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L’ IMPIEGO DELLA MANODOPERA ITALIANA IN CECOSLOVACCHIA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE Molti cittadini italiani nel corso della seconda guerra mondiale lavo- rarono in Germania o nei paesi temporaneamente occupati dai nazisti, tra i quali la Cecoslovacchia. Come dappertutto, anche qui furono impiegati in lavori diversi sia civili che prigionieri di guerra italiani (i soldati ita- liani internati). Nella prima fase della guerra, quando l’Italia fascista com- batteva a fianco1 della Germania, giunsero nelle aziende industriali e agri- cole in territorio cecoslovacco soltanto operai civili italiani. Il numero di questi, nella Germania e negli altri paesi occupati, raggiunse un livello notevole. Secondo notizie di fonte tedesca, all’inizio del 1945 ben 227.000 lavoratori civili italiani erano occupati nell’economia nazista h Cittadini italiani, come di altre nazionalità, furono impiegati nell’m- dustria o nell’agricoltura delle zone di frontiera della Cecoslovacchia occu- pata, dove numerosa era la popolazione tedesca; soprattutto nei Sudeti, cioè nella zona di frontiera incorporata nella Germania con il patto di Monaco, e nella regione di Tesin, che con lo stesso patto era stata unita alla provincia dell’« Oberschlesien ». Nel cosiddetto Protettorato di Boe- mia e Moravia, per tutto il periodo della guerra, non vi furono quasi ope- rai stranieri, poiché le autorità naziste temevano che essi collaborassero con la popolazione cecoslovacca. Il numero degli italiani nelle suddette zone cecoslovacche era flut- tuante. Negli anni 1943-44 superò sempre la cifra di tremila operai civili; da una relazione di K. H. Frank dell’aprile 1944 risulta che nei Sudeti lavoravano 3.374 operai civili italiani2. La maggioranza era occupata nella zona della prefettura (Regierungspresident) di Libérée (2.993), mentre in quelle di Opava (Troppau) e Karlovy Vary (Carlsbad) ve n’erano meno (rispettivamente 130 e 251); ciò perchè il più alto numero di lavoratori italiani fu impiegato nella costruzione degli stabilimenti chimici di Litvinov e nelle miniere di lignite della regione di Most. Italiani, inoltre, lavora- rono nelle più diverse imprese industriali e, individualmente o in piccoli gruppi, furono impiegati pure nell’agricoltura, presso contadini o grandi proprietari tedeschi. Gli stabilimenti chimici di Litvinov contavano già un gran numero di civili italiani nel 1942; la cifra mutò in seguito in con- seguenza della notevole fluttuazione: 886 nell’aprile 1942, 912 nel mag- gio, addirittura 2.015 in giugno e così v ia 3. Per altre aziende non si sono conservati elenchi altrettanto precisi. 1 Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher. Nürnberg 1947. Voi. 30, doc. 2520- PS, BW. US 197. Deposizione giurata di Edward L. Deus del i°- i 1-1945. 2 Archivio centrale di Praga, S-110-4-233, F 29/4. Praga, 1-4-1944. 3 Archivio aziendale (in seguito solo PA) di Litvinov. Stato degli operai civili nei campi per l’anno 1942.

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L’ IMPIEGODELLA MANODOPERA ITALIANA IN CECOSLOVACCHIA

DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Molti cittadini italiani nel corso della seconda guerra mondiale lavo­rarono in Germania o nei paesi temporaneamente occupati dai nazisti, tra i quali la Cecoslovacchia. Come dappertutto, anche qui furono impiegati in lavori diversi sia civili che prigionieri di guerra italiani (i soldati ita­liani internati). Nella prima fase della guerra, quando l’Italia fascista com­batteva a fianco1 della Germania, giunsero nelle aziende industriali e agri­cole in territorio cecoslovacco soltanto operai civili italiani. Il numero di questi, nella Germania e negli altri paesi occupati, raggiunse un livello notevole. Secondo notizie di fonte tedesca, all’inizio del 1945 ben 227.000 lavoratori civili italiani erano occupati nell’economia nazista h

Cittadini italiani, come di altre nazionalità, furono impiegati nell’m- dustria o nell’agricoltura delle zone di frontiera della Cecoslovacchia occu­pata, dove numerosa era la popolazione tedesca; soprattutto nei Sudeti, cioè nella zona di frontiera incorporata nella Germania con il patto di Monaco, e nella regione di Tesin, che con lo stesso patto era stata unita alla provincia dell’« Oberschlesien ». Nel cosiddetto Protettorato di Boe­mia e Moravia, per tutto il periodo della guerra, non vi furono quasi ope­rai stranieri, poiché le autorità naziste temevano che essi collaborassero con la popolazione cecoslovacca.

Il numero degli italiani nelle suddette zone cecoslovacche era flut­tuante. Negli anni 1943-44 superò sempre la cifra di tremila operai civili; da una relazione di K. H. Frank dell’aprile 1944 risulta che nei Sudeti lavoravano 3.374 operai civili italiani2. La maggioranza era occupata nella zona della prefettura (Regierungspresident) di Libérée (2.993), mentre in quelle di Opava (Troppau) e Karlovy Vary (Carlsbad) ve n’erano meno (rispettivamente 130 e 251); ciò perchè il più alto numero di lavoratori italiani fu impiegato nella costruzione degli stabilimenti chimici di Litvinov e nelle miniere di lignite della regione di Most. Italiani, inoltre, lavora­rono nelle più diverse imprese industriali e, individualmente o in piccoli gruppi, furono impiegati pure nell’agricoltura, presso contadini o grandi proprietari tedeschi. Gli stabilimenti chimici di Litvinov contavano già un gran numero di civili italiani nel 1942; la cifra mutò in seguito in con­seguenza della notevole fluttuazione: 886 nell’aprile 1942, 912 nel mag­gio, addirittura 2.015 in giugno e così v ia3. Per altre aziende non si sono conservati elenchi altrettanto precisi.

1 Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher. Nürnberg 1947. Voi. 30, doc. 2520- PS, BW. U S 197. Deposizione giurata di Edward L . Deus del i°-i 1-1945.

2 Archivio centrale di Praga, S-110-4-233, F 29/4. Praga, 1-4-1944.3 Archivio aziendale (in seguito solo PA) di Litvinov. Stato degli operai civili nei

campi per l’anno 1942.

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Operai italiani nella Cecoslovacchia occupata si incontrano in più larga misura dall’anno 1940, anno per il quale ci è stato possibile rinvenire materiale attendibile. Finché l’Italia fu alleata della Germania, i nazisti si sforzarono di fare degli operai italiani quasi un gruppo privilegiato neh l’ambito della forza di lavoro straniera nel Reich. Verso di loro si compor' tarono come, per esempio, verso gli ungheresi o gli appartenenti ad altre nazioni i cui governi erano pure alleati della Germania. Ciò è dimostrato, fra l’altro, dalla quantità di generi alimentari che gli italiani ricevevano anche in Cecoslovacchia. La razione settimanale per gli operai italiani addetti all'agricoltura comprendeva allora 4 kg. di pane e 1 kg. di farina, mentre i polacchi ricevevano solo 3 kg. di pane e 0,375 kg* di farina; per gli altri generi alimentari la differenza o non era così notevole o non esisteva del tutto4. Nel 1942, in conseguenza della crisi esistente in Ger- mania, le razioni degli italiani vennero ridotte; le differenze di tratta- mento rispetto ai lavoratori di altre nazionalità scomparvero poi quasi del tutto nel 1943, dopo gli avvenimenti del luglio di quell’anno5. Le razioni alimentari per gli addetti all’industria, dove era occupata la maggior parte degli italiani, erano minori di quelle destinate agli addetti all'agricoltura.

Per molti aspetti, tuttavia, la posizione « privilegiata » degli operai stranieri cittadini di Stati combattenti a fianco della Germania restava spesso solo sulla carta. Da una relazione degli stabilimenti chimici di Litvfncv, dell’ottobre 1940, risulta che 800 italiani, alloggiati nei campi attorno a Most erano malamente vestiti e calzati; era sopravvenuto il freddo e la direzione aziendale non sapeva come risolvere il problema. Fra l’altro gli italiani non avevano ricevuto gli abiti pesanti6.

Tuttavia, non soltanto gli ottocento lavoratori ora ricordati si tro­vavano in situazione critica, riguardo agli abiti ed alle calzature; risulta, infatti, da un’altra relazione che nel secondo trimestre del 1941 vennero assegnati all’azienda di Litvmov 4.000 operai italiani all’incirca nella stessa condizione di scarsità di vestiario e di scarpe. Nello stesso rapporto la di­rezione lamenta amaramente il bassissimo rendimento degli italiani, l’alta morbilità, la fluttuazione, ecc.7. Presto però gli organi nazisti ebbero a preoccuparsi non solo per il basso rendimento degli italiani (che poteva essere conseguenza delle loro condizioni di disagio, ma anche per alcuni casi di rifiuto al lavoro che erano più spesso espressione della comune op­posizione degli operai italiani al fascismo. La Gestapo non era preparata a un simile atteggiamento degli italiani, tanto che sino al 1941 non ci furono punizioni per tali delitti. La Gestapo di Opava, per esempio, aveva dato disposizioni perchè, in caso di insubordinazione, gli italiani non fos­

4 Archivio di Stato (in seguito solo StA) di Kadan, Regierungspresident Karlovy Vary 1456 ILI e 6.

5 StA Litomerice, Landrat di Üstî sull’Elba KO-061/10.6 I bid. Regierungspresident Osti sull’Elba ILI A En 2174. Most, 29-10-1944, dispaccio

alla prefettura.7 PA Litvmov, Archivio del reparto tecnico 6001. Relazione al 31-3-41.

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sero puniti direttamente nelle aziende, ma ogni caso venisse denunciato alla stessa Gestapo 8.

Gli occupati negli impianti industriali erano tutti alloggiati nei campi; solo gli operai agricoli, in casi singoli, trovarono alloggio presso i conta­dini. Le condizioni dei campi non corrisposero mai ai regolamenti in vigore, nè ciò avrebbe potuto avvenire, in particolare, nei grandi campi, come quelli degli stabilimenti chimici di Litvinov, dove furono alloggiati in permanenza circa 30.000 operai stranieri. Le relazioni sui nuovi tra­sporti, tra cui quelli di italiani, riferiscono del notevole caos dominante nei campi di Litvinov. Essi erano sovraffollati e privi di qualsiasi neces­sario impianto igienico9 10 11.

In posizione assolutamente diversa si trovarono gli operai italiani dopo la caduta di Mussolini. Se fino allora erano giunti nel Reich in base a contratti (vale a dire in parte liberamente), dopo quella data fu adottato, con validità immediata, un provvedimento che vietava loro di lasciare il territorio dei Reich. Diventarono così operai addetti al lavoro obbligatorio nel vero senso del termine. La cosa tuttavia non si fermò al divieto di partenza. La Gestapo di Libérée estese subito il provvedimento a tutto il territorio dei Sudeti : i dirigenti dei campi italiani dovevano convocare al più presto gli operai e avvertirli che da allora in poi la Gestapo avrebbe giudicato ogni loro rifiuto di lavorare come atto di sciopero e l’avrebbe punito severamentew. Ogni italiano che non intendesse lavorare per il Reich o avesse istigato in qualche modo gli altri lavoratori a seguirlo, avrebbe dovuto essere arrestato senza indugio e trasferito in un cosidetto campo di rieducazione o di concentramento. La direzione italiana dei campi fu sollecitamente sostituita da una direzione tedesca.

Uno dei cosiddetti campi di rieducazione, il cui regime spesso non si differenziava da quello dei campi di concentramento, fu istituito negli stabilimenti chimici di Litvinov, ove furono rinchiusi anche operai civili italiani. Non è noto il loro numero, ma il testimone ceco Josef Pohnan scrive di alcune centinaia di italiani, contando fra questi, tuttavia, anche i prigionieri. Questo solo fatto testimonia dell’esistenza di parecchi anti­fascisti nelle file degli operai italiani, molti dei quali finirono in campi di punizione per non aver rispettato i provvedimenti adottati dai nazisti, mentre la maggioranza per aver rifiutato di lavorare. A giudicare dall’alto numero di italiani rinchiusi allora nel campo di punizione di Litvinov ri­sulta che i nazisti consideravano il loro rifiuto di lavorare alla stregua dello sciopero. Il citato Josef Pohnan ricorda che gli italiani, nel campo, avevano fame e d’inverno soffrivano per insufficienza di vestiario e cal­zature u.

8 StA Zamrsk, Landrat Moravska Trebova, Poi. 303/2. Gestapo Qpava, 19-12-1941. Circolare m. 59.

8 PA Litvinov. Relazione della direzione per l ’anno 1942.10 StA Libérée, Regierungspresident Osti sull’Elba II-4051. Gestapo Libérée, tele­

scritto del luglio 1943 sul comportamento verso gli italiani.11 PA Litvinov. Note dei testimoni nella rivista aziendale « Vystavba », n. 14 del

19-2-1963.

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La Gestapo e gli organi provinciali nel territorio dei Sudeti decre­tarono in seguito una serie di provvedimenti sul trattamento da riservare agli operai italiani, naturalmente sempre d’accordo con le autorità supe­riori. Tali provvedimenti determinavano in linea di principio un atteg­giamento duro e intransigente verso gli operai italiani, ma d’altra parte era evidente un certo sforzo perchè fosse mantenuto un « trattamento tolleràbile » verso coloro che avevano conservato fedeltà al governo fa­scista restaurato in Italia. Per questo gli organi nazisti fecero il possibile perchè tutti gli operai italiani, nel settembre 1943, sapessero della pro­clamazione del nuovo governo fascista di Mussolini12. Venne disposto un servizio di vigilanza sugli italiani al fine di poter dividere, in seguito, quelli di « sentimenti leali » dagli scontenti e dai nemici del fascismo. La propaganda nazista, dal canto suo, ebbe il compito di mantenere con la demagogia la calma fra gli italiani: i dirigenti dei campi, per esempio, giustificarono la chiusura dei confini con l’Italia con le difficoltà dei tra­sporti ferroviari; dal canto loro gli uffici nazisti proclamarono che « i la­voratori italiani non erano responsabili degli atti della cricca badogliana e perciò non dovevano essere offesi » 13 14.

Se da un lato i dirigenti dei campi facevano propaganda fra gli ita­liani, d’altra parte però non desistettero dalle più severe sanzioni in qual­siasi caso di opposizione. Verso gli operai italiani che opposero resistenza, la mano nazista fu ancora più pesante : ogni italiano disubbidiente sarebbe stato senz’altro trasferito in campo di concentramento (spariva così il grado intermedio del « campo di rieducazione »)u. Il provvedimento, che pre­vedeva il prolungamento incondizionato del contratto di lavoro per tutti i lavoratori italiani fino alla fine della guerra, fu applicato con ogni possi­bile durezza, in particolare negli stabilimenti chimici di Litvinov. Il bi­sogno di mano d’opera costrinse più tardi la Germania a impedire che gli operai italiani che lavoravano nel Reich fossero reclutati nel nuovo eser­cito fascista, anche nei casi in cui fu chiamata alle armi la classe dell’in­teressato 15.

Gli italiani occupati individualmente presso i contadini nei villaggi avevano, è vero, maggiori possibilità di ottenere una più grande quantità di generi alimentari, ma la loro condizione in generale non era molto migliore. Un controllo nei campi degli operai agricoli, per esempio, accertò che nella regione di Libérée non esistevano neppure le condizioni essen­ziali per un efficace impiego nel lavoro16. Gli italiani erano alloggiati, insieme con altri lavoratori stranieri, in capannoni ridotti in pessime con­dizioni, in stalle, in granai e spesso dormivano sul nudo pavimento, sul

12 StA Litomence, Regierungspresident Osti sull’Elba II-4051. Lettera del prefetto del 10-9-1943 a tutti i Landrat dei Sudeti.

13 StA Opava, Landrat Opava, Poi. 301-645. Circolare della Gestapo di Opava del 10-9-1943.

14 StA Zàmrsk, Landrat Mor. Trebova, Poi. 304. Circolare della Gestapo di Opava n. 98 del 27-9-1943.

15 Ibid. Circolare della Gestapo di Opava del 24-3-1944.16 StA Libérée, Reggenza del Reich k. 79. Ufficio distrettuale N SD A P, 12-10-1943.

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fieno o sulla paglia. Non ci si preoccupava del regolare approvvigiona­mento: per intere settimane, per esempio, essi non ricevevano carne e mangiavano sempre e regolarmente minestre, crauti e patate. Gli stessi tedeschi denunciarono questo stato di cose e previdero « conseguenze ca­tastrofiche » nel caso in cui non si fosse provveduto a fronteggiare radi­calmente tali gravi deficienze.

Contemporaneamente allo sfavorevole andamento della guerra per la Germania, crebbe il fabbisogno di mano d’opera da reclutare tra le file degli stranieri. Per questo le grandi aziende fecero ricorso all’arruola­mento organizzato che venne realizzato anche nel territorio italiano occu­pato, a quel tempo, dall’esercito nazista. Vale la pena di esaminare più da vicino il sistema di arruolamento della mano d’opera italiana per conto degli stabilimenti chimici di Litvinov, la maggiore impresa del tipo in Cecoslovacchia. L ’arruolamento venne realizzato in cinque regioni italiane per quasi tutto il 1944; in particolare esso interessò le provincie di Genova, Alessandria, Vercelli, Novara, Pavia, Milano, Varese, Como, Bergamo,Brescia, Cremona, Mantova, Parma, Reggio, Modena, Forlì, Ravenna, Fer­rara, Rovigo, Verona, Padova, Vicenza, Venezia e Treviso.

I rappresentanti degli stabilimenti chimici promettevano anzitutto, agli operai italiani, salari che si avvicinavano a quelli dei tedeschi. Un la­voratore che avesse compiuto il 21° anno avrebbe dovuto ricevere 62 cen­tesimi di marco l’ora e un supplemento del 20 per cento; a Litvinov, i tedeschi guadagnavano 70 centesimi di marco più il 30 per cento17. In certe regioni italiane fu inviato personale degli stabilimenti chimici con abbondante materiale propagandistico, ai fini dell’arruolamento. Partivano, questi, con grandi speranze di successo, pensavano di ottenere mano d’o­pera per l’industria chimica in Cecoslovacchia, ma le relazioni che invia­vano dal centro « Chemie », istituito in Italia, a Litvinov, testimoniano piuttosto il contrario.

Questo personale generalmente richiedeva alle direzioni delle imprese italiane non considerate di importanza primaria per la guerra gli elenchi degli occupati e quindi invitava costoro nelle filiali del centro {la mag­giore si trovava a Parma). La tabella seguente può dare un’idea dei ri-su ltati18 :

Giorno invitati presentati inabili al- arrestati arruolati inviati a

1 7-3-1944 15 6 64

cupazione

44 47 15

Litvinov0

18 -3-19 4 4 174 70 47 36 U 220 -3-19 44 10 7 56 43 6 1 13 82 Ï-3 -Ï944 91 36 27 0 13 422-3-19 44 106 47 33 7 16 202 3 -3 -^ 4 4 16 1 47 39 0 9 224-3-1944 1 1 9 35 29 0 7 0

25 ' 3 ' I 944 115 30 24 0 7 4

17 PA Litvinov. Dispaccio del 28-2-1944.18 I bid. Dispaccio datato Parma, 20-3-1944.

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Il primo elemento che risulta in modo lampante dalla tabella è il fatto che solo il 40 per cento circa di coloro che erano invitati ad arruo­larsi per il lavoro nel Reich aderì: un fatto, questo, che indica da solo l’atteggiamento della popolazione italiana.

Dapprima si pensò di poter reclutare gli italiani sulla base del vo­lontariato. Ma quando, dopo le prime settimane di lavoro, si dovette prendere atto dei risultati assolutamente insoddisfacenti, si passò al reclu­tamento forzato e si procedette sempre, quindi, in collaborazione con gli organismi fascisti, i cui rappresentanti furono chiamati a far parte delle commissioni di reclutamento19. Ma neppure così si ottennero migliori ri­sultati, come risulta dalla semplice constatazione contenuta in una rela­zione nella quale si riferisce che gli italiani non rispettano assolutamente le disposizioni dei propri uffici e non ascoltano neppure i membri del par­tito fascista presenti alle dette commissioni. I risultati del reclutamento nelle prime settimane erano davvero più che esigui : alle commissioni riusciva di inviare settimanalmente agli stabilimenti chimici di Litvmov al massimo un trasporto che solitamente non aveva più di io persone20.

Ben presto un altro ostacolo, più serio, si presentò a quest’opera di reclutamento. La commissione competente non potè neppure iniziare la sua attività in quattro provincie — Piacenza, Parma, Reggio e Modena — a causa del notevole pericolo rappresentato dalla presenza dei partigiani italiani. I nazisti riferivano che era possibile per loro recarsi soltanto in cittadine e villaggi lontani dalle zone montane, ma che dovevano sempre far fronte alla notevole simpatia della popolazione locale verso i par­tigiani 2I.

Neanche le azioni poliziesche cui fecero ricorso gli incaricati degli arruolamenti in Italia conseguirono i risultati sperati. Si rifiutavano non soltanto gli operai italiani, ma anche gli imprenditori, i quali non ave­vano molto interesse al trasferimento dei propri dipendenti nel Reich. Nelle loro relazioni, i delegati nazisti riferivano del rastrellamento delle aziende italiane, condotto per scovare italiani da inviare al lavoro a Litvi­nov. In prima fila, stavolta, si trovarono le imprese tessili. La « pettina­tura delle fabbriche » si realizzò dapprima procedendo all’arresto degli italiani di chiari sentimenti antitedeschi; venne poi fissata una ricompensa per la cattura di ogni italiano che avesse rifiutato di prendere servizio e avesse tentato la fuga. Tutti i colpevoli di tali reati venivano condan­nati a un anno di prigione dai tribunali militari, ma invece di essere incar­cerati venivano spediti immediatamente al lavoro nel Reich22.

Vi furono alcuni medici italiani che spesso sabotavano il lavoro degli incaricati tedeschi giungendo a riconoscere sino la metà dei chiamati come inabili al lavoro nel Reich. In seguito furono sostituiti da medici 13

13 Ibid. Relazione da Parma n. 2 del 20-3-1944.20 Ibid. 27-3-1944.21 Ibid. n. 3 del 27-3-1944.22 Ibid. Relazione del centro « Chemie » da Milano, 28-3-1944.

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tedeschi, che ridussero subito, e sostanzialmente, la percentuale degli ina- bili **.

Ili pericolo di « non realizzare il piano » costrinse gli stabilimenti chi- mici di Litvinov a far sì che gli inviati per i reclutamenti facessero ricorso più spesso a provvedimenti straordinari. Uno di questi fu l’istituzione della polizia del lavoro, composta da unità fasciste locali. Questa polizia aveva il compito di accompagnare con la forza quei cittadini italiani che, riconosciuti abili all’arruolamento, non si presentavano spontaneamente al proprio trasporto. Nell’aprile 1944, nella sola provincia di Parma, risul­tavano già arruolati 100 poliziotti2i. Il totale degli effettivi aumentò pre­sto : i componenti del corpo trascinavano davanti alle commissioni di re*- clutamento anche gli uomini e le donne che rifiutavano di presentarsi; sorvegliavano anche ogni trasporto di italiani, che accompagnavano fino ai confini del Reich. Accadeva, infatti, che molti operai italiani fuggivano dai trasporti, soprattutto quando i convogli si muovevano ancora in terri­torio italiano.

Nel campo di raccolta dei cittadini italiani che dovevano partire per Litvinov venivano inviati fiduciari italiani istruiti per condurre la propa­ganda; dovevano lusingare i lavoratori affermando che, per essi, a Litvinov « si cucina all’italiana », che sul posto avrebbero trovato « un ambiente bello e confortevole » e così v ia23 24 25.

A volte i nazisti fecero ricorso a metodi diversi, sempre al fine di aumentare gli ingaggi. Così, per esempio, non esitarono a inviare a Litvi­nov alcune decine di partigiani catturati, con il consenso dei massimi organi delle SS. Molti coscritti, anche se richiamati, non si presentavano; a volte, appena catturati, venivano caricati su camion, trasferiti in un campo di raccolta e inviati col trasporto successivo a Litvinov 26. Una sorte simile capitò spesso agli stessi carcerati. In un trasporto di 285 italiani della metà del maggio 1944, Per esempio, diretto a Litvinov, si trovavano 64 carcerati di Parma 27.

Gli italiani facevano il possibile per evitare il reclutamento al lavoro nel Reich. Persone sane inviavano al proprio posto storpi e malati che poi dovevano essere rinviati nella Penisola. Gli arruolatori, quindi, furono co­stretti a realizzare un severo controllo dei documenti personali sia nel campo di raccolta che all’atto del trasporto 28. Alle ditte che non avevano interesse a privarsi dei propri dipendenti veniva pagata una ricompensa : 100 marchi per un operaio specializzato, 60 per un operaio qualificato e 40 per una donna 29. Salvo casi sporadici, tuttavia, gli arruolatori dei lavo­

23 I bid. Parma, 3-4-1944.24 Ibid. 18-4-1944.25 I bid. Relazione del centro « Chemie ». Parma, 24-4-1944.26 Ibid. Relazione da Milano, 3-5-1944.27 I bid. Parma, 15-5-1944.28 Ibid., Ordine di servizio 15 . Milano, 13-5-1944.29 Ibid. Milano, 18-5-1944.

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ratori italiani non raggiunsero i risultati sperati. La commissione per la provincia di Reggio Emilia, per esempio, nella settimana dall’ i i al 17 lu­glio convocò 149 italiani: si presentò soltanto uno. 1 trasporti in quel periodo continuavano a essere esigui come all’inizio dell'attività; ogni set­timana la commissione riusciva a guadagnare un solo individuo, quando non si presentava l'occasione di un’azione più brutale30.

Le azioni radicali, poi, rappresentavano per gli arruolatori altrettante amare esperienze. A metà giugno del 1944 la commissione di reclutamento « Chemie » istituì l’arruolamento della -mano d’opera delle classi 1920-26: l’azione fallì completamente, rafforzò invece, e considerevolmente, il mo­vimento partigiano nelle zone di Parma, Reggio, Piacenza e in altre ancora 31.

Più il fronte si avvicinava all’Italia settentrionale, più i partigiani diventavano attivi contro gli arruolatori nazisti. Più volte attaccarono l’automobile che, per le vie di Parma o nei villaggi vicini, faceva propa­ganda per il reclutamento32. L ’attività degli arruolatori per gli stabili- menti chimici di Litvinov ebbe termine nell’autunno 1944. Non si può determinare con precisione il numero degli operai italiani da loro inviati nel Reich, ma si ritiene che non sia stato superiore alle duemila unità. Alla fine del 1944 erano circa 3.000 gli italiani che lavoravano a Litvinov; la stragrande maggioranza vi era stata trasportata a forza, molti erano stati inviati dai villaggi, dall’esercito e così via; i volontari erano pre­ziose rarità.

* * *

Dopo gli avvenimenti del luglio 1943 in Italia, un grande numero di italiani si trovò nel Reich nella condizione di « militare internato ». Internati erano considerati quei soldati dell’esercito italiano che erano stati disarmati dai tedeschi dopo il rovesciamento del regime mussoliniano in Italia, in Grecia, in Jugoslavia e altrove. I nazisti avevano bisogno dei soldati italiani come forza di lavoro, per questo motivo li inserirono ben presto nel processo produttivo.

Dal i° aprile 1944 lavorarono nel territorio dei Sudeti 8.827 internati italiani: 6.836 nella prefettura di Libérée, 315 in quella di Opava e1.676 a Karlovy Vary33 34. Altri internati furono impiegati in Slesia, come dimostrano i materiali del grande campo per prigionieri di guerra di di­verse nazionalità dislocato allora sul territorio della Cecoslovacchia occu­pata, a Tesln, che fu contrassegnato come Stalag Vili B 3*.

30 Ibid. Relazione settimanale da Reggio, 11/17-6-1944.31 Ibid. Parma, 25-6-1944.32 lbid. 7-10-1944.33 Archivio centrale di Praga, S-i 10-4-233, F 29/4. Relazione a K . H . Frank.34 Praga, Archivio storico militare (in seguito solo VH A ), Stalag VILI B, 19.

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4 4 Zdenek Konecny - Frantiseli Maìnus

Le cifre risultanti dalle relazioni quotidiane di questo campo mo- strano il seguente stato degli internati italiani35.

Giorno totale Giorno totale15-10-1943 2.298 3-4-1944 8.53619-10-1943 3-505 4-5-1944 8.88227-10-1943 4.222 1-6-1944 9.3113-11-1943 5.222 5-7-1944 10.0956-11-1943 7.340 1-8-1944 10.224

17-11-1943 9-434 2-9-1944 9.50526-11-1943 10.197 7-9-1944 4.8883- 1 -1944 9.380 12-9-1944 8062- 2 -1944 9.738 31-10-1944 422- 3 -1944 9-355

La brusca caduta si deve al passaggio in massa dei militari internati alla condizione di operai civili. L ’alto numero degli anni 1943-44, tuttavia, non significa che tutti gli italiani furono occupati in Cecoslovacchia. Lo Stalag Tesm, infatti, gestiva i distaccamenti di lavoro dei prigionieri di guerra non solo nella Moravia settentrionale e nella zona di Tesin, ma in misura ancora più vasta nelle zone industriali polacche (provincia del- l’« Oberschlesien »). Il maggior numero di prigionieri di guerra delle di­verse nazionalità fu impiegato nelle miniere di carbone. 4.181 internati italiani, all’inizio del 1944, risultavano divisi in undici distaccamenti di lavoro nei pozzi cecoslovacchi e polacchi3S. AU’incirca nello stesso periodo tutti gli italiani dello Stalag di Tesin furono suddivisi in 38 distacca­menti di lavoro, sia in Polonia che in Cecoslovacchia. Nel campo ne ri­masero poche decine, in maggioranza malati. Per avere un’idea del rap­porto numerico tra cittadini italiani del campo e internati di altre nazio­nalità ricordiamo che in quel periodo 73.049 prigionieri di guerra si trovavano nello Stalag Vili B 37. La cifra, naturalmente, variò nel corso della guerra.

Dettagli sul dislocamento dei distaccamenti sono a nostra disposizione, per esempio, per il 22 giugno 19443S.

315 Ibid. 19 C, k. 4, n. 14-27. Tàglicher Italienerbestand.36 Ibid. 19 B, k. 4, n. X L. Tesin, 15-2-1944.37 Ibid. 19 A , k. 5, n. 10 1. Stalag Tesin, 16-3-1944.

Distacca­mento

Luogo di lavoro Distretto Impiego Totaleoccupati

6 Trinec Tesin ferriere 41312 Bohumin Bohumin laminatoi 20113 Oswiecim Bielsko I. G . Farben 6726 Petrvald Tesin miniere 52036 miniera Hoheneger T esim miniere 67837 miniera Giinther Pszczyna miniere 33840 miniera Bliicher Rybnik miniere 48651 Tesin Tesin boschi 47

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L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 45

L’elenco dei distaccamenti di lavoro italiani indica che gli internati italiani furono impiegati prevalentemente nell’industria pesante, solo in piccola misura nell’agricoltura o nella silvicoltura. Si può pensare che il numero di coloro che lavoravano in territorio cecoslovacco si aggirasse sui 1.900, ma la cifra variava, sia pure moderatamente, poiché il distacca' mento di lavoro non rappresentava una stabile unità organizzativa.

Disponiamo inoltre di precisi dati sui distaccamenti di lavoro degli

N .° Distacca­mento

Luogo di lavoro Distretto Impiego Totaleoccupati

51a Tesin Tesin boschi 8761 Tesin Tesin fy Zeliner 12

63 Tesin Tesin fy Stasiersky 266 Trachy Pszczyna miniere 394

79 Pszczyna Pszczyna miniere 186

78 Pszczyna Pszczyna az. agricola 2970 Andrichow Bielsko acciaierie 51

75 Kuncice T esin agricoltura 1882 Trachy Pszczyna miniere 1286 Boguszyce Rybnik az. meccaniche 15

87 Tesin Tesin agricoltura 15i Katowice Katowice miniere 2152 Katowice Katowice miniere 7763 Katowice Katowice miniere 289

4 Labedy Gliwice laminatoi 2965 Katowice Katowice miniere 2719 Gliwice Gliwice acciaierie 402

14 Katowice Katowice miniere 55821 Bytom By tom miniere 20122 Zabrze Zabrze miniere 453

23 Dabrowa Bedzin miniere 32024 Katowice Katowice miniere 26827 Katowice Katowice miniere 15228 Katowice Katowice miniere 22230 Gliwice Gliwice ferrovie 3931 Zawiercie Zawiercie fy Erbe 19732 Gliwice Gliwice fy Didier 9033 Bytom Bytom fy Castellengo 7534 Katowice Katowice ferrovie 5435 Katowice Katowice edilizia 4038 Katowice Katowice agricoltura 62

39 Bedzin Bedzin miniere 9746 Swietoszowice Katowice miniere 25448 Labedy Gliwice miniere 6849 Dabrowa Bedzin miniere 9152 Bedzin Bedzin miniere 24769 Katowice Katowice miniere 4780 Gliwice Gliwice az. agricola 1585 Bytom Bytom fy Castellengo 174

(Ibid. 19 A , k. 17, n. 124. I distretti sono quelli corrispondenti alla divisione ani' ministrativa dell’epoca).

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46 Zdenek Konecny ■ Frantiseli Mamus

internati italiani al i° luglio 1944 per la prefettura di Libérée, dove si trovavano allora 6.392 persone 3S.

La maggior parte dei soldati internati italiani lavorava negli stabili- menti chimici di Litvinov. Un buon numero venne impiegato nelle più diverse aziende dell’industria pesante e di quella leggera, singoli individui anche nei villaggi, nell’agricoltura o nei boschi.

Località Totale Località TotaleVi'ska 62 Decìn 93Zeleny “ 5 Decìn 19Libérée 39 Decìn 20T anvald 92 Lovosice (d. Litomerice) 36Ceska <Upa 78 Lovosice 50Litomerice D Povrly (d. Osti) 5Zandov (distr. Ceska Lìpa) 38 Cìzkovice (d. Litomerice) 54Valkerice (distr. Decìn) 29 Osek (d. Teplice) 2Podmokly (distr. Decìn) 79 (anov (d. Most) 2Podmokly 74 Hom i Litvinov 351Podmokly 95 Duchcov 5°Libouchec (d. Osti sull’Elba) 28 Duchcov 4 1Markvartice (d. Ceska Li'pa) 29 Duchcov 19Boletice sull’Elba (d. Decìn) 76 Luzice (d. Most) 15Osti sull’Elba 26 Luzice 626Osti sull’Elba 15 iRadovesice (d. Litomerice) 7Üsti sull’Elba 14 Rane (d. Ceska Lìpa) 1Osti sull’Elba 191 Strupcice (d. Chomutov) 44Osti sull’Elba 151 Stary Harcov (d. Libérée) 15Krasny Les (d. Osti) 1 Loucnâ (d. Libérée) 30Svadov (d. Osti) 30 Loucna 19Dolnì Litvinov 500 Velky Senov (d. Decìn) 34Moldava (d. Teplice) 2 Bor presso Ceska Lìpa 1Bìlina (d. Teplice) 7 Rumburk (d. Decìn) 36Kozly (d. C. Lìpa) 4 Tuchomysl (d. Osti s. E.) 1 7Led vice (d. Teplice) 26 Chotyne (d. Libérée) 60Ledvice 230 Brtnìky (d. Decìn) 4Merunice (d. Teplice) 3 Sous (d. Most) 15Polerady (d. Most) 36 Libkovice (d. Most) 25Zeleny 142 Dubì (d. Teplice) 1Prosec. s. Nissa 89 Kostany (d. Teplice) 29Rynovice 86 Vrchoslav (d. Teplice) 7Sumburk s. Desna 15 Simonovice (d. Libérée) 4Doksy (d. Ceska Lìpa) 29 Cìnovec (d. Teplice) 5Mimon (d. Ceska Lìpa) 124 T eplice 50Vedlice (d. Litomerice) 1 Teplice 3Benesov s. Ploucinice Teplice 58

(d. Decìn) 71 Bystrany (d. Teplice) 1Bela (d. Decìn) 72 Sedlec (d. Most) 20Janska (d. Decìn) 138 Sedlec 15Chabarovice (d. Osti sul­ Filipov (d. Libérée) 15

l’Elba) 55 Filipov 26Kresice (d. Litomerice) 25 Filipov 4 1Dolnì Prysk (d. Ceska Lìpa) 77 Hradek (d. Decìn) 43

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L’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 47

L’alto numero di internati italiani dopo la capitolazione dell’8 settem­bre 1945, procurò agli organi nazisti molte preoccupazioni. Da una parte intendevano far sì che il maggior numero possibile venisse impiegato immediatamente neH’industria e nell’agricoltura a causa della cronica in­sufficienza di mano d’opera; d’altra parte, e a ragione, i tedeschi teme­vano le vaste azioni di sabotaggio che gli italiani avrebbero potuto intra­prendere prima che fossero approntati i provvedimenti difensivi40. Eccone alcuni. Gli internati italiani dovevano essere alloggiati nei campi e im­piegati nel lavoro nettamente separati dai prigionieri di guerra sovietici. Dove questo non era possibile si doveva provvedere almeno all’isolamento all’interno dell’azienda. Dappertutto si dovevano assicurate al massimo grado i provvedimenti di sicurezza e di controllo in questo senso. I tede­schi temevano che gli italiani, che già sul fronte sovietico avevano co­minciato a comprendere la sostanza reale degli avvenimenti bellici, in prigionia fossero influenzati dai prigionieri sovietici ai quali avrebbero potuto unirsi per compiete atti di sabotaggio. Era permesso, invece, agli italiani di lavorare con i prigionieri americani e inglesi.

Gli organi tedeschi dapprima sperarono che molti fra gli italiani sarebbero rimasti fedeli al fascismo anche dopo il 25 luglio. Provvidero, quindi, a far ricercare questi soldati italiani e disposero perchè fosse loro riservato un trattamento più moderato 11. Si raccomandò di conquistarli anche con piccoli premi, di permettere loro agevolazioni nei collegamenti epistolari con le famiglie, far cucinare per loro cibi italiani, ecc. Ogni sforzo, tuttavia, risultò vano.

In complesso si può dire che la condizione degli internati italiani era simile per molti versi a quella dei prigionieri di guerra dell’Europa occi­dentale. Forse con questa differenza : che non ricevevano tramite la Croce rossa ricchi pacchi come gli inglesi, per esempio; e ancora: i tedeschi, in seguito agli sviluppi della situazione italiana si sfogavano con rabbia su di loro. D’accordo con il governo tedesco, i fascisti italiani, tornati al potere, istituirono un particolare servizio denominato « Servizio assistenza internati », che collaborava con la Croce rossa italiana; aveva la centrale

Berlino e una filiale a Verona 42., Suo compito era quello di stabilire e

Località Totale Località Totale

Chrastava (d. Libérée) 134 Probostov (d. Teplice) 63Hlemyzdì (d. Ceska Lrpa) 49 Zalany (d. Teplice) 2Vam sdorf (d. Deem) 182 Retenice (d. Teplice) 96Vamsdorf 47 Suché (d. Teplice) 1V arnsdorf 31 Trnovany (d. Teplice) 48Vamsdorf 12 Fojtovice (d. Deem) 2Vamsdorf 94 Bzany (d. Teplice) 3Velvety (d. Teplice) 274

Totale complessivo 6.392.(St)A Litomerice, Regierungspresident Osti sull’Elba H'4051).

V H A , Stalag V ili B, 19 A , k. 16, n. 194. Dispaccio OKW , Berlino 5-10 1943.41 StA Litomerice, Regierungspresident Osti s. E . II-4051. Circolare della Gestapo

del 4-11-1943.42 V H A 19 A , k. 7, n. 124. Relazione OKW deiri-3-1944.

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mantenere i collegamenti tra i soldati italiani internati e le loro famiglie in patria, organizzare rinvio di pacchi e risolvere i cosiddetti « compiti morali ed economici del collegamento con gli italiani internati ». Ma tale istituzione non rappresentò un grande aiuto per la vita degli internati.

Un problema di fondamentale importanza nella vita degli internati era costituito dalla alimentazione. Le razioni alimentari per i prigionieri dell’Europa occidentale, che si riferivano anche ai soldati internati, sono già note dalla letteratura sull’argomento. La pratica applicazione delle prescrizioni, però, non era eguale dappertutto. Nello Stalag di Tesìn, gli internati italiani ricevevano un’alimentazione secondo il rendimento, ana­logamente ai prigionieri sovietici43 44 45. Erano divisi in tre gruppi : buoni lavoratori; medi, ma fisicamente deboli; e, infine, nel terzo gruppo, erano catalogati coloro che non intendevano lavorare e venivano definiti fan­nulloni. Pasti caldi si cucinavano per tutti, ma gli appartenenti al primo gruppo ricevevano due litri e mezzo di minestra a persona, quelli del secondo due litri e gli appartenenti al terzo solo mezzo litro. Per via delle continue lamentele sull’insoddisfacente rendimento lavorativo degli ita­liani si ritiene, a giusta ragione, che la maggioranza di essi fosse inserita nel secondo o nel terzo gruppo.

I fiduciari italiani nei distaccamenti di lavoro e nei campi, per tramite dei quali gli internati erano collegati con gli organismi superiori nazisti, ricevevano anche troppo spesso lagnanze circa l’insufficienza del cibo. Dalle lamentele apprendiamo che per gli italiani non erano state fissate razioni precise, sicché la loro alimentazione dipendeva in notevole misura dal­l’arbitrio dei dirigenti delle imprese nelle quali lavoravano4i. Nella let­tera, tuttora conservata, del sottufficiale Groti Guofci, per esempio, è scritto che nelle ferriere di Trinec si pretende un impegno di lavoro molto duro, ma non ci si preoccupa minimamente dell’alimentazione43. E si potrebbero riferire parecchi casi analoghi.

II maggior numero di lamentele, tuttavia, riguarda le punizioni fisiche inflitte agli italiani con grande frequenza dalle guardie o da altro perso­nale dei campi e, sui luoghi di lavoro, dai capimastri tedeschi o dai cosiddetti lavoratori eminenti. Un controllo del medico su un prigioniero italiano nel distaccamento di lavoro di Trinec dimostrò che nelle locali ferriere gli italiani venivano battuti spesso con pugni, con la baionetta, con calci, ecc. E questo perchè, a causa deH’esaurimento, erano incapaci di dare il richiesto rendimento. Il medico italiano richiamò in particolare l’attenzione sugli internati Giovanni Feracini, Primo Zucato, Govanni Del- l’Armi e Agostino Redolfi che erano stati picchiati a più riprese: «Tutti sono inabili al lavoro, son diventati degli scheletri in conseguenza della cattiva alimentazione » 46.

43 Ibid. 19 A , k. 23, n. 268. Tesìn, 25-3-1944.44 Ibid., 19 A , k. 7, n. 124. Relazioni dei fiduciari dell’ 11-7 , 14-3 e 15-3-1944.45 lbid. La lettera è datata 16-2-1944.46 lbid. Tesìn, 1-3-1944.

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L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 49

L’internato italiano Luigi Viteritti, che lavorava in una miniera di Tesin, fu tanto duramente colpito con i calci dei fucili da soldati tede­schi che morì dopo alcuni giorni di ricovero47. La relazione del fiduciario principale italiano dello Stalag Tesin, del giugno 1944, era oltremodo esplicita: «Il cibo del distaccamento italiano alle ferriere di Trinec è quantitativamente e qualitativamente del tutto insufficiente perchè gli italiani possano effettuare il lavoro loro richiesto. Le uniformi di tutti sono in pessimo stato, alcuni non hanno scarpe. Vengono spesso picchiati con i calci dei fucili, con randelli, con le baionette... ». A causa delle per­cosse inumane, nel lazzaretto del campo di Tesin ci fu sempre un buon numero di italiani48.

La condizione complessiva degli italiani non era migliore neppure nelle altre regioni cecoslovacche, come risulta da un dispaccio del governatore del Reich nei Sudeti, il quale con il consenso del ministro tedesco per l’alimentazione dovette disporre affinchè agli italiani internati fossero assegnate temporaneamente razioni speciali di generi alimentari49. Dal 26 giugno 1944, gli internati italiani nel territorio dei Sudeti avrebbero dovuto ricevere una particolare razione di 50 gr. di farina, 5 gr. di pol­veri per minestra e un decimo di litro di latte scremato a persona e al giorno; è interessante rilevare che si trattava delle stesse razioni assegnate anche ai prigionieri sovietici.

Diverse notizie sulla situazione degli internati italiani si possono desumere anche dagli interrogatori degli evasi ripresi dai nazisti. Vediamo un esempio relativo al distaccamento di Trinec: nel marzo 1944 fu in­terrogato il fuggitivo Antonio Gicnizi, il quale asserì di essere scappato da Trinec dopo essere stato sottoposto a un crudele trattamento e battuto con la baionetta fino a restare privo di sensi50 51. Olindo Pasoni, Cesare Posuolo Carbone e Rocco di Valdro affermarono concordemente di essere scappati dalle ferriere di Trinec per via della cattiva alimentazione e delle percosse. Testimoniarono che per il nifi duro lavoro di sterro ricevevano due volte al giorno una minestra di acqua e rape e circa un terzo di chilo di pane nero a. Pure Salvatore Parmesi, anch’egli fuggito da Trinec, riferì sulla cattiva alimentazione. Per 11 ore di duro lavoro, ricevevano un litro di minestra a mezzogiorno e 400 gr. di pane nero la sera. Poiché man­giavano questo appena lo ricevevano, ogni giorno dovevano soffrire la fame per tutto il pomeriggio 52. A Trinec esisteva perfino un particolare reparto punitivo per gli internati italiani, cui venivano assegnati per esem­pio i fuggitivi ripresi e, naturalmente, la situazione era peggiore che presso il distaccamento normale.

Fughe di italiani si verificarono anche in altri distaccamenti di lavoro

47 Ibid. Secondo il dispaccio del fiduciario italiano allo Stalag Tesin dell’aprile 1944.48 Ibid. La relazione è datata 4-6-1944.49 StA Litomerice, Landrat Osti s. E ., KO-061-10. Libérée 24-6-1944.50 V H A 19 A , k. 7, n. 124. Tesin, 1-3-1944.51 Ibid. Tesin, 7-3-1944.92 Ibid. Tesin, 8-6-1944.

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in Cecoslovacchia53. Il registro degli evasi dello Stalag Tesin elenca 14 1 casi per l’anno 1944. In maggioranza si trattava di singoli o di piccoli gruppi; non è noto il numero di coloro che furono r i p r e s i E ’ indubbio che tali fughe vanno considerate come una manifestazione estrema del­l’avversione degli italiani a lavorare per il Reich, una manifestazione di sentimenti antifascisti, anche se non pienamente consapevole.

Occupiamoci, infine, delle relazioni sullo stato d’animo degli italiani dovute alla penna dei dirigenti tedeschi dei campi e dei distaccamenti. Tutte asseriscono che il morale degli italiani è in uno stato angoscioso se non disperato53. Gli italiani aspiravano tanto ad andarsene che alcuni non esitarono' ad arruolarsi nel nuovo esercito mussoliniano; ma senza successo: i tedeschi avevano più bisogno di loro come mano d’opera. Si lamentavano di dover essere rinchiusi nei campi cinti col filo spinato come prigionieri di guerra e non come soldati internati. Presentavano giu­stificati ricorsi contro l’insufficiente alimentazione e la maggior parte delle lettere a casa conteneva richieste di pacchi e di cibo. I collegamenti con l’Italia, però, erano oltremodo cattivi. La massa degli italiani, secondo gli esponenti tedeschi, si dimostrava scettica nei confronti del nuovo go­verno di Mussolini; nella Germania avevano perso ogni fiducia. Sono inte­ressanti le parti delle relazioni in cui si riferisce come gli italiani stabi­lissero rapporti di amicizia, nei distaccamenti di lavoro, con la popolazione del luogo, nella misura in cui potevano intrattenere con essa contatti durante il lavoro. E ciò vale sia per i cechi che per i polacchi, con i quali lavoravano nelle miniere o nelle fabbriche. Anche i fuggitivi ripresi spesso raccontavano di essere stati aiutati con cibo, durante la latitanza, da cechi o da polacchi.

Nell’agosto del 1944 1 55 soldati internati italiani, per decisione delle massime autorità governative naziste, furono rilasciati e messi a disposi­zione degli uffici del lavoro56. Tutti i rilasciati dovettero firmare una dichiarazione con la quale si impegnavano a restare ai posti di lavoro nei quali già si trovavano fino al termine della guerra e alle condizioni previste per gli operai civili italiani. Dall’internamento non dovevano essere rilasciati gli ufficiali, i soldati manifestamente ostili politicamente, le persone inabili in permanenza all lavoro e i prigionieri di guerra (i co­siddetti Badoglio-Leute). Al rilasciato veniva consegnata una dichiara­zione ed entrava in possesso di un passaporto straniero; infine doveva essere indotto a credere di dovere la propria libertà « soltanto ai desideri del Duce e alla generosità del Fuehrer ».

In pratica i rilasci avvennero speditamente e, si potrebbe dire, in massa, e ciò soprattutto perchè si trattava soltanto di una questione for­male : gli italiani, infatti, restarono, nella maggioranza, a lavorare negli

53 StA Litomerice, Landrat Bi'lina, W L-217-1. Oppure: StA Opava, Landrat Krnov, BII-983 e altrove.

54 V H A 19 C, k. 4, n. 14-27.55 Ibid. 19 B, k. 1 , n. VII. Stimmungsbericht per il periodo da aprile a luglio 1944.56 Ibid. 19 A , k. i l , n. 16 1. Dispaccio OKW del 12-8-1944.

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L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 5 1

stessi posti dove si trovavano già come internati e, in generale, alle stesse condizioni. L ’andamento dei rilasci può essere espresso numericamente con l’esempio dello Stalag Tesin. Qui si contavano 7.458 internati italiani al 6 settembre 1944, divisi in 42 distaccamenti e al 26 settembre restava un solo distaccamento con 46 prigionieri57 58. Nel campo, in seguito, giunsero da altre località della Germania altri italiani rilasciati; all’inizio dell’otto' bre 1944 risultavano presenti 11.500 italiani divisi in 68 distaccamenti di lavoro. I malati erano ricoverati in sei lazzaretti. Doveva trattarsi, in maggioranza, di persone indebolite fisicamente, visto che per loro il fidu­ciario italiano chiese urgentemente almeno un piccolo miglioramento nel­l’alimentazione. Secondo la sua opinione, i malati avrebbero avuto bisogno, sia pure temporaneamente, di una razione di 20 gr. di pasta, 5 gr. di grassi, 20 gr. di verdure, 20 gr. di latte condensato e 50 gr. di marmellate, a persona e al giorno5S.

Come operai civili, gli italiani ricevettero maggiori aiuti dalla Croce rossa. Per il tramite dello Stalag Tesin ottennero, per esempio, nell’otto­bre 1944, l’invio di 2.400 tute da lavoro, 9.000 paia di calzini, 300 pul­lover, 1.800 guanti, 2.549 fazzoletti, 12.795 kg. di fette biscottate, 14.345 scatole di latte condensato e altri generi59. Lamentarono tuttavia che l’invio non fosse stato diviso equamente e che non tutto fosse stato distribuito agli italiani.

Nelle relazioni sulla situazione stese dagli organi tedeschi gli italiani vennero allora divisi in due gruppi : coloro che contemporaneamente al rilasciò erano stati trasferiti a lavori leggeri (agricoltura oppure officine artigiane), e che manifestarono una relativa soddisfazione (ma si trattava di una minoranza, naturalmente) e quelli che erano rimasti nei vecchi posti di lavoro — la maggioranza — e che naturalmente non avvertivano alcun cambiamento col passaggio alla condizione di operai civili. Dalla constatazione che la maggioranza affermava, si dice, che sarebbe rimasta volentieri nell’internamento, si può dedurre che le sue condizioni, a volte, peggiorarono addirittura. Le relazioni tedesche, inoltre riferiscono che gli italiani si avvicinarono ancor più alla popolazione locale, cioè ai cechi e ai polacchi. Questi ultimi si comportavano molto amichevolmente verso di essi, nonostante l’ostacolo della lingua 60.

Ma le relazioni tedesche non sono la sola prova dell'amicizia fra ita­liani e popolazione locale. Molti esempi di solidarietà sono riferiti dai testimoni degli anni di guerra negli stabilimenti chimici di Litvinov. I cechi aiutarono gli italiani recando loro- cibo, vestiario, calzature, notizie dal fronte e così via61. Ancora oggi si ricordano le sofferenze degli ita­liani rinchiusi nel famigerato campo 29, dove si trovava una colonna di punizione: « Gli italiani stavano molto male, in inverno non avevano

57 lbid. 19 B, k. 2, <n. XXVII.58 I bid. 19 A , k. 7, n. 124. Tesrn, 2-10-1944.59 lbid. Tesin, 18-10-1944.60 lbid. 19 B, k. 1, n. V II. Stimmungsbericht per l’ottobre 1944.61 PA Litvmov, Archivio del reparto tecnico 6001. Rivista « Vystavba », n. io del

5-2-1963 e altri.

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vestiario adeguato, avevano fame. I tedeschi volevano costringerli ad an­dare al fronte, ma rifiutarono all’unanimità; solo alcune centinaia resta­rono in vita. I cechi li aiutarono come poterono ».

I ricordi parlano dell’alta mortalità degli italiani, sia per insuffi­cienza di alimentazione, sia a causa del crudele trattamento. Soprattutto, molti non resistettero alle fatiche dell’ultimo trasferimento, nel 1945» quando i tedeschi li trasportarono a ovest in seguito all’avanzata dell’e­sercito sovietico. Nella cronaca della città di Frenstàt, nella Moravia set­tentrionale, è compresa una relazione su tremila miseri italiani che i tede­schi trascinarono per la città il 3 maggio. I nazisti, aggiunge il cronista, « li sacrificarono » 62. Dopo il passaggio di alcuni trasporti, sulle strade, furono rinvenute le salme di italiani uccisi. Un comando distrettuale di pubblica sicurezza, per esempio, riferisce del rinvenimento della salma di un prigioniero di guerra italiano, Alfredo de Santis, avvenuto l’ n mag­gio 1945 nel territorio del comune di Loucek63 *. Il Comitato nazionale di Holysov, nel distretto di Domazlice, in una sua relazione riferisce di tre italiani uccisi, negli ultimi giorni della guerra, con un colpo alla nuca, dal nazista Lichtenauen, condannato a morte dopo la fine del conflitto. Altri italiani furono poi giustiziati in circostanze ignoteH. E si potrebbe continuare nell’elencazione di simili tragici casi. I nazisti liquidarono spesso le persone debilitate, che non potevano essere trasferite, o rego­larono i conti con gli antifascisti.

E’ necessario far menzione anche dell’aiuto prestato dalla popola­zione locale ai cittadini italiani nei casi in cui questi fuggirono. Il registro degli evasi dello Stalag Tesm contiene una serie di esempi per i quali l’aiuto venne chiaramente accertato. Prendiamo l’esempio del 26 otto­bre 1944, giorno in cui l’operaio ceco Havel aiutò un gruppo di quattro italiani a fuggire dal laminatoio di Bohumm65. Quanti siano stati i casi analoghi che i nazisti non riuscirono ad accertare è difficile dire oggi. Spesso gli stessi fuggiaschi italiani, una volta ripresi, raccontarono di essere stati aiutati per la strada da cechi o da polacchi che gli avevano dato da mangiare, indicato la via, ecc. Alcuni italiani, dopo la fuga, si diressero alla volta del cosiddetto Protettorato di Boemia e Moravia. Si può supporre che sapevano, come i prigionieri sovietici, dell’aiuto che la popolazione ceca prestava a coloro che scappavano dai campi nazisti.

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Con questa esposizione si è tentato di tracciare, sulla base di fonti d’archivio finora inedite, la condizioni degli italiani impiegati in terri­torio cecoslovacco nel corso della seconda guerra mondiale. Si può preve­dere che nel futuro questo materiale sarà elaborato in modo più appro­

62 Cronaca della città di Frenstàt, 3-5-1945.63 StA Bmo, Comitato nazionale distrettuale nn. 361 e 405.61 Archivio cittadino di Holysov, relazione del 25-10-1496.65 V H A 19 G, k. 13 , n. 84. Fluchtenbuch.

Page 18: L’ IMPIEGO DELLA MANODOPERA ITALIANA IN ......Nella prima fase della guerra, quando l’Italia fascista com batteva a fianco1 della Germania, giunsero nelle aziende industriali e

L ’impiego della manodopera italiana in Cecoslovacchia 53

fondito, ma non sembra che possa essere seriamente modificato il quadro che degli italiani viene dato dalle fonti oggi disponibili. In complesso si può dire che gli italiani (civili, internati e rilasciati dall’internamento) non godettero nel Reich di una particolare posizione privilegiata. Dopo la capi­tolazione dell’8 settembre la loro situazione peggiorò notevolmente. Non sempre il loro livello di -vita fu rigidamente stabilito dalle disposizioni emanate dai nazisti, come avveniva generalmente per i prigionieri di altra nazionalità, sicché imprenditori e dirigenti dei campi poterono trat­tare spesso con loro ad arbitrio. Gli italiani non furono per il Reich mano d’opera desiderabile. Anche se il loro comportamento non dipendeva da un convincimento antifascista — cosa che però si può dire per molti di loro —- in sostanza danneggiarono sempre l’economia nazista. E’ neces­sario constatare anche che gli italiani, come singoli e come insieme, si conquistarono le simpatie del popolo cecoslovacco e con esso allacciarono rapporti di amicizia che si manifestarono in reciproco aiuto materiale e morale.

ZD EN EK K O N EC N Y

f r a n t Is e k m a Ìn u s .