisce tutto il personale su sistemi di prevenzione

incendi e sulle modalità da tenere in caso di incendio.

Il lavoratore diventa il soggetto attivo della sicurezza propria e di quella degli altri presenti sul

luogo di lavoro e alcuni suoi semplici modi comportamentali possono prevenire e scongiurare

l'insorgenza di un incendio, o per lo meno evitare, che lo stesso possa assumere dimensioni

incontrollabili ed imprevedibili.

La necessità della pianificazione dell’emergenza nasce dall’esigenza di ridurre le conseguenze di

eventi potenzialmente catastrofici:

l’incendio

l’innondazione

l’attentato

lo scoppio

il terremoto

SCOPPIO DI UN INCENDIO

Un incendio può scoppiare per la concomitanza di tre fattori:

1. Il combustibile, cioè tutto ciò che brucia come per esempio cartelle cliniche, cotone, lastre Rx,

lenzuola, materassi, alcool.

2. Il comburente, cioè ciò che alimenta la fiamma e può trasformarla in un incendio come per

esempio l'ossigeno dell'atmosfera.

3. Il calore, cioè la fonte che provoca un aumento della temperatura di accensione del materiale

combustibile e lo fa bruciare, come per esempio il mozzicone di sigaretta, un fiammifero, un

corto circuito, un'esplosione.

CLASSIFICAZIONE DEI FUOCHI

In funzione del tipo di combustibile i fuochi si dividono in:

- Fuochi di classe A: incendi di materiali solidi con formazione di brace (legno, carta, gomma,

ecc.).

- Fuochi di serie B: incendi di liquidi o solidi liquefacibili (alcoli, oli, grassi, ecc.).

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- Fuochi di classe C: incendi di gas (idrogeno, metano, GPL, ecc.).

- Fuochi di serie D: incendi di sostanze chimiche combustibili in presenza di aria o reattive con

acqua o che possono esplodere (metalli alcalini, alcalino terrosi, ecc.).

- Fuochi di classe E: incendi di apparecchiature elettriche sotto tensione.

INCENDIO E POSSIBILI EFFETTI SULLA SALUTE

Dovuti alla fiamma: il contatto diretto con la fiamma ed il calore irradiato provocano ustioni

Dovuti al calore: i gas caldi possono provocare stress da calore, disidratazione, edemi

Conseguenti alla carenza di ossigeno: per effetti della combustione la concentrazione di

ossigeno può scendere sotto il 20% della normalità provocando difficoltà di movimento,

allontanamento della capacità valutativa, collasso e asfissia

Tossicità: l’incendio può sviluppare gas tossici come l’ossido di carbonio o a seconda dei

materiali che bruciano acido cianidrico, anidride solforosa, ammoniaca, ecc.

Dovuti ai fumi: il fumo provoca irritazione agli occhi e alle vie respiratorie, riduce la visibilità

con pericolo di procurarsi ulteriori danni

Traumatici: se l’incendio è associato ad un’esplosione, le conseguenti onde di pressione

possono provocare eventi traumatici nei soggetti esposti

CAUSE D’INCENDIO NELLE STRUTTURE SANITARIE

Spesso si è portati a pensare che l’incendio abbia origini tecniche come cortocircuiti, scariche

atmosferiche, guasti alle apparecchiature, ma purtroppo nasce quasi sempre dalla disattenzione

dell’uomo. Senza dimenticare i rari, seppur presenti casi, nati dalla precisa volontà di danneggiare.

Dalla casistica emerge che molto spesso l’incendio parte da un mozzicone di sigaretta gettato a terra

o peggio in recipienti non adatti come i cestini portarifiuti, dove la brace trova la compagnia ideale

per dare origine ad un principio di incendio.

L’utilizzo di fornelli e piastre elettriche o comunque di altre attrezzature elettriche, favorisce

l’instaurarsi di un incendio.

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LUOGHI DOVE SCOPPIANO GLI INCENDI

Sono soprattutto dalle aree meno presidiate come gli interrati, le intercapedini, i corridoi, i sottotetti

che partono gli incendi. Da ricordare inoltre, che generalmente, in queste aree è abitudine depositare

attrezzature o arredi non più utilizzati che a loro volta favoriscono la partenza dell’incendio.

Nelle degenze ricordiamo i reparti per malati confusi ma soprattutto i luoghi frequentati da pazienti

psichiatrici, vuoi per una abitudine al fumo più difficile da sradicare, vuoi a seguito di atti dolosi

legati sempre alla patologia del paziente.

Abbiamo visto che fra le cause principali di incendio c’era un mozzicone di sigaretta gettato nel

cestino dei rifiuti ed è proprio soprattutto per questa ragione che uno dei luoghi dove più

frequentemente si sviluppano gli incendi è il locale di deposito dei rifiuti solitamente non presidiato

in talune ore dalla giornata.

MISURE PRECAUZIONALI PER PREVENIRE L'INSORGENZA DI UN INCENDIO

Prima di vedere alcune misure precauzionali per prevenire gli incendi dobbiamo chiarirci su due

termini spesso usati in modo improprio.

Ignifugo: può bruciare (male) ma non propaga il fuoco, in mancanza di fiamma si autoestingue.

Incombustibile: non può bruciare.

Mantenere le vie di esodo sgombre da ostacoli.

Non collocare materiale davanti agli estintori in modo da rendere difficile l'individuazione e

l'uso in caso di emergenza.

Evitare di accatastare pratiche, documenti, riviste, sulle scrivanie, per terra o sopra gli armadi.

Non usare fiamme libere.

Non gettare nei cestini mozziconi di sigaretta e materiale o liquidi infiammabili.

Non usare apparecchiature elettriche non autorizzate (esempio fornelli personali).

Nei ripostigli o locali privi di ventilazione, collocare solo materiale incombustibile.

Evitare di collegare alla stessa presa di corrente più utilizzatori servendosi di riduzioni.

Alla fine del turno di lavoro spegnere tutte le apparecchiature elettriche.

(Tutte queste misure devono essere sintetizzate su appositi cartelloni esposti in maniera ben

visibile).

Accanto ai cartelloni che richiamano la corretta modalità di comportamento, per prevenire gli

incendi, tutti i servizi devono essere dotati di idonea segnaletica sia per indicare la presenza delle

attrezzature antincendio sia per segnalare le vie di fuga.

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PRINCIPALI CARTELLI PER LE ATTREZZATURE ANTINCENDIO (forma quadrata o

rettangolare, pittogramma bianco su sfondo rosso)

Lancia antincendio Estintore Telefono per gli interventi

antincendio

PRINCIPALI CARTELLI DI SALVATAGGIO (forma quadrata o rettangolare,

pittogramma bianco su sfondo verde)

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CONCETTO DI EMERGENZA E COMPORTAMENTO DELL’UOMO

In tutti gli edifici con alta concentrazione di persone è possibile avere condizioni di emergenza che

si possono definire come “situazioni straordinarie di gravi necessità impreviste”. Spesso quando le

persone vengono a trovarsi in condizioni di pericolo imminente mettono in atto dei comportamenti

anomali conosciuti con il termine di “panico”.

Il panico si manifesta con diversi tipi di reazioni emotive: timore, paura, apprensione, ansia, fino ad

emozioni convulse e manifestazioni isteriche, nonché particolari reazioni dell’organismo quali

tachicardia, tremori, dispnea, iper – ipotensione.

Chi è colpito dal panico può reagire principalmente in due modi: coinvolgendo le altre persone

presenti con grida e atti di disperazione o fuggendo anche in modo brusco con spinte e corse.

Ad aggravare la situazione vengono meno l’attenzione, il controllo dei movimenti e la facoltà di

ragionamento.

COME SUPERARE IL PANICO

E’ fondamentale che la struttura e le persone siano preparate ed organizzate per far fronte ai pericoli

che la insidiano.

Allo scopo ogni struttura deve essere dotata di un piano di emergenza e di evacuazione.

Il piano di emergenza e di evacuazione è un documento scritto che individua dettagliatamente tutto

ciò che si deve fare in caso di emergenza. Vengono individuati così le persone coinvolte che

vengono fornite di dispositivi di protezione individuale e collettivi e ad essi sono attribuiti compiti

ben precisi. Sono previste periodiche simulazioni di intervento della squadra ed un costante

monitoraggio del piano per apportare tutte le modifiche che si rendessero necessarie.

Le persone che potrebbero essere coinvolte devono inoltre:

essere preparate a situazioni di pericolo

stimolare la fiducia in se stesse

indurre un sufficiente autocontrollo per attuare comportamenti razionali

controllare la propria emozionabilità e sapere reagire all’eccitazione collettiva

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SPEGNIMENTO DI UN INCENDIO

Per spegnere l’incendio una volta insorto, è sufficiente eliminare uno dei tre componenti (calore,

comburente, combustibile) o abbassando la temperatura con idonei mezzi di estinzione (acqua,

estintori, schiume) o soffocandolo creando attorno alle fiamme una barriera attraverso la quale

l'ossigeno che lo tiene in vita non riesce a penetrare, o spostando il materiale vicino al focolaio in

modo da togliere ulteriore alimento all'incendio.

Ogni fuoco classificato richiede interventi diversi esempio classe A: acqua o polveri, B: schiume,

ecc.

MEZZI PER L’ESTINZIONE DEGLI INCENDI

Un incendio si può estinguere con delle coperte ignifuganti che esplicano la loro funzione per

soffocamento in quanto impediscono il contatto dell’ossigeno con il combustibile.

Tra le principali attrezzature per lo spegnimento sono da ricordare i “naspi” che sono dispositivi

costituiti da un tubo arrotolato su apposito raccoglitore con lancia di erogazione dell’acqua

all’estremità contenuti in apposite cassette con protezione in vetro.

Per il loro corretto utilizzo le operazioni da eseguire sono le seguenti:

rompere il vetro della cassetta e prelevare la manichetta

srotolare la manichetta avendo cura di stenderla completamente

impugnare saldamente la lancia

aprire gradualmente la valvola

dirigere il getto sul materiale che brucia

non dirigere il getto su elementi che possono essere sotto tensione elettrica

Attenzione l’acqua è un buon conduttore di elettricità e pertanto non può essere usata in presenza di

apparecchiature sotto tensione.

Altri dispositivi utili per aggredire un incendio sono gli estintori che possono essere caricati con

vari agenti estinguenti come schiuma, polvere, anidride carbonica o liquidi alogenati.

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ESTINTORI

L'estintore è un cilindro dal peso e dimensioni variabili, riempito all'interno da un agente

estinguente che proiettato ad alta pressione sulla fiamma ha il potere di spegnerla.

Gli estintori sono di colore rosso e riportano all'esterno alcune indicazioni d'uso. Per legge ogni 6

mesi devono essere controllati da personale esperto.

Quelli generalmente in uso negli ospedali e nelle strutture sono di due tipi: a polvere e a CO.

ESTINTORI A POLVERE

Contengono all'interno una polvere finissima di bicarbonato di potassio, cloruro di potassio, solfato

di potassio e polvere di silicone o talco.

Questa polvere è tenuta pressata sul fondo del cilindro da azoto ed in questo caso il manometro

posto all'esterno ci indica se la quantità di azoto è totalmente integra.

La polvere forma attorno alla fiamma una coltre che non permette all'ossigeno contenuto nell'aria di

penetrare.

L'uso di questo tipo di estintore è universale con poche limitazioni come per es. sui circuiti

elettronici e computer perché la polvere penetrata è poi difficilmente estraibile.

ESTINTORI A CO

Contengono all'interno questo gas che è incolore, inodore, inerte, più pesante dell'aria ed è

contenuto ad altissima pressione sotto forma liquida.

Uscendo ad alta velocità il gas si solidifica in neve carbonica con temperatura di circa -78°C per cui

non va indirizzato sulla persona.

Questo tipo di estintore è privo di manometro e periodicamente va pesato per accertarne il grado di

efficienza.

Il gas produce sulla fiamma un effetto di soffocamento e raffreddamento. Tale estintore trova

indicazione anche per quei casi dove non era consigliato quello a polvere come gli impianti elettrici.

Gli estintori a CO vanno tenuti lontano da fonti di calore (caloriferi, sole) in quanto essi

aumenterebbero la pressione interna con possibile esplosione della valvola.

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IMPIEGO DEGLI ESTINTORI

L’uso di un estintore è estremamente semplice; dopo averlo staccato dal suo supporto a muro:

sfilare la spina di sicurezza che blocca la leva dell’erogazione

portarsi a ridosso dell’area incendiata

impugnare saldamente il tubo erogatore con la mano libera

premere la leva dell’erogazione con le dita della mano che sorregge l’estintore (ricordarsi che si

tratta di un dispositivo sotto pressione)

dirigere il getto alla base della fiamma, brandeggiando senza capovolgerlo

operare a distanza giusta per “battere l’incendio”, con un getto efficiente

tenere conto delle condizioni ambientali, sfruttando la direzione del vento e ponendosi in

posizione tale da non avere la visibilità e la respirazione ostacolate dal fumo, preferibilmente

accovacciati

se si esegue l’azione di spegnimento con due estintori, gli operatori devono operare in modo da

non investirsi l’un l’altro con i getti

REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO

1. SEGNALARE L’EMERGENZA

Chiunque venga a conoscenza di un fatto anomalo di origine interna o esterna alla struttura per la

presenza di fumo, fuoco, spargimento di liquido o sostanze infiammabili, odori persistenti e

fortemente diversi da tutte le condizioni usuali, linee elettriche in surriscaldamento, fughe di gas,

scoppio, è tenuto ad avvisare immediatamente il centralino della struttura.

Le informazioni da dare sono:

indicazioni sulla posizione all'interno dello stabile (piano, stanza, ecc.)

indicare sinteticamente quanto visto

Indicare se vi sono persone coinvolte con quanto accaduto

Telefonare al centralino anche in caso di dubbio, a questo punto il centralino in base alle indicazioni

ricevute avvertirà subito i vigili del fuoco al numero 115, la squadra interna se presente e

l'elettricista di turno.

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2. INTERVENIRE

In attesa dell'arrivo dei soccorsi, evitare di farsi prendere dal panico, allontanare i materiali

combustibili non ancora a contatto con le fiamme, e le persone non coinvolte nello spegnimento.

Proteggersi le vie respiratorie con lo straccio imbevuto di acqua.

Usare gli estintori, seguendo le indicazioni poste sulle apposite targhette, e dirigere il getto alla base

della fiamma, mantenendo sempre le spalle rivolte all'uscita.

Se l’incendio ha coinvolto una persona è opportuno che questa non corra, per cui usando anche la

forza bisogna obbligarla a distendersi, così si soffocheranno le fiamme.

3. PORTE E FINESTRE

Se si rimane intrappolati in una stanza bisogna chiudere la porta tappandone le fessure con

indumenti, asciugamani, coperte, possibilmente bagnati. Quindi si devono aprire le finestre

chiedendo continuamente aiuto finché non si è certi di essere stati notati.

Le finestre vanno aperte anche per consentire al fumo di sfogare all’esterno. Le porte devono

invece, sempre essere chiuse dietro di sé. Infatti, anche le porte normali, “non resistenti al fuoco”,

rallentano significativamente l’incendio.

Se l’edificio è dotato di porte “tagliafuoco” cioè di porte metalliche studiate per resistere al calore e

alle fiamme ovviamente la situazione è più sicura perché queste impediscono anche il passaggio del

fumo. Tali porte, anche in condizioni normali devono sempre rimanere chiuse ed è pertanto vietato

bloccarle come spesso accade in posizione aperta con zeppe di legno. Se le porte devono rimanere

aperte, vengono bloccate con elettromagneti comandati da impianti di allarme che in caso di

incendio le fanno chiudere.

4. ALLONTANAMENTO

Nel caso l’incendio sia esteso e non contenibile, sarà opportuno individuare una possibile via di

fuga per poter raggiungere un luogo sicuro.

Il percorso che separa l’abituale posizione di lavoro con le uscite di sicurezza più vicine deve essere

conosciuto da tutti ben prima che si sviluppi l’incendio. Teniamo presente che anche se il percorso è

conosciuto avremo comunque difficoltà legate alla presenza di fumo e alla scarsa illuminazione

(anche quella di emergenza ha una durata limitata in quanto alimentata da batterie)

Non va affrontato il fuoco se non si è coperti in tutte le parti del corpo con indumenti ignifughi.

Devono poi essere abbandonati i locali portando con sè anche i degenti, per cui bisogna essere

pronti al trasporto delle persone non deambulanti (uso di barelle, trasporto a spalla, con sedie,

trascinamento con coperte).

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Muovendosi verso le uscite non colpite dal fumo, si devono rispettare le seguenti indicazioni:

Evacuare i locali in modo ordinato, seguendo le istruzioni e la segnaletica verde

Non correre

Non usare ascensori o montacarichi

Non portare con sé oggetti ingombranti o pericolosi

In presenza di fumo o fiamme coprirsi la bocca e il naso con fazzoletti o panni umidi

Respirare con il volto verso il suolo

Fermarsi a riprendere energie o fiato in caso si sia affaticati

In presenza di forte calore proteggersi il capo con indumenti possibilmente bagnati, evitando

assolutamente tessuti sintetici

Giunti all’esterno portarsi in un luogo sicuro (centri di raccolta)

Non ostruire gli accessi allo stabile rimanendo vicini ad essi dopo essere usciti

Nei punti di raccolta attendere da parte del personale un appello e istruzioni

Non tornare indietro per nessun motivo

IN CASO DI INCENDIO

SEGNALARE

L’EMERGENZA

- al centralinio

- alla portineria

- con i pulsanti di allarme

- a chi coordina la gestione

dell’emergenza

- al superiore gerarchico

INTERVENIRE

Con i presidi disponibili

- Coperta

- Coperta antifiamma

- estintore

APRIRE LE FINESTRE

CHIUDERE LE PORTE

ALLONTANARSI

ed aiutare gli altri ad allontanarsi

- Lungo i percorsi conosciuti

- Seguendo la segnaletica verde

- Lungo un percorso alternativo se il percorso

usuale non è percorribile

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DOMANDE GUIDA ALLO STUDIO

Che cosa si intende per rischio chimico?

Quali sono le principali simbologie di rischio presenti sulle sostanze e sui preparati pericolosi e

cosa indicano?

Cosa sono le frasi R ed S presenti sui prodotti?

Cosa sono e a cosa servono le schede di sicurezza di un prodotto?

Come possiamo intervenire per contenere il rischio chimico?

Che cosa è il rischio fisico?

Cosa deve fare l'operatore per tutelarsi dal rischio fisico e perché?

Descrivi alcune regole comportamentali per tutelarsi dal rischio elettrico nell'uso di apparecchi

elettromedicali.

Quali sono gli obblighi del datore di lavoro di fronte alla sicurezza antincendio?

Quali sono i fattori che concorrono a fare scoppiare un incendio?

Quali sono i possibili effetti di un incendio sulla salute?

Come và spento un incendio?

Quali sono alcune misure precauzionali per prevenire l'insorgenza di incendi?

Cosa significa materiale ignifugo e incombustibile?

Indicazioni e precauzioni d’uso con gli estintori a polvere e ad anidride carbonica.

Quale differenza esiste tra un cartello di salvataggio e di segnalazione attrezzature?

Come ci si comporta quando scoppia un incendio e se si rende necessaria l’evacuazione dei

locali?

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BIBLIOGRAFIA

C C.D.C. GUIDA PER LA PREVENZIONE ED IL CONTROLLO DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE - ED.

ITALIANA

NUOVE RACCOMANDAZIONI OMS SULL’IGIENE DELLE MANI NELL’ASSISTENZA SANITARIA

LA PROTEZIONE COLLETTIVA ED INDIVIDUALE (D.P.I.) NELLA SANITÀ - RISCHI BIOLOGICI E CHIMICI - L.

VILLA (ATTI SEMINARIO SONDRIO 1999)

MANUALE TEORICO PRATICO DI IGIENE OSPEDALIERA PER INFERMIERI - A. CESTRONE EDIZIONI

LIBRERIA CORTINA PADOVA

PREVENZIONE DELLE INFEZIONI NEGLI OPERATORI SANITARI - G. PRIVITERA ED. BAYER

LA PREVENZIONE DELLE INFEZIONI OCCUPAZIONALI 1998 APSS TRENTO

FRONTEGGIARE IL RISCHIO BIOLOGICO IN AMBIENTE SANITARIO - P. GHIRLANDA ED. VINCENZI

IL RISCHIO CHIMICO PER GLI OPERATORI SANITARI - P. GHIRLANDA ED. VINCENZI

LA NORMATIVA IN TEMA DI SICUREZZA E LA SORVEGLIANZA SANITARIA PREVENTIVA E PERIODICA - G.

SCHERILLO APSS

ANALISI DEL RISCHIO INCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO – F. ARRUZZOLI ED ALTRI – EPC LIBRI

IL MANUALE DELL’ADDETTO ANTINCENDIO – E. – P. LAVE’ – EPC LIBRI

LE EMERGENZE IN OSPEDALE – DOSSIER AMBIENTE

PREVENZIONE INCENDI – NUCLEO OPERATIVO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE APSS TRENTO

L’INCENDIO IN OSPEDALE – VALUTAZIONE DEI RISCHI – PROTOCOLLI OPERATIVI – REGIONE PIEMONTE

TESTO UNICO SULLA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO (DL.GS.81 DEL 9/4/2008)

IGIENE E MEDICINA PREVENTIVA - M. PONTELLO ED. SORBONA MI

WIEW & REVEW - RIVISTE VARIE

ANIPIO - RIVISTE VARIE