L'occasione perduta del Prado a Madrid · 2018-02-11 · L'occasione perduta del Prado a Madrid...

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20 Ri_visitati da Graziella Trovato Le verifiche cinque anni dopo L'occasione perduta del Prado a Madrid L'ampliamento del Museo del Prado s'inaugura nel 2007 dopo 12 anni di vi- cissitudini iniziate con un primo con- corso internazionale convocato nel 1995 dal Ministero per la Cultura. Dopo i grandi progetti per il Louvre o il British Museum, si trattava di mettersi al passo con i tempi e dotare il Prado di una struttura capace di accogliere even- ti ed esposizioni internazionali all'al- tezza delle grandi città europee. E d'al- tra parte con una vocazione simile na- sce la sede originaria del Museo, voluta da Carlo m come parte di un'operazio- ne urbana che trasformava Madrid, al- lora modesta cittadina, in una moder- na capitale dotata di un insieme monu- mentale di spazi pubblici e istituzioni culturali come l'Osservatorio astrono- mico e il Giardino botanico, prossimi tra di loro e con edifici progettati da Juan de Villanueva. Più volte ampliato e modificato, al momento del concor- so il Prado conserva, con poche altera- zioni, la sua immagine originaria, ri- spettata, anche con interventi mimeti- ci, dai diversi progettisti che si susse- guono nei suoi 200 anni di vita. Nono- stante il numero di partecipanti (più di 500) il concorso è dichiarato clamoro- samente deserto. Mario Botta, membro della giuria, parla di assenza di un pro- getto geniale. In realtà le proposte inte- ressanti non mancano ma le basi del concorso, organizzato dall'Uia, sono ambigue. Si vuole dare all'intervento una portata urbana ma manca un pia- no museografico chiaro. Lo denuncia- no tra gli altri Foster, Tusquets e Cala- trava che abbandonano il concorso in polemica con l'organizzazione. Dieci progetti vengono selezionati e invitati a partecipare due anni dopo a una gara ristretta in cui programma e volumi so- no definiti con una certa precisione. L'ampliamento, concepito come «cam- pus Prado», occupa 13.363 mq nell'area retrostante il museo, dove anticamen- te sorgeva il Palazzo del Buen retiro, i cui unici resti (il Cas6n omonimo e il Sal6n de Reinos, allora Museo dell'Eser- cito) vengono inclusi nel programma insieme al Chiostro della Congregazio- ne di San Girolamo («los Jer6nimos»). Vincitore del concorso è il progetto di Rafael Moneo, che immagina un incre- mento di un 30% circa dello spazio pree- sistente per un totale di 22.000 mq co- struiti. Ciò permette di dedicare l'edifi- cio originario (denominato «Villanue- va») alla collezione permanente, spo- stando nel cosiddetto Edificio Jer6ni- mos e negli annessi le sale per esposi- zioni temporanee, i laboratori, l'audi- torium, gli uffici, i depositi e la caffet- teria. Costo finale dei lavori: 4.246,76 euro al mq. Il progetto dell'architetto spagnolo, Premio Pritzker nel 1996 e Principe de Asturias nel 2012, suscita sin dall'inizio grandi polemiche soprattutto per il trattamento del volume di forma cubi- ca in cui viene incapsulato il Chiostro '' Obiettivi museografici raggiunti, ed è facile per i visitatori (aumentati) muoversi e orientarsi, ma a livello urbano il progetto di Rafael Moneo è un'occasione perduta: il quartiere retrostante non fruisce delle riverberazioni dell'offerta culturale. Inoltre, l'esecuzione e i materiali non sono all'altezza f f (denominato «Cubo di Moneo»), e la cui facciata, adiacente alla chiesa omoni- ma, viene modificata durante l'iter pro- gettuale. Altre le modifiche realizzate: la copertura in vetri del nuovo spazio di accesso viene sostituita da un giardi- no pensile con disegno astratto, men- tre la biblioteca, inizialmente prevista all'interno del Chiostro, si sposta al Ca- s6n del Buen retiro insieme all'Archi- vio, al Centro studi e Cattedra Prado e al Centro per la conservazione del Mu- seo. Per gli attuali gestori del Prado l'amplia- mento è stato sicuramente positivo: le nuove sale hanno permesso di riorga- nizzare la collezione permanente con criteri contemporanei, narrativi e di- dattici, valorizzando le figure centrali come Velazquez e Goya, affiancate ora da discepoli e maestri. I nuovi depositi (1.111,51 mq), situati nel piano interrato e dotati di un ascensore con capacità di carico di cir- ca 9.000 kg, hanno permesso il restau- ro delle opere negli appositi laborato- ri (prima ciò avveniva nelle stesse sa- le), e facilitato l'attività di ricerca por- tando alla luce quadri sconosciuti o di- menticati (ne è un esempio la copia della Gioconda che pare sia stata rea- lizzata nell'atelier di Leonardo da un suo discepolo). La dimensione delle nuove sale, simili a quelle dell'ala Vil- lanueva. ne permette un uso raziona- le e flessibile, compatibile a opere di queste caratteristiche. Su questi stessi aspetti insiste oggi Moneo, secondo il quale si tratta di un intervento di dise- gno urbano che ha per protagonista l'edificio originario. I limiti dell'inter- vento, ci dice con soddisfazione, non si percepiscono in maniera chiara e, nonostante il notevole incremento di superficie, il Prado mantiene una sca- la accessibile ed è facile per i visitato- ri, che negli ultimi anni sono aumen- tati, muoversi e orientarsi. Dal punto di vista compositivo si è recuperata la «spalla» del Prado (prima nascosta da depositi e terrapieni), attribuendo al- l'abside (Sala de las Musas) il ruolo di cerniera tra il vecchio e il nuovo. È questo forse il principale successo del- 1' ampliamento: la sintonia esistente tra Moneo e la direzione del museo (la col- laborazione continua per la conserva- zione e manutenzione dell'edificio) nella volontà di valorizzare lo «spirito» del Prado, dal punto di vista spaziale e funzionale.Dal punto di vista urbano, l'impatto del Prado si andrà probabil- mente consolidando nel tempo: i lavo- ri del Cas6n sono stati terminati solo di recente e attualmente il museo tende a fare sistema con il Paseo del Prado, ora denominato Paseo de las Artes, più che con il quartiere «Los Jer6nimos», come si pensava inizialmente. L'ampliamen- to di Moneo canalizza il flusso dei visi- tatori all'interno del museo, al di sotto del livello stradale del quartiere retro- stante, che rimane privo di un'offerta culturale e ludica aperta al pubblico, aspetto fondamentale al fine di conso- lidare il «Campus» a cui si aspira. E in effetti, al di là dell'aspetto «austero» per cui è stato più volte criticato, il proble- ma del «cub0» ci sembra risieda nella contraddizione esistente tra la necessi- di dare uno sfondo monumentale al Prado e la scelta di situare nel blocco di facciata gli uffici amministrativi. Con la volontà di conferire «dignità» nel senso compositivo classico al suo progetto, Mo neo ha fatto ricorso a elementi di fac- ciata privi di una funzione specifica, do- tandoli di una doppia altezza che non trova corrispondenza all'interno del- l'edificio: la loggia con pilastri scanala- ti è infatti chiusa mentre la porta mo- numentale, che con le impressionanti ante in bronzo della scultrice Cristina Iglesias potrebbe dare access9 alle sale ,. '<' I• per esposizioni temporanee, per ragio- ni di sicurezza svolge una funzione di servizio. È questa forse la grande occa- sione perduta del Prado: la possibilità di generare attorno al museo uno spa- zio urbano partecipativo con funzioni compatibili alle esigenze di controllo proprie di un edificio di queste caratte- ristiche, capace di agglutinare i nuovi spazi dell'ampliamento con lo spazio pubblico antistante e di offrire una vi- sta unica sull'edificio Villanueva e sul Paseo del Prado. ., a r r J .....

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Ri_visitati da Graziella Trovato Le verifiche cinque anni dopo

L'occasione perduta del Prado a Madrid L'ampliamento del Museo del Prado s'inaugura nel 2007 dopo 12 anni di vi­cissitudini iniziate con un primo con­corso internazionale convocato nel 1995 dal Ministero per la Cultura. Dopo i grandi progetti per il Louvre o il British Museum, si trattava di mettersi al passo con i tempi e dotare il Prado di una struttura capace di accogliere even­ti ed esposizioni internazionali all'al­tezza delle grandi città europee. E d'al­tra parte con una vocazione simile na­sce la sede originaria del Museo, voluta da Carlo m come parte di un'operazio­ne urbana che trasformava Madrid, al­lora modesta cittadina, in una moder­na capitale dotata di un insieme monu­mentale di spazi pubblici e istituzioni culturali come l'Osservatorio astrono­mico e il Giardino botanico, prossimi tra di loro e con edifici progettati da Juan de Villanueva. Più volte ampliato e modificato, al momento del concor­so il Prado conserva, con poche altera­zioni, la sua immagine originaria, ri­spettata, anche con interventi mimeti­ci, dai diversi progettisti che si susse­guono nei suoi 200 anni di vita. Nono­stante il numero di partecipanti (più di 500) il concorso è dichiarato clamoro­samente deserto. Mario Botta, membro della giuria, parla di assenza di un pro­getto geniale. In realtà le proposte inte­ressanti non mancano ma le basi del concorso, organizzato dall'Uia, sono ambigue. Si vuole dare all'intervento una portata urbana ma manca un pia­no museografico chiaro. Lo denuncia­no tra gli altri Foster, Tusquets e Cala­trava che abbandonano il concorso in polemica con l'organizzazione. Dieci progetti vengono selezionati e invitati a partecipare due anni dopo a una gara ristretta in cui programma e volumi so­no definiti con una certa precisione. L'ampliamento, concepito come «cam­pus Prado», occupa 13.363 mq nell'area retrostante il museo, dove anticamen­te sorgeva il Palazzo del Buen retiro, i cui unici resti (il Cas6n omonimo e il Sal6n de Reinos, allora Museo dell'Eser-

cito) vengono inclusi nel programma insieme al Chiostro della Congregazio­ne di San Girolamo («los Jer6nimos»). Vincitore del concorso è il progetto di Rafael Moneo, che immagina un incre­mento di un 30% circa dello spazio pree­sistente per un totale di 22.000 mq co­struiti. Ciò permette di dedicare l'edifi­cio originario (denominato «Villanue­va») alla collezione permanente, spo­stando nel cosiddetto Edificio Jer6ni­mos e negli annessi le sale per esposi­zioni temporanee, i laboratori, l'audi­torium, gli uffici, i depositi e la caffet­teria. Costo finale dei lavori: 4.246,76 euro al mq. Il progetto dell'architetto spagnolo, Premio Pritzker nel 1996 e Principe de Asturias nel 2012, suscita sin dall'inizio grandi polemiche soprattutto per il trattamento del volume di forma cubi­ca in cui viene incapsulato il Chiostro

' ' Obiettivi museografici raggiunti, ed è facile per i visitatori (aumentati) muoversi e orientarsi, ma a livello urbano il progetto di Rafael Moneo è un'occasione perduta: il quartiere retrostante non fruisce delle riverberazioni dell'offerta culturale. Inoltre, l'esecuzione e i materiali non sono all'altezza f f

(denominato «Cubo di Moneo»), e la cui facciata, adiacente alla chiesa omoni­ma, viene modificata durante l'iter pro­gettuale. Altre le modifiche realizzate: la copertura in vetri del nuovo spazio di accesso viene sostituita da un giardi­no pensile con disegno astratto, men­tre la biblioteca, inizialmente prevista all'interno del Chiostro, si sposta al Ca­s6n del Buen retiro insieme all'Archi­vio, al Centro studi e Cattedra Prado e al Centro per la conservazione del Mu­seo. Per gli attuali gestori del Prado l'amplia­mento è stato sicuramente positivo: le nuove sale hanno permesso di riorga­nizzare la collezione permanente con criteri contemporanei, narrativi e di­dattici, valorizzando le figure centrali come Velazquez e Goya, affiancate ora da discepoli e maestri. I nuovi depositi (1.111,51 mq), situati nel piano interrato e dotati di un ascensore con capacità di carico di cir­ca 9.000 kg, hanno permesso il restau­ro delle opere negli appositi laborato­ri (prima ciò avveniva nelle stesse sa­le), e facilitato l'attività di ricerca por­tando alla luce quadri sconosciuti o di­menticati (ne è un esempio la copia della Gioconda che pare sia stata rea­lizzata nell'atelier di Leonardo da un suo discepolo). La dimensione delle nuove sale, simili a quelle dell'ala Vil­lanueva. ne permette un uso raziona­le e flessibile, compatibile a opere di queste caratteristiche. Su questi stessi aspetti insiste oggi Moneo, secondo il quale si tratta di un intervento di dise­gno urbano che ha per protagonista l'edificio originario. I limiti dell'inter­vento, ci dice con soddisfazione, non si percepiscono in maniera chiara e, nonostante il notevole incremento di superficie, il Prado mantiene una sca­la accessibile ed è facile per i visitato­ri, che negli ultimi anni sono aumen­tati, muoversi e orientarsi. Dal punto di vista compositivo si è recuperata la «spalla» del Prado (prima nascosta da depositi e terrapieni), attribuendo al-

l'abside (Sala de las Musas) il ruolo di cerniera tra il vecchio e il nuovo. È questo forse il principale successo del-1' ampliamento: la sintonia esistente tra Moneo e la direzione del museo (la col­laborazione continua per la conserva­zione e manutenzione dell'edificio) nella volontà di valorizzare lo «spirito» del Prado, dal punto di vista spaziale e funzionale.Dal punto di vista urbano, l'impatto del Prado si andrà probabil­mente consolidando nel tempo: i lavo­ri del Cas6n sono stati terminati solo di recente e attualmente il museo tende a fare sistema con il Paseo del Prado, ora denominato Paseo de las Artes, più che con il quartiere «Los Jer6nimos», come si pensava inizialmente. L'ampliamen­to di Moneo canalizza il flusso dei visi­tatori all'interno del museo, al di sotto del livello stradale del quartiere retro­stante, che rimane privo di un'offerta culturale e ludica aperta al pubblico, aspetto fondamentale al fine di conso­lidare il «Campus» a cui si aspira. E in effetti, al di là dell'aspetto «austero» per cui è stato più volte criticato, il proble­ma del «cub0» ci sembra risieda nella contraddizione esistente tra la necessi­tà di dare uno sfondo monumentale al

Prado e la scelta di situare nel blocco di facciata gli uffici amministrativi. Con la volontà di conferire «dignità» nel senso compositivo classico al suo progetto, Mo neo ha fatto ricorso a elementi di fac­ciata privi di una funzione specifica, do­tandoli di una doppia altezza che non trova corrispondenza all'interno del­l'edificio: la loggia con pilastri scanala­ti è infatti chiusa mentre la porta mo­numentale, che con le impressionanti ante in bronzo della scultrice Cristina Iglesias potrebbe dare access9 alle sale

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per esposizioni temporanee, per ragio­ni di sicurezza svolge una funzione di servizio. È questa forse la grande occa­sione perduta del Prado: la possibilità di generare attorno al museo uno spa­zio urbano partecipativo con funzioni compatibili alle esigenze di controllo proprie di un edificio di queste caratte­ristiche, capace di agglutinare i nuovi spazi dell'ampliamento con lo spazio pubblico antistante e di offrire una vi­sta unica sull'edificio Villanueva e sul Paseo del Prado. .,

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