Don Juan Núñez del Prado - Camminando nel cosmo vivente

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Camminando nel cosmo vivente :)

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  • Questo lavoro segue l'andamento dei seminari di base tenutida Don Jun in Italia nel novembre del 1997 durante il suoprimo viaggio nel nostro paese.Ha quindi una struttura discorsiva e sono possibili ripetizioni.Il testo stato ricavato dalle traduzioni dallo spagnolo fattedurante gli incontri. I curatori Celso Bambi e Nityama Masettisi sono limitati a sistematizzare e rendere pi organici i materiali.La prima redazione stata visionata da Don Jun stesso.Un particolare ringraziamento va a Rosa e Luca della Macropostper il sostegno e l'aiuto tecnico nella preparazione del libro.

    Foto di copertina; Massimo Mangialavori ' / : \ h , ; : ; : ; . ; .vi. ?:.,. ,.'!.>,;

    Nessuna parte di questo libro pu essere riprodotta, memorizzata in sistemid'archivio, o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo elettronico, meccanico,fotocopia, registrazione o altri, senza la preventiva autorizzazione scritta dell ' autore.

    Questo libro stampato su carta ecologica prodotta in totale assenza di eloro.

    l'edizione novembre 1998 ; ' i : - - >> - . *,- 1" ristampa marzo 1999

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    Jun Victor Nufiez Del Prado 1998 macro edizioniVia Isei-47814 Cesena (FO)ISBN 88-7507-199-3

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  • P r e f a z i o n e ''''':l:''Jiii')'II significato dell'incontro con Don Jun

    Ho incontrato Don Jun nel 1997 a Cuzco, durante uno deimiei frequenti viaggi nelle Ande.

    Cercavo un appartenente al sentiero andino, che non fossesoltanto un erudito della disciplina, ma un praticante appassio-nato in grado di lenire quel "mal di Per" di cui soffrivo da tem-po, "malessere" simile a un morboso innamoramento che nutroper quelle terre sudamericane. Jun esprime le capacit di in-contro tra due mondi: da un lato la razionalit occidentale e lacultura cristiana, dall'altro il misticismo andino che si attua nel-la sentita celebrazione della natura e permea energeticamenteogni forma vivente dell'universo.

    L'insegnamento di alcune tecniche, da lui ricevute e apprese,mi ha permesso di agire nuove capacit e approfondire la sensi-bilit percettiva, allargando la mia possibilit di visione.

    Entrando nel Karpay Ayni, l'iniziazione andina, si crea l'op-portunit, di un vero dialogo con ogni espressione vivente delpianeta e del cosmo, la comunicazione si muove dall'uomo allanatura e dalla natura all'uomo.

    Praticando le tecniche andine la percezione si espande oltrel'abituale sentire. L'attenzione si apre a porzioni di realt igno-rate, attivando "sensi ulteriori" che ci lasciano accedere ad aspettimultidimensionali del vivente.

    Ci sono soglie che raramente il condizionamento occidentaleci porta a varcare, Jun offre gli strumenti per entrare in zonespesso inesplorate dalla nostra coscienza ordinaria e ci fa parte-

  • cipi di un progetto profetico di cambiamento del pianeta doveognuno protagonista iniziando da se stesso.

    Nei paragrafi successivi cerco di introdurre il lettore, con unlinguaggio forse troppo tecnico, e me ne scuso, ad alcune dellecategorie del pensiero andino entro le quali si muove la ricercadi Don Jun.

    Sono commosso dalla ricchezza e dal senso di libert che ispi-rano gli insegnamenti di quest'erede di un antico lignaggio disacerdoti quechua peruviani, e la mia gratitudine va a lui e al suomaestro Don Benito.

    Gelso Bambi ; . . ; ; r : . ; : ; .

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    A tutti i maestri che hanno condiviso e condividonocon infinita pazienza e compassione (con-passione)

    insegnamenti, tecniche di "risveglio"e pi ancora la grazia del loro stato d'essere.

    Al mio maestro va la gratitudine di essere liberad attingere ed esplorare variegati sentieri...

    .,,... , ,. Dedica della curatrice.. . : ., '. ! :,,,..-. Nityama E. Masetti

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  • Lo spazio archetipicoQuechua e Aymara ^,- .. -,-> v

    Introduzione a cura di Celso Bambi - '

    La relazione uomo-natura u - i ^ - ; -:nell 'Occidente e nelle Ande ^ ^' ^ > >' ->r e

    L'occidentale si rapporta con il suo ecosistema e le sue risorsein modo quantitativo: tanta terra, tanta capacit produttiva; lafilosofia prevalente quella del dominio dell'uomo sulla natura,vista come mossa da leggi fisiche oggettive. La scienza studiaqueste leggi e crea l'illusione che tutto manipolarle; il suoavvento ha provocato quello che la letteratura sociologicaweberiana ha chiamato il disincanto del mondo, eliminando lapercezione fascinosa del mistero.

    In queste nostre societ desacralizzate, il lavoro agricolo e illavoro in generale diventato un atto profano, giustificato uni-camente da un vantaggio economico, senza offrire alcuna aper-tura verso l'universale. All'opposto, nelle societ arcaiche, il la-voro agricolo era rivelato dagli Dei o dall'eroe civilizzatore, ecostituiva un atto reale e significativo, che legava intimamente ilsoprannaturale al naturale.

    Con il monoteismo cristiano era gi iniziato un processo cheriduceva e combatteva la visione pagana di una natura vivente,dove agli uomini erano offerti vari tipi d'identit e dove gli Deierano gli elementi della natura imparentati fra loro e con gli uo-mini. Qui, coscienza, intelligenza e psiche non esistono solonell'uomo, ma anche nella natura e molte logiche interagisconofra loro nel mondo. Lo scenario di questo tessuto di relazioni

  • implica il senso del divino: l'uomo incontra esseri di altre di-mensioni e dei nella sua vita quotidiana. Questo processo di na-tura vivente era una drammatizzazione dinamica, non un univer-so rigidamente ordinato e finito.

    Con il tramonto del paganesimo in Occidente, la ragione, checonviveva con altre parti dinamiche come l'istinto, venne resaastratta e staccata da quel tessuto animato sopraddetto (1). Il cri-stianesimo ricondusse il governo della natura ad un unico dio, lacui esperienza religiosa veniva sempre pi istituzionalizzata; al-trettanto fece il protestantesimo che contemplando l'esperienzareligiosa come fatto privato ne estingueva l'apertura verso il co-smo. In questo quadro l'uomo trova come interlocutori Dio e sestesso. Quando la scienza cercher di eliminare la divinit, ri-marr l'individuo razionale a dominare su una natura intesa comemacchina morta; l'uomo non potr che autodifendersi e non avraltro tipo di interlocutore se non se stesso. ! ' '

    Per gli indios quechua e aymara delle Ande, l'uomo immer-so in un universo misterioso, dove persino la polvere che correnel vento ha vita, ossia coscienza, forza intenzionale e volont.

    La razionalit occidentale logico-matematica, l'intelligibi-lit culmina con connessioni di senso trattabili come asserzionimatematiche, finalizzate ad uno scopo di dominio; l'esperienzaviene sempre quantificata. 1 ' opposto di una razionalit che cercala comprensione dell'oggetto con penetrazione simpatetica, ciodiretta a rivivere o a partecipare dal di dentro gli avvenimenti.

    Per l'andino la terra non solo utile, un modo di vivere, una totalit alla quale si sente radicato e ne dipendente comeuna pianta. Egli guarda ci che lo circonda non come un oggettoma come un coesistente, la relazione con la terra e con l'univer-so gli familiare (2).

    La sua vita non solo umana, ma transumana perch parteci-pe delle infinite esperienze cosmiche: i suoi principali atti quoti-diani diventano sacramenti.

  • Il panpsichismo dell'universo andino

    Uno dei risultati della culturizzazione ispanica che oggi, dopopi di quattro secoli dalla conquista dell'impero incaico (3), cir-ca il 90% della popolazione peruviana e boliviana si dichiaraformalmente cattolico. Tutti gli atti fondamentali della vita pri-vata e pubblica sono oggettivati e socialmente sanciti attraversoi riti cattolici.

    Infatti le cerimonie civili sono quasi complementari con lefunzioni sacre cattoliche. Inoltre una parte del sistema educati-vo, dei paesi considerati, a carico dei religiosi. Naturalmente,in quasi tutti i villaggi e fattorie esiste una chiesa o una cappella,"ed almeno una volta l'anno i campesinos si riuniscono l con ilpretesto della festa patronale (4).

    Spesso questi aspetti, per, sono parte di un sistema pi am-pio che conserva una visione del mondo precolombina che siintegra con gli elementi della cultura spagnola-cattolica. Mi ri-ferisco alle comunit andine,

    I membri delle comunidades, i villaggi andini tradizionali,condividono sentimenti, elaborazioni mentali e maniere di per-cepire il mondo che sono il risultato di processi intimi di relazio-ne con l'ambiente e la sua ecologia. Nell'antico Per avevanoconcezioni generali abbastanza simili. In primo luogo la lorovisione dell'universo si riferisce sia alla parte della natura con laquale l'uomo ed il gruppo hanno contatto, sia alla sfera dellaimmaginazione simbolica, senza che si avverta la separazionefra ci che naturale e ci che soprannaturale.

    Si pu dire che l'universo animato da una sorta di latenzadivina o di un panpsichismo, che si concretizza in una serie dientit spirituali, ognuna con una storia ed un'ubicazione specifi-ca. Nelle relazioni con esse l'uomo cerca di definire le sue con-dizioni esistenziali. Nell'insieme il mondo appartiene ad un or-dine archetipico ed governato non da leggi fisiche, ma da prin-

  • tipi di carattere morale e sacro; la conoscenza empirica dellalealt non si separa dal contenuto mitico.

    La natura piena di divinit e di spiriti protettori dell'uomo,degli animali, delle piante e dei minerali, nonch delle varie at-tivit sociali. Questi esseri controllano i fenomeni fisici ed agi-scono secondo il comportamento degli umani. Attraverso le pro-prie azioni l'uomo partecipa a questo controllo motivando le ri-sposte degli dei. Le forme di comportamento sono prescritte dallatradizione che perpetua i riti con i quali s'invoca la protezione esi ringrazia per essa gli Spiriti Superiori. , . : ! l . .. ... .i

    Si crede che gli indios adorino le montagne, i laghi, le rocce,le foglie di coca, i fulmini ed altri fenomeni della natura; in real-t il culto non diretto n alle cose, n ai luoghi in quanto tali,ma allo spirito che li produce o li abita e alla forza del simboloche li consacra o che s'incarna come ierofania (5).

    In tutte le comunit andine ogni luogo ha un nome significati-vo e una personalit sacra. Gli animali, le piante e le cose comel'uomo hanno un'anima o sono abitati da uno spirito che li vivi-fica. Nell'antico Per perfino i prodotti materiali dell'attivitumana avevano una loro divinit reggente, una forza spiritualedella quale erano espressione.

    Oggi gli indios che ancora mantengono queste credenze evi-tano di rivelarle, poich hanno un rispetto particolare per esse ecapiscono l'incredulit e la derisione che causerebbero in coloroche sono estranei all'intimit del loro mondo. ..... ,

    Concetti di morte, tempo e spazioiyw,,

    Gli indios sono convinti che la morte solo un passaggio ver-so un'altra vita. Tutti credono che l'anima si separi dal corpo nelmomento della morte per iniziare una nuova forma di esistenza.

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  • Fra gli indigeni di certe comunit non esistono concetti di sai-,vezza o condanna eterna; incluso le pi gravi trasgressioni dan-no luogo a patimenti temporali provvisori nell'altro mondo. II.mondo dei vivi e il mondo dei morti non sono radicalmente se-parati, in certe circostanze e occasioni i vivi possono visitare ilmondo dei morti e viceversa, conseguentemente appare total-mente naturale avere dialoghi e incontri con i defunti.

    Nella mentalit andina i concetti di tempo e di spazio nonesistono come astrazioni separate, sono nozioni che nasconosubordinate all'essere, agli avvenimenti reali e ideali. per lastessa ragione che la conoscenza empirica della realt non sisepara dal pensiero mitico.

    Gli indios, come tutti gli uomini profondamente religiosi, vi-vono due classi di tempo: un tempo reale, della durata del feno-meno, ed un altro tempo ideale e sacro, dentro il quale fluiscono

    ;

    le immagini mitiche e hanno spazio gli echi magico-religiosi ;

    che disarticolano le sequenze logiche dell'accadere. Di conse-guenza un tempo mitico primordiale, sempre senza fine,rinnovabile, nel quale determinate situazioni possono essere ri-vissute attraverso i riti, ossia attraverso quelle gestualizsazionirituali che permettono di passare senza pericolo dal tempo co-mune, quotidiano, al tempo sacro e perpetuo (6).

    Senza dubbio in questo tempo, paradossalmente senza tempo,i miti equivalgono ad essenze; perci, nel proiettare gli ideali nel ^passato, la mentalit religiosa da a quest'ultimo un valore essen-ziale, necessario, naturale, lo sente come gi realizzato; si rin-forza quindi la possibilit di reintegrazione e di comunione conle antichit stesse. ,. .

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    La storia concepita come una successione di mondi, ognunodei quali sostituito da uno nuovo, ogni qualvolta entrano incrisi le forze rigenerative della natura e dell'ordine morale degli.uomini. Per ogni mondo vecchio non scompare totalmente finoa quando non viene incorporato nella terra ctonica, cio nelle

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  • profondit, ed in questo modo continua ad influenzare il corsodegli avvenimenti. =- - > < - " - - > < > > - . . >^,< . - . . .

    Vistomi sufficientemente maturo per questo passo ulteriore,Don Benito mi port nella Cattedrale del Cuzco dove parteci-pammo insieme alla messa cattolica, facendo ambedue la comu- .nione. Ero alquanto perplesso sullo svolgimento iniziatico, purrendendomi conto che il livello di partecipazione che mi venivarichiesto era ben diverso da quello abituale. Unica consolazionefu che, dopo la messa, svolgemmo una breve pratica utilizzandoun grande uovo di pietra posto in un angolo della cattedrale. Pre-si parte ad un rituale che non aveva niente a che vedere con quel-li cattolici. Si trattava di un legame diretto con la tradizione delsedicesimo secolo: gi a quel tempo un cronista indigeno avevadipinto "l'altare maggiore degli Inka", dove venivano rappre-sentati i principali dei incaici. In una posizione centrale, in alto,c'era un uovo dedicato al Dio metafisico, soprannaturale. Il luo-go dove si trova ora la Cattedrale del Cuzco nel punto stessodove c'era, in passato, l'antico palazzo che fu tempio del DioWimqocha. r" !'

    Quando lasciammo la cattedrale, l'iniziazione continu con

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  • rituali in luoghi tradizionali usati solo dagli indios. Alla fine, neipressi di una laguna, facemmo un'invocazione a Waskar Inka,ultimo imperatore e spirito libero dell'impero incaico. Il rituale,cominciato alle otto del mattino, fin alle quattro del pomerig-gio. Il mio sconcerto iniziale si trasform in riflessione perchcompresi la continuit tra la spiritualit del sedicesimo secolo equella dei nostri giorni, con una differenza frutto di una partico-lare qualit della religione andina. I maestri indigeni avevanoincorporato la messa, la pi grande cerimonia della religionecattolica, nel rito di iniziazione. Questa flessibilit, ovvero assi-milare parte delle cerimonie occidentali, aveva permesso di sal-vare il rituale, arricchendolo. Mi resi conto che il segno distinti-vo di questo sentiero spirituale era l'apertura, un'attitudine non

    "" ','' nuova per quel popolo, in quanto fu gi praticata dagli stessii"' Inka. Essi avevano tessuto questa grande tradizione mistica ac

    cogliendo anche le piccole culture ed i sistemi religiosi di ogniregione da loro governata.

    In questo modo compii quel cammino iniziato nel 1968. Ave-vo accesso ad un'insieme di tecniche preziose ed una percezionedella realt completamente diversa da quella conosciuta fino aquel momento. Da semplice ricercatore accademico mi ero tra-sformato in uno sperimentatore di queste pratiche spirituali. Nelfrattempo mia moglie si preoccup molto delle mie nuove atti-tudini, poich mi aveva sempre conosciuto come una persona

    ' '"[ m o l t o r a z i o n a l e . ( .'-. i m z - A - . ; -;'; *,:.. * .;>;< . , = ,^ - - - t f t . -

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    ' Intervento di Lida, moglie di Jun.k;j ,

    vero^ j u n gpgj-jva ja c a s a e andava da Don Benito. Mi pre-occupavo molto per lui e cominciai a provare rabbia nei con-

    ' '''"" fronti di Don Benito; trovavo strano che Jun andasse dietro a uncontadino chiamandolo maestro. Mi chiedevo che cosa mai po-teva insegnargli un contadino. Mi rendevo conto che Jun avevafatto degli studi su quelle popolazioni caratterizzate da un terre-

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  • no religioso cos forte e vitale, tale da essere valido anche dopoi 500 anni di colonizzazione subita. Comunque sia non mi spie-gavo come Jun fosse potuto diventare il discepolo di Don Benito.Mi decisi e andai da lui con l'intenzione di dirgli di non metterezizzania nella mia casa. Non riuscii a parlargli. Ebbi paura diavvicinarmi alla casa, temevo che lui potesse leggermi "dentro"e sentire tutta la collera accumulata nei suoi confronti. Guarda-vo da lontano la casa e percepivo il potere di Don Benito. Mi resiconto che questo uomo aveva qualcosa di speciale.

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    Domande e Risposte ly>v->' v ; t i a 1 ^ ' . o g >;.!.- -A:U r.^ ,..^ :.)

    Ci sono simboli nella tradizione andina?Ci sono alcuni simboli associati alla tradizione. Per la mag-

    gior parte sono oggetti sacri, idoli, che noi chiamiamo khuya.Khuya un qualsiasi oggetto che una volta caricato del pote-

    re personale di un maestro, viene dato al discepolo dopo la pra-tica di un rituale d'iniziazione. Quindi la khuya ha la funzionedi connettere l'energia di chi la dona con quella di colui che lariceve.

    sempre la tradizione che consente la relazione maestro-di-scepolo, attraverso il tipo di comunicazione di cui vi ho accen-nato raccontandovi del primo incontro con Don Benito.

    Il mio maestro cerc di frequentare i corsi della scuola, manon arriv n a leggere n a scrivere. Ci sono diverse generazio-ni di maestri: anche Don Benito aveva un maestro, Don JulinCh'allayku. Ed a sua volta Don Julin era discepolo di DonManuel Pinta.

    La tradizione del resto molto libera, per cui si pu ricevere

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  • la conoscenza ed utilizzarla in un campo esclusivamente priva-to, oppure si pu condividerla con altri. Per me, all'inizio, erauna questione del tutto personale. Per, spinto da alcune circo-stanze, sono arrivato al punto di trasmetterla.

    Questo cammino spirituale possibile solo sulle Ande perchqui non ci sono maestri oc'e una motivazione particolare? Per-ch Jun questa esperienza d'iniziazione toccata proprio a te?

    Nel mio caso si trattatato di un'interessante opportunit.Vivevo a Cuzco, gi centro spirituale dell'antica civilt, ed

    ero un antropologo, gi in contatto con la tradizione andina. Gra-zie all'attivit intrapresa ho incontrato il mio maestro. Ho trova-to qualcosa che non stavo razionalmente cercando, ma a cui inqualche modo anelavo. Certo, anch'io mi sono chiesto perchmi successo. Sarebbe potuto accadere a chiunque altro. chia-ro che mi stato assegnato il compito di essere un anello di ,,-,...,,.questa tradizione. Fino a quel momento era stata insegnata, se-guendo un passaggio diretto tra maestro e discepolo, esclusiva-mente da indios a indios. Risulta subito visibile che non sonoi n d i g e n o . ifar;..,;! ! -

    Suppongo che Don Benito sarebbe stato interessato a inse-gnare tutto ci a qualsiasi altra persona con la stessa forte moti-vazione. Suppongo anche che avvenimenti come quelli da menarrati possano essere successi ad altri. , ,-,;,,, ,>,. .!

    Il punto che la mia formazione professionale, la mia inquie- ,.tudine, la mia curiosit, mi portarono a decidere di diventare un ,discepolo di Don Benito. In un certo modo si pu dire che io lostavo cercando, stavo cercando proprio lui, perch ero focalizzatoHiilla volont di approfondire e comprendere la tradizione. Daun altro punto di vista posso dire che lui stava cercando me quandoini comunic tutto quel "potere" al nostro primo incontro. At-tualmente vedo questi eventi in termini di risonanza. Sicuramentehi risonanza e la sincronia hanno diversi livelli, nel mio caso

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  • stato veramente un mosaico di accadimenti particolari. j ' 'Sento che sempre siamo immersi in un certo tipo di causalit,

    per, non credo ci siano persone predestinate. Esistono o matu-rano condizioni che rendono propizi determinati incontri. Allafine, in ogni caso, sempre presente il nostro libero arbitrio.Dopo quella esperienza con Don Benito potevo avere un'altraopzione: spaventarmi e cancellare tutto il vissuto legato alla suafigura. Non si tratta, infatti, di carenza o meno di maestri. Spes-so, molti di quelli che si imbattono in un maestro spirituale rea-giscono con paura o giudizio, allontanandosi. Oppure incontra-no un maestro e non lo riconoscono come tale. i ;

    Puoi dirmi ancora qualcosa sulla presenza dell'uovo di pie-tra nella cattedrale del Cuzco ?

    Il caso della cattedrale di Cuzco unico, almeno l'unico checonosco. L'uovo, chiamato in quechua Hatiin Taqe Wiraqocha,era un simbolo usato dagli Inka per rappresentare il Dio metafisicoWiraqocha.

    Il luogo dedicato al culto di questo dio fu il Kiswarkancha,ubicato dove oggi si erige la cattedrale del Cusco. :T!

    Non sappiamo come gli indios riuscirono a mantenere questapietra ovoiforme, simbolo della divinit, nell'antico recinto diculto. Questo veramente straordinario, poich per 500 anni, unoggetto di cui non si sa chi l'abbia portato o fatto rimasto den-tro una chiesa cattolica conservando una valenza "pagana". Essofa parte, tutt'oggi, di un passaggio fondamentale del rituale chemi fu dato da Don Benito Qoriwaman.

    Al tempo dell'iniziazione fui molto discreto e per un periododi tempo non ne parlai con nessuno. Un mio collega che stavafacendo una ricerca relativa all'uovo di pietra, per, ne scopr ilsignificato e lo pubblic, provocando la reazione di alcuni sacer-doti cattolici addetti alla cattedrale. Uno di loro ordin di toglie-re l'uovo dalla chiesa e di farlo sparire, ma la gente si mobilit

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  • per impedirne la rimozione e persino l'arcivescovo ordin al sa-cerdote di lasciare l'uovo al suo posto. Ancora adesso l'uovo nella cattedrale e tutti sanno perch l.

    La Chiesa cattolica assume atteggiamenti diversi di fronte aquesti eventi. Per esempio esiste la teologia dell'acculturazione,seguita da alcuni sacerdoti di alto livello. una corrente di pen-siero che rispetta qualsiasi tipo di spiritualit rimandante ad unDio unico. Non solo accetta le pratiche rituali di culture diverse,ma le incorpora nel proprio cerimoniale. C' un piccolo gruppodi sacerdoti cattolici nell'area andina che celebra la messa se-condo un rituale non proprio ortodosso, includendo un'offertaagli spiriti (Apu) delle montagne. Purtroppo questi sacerdoti sonouna piccola minoranza all'interno della Chiesa.

    Qualche volta ti definisci un sacerdote. Qual la differenzatra il sacerdozio andino e quello cattolico tradizionale?

    Ci sono una serie di differenze, ma una fondamentale: ilsacerdozio da me assunto un sacerdozio mistico.

    II sacerdozio occidentale, cattolico, , ormai, quasi una pr-fessione: si svolgono i rituali, ci si rifa alla liturgia e senza unnecessario coinvolgimento diretto ed esperenziale con il "divi-no" chiunque pu essere ordinato prete. Quando, invece, uso iltermine mistico, lo faccio utilizzando il medesimo senso che bensi appropria a San Francesco come figura di grande mistico. SanFrancesco poteva anche praticare rituali cattolici, per c'era unadifferenza netta tra lui e gli altri sacerdoti: egli aveva una con-nessione diretta col sovrannaturale, la sua ispirazione e guidaprimaria la riceveva dal "divino". Tali indicazioni ricevute diret-tornente dal mondo spirituale potevano addirittura essere contra-rie a quelle ritenute giuste dal clero cattolico.

    Un normale sacerdote semplicemente qualcuno che imparadelle cerimonie e inizia a operare, ad officiare. Il sacerdote andino una persona che pratica il rituale per, ed fondamentale, ha

    : ! ; >

  • un collegamento diretto col mondo spirituale. Tutto il processodi addestramento teso ad aprire determinati centri energeticiaffinch si possa creare un contatto intimo col mondo delle ener-gie sottili. Questa sicuramente una differenza di base.

    L'unica cosa che posso fare condividere ci che ho ricevuto.Cos vi aiuter ad essere partecipi di un'apertura, di una perce-zione che permetter a voi stessi di stabilire una connessionespirituale diretta con quella parte del mondo usualmente non vi-sta, con quella fonte invisibile da cui ci siamo staccati con unenorme sforzo culturale.

    Possiamo imparare ad utilizzare il nostro cervello, il nostrocuore e anche tutto il nostro corpo in maniera congiunta. Per-metterci di entrare in una relazione non immaginaria, bens con-creta, reale, intima con le energie viventi.

    Puoi parlarci meglio di questi livelli che si attraversano du-rante il processo iniziatico?

    Purtroppo adesso te lo posso dire da una prospettiva puramen-te concettuale. Solo l'esperienza pu dare spessore alle mie pa-role, r ' i:j !VPM1 ' *:::

    Credo che i primi tre livelli, e includo anche il quarto, sonoprocessi nei quali noi andiamo ampliando la nostra consapevo-lezza. In primo luogo, la base della nostra identit IO SONO.Io sono Jun, ho 52 anni e tutto quel qualcosa che il focus dellamia identit. Secondo la prospettiva andina c' una specie dilivello, che noi potremmo chiamare livello zero. uno stadiodove so che IO SONO, per non sono capace di essere coerentecon quel livello di IO SONO. Prima di questo livello conseguen-te c' un determinato condizionamento, una tendenza, un'ideo-logia specifica che ci manovra, orientandoci. Il primo stadio quello in cui posso essere coerente con il mio "me stesso". Lascoperta iniziale del primo livello che io non devo per forzaessere contro la comunit di cui faccio parte per essere me stes-

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  • so, insomma, non necessario. Semplicemente posso vedere tuttoquello che ho intorno e prendere ci che mi sembra giusto, ap-propriato. Ci sono diverse possibilit in questa scoperta e cia-scuno possiede una grande capacit di autonomia. Siamo statilino a un certo punto allucinati. Se non mi vesto come tutti gliallri posso essere fulminato dall'opinione pubblica. Oppure pos-so attivare a credere che se non seguo le abitudini, i costumi,lutto l'insieme di "dogmi" proposti dalla televisione, dai massinedia, vengo escluso dalla societ, sono isolato dagli altri. Seini assumo, responsabilmente, la mia capacit di scelta alloraposso prendere ci che in accordo con me stesso, lasciando ilresto.

    Nell'esperienza del secondo livello, quell'IO che ho scoperto,che autonomo, che pu scegliere, pu diventare un piccoloNOI. Un NOI vero, non un NOI detto solo a parole, ma sentito.Per esempio il noi della famiglia, con la quale posso avvertire diessere legato da un'empatia, da un sentimento di organicit.Dentro questo piccolo NOI pu succedere la stessa cosa che successa nell'IO SONO, in modo tale da esstere come famigliache non contro le usanze della societ, ma pu scegliere fradiverse alternative senza seguire la corrente. Naturalmente que-Kto ha un presupposto: che le persone all'interno del nucleo fa-miliare abbiano sufficiente coerenza per sostenere la propriaposizione. Chi ha scoperto e realizzato un secondo livello,per esempio, pu essere un padre, una madre di famiglia, cheni dedica interamente al dare all'interno di quel nucleo. Que-sto pu comportare delle rinunce, dei conflitti, ma un darsiinteramente.

    Questa qualit del NOI pu anche fiorire all'interno di un pic-colo gruppo spirituale. Un gruppo nel quale i membri condivi-dono un'attitudine comune, sono leali e onesti fra di loro. Sitratta sempre di un esempio di secondo livello.

    Un terzo livello iniziatico include questa stessa coerenza, iden-

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  • tit, autonomia, per all'interno di un gruppo pi grande, dovechi partecipa sia disposto a consacrare tutta la sua vita affinchmigliorino le condizioni del gruppo stesso, magari identifican-dosi con un grande uomo. In tutti questi casi coinvolta unagrande collettivit.

    Consideriamo quarto livello iniziatico quello dove si ha la con-cezione di un NOI molto pi grande, un NOI che pu trascende-re i simboli presenti nelle grandi tradizioni religiose. Per esem-pio, attualmente, abbiamo una serie di movimenti ecumenici emolto facilmente possiamo riconoscere la figura di Dionell'Isiam, oppure nell'Induismo, o nel Cristianesimo. Diverso per essere capaci di "vivere", ammettere questa presenza pas-sando da una religione all'altra. Per rendervi pi chiaro cosa si-gnifichi "vivere questo" vi posso raccontare un aneddoto perso-nale. Avevo ricevuto l'iniziazione del quarto livello ormai da varianni e il fatto che praticando altri sentieri spirituali si potessearrivare allo stesso fine, era un concetto che avevo ben chiaro intesta. Per ci divenne una realt dentro di me, un giorno che mitrovavo nella capitale della Bolivia, La Paz.

    Una mattina mi svegliai con la sensazione di aver bisogno dipartecipare a qualche pratica spirituale. Attorno a me vibrava ilrintocco delle campane della chiesa di San Francesco. Cos miavvicinai ed entrai, c'era la messa, e siccome ero spiritualmenteaffamato vi partecipai con tutto me stesso. Era una comune mes-sa cattolica, che per gustai pienamente.

    Dopo uscii sulla via principale della citt, tuttavia non mi sen-tivo "colmo", soddisfatto. All'improvviso giunse ai miei orecchiun canto religioso, seguendo il suono mi trovai in un recinto conuna grande quantit di devoti di una chiesa protestante. In pochiminuti ero immerso dentro un altro tipo di funzione religiosa;ero connesso con l'essenziale che c'era l come lo ero stato mez-z'ora prima nella chiesa cattolica. Questo ruppe la barriera, l'osta-colo che avevo dentro; signific per me realmente entrare nel

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  • . -V

    Don Benito mentre offre un k'intu di foglie di coca

  • Don Judn insieme a Don Benito nella casa del maestro indio a Wasau

  • quarto livello, che vuoi dire poter attraversare le barriere rituali,le distinzioni simboliche, comprendendo che essenzialmente sia^ ,,ino tutti la stessa cosa. il fondamento di ci che ho saputoaccogliere da questo cammino: mi ha dato l'opportunit di spe- ,, .rimentare una condizione di accettazione, a suo modo molto bella,libera. ovvio che ho un'iniziazione andina, inoltre ne ho unacristiana e per tutta una serie di circostanze, ho ricevutoun'iniziazione al buddismo tibetano. Dopo di ci, per un susse- ....guirsi di eventi, ho accettato da un amico di essere ammesso alla \\Iradizione sufi. Naturalmente io non sono qui per introdurviall'iniziazione buddista o per insegnarvi certe pratiche sufi, sonoqui per condividere la tradizione andina, la quale meglio mi siaddice. In ogni caso posso sentire le quattro iniziazioni dentro di . me senza nessuna contraddizione. Sinceramente posso rendereomaggio a Maometto, riconoscendo che un vero profeta e aBuddha, riconoscendo la sua illuminazione. Naturalmente pos- , .so rendere omaggio a Ges, con tutto il mio cuore. Suppongo ,.che, nella dimensione sottile, Ges, Maometto, Buddha sonograndi amici e camminano tutti i giorni a braccetto. L'antagoni-smo presente in questo mondo fra religioni e tradizioni il risul-tato di tanta confusione introdotta dai seguaci dei maestri. "VIposso dire che vivere realmente questa fragranza di verit, que- , ,sto modo di essere nella spiritualit, da un grande senso di liber- , , ,tu, di godimento: dona la capacit di godere quel che c', ci - .clic viene offerto e chiunque pu trovare intorno a s testimo- . . >%tiianze dell'unione con il tutto. Questo parte importante dici che la mia tradizione possiede ed quello a cui cercheremodi condurvi.

    ; ,

    Cos nel sistema andino i gradi sono quattro: sacerdote misti-co di un piccolo gruppo, di un gruppo medio, di un gruppo pigrande e di livello universale. Ci sono per ancora tre livelli. Illivello successivo, il quinto, quello chiamato inka mallku che.significa "candidato a diventare Inka". Questo stadio ha una ca-

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  • ratteristica molto concreta: si tratta di acquisire il potere, l ca-pacit per curare ogni malattia, in ogni circostanza, solamentecon il tocco delle proprie mani. Abbiamo grandi terapeuti spiri-tuali in questo momento nel mondo. Per quello che so, alcunevolte hanno grande successo nella cura delle malattie. Per suc-cede anche che a certe persone non danno la guarigione, poichci sono situazioni che non lo permettono, oppure semplicementefalliscono. Per la nostra tradizione, chi arrivato al quinto livel-lo ha la capacit di curare qualsiasi malattia, in ogni occasione.

    Siamo in attesa anche di un sesto livello. Chi vi giunge capa-ce di brillare, splendere. Il punto non che l'iniziato del sestolivello pensa di splendere, abbiamo gi molta gente in giro checrede di brillare, la questione che risplende davvero e gli altrivedono realmente un'emanazione di luce.

    Esplorando in altre tradizioni ho trovato che a un certo livellodi sviluppo della coscienza uno capace di curare qualsiasi ma-lattia. Per dare semplicemente un esempio familiare, dopo l'espe-rienza che Ges ebbe nel Giordano, era in possesso di questopotere. Sempre sull'emanare luce: Mos, dopo aver ricevuto letavole della legge, scende dal Sinai e splende. Anche nella tradi-zione islamica si dice che in un certo momento della vita Mao-metto inizi a risplendere in modo tale che i suoi discepoli do-vettero coprirlo con un telo nero; ci sono delle immagini in cui ilprofeta viene raffigurato con questo vestito. La storia degli Inkadice che Pachakuti stava facendo un lavoro spirituale vicino auna laguna, arriv una luce che lo copr e tutto il popolo videquesto splendore. Questo sarebbe per noi il segnale di un sestolivello. Noi aspettiamo che ci succeda in alcune date abbastan-za precise.

    Nel giudaismo contemporaneo c' l'aspettativa del ritorno delMessia. Spesso nelle differenti Scritture si ritrova una scala disette gradi e se ci domandiamo che cosa pu significare ciascu-no dei gradi, associato alla descrizione che vi ho fatto di quello

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  • che si ottiene in ciascun livello; essi possono rappresentare settedifferenti stadi possibili di consapevolezza. La scala dei settelivelli rappresenta tutto il nostro potenziale interiore, disponibi-le a chiunque, e le tecniche spirituali che sperimenteremo sonosolo strumenti di lavoro per arrivare a questa ascensione pro-gressiva della coscienza spirituale.

    Scusate se ho dato una risposta tanto lunga a una domandacos semplice e diretta. Per, emersa la domanda, ho voluto con-templare questa tematica che sarebbe stata parte di un momentosuccessivo del seminario.

    C' una grande differenza in Per tra la spiritualit di unapiccola comunit e di una grande citt?

    Ci sono delle pratiche diverse che si verificano nelle piccolecomunit cos come nelle comunit un po' pi grandi, in quellepi tradizionali e nelle grandi citt. Sono piccole differenze chenon riguardano la struttura, ma i dettagli. Per esempio, la capita-le del Per, Lima, ha come Apu (divinit della montagna) SanCristobal, invocato dalla gente che vive in citt; aCuzco, invece,l'Apu pi importante l'Ausangate. Il Per ha una fascia centra-le di alte montagne, mentre la costa una piccola frangiailesertica. C' solo una parte del territorio peruviano, la pianuraamazzonica, non caratterizzata da rilievi montagnosi. L ci sonogli spiriti delle foreste, dei boschi, degli animali.

    La realt spirituale del Per molto variegata, si va da ele-menti tradizionali a nuove correnti di pensiero. Se si percorrepian piano la geografia sociale si pu trovare di tutto: vari aspettidel cattolicesimo, i movimenti protestanti, diversi inserimenti difilosofie orientali, una variet riscontrabile in qualsiasi parte delmondo occidentale. C' per un comune denominatore nellapopolazione peruviana: l'importanza data alla leggenda Inka."Sul ritorno dYInka" c' una partecipazione di tutto il Per, daipi bassi strati della societ fino alle alte sfere della comunit.

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  • Nell 'evoluzione dell 'umanit qual il ruolo dell 'uomo e quantoc' di pi grande dell'uomo, che pu intervenire in questo pro-cesso? .'.. .-!> :..-'
  • di un progetto intenzionale?Il Per una societ molto complicata, diviso in strati molto

    diversi: una cosa sono gli indigeni come Don Benito, un'altrasono i meticci come me. Sono come mondi diversi che convivo-no, separati, per, da barriere invisibili. Io sono stato uno deipochi meticci in grado di superare il muro e andare a vederecosa c'era dietro; ci dovuto alle circostanze in cui avvenutol'incontro con Don Benito. Non importa se io sono riuscito asuperare i miei pregiudizi culturali o razziali, poich in Per, seun meticcio come me diventa discepolo di un indio comunquestrano, in quanto la societ peruviana il risultato dellacolonizzazione, quindi pensiero comune che gli indigeni sianoignoranti, non valgano niente e quelli che detengono il sapere, ilpotere della conoscenza, sono i meticci e i creoli. Forse perquesto che sono stato cos audace diventando discepolo di unindigeno! D'altra parte c' un aspetto su cui Don Benito ha pre-so l'iniziativa: c' stata intenzionalit nell'usare certe facolt conun meticcio. Don Benito voleva insegnare tutto ci a un metic-cio, l'aveva insegnato tante volte agli indigeni, ma era la prima \ [Ivolta che volontariamente passava quella particolare conoscen-za ad un non-indio.

    Ci furono una serie di circostanze che mi resero ricettivo at|iiesti insegnamenti: mio padre era un antropologo, il primo ascoprire l'esistenza della profezia messianica del Ritornodell 'Inka e la presenza della comunit tradizionale di Q 'ero conla quale mantenne una larga e costante relazione, tale da comu-nicarmi una certa familiarit verso il mondo indigeno che miserv a continuare il lavoro. Tutte le occasioni, i presupposti fe-cero s che avessi quel privilegio. Poi mi accorsi che Don Benitoslava provando ad insegnare queste cose ad altri due o tre metic-ci, la differenza fu che io mi misi completamente nelle sue manie ci mi confer la possibilit di ricevere molti aspetti del suoinsegnamento.

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  • stata per me un'esperienza unica, trascendentale e ha modi-ficato la prospettiva della mia vita, lo dimostra il fatto che io siaqui davanti a voi a parlarvene. Sarebbe stato impensabile se avessicontinuato con i miei studi sulla struttura sociale del mondoandino, con i quali avevo iniziato come ricercatore. Quando horicevuto l'iniziazione l'avevo compreso in parte, fu solo con lapratica dei rituali che capii come tutto ci che facevo avesse del-le implicazioni molto pi profonde di quello che avevo immagi-nato. Sono convinto che c' ancora da esplorare, esistono di-mensioni ancora pi significative di quelle che sono capace divisualizzare in questo momento. ,r ]ii ; r.

    Questi rituali sono esclusivamente tipici delle zone rurali o seesistono come vengono vissuti nelle aree povere delle citt?

    Originariamente sono rituali che provengono dalle zone rura-li. Quasi tutti i maestri, ma soprattutto due di loro, presso i qualiho trovato la conoscenza pi approfondita, erano indigeni chevivevano nella zona rurale e parlavano la lingua del luogo. Sicu-ramente le forme pi consistenti di queste pratiche si svolgononelle campagne, a stretto contatto con la natura. Per con le cor-renti migratone dalla campagna alla citt ovviamente c' ancheuna migrazione di tali cerimonie, attraverso la quale vengononaturalmente modificati e reinterpretati i rituali. Nelle citt cisono anche dei casi di eliminazione completa di questo modo divedere il mondo. Per esempio le correnti di pensiero marxiste, ditipo materialista, portano la gente ad una visione completamenteatea nei confronti della vita; oppure tutte le chiese evangelistichee protestanti considerano questi rituali pagani o addiritturademoniaci. Alcuni settori molto rigidi della Chiesa cattolica han-no posizioni molto vicine a quelle dei protestanti. La risposta alladomanda comunque : s, questa ritualit concentrata fondamen-talmente nella campagna e nell'area della Sierra. Si ritrova anchenella citt della costa, ma pi contaminata e male intesa.

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  • I n t e r v i e n e L d a , m o g l i e d J u n . U ' . i ; . , , . ..,. ( M , r v , \u l vv , ; "V .\xVorrei aggiungere qualcosa sulla societ del Cuzco: molti

    meticci non erano dei veri e propri discepoli di Don Benito, noncercavano l'insegnamento. Andavano dal maestro per ottenere isuoi servizi e lui dava loro quello che chiedevano, con apertura,senza distinzione. Per esempio, nel Cuzco c' l'abitudine, du-rante il mese di Agosto, di fare delle offerte alla Pachamama, laMadre Terra, cosicch per l'intero arco dell'anno la persona si.senta protetta e tutto possa andare per il meglio. I seguaci metic-ci andavano da Don Benito solo perch lui potesse fare il ritualed'offerta. Dop aver utilizzato la sua conoscenza a tale scopo, sequalcuno chiedeva a uno di loro: conosci Don Benito? Questirispondeva S, ma non mi sono mai recato da lui. Tutta la pra-tica andina veniva fatta di nascosto perch c' un pregiudizio neiconfronti degli indigeni, una vergogna di fondo che non ricono-sceva a Don Benito le sue reali qualit. C'era e c' tuttora unutilizzo superficiale di una parte della tradizione, un uso esclusi-vamente superstizioso. Quindi il passaggio o la condivisione dicerte pratiche c' sempre stato, per Don Benito cercava un di-scepolo a cui dare l'insegnamento, la tradizione, la visione epoi, magari, anche la tecnica del curare e delle offerte. Ho giaccennato che quando Jun cominci ad andare da Don Benitoio, come moglie, ero molto dispiaciuta, passava ormai tutto ilsuo tempo con lui, abbandonava tutto quello che doveva fare per =' -stare col maestro. Mi dicevo e gli dicevo: Che cosa mai ti puinsegnare un campesino? Adesso che la prima volta che loaccompagno nel suo lavoro e posso assistere alla conoscenza di K - v j , :

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    Profezia

    Dopo otto anni Don Benito util izz con me , di nuovo, lo stes-so modo di comunicare del nostro p r imo incontro e mi fece par-tecipe di un rituale, molto complesso , che dura, ora, dieci giornie che tecnicamente l ' incoronazione di un re sacro. Deriva dauna cerimonia che poteva essere usata a tale scopo nel sedicesimosecolo. '

    Finalmente mi permise di accedere a una profezia, che nel- [ \l ' insieme di quelle che circolano al t empo odierno, tra le piprecise, in quanto stabilisce una serie di condizioni esatte perl ' inizio di una nuova era. Tali condizioni sono legate al l 'emer-gere di individui specifici, in determinati "santuar i" , e quindiprevede delle tappe, mol to chiare, affinch si delinei una nuovaumanit. Per addentrarci meglio in essa seguiremo il calendariodi questa manifestazione profetica.

    Secondo la tradizione il cambiamento inizia con il pachakuti,una trasmutazione cosmica che ha avuto la durata di tre anni. cominciata il 1 agosto 1990 ed finita il 1 agosto 1993, apren-do una fase chiamata taripaypacha che significa l'et delreincontro umano totale, nel quale saremo in grado di onorare erispettare gli altri e di essere onorati e rispettati, assumendo inpieno la capacit di sviluppare tutte le potenzialit in noi latenti.Taripaypacha significa letteralmente "l'epoca in cui incontrere-mo di nuovo noi stessi", seguita da un riconoscimento reciprocodel valore di tutti gli esseri umani, da cui nasceranno tanti indi-

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  • vidui ricchi di discernimento. E questo in ogni direzione, coin-volgendo tutti i sentieri spirituali. Tale capacit creer una nuo-va visione del mondo. Coloro che hanno sperimentato e supera-to i primi tre livelli d'iniziazione e conoscenza, nella fase di pre-parazione che va dal 1 agosto 1993 al 1 agosto del 2000, pos-sono e devono passare dal terzo al quarto livello, lasciando dub-bi e paure dietro le spalle, condividendo i doni spirituali chehanno ricevuto, dando vita ad un rapporto diretto e amichevolecon le forze della natura e il mondo invisibile. La trasformazio-ne completa dovr attuarsi dunque entro il 1 agosto dell'anno2000. Poi si raggiunger un nuovo grado, un nuovo stato dettoInka Mallku (candidato a diventare Inka). Si manifester alloraun gruppo del quinto livello, composto da dodici persone: seiuomini e sei donne. Dal gruppo emerger il Sapa Inka e la Qoya,un uomo e una donna detentori del potere di raccogliere, riuniree ridistribuire, con la capacit di mettere in relazione armoniosale persone che vivono nelle quattro regioni dell'antico imperoInka, il Tawantinsuyo. Queste figure di sesto livello possono pro-venire da qualsiasi parte del mondo. Seguir, quindi, il gradosuccessivo: chi tocca il settimo livello ha realizzato le suepotenzialit divine, pienamente in tutti gli aspetti.

    Si tratta in pratica della previsione di un'epoca d'oro per l'uma-nit e noi siamo chiamati a collaborare per creare le condizioninecessarie al suo avvento. Tutti siamo candidati a diventare Inka(colui che capace di concentrare energia vivente e poiridistribuirla), non necessario appartenervi come razza, maesserlo nell'anima. Secondo la tradizione, l'inizio di questo nuovoperiodo dar luogo ad una fase molto pi ampia e sfaccettata diquella vissuta dagli antichi peruviani. Questo per gli indios molto importante poich sono consapevoli che gli Inka avevanocostruito un tipo di societ capace di dare al proprio popolo del-ie condizioni di vita ottime al confronto di altre civilt e societantiche o contemporanee del XVI secolo: non esisteva povert

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  • nello stato Inka, tutto si basava su una struttura nella quale siaccumulava solo per poi ridistribuire, una societ nella quale il11 imine non aveva ragione di essere; gli Inka conquistavano, malo laceva soprattutto con la diplomazia. Non dico che la guerranon esistesse, ma affermo che si utilizzava prima la diplomaziae poi la guerra, a cui si arrivava solo in situazioni estreme, muo-vendosi con una modalit opposta a quella praticata da noi occi-dentali nello stesso periodo. Gli occidentali erano abituati prima,i fare la guerra e alla fine, eventualmente, si sedevano al tavoloper trattare.

    Da qualsiasi parte si voglia affrontare l'argomento, il periodoInka stato pienamente soddisfacente e le condizioni di vita era-no di buona qualit per il popolo peruviano, a differenza del de-;>rado umano e sociale a cui fu poi sottoposto dai conquistatori.Neanche l'indipendenza del Per dalla Spagna nel 1821, ha por-iato cambiamenti positivi per la popolazione indigena. Pensaredi proporre un modo di vita superiore a quello sperimentato du-iante il periodo Inka supporre un'utopia. Questa utopia co-ininciata, come abbiamo visto, il 1 agosto 1993 e vedr il suosviluppo entro il 1 agosto del 2000. Questi sette anni sono unperiodo di preparazione, seguito da un altro di manifestazioneche avr inizio il 1 agosto 2000 per finire il 1 agosto 2012.I -'elemento interessante di queste diverse fasi il fatto che coin-eidono con altri avvenimenti venuti a galla in questi ultimi anni.l'er esempio stato festeggiato nel 1992 il quinto centenario dellascoperta dell'America. Il quinto centenario dell 'evangelizzazionedell'America si celebr invece nel 1993, perch si dice che iprimi evangelizzatori arrivarono un anno dopo la scoperta del-l'America. Risulterebbe che la nostra nuova era comincia 500anni dopo l'inizio dell'evangelizzazione dell'America. Nella tra-dizione Inka, secondo i cronisti dell'epoca, ogni grande fasedurava cinquecento anni. Tutti abbiamo una grossa aspettativasull'anno 2000. Secondo la profezia Inka si passer da un perio-

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  • do di preparazione ad un altro, successivo, di realizzazione. C'un calcolo, ripreso da alcuni studiosi, secondo il quale Ges Cri-sto sarebbe nato nel 7 a. C, poich stato commesso un errorenel Medio Evo. Se contiamo dal 7 a. C. il 2000 sarebbe nel 1993,un'altra strana coincidenza. C' uno studioso, Jos Argilles, cheha fatto una ricerca molto approfondita sul calendario maya esostiene che quel calendario arriva solo fino al 2012, perci l'ul-tima parte della profezia coinciderebbe con il calcolo fatto dallacivilt maya. . , i w >.

    Nel gestire la capacit di comunicare la conoscenza man manoricevuta da Don Benito, ho utilizzato come supporto il libro Psi-cologia e religione di Cari Gustav Jung. Il libro sembrava con-tenere, al momento, un materiale rispondente a un sistemainterpretativo che ben si adattava alla mia esperienza in corso.Questo mi permetteva di spiegare quello che stavo facendo inmodo abbastanza chiaro. Era importante per me poter comuni-care con un linguaggio comune a noi occidentali, cio una lin-gua razionale, una modalit di espressione che meglio di un'al-tra potesse spiegare, senza troppo alterare la natura della mianuova esperienza. Da questo esame del testo junghi ano sono natigli unici due articoli che ho scritto sulla tradizione andina. Insie-me non contano pi di quaranta pagine. Uno semplicementeuna narrazione della cosmovisione delle Ande con anche unadescrizione del rituale di iniziazione dei quattro gradi. C' gi lasupposizione che questo rituale di iniziazione conduca ad unnuovo livello di coscienza. Il secondo articolo mostra un pano-rama molto pi generale ed fecalizzato sulla profezia di questatradizione. C' qualcosa che fin dall'inizio mi fa sentire pi vi-cino a questa profezia rispetto alle altre che in questo momentosono in gioco, al di l della mia vicinanza alla popolazione indi-gena. In genere le profezie danno vita ad un'aspettativa: il nuovoMessia che improvvisamente appare, o il secondo ritorno delCristo, in ogni caso qualcosa che si compie di per s e alla

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  • quale dovremmo assistere passivamente. Questa invece, ha il. Minpito di preparare le condizioni affinch emerga una coppia li ;ilto livello, delle personalit con le quali si inaugurer sicura-mente una nuova era, per, per la preparazione di questa appari-zione, ognuno importante. Ciascuno di noi pu creare un pic-( olo o un grande spazio per generare le condizioni affinch que-M.I figura si manifesti. Inoltre, la manifestazione di queste per-M >nalit, non una cosa predeterminata o predestinata, in realtl'arte sta nel farsi tutti candidati. Preparare le condizioni affin-rli ognuno possa diventare un maestro del settimo livello. Qual-M;IS sia la persona concreta nella quale si manifester questoliniere, sar un beneficio per tutti, perch quando uno accede adun livello pi alto all'interno della tradizione, non pu cheii
  • nella cultura dei miei maestri si potuta conservare una tradi-zione pi sincera, autentica di utilizzo del potere. Se siamo ca-paci di usufruirne adeguatamente, ossia per diventare pi sensi-bili, se ci permettiamo di ampliarlo, espandendo la nostra perce-zione, saremo in grado di "servire" noi stessi e l'umanit in unamaniera ancora pi allargata e pi conscia. Semplicemente cre-do che il mondo abbia bisogno di "gente di potere", ma che essisiano al servizio e non a scapito degli altri. Questo "grande servi-zio" coerente con l'insegnamento dei miei maestri, affinch pos-siamo tutti penetrare un diverso livello di visione della realt.

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    5e esiste, secondo la tradizione andina, un profezia cos posi-tiva e se vero, come so da questo insegnamento, che l'energiasottile sovrabbondante, mentre quella pesante presente sullaterra in quantit inferiore, perch noi abbiamo fatto tanta con-fusione, creando inimicizia e distruzione?

    Parleremo poi dell'energia vivente nella visione andina. Dasubito, ci che dici, mostra qualche piccola differenza tra questatradizione e le altre. Stiamo vivendo un cambio di era. un mu-tamento che si pone come opportunit per la piena realizzazioneumana. All'inizio questa profezia sembra in contraddizione conquelle apocalittiche sul caos e sulla fine globale. Di fatto ognunadi esse esprime la realt di un'area spirituale particolare. Pareche anche le previsioni occidentali sulla fine del mondo abbianoragione. Ma, nel linguaggio delle profezie, la fine del mondonon la fine del pianeta terra, n del cosmo: semplicemente la

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  • 11inclusione di un ciclo, di un certo modo, umano, di creare la ]i.-at. \

    Da un lato la profezia occidentale ha ragione, perch se insi- li amo nel nostro comportamento, la societ subir un collasso, {

    osi dimostra anche l'esperienza della ex Unione Sovietica. Il i11 il lasso di una particolare societ il collasso di tutti gli indivi- ." Ini che ne fanno parte. La popolazione della ex Unione Sovieti- fi i apparteneva alla seconda potenza mondiale, ora la gente .ni ivata a condizioni di vita, in pratica, da terzo mondo. Anche ;in Italia, un tempo, il collasso dell'Impero Romano, ha portato ^In societ ad un'epoca di sofferenza. C' una tradizione che par- [la ili fine del mondo ed comprensibile. C' un'altra visione che 'iiM'orma la fine di un'epoca oscura, se analizziamo le condizioni [ .ipiamo che anche questo certamente vero. La proposizione ?Inka che ci stiamo avvicinando al riemergere di una nuova vita ',uscendo dalla nostra condizione attuale e ci va bene per il mon- iilo culturale andino. C' anche un altro fattore molto importan- [ir: la profezia si pu cambiare. Vi mostrer, in questo caso, uniMinpio tratto dalla Bibbia: nel libro di Giona, il profeta dicet In1 la distruzione sta arrivando, di fronte a questa visione nega- .iiva avviene una trasformazione, l'attitudine cambia e la profe-zia si annulla; la citt non sar distrutta. Ogni profezia rivela una ''.differente realt culturale. Le abitudini e l'atteggiamento deglir .seri umani sono in grado di cambiare le situazioni. Possiamor;unbiare persino le profezie, una grazia straordinaria conces- ':;a all'umanit, ma certamente il primo spazio dentro il qualedobbiamo imparare a stare, in cui sentirsi a casa, quell'area sullaipiale abbiamo forza e potere di trasformazione noi stessi, la 'nostra propria "bolla." Se ci mettiamo veramente a pensare a .niello che possiamo agire direttamente, osservare e magari "con-irollare", questo la nostra "bolla" o aura. Se lavoriamo su diessa, pu diventare molto vantaggioso, e allora potremo vera-mente cambiare anche le profezie. Vi dir di pi: quando uno si

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  • muove, agisce e cambia attitudine, come si dice passa da un mododi vedere a un altro pi consapevole, allora sta gi cambiando laprofezia. Vedremo poi che per mangiare l'energia pesante di di-versi milioni di persone, ci vuole un forte e capiente stomaco!

    C' una sincronia tra le varie tradizioni che pu rafforzare laveridicit di queste visioni profetiche, qualcosa che si possa av-vicinare ad una verifica?

    Normalmente nella scienza occidentale, c' una regola dettadella seconda verifica autonoma. Se uno scienziato ha scopertoqualcosa e lo ha analizzato in un certo modo, e se un secondoscienziato compie lo stesso procedimento in maniera indipen-dente dall'altro, analizzandolo in modo simile, questa ugualeverifica, raggiunta indipendentemente, sottintende una leggeuniversale.

    Una volta, quando avevo finito alcuni studi sulla scala evolutivadei sette livelli, il fratello di mia moglie richiam la mia atten-zione su una scala parallela. Sono le "sette chiese" citate neiprimi tre capitoli dell'Apocalisse. Iniziai, quindi, a dare unamaggiore importanza alla struttura dei sette livelli. Compaionoegualmente sette centri o chakras nella tradizione religiosa del-l'India ed esiste la metafora sufi del viaggio nei cieli attraversole sette vallate. C' anche il libro di Santa Teresa d'Avila intito-lato "Le sette dimore", e il numero segreto delTao invisibile il14 perch sono sette yin e sette yang, inoltre, il candelabro degliebrei ha sette bracci. In qualsiasi grande tradizione troviamo,seppure con differenze, la grande scala dei sette livelli. Se ini-ziamo a confrontare quello che ciascuna tradizione dice riguar-do alle differenti caratteristiche di ogni stadio o passaggio, ciaccorgiamo che in maniera approssimativa tendono a dire le stessecose. Tutto il mondo riconosce che il sette un numero mistico.La tradizione andina precisa apertamente che ci sono sette gradidi acquisizione di un livello di coscienza ogni volta pi ampio, a

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  • cui ogni essere umano pu accedere, indicando quali sono i pas-si da fare, con gli strumenti adeguati e con dei segni precisi diidentificazione dei livelli da raggiungere, per ogni passo.

    Nel mio caso personale ho 53 anni e la mia aspettativa dirimanere su questo pianeta perlomeno ancora 20 anni. So di es-sere attualmente nel quarto livello e che la scala molto precisa,le capacit che posso assumermi sono, ora, del quarto livello.Quindi so anche che il passo successivo quello di arrivare alquinto. Se i prossimi vent'anni della mia vita serviranno a rea-lizzare questo, penso che ne valga la pena.

    Cos' questa nuova era?Fra il 2000 e il 2012 si manifester il cambiamento. Dopo il

    2012 saremo completamente dentro questa nuova era. Il fattorepi evidente che matureranno negli esseri umani qualit diver-se: per esempio, la capacit di curare qualsiasi malattia solo conil tocco della mano, o il "potere" di spostarci da un luogo ad unaltro con la sola volont. La vita della Madre Terra sar fatta inmodo tale che avremo sovrabbondanza di tutto il necessario pervivere e gli uomini avranno pi comprensione e amore verso sestessi e verso la natura.

    Abbiamo dei meriti particolari per poter accogliere questidoni?

    Non abbiamo nessun merito, ma se prendiamo la metaforadella tradizione, la terra la nostra mamma e alle mamme quipresenti non risulter strano avere dei figli che si comportanomale ogni tanto, eppure accoglierebbero con uguale amore an-che i figli "cattivi".

    Non abbiamo meriti, un dono. Raggiungere dei livelli dicoscienza pi ampi richiede comunque volont e l'utilizzo almeglio delle nostre capacit. Forse questo il punto per me piaffascinante della profezia. La maggior parte delle visioni

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  • profetiche sono quelle che riguardano l'Apocalisse, la fine delmondo. Tutte quelle previsioni ci dicono che siamo colpevoli diqualche terribile crimine e ci sar quindi una reazione divina eun ritorno al cosmo che ci spiaccicher come fossimo formichesenza darci nessuna possibilit di redenzione per riguadagnarequello che abbiamo perso. Invece questa profezia parla di unprocesso in salita e siamo vicini alla realizzazione dei sogni edei desideri che sono stati propri dell'umanit per molti anni.Questo apparente paradosso pu essere spiegato secondo unmetodo di inteipretazione che lega le caratteristiche della profe-zia allo spirito del profeta. Se guardiamo con attenzione questevisioni profetiche ci rendiamo conto che riflettono lo stato realedella cultura alla quale appartengono. D'altra parte le profezieapocalittiche, catastrofiche, ci dicono che se non torniamo allasapienza spirituale e continuiamo a "dormire" anche la nostracivilt destinata a finire, e anche questo vero. Se il nostrocomportamento non cambier probabilmente la nostra civilt sardestinata a scomparire. In realt ogni profezia riflette una verit,questa verit non per universale come ogni profezia pretende, una verit legata a una realt specifica, sociale e culturale. Adesempio la prima parte del libro dell'Apocalisse di San Giovan-ni prevede la fine del mondo, ma se si analizzano con attenzionei simboli presenti si capisce che questa fine del mondo potrebbeessere gi successa con la caduta dell'Impero Romano. Sembraun'esagerazione parlare della fine di un impero come della finedel mondo. Quando appare una tappa profetica, ci sono delleprevisioni di fine del mondo che si compiono, per ci sono al-trettante visioni che emergono, e si compiono anch'esse. Quistiamo parlando della profezia delle Ande che rappresenta un'altraparte del processo. Questa visione andina sta emergendo ora.Contrariamente a tutte le altre che parlano della fine del mondo,quella delle Ande una profezia che annuncia la nascita delmondo. In particolare qui, in Italia, deve essere chiaro che con la

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  • i v i

    line di un mondo ne emerge un altro. La caduta dell'impero ro-mano lasciava spazio contemporaneamente all'emergenza di unnuova epoca, quella cristiana. Sinceramente sono convinto chetutti noi abbiamo la possibilit di stare dalla parte del nuovomondo che sta nascendo, o altrimenti allearsi con quella che sista sgretolando. Ovviamente una mia opinione personale. Aine interessa condividere con voi le pratiche che hanno a chefare con questa nuova era che sta emergendo. Tuttavia non vo-glio che questa sia l'unica posizione vera, se qualcuno di voi hauna visione diversa, sono disposto ad accettare altri punti di vi-sta.

    Che cosa c' di emergente rispetto al Cristianesimo?Ogni cosa va guardata nel suo tempo: se osserviamo il regime

    di schiavit romano o quello servile del Medio Evo, c' un cam-bio di tonalit, il secondo un sistema comunque pi umano.Non voglio n negare, n giustificare gli eccessi commessi innome del Cristianesimo. L'insegnamento cristiano ha visto na-scere, comunque, un mondo migliore rispetto a quelli preceden-ti. La riscoperta di questi valori durante l'epoca rinascimentalelia dato al Cristianesimo un valore pi ampio, ha promosso unasociet pi umana. Schiavismo trattare un altro essere umanocome se fosse un animale, come una propriet su cui esercitare ildiritto di vita e di morte. Invece un regime feudale comunque 15' - ;pi evoluto, alcuni eccessi vengono considerati dei crimini, an-che se sono un signore feudale e come tale posso avere una serie \,ili persone sottomesse alla mia volont. Oggi, nel mondo moder- f -no, bench ci siano gravi violenze, abusi, crimini, ci troviamo in f, *condizioni migliori rispetto a quelle del servilismo. I

    Quando penso al Cristianesimo di allora e a quello che puessere riscoperto adesso, mi rendo conto che si pu rivitalizzarequesta filosofia religiosa. Non parlo del catechismo o dell'inse-gnamento della chiesa ufficiale, ma di quello che effettivamente

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  • diceva Ges Cristo. Il fatto che un grande insegnamento sia se-guito da una serie di abusi fatti in nome di esso non una carat-teristica esclusiva del Cristianesimo. Per esempio guardiamo allecaste che ci sono tuttora in India, contro le quali Gandhi avevalottato in modo ferreo. Il sistema di casta dell'India un'inter-pretazione fatta dai brahmini dei libri sacri indiani ed una de-duzione arbitraria che ha creato un sistema completamente in-giusto, sono i discepoli che hanno interpretato questo insegna-mento per la loro convenienza.

    Ho dei rapporti con una scuola di buddismo tibetano, nellaquale ho conosciuto due monaci che hanno raggiunto uno statodi santit sulla base degli insegnamenti del Buddha. Nel contempo opportuno segnalare che qualsiasi persona visitasse il Tibetprima dell'invasione cinese poteva denunciare la presenza di al-cuni lama che approfittavano della loro condizione a discapitodelle persone vicine. Questa realt non ha niente a che vederecon la compassione insegnata dal Buddha. Secondo me dobbia-mo tornare agli insegnamenti originari senza intermediati. Noncercher di insegnare n il buddismo, n il Cristianesimo, n leloro fonti originali, perch ci sono persone preparate che posso-no farlo meglio di me. Vorrei semplicemente condividere convoi una prospettiva mistica, degli strumenti spirituali che vengo-no dal mondo andino e che possono essere utili per affrontare lavita in modo nuovo. > !- -..>%

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    Kausay: l'energia sovrabbondante

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    KAUSAYPACHA: l'energia ed il cosmo vivente

    In questi dieci anni vissuti al fianco del mio maestro "il mon-do" assunse per me connotazioni fino a quel momento scono-sciute. Era vivo, palpitante nelle sue innumerevoli, sorprendentimanifestazioni ed io appartenevo integralmente alla vitalit delsuo tessuto energetico. Niente era cambiato esteriormente, solola mia sensibilit d'esplorazione si stava ampliando, pi vivacediventava man tnano la memoria della "sorgente" della vita, lamia percezione si apriva timidamende a cogliere e a godere leespressioni visibili e meno visibili dell'intero corpo vivente delmondo.

    Emergevano dettagli che prima non avevano alcun significatoper me, mentre nel nuovo mondo a cui mi stavo aprendo, eranodi supporto. Questo universo basato sul Kausaypacha, una pa-rola quechua. Il perno fondamentale, dal nostro punto di vista, la concezione di Kausay che pu essere tradotta con "energiavivente", "forza vitale". Nella cosmovisione delle Ande Kausay l'essenza della realt che ci circonda, tpacha vuoi dire cosmo,quindi Kausaypacha significa il cosmo delle energie viventi. la realt pi ampia concepibile all'interno del cosmo, compren-de tutto. Pu essere anche inteso come l'insieme di tutte le espres-

  • sioni vitali. Al suo interno ci sono tre grandi regioni: una VHanaqpacha il mondo superiore, in mezzo c' il Kaypacha lanostra realt o mondo mediano e l'altro VUjupacha, il mondodi sotto. Dopo torneremo su questi concetti per spiegare anche leloro differenze. Nel frattempo entriamo ben dentro la visione dikausay o energia vivente.

    Ecco perch, come vi ho anticipato, il sentiero andino prendeil nome di Kausay Puriy che significa "imparare a camminareinsieme all'energia vivente".

    L'energia vivente sovrabbondante, tutti i fattori della realtemanano energia secondo la loro propria fisionomia. C' irra-diazione di Kausay da un albero, da una montagna, da un fiume,da un lago, dalla Madre Terra.

    Siamo totalmente circondati da energia vivente, che assumediverse manifestazioni a seconda della sua origine. Nella nostraconcezione l'energia irradiata da una montagna ha delle qualitdifferenti rispetto a quella emanata dalla Madre Terra. L'energiache si propaga da un albero o da un fiume diversa. Tutte persono variazioni della stessa energia vivente. Anche noi esseriumani naturalmente abbiamo la nostra manifestazione energetica.Pacha significa spazio e tempo e nel cosmo ogni energia es-senzialmente vivente.

    importante comprendere questa visione della realt per poiarrivare a qualcosa di pi vivo delle parole, la pratica.

    L'energia vivente ovunque ed a disposizione di tutti. Sem-plicemente (sorretti dal ricordo di questa sovrabbondanza) apren-doci a percepirla, il nostro essere pu arrivare a nutrirsi a suffi-cienza per poter sviluppare le sue potenzialit pi elevate. Tuttisappiamo che potenzialmente un essere umano ha capacit illi-mitate, ma viviamo come se ne fossimo dimentichi per questosembra quasi impossibile che esse possano svilupparsi veramente,in modo particolare nel mondo occidentale. Abbiamo assuntocome nostro un condizionamento che ci spinge a vedere le cose

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  • buone come limitate e scarsa l'energia della vita. Tutto nel mon-do andino semplicemente energia senza separazione, cos nonesiste quella negativa e quella positiva, nei suoi vari aspetti essae tutta utile. Attraverso questa visione svilupperemo un certotipo di lavoro spirituale.

    Tendiamo sempre a fare confusione fra energia positiva edenergia negativa. Cos nasce, da questa considerazione, il tenta-tivo di tenere per noi la "poca" energia buona che crediamo diavere a disposizione. Allo stesso tempo cerchiamo di difendercitlall'energia negativa che vediamo un po' ovunque. Capita, quindi,di sentire il bisogno di schermarsi dall'energia oscura e di voleraccumulare quella luminosa, ma questo atteggiamento diventadi per se stesso una barriera In alcuni casi la necessit di proteg-gersi pu diventare un'ossessione.

    In questa, come in altre tradizioni, c' la concezione di uncampo di energia vivente che circonda la materia, in Oriente siparla infatti di aura. Nella nostra visione il campo di energiavivente definito poqpo, che connota le bolle energetiche diffu-so ovunque e che indistintamente caratterizzano ogni manifesta-zione vivente.

    Se qualcuno pensa di avere s un campo energetico, ma sentela presenza di energie da lui considerate negative, cercher dischermare il campo. Ho visto persone che hanno convcrtito ilpoqpo in un vero e proprio carcere personale, tutto il giornoattente a non contaminare la propria bolla di energia.

    Trascurare il malinteso legato alla dualit positivo-negativo,non significa idealizzare la realt. Ciascuno di noi avr sentitol'energia scomoda di un'altra persona o la propria. Gli andini laleggono in termini di differenza di spessore e di gravita, usandoil nome di samiy per l'aspetto leggero e sottile dell'energia e dijucha per quello pesante. Samiy ejucha danno un'idea pi pre-cisa di questo mondo di energie viventi. Tutti gli esseri e i fattoridella natura producono samiy e fortunatamente possiamo rice-

  • vere samiy in qualsiasi luogo. Se avessi necessit di ricevere samiysarebbe sufficiente avvicinarmi alla "sorella pianta" e prenderela quantit di samiy necessaria per passare in maniera conforte-vole il resto della giornata. Possiamo uscire, andare nel parco,prendere samiy dagli alberi o, restando in casa, tenere un anima-le che ci pu donare samiy. ;

    Tutta la natura non umana piena di samiy. Allora da doveviene \a. jucha, l'energia pesante?

    Noi umani siamo gli unici esseri della natura che hanno il"privilegio" di generare jucha.

    Ritorniamo al concetto di jucha, come si pu formare?In generale si produce jucha quando si ostacola il flusso del-

    l'energia vivente. Il mio maestro diceva che il Kausay comel'acqua: mentre fluisce nel fiume si mantiene fresca e pura, mase viene bloccata e incomincia a stagnare, cambia la sua naturatrasparente. Questo non significa che abbia cessato di essere ac-qua; se l'acqua stagnante riprende a fluire, scorrendo torna adessere fresca e limpida. Quando noi ostacoliamo il fluire del-l'energia vivente, allora generi orno jucha e possiamo crearne unabuona quantit. Se comunque valutiamo la presenza degli esseriumani in termini numerici, siamo una minima proporzione inconfronto alla grandezza della natura. Dal momento che siamogli unici a generare energia pesante, la quantit di essa vera-mente minima, mentre in proporzione l'energia sottile illimi-tata.

    L'energia sottile o samiy a disposizione di chiunque ne ab-bia bisogno, ogni volta che ne abbiamo necessit dobbiamo soloaprirci e permetterci di riceverla. Se vogliamo fare qualcosa dipi tangibile possiamo appunto toccare un fiore, o appoggiarciad un albero, aprirci al vento o esporci al sole, avremo accessoad una quantit infinita di energia sottile. Se si ha veramentefiducia nella sovrabbondanza, la nostra attitudine cambia total-mente. Soprattutto in Occidente si pensa che Madre Natura sia

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  • fino a un certo punto cattiva, avara, che raramente ci dia qualco-sa di buono, negandoci per la maggior parte del tempo ci di cuiibbiamo bisogno. Vediamo la Pachamama, la Madre Terra, lamadre cosmica come un essere un po' meschino che ogni tantoelargisce solo ad alcuni e che ci spinge a competere per poterraggiungere il meglio. Vediamo l'universo come qualcosa di ri-si retto, cerchiamo di prendere per noi il meglio disponibile in unmondo percepito limitatamente, magari anche sottraendolo, per-ch sentiamo che altrimenti non riusciremmo ad avere niente dipositivo. ' " '' '' ">--'- i : - ' " ' ' ' ' > ' ' ! > .

    Sto parlando in particolare della visione, in questa epoca, delinondo occidentale. Se riuscissimo a renderci conto che c' so-vrabbondanza di Kausay, l'unica cosa da fare sarebbe aprirsi al-l'abbondanza presente, lasciando da parte i litigi fra gli umani,per usufruire di ci che gi ci offre l'esistenza. Basta guardareun attimo a come la vita si espande in continuazione sulla terra,tome il mare sia arrivato perfino ai picchi pi alti delle monta-gne. Noi stessi abbiamo iniziato come una piccolissima materiain formazione e siamo arrivati ad avere dei corpi che pesano 50,/(), 80 kg, prendendo energia. Un piccolo seme messo nella terradiventer un albero, una pianta o un fiore. Tutto questo sarebbeimpensabile se non ci fosse tutta l'energia vivente che sta ap-poggiando la vita. Uri -. '-, '

  • cevere quest'abbondanza e aiutare gli altri affinch siano pidisposti ad accoglierla.

    Altrimenti continueremo a mantenere una visione limitata diMadre Natura, cominciando a competere per acquisire anche unapiccola quantit di energia buona, sottile. Ci sono persone checonvinte della ristrettezza ed avarizia del mondo, si dispongonopersino ad assorbire l'energia sottile degli altri. Visto dalla pro-spettiva delle Ande totalmente assurdo mettersi in competizio-ne per l'energia vitale, cercare di sottrarla pura cecit. Sarebbecome se mi venissero regalati milioni di dollari e io insistessi perrubare 10.000 dollari alla banca, sapendo di andare incontro arischi e difficolt.

    necessario tornare a far nostra la visione degli antenati sullanatura, iniziando a percepire la presenza di un grande corpo vi-tale che ci sta sostenendo, affinch possiamo realizzare ogni no-stra potenzialit. Se appoggiate da una generosa fonte di energiavivente, le possibilit degli esseri umani sono infinite, niente ciimpedisce di raggiungere il massimo grado di realizzazione.

    Per vivere quest'esperienza importante essere noi stessi elasciarsi trasportare dal flusso di energia. Questa corrente ci por-ter a realizzare tutto ci che vogliamo in armonia con il cosmo,e non certamente magia, semplicemente un processo natura-le. una realizzazione che richiede una sincera aspirazione euna buona pratica.

    La prima volta che ho preso in mano un martello non sapevobattere sul chiodo in modo diretto, spesso battevo fuori dal chio-do o mi facevo male alle dita. Dopo un certo tempo riuscii apiantare i chiodi con una certa facilit. Questo vale anche perqualsiasi arte spirituale. L'insegnamento essenziale lasciareemergere la pratica, che ha a che fare con Saminchakuy. Samiy,come abbiamo detto, l'energia sottile e Saminchakuy "ba-gnarsi con l'energia sottile".

    Quindi disponiamoci ad accogliere la visione di sovrabbon-

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  • danza di energia sottile. Pennettiamoci un nuovo approccio allarealt che ci abita e ci circonda. Una volta acquisita la fiducia el'esperienza di quest'affermazione, avremo a disposizione tuttal'energia vivente necessaria. Del resto, potrei andare avanti par-landovene per ore, difficilmente potreste fidarvi senza avere unpo' di quell'esperienza che andremo a praticare, quel vissuto ilpunto di partenza. Rendiamoci disponibili all'enorme generosi-t di Madre Natura. Sar questo una degli atteggiamenti base perimparare una nuova relazione con il mondo: l'apertura a riceve-te il flusso di energia sottile.

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    La parola Juchamjuy sta ad indicare un secondo processo pra-tico, all'interno della tradizione, per trattare e connettersi con leenergie viventi. Come potete ricordare jucha l'energia pesan-te, mijuy vuoi dire mangiare o digerire. Juchamjuy la tecnicaattraverso la quale impareremo a mangiare e a digerire l'energiapesante.

    Quindi possiamo renderci conto che stiamo andando versoun'apertura ancora maggiore, l dove, di fronte ad una situazio-ne scomoda, prevedibile una chiusura. Nel ricevere samiy chia-ramente siamo aperti, ma anche se stiamo mangi and jucha sia-mo egualmente aperti.

    Queste due tecniche di base portano alla luce un fattore im-portante: l'apertura, che caratterizza la tradizione andina. Esi-stono, vero, altre tradizioni mistiche che riconoscono il valoredi tutte le altre. La visione andina riconosce non solo la validitdi qualsiasi ricerca spirituale, ma propone anche lo scambio,ovvero il Karpay Ayni. Il rispetto seguito dalla disponibilit aonorale tutto e ad entrare in relazione con ogni sentiero spirituale.

    Per sintetizzare: il mondo infinitamente grande e la sua real-( un insieme di tutte le energie viventi che emettono energiasottile in sovrabbondanza, tanta da "nutrire" ogni creatura, nes-suna esclusa, i

    In ogni caso, sia nei confronti dell'energia sottile che di quel-

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  • Iti pesante, la nostra posizione di piena disponibilit e acco-glienza. Si tratta di imparare a ricevere e a digerire. Quindi, duesoiio i punti importanti: l'abbondanza di energia samiy e la con-cezione di jucha, che pur essendo energia pesante, continua assere energia vivente. Possiamo dire che essenzialmente salu-une, poich pu essere l'oggetto di trasformazione dal quale noiestraiamo la parte fine e scartiamo quella pi densa. Questa laprima "lezione" che mi fu data da Don Benito quando divennisuo discepolo. La mia pi grande difficolt fu da un lato, rompe-re la modalit di pensare in termini di positivo e negativo, e dal-I ' al tro assimilare la semplicit su cui si basano le tecniche andine,Hsse sono semplici perch nate osservando e seguendo il cam-mino della natura, senza pretendere di sviarla verso altri orienta-menti, piuttosto imparando ad avere fiducia nella verit del suoscuso e della sua direzione: si tratta solo di seguirla. Del resto"camminare" con la natura non ci mette in un angolino che ciimpedisce di creare, perch essa estremamente creativa e noim siamo parte. Essere creativi uno dei nostri attributi; non c'nessuna contraddizione nel seguire la natura e allo stesso tempofarsi protagonisti della sua trasformazione. " "

    Potere e Poteri ' ''--' '- ' ""y- "^^!y "!-'^;^-

    Conviene soffermarci un attimo sulla natura del potere, inquanto il suo significato muove spesso associazioni condizio-nunti, influenzate dal malinteso o dall'abuso di cui il potere sicirconda.

    A proposito di alcuni poteri che possono manifestarsi, ne-cessario avere discernimento. Per esempio pu essere di ostaco-lo porre troppa enfasi sui cosiddetti poteri paranormali, in quan-

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  • I ;io inclini a generare una sorta di specialit e assuefazione, p- i;nendosi come conseguente barriera nella ricerca spirituale. !>

    II libro di Elizabeth Jenkins si compone di due parti: una rac-conta l'esperienza condivisa con i maestri del terzo livello, laseconda narra la mia trasmissione dell'insegnamento di DonBenito.

    Forse per la mia formazione scettica ebbi la fortuna di ag- < ganciarmi a questa tradizione attraverso un maestro del quarto &;&?livello.

    Nel terzo livello si possono manifestare una serie di effettidella cui natura non sono nella condizione di essere molto espli-cativo. Il tipo di invocazione agli Apu (divinit delle montagne),che descrive Elizabeth nella prima parte, avviene in una stanzabuia: c' una serie di suoni, come battito di ali o cose del genere,gli Apu scendono sotto forma di condor sul tavolo e fanno deirumori, come se le zampe degli uccelli vi battessero sopra. Que- f "! !-sti tipi di effetti sono certamente possibili, ma per loro natura - *' '' ^un po' difficile parlarne, in quanto possono confondersi con sug-gestioni e proiezioni personali. Ho avuto modo di riscontrarequalcosa del genere quando cercai di scrivere il mio primo arti-colo. Accadde una sorta di mescolanza tra quello che avevo ap-preso coscientemente e le mie proiezioni, che non apparteneva-no alla cultura andina. Fino al terzo livello c' la possibilit che >\,l'energia vivente degli Apu si stia mescolando con l'inconscio !hdelle persone che assistono, producendo manifestazioni definibili j [paranormali che generano suoni ed altri "effetti speciali". In ogni jfccaso, tutte queste immagini e percezioni che si avvertono, sono ;; *semplicemente fuochi d'artifcio. Il punto che a me interessa ri- ' guardo ai livelli la parte strumentale, pratica, perch realmente ilha la forza di cambiare e amplificare la percezione delle persone j]sulla loro realt e quella circostante. Tanti avvenimenti possono magari emergere durante questo processo, ma non sono utili in ;s e s t e s s i . '' ;

    5 li

  • A proposito delle varie associazioni legate alla parola potere,qualcuno mi ha chiesto se il mio maestro, Don Benito, avevapotere.

    Don Benito era veramente un uomo di potere, di potere puro;sto parlando del potere in generale, non di quello spirituale,materiale o del mondo, parlo del potere che un'unica espres-sione. Ho gi avuto modo di dire che parlare di potere associan-dolo alla sfera spirituale pu provocare incomprensione, per ilsolo fatto che nella nostra esperienza lo abbiamo utilizzato inmodo sbagliato per almeno 1500 anni, abusandolo per manipo-lare, segregare, espropriare. Infatti, ripeto, il problema non ilpotere, ma l'utilizzo che ne viene fatto. Proviamo a ripensare ilpotere riportandolo alla semplicit terminologica, cio alla dif-ferenza tra il potere e il non poter fare qualcosa. Io, per esempio,posso insegnare antropologia, mi sono esercitato per avere que-sto tipo di potere, per non potrei insegnare ingegneria, non nesarei in grado. Ci non vuoi dire che non potrei acquisire l'auto-rit d'insegnarla una volta imparata. Il potere ci pu rendere li-beri, sempre che non cerchiamo di usarlo per creare schiavit.

    Secondo la nostra visione, esiste una legge di reciprocit uni-versale secondo la quale, nel tentativo di sottomettere qualcuno,finir per essere sottomesso da quella stessa forza che ho proiet-tato verso la persona, con l'intenzione di dominarla.

    Provate a pensare a coloro in genere classificati come personedi potere, soffermatevi sul perch hanno tanti soldi al punto daessere spesso schiavi di essi, tanto da non sviluppare nemmenola capacit di goderseli. Persone che magari hanno cercato diarrivare alle posizioni pi elevate e poi sono rimaste vittime del-la corruzione; individui saliti al massimo della carriera pensan-do di essere liberi e invece, lavorando per 14/16 ore al giorno, siritrovano poi con un infarto.

    Viviamo in un panorama nel quale si perso il vero senso delpotere, sto parlando del potere di tipo personale: una "forza"

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  • i dimessa alla capacit di lavoro su me stesso, un potere indi-tt unibile non legato a circostanze esterne; non il potere del-

    l'jivere (se faccio un gioco in borsa e sbaglio rischio di perdereinno), non il potere di arrivare ad una certa posizione: perM-mpio si pu conquistare uno status politico oggi, ma non ii ito che domani lo si possa mantenere. Un altro degli aspetti!< ;'ati al potere che ci sembra tra i pi solidi il "sapere", per.in. li'esso limitato. Nella scienza si sta parlando di un cam-I iiamento di paradigma che invalida il sapere acquisito con il:.i:.icma precedente, persino il potere della sapienza qualcosai he pu essere distrutto.

    11 potere di cui io parlo il potere dell'individuo, il potere dir>..-;ere.

    Quest'ultimo si pu sviluppare in un modo cos semplice,iiprendosi, per ricevere tutta l'energia vivente che intorno anoi, un'energia che sta saturando tutto, ovunque, che nasce dalla(erra, dai fiumi, dagli alberi... che si trova in qualsiasi luogopensabile (e magari anche impensabile) intorno a noi. Anni fadue scienziati hanno scoperto lapossibilit di fotografare il campodi energia che avvolge ogni elemento vivente. Tutto il vivente sicirconda di un "pulviscolo" energetico. Questo tipo di foto sichiama Kirlian ed evidenzia lo stesso fenomeno chiamato ancheaura, o quella che gli occidentali chiamavano aureola dei santi.Sono manifestazioni pi sottili che tante societ hanno percepi-to prima di noi, dimenticandole poi in qualche angolo trascuratodella tradizione.

    L'insegnamento andino afferma, sperimentandolo, che la qua-lit creativa del mio campo energetico si manifesta anche fuorida esso e in quantit abbondanti. Si pu migliorare l'intensit ela frequenza di questi fenomeni energetici in modo da arricchir-ci e portare al massimo l'utilizzo delle nostre potenzialit.

    Il punto chiave : accettiamo che esista energia vivente so-vrabbondante intorno a noi? Se la risposta s, l'unica cosa che

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  • dobbiamo fare aprirci a riceverla. Se la risposta no, semplicemente vi chiedo di concedermi il beneficio del dubbio, vi chiedodi dubitare solo per un momento della concezione che l'energiavivente limitata.

    Ora vorrei mostrarvi alcune foto del mio maestro. Questo l'uomo a cui dobbiamo questa conoscenza, Don BenitoQoriwaman.

    La sua casa un ambiente molto semplice, la stanza piena dpiccole pentole di coccio appese alle pareti, eppure in tutta questa semplicit c' una ricchezza di conoscenza molto profonda

    sorridente, sta facendo un rituale di lettura delle foglie dicoca. un tipo di oracolo tradizionale. Don Benito ha un atteg-giamento molto gioviale.

    Usa vestiti molto semplici, non diversi dagli altri contadini.Oltretutto sta seduto su un tronco d'albero, ai suoi piedi c' unacoperta con le foglie di coca. Nel viso ben in evidenza di DonBenito si possono vedere i suoi occhi particolari, la loro espres-sione intensa e scintillante. Quando sembrano appannati per-ch c' il riflesso del flash. Sta facendo l'offerta di un K'intu dicoca (tre foglie di coca), ogni foglia di coca rappresenta uno deitre poteri che dentro di noi: munay, il potere dell'amore combi-nato con la volont; llank'ay, il potere dell'azione e del lavoro;ychay il potere della conoscenza intellettuale. Nell'offrire lefoglie dona il potere alla Madre Terra e alle montagne, in uncerto modo come un dare se stesso, darsi totalmente. Osser-vando il suo sguardo si pu cogliere una sorta di fissit, in effettista vedendo qualcosa. C' l'emozione profonda dell'uomo chesta facendo un'offerta, un'evento molto semplice. Poi dialogacon il k'intu di coca. Quando si fa un'offerta c' comunicazione,le parole saranno trasportate verso chi potr ascoltarle, usando ilk'intu come veicolo.

    Soffia le foglie di coca offrendo l'energia vivente. Soffiare un gesto per connettersi. Ieri, quando ho reso omaggio a Osho,

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  • un importante maestro spirituale, quello che ho fatto stato sof-fiare verso la sua immagine. Abbiamo poi soffiato verso tuttilineili che sono qua,

    Nell'offrire di nuovo Wk'ntu di foglie Don Benito ha lo sguar-i lo di chi in un altro mondo. Fare un oracolo, nella nostra trad*ione, una cosa molto comune e per molti assai seria, eppure

    MIIvibra un bimbo che sta giocando. Non difficile notare la dif-ferenza tra il mio viso serio e il volto sorridente di Don Benito.

    In certe immagini siamo semplicemente seduti vicini. A volteuidavo a casa sua e stavamo seduti insieme, a lungo. Stando al.-.no fianco provavo la sensazione di partecipare a un evento mol-lo raro, condividevo la serenit che, come nelle immagini, aleggianel suo sorriso. Essergli vicino mi rendeva parte della sua stessabolla e godevo, in questo modo, del suo livello energetico.

    IIntervento di Lida, moglie di Jun, ,;Ci sono individui che posseggono llank 'ay (la forza dell'azio-

    ne), altri ychay (la forza della conoscenza) e altri ancora munay(la forza dell'amore, il darsi). Ciascuno porta in s una qualitdella vita, quindi i nostri maestri affermano l'arrivo di un tempoin cui tutti i figli di Dio si riuniranno e Dio dir loro una parolain quechua che significa aiutatevi tra di voi, sostenetevi. Questa la profezia delle Ande: tutti si siederanno insieme, ciascunocon le proprie capacit e le proprie caratteristiche porter uncontributo, condividendolo con gli altri. quello che sta succe-dendo qui, tra di noi; si pu dire che un ayninakuy. Quindi,adesso che siamo in un ayninakuy, il fattore pi importante apprendere lo strumento di lavoro del rituale andino che Jun stainsegnando. Non un rituale nel senso a cui siamo abituati, mauna tecnica da praticare. I nostri maestri aggiungono che quandotutti avremo praticato Yayni (lo scambio reciproco), diventere-mo individui nuovi, di una qualit diversa, perch ciascuno por-

    * . 69 :

  • ter dentro di s, contemporaneamente, il potere della conoscenza,dell'azione e dell'amore.

    - \ ,"

  • guenti. Non ci neghiamo, per, la possibilit di lavorare anche alivello emotivo.

    Volendo visualizzare l'energia con dei colori, che colore han-no l'energia pesante e quella sottile?

    La tradizione andina enfatizza molto la diversit, e ogni diffe-renza assume la possibilit di un'alleanza. chiaro che ognunodi noi un essere unico. Gli stessi fenomeni si possono manife-stare in modo diverso a seconda del percepente. Vi parler diun'esperienza che ebbi durante uno dei miei incontri con DonBenito. Dovete tener conto dell'arco di anni passati a fianco delmio maestro, non sono avvenimenti di tutti i giorni.

    In rare occasioni ho avuto l'opportunit di vedere l'energiapesante. Alcune volte ho colto intorno alle forme un colore aran-cio-dorato, coperto da una specie di pelle pi opaca. La parte dipelle meno lucente risult essere energia pesante. L'energia sot-tile pi luminosa, quella pesante car