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PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE Facoltà di S. Teologia Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” “Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli” Elaborato per il corso: Il Pellegrinaggio nella Vita della ChiesaStudente: Carfora Alfonso Docente: dott. Francesco Mattiocco Anno accademico 20082009

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PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

Facoltà di S. Teologia 

Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” 

“Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia;

diffusione della Madonna di Costantinopoli”

Elaborato per il corso:  “Il Pellegrinaggio nella Vita della Chiesa” 

 

Studente: Carfora Alfonso 

Docente: dott. Francesco Mattiocco 

 

 

 

Anno accademico 2008‐2009 

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Iconoclastia  L'iconoclastia  ‐ o  iconoclasmo  ‐ è stato un movimento di carattere religioso sviluppatosi  intorno alla  prima  metà  del  secolo  VIII.  Alla  base  di  questo  movimento  stava  la  convinzione  che  la venerazione  delle  icone  spesso  sfociasse  in  idolatria. Questa  convinzione  provocò  non  solo  un imponente confronto dottrinario ma anche la distruzione materiale di un gran numero di icone. Origini dell'eresia iconoclasta  Fin  dalla  fine  del  secolo  IV,  l'Impero  bizantino  era  stato  afflitto  da  numerose  eresie,  che rischiavano di minare  la sua stessa unità. Le più  importanti tra queste erano  il nestorianesimo,  il monofisismo  e  il  paulicianesimo.  Quest'ultima  era  sorta  in  Armenia  e  in  Siria  nel  secolo  VII. Sensibili alle accuse di  idolatria mosse al cristianesimo da parte dei  fedeli dell'Islam,  i pauliciani mossero  guerra  al  culto  delle  immagini.  Al movimento  pauliciano  finì  per  aderire  l'imperatore bizantino  Leone  III  Isaurico,  il  quale  decretò  la  distruzione  delle  immagini  ovunque  se  ne trovassero. Mosaici e affreschi  furono distrutti a martellate,  le  icone  fatte a pezzi e gettate nel fuoco;  furono  eliminate  molte  opere  d’arte  e  uccisi  diversi monaci.  Il  papa,  in  quel  tempo  Gregorio  III  condannò,  dal canto suo, i decreti di Leone. La penisola italica vide anzi i suoi abitanti  insorgere a difesa dell'ortodossia occidentale contro  i funzionari  bizantini.  Fu  proprio  in  questa  occasione  che  il ducato  di  Roma  assunse  sempre maggiore  indipendenza  da Bisanzio. Fu il secondo concilio di Nicea a dover deliberare sul culto delle immagini. Convocato nel 787 a Nicea, su richiesta di papa Adriano  I,  dalla  imperatrice  reggente  d'Oriente  Irene  e dall'imperatore Costantino VI,  si  svolse  con  la partecipazione di  367  padri  (tra  cui  anche Giovanni Damasceno),  quando  a Bisanzio era patriarca Tarasio. La controversia, come detto, era centrata sulle sante icone, le pitture  di  Cristo,  della  Madonna  e  dei  santi,  che  erano custodite e venerate sia nelle chiese che nelle case private. La lotta non era un mero conflitto tra due concezioni di arte cristiana. Erano coinvolte questioni più profonde:  il carattere della natura umana di Cristo,  l'attitudine cristiana verso  la materia,  il vero significato della redenzione cristiana. L'effetto complessivo dell'iconoclastia fu molteplice:  il danneggiamento (quando non distruzione) di un grande numero di raffigurazioni sacre, ivi comprese opere d'arte e codici miniati; un generale irrigidimento dei rapporti  fra  la chiesa d'Oriente e  la chiesa d'Occidente e  la  fuoriuscita di  icone dall’oriente per salvarle.    

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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Icone di san Luca  Secondo  la Tradizione,  le prime  icone della Vergine  furono dipinte dall'Evangelista Luca, dopo  la Pentecoste. Si  racconta che S. Luca avesse  ritratto  la Madonna dal vivo. Sarebbero state queste prime icone a definire le tre tipologie principali delle icone mariane.       Madre di Dio Eleousa ("Colei che intenerisce"). È detta anche  "Madre di Dio della Tenerezza".Il Bambino  cinge con il braccio il collo della Madre e si protende con il volto fino a toccarle  la  guancia:  Egli  appare  il  Consolatore,  il  Salvatore misericordioso che si china sulla sua creatura.       Madre di Dio Odighitria ("Colei che indica la Via") La Via  indicata dalla Madre con  la mano destra è Cristo. Questo appellativo  della  Madre  di  Dio  deriva  dal  toponimo  del 

Monastero  degli  Odigi  a Costantinopoli,  dove  si venerava  l'icona  originale  attribuita  a  San  Luca. L'atteggiamento  della  Madre  è  di  distacco  e  di  grande rispetto;  quello  del  Bambino  è  soffuso  di  regalità  e  di serietà,  come  si  addice  al  Dio‐Uomo.  La  tradizione iconografica presenta sempre il Volto del Bambino con tratti tesi,  profondamente  assorto  e  privo  dei  riferimenti psicologici  tipici dell'età  infantile; ce Lo presenta, anzi, con aspetto di  adulto: Egli  infatti non è un  semplice bambino, ma  "Colui  che  è  sopra  ogni  essere",  Verbo  preesistente come  Dio  nel  seno  della  Trinità.  Il  rotolo  che  il  Bambino tiene spesso nella mano sinistra, è il simbolo della Sapienza.      

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   Madre di Dio "del Segno" Questa  icona,  in  cui  la  Madre  di  Dio  porta  in  un medaglione  sul  petto  l'effigie  del  Salvatore  Emmanuele, assume  un  particolare  spessore  dogmatico  poiché  la Vergine viene definita in relazione alla Sacra Scrittura: "... il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7, 14).         

     I  colori  delle  vesti  della Madre  di  Dio sono  inversi a quelli del Cristo:  la veste è  blu  e  il  manto  è  porpora,  di  una tonalità scura. Il colore cupo del manto parla  di  raccoglimento,  di  lotta,  di sacrificio  per  affermare  ogni  valore superiore. Le  tre stelle sul capo e sulle spalle di Maria sono il simbolo della sua Verginità  prima,  durante  e  dopo  il parto.    Sulle  icone della Madre di Dio, inoltre,  scompare  del  tutto  l'antico appellativo  "Santa Maria"  per  lasciare posto  a  quello  di  "Theotòkos",  cioè "Madre  di  Dio"  (MP  OY:  MHTHP THEOU). Per gli ortodossi,  la Vergine è sempre e solo la "Madre di Dio", perché non  la  veneriamo  per  se  stessa,  ma 

soltanto perché è la Madre del nostro Dio, e ci rivolgiamo a Lei sempre in relazione al Figlio. Molto raramente, infatti, è rappresentata da sola, senza il Cristo.        

San Luca 

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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I monaci basiliani  Durante la dominazione bizantina giunsero nel Salento i monaci Basiliani, così detti da San Basilio il 

fondatore  dell’ordine.  Nel  726  l’imperatore bizantino Leone  III  Isaurico, emanò un editto con  il quale ordinava la distruzione delle immagini sacre e icone in tutte le province dell’Impero e mise in fuga dall’Oriente migliaia di monaci, che per sfuggire alla persecuzione  si  rifugiarono  nelle  estreme  regioni meridionali  dell’Italia  e  nel  Salento.  Qui  i  monaci continuarono a praticare il loro culto. La presenza di monaci  basiliani  in  Italia  è  testimoniata  già  nel  VI secolo, all'epoca dell'imperatore Giustiniano. Nel VII secolo,  in  seguito  all'espansione  araba  sulle  coste del  Mediterraneo,  molti  monaci  preferirono rifugiarsi  in  Italia per sfuggire alle persecuzioni. Ma la presenza basiliana nel Meridione d'Italia divenne più  consistente quando  le persecuzioni  iconoclaste di  Leone  III  Isaurico  costrinsero  molti  monaci  ad abbandonare  l'Oriente  ed  a  spostarsi  in  luoghi  più sicuri.   Una delle  figure più note di monaci basiliani è San Nilo  di  Rossano  (900‐1004),  fondatore  del Monastero  di  Grottaferrata,  rinomato  centro dell'Ordine,  che  continuò  a  sopravvivere  anche 

dopo le soppressioni borboniche del 1784 e delle leggi italiane del 1866, fino alla sua ricostituzione ufficiale nel 1900, approvata da Leone XIII. La presenza dei monaci basiliani nel nostro  territorio è  stata di grande  importanza non  solo dal punto di vista religioso, ma anche da quello economico sociale. Intorno ad essi infatti si raccolsero numerose  comunità  di  contadini  che  proprio  dai  Basiliani  appresero  tecniche  migliori  di coltivazione.  La  presenza  massiccia  di  questi  contadini  è  dovuta  anche  al  fatto  che  essi, dipendendo da un monastero, godevano di maggiore  libertà e certamente di condizioni che non avrebbero mai avuto se fossero stati sottoposti ad un feudatario.   Sin  dai  primi  secoli  della  cristianità,  nell’Oriente  greco  ebbe  un  enorme  sviluppo  il  culto  della Vergine,  tra  cui quello al  titolo della Madonna dell’Odigitria. A Costantinopoli,  l’Odigitria  venne collocata in una chiesa custodita da frati basiliani, risalente al V secolo e oggi scomparsa, e divenne famosa  proprio  perché  l’immagine  fu  attribuita  a  San  Luca.  Secondo  la  leggenda  sacra,  infatti, quella  dell’Odigitria  è  una  delle  tre  icone  dipinte  dal  terzo  evangelista  quando  la  Vergine  era ancora  in  vita,  in  seguito portata da  Eudosia, moglie dell’imperatore  Teodosio  il Giovane, dalla Terra  Santa  fino  a  Costantinopoli.  Questa  celebre  immagine  fu  considerata  la  protettrice,  la “conduttrice, guida della via” della città e di tutto l’impero d’Oriente.  Furono gli  imperatori stessi a portarla alla testa dei  loro cortei trionfali, come  indicatrice e guida della  via,  avvalorando  in  questo  modo  il  titolo  di  "Odigitria".  Ad  incrementarne  il  culto  a Costantinopoli contribuì l'imperatrice Pulcheria che volle stabilire una devozione particolare verso la Madre di Dio nei martedì: questo perché la definizione dommatica della Divina Maternità pare che sia avvenuta di martedì e  inoltre perché di martedì,  in quello successivo alla Pentecoste, per intercessione della Madonna,  il popolo di Costantinopoli avrebbe avuto una vittoria  sui persiani che avevano posto  l'assedio alla città. La denominazione Odigitria, da odos, "via", significa "Colei 

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che indica la via" e per alcuni il nome deriverebbe dal fatto che i  condottieri  (odigoi)  si  recavano  in  questo  monastero  a pregare, per altri dal nome della via della città imperiale in cui vi  era  la  Chiesa  detta  "delle  guide",  che  conservava un'immagine  simile,  venerata  come  opera  dell'evangelista Luca.  Successivamente  acquistò  un  significato  personale  a causa  della  posizione  del  braccio  di Maria  che  indica  il  Figlio come "via, verità e vita". Prima della definitiva caduta  in mano ai Turchi di Maometto II (1453), si ricordano solenni processioni penitenziali con l’icona dell’Odigitria  per  le  vie  della  città, ma  l’ora  di  Costantinopoli era ormai segnata e con la rapida distruzione delle chiese e delle icone, i Turchi miravano anche ad annientare  la  praesentia  della  Madonna.  Tuttavia  il  culto  resistette  e  così,  dopo  un’iniziale diffusione  avutasi  in  seguito  all’esodo  di  cristiani  all’epoca  delle  persecuzioni  iconoclastiche  di Leone Isarco (VIII sec.), si espanse nuovamente grazie alla devozione di marinai e di profughi ‐ per lo  più  albanesi  ‐  che  si  diressero  verso  le  regioni  più  meridionali  d’Italia  (soprattutto  Sicilia, Calabria, Puglia). Bisanzio fu punto d’origine delle celebrazioni e dei modelli  iconografici mariani: tutte  le  Madonne  con  il  titolo  dell’Odigitria  in  Oriente  e  in  Occidente  hanno  l’icona  di Costantinopoli come prototipo, ed essa è pure  l’origine della tradizionale attribuzione a San Luca delle immagini venerate. Il tipo iconografico di S. Maria di Costantinopoli, infatti, ritrae generalmente la città turrita e cinta di mura  in  preda  alle  fiamme,  che  alcuni  storici  descrivono  come  un  imponente  incendio;  altri spiegano più realisticamente come conseguenza di un assedio di Saraceni. Non solo, ma anche usi, tradizioni, costumanze liturgiche e architettura bizantina fecero sentire il proprio influsso, innestandosi nella cultura storica e popolare del Sud.  Tra i tanti esempi da citare, si trova quello dell’icona galleggiante, rinvenuta da pescatori nell’anno 1383  nelle  vicinanze  dell’abitato  di  Tikhvin  (Russia),  che  i  devoti  ritengono  essere,  se  non l’originale di San Luca, almeno una replica fedele dell’Odigitria di Costantinopoli (Gharib). Il culto a questa  ipostasi della Vergine è attestato  in molti  luoghi d’Italia, dove  si  ritrovano anche diversi modelli  iconografici, come  le  immagini dell’edicola di S. Maria dell’Idria nella Crypta Neapolitana, del Santuario di Piedigrotta, della Chiesa di S. Maria di Costantinopoli  (sopra  riprodotta) e della Cappella  omonima  di  San Gregorio  Armeno  a Napoli,  della  Chiesa  di  S.  Francesco  a Galatone, oppure  la Vergine di Ripalta e  la “Sipontina” pugliesi, e  la Virgo Orientalis del Santuario di Maria SS.ma dell’Oriente a Tagliacozzo. Ma la raffigurazione più diffusa, specialmente in chiese siciliane e sarde, appare quella della Madonna col Bambino in braccio che poggia su una cassa tenuta a spalla da  due  basiliani.  Essa  riepiloga  i momenti  più  salienti  del  “viaggio”  dell’Odigitria bizantina  che, secondo  la  tradizione  leggendaria,  al  tempo  dell’iconoclastia,  chiusa  da  alcuni monaci  basiliani dentro una cassa di legno e affidata al mare, finì per approdare sulle coste meridionali dell’Italia. In Puglia si celebra invece il rinvenimento dell’immagine di questa Vergine in un pantano del foggese, mentre per  la Madonna nel Santuario di Tagliacozzo si narra che vi fu condotta da due  legionari marsicani  tornati  da Ravenna,  dove  l’icona  bizantina  giunse  salvata miracolosamente  dal  fuoco iconoclasta. A Napoli,  il canonico Carlo Celani nel Seicento scrive che S. Maria dell’Idria era così denominata  “per  l’immagine  della  S.S.  Vergine  con  un  idria,  ossia  un  vaso  sotto  i  piedi”,  con riferimento  ad un  tipico  vaso  greco per  acqua  (cui  sembra  collegarsi  anche  l’interpretazione di Odygidrya  come  “Madonna  delle  acque”  data  alla  stessa  immagine  devozionale  nell’omonima chiesa di Ragusa Ibla). Aspreno Galante, invece, sostiene che tale dicitura sarebbe un adattamento del termine odigitria o odigidria, anch’esso di origine greca (composto da “via” e “conduttrice”), 

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con il significato di “guida della via, del cammino”, in relazione all’icona della Madonna dipinta da San  Luca. Concorda  con  tale  interpretazione anche  l’identificazione  con San  Luca dell’immagine del  “Santo”  affrescata  nella  grande  nicchia  situata  sulla  destra  dell’imbocco  della  Crypta Neapolitana.  L’appellativo  odigitria  in  questa  accezione  potrebbe  far  riferimento  anche  ad  un antico prodigio attribuito alla Madonna di Costantinopoli che guidò due ciechi fino alla sua chiesa e  fece  loro  recuperare  la  vista;  o  essere  relazionato  alla  strada  che  alla  chiesa  conduceva, attraversata dai condottieri e sovrani dopo  i trionfi  in battaglia. Meno attendibile sembra  il titolo di  Santa  Maria  dell’Idra  ovvero  del  serpente,  identificato  simbolicamente  con  il  demonio  da esorcizzare, benché l’edificazione della piccola cappella di Piedigrotta sia da interpretare come un atto necessario per eclissare gli elementi mitico‐cultuali pagani ampiamente associati nei  secoli cristiani all’area della grotta napoletana.  Il culto della Madonna  in sé e come guida e protettrice 

del  viandante  appare  qui  particolarmente appropriato,  se  si  considera  la collocazione a scopo  augurale  e  apotropaico  dell’immagine sacra  nell’arco  d’ingresso  della  lunga  Crypta Neapolitana, che con la sua oscurità sembrava materializzare le tenebre degli inferi (nel 1194 Corrado di Querfurt descrivendo il suo viaggio nella  galleria  romana  afferma  “….acessimus per  tenebras  infernales,  tamquam  ad  inferos descensuri.”)  e  dove  i  segni  di  remoti  culti solari  e mitraici  le  conferivano  una  funzione altamente  simbolica di  “passaggio”  iniziatico, con la rinascita dal buio alla luce eterna.     

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Simbolismo della icona  Secondo  la  tradizione,  l'icona  della  Madre  di  Dio "Odighìtria", è attribuita all'evangelista San Luca. La Madre di Dio  viene  chiamata Odighìtria,  cioè  "Colei  che  indica  la via".  Prende  il  nome  dalla  chiesa  di  Costantinopoli  detta "delle guide".  La Vergine, con il gesto della mano destra, indica a tutti gli uomini  il suo Figlio Gesù Cristo, quale via per giungere alla salvezza eterna.  Le tre stelle sul manto della Madre di Dio  (sul capo e sulle spalle)  sono  il  segno  della  sua  verginità:  prima,  durante  e dopo il parto. Il Bambino Gesù è raffigurato come un adulto, ed è seduto in posizione eretta sul braccio della Madre. Come Salvatore 

benedice e tiene  il rotolo del Vangelo.  Egli è  il Verbo,  il Signore di tutti i tempi, la gloria di Dio.  Tutto  in  Lui  è luminoso;  secondo  la definizione del Concilio di Nicea, Egli è "Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero... ".            

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Simbolismo delle strutture spaziali                                

L'incorniciatura del volto è costruita avendo come riferimento  di  base l'asse  orizzontale  GH, cosicché  il  volto  della Madre di Dio è collocato unicamente  nella  parte superiore  dell'icona.  All'interno,  l'occhio  (che è  l'unico  visibile nell'originale) è  il centro di uno  spazio  simbolica‐mente  scandito,    essen‐do  collocato  all'incrocio tra  l'asse  verticale  EF con  il  lato  CD  del quadrato  ABCD  costrui‐to  sulla  base  AB dell'icona. L'inclinazione  dei  volti, che determina  l'asse dei nasi,  la  collocazione degli  sguardi  e  delle bocche,  anche  nei  loro rapporti  reciproci, corrisponde  esattamen‐te  all'inclinazione  del lato  DF  del  triangolo DFC. Questa  stessa  obliquità impronta  tutta  la restante  dinamica  com‐positiva  (inclinazione  delle  braccia,  gambe,  piede  e  il  caratteristico  drappeggio  diagonale  sulla spalla). Il gesto della mano del Bambino che consegna  il  rotolo è stato collocato alla stessa presumibile altezza della mano benedicente,  in modo da marcare  l'orizzontalità  (IL) che cade sulla scansione del terzo dell'asse verticale. La  ricostruzione si è  inserita nelle dinamiche esistenti,  rispettando  il principio secondo cui punti significativi  dello  spazio  strutturato  coincidono  con  elementi  pregnanti  di  significato dell'immagine.    

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Elenco delle Chiese dedicate a Santa Maria di Costantinopoli nel meridione di Italia.  ABRUZZO 

1. Santa Maria di Costantinopoli, (Sec. XIV),  Scanno (AQ)Abruzzo 2. Santa Maria di Costantinopoli,  Rivisondoli (Aquila)  

 MOLISE 

3. Santa Maria di Costantinopoli in Pietracatella (Campobasso ) 4. Santa Maria di Costantinopoli, Tavenna (Campobasso ) 17 5. Santa Maria di Costantinopoli in Portocannone    6. Santa Maria di Costantinopoli,  Pietracatella (Molise)(Madonna della ricotta) 

 CAMPANIA 

7. Santa Maria di Costantinopoli in Napoli    8. Santa Maria di Costantinopoli, Gragnano (Napoli)    9. Santa Maria di Costantinopoli, Aversa (Napoli) (Madonna di Casaluce)    10. Santa Maria di Costantinopoli in Benevento  11. Santa Maria di Costantinopoli in Avellino 12. Santa Maria di Costantinopoli, Agropoli (Salerno) 13. Santa Maria di Costantinopoli, Angri (Salerno)  14. Santa Maria di Costantinopoli, Ugento (Salerno) 15. Santa Maria di Costantinopoli,  Foglianise (Campania) 16. Santa Maria di Costantinopoli, Nocera superiore (SA) 17. Santa Maria di Costantinopoli, Teano 18. Santa Maria di Costantinopoli, Anacapri 19. Santa Maria di Costantinopoli ad Ischia Ponte 20. Santa Maria di Costantinopoli in Felitto Salerno   21. Santa Maria di Costantinopoli, Palmariggi (Salerno) (Madonna del monte)  22. Santa Maria di Costantinpoli ai Morselli, Cava dei Tirreni (SA) 23. Santa Maria di Costantinopoli,  Pontelatone (CE) XVIII sec. 24. Santa Maria di Costantinopoli, Monte San Giacomo (La Madonna dei Cerri) Parco Nazionale 

del Cilento 25. Dodici Apostoli o di S. Maria di Costantinopoli, Solofra 

 PUGLIA 

26. Santa Maria di Costantinopoli in Morciano di Leuca    27. Santa Maria di Costantinopoli, Bitritto (BA) 28. Santa Maria di Costantinopoli, Conversano (BA)(Madonna della Fonte) 29. Santa Maria di Costantinopoli, Monopoli (BA)(Madonna della Madia)  30. Santa Maria di Costantinopoli, Cerignola (BA)(Madonna di ripalta sull’ofanto) 31. Santa Maria di Costantinopoli in Acquaviva delle Fonti    32. Santa Maria di Costantinopoli, Minervino Murge (BA) 33. Santa Maria di Costantinopoli, Crispiano in Puglia  34. Santa Maria di Costantinopoli,  Lecce  35. Santa Maria di Costantinopoli,  Ruggiano fraz.Salve (Lecce) 36. La Madonna ODEGITRIA patrona di Bari e della provincia civile (img 18) 37. Santa Maria di Costantinopoli, Botrugno (Lecce) 38. Santa Maria di Costantinopoli, Taranto 

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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39. Santa Maria di Costantinopoli, Manduria 40. Santa Maria di Costantinopoli, Bitonto 

 BASILICATA 

41. Santa Maria di Costantinopoli in Barile    42. Santa Maria di Costantinopoli in Marsico Nuovo 43. Cappella di Santa Maria di Costantinopoli a Balvano (PZ), Basilicata 44. Santa Maria di Costantinopoli, Marsico Nuovo (PZ), Basilicata 45. Santa Maria di Costantinopoli,  Cersosimo, Basilicata 

 CALABRIA 

46. Santa Maria di Costantinopoli ‐Papasidero (CS) 47. Santa Maria di Costantinopoli,  Sandemetriocorone Cosenza 48. Santa Maria di Costantinopoli, (Bisignano)15 49. Santa Maria di Costantinopoli, Campana (CS) 50. Santa Maria di Costantinopoli, Porto (CZ) 

 SICILIA 

51. Santa Maria di Costantinopoli, Palermo (Madonna della perla)(S.Maria de latinis) 52. Santa Maria dell’ Itria, Randazzo 53. Santa Maria di Costantinopoli, Palazzolo Acreide 

     

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Sviluppo in Campania 

Sull'origine e diffusione del culto della Madonna dell'Idria (o Odigitria) 

Madonna  dell'Odigitria,  immagine  di  riferimento  (Napoli,  Chiesa  di  S. Maria di Costantinopoli). Sin dai primi secoli della cristianità, nell’Oriente greco ebbe un enorme  sviluppo  il  culto della Vergine,  tra  cui quello  al titolo  della Madonna  dell’Odigitria.  A  Costantinopoli,  l’Odigitria  venne collocata in una chiesa custodita da frati basiliani, risalente al V secolo e oggi  scomparsa,  e  divenne  famosa  proprio  perché  l’immagine  fu attribuita  a  San  Luca.  Secondo  la  leggenda  sacra,  infatti,  quella dell’Odigitria è una delle tre icone dipinte dal terzo evangelista quando la Vergine  era  ancora  in  vita,  in  seguito  portata  da  Eudosia,  moglie dell’imperatore  Teodosio  il  Giovane,  dalla  Terra  Santa  fino  a 

Costantinopoli. Questa celebre immagine fu considerata la protettrice, la 'conduttrice, guida della via'  della  città  e  di  tutto  l’impero  d’Oriente.  Prima  della  definitiva  caduta  in mano  ai  Turchi  di Maometto II (1453), si ricordano solenni processioni penitenziali con l’icona dell’Odigitria per le vie della città, ma l’ora di Costantinopoli era ormai segnata e con la rapida distruzione delle chiese e delle  icone,  i Turchi miravano anche ad annientare  la praesentia della Madonna. Tuttavia  il culto resistette e così, dopo un’iniziale diffusione avutasi  in seguito all’esodo di cristiani all’epoca delle persecuzioni iconoclastiche di Leone Isarco (VIII sec.), si espanse nuovamente grazie alla devozione di marinai  e  di  profughi  ‐  per  lo  più  albanesi‐  che  si  diressero  verso  le  regioni  più meridionali d’Italia  (soprattutto  Sicilia, Calabria, Puglia). Bisanzio  fu punto d’origine delle  celebrazioni e dei modelli iconografici mariani: tutte le Madonne con il titolo dell’Odigitria in Oriente e in Occidente hanno  l’icona  di  Costantinopoli  come  prototipo,  ed  essa  è  pure  l’origine  della  tradizionale attribuzione  a  San  Luca  delle  immagini  venerate.  Tra  i  tanti  esempi  da  citare,  si  trova  quello dell’icona galleggiante, rinvenuta da pescatori nell’anno 1383 nelle vicinanze dell’abitato di Tikhvin (Russia),  che  i devoti  ritengono essere,  se non  l’originale di San  Luca,almeno una  replica  fedele dell’Odigitria di Costantinopoli (Gharib). Il culto a questa ipostasi della Vergine è attestato in molti luoghi d’Italia, dove si ritrovano anche diversi modelli iconografici, come le immagini dell’edicola di S. Maria dell’Idria nella Crypta Neapolitana, del Santuario di Piedigrotta, della Chiesa di S. Maria di Costantinopoli  (sopra  riprodotta)  e  della  Cappella  omonima  di  San Gregorio  Armeno  a Napoli, della Chiesa di S. Francesco a Galatone, oppure  la Vergine di Ripalta e  la  'Sipontina' pugliesi, e  la Virgo Orientalis del Santuario di Maria SS.ma dell’Oriente a Tagliacozzo. Ma  la raffigurazione più diffusa,  specialmente  in  chiese  siciliane  e  sarde,  appare  quella  della Madonna  col  Bambino  in braccio  che  poggia  su  una  cassa  tenuta  a  spalla  da  due  basiliani.  Essa  riepiloga  i momenti  più salienti  del  'viaggio'  dell’Odigitria  bizantina  che,  secondo  la  tradizione  leggendaria,  al  tempo dell’iconoclastia, chiusa da alcuni monaci basiliani dentro una cassa di legno e affidata al mare, finì per  approdare  sulle  coste  meridionali  dell’Italia.  In  Puglia  si  celebra  invece  il  rinvenimento dell’immagine di questa Vergine in un pantano del foggese, mentre per la Madonna nel Santuario di  Tagliacozzo  si  narra  chevi  fu  condotta  da  due  legionari marsicani  tornati  da  Ravenna,  dove l’icona bizantina giunse salvata miracolosamente dal fuoco iconoclasta. A Napoli, il canonico Carlo 

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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Celani nel  Seicento  scrive  che  S. Maria dell’Idria era  così denominata  'per  l’immagine della  S.S. Vergine con un idria, ossia un vaso sotto i piedi', con riferimento ad un tipico vaso greco per acqua (cui  sembra  collegarsi anche  l’interpretazione di  ''Odygidrya''  come  'Madonna delle acque' data alla  stessa  immagine devozionale nell’omonima chiesa di Ragusa  Ibla). Aspreno Galante,  invece, sostiene che tale dicitura sarebbe un adattamento del termine ''odigitria'' o ''odigidria'', anch’esso di  origine  greca  (composto  da  'via'  e  'conduttrice'),  con  il  significato  di  'guida  della  via,  del cammino',  in  relazione  all’icona  della  Madonna  dipinta  da  San  Luca.  Concorda  con  tale interpretazione  anche  l’identificazione  con  San  Luca  dell’immagine  del  'Santo'  affrescata  nella grande  nicchia  situata  sulla  destra  dell’imbocco  della  ''Crypta  Neapolitana''.  L’appellativo ''odigitria'' in questa accezione potrebbe far riferimento anche ad un antico prodigio attribuito alla Madonna di Costantinopoli che guidò due ciechi fino alla sua chiesa e fece loro recuperare la vista; o essere relazionato alla strada che alla chiesa conduceva, attraversata dai condottieri e sovrani dopo  i  trionfi  in battaglia. Meno attendibile  sembra  il  titolo di  Santa Maria dell’Idra ovvero del serpente,  identificato  simbolicamente con  il demonio da esorcizzare, benché  l’edificazione della piccola  cappella  di  Piedigrotta  sia  da  interpretare  come  un  atto  necessario  per  eclissare  gli elementi  mitico‐cultuali  pagani  ampiamente  associati  nei  secoli  cristiani  all’area  della  grotta napoletana.  Il  culto  della Madonna  in  sé  e  come  guida  e  protettrice  del  viandante  appare  qui particolarmente  appropriato,  se  si  considera  la  collocazione  a  scopo  augurale  e  apotropaico dell’immagine sacra nell’arco d’ingresso della lunga ''Crypta Neapolitana'', che con la sua oscurità sembrava materializzare  le  tenebre degli  inferi  (nel 1194 Corrado di Querfurt descrivendo  il suo viaggio nella galleria romana afferma  ''….acessimus per tenebras  infernales, tamquam ad  inferos descensuri.'') e dove i segni di remoti culti solari e mitraici le conferivano una funzione altamente simbolica di 'passaggio' iniziatico, con la rinascita dal buio alla luce eterna.  

Da Costantinopoli a Napoli 

Per  delineare  l'origine  del  culto  mariano  di  Gimigliano  è  necessario  partire  da  lontano  e precisamente  dalla  città  di  Costantinopoli,  capitale  dell'Impero  romano  d'Oriente,  voluta  da Costantino il Grande, a cavallo del Bosforo e del Corno d'Oro sul luogo dell'antica Bisanzio. La città ebbe fin dai primi tempi per la Madre di Dio, la Vergine Theotokos, un culto tutto particolare, ad incrementare  il quale non sarebbe stata estranea  la madre dello stesso Costantino,  l'imperatrice Elena. Nel V  secolo,  Teodosio  II  (408  ‐  450)  eresse  a Costantinopoli  tre basilichette mariane  in luoghi  detti  Blacherne,  Chalcopra‐  tia  (mercato  del  bronzo)  ed  Odeghi  (guide).  L'immagine venerata agli Odeghi rappresen‐ tava la Vergine col Bambino in braccio. 

La denominazione Odigitria, da odos, "via", significa "Colei che  indica  la via" e per alcuni  il nome deriverebbe dal fatto che i condottieri (odigoi) si recavano in questo monastero a pregare, per altri dal nome della via della città  imperiale  in cui vi era  la Chiesa detta "delle guide", che conservava un'immagine  simile,  venerata  come  opera  dell'evangelista  Luca.  Successivamente  acquistò  un significato personale  a  causa della posizione del braccio di Maria  che  indica  il  Figlio  come  "via, verità e vita". 

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Questa  celebre  immagine  fu  considerata  la protettrice della  citta' e di  tutto  l'impero d'Oriente. Furono gli  imperatori stessi a portarla alla testa dei  loro cortei trionfali, come  indicatrice e guida della  via,  avvalorando  in  questo  modo  il  titolo  di  "Odigitria".  Ad  incrementarne  il  culto  a Costantinopoli contribuì l'imperatrice Pulcheria che volle stabilire una devozione particolare verso la Madre di Dio nei martedì: questo perché la definizione dommatica della Divina Maternità pare che sia avvenuta di martedì e  inoltre perché di martedì,  in quello successivo alla Pentecoste, per intercessione della Madonna,  il popolo di Costantinopoli avrebbe avuto una vittoria  sui persiani che  avevano  posto  l'assedio  alla  città.  Il  tipo  iconografico  di  S. Maria  di  Costantinopoli,  infatti, ritrae  generalmente  la  città  turrita  e  cinta  di  mura  in  preda  alle  fiamme,  che  alcuni  storici descrivono come un imponente incendio; altri spiegano più realisticamente come conseguenza di un  assedio  di  Saraceni.  Le  lotte  iconoclaste  del  700  e  la  presa  di  Costantinopoli  da  parte  di Maometto II nel 1453 determinarono, in questo lasso di tempo molto ampio, l'importazione delle immagini care al popolo cristiano d'Oriente nei territori dell'Italia Meridionale. Non solo, ma anche usi,  tradizioni,  costumanze  liturgiche  e  architettura  bizantina  fecero  sentire  il  proprio  influsso, innestandosi  nella  cultura  storica  e  popolare  del  Sud.  Non  poche  furono  la  Immagini  della Madonna di Costantinopoli  la cui devozione si sviluppò  in vari centri della Puglia (Bari, Acquaviva delle Fonti), Abruzzo e Molise  (Ortona e Portocannone), Campania  (Ischia, Terranova e Felitto). Antesignana  della  venerazione  alla Madonna  di  Costantinopoli  fu  però  la  città  di Napoli  in  un contesto storico ‐ sociale caratterizzato da guerra e pestilenza, due variabili che occupano un ruolo determinante nella nostra ricostruzione storica. Il diarista Gregorio Rosso scrive infatti che "l'anno 1528 fu  infelicissimo a tutta  l'Italia, particolarmente allo nostro Regno di Napoli perché ci furono tre  flagelli  de  Iddio,  guerra,  peste  e  fame".  I  napoletani,  presi  dal  panico,  organizzavano processioni di penitenza, ma il viceré le vietò ed invitò il popolo a radunarsi a pregare nelle chiese. Contemporaneamente nel  1528,  Francesco  I  inviò  in  Italia  il  visconte di  Lautrec  che,  informato delle difficoltà di Napoli conseguenti alla fame e alla sete, marciò su Napoli, ma un errore tattico della politica dei Francesi alienò  loro  l'animo degli alleati genovesi. Il Doria passò  infatti al fronte spagnolo  e  tolse  il  blocco  navale, mentre  la  peste  faceva  un  vero  sterminio  tra  le  truppe  del Lautrec. I resti dell'armat francese si arresero l'8 settembre 1528, giorno della Natività di Maria. Il popolo era libero dal nemico esterno, ma viveva ugualmente sotto un terribile incubo; quello della peste che non cessava di seminare morte e lutti. L'epidemia perdurava ancora ai primi del 1529 e riprendeva  con maggiore  violenza  nel mese  di marzo.  Con  l'estate  ‐  cosa  insolita  ‐  il  flagello accennò a scomparire. Il Rosso attribuì all'intervento della Madonna, come la fine dell'assedio, così pure quello della peste: "Nello mese di giugno di questo anno 1529, il terzo giorno di Pasca Rosata (martedì  di  Pentecoste),  fu  ritrovata  vicino  le  mura  della  città  di  Napoli  una  immagine  della Madonna Santissima Madre di Dio, per rivelazione de una vecchierella, che abitava  là vicino, alla quale  fu promesso dalla Madre di Dio  il  fine della peste, come  si vedde con effetto; et perciò  la Città di Napoli diede principio  subito ad edificare una Chiesa a detta  Immagine,  con  lo  titolo di Madonna di Costantinopoli, et si spera, che la protegga da detto morbo per l'avenire in ogni tempo futuro. E non  solamente  la Madonna di Costantinopoli  liberò Napoli dalla peste, ma anco dalla guerra…".  L'immagine  della  Vergine  (rinvenuta  dalla  vecchietta)  è  di  ispirazione  chiaramente bizantina: l'affresco fu eseguito su tavola di marmo tufaceo da un manierista napoletano della fine del 1400. La Vergine è  rappresentata a mezzo busto, assisa  sulle nubi, nell'atto di  reggere  sulla 

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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destra  il Bambino Gesù,  che  le  si  tiene  stretto al petto.  Indossa un  corsetto  rosso  cinabro e un manto azzurro  l'avvolge tutta scendendole dalla testa bionda. Dietro,  in alto, due angeli tengono spiegata una cortina verde che fa da sfondo alla Vergine e ai due personaggi che la fiancheggiano: S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista. Sotto, due angeli genuflessi fanno l'atto di reggere le nuvole  che  dividono  la  visione  celeste  dal  panorama  della  città  di  Costantinopoli  in  preda  alle fiamme, sulla quale due piccoli angeli versano l'acqua da due anfore. D'Engenio Caracciolo, storico napoletano del 1600, riferisce con serietà documentaria, che la chiesa di S. Maria di Costantinopoli in Napoli  era  "di  grandissima  divotione  e  non  solo  il  giorno  della  sua  festività, ma  anco  tutti  i martedì dell'anno vi concorre tutta Napoli, e buona parte di quella in cotal giorno s'astiene anco di mangiar carne, e  latticini… La  festa principale del  titolo con grandissima  solennità  si celebra nel primo martedì dopo la Pentecoste con straordinario concorso di popolo". 

 

La chiesa di S. Maria di Costantinopoli sorse prima del 1700  per spontanee offerte del popolo. Situata nel casale ‘delli concilij’  fu chiamata comunemente ‘in coppa a’ cappella’. 

   

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Sviluppo in Puglia 

Madonna di Costantinopoli Morciano di Leuca  Storia Salento e cultura  Questa  chiesetta  si  trova  a  Morciano  di  Leuca  ed  è  una  delle  poche  scampate  alla  mano distruttrice dell’uomo. Quando in epoche lontane la devozione religiosa costituiva una dimensione totalizzante,  l’uomo  pensò  di proteggere  l’abitato  costruendo  in direzione dei quattro punti cardinali, extra moenia, altrettante cappelle: di esse,  in  questo  piccolo  paese  del Capo di Leuca, oltre alla presente si è salvata  solo  la  “Cappella  della Natività”  ricadente  sin  dagli  ultimi decenni dell’800 all’interno dell’area cimiteriale. La chiesetta dedicata alla Vergine  di  Costantinopoli  è  opera della  seconda  metà  del  sec.  XVI, all’indomani  della  battaglia  di Lepanto  combattuta  il  7  ottobre 1571  tra  i  Turchi  e  le  principali potenze cattoliche del Mediterraneo occidentale:  quel  tremendo  scontro navale  salvò per  sempre  la  cristianità dall’espansionismo islamico, evitando che si consumasse il ripetersi della caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi di Maometto  II  (29 maggio 1453). Questa volta nelle acque di  Lepanto  la Vergine di Costantinopoli aveva salvato miracolosamente  il mondo dalla catastrofe finale, per cui in  tutta  l’Europa bisognava  testimoniare  la  riconoscenza  con edicole,  cappelle,  chiese, benefici, altari consacrati alla Madonna venuta dall’Oriente. Ma ciò che rende preziosa e forse unica la chiesetta di Morciano è che al suo interno conserva un enorme monolite, un autentico menhir in pietra di marmo locale, sul cui fronte piatto è affrescata una  stupenda Madonna  col  Bambino. Venuto  alla  luce  a  seguito  di  un  intervento  conservativo 

realizzato  a  cura  della  Pro  Loco  “Torre  Vado”  in quest’ultimo  scorcio  di  fine  secolo,  questo capolavoro  si  è  rivelato —  nuovo messaggio  di Verità —  sotto  le mani  dell’esperto  agli  uomini del Terzo Millennio. Al di sotto dell’affresco sono visibili  tracce  di  colore  risalente  al  periodo classico dell’arte bizantina nel Salento (900‐1000 d. C.). Nella mano del Bambino  sono  raffigurate tre  frecce  (evidente  il  riferimento  alla  SS.ma Trinità)  simboleggianti  l’amore  divino  per l’umanità terrena. Inglobato ab immemorabili in un’edicola sacra, in ossequio  alla  volontà  espressa  in  appositi  editti dal sovrano più cristiano della storia, l’imperatore Carlo  Magno  (800  d.  C.),  il  menhir  sollecita 

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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un’ulteriore riflessione: rivolta verso  la città messapica di Vereto, proprio a pochi metri dall’area che nasconde nelle sue viscere i resti della prima civiltà del Salento, questa pietra appare come un faro di  luce, portando  sul  suo  corpo  i  segni di un  tempo  che  affonda  le  radici nella preistorica religiosità  solare,  attraversa  l’età  d’oro  del  Salento  messapico,  si  arricchisce  del  misticismo medievale fino a proporci i volti paffuti e rotondeggianti ‐ terragni e popolani — della Madonna e del Bambino impregnati di concretezza tutta rinascimentale, preludio ai valori più profondi dell’età moderna e contemporanea. Una pietra che viene da tanto lontano, e che nella sua imperturbabili‐tà indica la via sicura da seguire.   

   

Botrugno (Lecce)

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Sviluppo in Sicilia  La Sicilia era ai tempi terra greca, sia politicamente sia religiosamente. Da un punto di vista etnico e linguistico la stessa era divisa tra una componente latina, vicina ai papi di Roma, i quali avevano anche forti interessi economici nell'Isola, e una componente, maggioritaria questa, di ceppo greco. 

Siracusa era  capitale dell'isola  come nell'Antichità e, anzi, la Sicilia di allora non era altro che  l'ultima pallida ombra della  grande  Civiltà  Siceliota  di  un  tempo. Mille  anni  di impero  romano  non  erano  riusciti  ad  alterare significativamente  l'etnia greca dei Sicelioti e questa si era per  di  più  rafforzata  dall'unione  politica  con  Bisanzio.  Da  un  punto  di  vista  religioso  la  Sicilia  dipendeva  da Costantinopoli  e  non  da  Roma  ed  era  di  rito  greco  in maniera  universale  (anche  se  ai  tempi  la  differenza  tra Oriente  e  Occidente  era  solo  di  rito  e  di  giurisdizione, poiché  anche  i  "papi  di  Roma"  erano  "ortodossi"  o  i "patriarchi di Costantinopoli" cattolici, a seconda dei punti di vista). Se proprio qualche peculiarità religiosa vogliamo trovare  della  Sicilia  di  quei  secoli  rispetto  agli  altri  paesi cristiani  è  l'incredibile  resistenza  del  paganesimo, nonostante  la precocissima  introduzione del Cristianesimo 

stesso.  Il mito del mago Eliodoro di Catania  ('U Liotru) è ciò che  resta della memoria storica dell'ultima grande campagna di repressione del paganesimo, ancora alla fine del VII secolo dopo Cristo, poco più  di  cento  anni  prima  che  venissero  gli  Arabi.  Ciò  che  sorprende  di  più,  però,  in  questo tenacissimo  legame  della  Sicilia  con  la  Grecia,  non sono  però  queste  remote  vicende  quanto  la sopravvivenza  di  questo  legame  anche  nei  secoli successivi  alla  "reconquista"  normanna  che  unì definitivamente la Nostra Terra all'Occidente latino e cattolico.  Finanche  l'ordine  cavalleresco  guidato (tutt'oggi) dai discendenti del  casato dei Borbone è legato  nominalmente  a  Costantinopoli.  Per  secoli  il Val Demone è stato la roccaforte della resistenza del culto greco e della lingua greca (l'attuale Arcivescovo di Messina ha il titolo greco di Archimandrita, come il capo  politico  aveva  quello  di  Stratigoto,  entrambi nomi  greci).  La  venuta degli Albanesi nel XV  secolo rafforzò questa componente, tanto più che gli stessi erano  particolarmente  devoti  all'Odigitria  (basti guardare come oggi è sentita la Festa dell'Odigitria a Piana) e lo stesso culto era diffuso in altri centri della Sicilia  occidentale  (basti  pensare  alla  "Madonna  di Costantinopoli" di Lercara Friddi).  Come  nei  paesi  dell'Europa  orientale  la  Chiesa  di Sicilia  era  internamente  autonoma  e  subalterna  al potere  politico  del  re  (l'apostolica  legazìa):  questa chiesa "autocefala" sopravvisse  incredibilmente  fino 

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Lotta iconoclasta e l’arrivo delle icone in Italia; diffusione della Madonna di Costantinopoli – Alfonso Carfora 

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al 1870, quando  lo  Stato  Italiano  vi  rinunciò  con  la  c.d.  Legge delle Guarentigie per  riparare  (a spese dell'Autonomia della nostra Chiesa) alla Presa di Roma. Papa Pio  IX non  riconobbe quella legge, ma si riprese, dopo circa 1300 anni,  la giurisdizione sulle diocesi siciliane che  l'Imperatore bizantino Eraclio aveva tolto alla Chiesa di Roma nel VI secolo.  Finanche la spiritualità popolare era restata molto simile a quella dei Greci, almeno finché la lunga e pervasiva  influenza spagnola  (non quella  italiana) non  introdussero altre sensibilità e  forme di culto.  Così  fu  naturale  considerare  la Madonna  di  Costantinopoli  la  Nostra  Patrona,  non  soltanto  la "Panagia"  (Tutta  Santa),  la Madre  di Dio, ma  anche  la Madonna  degli  assediati;  e  i  Siciliani  si sentivano e si sentono sempre "assediati" da qualcuno o qualcosa:  i Turchi,  la fame,  le guerre,... Felici e precari nello stesso tempo...  La Madonna Odigitria a Palazzolo Acreide Il  culto della Madonna Odigitria, nacque e  si diffuse a Costantinopoli. Non  si  sa  con precisione quando fu  introdotto a Palazzolo, sappiamo che divenne popolarissimo  in tutta  la Sicilia e  l'Italia Meridionale,  soprattut¬to nel  '600,  tanto  che ogni paese ebbe una Chiesa dedicata alla vergine "guida della via" protettrice del viandante e del pellegrino. Patrona di Palazzolo  fino al 1689,  la Madonna  Odigitria  fu  venerata  dagli  abitanti  del  quartiere  alto  del  paese,  detto  di  "San Sebastiano".  In questa data essa fu sostituita da San P.aolo apostolo proclamato "patrono" dagli abitanti  della  parte  bassa  del  paese,  detti  "Sampaolesi".  La  proclamazione  scatenò  una  vera  e propria "guerra di santi" fra Sampa¬olesi e Sansebastianesi.  I Sansebastianesi ritennero"  illegale" l'elezione, scrissero sul fercolo della madonna "Patrona Palatioli" e continuarono così a venerarla, mentre i Sampaolesi scrissero sulla loro "vara" "patronus principalis ". Se da una parte l'elezione di 

S.  Paolo  a  "Patrono  principale"  di  Palazzolo  fu  confermata dalla Sacra congregazione dei riti il 15 luglio 1690, dall'altra la nomina  della  Madonna  Odigitria  a  "Patrona  Reale"  fu riconfermata  dal  monarca  spagnolo  Filippo  IV,  con  un  suo decreto  speciale  datato  14  settembre  1692.  Queste sovrapposizioni  di  "elezioni  patronali"  diedero  inizio  ad  una duratura  rivalità  che  ancor  oggi  si  estrinseca  in  una  sorte  di costruttivo antagonismo fra i comitati organizzatori delle feste di  San  Sebastiano  e  di  San  Paolo.  Fino  al17121a  festa  della Madonna Odigitria  si  svolse  in un periodo che oscillava  tra  il martedì di Pasqua e  la domenica  in Albis, proprio nel 1712  la data della festa fu differita dal martedì di Pasqua al 10 agosto. Il  differimento  della  data  avvenne  non  senza  contrasti,  e  fu dovuto  a motivi  climatici, ma  soprattutto  a motivi  di  natura economica  e  sociale.  La  data  prescelta  cadeva,  infatti,  in  un periodo  in cui più  intenso era  il commercio del grano appena 

raccolto e più  frequenti erano  le  fiere e gli  scambi commerciali per cui  i  fedeli devoti potevano meglio  contribuire  alla  riuscita  della  festa  con  le  loro  offerte.  Tant'è  che  il  differimento  dei festeggiamenti dei Santi patroni dall'inverno all'estate fu un fenomeno comune a molti centri della Sicilia5. Lo spostamento della data della festa coincise con la fiera che si teneva dal 7 al 22 agosto per la festa dell'Assunta, gestita dai Padri Minori Osservanti. Poiché i Sansebastianesi vollero tener fiera dal 6 al12 agosto si posero in un rapporto di forte competitività e contrasto con i Padri Minori Osservanti. I contrasti furono sedati e risolti nel 1714 dal vicario don Pietro Masuzzo attraverso un indennizzo,  di  cui  non  si  conosce  l'entità,  che  i  Sansebastianesi  dovevano  ai  Padri  Minori 

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Osservanti.  Sempre  per  la  data  della  fiera  sia  i  Sansebastianesi  che  i  Padri Minori  Osservanti entrarono  in conflitto con  la vicina Buccheri dove  il 10 agosto si celebrava  la  festa di S. Vito con relativa  fiera. Oltre  che  da  questa  importante  fiera,  altro  aspetto  caratteristico  della  festa  era costituito dalla istituzione (1759) di una rendita in natura per una ragazza da marito. Quest'usanza in epoca più recente fu assunta dal tradizionale "cummitu" (convito), cioè dall'uso di "vestire" da "Madonnuzza" una giovi¬netta da 14 anni in su, di famiglia poco agiata. Una processione durante le ore antimeridiane, raccoglieva per le vie del paese, copiosi doni in natura: pane di varie forme, ricotta, formaggio, dolci ecc., poi durante le ore pomeridiane sulla piazza, a ridosso del Municipio, su un palco  riccamente addobbato  con  fiori e  frutta, veniva  che  il  clero e  confratri  sdegnavano intervenire ad una processione sì pazza, ma vi erano costretti dai Vescovi come a festa popolare e antichissima,  alla  quale  non  si  potea  né  si  dovea  porre  ostacoli". Questa  insolita  celebrazione costituiva,  dunque,  un'occasione  festiva  in  cui  la  comunità  si  liberava  dai  rigidi  schemi  sociali abituali  e  consentiva  una  "temporanea"  libertà  e  liceità  di  costumi.  La  festa  è  per  eccellenza periodo per  la celebrazione di  riti sacri,  tuttavia è proprio  l'opposizione del  tempo della  festa al tempo  normale  che  partecipa  della  dialettica  sacro  profano.  La  Chiesa  però  non  riusciva  ad eliminare la permanenza di questi antichi rituali pagani (maschere, fuochi, ecc.) cosicché nei primi anni del XIX secolo, una ordinanza Vescovi le, riportò la celebrazione della Madonna Odigitria alla domenica "in albis" e riservò  la data del  l O agosto ai  festeggiamenti  in onore di San Sebastiano Martire,  che  già  si  venerava  anticamente  il 20  gennaio,  anniversario del  Suo martirio  ricordato nella Messa e nella Ufficiatura da tutta la Chiesa Cattolica. Cenni su Akrai‐Palazzolo ‐ Palazzolo sorge ad est dell'antica Akrai, una delle tre subcolonie fondata dai Dori di Siracusa nel 664 a.C.    

Odighitria Calatamauro (PALERMO)