L'OCCHIO ATTENTO n5 sett.2011

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de l’ O cchio attento Periodico dell’Associazione Opere Caritative Francescane Registrazione Tribunale di Ancona n. 1137/10 RCC del 5 Maggio 2010 Anno 2, Numero 5 (Settembre 2011) N el giro di 24 ore sono sottoposte a visita medi- ca tutte le persone che fanno ingresso in carcere. In quell’occasione il medico prescrive gli esami di routine ( analisi del sangue urine , ecc ) e quelli specifici per eventuali malattie. Ai detenuti che si dichiarano tossi- codipendenti sono prescritti esami specifici, fra i quali il test dell’HIV, solamente se accettano di sottoporsi. Tutti i tossi- codipendenti accertati e coloro che si dichiarano tali sono segnalati al SERT competente territorialmente che, nel primo caso prende in carico il tossicodipendente, ne definisce la terapia e / o il trattamento metadonico; nel secondo caso avvia le procedure per verificarne l’effettivo stato di tossi- codipendenza. Nel 2009 i detenuti tossicodipendenti nelle Marche entrati in carcere sono stati 401di cui 23 (in percen- tuale il 5,74%) erano o sono risultato sieropositivi al virus dell’HIV. A seguito del passaggio della sanità penitenziaria al sistema nazionale il dato non è stato più rilevato statisti- camente dal sistema penitenziario ed è in possesso solo del sistema sanitario locale. I detenuti sieropositivi sono distribuiti fra la popolazione de- tenuta, in quanto vige il divieto di separazione. Non esistono istituti per sieropositivi, nè sezioni particolari, in quanto è sufficiente il rispetto delle minime norme igieniche per evita- re il contagio. Solitamente, trattandosi della maggior parte di tossicodipendenti, sono assegnati nelle sezioni circondariali I detenuti affetti da hiv hanno a disposizione gli stessi mate- riali degli altri detenuti: lamette e forbicine sono comunque personali e possono essere acquistati all’interno dell’istituto. Ai detenuti solitamente si raccomanda di evitare l’uso pro- miscuo di spazzolini, lamette ecc, per evitare ogni tipo di contagio (principalmente l’epatite tipo C, l’HIV ecc.) Quando il sistema immunitario non risponde alle cure e la malattia si presenta allo stato terminale, subentra l’incompa- tibilità con il carcere e la scarcerazione ai sensi dell’art. 146 e succ. del codice penale per assoluta incompatibilità con il carcere. A causa di un deterioramento del sistema immunitario le cel- lule CD4 scendono al di sotto dei 200, in tal caso il detenuto può chiedere la sospensione condizionale della pena alla Magistratura di Sorveglianza che la concede tenendo conto della pericolosità sociale del detenuto. Al di sopra di quella soglia il paziente viene curato dal presidio sanitario interno o da quello esterno al carcere. Anche se girano voci che alcuni detenuti non prendono le cure per arrivare al disotto dei 200 CD4 per essere scarcera- ti, nessun medico nè operatore mi ha segnalato tale eventua- lità, ma non porrei limiti alla stupidità umana. La malattia andrebbe seguita dai SERT come malattia corre- lata allo stato di tossicodipendenza. In realtà spesso gli infet- tivologi si trovano a decidere le terapie retrovirali.Le stesse possono anche essere rimodulate a seconda della risposta clinica del paziente, delle scuole di pensiero degli infetti- vologi e dello stato di salute generale, come un po i farmaci nelle terapie antitumorali. ••• di Franco Grasso Dietro le sbarre con l’HIV Più ci si avvicina al mondo del carcere, più si scoprono aspetti che a molti risultano sconosciuti, la dott.ssa Daniela Grilli direttore Ufficio detenuti PRAP, ci racconta l’hiv nelle carceri marchigiane.

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de Più ci si avvicina al mondo del carcere, più si scoprono aspetti che a molti risultano sconosciuti, la dott.ssa Daniela Grilli direttore Ufficio detenuti PRAP, ci racconta l’hiv nelle carceri marchigiane. Periodico dell’Associazione Opere Caritative Francescane Registrazione Tribunale di Ancona n. 1137/10 RCC del 5 Maggio 2010 Anno 2, Numero 5 (Settembre 2011)

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del’Occhio

attentoPeriodico dell’Associazione Opere Caritative Francescane

Registrazione Tribunale di Ancona n. 1137/10 RCCdel 5 Maggio 2010

Anno 2, Numero 5(Settembre 2011)

Nel giro di 24 ore sono sottoposte a visita medi-ca tutte le persone che fanno ingresso in carcere. In quell’occasione il medico prescrive gli esami di

routine ( analisi del sangue urine , ecc ) e quelli specifici per eventuali malattie. Ai detenuti che si dichiarano tossi-codipendenti sono prescritti esami specifici, fra i quali il test dell’HIV, solamente se accettano di sottoporsi. Tutti i tossi-codipendenti accertati e coloro che si dichiarano tali sono segnalati al SERT competente territorialmente che, nel primo caso prende in carico il tossicodipendente, ne definisce la terapia e / o il trattamento metadonico; nel secondo caso avvia le procedure per verificarne l’effettivo stato di tossi-codipendenza. Nel 2009 i detenuti tossicodipendenti nelle Marche entrati in carcere sono stati 401di cui 23 (in percen-tuale il 5,74%) erano o sono risultato sieropositivi al virus dell’HIV. A seguito del passaggio della sanità penitenziaria al sistema nazionale il dato non è stato più rilevato statisti-camente dal sistema penitenziario ed è in possesso solo del sistema sanitario locale.I detenuti sieropositivi sono distribuiti fra la popolazione de-tenuta, in quanto vige il divieto di separazione. Non esistono istituti per sieropositivi, nè sezioni particolari, in quanto è sufficiente il rispetto delle minime norme igieniche per evita-re il contagio. Solitamente, trattandosi della maggior parte di tossicodipendenti, sono assegnati nelle sezioni circondarialiI detenuti affetti da hiv hanno a disposizione gli stessi mate-riali degli altri detenuti: lamette e forbicine sono comunque personali e possono essere acquistati all’interno dell’istituto.

Ai detenuti solitamente si raccomanda di evitare l’uso pro-miscuo di spazzolini, lamette ecc, per evitare ogni tipo di contagio (principalmente l’epatite tipo C, l’HIV ecc.)Quando il sistema immunitario non risponde alle cure e la malattia si presenta allo stato terminale, subentra l’incompa-tibilità con il carcere e la scarcerazione ai sensi dell’art. 146 e succ. del codice penale per assoluta incompatibilità con il carcere.A causa di un deterioramento del sistema immunitario le cel-lule CD4 scendono al di sotto dei 200, in tal caso il detenuto può chiedere la sospensione condizionale della pena alla Magistratura di Sorveglianza che la concede tenendo conto della pericolosità sociale del detenuto. Al di sopra di quella soglia il paziente viene curato dal presidio sanitario interno o da quello esterno al carcere.Anche se girano voci che alcuni detenuti non prendono le cure per arrivare al disotto dei 200 CD4 per essere scarcera-ti, nessun medico nè operatore mi ha segnalato tale eventua-lità, ma non porrei limiti alla stupidità umana.La malattia andrebbe seguita dai SERT come malattia corre-lata allo stato di tossicodipendenza. In realtà spesso gli infet-tivologi si trovano a decidere le terapie retrovirali.Le stesse possono anche essere rimodulate a seconda della risposta clinica del paziente, delle scuole di pensiero degli infetti-vologi e dello stato di salute generale, come un po i farmaci nelle terapie antitumorali.

•••di Franco Grasso

Dietro le sbarre con l’HIVPiù ci si avvicina al mondo del carcere, più si scoprono aspetti che a molti risultano sconosciuti, la dott.ssa Daniela Grilli direttore Ufficio detenuti PRAP, ci racconta l’hiv nelle carceri marchigiane.

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Sport VS AIDS

È l’8 novembre 1991. Ear-win Johnson, più sempli-cemente “Magic”, annun-

cia a tutto il mondo di avere contratto il virus dell’Hiv. “I primi cinque anni sono stati i più difficili – disse -. Non c’e-rano ancora stati grossi avanza-menti nella ricerca scientifica e io stavo ancora facendo i conti con la mia carriera”. Inizia così una nuova vita per il gigante che ha vinto ogni cosa con la maglia dei Los Angeles Lakers e della nazionale degli Stati Uniti. A 61 anni è l’esempio vivente, da toccare con mano senza paura, che si può vive-re e convivere con la malattia. Imparando anche a sopportare l’ignoranza e il pregiudizio de-gli altri. Qualche mese dopo il suo annuncio, torna in campo a grande richiesta per l’All Star Game NBA. Viene seleziona-to per il leggendario “Dream Team” originale, vincendo l’oro olimpico a Barcellona ’92. Nel settembre dello stesso anno firma un nuovo contratto con i Lakers: non giocò però mai, anche perché alcuni gio-catori, spaventati dalla possibi-lità di ferite e infezioni, mani-festarono preoccupazione nel dover giocare con un giocatore sieropositivo. Nel gennaio del 1996 tornò davvero in cam-po, ovviamente con i Lakers, a quasi 37 anni. Il definitivo ritiro arrivò dopo l’eliminazione al primo turno dei playoff. I me-dici lo sottoposero a una prima cura sperimentale a base di far-maci antiretrovirali. Magic pre-se sul serio la sfida che gli ave-va proposto la vita. Una fonda-zione per la ricerca porta il suo nome. Poi una campagna con il colosso farmaceutico Abbott. Sessanta milioni di dollari mi-rati a dimezzare in cinque anni il numero dei sieropositivi. Ecco perché, celebrato per la sua fantastica carriera, Magic Johnson può essere considera-to, tra gli sportivi, il miglior te-

stimonial per la lotta contro la diffusione dell’Aids e del virus Hiv. Ma non il solo. Ad esem-pio nelle Marche le campio-nesse jesine di fioretto Giovan-na Trillini e Valentina Vezzali furono scelte dalla Regione per una campagna di prevenzione e sensibilizzazione sul virus Hiv: “L’Aids, la difesa è il mi-glior attacco”, fu lo slogan. Ma lo sport si è reso spesso anche incapace di accettare la malat-tia, ripudiandone i protagonisti che ne sono colpiti. È il caso di Giuliano Giuliani, portiere del Napoli dello scudetto nel-la stagione ‘89-90 e vincitore della coppa Uefa. Fu co-stretto ad andarsene dalla città del Vesu-vio, investito dalle dicerie dei suoi compagni. Nel 1992, un quo-tidiano titolò: “Giuliani ha l’Aids”.Il portiere non repli-cò. Però, il male lo con-sumava.Il 14 novembre del 1996 morì a soli 38 anni. Le comunicazioni uf-ficiali parlarono di complicazioni polmona-ri. Nemmeno un cenno alla malattia che aveva generato queste complicazioni. Fu la sua ex moglie, Raffaella Del Rosa-

rio, a parlarne: “a distanza di tanto tempo si può fare outing per la prima volta. Giuliano è morto di Aids”. Ma la cosa che le fece male fu la reazione di diffidenza, paura e distacco del mondo del calcio al momento della scomparsa del portiere: “tutt’ora nessuno ricorda più Giuliano solo perché l’Aids è una malattia scomoda, dà fasti-dio in un ambiente come quel-lo del pallone”.

•••di Andrea Fiano

DIRETTORE EDITORIALE: Padre Alvaro Rosatelli

DIRETTORE RESPONSABILE: Franco Salvatore Grasso

CAPOREDATTORE: Carmelo Mango

REDAZIONE: Franco AcciarriM.D.G.Chiara BuellisPaolaBianca

CONTRIBUTO:Andrea Fiano

GRAFICA: errebi grafiche ripesi

RESPONSABILE CASA ALLOGGIO:Luca Saracini

Per sostenerci:IBAN IT 88 N 05308 02601 000000000541Banca Popolare di Ancona Filiale Ancona 5Conto corrente postale: n. 26130054 intestato a Opere Caritative Francescane Casa Famiglia Il Focolare

Sede Legale:Ass. Opere CaritativeFrancescaneVia San Francesco, 5260035 Jesi (AN)

Sedi Operative:Casa Alloggio “Il Focolare”Via Boranico, 20460129 Varano (AN)Tel. 071 2914407Fax 071 [email protected]

Centro Noè Via Peruzzi 2 - 60128 AnconaTel. e Fax 071 895285E-mail: [email protected]

CF. 93034510425

INDIRIZZI UTILI

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In occasione del tuo Matrimonio, Battesimo, Comunio-ne, Cresima, Laurea, Nozze d’Argento o d’Oro, lascia ai tuoi ospiti un segno tangibile a testimonianza della tua sensibilità: una Bomboniera Solidale. Le bomboniere sono realizzate dai ragazzi della Casa Alloggio “Il Focolare”, casa residenziale per persone affette da HIV/AIDS. La Casa, gestita dall’Associazione Opere Caritative Francescane di Ancona, promuove questa attività per sostenere nel lavoro i ragazzi della Casa. Ai fini fiscali vi informiamo che le of-ferte versate a nostro favore per l’acquisto delle bomboniere saranno documentate con una ricevuta e potranno essere de-tratte dalla dichiarazione dei redditi.

Bomboniere

Casa Alloggio “Il Focolare” Via Boranico, 204 60131 Varano AN - Tel. 071 2914407 33

Tre mesi ormai si è fat-to un passo importante nella vita spirituale del

Focolare: la presenza di un’a-dorazione eucaristica mensile. Una delle prime testimonian-ze dell’uso dell’eucarestia per l’adorazione si incontra nella storia della vita di Basilio Ma-gno. Si dice che Basilio divide-va il pane in tre parti quando celebrava la messa nel mona-

stero: una parte la consumava lui stesso, una parte la dava ai monaci ed una terza la poneva su una colomba dorata sospesa sopra l’altare che sembrerebbe richiamare l’odierno osten-sorio. Da allora l’adorazione eucaristica è un momento inti-mo di incontro col Signore per tutti i fedeli. Anche nella nostra Casa Alloggio abbiamo sentito il bisogno di avvicinarci di più a Cristo attraverso l’adorazio-

ne. Quando abbiamo comin-ciato a programmare e a defi-nire gli incontri, a dir la verità non eravamo affatto fiduciosi sulla sua buona riuscita; aveva-mo paura di non riuscire a tra-smettere l’importanza dell’e-vento, che quasi nessuno dei nostri ospiti vi avrebbe parte-cipato. Comprendevamo l’im-portanza di pregare il Signore ed adorare il suo corpo solen-nemente esposto, sapevamo che sarebbe stato importante anche per il quotidiano al Fo-colare, ma forse, in realtà non ci credevamo fino in fondo, ma soprattutto non ci rendeva-mo conto di essere solo degli “strumenti” nelle mani del Si-gnore, che in quel momento ci chiedeva di dare la possibilità anche a chi non sapeva cosa fosse un’adorazione eucaristi-ca, a chi non si fosse mai avvi-cinato a Lui così intimamente, di avere l’occasione di farlo.

La nostra mancanza di “fede” per fortuna non ci ha impedi-to di arrivare al primo incon-tro: sotto la guida del diacono Alessio abbiamo cominciato: è stata un’esperienza surreale! Gli ospiti erano tutti lì, c’erano anche dei volontari della strut-tura, padre Alvaro ha esposto l’Eucaristia. Eravamo tutti lì come una sola famiglia davan-ti a quel Mistero, così apparen-temente piccolo, ma capace di toccare i cuori di ognuno. E così è stato! Si sentiva un’at-mosfera di serenità e di comu-nione che solo la presenza del Signore può dare! Lui era lì e lo sentivamo tutti! Ognuno partecipava a suo modo: al momento riser-vato alla pre-ghiera sponta-nea c’era chi ringraziava, chi chiedeva qual-cosa al Signore, chi meditava in silenzio, ma eravamo tutti lì, davanti a Lui! Il fatto che ab-biamo cominciato quest’espe-rienza in questo momento è significativo: quest’anno infatti a settembre si è tenuto il Con-gresso Eucaristico Nazionale

ad Ancona e uno dei temi del congresso è proprio la fragili-tà. Fragilità non come debo-lezza, ma “come esperienza di condivisione e di comunità -come scrive lo stesso Mons. Menichelli- si possono leggere le proprie fragilità alla luce del Vangelo, come condizione che ci avvicina a Cristo-Eucaristia.” Ed infatti coloro che normal-mente vengono ritenuti i più lontani dall’Eucaristia, sono stati coloro che in quell’occa-sione ci hanno insegnato a pre-gare, ad adorare, con semplici-tà, con umiltà, in modo auten-

tico, proprio come vuole il Signo-re. Gesù ha scelto il pane per essere spez-zato, man-giato. Esiste cosa più

fragile, più comune? Eppure è lì che si incarna per farci com-prendere che più siamo fragi-li, più possiamo avvicinarci a comprendere la Sua sofferen-za, ma anche essere toccati dalla Sua presenza.

•••di Chiara Buellis

Sport VS AIDS Una sola famiglia davanti al “Mistero”

SPIRI

TUAL

ITà

L’esperienza dell’adorazione eucaristica al Focolare

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LA CA

SA

Tutti al mare

Tempo d’estate tempo di vacanze, così anche il Foco-lare si è concesso qualche giorno di mare. Come con-suetudine, siamo andati nel convento dei francescani

di Grottammare. Abbiamo trascorso sei splendi giorni tra il mare e le solide mura del monastero, dove ci hanno offerto degli ottimi pasti, saziando l’appetito dei più golosi.

2 AgosTo: dopo un abbondante colazione siamo pronti per ripartire per una mattina-ta al sole e a sguazzare nell’acqua fresca. Cotti dal solleone torniamo in convento a degustare un altro meraviglioso pranzo. Nel pomeriggio decidiamo di visitare il ca-rinissimo borgo medioevale di Offida dove assaggiamo i “funghetti”, dei dolcetti tipici al gusto di anice, e ci gustiamo con gli oc-chi le chicche di questo borgo, le Chiese, il teatro ecc.. In serata gelato sul lungo mare di Grottammare.

3 AgosTo: mattinata al mare tra i tuffi nell’acqua fresca e passeggiate tra le ban-carelle. Nel pomeriggio tutti al centro com-merciale per un po’ di shopping e poi ape-ritivo sul lungo mare.

1° AgosTo: Siamo arrivati verso le 10:30, da subito ci godiamo il belvedere dell’oasi dove siamo ospitati, poi aperitivo al mare. Dopo di che, pranzo e pennichella pome-ridiana. Nel pomeriggio tutti pronti per il mare. In realtà il sole non c’è più, si sente qualche tuono in lontananza, ma noi in-trepidi bagnanti non ci fermiamo davanti a niente. Passeggiata rilassante sul bagna-sciuga per poi tornare a casa e tuffarci nella buonissima e abbondante cena che cerchiamo di smaltire con una passeggiata serale a Grottammare Alta. Poi presi dalla stanchezza siamo andati tutti a nanna.

Nel convento di Grottammare

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È così si concludono le vacanze estive de-gli ospiti della Casa. Alloggio, già pronti per un altro viaggio, ma prima, però, dob-biamo smaltire i chili accumulati.

••• di Carmine Mango e Chiara Buellis

6 AgosTo: Ultimo giorno di vacanza. Colazione, chiusura delle valige e poi in macchina per visitare il comune di Torre di Palme, un borgo medioevale molto ca-ratteristico. Decidiamo di fare un aperitivo offerto da Rosa, in attesa dell’ora di pranzo. Appena giungono le 12:30 ci sediamo a ta-vola nel ristorante il Gambero che si trova Porto San Giorgio, per festeggiare, anche se in ritardo di qualche giorno, il comple-anno di Franco. Dopo un pranzo intermina-bile ritorniamo stanchi al Focolare.

4 AgosTo: cambio di operatori, tre tor-nano a casa altri tre li sostituiscono, Dopo una breve presa di coscienza della situa-zione, decidiamo di fare due gruppi. Un gruppo si dedica alle commissioni e alle incombenze quotidiane, mentre un altro gruppo va in spiaggia. A pranzo decidiamo di andare ad Ascoli Piceno per visitare la mostra di Andy Warhol al Palazzo dei Ca-pitani e poi passeggiata nel centro storico. Rientriamo in convento soddisfatti della visita e soprattutto vogliosi di mangiare la succulenta cena. In serata gelato in un bar dove abbiamo la fortuna di ascoltare i più stonati cantanti di karaoke.

5 AgosTo: Colazione e, poi tutti al mare tranne Franco che resta in camera a leg-gere il libro “Come smettere di fuma-re” riuscirà a smettere? Ho i miei dubbi! Nel pomeriggio andiamo a visitare Ripa-transone per passare attraverso il vicolo più stretto d’Italia, devo confessare che qual-cuno ha fatto fatica a passarci. Dopo cena passeggiata a San Benedetto del Tronto che ci ha incantato, al punto di farci fare tardi: 10 minuti di ritardo al convento, restando fuori. Si prospettava una notte al freddo e al gelo ma la pazienza dei frati come si sa, è infinita, per fortuna un frate ci ha aperto, però il suo sguardo non era dei più magna-nimi.

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Mente e AIDSAP

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Nell’immaginario collettivo lo psichiatra e la psichiatria si occupano dei “pazzi” e forni-scono i farmaci, è ancora così?E’ ancora così nella misura in cui la formazione produce psi-chiatri di questo tipo, ma non è detto che debba essere così. Io ad esempio ho una formazio-ne psicoterapica per cui non penso che il disagio mentale vada curato solamente con i farmaci. Il farmaco aiuta il soggetto a riappropriassi delle proprie possibilità espressive sia esse patologiche o meno, si riap-propria di sé. I farmaci, di-ciamolo chiaro e tondo, non cambiano i pensieri, i farmaci antidepressivi non cambiano le situazioni luttuose, gli an-tipsicotici possono stemperare un delirio, ma il motivo per cui il delirio è insorto, rimane na-scosto, occultato nell’infanzia, in situazioni poco pensabili. Il farmaco può aiutare ma non cambia le origini il motivo, so-prattutto non da il senso ai vis-suti, per questo c’è bisogno di un approccio colloquiale.

La correlazione tra mente e AidsAnche questa è una domanda vasta complessa ed estesa, do-vremmo intenderci su, quello che è il termine “mente”, cos’è il mentale? Tutti parliamo del mentale ma nessuno sa cos’è, o meglio, ognuno da una de-finizione, che risente molto della storia, del contesto, delle variabili ambientali. Qualcuno la intende come la secrezio-ne della materia biologica del

La psichiatria oggi?La psichiatria di oggi è il ri-sultato delle psichiatrie che si sono avvicendate nei secoli, la psichiatria non è una branca della medicina pura ma è un insieme di concetti, un sape-re costruito su un interfaccia complessa che tiene conto non solo del sapere medico ma di quello antropologico filosofico è dell’ambito storico culturale a cui si riferisce. Per dare una definizione sintetica necessa-riamente poco esaustiva di ciò che è la psichiatria oggi direi sia: quell’ambito del sapere che cerca di affrontare e com-prendere la genesi, sviluppo e aspetti terapeutici del disagio mentale, (quello che in termini clinici si chiama psicopatolo-gia), cioè l’aspetto patologico della psiche. E qui entriamo subito nel suo luogo di crisi primario “il concetto di patolo-gia” e quindi di normalità, che cosa sia normale è molto diffi-cile dirlo perché non abbiamo dei supporti che normalmente la medicina ha. Noi non sap-piamo quello che è fisiologico, perché quello che è fisiologico e naturale è normale, in realtà ciò è legato a variabili socio-culturali, ambientali e multi-ple: la nostra normalità è più una media, un range di oscil-lazioni entro il quale ci mo-viamo un po’ tutti. Quando si esce da questo range si parla di patologia, ma è un qualcosa di artefatto non verificabile e mi-surabile. La psichiatria diviene quindi un tentativo di indagare in questo confine indefinito tra normalità e follia.

SNC, come diceva Wilhelm Griesinger “il pensiero è la secrezione delle cellule ner-vose”, manifesto di una psi-chiatria biologista che oggi è ancora molto in voga ma che è molto discutibile anche da un punto di vista scientifico.Che cos’è la psiche? È la tra-duzione del termine anima dal greco. Possiamo descrive-re questa anima in tanti modi, semplifico dicendo:“ l’anima è quello che emerge dal corpo”, nel senso che la nostra struttu-ra psichica a contatto con le si-tuazioni ambientali che abbia-mo dai primi momenti di svi-luppo fino a quello attuale. Il nostro sistema nervoso ci per-mette di interagire con la men-te, e questa interazione crea una cosa straordinaria, che è la nostra mente, la nostra anima: un organo di “senso”, l’unico organo che ci permette di dare senso, significato alle cose, la mente ci permette di vivere e senza l’anima non si vive. Se la psichiatria è la cura dell’anima, la psichiatria sarà di un certo tipo, non certo la psichiatria biologica che pensa alla ma-lattia mentale come un frutto di un difetto genetico. Psiche e Aids, esistenza e malattia. La nostra psiche si trasforma quando ci infettiamo con il vi-rus dell’Hiv, (ovviamente pre-cisando che la trasformazione non è detto che debba essere positiva), l’esistenza non è più la stessa, sicuramente ci pos-siamo ammalare, deprimere, perdere il tono vitale, perdere la sfida che ognuno di noi af-fronta quanto si alza la matti-

na. L’incontro dell’aids con la psiche rende evidente la ma-lattia intrinseca alla vita, la vita è una forma di malattia men-tale, ognuno di noi l’attraversa quotidianamente, ed ognuno di noi ha la propria risoluzione a questa sfida.

Psiche è dipendenza?Secondo me, psiche e dipen-denza sono due termini corre-lati, perché la psiche nasce e si struttura su un legame che diventerà inscindibile quale il legame di dipendenza con la madre. La madre, (per madre non si intende necessariamen-te quella biologica), è quella persona che permette la nostra nascita mentale: nella misura in cui questa madre accoglie le nostre prime “grida” (in senso metaforico) e le trasforma in comunicazione, ci trasmette la possibilità di pensare; Per cui la mente nasce in una relazio-ne primaria di dipendenza. La dipendenza non è la malattia ma la condizione ontologica dell’esistere: noi siamo dipen-denti dall’altro, per pensare per vivere. Ovvio che la dipen-denza può diventare malattia, quando essa impedisce la sog-gettività, l’autonomia e coarta l’esistenza delle persone. Il tossicodipendente è colui che aspira alla libertà perchè ne è privato profondamente.

•••di Carmine Mango

dott. Riccardo ColtrinariPsichiatra e psicoterapeuta

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Ogni epoca presenta delle jihad interne

Ogni epoca ha le sue sfide, presenta delle jihad interne, ognuno di noi ha la sua jihad interna, credo che in questo secolo l’uomo si sia confrontato con qualcosa di terribile, posso dire che il futuro ci dirà come l’uomo uscirà

da questo confronto, rafforzato, arricchito in umanità ed esperienza o se ne verrà ancora una volta schiacciato ingannato o manipolato dalle diverse lobby che gesti-scono la nostra esistenza, a livello sociale economico. Ovviamente stiamo parlando di problematiche estremamente complesse, è difficile fare una analisi chiara perché stiamo ancora dentro.

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I giovani e le sostanzeGL

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La scuola come strumento di conoscenza

Da giovane non cono-scevo i pericoli della vita. Quando sei gio-

vane non pensi che qualcosa ti possa far male e vedo che ancora oggi, i giovani non sanno delle conseguenze dell’utilizzo delle sostanze, le assumono in maniera leg-gera. Uno strumento di co-noscenza potrebbe essere la scuola. Io crescendo non ho trovato una scuola che mi fa-cesse notare a cosa dovevo stare attento, su cosa potevo farmi male,invece sarebbe importante dedicare delle ore settimanali all’interno della scuola per spiegare la gravi-tà dell’utilizzo delle sostan-

ze (cocaina, cannabis alcool ecc.) Si potrebbero utilizzare i temi come strumento con il quale i ragazzi possono espri-mere i loro pensieri e dubbi sull’utilizzo delle sostanze.Serve una scuola che faccia sentire i ragazzi protagoni-sti. Bisogna far evolvere la scuola, è necessario che ai ragazzi si insegni cos’è la vita di strada, e a stare vicino a coloro che devono viverla. Delle idee potrebbero essere: far fare loro del volontariato all’interno delle mense per i poveri, alla Caritas, portare i ragazzi in strada per far cono-scere loro chi vive le difficoltà in prima persona, oppure far

vedere dei film o documen-tari che mostrano cosa causa l’utilizzo delle sostanze.I giovani hanno bisogno di conoscere le realtà difficili in modo tale che riflettano sulle giuste scelte da fare, dovreb-bero conoscere quanto c’è di brutto in strada.Mia madre non sapeva cosa fossero le droghe, quindi non poteva spiegarmi su quali cose potevo cadere per que-sto non conoscevo le droghe e i loro effetti. Ho iniziato a usare le sostanze per stare con quelli più grandi di me, per non mostrare paura. C’e-rano tante ragazze che mi fa-cevano la corte perché ero un

bel ragazzo, ma la timidezza mi bloccava, non sopportavo di arrossire, l’alcool e le pa-sticche mi davano la forza per affrontare le ragazze, mi facevano sentire bene, riusci-vo a sconfiggere il rossore!Credo che la scuola potreb-be e dovrebbe diventare un mezzo di formazione e in-formazione, affiancando le famiglie, facendo conosce-re quanto è bello aiutare le persone bisognose. Difficil-mente dimenticherò i sorrisi dei giovani volontari quando aiutavano gli altri bisognosi come me.

•••di M.D.G.

Conoscere l’amore con “le pere e l’Hiv”È la prima volta che mi trovo nella situazione di fare una

prefazione che introduca un articolo scritto da uno degli ospite della struttura. Ne sento la necessità

perché credo possa essere d’aiuto al lettore per avvicinarsi alle difficoltà delle persone di cui ci prendiamo cura. Ogni volta che devo scrivere dei nuovi articoli, con gli ospiti del Focolare per questo giorna-le è come scoprire un nuovo mondo. Mi sento fortunato perché riesco a conoscere storie della loro vita che altrimenti resterebbero nascoste. Ho chiesto di scrivere un articolo sull’amore, un tema già affrontato sull’Occhio attento, ma non a caso si affronta e si continuerà ad affrontare perché questa semplice parola, molto spesso è la causa di tante sofferenze. Parlare di amore non è così facile per chi non lo ha provato, è ciò lo dimostra il breve testo che una persona che normalmente parla senza interrompesi mai è riuscito a scrivere.

“Secondo me ci sono persone che hanno paura ad affrontare il tema dell’amore.

Intendo quell’amore a 360 gradi, l’amore che si prova guardando il sorriso di un bambino come quello di Giacomo il mio ultimo nipo-tino, l’amore per il compagno, la compagna, per i poveri, per la vita, la natura, l’amore per chi soffre.Per me l’amore è qualcosa di grande, che non deve passare inosservato come sentimento. Ho paura ad affrontare il tema dell’amore, perché credo che non basti una vita per conoscere a pieno questo sentimento. Ho rammarico. Sono incuriosito. Vorrei conoscere questo sen-timento, ma ho la sensazione e la paura di non riuscirci. Farmi le pere, prendere l’Hiv mi ha permesso di conoscere l’amore di tutte le per-sone che si sono prese cura di me.”

•••di Franco Acciarri

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GLI o

SPITI

Intervista a Padre Alvaro

Condividi il tuo tempo con gli altriCASA ALLoGGIo “IL foCoLARe”

TI ASPeTTA!se vuoi diventare un volontario chiama 071 2914407 o 328 4185455 www.ilfocolare.org

Sono un ospite del Focolare e sono atea. Conoscere un cuore grande come quello di Padre

Alvaro mi ha fatto sentire bene, ha trasformato la sua povertà famigliare in ricchezza d’animo, che dona a noi in ogni momento. Come ospite del focolare non posso far altro che ringraziarti. Per questo Padre ho deciso di intervistarti per far conoscere ai tanti lettore dell’”Occhio attento del Focolare” la splendida figura che si prende cura di noi.

Chi era Padre Alvaro da bambino?Fino a 12 anni ho vissuto con i miei genitori. L’unica via per poter proseguire gli studi, e superare le difficoltà economiche, era andare in collegio con i Francescani.La mia famiglia non poteva permettersi di pagarmi gli studi, a causa della povertà

Come si trovava in collegio?Benissimo! C’era molta disciplina ma tanto studio per poter crescere nella cultura, non mancavano anche momenti

ricreativi. La mia formazione si è strutturata con cinque anni di ginnasio, un anno di noviziato, tre anni di liceo, quattro anni di università a Roma dove ho conseguito la laurea in teologia. Poi sono diventato frate, prendendo i voti “obbedienza, povertà e castità”. Il 23 luglio 1972, dopo un anno sono diventato sacerdote, successivamente ho deciso di prendere una laurea in sociologia. Sono stato sacerdote in diverse parrocchie, nel 2001 sono stato chiamato a dirigere le Opere Caritative

Francescane, in questo modo sono venuto a contatto con il Focolare che è la splendida casa famiglia. Essendo stato in Africa, ho avuto modo di stare in stretto contatto con la povertà del modo e, quando sono tornato in Italia avevo il desiderio di impegnare la mia vita ponendo la massima attenzione alla povertà e alla sofferenza che si trova attorno a noi. In 40 anni di sacerdozio mi sono impegnato in varie lavori, ma l’impegno che mi rimane maggiormente nel cuore sono le persone presenti al Focolare con cui condivido le gioie e le sofferenze.

•••di Paola

Un felice compleannoDopo qualche mese, dalla mia prima visita al “Focolare”,

sono tornata a trovare i “ragazzi”, che come sempre mi hanno accolta con grande affetto. Per coincidenza, era

il giorno del mio compleanno e non potevo festeggiarlo in modo migliore: gli auguri, gli abbracci, la torta… Non vi na-scondo che quando mi hanno intonato tutti insieme “tanti auguri a te” ho trattenuto a stento la mia commozione. Attra-verso le pagine del giornalino, approfitto per ringraziare Luca e tutti i suoi collaboratori per il gradito invito e un grazie di cuore a tutti gli ospiti della casa, che mi hanno regalato questa bellissi-ma giornata. •••

di Bianca

Presidente dell’Ass. Opere Caritative FrancescaneEnte gestore della Casa Alloggio “Il Focolare”