SED10_INNOCENZA PERDUTA

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woman fiction

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LOUISE ALLEN

Innocenza perduta

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Seduced by the Scoundrel

Harlequin Historical © 2011 Melanie Hilton

Traduzione di Rossana Lanfredi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Storici Seduction ottobre 2012

Questo volume è stato stampato nel settembre 2012

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644

Periodico mensile n. 10 del 24/10/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Isole Scilly, 16 marzo 1809 Era un sogno, di quelli che si fanno quando si è nel dormi-veglia. Aveva freddo, era bagnata... il finestrino dell'allog-gio doveva essersi aperto durante la notte... Oh, era così sgradevole... «Guarda qui, Jack. Una sirena.» «No. Ha le gambe, non vedi? E non ha la coda. Non l'ho mai capito... ma come si fa ad andare a letto con una sirena se non ha le gambe?» No, non è un sogno... è un incubo. Svegliati. Gli occhi non si aprono. Fa così freddo. E sento male. Ho paura, tanta paura. «Credi che sia morta?» Sono morta, dunque? Questo è l'inferno? E questi sono demoni? Non muoverti. Nel sogno un terrore confuso le scorreva nelle vene. «A me sembra abbastanza viva. In ogni caso andrà bene, anche se non è molto vivace. Sono cinque settimane che non sto con una donna.» «Come tutti noi, idiota.» La voce roca si fece più vicina. No! Aveva gridato? Averil si svegliò, tornò del tutto in

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sé, e con la coscienza tornarono la memoria e il terrore rea-le: il naufragio, un'onda gigantesca, poi il freddo, l'acqua che ribolliva, la consapevolezza che stava per morire. Ma non era morta. Sotto di lei c'era la sabbia, una sabbia fredda, bagnata. Il vento le sferzava la pelle, l'acqua le lambiva le caviglie, il sale le impediva misericordiosamen-te di aprire gli occhi a quell'incubo, e poi dolore dapper-tutto: era come se fosse stata dentro un barile rotolante. Vento... pelle... Era nuda e quelle voci appartenevano a uomini reali, uomini che si avvicinavano e volevano... Non muoverti. Qualcosa le colpì le costole e d'istinto si ritrasse con un sussulto, folle di paura. Il suo corpo reagiva, anche se la mente gli urlava di restare immobile. «È viva! Bene, finalmente un po' di fortuna.» Era il pri-mo uomo che aveva parlato, e la sua voce tradiva una gioia famelica. Averil si rannicchiò, divenne una palla tremante, simile a un riccio cui erano stati strappati tutti gli aculei. «Credi che riusciremo a farla alzare e a portarla dietro quelle rocce prima che la vedano gli altri? Non voglio divi-derla con nessuno, almeno fino a quando ci saremo stancati di lei.» «No!» Averil si mise a sedere di scatto sulla sabbia, cir-condandosi con le braccia nel tentativo di nascondere la propria nudità. Si sforzò di aprire gli occhi, nonostante il sale, che aveva reso appiccicose le palpebre, li facesse bru-ciare. I suoi molestatori erano a circa due iarde di distanza, e la guardavano entrambi con una bramosia che le procurò un'ondata di nausea. Un uomo era grosso, con un ventre che parlava di troppe birre e muscoli che spuntavano come

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protuberanze dalle braccia nude e dai polpacci. Quello che le aveva dato il calcio doveva essere la mezza cartuccia tutt'ossa più vicina a lei. «Vieni con noi, tesoro» disse quest'ultimo, e la sua voce carezzevole le fece venire la pelle d'oca. «Ti riscalderemo per bene, vero, Harry?» «Preferisco morire» riuscì a rispondere Averil, poi af-fondò le dita nella sabbia bagnata, alla ricerca di un'arma. Purtroppo non trovò nulla, nemmeno un sassolino. E poi aveva le mani intorpidite dal freddo. «Bene, ma quello che vuoi tu non c'interessa, tesoro.» Quello doveva essere Jack. Lei si chiese se non sarebbe stato meglio chiamarli per nome e cercare di indurli a ve-derla come un essere umano e non come una cosa da usare. Cercò disperatamente di far lavorare il cervello. Sarebbe riuscita a correre? No, con le gambe intorpidite non sareb-be stata in grado nemmeno di alzarsi. «Ascoltate, mi chiamo Averil. Jack, Harry... non avete sorelle...?» Quello più grosso sibilò un'orribile imprecazione, mentre delle voci si avvicinavano. «Gli altri. Maledizione, adesso ci toccherà dividere questo fiorellino.» Averil spostò lo sguardo e notò che sedeva sulla striscia di sabbia che orlava il mare. Sopra di lei una spiaggia di sassi si esauriva in un breve tratto di basse rocce e più oltre il terreno saliva, seguendo il profilo di una collina. Le voci appartenevano a una mezza dozzina di uomini – sembravano marinai – con indosso gli stessi scuri abiti da lavoro dei due che l'avevano trovata. Quando la videro cominciarono a correre e pochi istanti dopo lei si ritrovò davanti un semicerchio di figure sogghi-

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gnanti. Le loro risate, i loro commenti volgari, che capiva a stento, le loro domande a Jack e a Harry cominciarono a rimbombarle nelle orecchie, e tutto si fece di nuovo confu-so. Averil chiuse gli occhi. Stava per svenire e se fosse svenuta loro l'avrebbero... «Che cosa diavolo avete trovato laggiù?» La voce era colta, autoritaria e dura come la roccia, ed ebbe il potere di attirare l'attenzione degli uomini come una calamita il fer-ro, e di far sussultare di speranza la sirena. «Una sirena, capitano.» Harry ridacchiò. «Però ha per-duto la coda.» «È anche molto bella» rispose la voce, ora molto vicina. «E stavate per portarmela, suppongo.» «Perché dovremmo farlo, capitano?» «Bottino del capitano.» Non c'era compassione in quella voce calma, solo la fredda valutazione di quello che per lui non era altro che un interessante relitto di un naufragio. La calda ondata di speranza che aveva colmato il cuore di A-veril si ritrasse rapidamente. «Non è giusto!» «Qui non siamo in democrazia, Tubbs. Questa donna è mia. È un ordine.» Si udì il rumore di stivali che scricchio-lavano sulla ghiaia, mentre un furibondo borbottio si levò nell'aria. Averil aprì di nuovo gli occhi e osservò in alto. E ancora più in alto. L'uomo era grosso, con gambe lunghe, capelli neri, un naso prominente. I suoi inflessibili occhi, grigi co-me un cielo invernale, la fissavano come un uomo studia una donna, non come un soccorritore osserva una vittima. C'era, in quello sguardo, un esplicito desiderio maschile e, stranamente, anche rabbia. «No» sussurrò lei.

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«No, non lasciatemi a morire di freddo, oppure no, non portatemi via dai miei nuovi amici?» le chiese lui, ed era l'immagine, sia pure un po' più scura, degli uomini che A-veril aveva imparato a conoscere in quegli ultimi tre mesi, sulla nave. Uomini decisi, intelligenti, che non avevano bi-sogno di fare gli spavaldi perché emanavano sicurezza e autorità: Alistair Lyndon, i gemelli Callum e Daniel Chat-terton. Erano tutti morti ora? La voce del capitano era dura, il suo volto non mostrava nessuna comprensione, tuttavia era pur sempre meglio del-la feccia che l'aveva trovata. L'uomo più grosso aveva la mano sull'impugnatura di un coltello e il capitano gli dava la schiena. «Guardatevi le spalle» gli disse lei, ignorando le sue parole canzonatorie. «Dawkins, lascia quel coltello, a meno che tu non voglia fare la fine di Nye.» Il capitano parlò senza voltarsi e Ave-ril lo vide posare una mano sul calcio della pistola che ave-va infilata nella cintura. «Non ci sarà denaro per te se mori-rai con una pallottola nella tua grassa pancia, ma ce ne sarà di più per gli altri.» Inarcò un sopracciglio all'indirizzo di Averil, che annuì, attirata in una strana complicità. Nessun altro toccò un'arma, allora il capitano si tolse la giacca, mettendogliela sulle spalle. «Riuscite ad alzarvi?» «No. Ho t... t... t... troppo freddo.» Non poteva smettere di battere i denti, così serrò la mascella nel tentativo di lot-tare contro la debolezza. L'uomo allora si chinò, la prese per i polsi e la tirò in piedi, mentre lei, con dita che il freddo rendeva goffe, cer-cava di accostare i lembi della giacca, che le arrivava alla curva delle natiche e le grattava la pelle proprio in quel punto. «Bene, vi porterò in braccio» dichiarò, dopo aver

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fatto scorrere lo sguardo sugli uomini che lo fissavano. «No!» Averil inciampò, gli afferrò il braccio. Se lui l'a-vesse sollevata, la giacca si sarebbe alzata, esponendo il suo fondoschiena. «Hanno già visto tutto quello che c'era da vedere» osser-vò l'uomo. «Tubbs, dammi la tua giacca. «Ma si bagnerà» protestò il marinaio, tuttavia si tolse l'indumento e attraversò con passo strascicato la spiaggia per portarla al capitano, senza smettere di fissare le lunghe gambe nude della fanciulla. «E la riavrai con addosso l'odore di una donna bagnata. Non ti va?» Il capitano prese la giacca, l'avvolse intorno al-la vita di Averil, che poi si caricò su una spalla. Lei sussultò, oltraggiata, ma dopo un momento si rese conto che in tal modo lui aveva ancora una mano libera per la pistola. E così, a testa in giù, guardò il terreno che si muoveva. Le giacche non la proteggevano dal freddo, ed enfatizza-vano ancora di più la sua nudità, la sua vergogna. Averil cercò di non svenire, doveva restare cosciente, si disse. L'uomo che aveva sperato potesse essere il suo salvatore non lo era per nulla. Nella migliore delle ipotesi l'avrebbe violentata, nella peggiore quella rozza marmaglia lo avreb-be aggredito e l'avrebbero violentata loro. Quando la nave aveva fatto naufragio, lei aveva capito che stava per morire. Ora rimpiangeva di essere ancora viva. Lo scricchiolio della ghiaia cessò, l'angolazione del ter-reno cambiò, diventando più orizzontale, e Averil vide del-l'erba sotto di sé. Poi il capitano si fermò, chinò la testa ed entrò in quello che doveva essere un edificio. «Ecco qui» disse, gettandola come un sacco di patate su

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una superficie gibbosa. «Aspettate ad addormentarvi. Pri-ma dovete scaldarvi.» La porta sbatté alle sue spalle e lei si mise seduta. Era su un letto all'interno di una casupola di pietra, lungo le pareti della quale erano allineati altri cinque letti. Il materasso di paglia scricchiolò sotto il suo corpo quando si spostò per guardarsi intorno. A un'estremità c'era un focolare con del-la cenere, poi una sedia di legno, un tavolo, un baule. La casupola aveva anche una finestra cui faceva da tenda un sacco consunto, alcuni scaffali, una porta fatta di assi di le-gno e un pavimento di lastre di pietra senza nemmeno uno straccio di tappeto. Vorrei essere morta... L'autocommiserazione le fece ve-nire le lacrime agli occhi. Poi però la stanza si fermò, la te-sta smise di girarle. No, non lo vorrei. Averil si premette le nocche sugli occhi per scacciare le lacrime e sussultò al bruciore del sale. Quel dolore la fortificò. Non era una co-darda, e la vita – almeno fino a poche ore prima – era stata dolce per lei. Valeva la pena di lottare per viverla. Certo, essere stata cresciuta come la figlia viziata di una ricca famiglia non l'aveva preparata a prove come quella, ma in fondo aveva sconfitto tutte le malattie che si potesse-ro prendere in India, aveva affrontato con coraggio tre mesi su una nave, ed era sopravvissuta a un naufragio. Perciò non morirò adesso, non così, non senza combattere. Doveva alzarsi, doveva trovare il modo di uscire di là e di trovare un'arma prima che lui tornasse. Si trascinò fuori dal letto. Sentiva uno strano ruggito nelle orecchie e le sembrava che la stanza avesse ricominciato a muoversi. Il pavimento si stava spostando? O era lei a spostarsi? Tutto diventava sempre più scuro...

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«Maledizione.» Luc si sbatté la porta alle spalle, afferrò la caraffa dal tavolo, s'inginocchiò e rovesciò l'acqua sul viso della fanciulla, che solo in quel momento ebbe una re-azione: si leccò le labbra. «Torniamo a letto.» La sollevò, la rimise sul materasso gibboso e la coprì con una coperta. Gli era piaciuto sentirsela fra le braccia. Gli era piaciuto anche troppo, dunque era meglio non pensarci. Già solo il ricordo di lei, seduta sulla spiaggia come una sirena, con la risacca che le accarezzava le lunghe, pallide gambe, era sufficiente a far passare a un uomo lunghe, insonni notti di desiderio. Versò altra acqua in un bicchiere e tornò accanto al letto. «Avanti, svegliatevi. Avete bisogno di bere.» S'inginoc-chiò, le passò un braccio dietro le spalle per sollevarla e le appoggiò il bicchiere sulle labbra. Esalò un respiro di sol-lievo quando la vide bere avidamente, senza aprire gli oc-chi. Arruffati capelli biondi erano appiccicati alla giacca che le aveva dato, lividi ed escoriazioni le segnavano la pelle leggermente abbronzata. Le lunghe ciglia fremettero, si sollevarono, mostrando occhi tra il verde e il nocciola, e si riabbassarono, come se fossero di piombo. La testa ciondo-lò da un lato, appoggiandosi alla spalla di Luc, e con un so-spiro lei perse di nuovo i sensi. Quella era l'ultima cosa di cui aveva bisogno: una donna priva di sensi che necessitava di cure. Se l'avesse messa sulla scialuppa e l'avesse portata a St. Mary dicendo che l'aveva trovata sulla spiaggia e che doveva essere un'altra sopravvissuta al naufragio della notte precedente, sarebbe stata al sicuro. Ma se, tornata cosciente, avesse ricordato?

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Che avesse visto lui non gl'importava, visto che aveva un'i-dentità di copertura già accettata dal governatore. Lei però lo aveva visto con gli uomini, e non poteva non aver capito che era il loro capo. Luc abbassò lo sguardo sulla massa di capelli appiccico-si, che era tutto quanto ora potesse scorgere di lei. Notò che sospirava di nuovo e si rannicchiava ancora di più contro di lui, allora si spostò un poco, per farla stare più comoda. In-tanto rifletteva. Lei era giovane, ma non più una fanciulla. Doveva avere poco più di vent'anni e la drammatica esperienza che aveva vissuto non le aveva ottenebrato il cervello: il modo in cui l'aveva avvertito di Dawkins gli faceva capire che era mol-to lucida. A dire il vero sembrava coraggiosa e intelligente, e dunque quante probabilità c'erano che si dimenticasse delle circostanze del loro incontro o lo considerasse solo uno spaventoso incubo? Non molte, decise. Non appena avesse ripreso conoscen-za, lei avrebbe spiattellato a chiunque quello che aveva vi-sto e lui non sapeva ancora di chi doveva guardarsi. Chissà, forse doveva stare attento persino allo stesso governatore. Le sue alternative più prudenti erano lasciarla in quella capanna con del cibo e dell'acqua, chiudere la porta a chia-ve e andarsene... il che equivaleva a ucciderla, più o meno come se l'avesse messa su una barca, si fosse spinto in ma-re aperto e l'avesse gettata in acqua... Oppure curarla fino a quando non fosse stata abbastanza forte da badare a se stes-sa. Che cosa sapeva di come si curano le donne? Niente... ma in fondo non poteva essere tanto diverso dall'assistere un uomo, no? Fissò la figuretta snella rannicchiata sotto la

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ruvida coperta e confessò a se stesso che era un po' a disa-gio. E poi, quando lei si fosse svegliata, se mai lo avesse fatto, non sarebbe stata per nulla soddisfatta di scoprire chi l'aveva assistita. Ebbene, lui avrebbe potuto sempre illu-strarle le alternative. Se non altro le aveva fatto bere qualcosa. Per cena si sa-rebbe fatto preparare un brodo caldo da Potts e avrebbe cercato di farglielo inghiottire. E supponeva sarebbe stato meglio lavarle tutto quel sale di dosso e vedere se era feri-ta. Con ogni probabilità aveva qualche frattura. Dopodiché le avrebbe infilato una delle sue camicie, a-vrebbe reso un po' più comodo il letto e l'avrebbe lasciata per un po'. Sì, lasciarla era certamente una buona idea. Si scoprì a sudar freddo al pensiero di toccarla. Maledi-zione. Doveva uscire di lì. Restò sulla soglia per un momento, aspettando che il re-spiro gli tornasse regolare. Era in pessima forma se bastava una donna mezza affogata a suscitargli un tale desiderio. La sua aria di sfida, l'intelligenza di quei pesti occhi tra il verde e il nocciola continuavano a tornargli alla mente e lo facevano sentire ancora più in colpa perché la desiderava anche in quelle condizioni. Meglio pensare al problema che lei avrebbe rappresentato quando avrebbe ripreso i sensi e si sarebbe resa conto della loro presenza. Per distrarsi, Luc osservò le navi all'ancora nella Laguna di St. Helen, il tratto riparato di mare delimitato dall'isola di St. Helen, dove si trovava, dalla disabitata Teän, dall'iso-la di St. Martin a est, e da Tresco a sud. Quel dannato naufragio sugli scogli aveva messo in agi-tazione la Marina come un bastone ficcato in un formicaio. Persino il fumo dei fuochi dell'alga laminaria sembrava

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meno denso quel giorno. Dovevano aver sguinzagliato o-vunque uomini in cerca di corpi e sopravvissuti. Anzi, pro-prio in quel momento c'era una barca in avvicinamento. Maledizione! Se la donna fosse sempre rimasta priva di sensi avrebbe potuto scaricarla a loro. Del resto, se la for-tuna lo avesse assistito, non si sarebbe mai trovato in quel posto. Si guardò intorno, si assicurò che gli uomini non lo ve-dessero, poi scese sulla spiaggia, incontro alla barca, spo-stando la pistola dal fianco alla schiena. I poeti eccentrici, in cerca di solitudine per scrivere poemi epici, non an-davano in giro armati. Un guardiamarina stava a prua, un'espressione seria sul volto lentigginoso. Quanti anni doveva avere quel marmoc-chio? Diciassette? «Mr. Dornay, signore?» lo salutò dalla barca. «Sì. State cercando sopravvissuti al naufragio, suppongo. Ho sentito le grida e ho visto le luci ieri notte, così ho im-maginato quello che doveva essere successo. Ho fatto il gi-ro dell'isola alle prime luci dell'alba e non ho trovato nessu-no, né morto né vivo.» In fondo non era una bugia. Non era stato lui a trovarla. «Grazie, signore, è andata a fondo una nave grossa, con molte anime a bordo. Risparmieremo tempo se non dob-biamo perlustrare quest'isola.» Esitò, aggrottando la fronte mentre si teneva in equilibrio sulla barca che ondeggiava. «A St. Martin dicono di aver visto un gruppo di uomini qui, ieri, e il governatore ci ha parlato solo di voi, signore, così ci chiedevamo di chi potesse trattarsi. Ha detto che siete un poeta.» E dal tono si percepiva che considerava la poesia un'attività alquanto bizzarra.

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«Sì» confermò Luc, imprecando tra sé. Quei maledetti i-dioti non avrebbero dovuto farsi vedere dagli abitanti delle isole. «In effetti è arrivata una barca, con una ciurma piut-tosto rozza. Hanno detto che stavano cercando dei posti per sistemare altri fuochi di laminaria. Io ho pensato che do-vessero essere contrabbandieri, così non li ho sfidati. Ora se ne sono andati.» «Siete stato molto saggio e con ogni probabilità non vi siete sbagliato, signore. Vi ringrazio. Torneremo di nuovo domani.» «Non preoccupatevi, ora avete ben altro da fare. Ho una lancia, verrò ad avvertirvi se trovo qualcosa.» Il guardiamarina salutò, mentre i suoi marinai solle-vavano i remi e sospingevano la barca verso la costa meri-dionale di Teän, alla ricerca di un punto d'approdo. Luc vagò sulla spiaggia fino a che non scomparvero alla sua vista, poi si diresse verso la bassa collina alla sua sini-stra, dietro il vecchio lazzaretto che usava come rifugio e all'interno del quale giaceva la donna. Fece un rapido conteggio. Sì, c'erano tutti e dodici i componenti del piccolo, malfamato equipaggio che gli ave-vano affibbiato. All'inizio erano tredici, ma aveva dovuto sparare a Nye, quando il marinaio aveva deciso che pianta-re un coltello nelle costole del capitano era più facile che portare a termine la missione. Quella reazione immediata aveva reso molto più efficienti gli altri. «Era la Marina» annunciò, quando gli uomini, seduti in cerchio intorno a un piccolo fuoco quasi senza fumo, si gi-rarono a guardarlo. «Qualcuno vi ha visti da St. Martin. State da questo lato, e comunque non spingetevi a est oltre Didley's Point.»

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«Oppure la Marina cattiva ci prenderà?» ridacchiò Tubbs. «E allora chi sarebbe nei guai, capitano?» «Io sarei nella melma fino al collo» concordò Luc. «E dal mio punto di vista voi sareste impiccati tutti. Pensate-ci.» «Sì, noi ci penseremo e intanto voi vi divertirete con quella sirena che abbiamo trovato. O siete venuto a chie-derci qualche consiglio sulla tecnica da usare, signore?» chiese un rosso allampanato, spostandosi da una guancia all'altra la presa di tabacco che stava masticando. «Grazie della generosa offerta, Harris, ma la sto lascian-do dormire. Io preferisco avere donne coscienti.» Si ap-poggiò con un fianco contro un masso. L'istinto gli sugge-riva di non rivelare che la donna sembrava stare molto ma-le. «Potrebbero passare altri quattro o cinque giorni prima di sapere qualcosa e io non voglio che vi arrugginiate. Con-trollate la lancia questo pomeriggio, e domani ci esercitere-mo un po'.» «La barca sta bene» borbottò il rosso, e sputò del liquido scuro nel fuoco. «L'ho controllata ieri. È solo un po' picco-la, tutto qui.» «Il tuo parere di esperto ci sarà di grande consolazione quando affogheremo nel bel mezzo di questo dannato ocea-no» replicò Luc. «La cena stasera si cucina da sola, Potts? La mia ospite gradirebbe del brodo. Pensi di farcela? E, Guercio, portami un secchio d'acqua fredda e uno di calda. Non voglio che sappia di sale.» Non si curò di aspettare la loro risposta, e non si guardò alle spalle mentre saliva al piccolo edificio, anche se un brivido gli correva lungo la schiena. Per il momento era lo-ro interesse continuare a obbedirgli e lo temevano abba-

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stanza da non provocarlo in modo eccessivo, soprattutto dopo quanto era successo a Nye. Tuttavia l'arrivo della donna avrebbe potuto far saltare quel fragilissimo equili-brio. Luc aveva bisogno che loro la credessero cosciente e di sua esclusiva proprietà, non vulnerabile e senza alcuna im-portanza per lui. Non voleva essere costretto a uccidere nessun altro di loro: per quanto fossero pendagli da forca, gli occorrevano tutti e dodici per portare a termine la sua missione, e in ogni caso erano buoni marinai.

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ANN LETHBRIDGE

INGHILTERRA, 1816 - 1819 - Dopo uno scandalo che ha sconvolto la sua vita, Lord Robert Mountford si è ritirato nella tenuta di Wynchwood, dove finge di essere il guardiacaccia. Poi incontra Frederica Bracewell, e quella giovane così diver-sa dalle raffinate fanciulle del ton sembra avere su di lui l'ef-fetto di un sortilegio: fissando il suo viso d'angelo, a Robert è venuta voglia di posare le labbra sulla morbida bocca imbron-ciata e di sciogliere i suoi capelli per farne l'unico vestito con cui coprire quel corpo voluttuoso. I giorni passano, ma pen-sieri erotici continuano a turbarlo e così, quando si rivedono...

L'angelo del peccato

Innocenza perduta LOUISE ALLEN

INGHILTERRA, 1809 - Scampata al naufragio della nave su cui era imbarcata, Averil Heydon si ritrova in una situazione compromettente. Oltre a essere bloccata su un'isola sperduta con un gruppo di uomini, è il loro tenebroso capitano, Luke, a prendersi cura di lei. E il bizzarro rapporto fatto di desiderio e senso del dovere che si instaura tra loro li trascina a poco a poco in una rovente spirale di passione. Ma, nonostante il fa-scino magnetico che quell'uomo dalla voce sensuale e dal fisi-co scultoreo esercita su di lei, Averil sa di dover resistere alle erotiche sensazioni che Luke le scatena dentro. Anche se...

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ANN LETHBRIDGE

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INGHILTERRA, 1809 - Spinta dalle difficoltà economiche in cui naviga la famiglia, Sophia Langley accetta la proposta di matrimonio di Callum Chatterton, gemello del suo fidanzato scomparso in un naufragio. E quando scopre di provare una bollente attrazione per quel giovane cupo e solitario che sem-bra vedere in lei solo la madre dei suoi futuri figli, decide di dare una svolta alla loro vita, divisa tra noiosi doveri quoti-diani e notti di incredibile passione. Ma come fare, dopo tanti silenzi, a tradurre in parole i sentimenti che hanno iniziato a provare l'uno per l'altra?

Dal 6 dicembre

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