OSSOLA.it n5 luoghi

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La rivista turistica delle valli dell'ossola

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Parco Nat.Veglia Devero

Valle Formazza

Passo delSempione

Gomba

Montescheno

Varzo

Baceno

Devero

DOMODOSSOLA

Ornavasso

Crodo

Trontano

CroveoOsso

Esigo

Crego

Chioso

Fondovalle

Sottofrua

Cheggio

Mergozzo

Calasca

Baveno

Stresa

Druogno

Coimo

Candoglia

Verbania

Lago Maggiore

Briga

Locarno Re

Viceno

Foppiano

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Anno III - N. 5 - 2010

Sede e redazioneVia Madonna di Loreto, 728805 Vogogna (VB)Tel. 329 2259589 Fax 0324 [email protected]

Dirett ore ResponsabileMassimo Parma

Dirett ore EditorialeRiccardo Faggiana

Capo Redatt oreClaudio Zella Geddo

Redatt oriRosella Favino, Adriano Migliorati , Michela Zucca, Marilena Panziera, Massimo Parma

Coordinamento grafi coe impaginazioneEleonora [email protected]

CollaboratoriAlice Matli, Fabio Pizzicoli, Giorgio Rava, Carlo Solfrini, Paolo Pirocchi, Marco Valsesia,Mariano Scott o, Ester Bucchi De Giuli

Hanno collaborato in questo numeroAss. Operatori Turismo - Commercio Formazza,Pro Loco Bognanco, Comune di Vogogna, Parco Naturale Veglia-Devero, Paolo Crosa Lenz,Tonino Galmarini, Stefano De Luca

Fotografi aArchivio © Riccardo FaggianaAdriano Migliorati , Paolo Pirocchi, Diego Micheli

TraduzioniChiara Cane, Anna Maria Bacher

EditoreFaggiana RiccardoVogogna (VB) - Tel. 329 2259589

StampaPRESS GRAFICA S.r.l. - Gravellona Toce (VB)

Ossola.it è un periodico registrato presso il Tribunale di Verbania in data 10/04/08con il n. 3/08.

AnnAnnAAAnnAnnAAnnAA o Io Io Io Io IIIIII - NN- N- NNNN 55. 5. 5. 5. - - - - 201201201201010101010120101010120110000000000000

Sedde e reddaziioneViaa Madonna di LorLoretoeto, 7, 7

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vati.

Sommario

A PROPOSITO DI...LUOGHI 4

VOGOGNAL’INCANTO DELLA STORIA TRA CELTI E MEDIOEVO 8

STOCKALPERWEG 17

ALPE VEGLIAGIRO DELLA CONCA DI VEGLIA 24

IL GIARDINO INANIMATO 27

PAGINE FRAGILI 32

I LUOGHI DELL’ANIMA:ALPI E MONTAGNE 36

LE CALDAIE DEL DIAVOLO 42

ALPE DEVERO PASSI OLTRE IL CONSUETO 48

CROVEO STORIA E TRADIZIONE 54

CANYONING IN OSSOLA 58

VALLE FORMAZZA 63

BOGNANCO DALLA NATURA UNA NUOVA RICCHEZZA? 74

ESCURSIONI IN VALLE ANTRONA 84

ORNAVASSO: BODEN 91

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A proposito di luoghi... di Marilena Panziera

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Quando ve ne andate a spasso andate in un posto o in un luogo?

Generalmente si va in un posto, magari in un bel posto, a volte in un brutt o posto, a volte al posto di qualcuno oppure al po-sto giusto. La parola luogo viene general-mente uti lizzata quando alla frase si vuol dare un signifi cato più denso, ad esempio il romanzo di Richard Bach There’s no such place as far away, è stato tradott o in ita-liano come Nessuno luogo è lontano, e non nessun posto è lontano…Luogo vuol dire lett eralmente: porzione di spazio/parte dello spazio che è occu-pato o si può occupare materialmente o idealmente, quindi assume un signifi cato anche astratt o ed immateriale ad esem-pio quando parliamo di luoghi comuni o luoghi dell’anima, ci riferiamo proprio a questo aspett o del vocabolo. Anche nell’accezione materiale comunque luo-go è infi nitamente più pregnante dei suoi sinonimi, perché il luogo della memoria è generalmente uno spazio fi sico, conser-vato allo stato in cui si trovava quando è successo qualcosa e per rivivere la gioia, o più spesso per non ripetere gli errori ad esso associati , viene circoscritt o, material-mente o idealmente e conservato. Anche nella lett eratura si parla spesso di luoghi: Il luogo del delitt o è una classica citazione dei romanzi gialli, oppure i Luoghi Oscuri di James Ellroy, o un Luogo chiamato liber-tà per Ken Follet. Spesso tramite la lett e-ratura abbiamo modo di immaginare, at-traverso le descrizioni degli autori luoghi in cui non siamo mai stati e come spesso accade, quando ne abbiamo l’opportunità li visiti amo, perché ormai appartengono oltre che alla nostra immaginazione, an-che al nostro “vissuto”.Anche negli scritti degli autori locali si fa riferimento ai luoghi, come ambientazio-ni delle storie raccontate, con descrizioni che sono pretesto a volte, per far cono-scere a chi vive in altri luoghi la bellezza e la naturalità del territorio Ossolano.Proprio in Ossola poi, oltre a luoghi bellis-

simi e molto conosciuti , ve ne sono altri dove si può cogliere l’aspett o pregnante che li caratt erizza, sono spesso vicini alle località più note, ma ignorati dai più.Uno di questi è il Muro del Diavolo di Arvenolo, che si raggiunge sia da Premia nei pressi degli Orridi, che da Crodo, sul-la strada sterrata per l’Alpe Aleccio, è una costruzione megaliti ca risalente con ogni probabilità all’età del bronzo, al centro del lato principale del muro vi è un architrave di pietra che delimita una cavità profonda due metri dove presumibilmente si offi ciavano cerimonie reli-giose. Le leggende legate a questo luogo sono numerose, si dice che fosse il basamen-to per un ponte che il diavolo avrebbe voluto realizzare a cavallo della valle, fra Arvenolo e Cra-vegna, per gett are la sommità della montagna sugli abi-tanti del paese di Crevola considera-ti dei nemici per la loro fervente devozione reli-giosa, oppure semplicemen-te per rapire le ragazze di C r a v e g n a . Una terza ver-sione, meno leggendaria, ma decisamente aff a-scinante, lo vor-rebbe come una specie di att rac-co per natanti durante la fi ne della glaciazio-ne, in parole povere un por-to! A Crodo!

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Altri luoghi suggesti vi poco conosciuti sono le belle frazioni di Domodossola, malgrado l’estrema vicinanza con il cen-tro citt adino, vistandole si può ricavare l’impressione di vivere in epoche passate, specie percorrendo le strett e vie che dai piccoli centri abitati corrono verso le an-ti che terrazze, dove le vigne fanno ancora bella mostra di sè, specie nella stagione autunnale.Suggesti oni legate alle epoche passate le off re anche la borgata Cugine, frazione di Baceno in sti le Walser, sulle rive impetuo-se del torrente Devero. Malgrado sia stata abbandonata da decenni le case di legno e pietra sono tutt e in buone condizioni, il bosco non ha ancora soff ocato comple-tamente il prato e l’impressione che ne deriva è di abbandono, ma un abbandono recente e malinconico, pare che gli abi-tanti siano appena scappati e invece sono passati cinquant’anni. Luogo più conosciuto, ma dalle origini misteriose è la Rocca di Vogogna, romani-ca? longobarda? di certo costruita molto prima dell’anno 1000, intorno ad essa gli stretti poggi che degradano verso il ben più famoso castello visconteo, conservano

ancora tracce della vegetazione arbusti va messa a dimora per allietare le passeggia-te delle belle dame medievali, che nelle matti nate esti ve potevano respirare a pie-ni polmoni l’aria addolcita dai dal profumo dei bossi, che occhieggiano ancora tra le erbe autoctone.Insomma luoghi belli, bellissimi e anche misteriosi, come misteriosi sono a volte certi miti ad essi legati , basti pensare al basilisco di Malesco in Valle Vigezzo, mo-struosa lucertola dagli inquietanti poteri ipnoti ci, che pare spaventi gli ignari escur-sionisti anche in altre località delle Alpi. Però, mi sento di rassicurare tutti : visitate con tranquillità le belle montagne vigezzi-ne, perché negli ulti mi secoli non ci sono stati avvistamenti , l’unico luogo in cui po-trete ammirare il Basilisco nel suo terrifi -cante splendore è la piazza della Chiesa di Malesco, dove troneggia nel mezzo di una fontana in sasso.Quando si ha del tempo a disposizione, si dovrebbero sempre visitare luoghi nuovi, anche vicino a casa nostra, ma nei quali non siamo mai stati , perché tutti i luoghi suscitano sensazioni, ricordi e senti menti ; pensate cosa avrebbe perduto l’umani-

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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, che da tanta parte

dell'ulti mo orizzonte il guardo esclude.Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quïeteio nel pensier mi fi ngo, ove per pocoil cor non si spaura. E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfi nito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:e il naufragar m'è dolce in questo mare»

Giacomo Leopardi 1819

tà se Giacomo Leopardi quel giorno non fosse salito sul monte Tabor nei pressi di Recanati , non avrebbe scritt o l’Infi nito, che è una delle poesie più belle dedicate alle sensazioni che i luoghi possono susci-tare nell’animo delle persone. E quando tornate a casa se ne siete capaci, o meglio se ne avete il coraggio, scrivete l’eff ett o che vi hanno fatt o, non vergognatevi, ma esprimetevi chissà magari qualcuno di Voi potrebbe anche arrivare a tanto.

L’infinito

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VogognaLÊincanto

della storia tra celti e medioevo

di Claudio Zella Geddo

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Intorno all’anno Mille, il tempo delle cronache di Rodolfo il Glabro, Vogo-

gna si aff accia alla storia scritt a grazie ad un documento notarile, redatt o nell’isola di San Giulio, che defi nisce la permuta di un terreno. Abitata comunque ben prima da popola-zioni leponti che conserva, nella sala del Palazzo Pretorio una delle vesti gia più suggesti ve della civilizzazione celti ca ov-vero il celebre Mascherone (II sec. a.C) in pietra ollare. Sublime proposizione di una weltanschauung che poneva -come ben si evince dal cesariano De Bello Gallico- al centro della spiritualità l’intenso rappor-to tra uomo e natura.Il reperto per secoli è stato uti lizzato accanto alla chiesa di San Pietro ( la più anti ca del territorio, pregevole per gli af-freschi del XV ° sec.) a mo’ di fontana. Di forma ovoidale porta i caratt eristi ci baffi tra linee geometriche tondeggianti che defi niscono una fi sionomia fi ssa con un esito, tra naso e sopracciglia che rimanda ad uno degli elementi forti del pantheon celti co, l’albero.Altro elemento che att esta l’anti ca storia di Vogogna è certamente la Lapide roma-na del 196 d.C. Si tratt a di un manufatt o in pietra, ai margini della strada per il Sem-pione, sormontato dall’aquila napoleoni-ca e da una lapide dedicata a Geo Chavez, che att esta la costruzione di una strada necessaria a commerci e spostamenti dell’impero ai tempi di Setti mio Severo. Tratt o di strada ancora vedibile al di so-pra del ponte della Masone uti lizzato da pellegrini e armati probabilmente come via Francigena durante l’alto medievoDunque Vogogna ben prima del suo apo-geo medievale ebbe importanza per le popolazioni che abitavano la grande ansa della Toce ben disposta tra alture e corsi d’acqua in aff accio ad una sorta di stret-toia in cui passavano i tracciati viari. Tutt o ciò a diff erenza delle prospicienti Pieve Vergonte e Pietrasanta che furono di-strutt e dalla furia delle acque di Marmaz-za e Anza.

Il Borgo, costruito intorno alla metà del XIV ° secolo per volontà di Giovanni Maria Visconti , prima vescovo di Novara e poi Signore di Milano, ebbe giurisdizione sul-le quatt ro terre (Masera, Trontano, Beura Cardezza fi no alle propaggini della Valle Vigezzo). Mantenne per lungo tempo una grande valenza strategica per bloc-care le scorribande svizzere e contrastare le frequenti ribellioni dei valligiani delle sett e valli dell'Ossola. Di rilievo i ripetuti saccheggi, le stragi, i tradimenti che la popolazione vogogne-se dovett e subire sia a causa della riva-lità con Domodossola sia per impedire l’espansione del vescovo di Sion. Di questa stagione è testi mone l’emble-ma del borgo una grossa incudine in cam-po argentato con a sinistra una tenaglia e a destra un martello con il carti glio Tundendo vis frangitur omnis, stemma che ben rappresenta il dominio del borgo sull’Ossola Inferiore per quasi cinquecen-to anni.Il gomitolo degli eventi si dipana altero a Vogogna tra epidemie di peste, care-sti e, guerre ed hispanidad e sopratt utt o brigantaggio almeno sino all’avvento -dopo il tratt ato di Utrecht- del buon go-verno austriaco. Altri eventi nel secolo dei Lumi videro Vogogna protagonista con l’annessione a Casa Savoia (tratt ato di Worms) e poi la tragica epopea della stagione rivoluzionaria, periodo che vide il Grolli artefi ce e marti re. L’avventura napoleonica -così impor-tante per l’Ossola si pensi alla strada per il Sempione- fu l’ulti mo momento di splendore e azione, poi il borgo si adagiò nella Restaurazione senza avere più un ruolo di preminenza passato al capoluogo Domodssola.Oggi conserva l’anti ca e nobile impronta di una piccola capitale del passato ricca di chiese ed oratori. Venendo da Domodos-sola s’incontra il ponte della Masone, sede di una mansio tenuta dall’Ordine del Tem-pio di Gerusalemme per proteggere pelle-grini in transito sui cammini devozionali

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(Santi ago di Compostela); del complesso che racchiudeva anche una chiesa. Ora non rimane nulla se non il ricordo di quei validi difensori della fede ora confl uiti nell’Ordine dei Cavalieri di Malta.Dopo il cavalcavia della ferrovia osserva-re le svelte forme della chiesett a mariana dell’oratorio di Loreto posta a guisa di segno sulla Toce. Avvicinandosi al centro storico riconoscibile l’impianto urbani-sti co medievale, con gli edifi ci ricchi di portali in pietra lavorati , le ringhiere in ferro batt uto dei balco-ni, i porti ci ad arcate, il tutt o dominato, nella centrale e suggesti va via Roma, dal Palazzo Pre-torio (1346), in perfett o sti le dei broletti lombar-di. Edifi cio sostenuto da archi a sesto acuto pog-gianti su tozze colonne ove nel piano superiore aveva sede l’ammini-strazione della giusti zia mentre al piano terra, si svolgeva il mercato del venerdì; privilegio con-cesso dai Visconti prima e confermato poi dagli Sforza e dai Borromei. Porti co arricchito da una serie di lapidi che con-tengono noti zie storiche e massime morali, men-tre l'anti ca loggia lignea esterna è caduta sott o la furia rivoluzionaria fran-cese. Sede municipale sino al 1979, restaurato nel 1998 è sede musea-le e sala consigliare.Il Paese è dominato dal Castello Viscon-teo, costruito nel 1348 per volere di Giovanni Maria Vi-sconti , dopo l'inva-sione del Marchese

del Monferrato (1358), i Visconti riten-nero di incrementarne ancora la valenza difensiva, completando la costruzione del Castello (così come lo vediamo oggi) e cintando il Borgo con possenti mura. Presenta una pianta irregolare dovuta in parte alla necessità di adatt arsi al terre-no scosceso, dall’altra alle diverse fasi di costruzione. Nel 1798, dopo oltre tre secoli di dominio dei Borromeo, il Castel-lo divenne proprietà del Comune che lo adibì a prigione per delinquenti comuni e

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detenuti politi ci. Soggett o ad un progres-sivo degrado, nel 1990 iniziò una prima fase di restauro strutt urale, ulti mata con l’inaugurazione delle corti esterne e del giardino avvenuta nel 1998. Att ualmente il Castello ospita il Centro Multi mediale e la Mediateca Territoriale nonché ospita convegni, manifestazioni e matrimoni.L’altro baluardo difensivo del Paese è certamente la Rocca, fortezza posta sulla sommità di uno sperone roccioso del Mon-te Orsett o (mt 350 s.l.m.) dominante la Valle della Toce. Non si hanno noti zie cer-te sulla

costruzione di tale edifi cio: alcuni studio-si ne fanno risalire le origini addiritt ura al sec. V°, altri la vogliono di origine roma-nica. L'ipotesi più recente la considera una torre di avvistamento: dotata di torre quadrata e muraglione di cinta poligona-le con contraff orti tondeggianti , facente parte del sistema di segnalazione messo in att o dai Longobardi per comunicare con le altre postazioni costruite lungo le catene montuose della Val d’Ossola. Andò parzialmente distrutt a nel 1514,

durante il saccheg-gio di Vogogna da parte degli Svizzeri, assumendo l’aspet-to att uale. Pene-trando all’interno att raverso gli stretti cunicoli, ci si trova incantati su uno dei balconi natu-rali più panoramici di tutt a l’Ossola. A pochi passi, arroc-cata, la silenziosa frazione agricola

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di Genestredo, ingenti lita dall’oratorio di San Marti no e preceduta dall’oratorio sett ecentesco S. Maria delle Grazie, ad una sola navata, e dall’isolato oratorio di S. Zenone di matrice cinquecentesca.Ritornando all’interno del Borgo si tro-va la Chiesa di Santa Marta (XV secolo), la quale custodisce la statua ad altezza naturale in legno di ti glio della Madonna Addolorata (opera del 1514 di Ambrogio De Donati ). A fi anco della chiesa, comunicante con essa att raverso un elegante passaggio arcuato, si aff accia Villa

Biraghi Vietti Violi Lossetti : costruita nel 1650. Nel corso degli anni si è ampliata grazie all’aggiunta di nuovi locali impron-tati a diversi sti li architett onici che sono andati a creare un unicum prezioso. Appena all’esterno della ormai distrut-ta “porta superiore” si scorge la Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù. Edifi cata nel 1904 in sti le neogoti co su progett o dell’architett o vogognese d'ado-zione Paolo Vietti Violi, ha sosti tuito la vecchia chiesa dei Santi Giacomo e Cri-stoforo (1564) edifi cio in sti le lombardo

rinascimentale, andata di-strutt a nel 1975 con il crollo del campanile a causa degli eventi atmosferici. Strutt urata su tre navate imponenti , presenta pre-gevoli aff reschi del De Giorgis di Ceppo Morelli e conserva diversi arredi sacri traslati dalla Chie-sa dei Santi Giacomo e Cristoforo. Nella nuova torre campanaria sono stati inseriti le colonne, l’architrave e il portone

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originario della vecchia chiesa: la loro bellezza è tale da farci intuire quale ca-polavoro architett onico potesse essere la vecchia chiesa.Vogogna, inoltre, è sede del Parco Nazio-nale della Valgrande, la zona selvaggia più estesa d’Italia a due passi dalla dolce regione dei laghi. Sono possibili escur-sioni in scenari suggesti vi, quali la mulat-ti era che dal Castello porta alla frazione montana di Genestredo e alla Rocca e i senti eri che collegano la piana dell’Osso-la att raverso gli alpeggi abbandonati , alle aree interne più selvagge del parco.

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Vogogna, the fascination of HistoryVogogna, an enchanting small village and the former capital of the Southern Ossola Valley, was already settled in the ancient times. Traces of Celts are still found in the Mascherone Celtico, a re-minder of the Celtic God Cernunnos.Its fame grew up in the centuries thanks to the medieval pilgrims’ route towards the European markets.Th e glories of Vogogna prove its strategi-cal and political value in the 14th cen-tury. Strolling the old town centre you can admire Palazzo Pretorio, the remar-kable old town hall, Castello Visconteo, built in 1348, and Villa Biraghi, a fi ne and precious example of noble hall and now the head offi ce of Parco Nazionale della Valgrande.

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17Stockalperweg

di Adriano Migliorati

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Il Passo del Sempione (Summo Plano in lati no) trasformato dai Walser in Sim-

plon, è il valico alpino situato a 2005m in territorio svizzero (canton Vallese) che mett e in comunicazione la Svizzera con l'Italia. Importante la sua posizione in quanto segna il confi ne fra le Alpi Pennine e Alpi Leponti ne.Sul colle esistono due opere degne di nota: L'ospizio napoleonico terminato nel 1831 di proprietà dei Canonici del Gran San Bernardo e l'aquila alta nove metri cir-ca costruita in blocchi di granito dall'eser-cito svizzero durante la seconda guerra mondiale, come simbolo della fi erezza e dell'indipendenza elveti ca. Ora il passo è solcato da una comoda ar-teria stradale datata inizi '900, venne am-pliata negli anni '70 e '80 con numerose gallerie e ponti , tra questi merita att enzio-ne quello di Ganter situato a 10 Km da Bri-ga, un'opera spett acolare alto 100 metri.In precedenza tra il 1801 e 1805 venne costruita la strada napoleonica chiamata Kaiserstrasse, un capolavoro d'ingegneria che doveva permett ere la percorrenza del valico all'arti glieria dell'esercito di Na-poleone, il quale riconobbe il Sempione come via di collegamento più breve tra Parigi e Milano.Purtroppo causa problemi tecnici incon-trati nelle gole di Gondo, si allungarono i tempi di ulti mazione che causarono cosi' il ripiegamento dell'idea sul valico del Mon-cenisio.Venne uti lizzata successivamente come servizio di diligenze da Domodossola a Briga; il tempo di percorrenza del tragitt o era di 11 ore circa, e in Inverno i mezzi di trasporto diventavano le slitt e.Andando a ritroso nel tempo, esatt amen-te nel 1630 ci fu il miglioramento e messa in sicurezza della vecchia mulatti era co-struita dall'imperatore romano Setti mio Severo nel 196 a.c., il merito fu del barone Kaspar Jodok von Stockalper dett o anche il re del Sempione. Nati o di Briga divenne ricchissimo grazie al commercio del sale,

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trasportato tramite animali da soma, at-traverso il passo proveniente dall'Italia, e alle miniere di sua proprietà nel Vallese.La sua opera prese il nome di Stockalper-weg, lungo il percorso egli fece costruire diversi edifi ci di grande importanza sto-rica: Il castello Stockalper a Briga in sti le barocco che fu la sua dimora, la ricostru-zione del vecchio Ospizio (Alter Spitt el) sulle rovine di un’opera risalente al 1235 da parte dei Gerosolimitani adibito a pun-to di sosta e residenza esti va della sua fa-miglia, e la torre Stockalper a Gondo con funzione di magazzino.

La posizione agiata del barone procurò nel Vallese l'invidia dei nobili che riuscirono a farlo passare come traditore, condannan-dolo ad una multa salati ssima e alla con-fi sca di tutti i suoi averi, egli fu così co-strett o ad andarsene da Briga alla volta di Domodossola in esilio volontario. Questo spiega la variante del senti ero Stockalper in località Gabi, in quanto si tratt ava del percorso che uti lizzò per raggiungere il Sa-cro Monte Calvario att raverso il Passo del Monscera.Andiamo ora ad esaminare la Stockalper-weg originale....

Paolo Pirocchi, [email protected]

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escursioni...1° GIORNO Briga/P.so del Sempione 13 Km Dislivello positivo totale 1580m. Tempo di percorrenza 5 ore circa, pause escluse.

L'escursione ha inizio a Briga che abbiamo raggiunto in treno da Domodossola, att raverso la linea del Sempione. Uscendo dalla stazione ci incamminiamo lungo il viale principale, poi mantenendo la sinistra costeggiamo il castello Stockalper, qui iniziano una lunga serie di cartelli escursionisti ci con la scritt a STOCKALPERWEG che ci accompagneranno fedelmente fi no a Gondo.Iniziamo a salire dolcemente nei prati , poi att raversiamo l'abitato di Brei e proseguiamo su di una bella mulatti era nel bosco rado. Il tratt o successivo pianeggiante e' di forte eff ett o sul fi anco friabile della montagna, in questo punto il senti ero e' messo in sicurezza att raverso ponti e barriere, nella valle sott ostante a 350 m da noi scorre il torrente Salti na.Saliamo ancora att raverso dei tornanti fi no a sfi orare per un breve tratt o la strada statale che scende dal Sempione, e iniziamo cosi' la discesa nella valle di Gantertal, sempre su otti mo senti ero.Ad una fontanella riforniamo le borracce e poco lontano att raversiamo un ponti cello, iniziamo cosi' la lunga ma dolce salita lungo la valle Taferna che ci portera'

dirett amente al passo del Sempione. Purtroppo la percorrenza di questa parte d’escursione risulta piutt osto monotona, essendo anche in ombra, si rivitalizza

nella parte alta con una sequenza di ponti celli in legno di otti ma fatt ura da att raversare piu volte. Sbuchiamo cosi' fuori dal bosco all'alpe Taferna (1600 m) dove il sole ritorna amico, in questo punto e' consigliata una pausa, prima di aff rontare gli ulti mi 400 metri che separano dal passo. Molto emozionante e’ lo scollinamento dove in lontananza ci appare l'aquila in pietra, che ci indica la direzione del senti ero. Nel prato sott ostante, imbuchiamo il tunnel che

ci conduce all'ospizio che ci off rira' vitt o e alloggio, previa prenotazione telefonica (041/279791322).

2° GIORNO P.so del Sempione/Gondo 20 Km Dislivello negativo 1145m Tempo di percorrenza 5 ore circa pause escluse.

Dopo aver consumato la colazione ritorniamo sui nostri passi fi no al sott opasso, riprendendoil senti erio lasciato il giorno prima, cambiando pero' direzione, ora si scende a sinistra verso l'Italia.Anche oggi il tempo e' stupendo nemmeno una nuvola, la catena Fletschhorn Boshorn e' gia baciata dal sole mentre noi siamo ancora per poco

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in ombra. Arriviamo in pochi minuti al vecchio ospizio (Alter Spitt el) invaso dalle truppe elveti che che si apprestano ad iniziare le esercitazioni militari. La dolce discesa prosegue nelle praterie di Engiloch disseminate di mucche al pascolo, il suono dei loro campanacci e' musica per le nostre orecchie, che coprono il rumore dei veicoli in lontananza, fortunatamente mai invadenti . Ad Egga cogliamo l'occasione per scatt are delle foto tra le case caratt eristi che, un vero angolo di paradiso. Procediamo ancora, Simplon Dorf (1460 m) ci appare in lontananza, completamente diversa da come l'abbiamo sempre vista sfrecciando in auto, da questa prospetti va appare molto graziosa, ordinata, e con delle villett e in ti pico sti le italiano. Seguendo la tabella di marcia sosti amo per rifocillarci.Sono quasi le 14:00 la strada da percorrere e' ancora lunga, quindi riparti amo alla volta di Gabi che raggiungiamo in poco tempo, in discesa, att raverso un senti ero nei prati , passando sott o il viadott o della statale. A questo punto la Stockalper cambia radicalmente aspett o, si passa dagli ameni pascoli assolati , alle severe gole di Gondo, sempre in assoluta sicurezza att raverso ponti metallici e gallerie illuminate che percorrono il forti no militare,completamente incassato nella montagna. Inizialmente il tracciato si snoda a destra del torrente Doveria, lo percorriamo fi no alla localita' Alte Kaserne dov’e' ubicato il bel museo che illustra la storia del Sempione; poi proseguiamo il successivo ed interessanti ssimo tratt o passando da una sponda all'altra fi no a raggiungere Gondo dove il pullman postale ci riporterà a Domodossola.Periodo consigliato da Luglio a Sett embre.

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Il Residence Orso Bianco è situato in posizione panoramica e in un

suggestivo scenario naturale, nel pieno centro di San Domenico a pochi

passi dagli impianti di risalita per il Ciamporino e per la piana

dell' Alpe Veglia e gode di un'immensa quiete nel verde dei boschi di

larici e dei pascoli alpini.I 5 appartamenti indipendenti con vista

panoramica e balcone sono completamente arredati e corredati

con cucina e bagno con doccia, termoautonomi e con servizio di

biancheria, TV, Internet WII FII e box.La struttura inoltre è dotata di sauna,

piscina coperta e riscaldata e pub, dove poter trascorrere momenti

divertendovi con sfi de a biliardo e a calcetto oppure degustando le

ottime birre o i taglieri tipici con formaggi d'alpe che potrete poi trovare in vendita nel nostro rifornito market.

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Alpe Veglia: Sentiero natura

Giro della conca di Veglia

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i nfo Sede Amministrati va del Parco Naturale Alpe Veglia e

Alpe Devero, Viale Pieri 27 a Varzo Tel. 0324.72572

Pro Loco S. Domenico, Tel. 0324.780809 (apertura stagionale).

Il tempo di percorrenza del senti ero è di circa 1,30 h senza diffi coltà e con

un dislivello in salita di 25 metri; il periodo consigliato va da giugno a

sett embre e l’abbigliamento e l’att rezzatura consigliati sono quelli

da montagna con scarpe da trekking.

il Parco tutela i grandi alpeggi di Veglia e Devero nelle Alpi Leponti ne occiden-

tali. Un ambiente alpino dolce e austero: dolce nelle praterie ondulate d'alta quota e austero nella severità delle grandi mon-tagne e nelle immense giogaie batt ute dal vento. Un ambiente modellato dall'uomo, risultato del lavoro di infi nite generazioni di montanari. Veglia, l'alpe della luce per la dimensione solare dei suoi pascoli, e Devero, l'alpe del sorriso per lo splendo-re delle fi oriture esti ve, sono oggi un am-biente naturale tra i più preziosi delle Alpi. Natura e cultura. Queste montagne rac-contano di come l'uomo ha colonizzato le montagne: un'avventura epica da leggere ad ogni curva di senti ero. Ma dimostrano anche come l’amore e il rispett o per la na-tura siano un bene anti co da tramandare alle generazioni future. In anni diffi cili e cruciali per le valli alpine, il Parco opera per vincere la diffi cile scommessa di co-niugare la conservazione della natura con lo sviluppo sostenibile per le popolazioni di montagna.

E’ un iti nerario a caratt ere generale che segue la comoda pista che eff ett ua il giro completo della conca att raversando tutti gli anti chi nuclei che nel complesso for-mano l’Alpe Veglia. Due brevi deviazioni su senti ero conducono alle marmitt e dei giganti , formatesi lungo il Rio Cianciavero per l’abrasione esercitata da sabbia e ciot-toli trasportati dalle acque correnti , e alla sorgente minerale del Rio Motti scia sco-perta nel 1875 da due soldati e analizzata per la prima volta a Torino nel 1879 dove nel 1884, fu premiata per le sue proprie-tà tonico ricosti tuenti . Altra tappa della gita è quella che si può eff ett uare presso la fornace della calce, oggi ancora visibile, che serviva per la produzione arti gianale della calce uti lizzata in edilizia per ott ene-re la malta. Durante l’escursione potranno essere approfonditi altri temi quali: l’evoluzione geologica dell’Alpe, le testi monianze de-gli anti chi cacciatori preistorici a Veglia, l’importante ruolo ecologico ricoperto dalla formica rufa, le peculiarità del lari-ce, gli adatt amenti antropici e la prati ca del pascolamento e molti altri interessanti aspetti naturalisti ci e geologici.

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Il

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di Claudio Zella Geddo

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compiuta rappresentazione - che poi troveremo anche altrove - di una cel-lula di difesa indipendente. Si att raversa la carrozzabile e passan-do oltre un oratorio seguendo la vec-chia mulatti era ci si troverà di fronte ad una leziosa cappella, dei primi del cinquecento, aff rescata da Giovanni da Gagnola con una Madonna delle Grazie (Auxilium Pesti lenti ae) munita di cordone da clarissa ed incisioni sca-liformi.Lasciato Roldo ed il suo celebre tem-pio circondato da affi latoi a destra ci dirigiamo verso Burella.Agglomerato tra i più carichi di sug-gesti one e atmosfera del nostro cam-mino. E’ un sito posto a levante della dominante Montecrestese, in cui la presenza di architett ure medievali di

Un cammino tra le frazioni di Mon-tecrestese, luogo che è sempre

considerato un giardino di pietra per il suo cospicuo patrimonio archeolo-gico e architett onico. Come non ricordare a questo propo-sito i ritrovamenti megaliti ci di Castel-luccio, il tempiett o leponti co di Roldo o la recente scoperta e tutela di aff re-schi di scuola lombarda del XV° secolo di Alteno e Burella.Parti amo dunque da Pontett o e subi-to troviamo una bella casa padronale a doppia entrata e doppio camino ad arco trigemino del XVI° secolo, im-preziosito da un aff resco raffi gurante una Madonna in Maestà con bambi-no benedicente ed un carti glio di de-dicazione; non mancano poi, su taluni ruderi, croci rinforzate. Il complesso è

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ti po “casaforte” è evidente come le funzioni difensivo-residenziali att e a respingere le incursioni più o meno leggendarie dei “Picchi” briganti o si-gnori delle vaste aree limitrofe.Tra i molteplici lasciti di una cultura tardo goti ca signifi chiamo, all’entrata a sinistra, una costruzione che riassu-me in sé sedimentazioni architett o-niche con fi nestrone a losanghe cen-ti nato in somma che dà luce a due piani di costruzione.Nel nucleo abitati vo oltre a triliti ci medievali, feritoie da balestra, croci potenziate, aff reschi voti vi con car-di mariani, nella domus padronale - ruinata - inviti amo i viandanti ad osservare il passo di un personaggio profano camminante tra i fi ori accan-to alla raffi gurazione allegorica di una

conversazione, forse galante, tra un uomo e una donna.Superato quindi Giosio ed il torchio usato fi no agli anni ’50 posto prima di un passaggio coperto con doppia volta a bott e e stemma nobiliare, ci aff acciamo a Cardone, luogo nati o dell’omonimo pintore Giacomo.La casa natale ci accoglie con uno stupefacente graffi to di una citt à fan-tasti ca ove tra l’altro viene rappresen-tata la favola di Esopo del lupo e del cigno. Non manca inoltre una leggia-dra raffi gurazione di una fanciulla (la Musa) che suona il violino. Passiamo oltre Oro, patria dei “spar-girei” (i disperati ) con la sua svett ante casaforte con asti co, per arrivare ad Alteno posta di diff usa notorietà sia per la emblemati ca rappresentazione

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della ruota dei De Rodis sia per i cele-bri aff reschi a dimensione naturale tra cui il terebrante lanzichenecco. Proseguiamo lungo la mulatti era tra le vigne verso Naviledo, facendosi largo tra la copiosa vegetazione infestante troviamo un gigantesco torchio col-locato in una apposita costruzione. Ragguardevole nonché di limpida at-mosfera risulta essere poi una casa padronale del XVII° secolo (Domus Presbiter) dalla quale si gode una ras-serenante vista sull’intero specchio della valle. A Naviledo Sopra un pozzo e un forno comunitario con aff reschi voti vi ingenti liscono il paesaggio.Al ritorno scendiamo lungo l’anti -ca traccia che da Oro ci conduce tra

ameni campi e boschetti a Vignamag-giore. Noti amo allora come tutt e le frazioni siano state poste a fi anco di tale tracciato, il cui proseguimento porta poi ad Alloggio e quindi nella valle dell’Isorno.Consideriamo, osservando questo mondo di pietra che ci sta lasciando nell’indiff erenza, che laddove il lan-zichenecco non ha menato rovina, ben ci ha pensato l’uomo nuovo che rifi utando il proprio passato si scopre ancor più misero. Tempo: 3h.30 minuti Diffi coltà: TCarti na: C.N.S. 1.50.000 "Valle Anti go-rio" n.275

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PAGINE FRAGILI

di Rosella Favino

Qualche domese ancora oggi ha memoria dell’im-

magine di un treno simbolo di un’epoca, quella Belle Époque in cui il Simplon-Orient Ex-press era l’ospite d’onore sul primo binario della Stazione Internazionale.Era quando i ciliegi fi orivano a pochi passi dalla Stazione, nei prati vicino ai campi di bocce dell’Albergo Vigezzino… Le pagine fragili di questo rac-conto sono cartoline d’epoca, dai forti contrasti di bianco e nero, sono legate ai ricordi di un passato tanto recente quanto inimmaginabile per chi visita la citt à oggi per la prima volta.Se facessimo un salto indietro nel tempo, al momento in cui, fatt a l’Italia, era ora di fare gli Italiani, troveremmo un’Osso-

la operosa e non certo ricca ma piena di composta dignità. Una fi tt a rete di mulatti ere col-legava le frazioni e gli alpeggi, le sorgenti in montagna erano tenute in ordine dal lavoro si-lenzioso di una molti tudine di alpigiani, così come le piccole grandi muraglie, che garanti -vano terra da colti vare su quei versanti ripidi ma bene esposti al sole della bella stagione.Era una Domodossola ancora collegata a Briga, in Svizzera, con una leggendaria mulatti e-ra fatt a costruire nel XVII° se-

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colo da Kaspar J. Stockalper: risalen-do la val Bognanco, portava al Passo del Monscera, e da lì nella Zwisch-bergental, e poi a Gondo e al Passo del Sempione. Era la Domodossola capolinea della linea di diligenze che percorrevano la strada napoleonica, passando att raverso le spaventose Gole di Gondo e valicando le Alpi ai 2000 metri del Passo del Sempione. Ma sopratt utt o era una Domodos-sola che distava quasi un giorno di viaggio da Milano e da Novara, anco-ra in carrozza. Non arrivava ancora alcuna linea ferroviaria nel capoluo-go ossolano nel 1860!La prima via ferrata venne comple-tata nel 1888: costeggiando la riva destra del Toce e scendendo a valle dal Lago d’Orta, univa Domodossola a Novara.Il traforo del Sempione e la linea fer-roviaria Domodossola - Milano poco più di un secolo fa avvicinarono ul-teriormente questa citt à al resto

del mondo. Poco più di un secolo ha compiuto anche l’att uale Stazione Internazionale, piccolo gioiello d’al-tri tempi che ha inglobato la prece-dente, più piccola. Essa accoglie oggi i viaggiatori con uno sti le fatt o di razionale semplicità: pensiline fun-zionali, un atrio luminoso, ancora ampio spazio per la bigliett eria. L’edi-fi cio att uale fu progett ato alla fi ne del XIX° secolo dall’architett o mila-nese Luigi Boffi , al quale dobbiamo tutt e le stazioni della linea del Sem-pione, da Arona fi no a Iselle, l’ulti ma prima del confi ne. L’inaugurazione della linea ferroviaria internazionale avvenne nella primavera del 1906, in concomitanza con l’Esposizione In-ternazionale del Sempione a Milano, dedicata ai trasporti e al dinamismo, e catapultò defi niti vamente Domo-dossola nella modernità. Ripercorriamo insieme i passi di que-sta avventura dell’ingegno e della tecnica d’altri tempi…

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Abbassamento della strada comunale per la soppressione del passaggio a livello.

Sera del 30 Maggio 1906 arrivo dell’ultima diligenza del Sempione.

Pag. 32: Prova della piattaforma girevole da 18 metri.Pag. 33: La biglietteria.

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1805: si inaugura la strada napoleonica al Sempione1825: nasce la prima ferrovia pubblica, in Inghilterra1826: il primo piroscafo naviga sul Lago Maggiore: si chiama Verbano1839: si inaugura la prima ferrovia ita-liana, la Napoli-Portici1855: diventa operativa la ferrovia Alessandria-Novara-Arona (con rac-cordo con la navigazione sul lago Mag-giore)1864: si inaugura la ferrovia Novara-Gozzano, con proseguimento privato fi no ad Alzo di Pella a servizio delle cave di granito1868: si inaugura la tratta Milano-Arona 1882: viene completato il tunnel del San Gottardo1884: entra in servizio il tratto Gozza-no-Orta1887: si completano i lavori per la linea ferroviaria tra Orta e Gravellona Toce1888: la ferrovia Novara-Domodossola è completa1906: si inaugura il primo tunnel del Sempione1911: apre al pubblico il servizio di cremagliera tra Stresa e la vetta del Mottarone (con raccordo con la naviga-zione sul Lago Maggiore)1910-1913: viene realizzata la tramvia Pallanza-Fondotoce-Omegna1912-1923: viene costruita l’ardita linea ferroviaria Vigezzina (Centovalli-na, per gli Svizzeri)1926: viene attivata la tramvia Intra-Premeno 1946: una linea di autobus sostituisce la tramvia Verbania-Omegna1960: la Intra-Premeno cessa di fun-zionare; sul suo tracciato viene realiz-zata una strada1963: la cremagliera Stresa-Mottaro-ne viene smantellata; verrà sostituita nel 1970 da una funivia.1995: dopo oltre 20 anni di lavori, vie-ne inaugurata l’autostrada A26

L’Orient Express è un ricordo da carto-lina in bianco e nero, la diligenza non viaggia più dal 1919 ma uno di quei convogli è conservato al Civico Museo Sempioniano in via Canuto, a Domo-dossola. C’è ancora un ciliegio in un corti le vicino alla stazione e fi orisce anco-ra e ancora diventa rosso in maggio e si riempie di uccellini golosi. Non è uno dei ciliegi che hanno visto pas-sare l’Orient Express, non ci sono più le bande di ragazzi che gioca-no sui prati : oggi giardini ben curati e gesti ti da giardinieri professioni-sti si nascondono tra i condomini... Oggi le ruote cigolano pesanti sul me-tallo scuro del primo binario: un’auto-strada viaggiante formata da una car-rozza passeggeri con quaranta camion al seguito si sposta lentamente verso i centri intermodali di tutt a Europa. Oggi parliamo di mobilità sostenibile ma viaggiare nel VCO sui mezzi pubbli-ci a basso impatt o ambientale è molto più diffi cile oggi di cinquant’anni fa.Noi abbiamo la pazienza di raccogliere i ricordi e leggere i segni nel territorio e sopratt utt o sappiamo viaggiare nel modo più eco-compati bile che c’è: con la fantasia. Sappiamo che “risolvere il problema delle comunicazioni è dare nuova vita a un’intera regione, aprire nuovi orizzonti nei rapporti sociali” [1].E un ciliegio fi orisce ancora, vicino alla Stazione Internazionale di Domodos-sola…

[1] Alfredo Pariani, ingegnere progetti-sta della tramvia Intra-Premeno, 1911

L’album fotografico è stato gentilmente concesso da Lolli Collezioni “Domodossola”

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I luoghi I luoghi dell’anima: dell’anima: alpi e alpi e montagnemontagne"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costi tu-zione, andate sulle montagne dove cad-dero i parti giani, nelle carceri dove furo-no imprigionati , nei campi dove furono impiccati . Dovunque è morto un italiano per riscatt are la libertà e la dignità, an-date lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costi tuzione" (Piero Cala-mandrei, giurista, 1955).

Queste le parole sulla chiesett a di Goglio, vicino a quella funivia dove, nell’ott obre 1944, quatt ro parti giani furono trucidati dai nazisti che facevano il ti ro a segno con la cabina della funivia del Devero dove stavano uomini aff amati ed esausti che cercano scampo,

"Nella cabina siamo in venti quatt ro, con cinque mitragliatori, due mortai da 45 senza munizioni, una cassa di carne e due

1Il massacro rivive nel ricordo del parti giano Ubaldo Marta residente a Vogogna nella sua testi monianza resa al comandante Ercole Vitt o-rio Ferrario della divisione "Valdossola" inserita nel volume "Goglio 17/10/44, il dramma della funivia”.

di Michela Zucca

fi aschi di vino. Un carico senza dubbio eccessivo. Rimango bloccato nella ca-bina con addosso il Pep Faccioli morto. Quando i tedeschi entrano nella cabina mi prendono a calci, mi butt ano fuori e mi fanno stendere a terra, poi ancora a calci, ammazzano il Prati ni, già ferito, a due passi da me. Un colpo di lato alla te-sta…"1

La vecchia cappella adesso è diventata un piccolo museo della Resistenza: uno dei tanti “luoghi dell’anima” racchiusi all’interno di quell’enorme contenitore di memoria che sono le nostre Alpi.

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Spazi chiusi, orizzonti apertiSpazi chiusi, orizzonti apertiPer i citt adini, la “casa” inizia dietro la por-ta: non include neanche il quarti ere in cui si trova. Poveretti , sono abituati a stare in galera, il loro orizzonte è limitato, il loro spazio, chiuso. Ma per chi è nato sulle Alpi, “casa” è quanto meno la valle intera: racchiude i profi li delle cime che racchiu-dono un universo circolare, aperto ai passi di valico che portano dall’altra parte, pra-ti boschi senti eri ghiacciai torrenti ponti , estate e inverno, panorama infi nitamente vario e variabile nel tempo, odori sapori colori, paesaggio dell’anima... Natura Ma-dre che ti protegge, ti fa senti re al sicuro, anche d’inverno quando fa freddo e c’è la neve. Perché una montagna, senza la gente che ci vive sopra e che trae il suo nutrimento dai suoi versanti , sarebbe un ammasso di pietra e sassi, descrivibile geografi ca-mente per la sua posizione sulla crosta terrestre, e geologicamente: se volessi-mo andare più a fondo, si potrebbe an-che caratt erizzarla per la sua fl ora e la sua fauna. Stop. Per chi ci abita, invece, vuol dire i secoli che gli antenati ci hanno messo per terrazzarne i versanti , e ren-derla colti vabile; vuol dire i senti eri che sono stati tracciati nel corso degli anni; vuol dire casa, paesaggio familiare: per i montanari, il concett o di “dimora” non è limitato all’abitazione, include i monti intorno. E ingloba anche la cappella che è stata costruita in cima, sott oterra ancora l’arcaico luogo di culto preistorico dedi-cato alla montagna-madre, di cui non si è persa la memoria perché al posto del-la dea matriarcale ci sta la madonna che viene comunque adorata att raversando i passi ed incontrando chi abita dall’altra parte, con un pellegrinaggio che dura da migliaia di anni. Chi ci è nato, là, parla delle “mie monta-gne”, investendole di profondi signifi cati simbolici ed aff etti vi, incomprensibili ad

altri: per esempio allo sporti vo, che viene per scalare una parete in arrampicata e li-bera, e ci vede solo una superfi cie verti ca-le da aff rontare con virtuosismo e tecnica. Lo racconta bene Nuto Revelli nel “Mondo dei vinti ”. Lui, uffi ciale alpino che, ragazzo, si era spinto in montagna per brevi scam-pagnate con gli amici, aveva avuto soltan-to sporadici, turisti ci contatti col “popolo dei monti ”, si ritrova in Russia con gente straordinaria. Un’umanità dolente che forse aveva già incontrato nei romanzi di Tolstoj (nessuno in Italia si è impegnato a descriverla come avrebbe meritato), che gli affi da messaggi da portare, appunto, a casa. Ma quando, fi nita la guerra, comin-cia il suo viaggio appena al di là della sua porta, si accorge che “…le baite di Para-lup erano più povere delle isbe, quatt ro mura a secco, la porta così bassa che ob-bligava all’inchino, una crosta di ghiaccio per tett o. Il vento, passando, lasciava nel-la baite l’odore della neve. Meno fredde le baite di San Giacomo, Torre, Palanfrè. Ma sempre grott e. Era questo l’ambiente dal quale avevano strappato i miei alpi-ni di Russia, queste le baite che gli alpini cercavano nei lunghi giorni della dispera-zione”.

La botanica del sognoIn questi ulti mi decenni, la progressiva deserti fi cazione di vaste aree del pianeta induce ad una rifl essione: la fragilità di boschi e foreste, in parte causata dall'in-quinamento e dalle piogge acide, si può anche collegare ad una certa "deserti fi -cazione" delle coscienze, che spesso sono diventate incapaci di percepire e di elabo-rare reti di solidarietà con la natura. L’umanità occidentale sembra essersi scordata che il regno vegetale e quello umano, come quello animale, sono lega-

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ti , da tempi immemorabili che aff ondano le loro radici nella memoria archeti pa e nei senti menti , da invisibili fi li di comune appartenenza al creato. Si tratt a di legami che oggi, in gran parte dell'Europa indu-strializzata, sono stati spezzati , e noi non siamo più capaci di percepire e di rianno-dare. Il quest’ambito, il lavoro dell’antropologo può assumere non solo una connotazione di ricerca, ma anche di grande impegno culturale, civile, umano: perché è sul rap-porto con la natura che si stanno giocando i desti ni e le possibilità di sopravvivenza del pianeta, e di molto dei gruppi umani che l’antropologia studia.L’incapacità di senti re l’ambiente come enti tà anche spirituale è dovuta all'evolu-zione, in senso razionalisti co e cartesiano, della concezione occidentale di scien-za. Dalla Rivoluzione scienti fi ca in poi, la natura si è staccata dagli esseri umani; il suo funzionamento è stato interpretato in senso meccanicisti co e razionale; le sue componenti miti che, irrazionali, magiche; la comunione che gli esseri umani aveva-no celebrato per millenni con Gaia, la Ter-ra Madre, sono state scaraventate a forza fuori dal bagaglio culturale obbligato di qualsiasi operatore che avesse a che fare con la gesti one delle risorse ambientali (e con lo studio dei suoi "meccanismi"), bol-landole come supersti zioni medioevali o folklore. La natura non è più un immenso organi-smo vivente con cui dialogare, da nutrire, rigenerare, rispett are, adorare, curare e, se possibile, anche coccolare, in cambio della sopravvivenza, e dei frutti che con generosità ci dona; è diventata un patri-monio da gesti re, massimizzando i profi tti , in un'otti ca di sfrutt amento illimitato del-le "risorse". Purtroppo però, malgrado la creazione di complicati e sofi sti cati ssimi modelli matemati ci che cercano di ripro-durre (col calcolatore!) la vita di ecosiste-mi complessi, la classifi cazione scienti fi ca, con i suoi valori, manti ene l'"oggett o", il

"fenomeno", l'albero, la besti a, il pae-saggio distante dalla persona, senza più suscitare, come in passato, identi fi cazio-ne, amore, simpati a. La scienza, da sola, non crea negli esseri umani quel rispett o empati co (che dura la vita intera) con cui i contadini che parlavano con gli spiriti degli alberi hanno salvaguardato Gaia per millenni: il risultato di qualche decennio di "istruzione scienti fi ca generalizzata" è sott o gli occhi di tutti .

I paesaggi dell’animaIl rapporto fra l'uomo e il paesaggio è sempre stato un rapporto strett o, specie in arco alpino, e si è basato, per millenni, su una conoscenza esperienziale del terri-torio tanto precisa che, all’att o prati co, era più effi cace di una conoscenza scienti fi ca. La cultura può anche intendersi come si-stema di adatt amento all’ambiente, anche se il suo ambito esula dall’organizzazione dello sfrutt amento della natura per la so-pravvivenza: tanto che di fronte a sfi de ambientali simili, cultura diverse hanno elaborato modalità, tecnologie e valuta-zioni diff erenti . Non esiste una “civiltà della montagna”: questa “comunanza culturale” è solo il frutt o di semplicisti che ricostruzioni gior-nalisti che prive di serie basi di indagine e lavoro antropologico sul campo. In re-altà, i popoli che vivono in quota sanno trasformare in casa propria il paesaggio circostante, modifi candolo a seconda dei propri bisogni materiali ma, anche e so-pratt utt o, spirituali. Necessità che cam-biavano conti nuamente nel tempo e nello spazio: basta guardare i modelli di abita-zione alpina, così diversi dalla Liguria alla Slovenia, e paragonarli ai palazzi di citt à, così simili l’uno all’altro, anche in epoche diverse. Il contadino sapeva perfett amente dove e perché doveva e poteva costruire: quanto

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e come doveva concimare un certo pasco-lo, quanti capi di besti ame poteva soppor-tare prima di essere distrutt o o rovinato dal forte calpesti o, come un temporale può cominciare ad erodere la coti ca, in quanto tempo si può arrivare alla roccia perdendo il terreno (che magari è stato trasportato in quota a spalla), l'erba, per-de la ferti lità. Sapeva ancora meglio che se non concimava l'anno dopo invece di fare cinque o dieci quintali di fi eno ad ett aro ne facevano quatt ro o tre, e se non tene-vano indietro la foresta nel giro di dieci, venti , trent’anni il bosco avrebbe chiuso lo spazio aperto che serviva per far mangiare le besti e. Il rapporto fra l'uomo e la natu-ra è sempre stato strett o, anche se non ci sono state leggi scritt e, anche se non c'era la forestale che imponeva vincoli. Era una relazione di sopravvivenza, si dovevano mantenere la foresta o il pascolo perché erano la fonte di nutrimento: se si rovina-vano i prati , o se si tagliava troppo il bosco non ci sarebbe stata più possibilità di dare il fi eno alle besti e, oppure di bruciare le-gna durante l'inverno per riscaldarsi.

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IL LIBRO

Il femminismo è l’unica vera rivoluzione del XX secolo? Oppure le rivoluzioni

non esistono? I cambiamenti di mentalità sono lentissimi, attraversano i tempi lun-ghi dell’Antropologia, sono quasi imper-cettibili e, soprattutto, non lineari. Sono esistiti periodi storici in cui il potere di autodeterminazione delle donne, ovvero la possibilità di scelta personale, è stato molto più ampio di quanto si è creduto per secoli. Una cosa è certa: percorrendo la strada delle vite quotidiane al femmini-le ci si accorge che i ruoli tradizionali in cui l’altra metà del cielo è stata confi nata non sono né naturali, né antichi; per deci-ne di migliaia di anni signore e signorine hanno combattuto in guerra, esercitato la leadership politica, gestito economie anche complesse, contribuito, in maniera determinante, al progresso scientifi co e tecnologico dell’umanità. Poi - non sem-pre nello stesso modo e con gli stessi tem-pi - hanno perso potere, e hanno dovuto elaborare strategie di sopravvivenza e di difesa.Questo testo vuole tentare di delineare una storia di quelle che non erano né ari-stocratiche, né borghesi, né intellettuali, né cittadine (almeno fi no a periodi recen-ti): quelle che hanno sempre lavorato, in casa e fuori, che hanno fatto fi gli, cuci-nato pasti, amministrato case, assicurando la sopravvivenza di intere generazioni. E vuole ricordare sentimenti e azioni anche di quelle donne che hanno lottato, da sole o al fi anco dei propri uomini, contro l’in-giustizia e per un mondo in cui chiunque potesse avere pane a suffi cienza per vivere.

Michela Zucca, antropologa, ha svolto il suo lavoro di campo fra gli sciamani sudamericani amazzonici. Si è specializzata in antropologia alpina, storia del-la stregoneria, studio dell’immaginario nelle espres-sioni artistiche popolari. Ha lavorato per quindici anni al Centro di ecologia alpina di Trento. Si oc-cupa di sviluppo sostenibile di aree rurali marginali, di valorizzazione del territorio, di formazione, di progetti europei. Ha fondato la rete di donne delle Alpi. Ha insegnato all’Università di Torino e di Aosta, e all’Alta scuola pedagogica di Locarno. Ha curato progetti sulla scuola di montagna per il Mi-nistero della Pubblica Istruzione.

In copertina: Gerolamo Induno, Donne romane, scena contemporanea (1864)

Michela ZuccaStoria delle Donne “da Eva a domani”

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CROVEO-BACENO

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di Michela Zucca

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Nei tempi anti chi - quando ancora i santi operavano prodigi e il diavolo

andava pel mondo a giocar ti ri birboni alla povera umanità - sorgeva nel lett o del De-vero, sott o Cròveo, un molino che, distrut-to e riedifi cato più volte, si vede tutt ora sulla destra riva del fi ume, presso le calda-ie. Erane proprietario un vecchio ubriaco-ne e accatt abrighe, il quale di buono non aveva che una fi glia, Lucia, bella e savia ed altrett anto amata da tutti , quanto il padre era catti vo e detestato ….Così comincia la leggenda raccolta da Ot-torino Leoni sull’origine di uno dei luoghi più belli e suggesti vi della Valle Anti gorio: gli orridi di Croveo. Tecnicamente gli orridi sono il risultato dell’azione di erosione del ghiacciaio: le spinte dinamiche del lento ma inesora-bile movimento verso il fondo valle e lo scorrere vorti coso dei torrenti subglaciali, che trascinavano nelle loro acque di scio-glimento sabbie, detriti e rocce, furono tanto potenti da spaccare e modellare la roccia in questo tratt o di valle creando pa-esaggi straordinari: forre profondissime, stretti passaggi quasi labirinti ci, strapiom-

bi di decine di metri, conche e piscine na-turali, cascate improvvise e giochi d’acqua inaspett ati .L’escursione agli orridi è l’occasione per fare non solo una bella passeggiata, ma un vero e proprio viaggio in un’altra era geologica, un salto di oltre 14.000 anni (millennio più o meno), quando, durante l’ulti ma glaciazione, un’immensa coltre di ghiaccio copriva gran parte della valle. E’ stata proprio l’alternanza di ere glaciali e interglaciali, raff reddamento / riscalda-mento, a modellare nel corso dei millenni le forme del paesaggio così come si vedo-no oggi.Si reputa che durante l’ulti ma glaciazio-ne, (si parla “solo” di 10.000 anni fa!) la valle Anti gorio fosse interamente coper-ta dal ghiacciaio del Toce, e che lo strato di ghiaccio si estendesse per almeno un chilometro, lasciando spuntare solo i ri-lievi più alti . Tenendo conto che un metro cubo di ghiaccio pesa 917 kg, una colonna di 1000 metri cubi dovrebbe pesare (la forza della matemati ca... ) un po’ meno di un migliaio di tonnellate: si pensi alla forza inconcepibile di uno sconfi nato fi ume di

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ghiaccio, che trascina con sé rocce, detriti e massi errati ci, si muove conti nuamente - come la coda di enorme serpente - e nel fratt empo scava, erode, incide, buca...: questa l’origine degli orridi della Valle An-ti gorio. Ma la teoria delle glaciazioni è una acqui-sizione di conoscenza molto recente, e i primi studiosi che a metà ‘800 comincia-rono ad aff ermarla venivano considerati dei mezzi pazzi. L’anti co sapere popolare, basato sull’esperienza e sull’osservazione, non poteva basarsi su esami scienti fi ci e ritrovamenti archeologici, e parlava per metafore, immagini, miti : non sapendo nulla di ghiacciai grandi centomila volte quelli che incombevano sulla valle, ela-borò comunque la teoria di una forza in-concepibile per gli esseri umani, maligna, sott erranea: quella del Diavolo. Rischiarato da fi amme infernali, il diavo-lo era apparso sulla vett a, in tutt a la sua orridezza.Dopo avere contratt o il viso ad un sogghi-gno di gioia dett e un gran pugno sulla roc-cia che si spezzò come fragile vetro: prese uno di quei frammenti , grande come una casa, lo sollevò quale fuscello e lo fece ro-tolare in basso, chinandosi poi sull’abisso a guardare. Il masso rimbalzando di roccia in roccia con fragore di tuono che fece tre-mare la terra, precipitò giù, minacciando di ruina il molino di Michele: ma quando gli fu quasi addosso e stava per schiac-ciarlo, insieme coi suoi abitatori, si arrestò d’improvviso e giacque immobile a pochi passi. Il demonio allora aff errò un altro sasso più grande, lo lanciò con tutt a la sua forza nello spazio: questa volta il macigno d’un sol balzo giunse a valle, ma quando fu presso il mulino lo sorvolò, lasciando-lo incolume, e andò a infi ccarsi profon-damente nel suolo, poco lungi. Allora il diavolo, digrignando i denti per rabbia, e proff erendo orribili bestemmie, gett ò un altro masso, e poi altri e altri ancora, ma tutti rispett arono miracolosamente la ca-sett a dei due amanti che, pallidi ed ester-

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refatti , correvano da un canto all’altro, dando pazze grida, senza osar di uscire, per non rimanere stritolati .Gli sforzi di Lucifero sono rivolti alla casa di due amanti che vivono nel peccato per-ché il padre di lei, il vecchio mugnaio della valle, si sente professionalmente elimina-to dal giovane collega che fa il pane più buono e fa anche la corte alla fi glia... così lui vende l’anima al diavolo perché elimini i due traditori ma il buon senso popolare, malgrado lo stato di peccato in cui vivo-no i due (che convivono more uxorio nel mulino del ragazzo) fa intervenire un buon eremita che li difende e alla fi ne mete a posto ogni cosa...Sono i romanti ci che rivalutano i paesag-gi di natura selvaggia, e che cominciano a calarsi in orridi e caverne riconoscendo la loro oscura bellezza. E’ nell’’800 che un turismo appena sviluppato impone la costruzione di scale e vie di accesso per quei budelli che conducono nelle viscere della terra, che non sono più frequenta-ti per paura di oscuri infl ussi e presenze malevole. C’è una sensazione di stacco brusco quan-do ci si addentra in quella che sembra la porta misteriosa al cuore stesso della montagna: quasi all’improvviso passiamo da un paesaggio dolce, soleggiato e ver-deggiante a uno spazio di penombra dove rari raggi di sole stentano a penetrare sfi orando le pareti come lame di luce, pas-siamo dal caldo al fresco-umido dove solo muschi e licheni riescono prosperare e a svilupparsi. Si cammina agevolmente su un fondo pianeggiante e asciutt o, creato dai depositi dei torrenti (che ora seguono un diverso corso), grandi cavità irregolar-mente arrotondate si alternano a passaggi angusti e sopra le nostre teste verti ginose pareti sembrano a tratti quasi congiunger-si lasciando solo strett e aperture verso il cielo per ricordarci che non siamo in una caverna.Certo, è facile immaginare cavità come queste percorse da suggesti ve processio-

ni di druidi e druidesse vesti ti di bianco, il falcett o d’oro alla cintura, che compiono strani riti ai suoni delle arpe sacre…. Op-pure le streghe che si radunano in luoghi a cui che la gente pia non si sognerebbe mai di avvicinarsi, per poter compiere in santa pace le evocazione del signore degli inferi (che può stare soltanto lì, gli è rimasto sol-tanto il sott osuolo perché se esce lo croci-fi ggono subito e lo bruciano in piazza…). Oppure gli amanti clandesti ni che cercano un po’ di pace e di privacy...Ma anche i diavoli sanno aspett are il mo-mento buono per prendersi la rivincita che i cristi ani gli devono. Finché visse il vecchio eremita tutt o andò bene, e più nessun pauroso avvenimento conturbò la quiete del paese: ma appena, carico d’anni e in odore di santi tà, egli ven-ne a morire, il diavolo decise di prendere la rivincita dello scacco avuto. La nott e stessa del dì in che fu sepolto il vegliardo, più non temendo l’eff ett o delle sue preci, volle mett ere ad esecuzione il suo disegno, semplice, ma di esito sicuro. Si tratt ava di accumulare i macigni, da lui sì infrutt uosa-mente precipitati al piano, nel lett o stesso del Devero, per ostruirne il corso, in modo che l’acqua, elevandosi in poco tempo, in-vadesse i punti circostanti e ne annegasse gli abitanti dei due mulini, che sorpresi dal sonno non avrebbero potuto fuggire in tempo. Prese dunque due massi enormi, li trasci-nò alla riva del fi ume e li sollevò in alto per precipitarveli in mezzo; ma per lo sforzo e nella frett a scivolò sull’umido terreno e cadde nell’acqua con sì mala sorte, che i due massi, cozzando l’un contro l’altro, ne aff errarono in mezzo la coda. Per ira e dolore il demonio mandò acuti ssime gri-da, che rintronarono per valli e per monti , come ululato di mille lupi presi al laccio. Cercò più volte invano di svincolarsi dalla terribile strett a; fi nalmente, in un parossi-smo di spasimo e di furore, diede tale uno strappo, che un pezzo di coda rimase fra le roccie e lui andò a gambe levate, bat-

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tendo del capo sopra uno dei massi, dove produsse una lunga spaccatura.Per la seconda volta dovett e darsi per vinto dinanzi a quella potenza occulta, più forte di lui, e tutt o sanguinoso e co-sparso di fango, si sprofondò nelle visce-re della terra.I due massi, bizzarramente accostati pel verti ce l’un contro l’altro, giacciono fi n d’allora in quella posizione e formano un ciclopico arco, sott o cui il torrente Devero, bianco di schiuma, si precipita in romoreg-giante cascata nel profondo vorti ce, che il volgo batt ezzò col nome di “caldaie del diavolo”.E non bastava ancora la vendett a.Poco tempo dopo lo strano avvenimen-to, scoppiò quella terribile pesti lenza che distrusse quasi per intero Domodos-sola e spopolò tanti paesi della vallata, e fu a portare la desolazione e la morte in tutt a la Lombardia e in altre regioni d’Italia. Gli storici att ribuirono la tre-menda epidemia all’invasione delle sol-datesche spagnole e dei lanzechinecchi, che sparsero dovunque sul loro passag-gio i germi del contagio. Nulla di più falso che tale asserto! La vera, l’unica causa ne fu la coda del diavolo ri-masta impigliata fra i due massi. Quando quello schifoso brano di carne cominciò a putrefarsi, né più né meno che se fosse stato d’una besti accia qualunque, un feto-re insopportabile, ammorbò l’atmosfera e ne rimase infett a l’acqua del Devero, che andò a portare il pesti fero veleno lungo tutt o il territorio bagnato da dett o fi ume, dal Toce, dal Ticino e dal Po, dove quelli si riversano. Per molto tempo il mortale fl a-gello conti nuò a mietere migliaia di vitti me e solo ebbe termine dopo che, cessando di sti llare nel fi ume l’ulti ma goccia di putre-dine infernale, le acque non riacquistaro-no la pri miti va purezza e trasparenza.Il diavolo potè essere pienamente soddi-sfatt o e darsi per risarcito a esuberanza per la perdita di quel pezzetti no di coda, se fu dessa causa di tanta strage e tanto lutt o

per l’umana specie, da lui sì mortalmente odiata.Era proprio quello il caso di dire che “il dia-volo ci avea messo la coda”.

NOTALe Caldaie del Diavolo è una leggenda pubblicata in due puntate su L’Ossola, nell’ulti mo numero del 1898 e sul primo dell’anno successivo. Ne è autore Ott o-rino Leoni, cugino del più noto Giovan-ni Leoni, ul Torototela, del quale cura la pubblicazione postuma delle Rime Osso-lane insieme con il fratello Leonello.Ott orino è nato a Ferrara il 27 febbraio 1862 da Camillo e Giacomina Burla; chi-mico farmacista, è stato nel sud America (a Montevideo, si turnava in alcuni pe-riodi di tempo con Leonello alla “Farma-cia del Aguila”, all’Arroyo Seco; nel Para-guay, per avventure di caccia grossa ed a scopo scienti fi co), ma prima della fi ne del secolo è già tornato defi niti vamente in Italia, a Ferrara, dove risulta residente (e dove riordina la pinacoteca del Palaz-zo dei Diamanti ), con frequenti presenze in Ossola, a Mozzio, il paese del padre.Buon fotografo (ha vinto molti premi), fonda con altri il Progresso fotografi co, rivista tecnica del sett ore.Celibe, muore a Mozzio il 21 marzo 1944.Sempre nel 1899, su L’Ossola Ott orino Leoni pubblica, a puntate, anche due racconti storici: La bella Crodese (dal 18 febbraio all’8 aprile) e La batt aglia dì Cre-vola (dal 17 giugno al 26 agosto).La bella crodese è Betti na, che, innamo-rata di Andrea da Baceno, è insidiata da Giovanni Marini dett o l’Alferone, il quale alla fi ne paga il fi o delle sue malefatt e. La batt aglia di Crevola è quella del 1487: Giovanna, fi glia di Jacopo, custode della torre d’Aveglio, salva un vallesano gra-vemente ferito, Anz Mti ller, e se ne in-namora. Circuita prima e poi tradita dal Mti ller, Giovanna impazzisce cercando la vendett a.

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Passi

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oltre il consuetodi Tonino Galmarini

Alpe Devero

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Considerando la maggiore frequenza di escursionisti all’Alpe Devero vuoi per la

facilità di accesso con l’arrivo della strada fi no alle porte dell’alpe, vuoi per la notorietà acquisita con la creazione del Parco Natura-le, fi nalmente l’area è conosciuta anche per la vasta possibilità di camminare per senti eri che portano a paesaggi, vallett e e alpeggi di rara bellezza.C’è solo l’imbarazzo della scelta. A proposi-to desidero accompagnarvi lungo un iti nera-rio poco conosciuto: portarvi fuori da mete belle ma troppo usuali per un immersione ancor più silenziosa nella natura. Contraria-mente all’abitudine di andare in gita nume-rosi, ciarlieri e bivaccanti , è bello essere in pochi ma buoni.La montagna è di tutti è vero, anche “dei merenderos” ma dopo aver lasciato le me-raviglie delle metropoli perché non lasciare parlare quello che ci circonda?

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Escursione al lago di Brumeimt. 1967Luogo di partenza: Alpe Devero 1640Dislivello quota massima raggiunta: mt 486Tempo di gita/camminata: h 6,30-7Diffi coltà: EE

Il lago di Brumei, la costa di Brumei, la corte Cerino e tutt a la conca sott ostan-

te la basti onata del Corno e del monte Cistella sono luoghi quasi sconosciuti e poco frequentati . Dall’inizio degli anni ott anta le due corti non sono più inalpa-te, mancando gli insediamenti stagionali

di pascoli, il sott obosco e il bosco stesso, si sono ripresi gli aspetti selvaggi, cancel-lando calpesti i di uomini e besti e.Da Devero scendiamo sulla bella mu-latti era e oltrepassando la Forcola (mt. 1608) dopo alcuni tornanti , tralasciando alla destra il senti ero iniziale della Vea i Squett ar in catti ve condizioni, arriviamo alla Prea Sciupada (Pietra scoppiata) in-confondibile enorme masso spaccato anti co luogo di sosta per gli alpigiani che salivano carichi pari ai muli e qui ripren-

devano forze e fi ato. Avanti ancora per al-cuni tornanti e a destra nella boscaglia su di un senti ero che porta a Novianco, un gruppett o di baite appena sott o le baite della Chiovenda (mt 1391). Ora ci si alza di poco su tracce di uno scavo per il pas-saggio del nuovo acquedott o, troviamo la mulatti era che sale da Goglio per l’alpe Bondolero. Ecco più sopra, sulla sinistra, la stupenda cascata di rio Freddo. Lama d’acqua bianca che fende per parecchi metri a strapiombo il verde del bosco. Arrivando poi ai piani di rio Secco un gua-do att raversa il torrente Bondolero, poco più sopra a qualche centi naio di metri la-

sciamo la mulatti era imboccando un bel senti ero a sinistra ( att enzione att raversa-to il guado non seguire le tracce a sinistra che portano alla casera di cima Piaggio).Il senti ero si alza ora per una comoda gradinata che termina nelle vicinanze di una scura roccia che sulla parete rugosa porta incisa una sacra immagine. Siamo sulla vea di Squett ar (via degli scoiatt oli) che si inoltra in una vera e propria galleria verde nella foresta. La vea passa poi alta sopra gli agglomerati di Esigo e scaval-

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cando il rio Brumei prosegue comoda in un lungo traverso. Prima di arrivare al rio della Ghendola lasciamo la mulatti era e prendiamo a destra un senti erino (segna-via evidente per Compolo) che con ripidi tornanti porta a Compolo e più sopra ai prati dell’alpe Deccia (mt. 1615). Dal cen-tro dell’alpe, arrivati a un dosso erboso (cartelli indicatori), il percorso volge a de-stra e entra pianeggiante nella valle. At-traversato un profondo canale si rimonta a sinistra una pietraia e a poco a poco ci si sposta a destra su pendii erbosi che portano al passo di Brumei (mt. 2126). La quota del valico è la prima depressio-ne che scende dal monte Cistella e si alza poi verso la Pizzett a di Brumei. Dal passo prendiamo le terrazze che in piano vanno a sinistra per scendere poi zigzzagando nella morena.Giunti qui in leggera discesa con un lar-go giro si raggiungono rocce montonate dalle quali si vedono i larici che sorgono in prossimità del laghett o (mt 1967) che si raggiunge con un ben disti nto percor-so. Il piccolo bacino alimentato soltan-to dai sovrastanti nevai, può alle volte essere quasi completamente asciutt o: le estati sempre più siccitose facilitano maggiormente il fenomeno.Il silenzio è grandioso, grandioso lo spazio, grandioso la selvati cità della natura. Very very wil-derness. Lasciato il lago un lungo traverso in leggera discesa ci porta alla vista delle dentellate creste del pizzo Cerino e cam-minando al limitare di un bosco di larici scendiamo verso destra per raggiungere corte Brumei (mt 1854). A destra della corte un senti ero esce in piano quindi la discesa si fa più decisa entrando nel fi tt o bosco. Volgiamo a sinistra, accostando placche rocciose e att raversando un ter-reno con grossi massi, ora si entra in una strett a che sbuca nei pascoli di Agarù (mt 1368). Dalle baite dell’alpe scendiamo fi no ad incrociare una strada sterrata co-struita alcuni anni fa per la quasi inuti le opera dei canali di gronda Veglia-Devero.

Volgiamo più sott o a destra e ritroviamo la vea di squetar nei pressi del ponte sul rio Brumei att raversato ore prima. Dal ponte un bel senti ero segue il torrente che scende a Ponti gei (mt 1340), il primo insediamento di Esigo (1175). Il suo pic-colo oratorio al centro di bellissimi prati , belle baite: alcune ristrutt urate con cura, un agriturismo ospitale e accogliente, Esigo un balcone sulla Valle. Alla sinistra della chiesett a una tratt orabile scende fi no al ponte in cemento di Goglio. E qui troviamo la fermata del Pronto Bus che ci riporta in Devero.Dopo una lunga camminata fra boschi, cascatelle, rocce, laghetti , fatt a anche con fati ca ma senz’altro ripagata dall’av-ventura, siamo accompagnati dai silen-ziosi passi nell’ignoto.

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Hiking to Brumei LakeStarting Point Devero AlpRise 486 metresTime 6.30 h.Diffi culty EEBrumei Lake, Cerino Alp and the valley at the foot of Cistella Mount are unex-plored and delightful places. Starting from Devero Alp you can go beyond the wonderful falls of Rio Freddo. Af-ter arriving at la Vea dei Squatter (Th e Squirrels’ route) the hiker can climb to Deccia Alp and then to Brumei Lake at an altitude of 1,967 metres.

The fascination of CroveoEven nowadays Croveo is an enchanting small village with stone buildings and fruit trees (apple and pear trees). Th e lovely village is famous for stories about witches and sabbath. Th e church and its

precious XI century bell tower, built on rock, are renowned as well. Walking around the streets you can admire the remarkable winepress, a remnant of peasant world and built in 1776. You can visit le caldaie near Croveo, too. Th ey are rocks, carved by water and ice in the centuries, where Devero stream runs between arcs and passes.

The FlowersÊ path from San Dome-nico to Alpe VegliaStarting Point San DomenicoRise 620 metresTime 1.30 metresDiffi culty TIt is a beautiful and scenic path to Parco del Veglia-Devero-Antrona. Th e hiker can enjoy the marvellous scenary from Leone Mount and the gorgeous fl owering of alpine fl ora along the way. Th e ancient beating heart of the mountains can be heard in the rocks, in the alps, in the streams and in the animals of Alpe Veglia.

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STORIA E TRADIZIONE A CROVEOdi Claudio Zella Geddo

In un piccolo borgo tutt o il fascino della Valle Anti gorio

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Da anno ormai l’alpe Devero ha con-quistato, grazie all’intraprendenza

dei propri abitanti ed alla straordinaria bellezza naturale, la fama di una delle più incantevoli zone delle Alpi.Prima però d’arrivare in questo vasto alti -piano bisogna risalire, da Baceno, la valla-ta alla volta di Croveo. Lungo il percorso il colpo d’occhio off re a sinistra le severe pareti del Cistella che signoreggiano sopra scure macchie d’abeti , mentre in fronte si staglia l’imponente vett a del Cervandone con a sinistra la cresta del Pizzo Cornera.In basso mugge e s’apre la via il torrente Devero tra oscure profondità e limpide pozze d’acqua tumultuosa.I versanti della valle, i cosiddetti boschi neri, per secoli rimasero a disposizio-ne delle popolazioni di Baceno e Croveo come focaggio (legna da ardere) e fabrica (d’opera per utensili e case). Solo nel XIX° secolo iniziarono dei disboscamenti inten-sivi sopratt utt o ad Esigo, Brumei, Bondo-lero e Agaro e venne quindi meno la fun-zione meramente protetti va di tali manti boschivi in occasione di frane e valanghe. Croveo (818 m.), paese dei serpari, è an-cor oggi un piccolo villaggio dalle case in pietra, calato tra terrazzamenti , massi er-rati ci lascito dell’ulti ma glaciazione e cor-ti ne di alberi da frutt o. Un ameno contor-no vegetale di meli e peri, che da sempre caratt erizza l’insediamento.La parrocchiale ha belle porte con incisi simboli sacri, di rilievo inoltre il campanile (forse dell’XI° secolo) ritt o su di uno sco-glio di pietra, con fi nestre del XV° secolo, e la sommità in barocco spagnolo. Sul sa-grato un monumento ricorda il curato del paese, Don Amedeo Ruscett a, abile nel catt urare le vipere e moti vo della nomea del paese.Scoprendo via a via il borgo, tra anti che costruzioni in sasso a doppia entrata, non passa certo inosservato il pregevole tor-chio del 1776, recentemente restaurato, addossato ad un trovante, vero e proprio

testi mone di un’epoca. Usato, a turni dalle famiglie, per la spremitura di noci e sopratutt o delle pere a novembre - da cui si ricavava una sorta di sidro dolce o la grappa -, all’interno conserva una macina e att rezzi del mondo contadino. Molte sono anche le costruzioni con log-giati in legno di pregevole fatt ura, si nota-no anche una canonica dal bel l’arco d’in-gresso, architravi con croci potenziate del XVI° secolo, aff reschi devozionali con Ma-donne del Latt e, Tau e fi gure con pasto-rale e mille segni dell’anti ca civiltà alpina come la martluria, pietra posta sull’uscio di casa ed uti lizzata per affi lare la ranza o gli spacchi creati dal frassino bagnato tra le grosse pietre cantonali delle case.Croveo è stato anche teatro dell’epopea dei contrabbandieri che fi no agli anni ’70 fati cavano tra La Rossa e Valle di Binn por-tando in Svizzera riso ed in Italia caff è e tabacco tra fati cose salite, fughe dai fi nan-zieri e pericolosi passaggi alpinisti ci.A pochi passi da Croveo non si tralasci

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d’andare a visitare le celebri Caldaie, rocce e marmitt e sagomate nei millenni da acqua e ghiaccio. Qui massi gigante-schi formano archi, strett oie, quinte in cui scorre il torrente Devero fi no ad una voragine scavalcata da un ardito ponte in pietra che conduce sull’odierno senti ero che da Graglia porta, oltre Osso, a Goglio. Proprio qui s’osserva un cappella, sorta in quello che i documenti episcopali dei pro-cessi contro le streghe anti goriane (1609 - 1611), riportano essere il crocevia delle malefi che che volavano verso il sabba sul ghiacciaio del Cervandone (3200 m.) e tra Stua e La Roscia (odierne alpe Stufa e La Roccia). Si tratt a di rimanenze di culti pre-cristi ani in cui la donna aveva funzione e ruolo di guaritrice nonché di tramite con un mon-do altro di chiara derivazione nordico-celti ca.Prima di arrivare ad Osso notare, sulla bal-conata rocciosa, un vero libro aperto per gli studiosi delle ere geologiche, la bella cascata del Rio d’Agaro. Nel borgo di rilie-vo aff reschi e date incise su diverse case nonché sulla stalla che veniva uti lizzata, nei secoli passati , per il traffi co commer-ciale att raverso il passo dell’ArbolaAltro gioiello del territorio è sicuramente Pian d’Ecchio, una vasta distesa, già pre-dilett a dai pitt ori per lo splendido pano-rama sul Cervandone, una volta colti vata a segale e patate ed ancora ingenti lita da secolari peri. Il luogo più adatt o per cat-turare tutt a la bellezza di quest’angolo di Valle Anti gorio.

B&B La Beula

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Vogogna Palazzo del Gabelliere Via Roma, 17/19 +39 338 1749100

Premia Casa Vacanze La Meridiana Fraz. Cadarese, 13 +39 0324 240858

Premia Premia Vacanze Via Domodossola, 154 +39 392 3331484

Bed & Breakfast - Case Vacanza - Residence

B&B La Beula

Il B&B La Beula dispone di 3 camere con TV satellitare, ampio parcheggio privato, vasca idromassaggio e solarium.

Fraz. Beola, n.2 Baceno (VB) Tel. 347.3474453/349.8760577

www.labeula.it - [email protected]

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Cany

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g in O

ssola

di Stefano De LucaImmagini: Scuola di ALPINISMO La Compagnia Delle Guide

e www.cicarudeclan.com

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Torrenti , forre, canyon… comunque li si voglia chiamare una grande

ricchezza per l’Ossola, prima ancora che economica naturalisti ca e sporti va.D’inverno li si può risalire con piccozze e ramponi e d’estate scendere con muta, corda e ferraglia varia... Il cosiddett o “canyoning” può essere con-siderato prati ca recente per gli “ossolani” che solo da qualche anno si sono interes-sati e appassionati chi per lavoro e chi per dilett o a questa ludica atti vità sporti va.Contrariamente, da parecchio tempo i canyon ossolani erano apprezzati , at-trezzati e percorsi da turisti e esploratori principalmente d’oltralpe che sicura-mente ammiravano, tra gli stretti solchi d’acqua e nelle aspre gole intagliate nello gneiss, la solitudine e gli spazi (in sen-so lato) che ancora questa bella terra, non troppo contaminata, sa dare ai suoi “amatori”.Diffi cile riassumere in poche righe re-lazioni, diffi coltà e raccomandazioni di vario genere. Premett endo che non esi-

ste una guida specifi ca del canyoning in Ossola ci limiti amo in questa sede a dare una breve descrizione di tre torrenti fra i tanti percorribili e in gran parte att rezzati presenti nelle valli ossolane, rimandando alle guide reperibili via internet, che tra gli altri comprendono anche alcuni iti ne-rari locali, per descrizioni più complete dell’“Ossola torrenti sti ca”.Ovviamente anche per questa atti vità come per le altre cosiddett e “estreme” (che poi tanto estreme non sono) occor-re informarsi sia sul materiale necessario, sia sulla tecnica per aff rontare tale sport.In Ossola vi sono gruppi guide (che si cita-no di seguito) che svolgono corsi di can-yoning, insegnano le moderne tecniche di progressione ed eff ett uano accompa-gnamento in forra, eventualmente anche con noleggio materiale, e a cui ci si può rivolgere per informazioni e riferimenti .

Occhio al meteo! Se siete in diffi coltà (…e il telefono prende!) chiamare il 118. Lasciate dett o dove andate!

Buon divertimento a tutti!

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Val SegnaraDIFFICOLTA’: v3, a3, II. AVVICINAMENTO: Dal paese di Casti glione (VB) in Valle Anzasca, direzione Macugnaga, proseguire sino a “Molini”; alla fi ne dell’abitato imboccare a sinistra il ponte che att raversa l’Anza e conduce alla Val Segnara (indicazione). Qui si può lasciare un auto per il rientro. Dal Ponte sull’Anza proseguire per circa 1 km. Sino ad un secondo ponte che att raversa il torrente Segnara. Lasciare l’auto e scendere sul lett o del torrente subito dopo il ponte sulla destra. Il canyon termina all’incrocio con un canale in cemento sospeso da percorrere. Possibile anche scendere oltre il canale in cemento sino a raggiungere il lett o dell’Anza.

TEMPO DI PERCORRENZA: 2 h.LUNGHEZZA: 700 m. circa. CALATA PIU’ LUNGA: 30 m.ANCORAGGI: buoni (2009).RIENTRO: percorrere il canale in cemento verso sinistra sino ad una chiesa da qui si raggiunge facilmente l’auto lasciata sul ponte che att raversa l’anza. Se si è proseguita la discesa sino al lett o del fi ume Anza risalirlo per circa 100 metri e in prossimità di cartello di piena sulla sinistra salire nel bosco fi no a raggiungere il canale in cemento.PERIODO MIGLIORE: da giugno a sett embre.NOTE: bel torrente, solare, con facili calate, alcune enormi vasche e sopratt utt o bellissimi tuffi !.. nell’ulti ma pozza fi no a 15 metri (sempre facoltati vi!).

Ogliana di QuarataDIFFICOLTA’: v5, a4, IV. AVVICINAMENTO: dall’abitato di Beura (VB) lasciare l’auto sulla strada principale, circa 300 metri dopo il torrente Quarata (direzione Domodossola), in prossimità di un osteria abbandonata. Da qui si imbocca via San Lorenzo che porta ad una strada sterrata e successivamente si prosegue su mulatti era fi no alla fraz. San Lorenzo. Proseguendo sulla mulatti era, si raggiunge e si supera, tenendosi a destra, un primo alpeggio e poi un secondo. Att raversato questo secondo alpeggio (con casa restaurata), oltre le baite sulla destra, in prossimità di una cappellett a si riprende la mulatti era che, dopo un tratt o in salita, seguendo una deviazione indicata da freccia rossa a destra e percorrendo un tratt o pianeggiante e una breve salita conduce al terzo alpeggio denominato “Mura”. Da qui imboccare il senti ero situato a sinistra delle baite diroccate che scende verso il fondo della valle sino al ponte in sasso che costi tuisce l’ingresso al canyon. Tempo di avvicinamento: h. 1,30; il senti ero non è sempre evidente, munirsi di carti na!

TEMPO DI PERCORRENZA: 5 -6h.LUNGHEZZA: 2 km circa. CALATA PIU’ LUNGA: 35 m.ANCORAGGI: presenti , alcuni da verifi care.RIENTRO: dall’ulti ma breve calata in 5 minuti si raggiunge l’auto.PERIODO MIGLIORE: da luglio a sett embre.NOTE: bella forra, varia e tecnica con diverse pozze e alcuni tratti molto stretti .

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Rio Variola (parte inferiore)DIFFICOLTA’: v4, a3, III. AVVICINAMENTO: da Domodossola (VB) raggiungere l’abitato di Monteossolano. Da qui lasciare l’auto e imboccare il senti ero pianeggiante per “Cà Monsignore”, Bognanco. Dopo circa 30 minuti si raggiunge una cappella, la si supera con senti ero in discesa che raggiunge il Rio Variola. La prima calata si trova su sponda idrografi ca destra, poco a valle del ponte.TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h.LUNGHEZZA: 800 m. circa. CALATA PIU’ LUNGA: 35 m.ANCORAGGI: buoni (2009).RIENTRO: con l’ulti ma calata si raggiunge il lett o del fi ume Bogna, da qui risalire att raverso una strada invasa da fi tt a vegetazione (destra idrografi ca) sulla strada provinciale, in prossimità del ponte sul rio Variola (5-10 min). Uti le aver lasciato qui una seconda auto, in alternati va informarsi sul servizio di autotrasporto dall’abitato di Bognanco, situato circa 2 Km a monte.PERIODO MIGLIORE: da giugno a sett embre.NOTE: breve forra, con alcune belle pozze, pochi tuffi ma una avvincente strett oia centrale!

i nfo “Mountain Cube”Via Bancaore 14, Malesco (VB)

phone +39.349.6917403(www.mountaincube.com)

“Compagnia delle guide”Via Marconi 33, Baceno (VB)

phone +39.340.5551203(www.montagnazzurra.com)

“Guide Alpine di Macugnaga”Piazza Staff a Macugnaga (VB)

phone +39.347.0900129 (www.guidealpinemacugnaga.it)

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di Marco Valsesia

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Cultura Walser, impianti idroelett ri-ci, alpeggi, formaggi e tanta, vera-

mente tanta montagna, in tutt e le sue espressioni.Prati ancora ben curati intorno ai carat-teristi ci paesini, fi tti ed estesi boschi di conifere, ampi e rinomati pascoli esti vi, numerosi laghi naturali ed arti fi ciali, cascate e, ancora più su, ghiacciai con numerose cime sin oltre i tremila metri. Ecco in poche parole una descrizione e un'immaginaria fotografi a della Val For-mazza per chi ancora non la conosces-se. La popolazione di origine Walser conti nua a protrarre nel tempo la te-sti monianza delle origini di questa val-le con il mantenimento e l'edifi cazione delle caratt eristi che e belle abitazioni in legno e pietra, con la manutenzione e il rispett o del territorio e con la conti -nuazione di anti che consuetudini, in primis la lingua, e numerose ricor-renze civili e religiose.Una cultura rimasta pressoché im-mutata per molti secoli fi no a quan-do, negli anni '20 del secolo scorso, comparvero in valle le prime socie-tà idroelett riche, che infl uenzarono e modifi carono radicalmente la vita dei valligiani. Si arrestò l'emigrazio-ne e la forza lavoro venne impiegata quasi in toto nella realizzazione di impianti idroelett rici e relati ve infra-strutt ure. Fu così che altre atti vità, nonché l'iniziati va privata, diven-nero marginali o complementari a quello che risultava essere a tutti gli eff etti un otti mo impiego. Di conse-guenza, mentre numerose località montane dagli anni '60 ebbero un notevole quanto a volte incontrol-lato sviluppo turisti co, la Formazza non seguì in modo marcato questa tendenza.E proprio questa connotazione sembra essere stata la fortuna e la ricchezza insperata di questa valla-ta ossolana. In un ambiente in cui

prevale ancora l'originario sti le archi-tett onico delle abitazioni si stanno in-fatti inserendo armoniosamente nuove strutt ure ricetti ve e turisti che, progett a-te nel rispett o dell'esistente, che valo-rizzano ancor più ciò che, con sacrifi cio e competenza, è stato realizzato e man-tenuto nei secoli passati .E l'ospitalità Sicuramente di qualità! Alberghi e meublé, di piccole e medie dimensioni, tutti a gesti one famiglia-re e modernamente att rezzati come i bed & breakfast sorti negli ulti mi anni in ti piche abitazioni Walser, nonché i campeggi. E poi ancora numerosi rifu-gi in quota, strutt ure di notevole fatt u-ra in ambienti spett acolari; i ristoranti , dove è sempre più un piacere gustare prodotti ti pici e genuini come il famo-so formaggio Bett elmatt (ma non solo),

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rielaborati e valorizzati da sapienti a ap-passionati cuochi!Ecco ciò che è possibile trovare in For-mazza: un piccolo mondo in cui la fan-no fortunatamente da padrone le cose semplici e importanti della vita, a par-ti re da un rapporto umano, naturale e sincero (quante volte il consiglio di chi vive sul posto ci fa scoprire qualcosa che mai avremmo immaginato!).Pur arrivando in auto fi no ai 1800 metri di quota del lago di Morasco, incasto-nato in un ameno paesaggio naturale, si può dire di aver avuto una conoscen-za solo parziale della valle. La maggior parte di questo meraviglioso territo-rio, la cui peculiarità è quella di avere un'orografi a d'alta montagna ma essere al contempo accessibile al medio escur-sionista, la possiamo infatti gustare e

scoprire solamente con calma e un po' di sano movimento. Con un buon paio di scarponi, un minimo di vesti ario adeguato e un pizzico di sana voglia di muoversi, si possono scoprire luoghi di incomparabile bellezza e di notevole va-lore storico, posando lo sguardo su una fauna sempre più abituata alla presenza dell'uomo e lasciandosi rapire dal fasci-no discreto delle vaste estensioni fl ore-ali montane di molteplici varietà di cui la Formazza è ricca.Escursioni e passeggiate adatt e alle fa-miglie che su percorsi non troppo impe-gnati vi, ma ricchi di sti moli, condivido-no l'amore per la natura e la montagna. Gite "ad hoc" anche per i gruppi di alpi-nismo giovanile del Cai e le scuole, il cui scopo è portare anche i più giovani a co-noscere ed apprezzare, senza rischi, un

ambiente per molti altrimenti diffi -cile da vivere. E in ogni caso, percor-si grati fi canti e davvero alla portata di tutti coloro che fanno della mon-tagna non una sfi da, ma un genuino piacere da assaporare con calma, passo dopo passo. La Val Formazza, punta estrema, a nord, della regio-ne Piemonte, è un territorio della Provincia del Verbano - Cusio - Os-sola, delimitato dalla Valle Anti gorio a sud e dai contraff orti montuosi che confi nano con la Svizzera Tede-sca a ovest e nord (Canton Vallese) e la Svizzera Italiana a nord e est (Canton Ticino). Proprio dall'alto-piano di Goms, nel Vallese, giunse-ro nel 1200 i primi coloni Walser di sti rpe alemanna, che diedero inizio alla comunità di Formazza (Pomatt ), ancor oggi orgogliosa dei tratti ca-ratt eristi ci di questa sua origine.Lo si percepisce immediatamente dai toponimi bilingue dei paesi e degli edifi ci pubblici, dalla parla-ta tedesca ancora in uso, da parte di una discreta percentuale della popolazione e nei nomi dei luoghi,

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quasi sempre in tedesco. Sono undici le frazioni (Foppiano, Fondovalle, Chiesa, San Michele, Valdo, Ponte, Brendo, Gro-vella, Canza, Cascata, Riale) che com-pongono il Comune di Formazza, tutt e poste lungo l'asse principale della valle e impreziosite dalle ti piche abitazioni in legno e pietra che ancora colpiscono per la loro solidità e il piacevole aspett o esteti co.Una menzione parti colare per un'att rat-ti va naturale unica: la Cascata del Toce, il "salto d'acqua più bello d'Europa" che si può ammirare ad orari prestabiliti tut-ti i giorni da giugno a sett embre.Benvenuti in Val Formazza!

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i nfo In auto da Milano (A8) da Genova (A26) da Torino (A4 + A26)

autostrada fi no a Gravellona Toce. Da qui superstrada (S.S. 33) fi no

all’uscita di Crodo (Valli Anti gono e Formazza) quindi statale 659 direzio-

ne Formazza-Cascata del Toce.Dalla Svizzera: passo del Sempione fi no al confi ne di Stato, poi statale 33 fi no all’uscita di Crevoladossola

e innesto sulla statale 659 direzione Formazza-Cascata Toce.

Da Locarno: via Centovalli-Val Vigez-zo fi no a Crevoladossola, poi statale

659 come sopra.Mezzi pubblici

in treno da Milano o da Torino (via Novara) fi no alla stazione di

Domodossola. Da qui bus di linea fi no a Ponte Formazza (o Riale solo

in alcuni periodi esti vi).Dalla Svizzera: da Berna e Ginevra

per il tunnel del Sempione o da Loca-mo con la Ferrovia Vigezzina fi no alla stazione di Domodossola, quindi con

il bus di linea come sopra.

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Ponte - FormazzaPonte - Formazza ACCESSO: ampio parcheggio auto a Valdo (dal quale si raggiunge l'inizio del percor-so in 10 minuti passando sulla circonval-lazione a ovest di Ponte) e altri parcheggi tra Valdo e Ponte. Fermata bus sia a Ponte che a Valdo tutt o l'anno. DISLIVELLO: in salita 450 m. TEMPO DI SALITA: ore 3. DIFFICOLTÀ: TPUNTI DI APPOGGIO: alla par-tenza numerose strutt ure ricetti ve e di ristorazione tra Ponte, Valdo e San Michele: all'arrivo troviamo altrett ante possibilità tra Riale e la Cascata del Toce. Informazioni all'uffi cio turisti co www.valformazza.it Tel. 0324.63059.

Questo tratt o dello storico tragitt o che un tempo favoriva i commerci tra Berna e Milano è stato ripristi na-to nell'estate 2009 dalle squadre forestali della Regione Piemonte. Un percorso adatt o a tutti che, att raverso quatt ro ipoteti ci gradini intervallati da tratti pia-neggianti , permett e di salire e apprezzare con calma quella parte di valle solitamen-te percorsa in pochi minuti in auto. La Cascata del Toce già di per sé giusti fi ca la fati ca ma altrett anto belli sono i paesi: la minuscola Brendo; Grovella sul versante opposto, in posizione panoramica, con un microclima invidiabile grazie alla protezione dello sperone roccioso sott o cui è adagiata; Canza con le sue case ben tenute; cascata immersa in un ampia pra-teria e all'arrivo, quel piccolo inconfondi-bile gioiello che è Riale, sovrastato dalla caratt eristi ca chiesett a edifi cata in ricordo del paesino di Morasco, sommerso dalle acque dell'omonimo lago arti fi ciale, che scorgiamo imponente in fondo alla lunga piana. Il salto d'acqua della cascata è

aperto secondo orari stabiliti nel periodo giugno-sett embre. Grazie a recenti accor-di con Enel, che cura il rilascio dell'acqua, i periodi sono stati ampliati , così, anche in setti mana, quando l'orario è limitato a due ore, dalle 11 alle 13, possiamo pro-grammare l'escursione al fi ne di ammira-re appieno questo grandioso spett acolo.

PERCORSO:A nord del paese, superato il ponte in lo-calità Zumsteg e att raversato sulla destra un piccolo nucleo abitato, ci si immett e sui prati anti stanti la centrale idroelett rica dell'Enel.La si costeggia a monte e su ampio senti ero si conti nua in piano. Superata l'appartata frazioncina di Brendo che tra gli alberi si scorge poco più in basso, ap-pare sul versante opposto, in lontananza, il paese di Grovella.Ci att ende ora il primo "gradino"; si sale lungo un rado bosco, oltrepassando due baite, fi no al Krê, promontorio alla som-mità di questa salita da cui con una breve pausa si gode uno splendido panorama sulla parte centrale della valle (ore 0,45).Ora, nuovamente in piano, si att raver-sa Canza, nel suo nucleo occidentale e, superati i prati e pascoli a nord del paese, si percorre un altro, più modesto, dislivello al culmine del quale si prospett a

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oooooooooo iiiiiiiii

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il maestoso scenario della Cascata del Toce. Si prosegue nuovamente in piano, scorgendo sulla destra gli edifi ci di Sott ofrua, fi no a giungere al ponti cello in legno ai piedi della cascata stessa. Qui inizia il gradino più impegnati vo ma sicuramente più interessante poiché la salita è tutt a a fi anco del "Salto d'acqua più bello d'Europa". Giunti alla sommità (ore 2,15) è d'obbligo la sosta sul piccolo ponte panoramico a godere dell'impres-sionante salto ai nostri piedi. Superato lo storico albergo si giunge in pochi minuti all'ulti ma breve salita, sulla destra, su-perata la quale ci si immett e negli ampi pendii erbosi di Riale che scorgiamo adagiato in fondo alla maestosa conca alpina che lo circonda. Circa 20 minuti e si arriva al paesino, meta fi nale di questa nostra un po' sudata ma molto appa-gante passeggiata lungo la valle. Il rientro può avvenire in bus nel pe-riodo in cui arriva a Riale (20/07-20/08 circa, info 0324.63059), altrimenti in auto (o per lo stesso percorso a ritroso).

Z Pumatt, der schpétz gägä nord fam Piemont, éscht lan wa der Prowintschu fam Verbano-Cusio-Ossola khert; gägä süd grentzt äs méttum Antigoriutal, gägä owest un nord mét där Titsch Schwitz (Kanton Wallis) un gägä nord un est méttum Tessin. Äbägrat fam Goms naar, im Wallis, sén di erschtu Walser im 1200 anner chu z Pumatt kulunidzérä, noch hittigschtagsch éscht Pumatterkmeinschaft schtoltz for ŝchinä wértzu.Di alemannischu wértzä kseetmu ufderschtel for di zweischprachigu namända fa dä derfru un fa dä kmachänu

fa der kmeinschaft; mu kschpértŝchu in di titsch schprach wa noch än göti pertschentual fa dä littu brücht, un öw t erter hen fascht féri än titschä namä.T Kmein fa Pumatt het endläf derfer (Undrumschtaldä, Schtafuwald, In der Mattu, Tuffald, Wald, Zum Schtäg, In dä Brendu, Gurfälu, Früduwald, Uf ä Früt, Chärbäch), mu fénntŝchi älli ksaati uf t lengi fa der schtraas, un di tipischu hiŝcher mét holtz un schtei üfpuwni schinän hépschi un schtarchi. Appus schpetschalischä éscht der wasserfall, är éscht der hépschtu in Europa: fam brachut danna bés in setember chamunä all tag än par schtun pschöwu.Sit göt acho ins Pumatt!

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OPERATORI TURISTICIAlbergo Ristorante Bar “Aalts Dorf” Fraz. Riale - Tel. 0324.634355Cell. 329.1257417 www.aaltsdorf.itAlbergo Ristorante Bar “Cascata Toce” Fraz. Cascata Toce - Tel. 0324.63013Locanda Ristorante Bar “Walser Schtuba” Fraz. Riale - Tel. 0324.634351 Cell. 339.3663330 www.locandawalser.itAlbergo Ristorante Bar “Rotenthal” **Fraz. Ponte - Tel. 0324.63060 www.rotenthal.it Bar “Barulussa”Fraz. Riale - Cell. 339.2139064Bar Pasti cceria “Il Camino”Fraz. Ponte - Cell. 347.0837641Bar Paninoteca “Alpenrose” Fraz. Fondovalle - Cell. 347.0136704Bar Ristorante Pizzeria “La Genzianella” Fraz. Valdo - Tel./Fax 0324.63068www.genzianelladiformazza.itBar Ristorante Pizzeria “La Baita” Fraz. Ponte - Tel. 0324.63048Bar Ristorante “Igli” Fraz. Ponte, Loc. SeggioviaCell. 338.1930898 www.igli.itBar Ristorante “Delle Alpi” Fraz. Cascata ToceCell. 339.1495026 - Cell. 338.3448489Bar “Frua” di Rondoni VannaVia Violana Fraz. Cascata ToceTel. 0324.63228 - Cell. 339.7969869

B&B “Eichorä” Fraz. Riale - Cell. 339.5331578B&B “Schtebli” Fraz. Riale Cell. 328.3391368 www.ossola.comB&B “Pernice Bianca”Fraz. Cascata del Toce - Tel. 0324.63200www.pernicebianca.itB&B “Zumsteg” Fraz. Ponte - Tel. 0324.63080

Campeggio “Hohsand” Fraz. Brendo - Tel. 0324.63258www.campinghohsand.it

Rifugio “Claudio e Bruno” - 2710 m.Località Strahlgrat - Tel. 0365.654008Rifugio “3A” - 2960 m.Località Ghiacciaio del SiedelCell. 347.9058659Rifugio “Citt à di Busto” - 2482 m.Località Piano dei CamosciTel. 0324.63092 www.rifugiocitt adibusto.itRifugio “Maria Luisa” - 2157 m.Località Diga del Lago ToggiaTel. 348.4444316 www.rifugiomarialuisa.itRifugio “Bimsè” - 1800 m.Località Diga del Lago di MorascoTel. 339.5953393

Alimentari “Ferrera” Fraz. Ponte - Tel. 0324.63028Abbigliamento sporti vo e altro “Clo” Fraz. Valdo - Tel. 0324.63263Formazza Agricola Fraz. Valdo - Tel. 0324.634325www.formazzaagricola.itTabaccheria “Zarini” Fraz. Ponte - Tel. 0324.63043Macelleria “Crosetti ” Fraz. Valdo - Tel. 0324.63035Bott ega dell’arti giano Wibali, Wabili, WupFraz. Ponte - Tel. 0324.63044Souvenir, Arti coli in legno “Cascata Toce” Fraz. Cascata Toce - Cell. 328.4157109Panett eria “Bacheri” Fraz. Ponte

Scuola Sci di Fondo FormazzaFraz. San Michele - Cell. 347.0837641 Scuola Sci discesaFraz. Valdo - Tel. 0324.63027 www.scuolasciformazza.itCentro del Fondo “San Michele” Fraz. San Michele - Tel. 0324.63223

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La val Formazza, incuneata in territorio svizzero, è terra di confi ne: un confi -

ne che mai venne inteso, storicamente, come limite invalicabile, chiusura difen-siva rispett o ad un mondo altro, estra-neo, osti le, ma confi ne nel suo signifi ca-to di soglia, di limite att raversabile che, in una soluzione di conti nuità spaziale, consente una condizione di rapporto, incontro, scambio, comunicazione. Tutt a la sua storia è segnata dall’espe-rienza del passaggio, a parti re dal mo-mento in cui, tra l’ulti mo scorcio del XII° e l’inizio del XIII° secolo, vi giunsero, su-perando lo sparti acque alpino att raver-so il valico del Gries, i primi coloni Wal-ser. Confi ne come passaggio per gruppi di coloni di Formazza che, dalla metà del XIII secolo, lasciarono progressiva-mente la valle per fondare le colonie di Bosco Gurin in Val Maggia (Ticino) e del Rheinwald nei Grigioni (Vallese). E anco-ra confi ne come passaggio per le caro-vane di mercanti e condutt ori di some che att raverso i valichi alpini alimenta-rono, fi no a tutt o il XIX° secolo, fi tti rap-porti commerciali tra le terre di Milano e del novarese e i mercati del Vallese e dell’Oberland Bernese.Proprio ad opera della più eminente famiglia di impresari di trasporti for-mazzini, gli Zur Schmitt en, venne erett a lungo la strada maestra percorsa dai so-meggiatori, poco oltre l’abitato di Zum-

schtäg (Ponte), la Casa Forte: un edifi cio forti fi cato fatt o costruire nella seconda metà del XVI° secolo (la data di costru-zione - 1569 - è incisa sull’architrave del-la porta di ingresso) secondo il modello dell’edifi cio commerciale a più funzioni - abitazione e deposito delle merci - diff u-so tra XVI° e XVII° secolo lungo le princi-pali arterie commerciali dell’arco alpino.Una sorta di “guardiano del cancello”, in cui conviveva una doppia natura - ap-parentemente in contrasto - di chiusura difensiva da una parte, e di apertura al passaggio dall’altra. Una duplice vocazione che anima anco-ra oggi la Casa Forte, sede del museo di cultura walser: raccoglie, difende e cu-stodisce con l’obietti vo superiore di rac-contare e trasmett ere; un punto di par-tenza per la ricerca e la scoperta; primo nucleo di un “laboratorio territoriale” di cui il museo può fornire le chiavi di lett u-ra, invitando il visitatore a sperimentare poi gli aspetti della cultura att raverso un’interazione dinamica con il territorio. Non una conservazione passiva e acriti -ca di oggetti dunque, ma selezione, ela-borazione, creazione di signifi cati . Il museo, nato negli anni ’90 del seco-lo scorso su iniziati va dell’Associazione Walser di Formazza, è stato riallesti to nel 2008 nell’ambito del programma eu-ropeo Leader Plus. Il nuovo allesti mento è frutt o di un profondo ripensamento

Museo Casa Forte Museo Casa Forte “Schtei Hüs” di Formazza“Schtei Hüs” di Formazza

di Ester Bucchi De Giuli

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della fi losofi a espositi va che ha portato ad accostare alla già presente sezione etnografi ca una preziosa sezione di scul-tura lignea di proprietà parrocchiale. Il percorso espositi vo - che si sviluppa att raverso sei sale disposte su tre pia-ni - guida il visitatore a conoscere gli aspetti più signifi cati vi della vita e della cultura walser, la cui chiave di lett ura è rappresentata dal rapporto emblemati -co uomo-montagna e uomo-Dio. Un fi lo condutt ore che sott ende l’intera espo-sizione, sia att raverso gli oggetti della sezione etnografi ca - che rivelano come l’att enzione al divino ispirasse ogni gesto della vita quoti diana -, sia nella sezione dedicata alla scultura lignea, testi mone per eccellenza di quella devozione po-polare che rappresenta uno degli aspetti signifi cati vi della cultura walser. Mentre in quatt ro ambienti si dipana il percorso dedicato alla cultura materia-le, la raccolta di statue lignee, di scuola tedesca, si arti cola su due sale. La prima presenta, con un allesti mento scenogra-fi co, dieci sculture lignee policrome da-tabili tra i primi decenni del XV e l’inizio del XVI secolo: partendo da una condi-zione di buio iniziale, dove l’unico sti mo-lo sensoriale è off erto dalla musica sacra in sott ofondo, la collezione viene svela-ta, un pezzo alla volta, da suggesti vi gio-chi di luce che inducono il visitatore ad un approccio graduale ed emozionale con ciascuna opera. Il secondo ambien-te è allesti to allo scopo di ricreare nel visitatore la suggesti one di un oratorio e isti nti vamente vi si accede assumendo lo stesso att eggiamento reverenziale del fedele che entra in chiesa; tre fi le di ban-chi lignei e una balaustra sett ecentesca, dietro la quale si può ammirare la ricom-posizione dell’altare cinquecentesco che anti camente ornava l’oratorio di Canza: uno scrigno ligneo a batt enti che ospita la statua della Madonna con Bambino e una pregevole predella con l’Adora-zione dei Magi, affi ancato, nella parete laterale, dalle sculture dei SS. Giorgio e

Nicola e del Cristo della Passione. Il pri-mo approccio con le opere avviene, in-somma, att raverso i sensi, lasciando alla sala “multi mediale” la possibilità di un approfondimento scienti fi co att raverso brevi fi lmati esplicati vi.Un museo piccolo ma ben progett ato e curato, che certamente vale la pena vi-sitare.Gesti to dalla Walserverein Pomatt - Associazione Walser di Formazza, dal 2006 il museo fa parte della rete mu-seale Associazione Musei d’Ossola (www.amossola.it). Apertura: 15 giugno - 11 sett embremartedì e sabato h. 15.30 - 17.00 su prenotazione: Tel. 0324-634346walserverein-pomatt @libero.it

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Bognanco, dalla natura una nuova ricchezza? di Paolo Pirocchi

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La Valle Bognanco è da tempo nota “tu-risti camente” per le sue acque: la ricca

presenza di torrenti e piccoli laghetti di montagna ben moti vano il riconoscimen-to del ti tolo di “Valle dalle cento cascate”. E proprio pregiate acque minerali e la na-scita delle terme hanno portato la valle a vivere una stagione di notorietà turisti ca che oggi costi tuisce quasi un ricordo. Ne sono testi monianza a Bognanco Fonti grandi alberghi abbandonati che att raggo-no l’att enzione del turista che sale lungo la rete di mulatti ere ben conservate che collegano tutt e le anti che frazioni della valle, o in auto verso i centri più alti del-la valle, San Lorenzo, Graniga, Pizzanco, San Bernardo. E forse anche gli scheletri abbandonati di strutt ure alberghiere un tempo gremite di turisti ed oggi insoliti so-stegni per edere ed erbe selvati che, vanno guardati con curiosità, cogliendo il fascino della storia di questi luoghi.Ma quali ricchezze naturali e culturali cela questa valle e meritano di essere riscoper-te e valorizzate! Una natura selvaggia ed in parte resa do-cile e generosa nel corso dei secoli dalle forti mani dell’uomo alla ricerca di legna, prati , pascoli. Questo binomio tra uomo e natura ben si rivela nell’aff re-sco sulla faccia-ta della piccola chiesa di Pizzan-co, che raffi gura San Luguzzone (San Lucio), pa-trono dei casari, rappresentato nell’att o di taglia-re e distribuire ai poveri una forma di formaggio.

Una valle da lupi!?... Tra il 2002 e il 2003 una serie di avvista-menti portò ad accertare la presenza di una giovane lupa in dispersione, che si

vide assegnare il poco fantasioso nome di “F31” dai ricercatori impegnati nel suo monitoraggio, aveva scelto una vasta area incontaminata tra le valli Bognanco e An-trona come territorio stabile di perma-nenza. I ricercatori riuscirono ad identi fi -carla come proveniente dall’Alta Valle di Pesio, in cui era nata nel 2001. L’ulti mo avvistamento risale al 2007. Da allora non se ne seppe più nulla. Nell’Ossola del passato il lupo non era una novità. Fu certamente ben rappresentato fi no al periodo intorno al 1850-1860. Ne-gli anni successivi, in seguito alla caccia spietata a cui fu sott oposto, la sua consi-stenza numerica decrebbe rapidamente per esti nguersi in Val d’Ossola. L’ulti mo esemplare era stato abbatt uto nel febbra-io del 1927 sulle montagne di Pieve Ver-gonte da Giovanni Borghini, un cacciatore locale: un episodio che ebbe la “coperti -na” della «Domenica del Corriere».Le alpi sono oggi lentamente ricolonizzate dalla popolazione appenninica a seguito dell’abbandono delle montagne che ha comportato un signifi cati vo ritorno “alla naturalità”, tanto che la presenza di que-sto predatore in Piemonte è una realtà da oltre un decennio. Specie protett a a livello internazionale (Diretti va Habitat dell’Unione Europea, Convenzione di Ber-na, Convenzione di Bonn, Convenzione di Washington) la sua presenza è oggi att en-tamente monitorata att raverso la forma-zione di commissioni di esperti a livello regionale e provinciale.

Una piccola meraviglia esclusiva: l’Ere-bia dei ghiacciai, fafalla tra le più rare in Europa. Questo piccolo insett o poco appariscente rispett o ad altre farfalle più note e vistose, è caratt erizzata da un areale di distribuzio-ne limitato a una decina di chilometri qua-drati tra Sempione, Valle Antrona, Valle Bognanco, Valle del Devero e Agaro. La prima popolazione su cui sono stati eseguiti studi approfonditi è quella Svizze-

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ra della Laggintal una valle confi nante con la Valle Bognanco. La scoperta risale al 1882 e dopo la distruzione di due impor-tanti biotopi nel 1982 e 1983, che minac-ciava la conservazione della specie, per la sua tutela il Canton Vallese è interve-nuto vietandone la catt ura e costi tuendo un’area protett a, la Riserva della Laggin-tal. A parti re dal 1993 venivano individua-ti esemplari nell’alta Valle Boganco. Oggi la specie, che sembrerebbe legato ai pen-dii erbosi esposti al sole ricchi di festuche, è oggett o di studi per meglio compren-dere aspetti ancora poco noti della sua biologia.

Un’area naturale d’importanza a livello europeoNell’Unione Europea il patrimonio natura-le rappresenta una ricchezza inesti mabile di biodiversità geneti ca, faunisti ca, fl oristi -ca e di habitat e la sua tutela e protezione è divenuta, a parti re dagli anni ’70, sem-pre più il cardine della politi ca ambien-tale, att raverso “diretti ve” che fi ssano le linee guida per salvaguardare sia specie

rare e minacciate, sia habitat naturali e seminaturali di parti colare signifi cato. La “Diretti va concernente la conserva-zione degli uccelli selvati ci” del 1979, conosciuta come “Diretti va Uccelli” pre-vede azioni per la conservazione di spe-cie selvati che di uccelli e l’individuazione di aree desti nate alla loro conservazione, le cosiddett e Zone di Protezione Speciale (ZPS). Tali siti non devono essere protetti in senso strett o. L’importante è infatti mi-rare all’interno di tali zone ad una gesti o-ne adeguata del territorio e dell’uso del suolo. In una logica di sviluppo sostenibi-le, la Diretti va Habitat mira infi ne alla co-sti tuzione di una rete ecologica di aree de-sti nate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’Unio-ne stessa, denominata Rete Natura 2000 ed è composta att ualmente proprio dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e dai Siti di Importanza Comunitaria (SIC).In tale importante rete comunitaria è di fatt o inserito anche il territorio della ZPS “Alte valli Anzasca, Antrona e Bognanco” che comprende tutt a l’alta valle, a monte

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di San Bernardo e Pizzanco.Circa sessanta specie inserite in liste di protezione o di att enzione a livello inter-nazionale sono segnalate nell’alta valle. Tra questi appare molto signifi cati va la presenza dei principali rapaci, quali Asto-re, Sparviere, Gheppio, Poiana, Aquila re-ale. Tra i rapaci nott urni il Gufo comune e le rare Civett a nana e Civett a capogrosso. La valle dimostra una elevata vocazionali-tà anche per i tetraonidi: il Francolino di monte, la Pernice bianca, la Coturnice e il Gallo Forcello. Molto interessante anche la presenza del Picchio nero, facilmente indi-viduabile dai caratt eristi ci grandi fori sca-vati nelle resinose o dalla potente “risata”.Ma vagabondare tra i senti eri della valle permett e un contatt o anche con un co-lorato e ricco mondo di piante. Grande è infatti la ricchezza fl oristi ca di quest’area, che trova moti vo nella diversità litologica rocce silicee, rocce calcaree e qualche af-fi oramento ultrabasico e di habitat. Signifi cati ve tra queste piante la presen-za di Sempervivum grandifl orum, specie endemica con areale molto ristrett o loca-lizzato in parte delle Alpi Occidentali, con limite orientale in prossimità dei rilievi del Sempione e di Senecio halleri, specie endemica delle Alpi Occidentali, con are-ale collocato tra il Moncenisio e i rilievi del Sempione. La presenza superfi ciale di calcaree permett e in alcuni habitat ca-ratt erizzati da suoli umidi la presenza di Aquilegia alpina, specie segnalato come di importanza comunitaria nella diretti va “Habitat” dell’Unione Europea.Al calcare sono legate anche alcune spe-cie che a livello provinciale sono da con-siderarsi rare, come il Cardo nano (Cardus acaulis) o la Primula di Haller (Primula halleri).Per la ricchezza della sua fl ora l’alta Valle Bognanco è stata proposta recentemen-te come “Important Plant Area“, ovvero “area di importanza botanica”, segnalata nell’ambito di un omonimo progett o in-ternazionale coordinato dall’associazione

Planta Europa e, in Italia, dall’Università la Sapienza di Roma, a cui ha collaborato anche la Regione Piemonte.

Gli alti pascoli: un tuffo tra natura vita d’alpeggioUna visita alla Valle da parte di chi ama i senti eri e la natura, deve prevedere due mete “d’obbligo” con partenza da San Ber-nardo: la salita all’Alpe Vallaro, e quindi ai pascoli e ai laghi dell’Alpe Campo, oppure le vaste praterie dell’Alpe Monscera.L’uomo nel corso della storia ha “creato” pascoli distribuiti a quote diverse, che permett ono la prati ca della “esti vazione”, cioè dello sfrutt amento con le mandrie

Senecio halleri

Sempervivum grandifl orum

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della graduale maturazione della vege-tazione secondo l’alti tudine. A diff erenza delle praterie alpine naturali di alta quota, si tratt a di praterie “secondarie”, ricavate da ambienti arbusti vi o forestali a fi ni zo-otecnici. La composizione fl oristi ca di questi am-bienti è caratt eristi ca, ed è condizionata dalle azioni di brucatura e di calpestamen-to da parte del besti ame: vi ritroviamo specie ben conosciute all’escursionista

di montagna. Molte sono le graminacee, come la Fienarola delle Alpi (Poa alpina), la Codolina alpina (Phleum alpinum), o la Festuca rossa (Festuca rubra). Accanto a queste piccole piante poco vistose ma di grande valore pabulare, compaiono spe-cie più appariscenti , come Trifoglio alpino (Trifolium alpinum), Raperonzolo (Phyteu-ma), Arnica (Arnica montana), Genziana acaule (Genti ana acaulis), Genziana por-porina (Genti ana purpurea), Ginestrino

(Lotus corniculatus), Millefoglio (Achillea millefolium), Cariofi llata montana (Geum montanum), Denti di Leone (Leontodon), Cinquefoglia fi or d’oro (Potenti lla aurea), Crepide dorata (Crepis aurea), profuma-ti ssima Nigritella (Nigritella nigra) o an-cora Alchemilla, dalle foglie imperlate da goccioline d’acqua. Oltre il limite dei boschi ritroviamo for-mazioni vegetali in cui prevalgono specie erbacee o piccoli arbusti striscianti : le pra-

terie alpine, vasti ssime tra questi monti ricchi di alti piani dolcemente modellati dagli anti chi ghiacciai. La loro ricchezza fl oristi ca rende parti colarmente pregiata la produzione casearia: queste sono i pa-scoli e le alti tudini adatti alla produzione di otti mi e ricercati formaggi d’Alpeggio. All’Alpe Monscera la tradizione sopravvive tutt ora e la presenza delle mandrie prose-gue questa importante vocazionalità della valle. I ricchi alpeggi di Campo sono invece

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da anni abbandonati dal pascolo bovino, sosti tuito oggi da greggi di pecore nelle loro avventurose transumanze tra pianure e monti .Le diff erenti condizioni “microclimati che”, date dalle caratt eristi che dei suoli, dall’in-clinazione dei versanti o dall’esposizione, portano ad associazioni vegetali molto diversifi cate. La più caratt eristi ca, molto ben rappresentata sui vasti alti piani ed in parti colare sui rilievi più arrotondati , è quella del “curvuleto”, che prende il nome dalla Carice ricurva (Carex curvula), le cui foglie ricurve ingialliscono precocemente a causa di un fungo parassita. Vi troviamo inoltre il piccolo Senecio bianco (Sene-cio incanus), il Trifoglio alpino (Trifolium alpinum), la Genziana acaule (Genti ana acaulis). Spesso lascia spazio, sulle creste più venti late, alle lande ad Azalea alpina (Loiseleuria alpina).In corrispondenza delle depressioni la neve tende ad accumularsi e a perdurare a lungo. Sono le condizioni delle “vallett e nivali”, in cui il prolungato innevamento ed il terreno mantenuto umido e ferti le, creano le condizioni per lo sviluppo di specie in grado di svilupparsi e riprodur-si in un periodo molto breve. Vi crescono il Salice erbaceo (Salix herbacea), piccolo arbusto di cui affi orano solo le foglioline, mentre il fusti cino legnoso si manti ene al di sott o della superfi cie del terreno. E ancora il salice reti colato (Salix reti culata), la Ventaglina a cinque foglie (Alchemilla pentaphyllea), la Sibbaldia (Sibbaldia pro-cumbens). È in questi ambienti che trova le migliori condizioni per svilupparsi una specie molto importante per le produzio-ni casearie. Si tratt a dell’Erba mutellina (Ligusti cum mutellina), piccola ombrellife-ra molto profumata e gradita ai bovini, il cui latt e si impreziosisce dal punto di vista aromati co, permett endo produzioni case-arie di qualità. La ricca presenza di questa specie è inoltre indice di pascoli che non soff rono di aridità, che è una condizione di stress per i bovini, permett endo quindi

buone produzioni di latt e sia dal punto di vista quanti tati vo che qualitati vo. Le praterie più interessanti si sviluppa-no sui suoli calcarei, dove prendono vita popolamenti vegetali caratt erizzati da una fl ora ricchissima, come quella dei “seslerieti ”, in cui cresce ti picamente la Sesleria (Sesleria varia), piccola gramina-cea con una piccola infi orecenza ovale. Il bel senti ero a mezzacosta che dall’Alpe Vallaro porta all’Alpe Campo att raversa alcuni esempi davvero rappresentati vi di queste ricche praterie. È qui che ritrovia-mo l’Astragalo alpino (Astragalus alpinus), l’Astragalo di Lapponia (Oxytropis lappo-nica), l’Astragalo campestre (Oxytropis campestre), la Saussurrea cordata (Saus-surea discolor), la Viola con sperone (Viola calcarata), l’Eliantemo a grandi fi ori (He-lianthemum nummularium subsp. grandi-fl orum), la Genziana primati ccia (Genti a-na verna), la Genziana nivale (G. nivalis). Dove la roccia calcarea è più superfi ciale compaiono il Camedrio alpino (Dryas oc-topetala), l’Astro alpino (Aster alpinus) dall’intenso colore azzurro, e la Stella al-pina (Leontopodium alpinum).

I laghi delle aree remote: i laghetti alpiniI laghi alpini hanno assunto, sopratt utt o in tempi recenti , una posizione di grande interesse da parte della ricerca scienti fi ca, e quelli della Valle Ossola (con quelli della Valsesia) sono tra i più estesamente stu-diati in Italia. I laghi dell’alta Val Bognanco sono monitorati e oggett o di ricerca scien-ti fi ca sin dagli anni ‘40 ad opera dell’Isti tu-to Idrobiologico Italiano (ora Isti tuto per lo Studio degli Ecositemi). Oltre all’alto valore biologico evidenzia-to dagli studi, l’interesse scienti fi co negli ulti mi decenni si è concentrato in parti co-lare sugli aspetti chimici, dopo la consta-tazione che anche ambienti remoti come i laghi alpini sono suscetti bili al fenomeno dell’acidifi cazione. Grazie all’intervento del sostegno economico del C.N.R. e della Comunità Europea, dall’inizio degli anni

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‘90 la indagini limnologiche (chimiche e biologiche) svolte in questi laghi si sono estese dai laghi alpini ai laghi di altre aree remote europee, come le Alpi Scandina-ve, i Pirenei, i Monti Tatra, le Highlands scozzesi e, in tempi recenti , all’Antarti -de e alle vallate Himalayane. In questo complesso programma di ricerche sulle acque delle aree remote, caratt erizzate dall’essere collocati in aree relati vamente non disturbate e di ricevere sostanze de-rivanti dall’atti vità umana solo att raverso le deposizioni atmosferiche, tra le aree campione individuate sul versante italiano delle Alpi assumono una importanza no-tevole i laghi di Paione, raggiungibili con agevole iti nerario da San Bernardo.

Tra terra ed acqua: le torbiere di San BernardoLe torbiere rappresentano ecosistemi molto complessi, oggett o di studio e di signifi cati vi interventi di conservazione. A San Bernardo, immediatamente a lato destro della strada gippabile che risale la valle, è possibile visitarne una tra le più rappresentati ve della nostra provincia. Al-cune altre si trovano più a monte. La loro importanza è data dall’isolamento. Altre signifi cati ve si trovano solo a notevoli di-stanze, in Valle Antrona (Val Troncone) o nella Valle del Devero. In Svizzera, al Passo del Sempione, una vasta area di torbiere relitt e di origine glaciali rappresentano un sito naturale protett o a livello nazionale, la “Simplonpass Hopschusee”, isti tuito nel 1985 come riserva di protezione comuna-le e inserito nell’inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali d’im-portanza nazionale svizzera.Le torbiere sono generalmente anti chi bacini lacustri soggetti ad un progressivo interramento per accumulo di materia-le vegetale, processo che nelle estreme condizioni climati che alpine può essere anche molto lento. Lo strato erbaceo si aff onda in un denso strato di muschi, umi-di al tatt o, di spessore consistente. Questi

muschi sono gli sfagni, vere “spugne” del regno vegetale, in grado di assorbire ac-qua in quanti tà fi no a venti volte superiore al loro peso allo stato asciutt o. La torba è l’humus scuro, quasi nero, che affi ora qua e là, povero di elementi nutriti vi in quanto formatosi in ambiente molto acido e po-vero di ossigeno, con forte rallentamento dei processi di decomposizione dei resti vegetali.Normalmente le torbiere si formano nel-le regioni fredde e umide della Terra: ne sono ricche ad esempio Scandinavia e Canada. In Italia questi ambienti , carat-terizzati da una fl ora ed una vegetazione molto specializzate, sono parti colarmente rari e si trovano sopratt utt o nelle valli al-pine chiuse. Una att enta osservazione dai margini (è necessario porre molta att enzione a non calpestare questi ambienti delicati ) per-meterà di ritrovare molte specie carat-teristi che, come la Carice rigonfi a (Carex rostrata), la bella Cinquefoglia di palude (Potenti lla palustris) dal colore scuro, quasi nero. Successivamente Pennacchi, Carici, Giunchi ed Equiseti , e tra questi , Parnassia (Parnassia palustris), Primula farinosa (Primula farinosa), Cinquefoglia tormenti lla (Potenti lla erecta), Tajola co-mune (Tofi eldia calyculata) o Genziana ba-varese (Genti ana bavarica). E ancora una rara pianta insetti vora, la delicata Rosolida a foglie rotonde (Drosera rotundifolia). Le foglioline sono tondeggianti , lungamen-te peduncolate e disposte a formare una rosett a radicale. Le pagine fogliari supe-riori sono ricoperte da sotti li peli, detti “tentacoli”, terminanti con una estremità arrotondata secernente una gocciolina di liquido denso, appiccicoso e trasparente, che permett ono alla pianta di catt urare piccoli organismi animali, e di ricavar-ne dirett amente gli elementi nutriti vi di cui necessita (sopratt utt o azoto e fo-sforo, scarsamente pre-senti in questi ambienti ).

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Le mappe di Giorgio Rava

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Escursioniin Valle Antrona

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LE VIE STORICHECO Strada Antronesca (da Villadossola

al Passo di Saas o Antronapass) Primo tratt o: da Villadossola ad Antrona-piana; Diffi coltà E, tempo 5 ore 10 min. Secondo tratt o: da Antronapiana al Bivac-co del Cingino - Diffi coltà EE, tempo 4 ore 55 min. Terzo tratt o: dal bivacco del Cingi-no a Saas Almagell - Diffi coltà EE, tempo 4 ore 45 min.

I GRANDI ITINERARI

SFT Simplon Fletschhorn Trekking - Un iti nerario di 7 giorni intorno al tritti co Weissmies, Lagginhorn, Fletschhorn (con punto di partenza ed arrivo al Sempione): tratt o da Antronapiana al Rifugio Andolla (con tappa intermedia al Rifugio Citt à di Novara a Cheggio) - Diffi coltà E, tempo 3 ore 30 min; Dal Rifugio Andolla al Bivacco Marigonda (alpe Vallaro, Val Bognanco) att raverso i passi di Andolla, Busin e Preia - Diffi coltà EE, tempo 5 ore 15 min.

SI Senti ero Italia - Il grande iti nerario Italiano con partenza dalla Sardegna ed arrivo a Trieste att raverso tutt e le Regioni italiane: Tratt o da Antronapiana a Cheg-gio - Diffi coltà E, tempo 1 ora 30 min; da Cheggio al Bivacco Marigonda att raverso il Passo della Preia - Diffi coltà E, tempo 4 ore 35 min.

GTA Grande Traversata delle AlpiUn iti nerario a livello regionale piemonte-se: Tratt o dal bivacco di Camposecco al Ri-fugio Andolla att raverso le Cornett e - Dif-fi coltà EE, tempo 3 ore 10 min; tratt o dal Rifugio Andolla al bivacco Marigonda (Val Bognanco) att raverso la via "Alpe Monte Moro", passo della Preia - Diffi coltà EE, 4 ore 25 min.

Via Alpina - Una serie di grandi iti nerari Europei che uniscono 8 stati . L'iti nerario Blu è formato da 61 tappe ed att raversa Italia, Svizzera e Francia; tratt o da Antro-napiana al Rifugio Andolla (con tappa in-

termedia a Cheggio) - Diffi coltà E, tempo 3 ore 30 min; tratt o dal Rifugio Andolla al Rifugio del Laghett o (Val Bognanco) att ra-verso il Passo Andolla ed il Passo di Ponti -mia - Diffi coltà E, tempo 4 ore.

I SENTIERI

C22 Cheggio - Alpe Rodina - Passo del Fornett o: diffi coltà E, tempo 2 ore 35 min (possibilità di scendere per tracce in Val Brevett ola).C24 Cheggio - Passo del Fornalino: diffi -

coltà E, tempo 2 ore 30 min (possibilità di scendere in Val Bognanco al bivacco For-nalino: tempo 50 min).C25 Cheggio - Campolamano - Laghi del

Pozzoli: diffi coltà EE, tempo 3 ore 30 min (possibilità di proseguire per gli altri laghi e scendere all'Alpe Camasco diffi coltà EE, tempo 50 min).C26 Cheggio - Bocchett a dei Pianei - Pas-

so "Preia fura" - Passo della Preia: diffi col-tà EE, tempo 3 ore 15 min.C27 Cheggio - Alpe Campolamana - Alpe

Camasco - Coronett e: diffi coltà EE, tempo 4 ore 35 min.C30 Rifugio Andolla - Alpe Corone: diffi -

coltà E, tempo I ora 25 min.C32 Antronapiana - Passo della Forcola -

Cheggio: diffi coltà E, tempo 2 ore 55 min.C34 Antrona lago - Campliccioli - Campo-

secco - Coronett e: diffi coltà EE, tempo 4 ore 30 min.

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Nota: La scheda dei senti eri numerati può es-

sere scaricata dal sito www.estmonterosa.it

LA "FERRATA DEL LAGO"

Per via ferrata si identi fi ca un percorso preparato su una via di roccia e che è stato completamente att rezzata con corde, pioli e qualche scala in acciaio per consenti re agli escursionisti molto esperti di cimentarsi con una parete verti cale. La via "Ferrata del lago" è sta-ta creata per poter agevolare il collega-

mento con i rifugi di Andolla, dalla par-te Italiana, e quello di Almagellerhutt e

nella parte Svizzera, permett endo così di poter percorrere iriteramente il giro del Pizzo Andolla.

Il giro del pizzo Andolla e la "Ferrata

del Lago"

I° giornoDa Cheggio si segue il senti ero C25 che

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fi no al bivio di Campolamana è in comu-ne con il senti ero che porta al Rifugio

Andolla. A Campolamana si att raversa il "Ponte ti betano" (si deve uti lizzare il cordino di sicurezza), si sale all'Alpe Curti tt (2 ore 30 min), si prosegue per il primo lago ( I ora), si segue l'indicazio-ne per Camasco (50 min) facendo una breve deviazione al 2° laghett o. Dall'Al-pe Camasco si segue l'indicazione per il Rifugio Andolla (40 min).

II° giornoDal Rifugio Andolla si segue l'indicazio-ne per la "ferrata del lago" raggiungen-do il Bivacco Varese (2 ore) e l'att acco della ferrata in 30 min. Si supera la fer-rata adoperando l'adeguata att rezzatu-

ra, raggiungendo il Colle del Bott arello o Sonningpass (lora 30 min). Si scende

nel versante Svizze-ro lungo un piccolo ghiacciaio, poi su morene con segna-via blu fi no a rag-giungere il Rifugio di Almageller Hutt e (I ora 25 min).

III° giornoDal Rifugio Almagel-ler Hutt e si seguono le indicazioni per il Passo di Zwisch-

bergen (1 ora). Dal passo si scende su morene con segnavie e ometti , lungo la valle fi no all'Alpe Cheller (2 ore 30 min), si att raversa il torrente e si percorre la sponda destra orografi ca in salita fi no al Passo Andolla (2 ore). Dal Passo si scen-de al Rifugio Andolla (35 min); dal Rifu-gio in I ora e 30 min si ritorna a Cheggio.

Nota: Se si ha a disposizione una giorna-ta, conviene sostare al Rifugio e riparti -re il giorno dopo att raverso la via dei "5 passi" (SFT - Passo Andolla, Passo Busin, Passo della Preia - 3 ore), (C26 - Passo della Preia, Preia Fura, Bocc. dei Pianei, Cheggio - 2 ore 5 min).

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Ornavasso la fronti era sud della cul-tura walser e anche il primo pae-

se che s’incontra entrando nella valle dell’Ossola. Att raversato dal Rio San Car-lo risulta composto da due frazioni che ben ne att estano l’origine alemanna: il Dorf ed il Roll. Il borgo è sovrastato dal Santuario della Madonna del Boden a 475 m. raggiungi-bile lungo l’anti ca Via Crucis e seminasco-sto dalla folta e rigogliosa vegetazione.Da pochissimo tempo la Madonna del Bo-den è stata dichiarata patrona dei ciclisti del Verbano, Cusio ed Ossola e l’ascesa lungo la strada è inclusa nella manifesta-zione Le Salite del VCO.Prima dell’odierno santuario esisteva, ta-luni scrivono fi na dal VI° secolo, una pic-cola cappella dedicata alla Madonna della Seggiola a cui si arrivava percorrendo una strada lastricata. La tradizione racconta del miracolo del 7 sett embre 1528 quan-do la pastorella Maria della Torre che cu-stodiva del besti ame presso la cappellet-ta , persa la strada e gli armenti , sorpresa dal calare della sera, prima di precipitare ancor più nel dirupo fu guidata in salvo da una luce sovrannaturale che proveniva dalla cappella della S.S. Vergine ove stava riunito tutt o il besti ame. In breve si gridò al miracolo.Fin da subito (1530) venne erett o un Santuario dedicato alla Nati vità di Maria Santi ssima, si tratt ava della terza Chiesa fondata nel territorio di Ornavasso di 14 metri di lunghezza ed 8 di larghezza, vi si giungeva grazie ad una strada lastricata. Tra il 1530 ed il 1550 fu concessa l’auto-rizzazione di celebrare al Boden la Santa Messa, da allora la Madonna fu festeg-giata l’ott o sett embre. Nel 1761, dato il conti nuo e crescente affl usso di pelle-grini e devoti restauri ed ampliamenti portarono all’aggiunta di un coro e due altari accanto all’altare maggiore che poi venne sosti tuito con uno in marmo. Nel 1825 vennero poi costruite le navate a cui seguirono una vasta congerie di amplia-

menti e rifacimenti , tra cui la fontana a quatt ro bocche in mezzo al piazzale, fi no all’att uale confi gurazione. Di pregio all’in-terno l’effi ge della Vergine col bambino che solleva il mondo sormontato dalla Croce; le corone d’oro della Madonna e del Bambino spesso furono oggett o di furti .Da sempre il Boden è stato un luogo di culto, uno dei tre santuari mariani dell’Ossola, metà di pellegrinaggi come att estato dai molti ssimi ex voto che si tro-vano all’interno della strutt ura religiosa. Le tavolett e voti ve risultano censite ed assommano a 1147, la più anti ca del 1707.Molti i visitatori illustri del Santuario tra i quali il Beato Contardo Ferrini e la Re-gina Margherita di Savoia che ha lasciato in dono una raffi nata tovaglia ricamata in ora per gli uffi ci liturgici.Posto in un incantevole scenario il com-plesso mariano è preceduto da una Via Crucis, iniziata nel 1672, regala a chi la percorre, immersa nel bosco di castagni, frescura e tranquillità.

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93Piazza Boden, 11 28877 Ornavasso (VB) Tel. 0323.835976 - Cell. 345.5552299

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Luisa e Davide, alla continua ricerca di ricette tradizionali e utilizzando prodotti offerti dal territorio, saranno lieti di farvi

gustare le loro specialità: “pfifulti” e “tafulti”, le paste della tradizione, le carni selezionate, la selvaggina, i formaggi d’alpe, il tutto annaffiato

dall’ottimo vino ossolano.

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Ristoranti ConsigliatiRistoranti ConsigliatiUna selezione di ristoranti ossolani provati per voi,

dove gustare i piatti e i prodotti locali.

Vecchio Scarpone Baceno Via Roma, 48 0324 62023

Magenta Bognanco Via Cavallini, 40 0324 46595

Da Sciolla Domodossola P.zza Convenzione, 4 0324 242633

La Meridiana Domodossola Via Rosmini,11 0324 240858

La Stella Domodossola B.ta Vagna 0324 248470

Moncalvese Domodossola Corso Dissegna, 32 0324 243691

Gambrinus Crevoladossola Via Mazzorini, 6 0324 45192

Buongusto Crodo Fraz. Mozzio 0324 61680

Del Parco Crodo Via Vegno, 3 0324 61018

Edelweiss Crodo Fraz. Viceno 0324 618791

Pizzo del Frate Crodo Fraz. Foppiano 0324 61233

Cistella Croveo Loc. Croveo 0324 62085

Walser Schtuba Formazza Loc. Riale 0324 634352

Aalts Dorf Formazza Loc. Riale 0324 634355

Rotenthal Formazza Loc. Ponte 0324 63060

z’Makanà Stubu Macugnaga Via Monte Rosa, 114 0324 65847

La Peschiera Malesco Via Peschiera, 23 0324 94458

Divin Porcello Masera Fraz. Cresta, 11 0324 35035

Gallo Nero Montecrestese Fraz. Pontett o, 102 0324 232870

C’era una volta Oira Via Valle Formazza, 15 0324 33294

Lago delle Rose Ornavasso Via Pietro Iorio 333 982 9810

Anti ca Tratt oria del Boden Ornavasso P.zza Boden 345 555 2299

Ca’ del vino Varzo Via Domodossola, 2 0324 7007

Villa Giulia Verbania Pallanza Lungolago 392 3330826

La Tavernett a Villadossola C.so Italia, 4 0324 54303

Vecchio Borgo Vogogna P.zza Chiesa, 7 0324 87504

Pizzeria Roxy Vogogna Via Nazionale, 178 0324 87095

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BACENO: Comune e Uffi co Informazioni - Meublè Isotta - Albergo Vecchio Scarpone - Ristorante Pizzeria Ci-stella - Albergo Ristorante Villa Gina • Alpe Devero: Rifugio CAI Capanna Castiglioni - Bar Pensione Fattorini Bar Pensione Funivia - Albergo Ristorante La Lanca - Casa Vacanze La Rossa - Agriturismo Alpe Crampiolo Albergo Ristorante La Baita - Ristorante Bar Punta Fizzi, Alpe Crampiolo • BOGNANCO: Comune - Pro Loco Albergo Edelweiss - Albergo Rossi - Hotel Panorama - Rifugio Alpe Laghetto - Yolki Palki Camping Village Albergo Ristorante Da Cecilia - Rifugio San Bernardo • DOMODOSSOLA: Comune - Pro Loco Domodossola Edicola Via Binda - Bar Roma - Bar Mignon - Bar Milano - Bar Caffè Regina - Bar Moderno - Caffè del Borgo Acosta Cafè - Caffè Vecchia Domo - Caffè Istriano - Caffè Bistrot - GVM sport - Edicola sul Corso - Edicola Ultime Notizie Via Binda - Lolli collezioni - Centro Commerciale Sempione - Ristorante La Meridiana - Bar Caffè Il Girasole - Edicola Via Galletti - Lucchini Foto Video - Residence Fiordaliso - Rifugio Lusentino Edicola della Stazione - Buffet della stazione - Edicola Alagia Patrizia V. Giovanni XXIII - Simplon Caf-fè - Snack Bar Le Dune • DRUOGNO: Comune - Albergo Ristorante Stella Alpina - Bar Gelateria - Bar Tabacchi • CREVOLADOSSOLA: Centro Commerciale Val d’Ossola Shopping Center - Alimentari Tomà - Ristorante Gambrinus - Ristorante C’era una volta - Circolo Oira - Bistrot S. Germain - Bar Vecchio Mulino • CRAVEGGIA: Comune - Bar Tabacchi Lo Spuntino • CRODO: Centro Visite Parco Albergo Ristorante Buongusto - Comunità Montana Valle Antigorio Divedro Formazza - Albergo Ristoran-te Edelweiss - Albergo Ristorante Pizzo del Frate - Ristorante Bar del Parco • FONDOTOCE: Ristorante La Gallina che fuma • FORMAZZA: Comune e uff. Turistico - Albergo Edelweiss - Albergo Ristorante Pernice Bianca - Albergo Ristorante Rotenthal - Edicola Zarini - B&B Schtêbli - Bar Barulussa - Ristorante Walser Schtuba - Agriturismo Ross Wald - Ristorante Cascata del Toce - Rifugio Maria Luisa - Rifugio Città di Busto Ristorante Igli • GALLARATE Libreria Carù • GRAVELLONA TOCE: Sportway Megastore e Sportway Kids MACUGNAGA: Uff. Turistico - Hotel Cima Jazzi - Centro Sportivo - Funivie Monterosa - Bar Mignon • MALE-SCO: Comune - Pro Loco - Bar Orso Bianco - Ristorante La Peschiera - Bar La Sosta • MASERA: Alimentari e Bed & Breakfast Tomà - Ristorante Del Divin Porcello - Edicola tabacchi • MERGOZZO: Comune - Uffi cio Tu-ristico - Il Forno Shop - Gelateria Bar Aurora - Bar Calumet, Candoglia • MILANO: Monti in Città, Viale Monte Nero 15 • MONTECRESTESE: Osteria Gallo Nero - Bar Gufo’s • MONTESCHENO: Comune e Uffi cio Turistico NOVARA: Sportway • OMEGNA: Pro Loco - ArcaStudio Via F.lli di Dio • ORNAVASSO: Comune - Bar Beba Bar Baraonda - Angel’s Caffè - Lago delle Rose - Edicola Tabacchi PALLANZENO: Edicola PREMIA: Comune e Uff. Turistico - Albergo del Ponte - Albergo Minoli Miravalle - Ristorante Pizzeria Giglio Azzurro Albergo Monte Giove • PREMOSELLO: Comune - B&B Cà dal Preu - Bar Pasticceria - Supermercato Conad - Tabac-cheria Borella • PIEVE VERGONTE: Comune - Bar Hg • PIEDIMULERA: Comune - Supermercato Sisa - Bar Aurora - Bar Monterosa Caffè Piemonte • S. MARIA MAGGIORE: Comune - Uffi cio Turistico - Immobiliare Vigezzo - Centro Fondo STRESA: Funivia Stresa Mottarone - Bar Idrovolante - Libreria Leone • VARZO: Sede Parco Naturale Veglia Devero - Hotel Sempione - Cartolibreria Borghi Wilmo - Ca’ del vino - Pub e Alimentari Orso Bianco VERBANIA: Tecnobar co. Palazzo della Provincia - Comune - Uffi cio Turismo Pro Loco - Bar gelateria Milano - Gelateria Isola del Gelato - Monika Incoming Service • Bar Villa Giulia VIGANELLA: Comune e Comunità Montana Valle Antrona • VILLADOSSOLA: Edicola Rinaldi G. - Comune Bar Plaza - Bar Gelateria Settimo Cielo - Tabaccheria Pergrossi - Ristorante La Tavernetta - Ristorante Sere-nella - Supermercato Coop - Erica Arioli Fotografa - Bandidas Bar - Perez’s Pub VOGOGNA: Comune Bar Jolly - Tabaccheria Edicola - Pizzeria Roxy - Motel Bar Ristorante Monterosa - Centro Calzaturiero - B&B Del Viandante - Supermercato Issimo - Albergo Ristorante Vecchio Borgo.

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