LO SPECCHIO L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONE … Vittoria Fonseca, “Cinigia”, Supernova 1998...

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332 Medico e Bambino 5/2006 I n questo breve articolo si cerca di porre la rela- zione come aspetto fondamentale nell’allatta- mento. Vengono proposte alcune riflessioni teori- che psicologiche sul concetto di relazione e come queste possono aiutare a capire e a leggere la re- lazione madre-bambino-padre. Si riportano, inol- tre, due esempi clinici significativi. Comunicare: esprimere, parlare, mostrare, dire, sopraffare, soccombere… comunque sempre osmosi di sentimenti. Le nostre parole vanno, co- me dice Vittoria Fonseca nei versi d’apertura, e tornano sempre: più o meno ricche, ma sempre di- verse. Ognuno di noi porta in sé una sua propria personalità, una cultura, una storia. “L’uomo è un animale sociale” - diceva Aristotele - “fatto di istin- ti, bisogni, ma soprattutto di socialità, di relazione. La vocazione primordiale dell’uomo è permettere all’altro che mi è vicino di realizzare se stesso. Ogni momento della realizzazione è dato dalla “re- lazione”. Lo stesso può dirsi per ogni bambino e sua madre. Ogni volta che nel nostro studio entra una mamma con il suo bambino, vediamo in essi uno scambio vicendevole di sentimenti, un piccolo seme che si pianta nel giardino dell’umanità e ha bisogno di fiorire e sbocciare. Un giardino di fiori diversi: tutti belli, unici e indispensabili. A proposito di relazione Ogni momento dello sviluppo è dato dalla relazio- ne e dallo stare nella relazione (“non si sviluppa un bambino ma si sviluppano delle relazioni significa- tive per lo sviluppo del bambino stesso” 3 ); l’espe- rienza è data proprio dal fare esperienza nella e della relazione; lo sviluppo è attaccamento 4 . Già il nascituro è in relazione con la madre (e l’ambiente intra- ed extra-uterino; da qui il concetto di Sé Pre- natale 5 ); poi nasce, entra in relazione con il sociale (l’ambiente), un sociale ristretto, pressoché fami- gliare, matura attraverso queste relazioni, diventa adulto, esce dall’esperienza famigliare ed entra nella relazione con il mondo. Inoltre, la relazione risulta tanto importante e me- glio definibile se pensiamo alla psicopatologia del- lo sviluppo che ha interessi verso il mondo del bambino e quindi a un essere continuamente in re- lazione. Se pensiamo che letteralmente “sintomo” (dal greco syn-pipto) significa “accado con… altre cose, altri eventi” e quindi prende significato quan- do qualcuno gli attribuisce un significato (nella re- lazione), uno stesso evento patologico (ma anche non patologico) può essere spiegato in modo di- verso a seconda di chi gli dà un significato: nel ca- so del bambino la sua sintomatologia acquista si- gnificato in rapporto alla rappresentazione mentale della madre, del padre, delle figure di riferimento, ma soprattutto dalle rappresentazioni mentali stes- se del bambino. Difatti: quando in un bambino si presenta un sintomo? Quando chi si occupa di lui (l’osservatore) coglie dei segnali che risultano non funzionali alla propria “rappresentazione” (osserva- zione). L’uomo è geneticamente determinato ad avere re- lazioni significative per il suo sviluppo. “Lo stesso concetto di autoregolazione dell’organismo 6 è strettamente legato all’evoluzione della specie. An- che l’intuizione di Fritz Perls sullo sviluppo infanti- le, ossia il concetto di aggressione dentale 7 , si ba- sa su una teoria della natura umana come capace di autoregolazione, sicuramente più positiva rispet- to alla concezione meccanicistica vigente a cavallo tra il XIX e il XX secolo (e che pervade anche la L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONE NELL’ALLATTAMENTO PIER LUIGI RIGHETTI 1 , ANDREA RIGHETTI 2 1 Psicologo-psicoterapeuta, docente di Psicopatologia Generale e dello Sviluppo, Facoltà di Psicologia, Università di Padova 2 Pediatra di famiglia, Venezia, Az. ULSS 12 - Veneto OLTRE LO SPECCHIO Questo articolo nasce da una rilettura dei temi proposti in: Righetti P.L. 1 e Righetti A. 2 Vanno le mie parole, scialbe di colore in parvenza di fole; ma tornano rosate con striature dorate, chi le ha così abbellite? Sono gli amici miei, le hanno arricchite con il colore d’oro dei sentimenti loro. Vittoria Fonseca, “Cinigia”, Supernova 1998 332-336 OLS maggio 24-05-2006 16:33 Pagina 332

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    In questo breve articolo si cerca di porre la rela-zione come aspetto fondamentale nell’allatta-mento. Vengono proposte alcune riflessioni teori-che psicologiche sul concetto di relazione e comequeste possono aiutare a capire e a leggere la re-lazione madre-bambino-padre. Si riportano, inol-tre, due esempi clinici significativi.

    Comunicare: esprimere, parlare, mostrare, dire,sopraffare, soccombere… comunque sempreosmosi di sentimenti. Le nostre parole vanno, co-me dice Vittoria Fonseca nei versi d’apertura, etornano sempre: più o meno ricche, ma sempre di-verse. Ognuno di noi porta in sé una sua propriapersonalità, una cultura, una storia. “L’uomo è unanimale sociale” - diceva Aristotele - “fatto di istin-ti, bisogni, ma soprattutto di socialità, di relazione.La vocazione primordiale dell’uomo è permettereall’altro che mi è vicino di realizzare se stesso.Ogni momento della realizzazione è dato dalla “re-lazione”. Lo stesso può dirsi per ogni bambino esua madre. Ogni volta che nel nostro studio entrauna mamma con il suo bambino, vediamo in essiuno scambio vicendevole di sentimenti, un piccoloseme che si pianta nel giardino dell’umanità e habisogno di fiorire e sbocciare. Un giardino di fioridiversi: tutti belli, unici e indispensabili.

    A proposito di relazione

    Ogni momento dello sviluppo è dato dalla relazio-ne e dallo stare nella relazione (“non si sviluppa un

    bambino ma si sviluppano delle relazioni significa-tive per lo sviluppo del bambino stesso”3); l’espe-rienza è data proprio dal fare esperienza nella edella relazione; lo sviluppo è attaccamento4. Già ilnascituro è in relazione con la madre (e l’ambienteintra- ed extra-uterino; da qui il concetto di Sé Pre-natale5); poi nasce, entra in relazione con il sociale(l’ambiente), un sociale ristretto, pressoché fami-gliare, matura attraverso queste relazioni, diventaadulto, esce dall’esperienza famigliare ed entranella relazione con il mondo.Inoltre, la relazione risulta tanto importante e me-glio definibile se pensiamo alla psicopatologia del-lo sviluppo che ha interessi verso il mondo delbambino e quindi a un essere continuamente in re-lazione. Se pensiamo che letteralmente “sintomo”(dal greco syn-pipto) significa “accado con… altrecose, altri eventi” e quindi prende significato quan-do qualcuno gli attribuisce un significato (nella re-lazione), uno stesso evento patologico (ma anchenon patologico) può essere spiegato in modo di-verso a seconda di chi gli dà un significato: nel ca-so del bambino la sua sintomatologia acquista si-gnificato in rapporto alla rappresentazione mentaledella madre, del padre, delle figure di riferimento,ma soprattutto dalle rappresentazioni mentali stes-se del bambino. Difatti: quando in un bambino sipresenta un sintomo? Quando chi si occupa di lui(l’osservatore) coglie dei segnali che risultano nonfunzionali alla propria “rappresentazione” (osserva-zione).L’uomo è geneticamente determinato ad avere re-lazioni significative per il suo sviluppo. “Lo stessoconcetto di autoregolazione dell’organismo6 èstrettamente legato all’evoluzione della specie. An-che l’intuizione di Fritz Perls sullo sviluppo infanti-le, ossia il concetto di aggressione dentale7, si ba-sa su una teoria della natura umana come capacedi autoregolazione, sicuramente più positiva rispet-to alla concezione meccanicistica vigente a cavallotra il XIX e il XX secolo (e che pervade anche la

    L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONENELL’ALLATTAMENTOPIER LUIGI RIGHETTI1, ANDREA RIGHETTI21Psicologo-psicoterapeuta, docente di Psicopatologia Generale e dello Sviluppo,Facoltà di Psicologia, Università di Padova2Pediatra di famiglia, Venezia, Az. ULSS 12 - Veneto

    OLTRE LO SPECCHIO

    Questo articolo nasce da una rilettura dei temi proposti in: Righetti P.L.1 e Righetti A.2

    Vanno le mie parole, scialbe di colore in parvenza di fole;

    ma tornano rosate con striature dorate, chi le ha così abbellite?

    Sono gli amici miei, le hanno arricchite con il colore d’oro dei sentimenti loro.

    Vittoria Fonseca, “Cinigia”, Supernova 1998

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    OLTRE LO SPECCHIOteoria freudiana). La capacità che il bambino ha dimordere sostiene e accompagna la sua capacità didestrutturare la realtà. Questa forza aggressivaspontanea, positiva, ha una funzione di sopravvi-venza e consente all’individuo di raggiungere atti-vamente ciò che nell’ambiente può soddisfare isuoi bisogni, destrutturandolo secondo la propriacuriosità”8.Per comprendere il significato dello “stare in rela-zione” possiamo analizzare il punto di vista di D.Stern9 secondo il quale a ogni situazione che sipresenta sul piano reale corrisponde una rappre-sentazione mentale: a una relazione reale corri-sponde una relazione di tipo psicologica, fanta-smatica, rappresentazionale. Prendiamo comeesempio la relazione madre/bambino (vedi Figura).Tra il bambino e la madre si instaura ed emergeuna relazione reale, fisica, oggettiva (r), e una rela-zione mentale, psicologica, rappresentazionale,fantasmatica (R); la rappresentazione mentale dellamadre (M.R.) corrisponde alla rappresentazionementale del bambino (B.R.) e viceversa9. E la rap-presentazione non c’è solamente tra madre e bam-bino, ma anche, in generale, tra organismo e am-biente: in questo senso si può credere che il primoambiente per il bambino sia la madre (il genitore,chi si prende cura di lui).

    Un’importante distinzione da farsi quando si ana-lizza il concetto di relazione è quella tra “interazio-ne” e “relazione”10: mentre l’interazione è data daicomportamenti oggettivi madre/bambino, la rela-zione (che è una somma di interazioni, e quindi de-riva dai comportamenti) ha una sua temporalità,storia, memoria, affetto e narrazione.

    Il discorso sulla relazione portato avanti fino a que-sto punto vede come protagonisti principali la ma-dre e il bambino: finalmente (e fortunatamente!!!),da alcuni anni è stato rivalutato il ruolo del padre equindi di tutta la triade M/P/B nel divenire genito-riale tanto quanto della madre (“maternalità”), tantoquanto del padre (“paternalità”)5-11. Un esempio ti-pico della relazione triadica lo possiamo trovarenel gioco del “Ti prendo” che solitamente i genitorifanno con il proprio figlio5.

    Jacopo (11 mesi). Si muove molto bene nell’ambiente,gioca, si diverte quando la mamma si nasconde e all’im-provviso ritorna davanti a lui (per esempio lui si mette agattoni in un angolo della cucina, la madre si nascondedietro l’angolo e improvvisamente si fa rivedere magariurlando “eccomi”).Ma il gioco che più gli piace è quello del “ti prendo”.Jacopo è in braccio al papà, la mamma lo chiama e iniziaa rincorrerlo anticipando la sua rincorsa con la frase “tiprendo”; il papà - che sta al gioco - quando la mamma lorincorre, corre per la casa e con lui fa degli urletti di spa-vento.La mamma continua a dire “ti prendo” e Jacopo - agitato,in braccio al padre - quando la mamma gli dice “ti pren-do” si gira dall’altra parte urlando e ridendo. La rincorsaper la casa continua e la mamma continua a dire “ti pren-do, attento che ti prendo”, “oooccccio che ti prendo” (ve-di Nota 1, a pié di pagina). Così per alcuni minuti, senzacose predefinite ma lasciate al caso che questo momentodi gioco richiede.La madre ripete queste modalità e la frase “ti prendo”:ma le ripete senza seguire un ritmo predefinito. Sta qui lacaratteristica del gioco del “ti prendo”: senza predefinire iritmi e i tempi le madri svolgono questo gioco lasciandolo spazio della “novità” che contrariamente (e cioè se-guendo un ritmo e dei tempi fissi) non avrebbe lo stessoeffetto. Effetto che - a parere di chi scrive - non dipendesolamente dalla madre, o solamente dal bambino, ma dalloro giocare assieme, dalla loro relazione, dalla creativitàche ne emerge. In questo caso l’ambiente viene manipo-lato e sperimentato attivamente grazie alla relazione digioco, un gioco non predefinito ma “dettato” solamentedalla regola della novità e dell’eccitazione.

    Nota 1. Più esattamente - con un suono onomatopeico al gioco che madre e figlio fanno (onomatopeico nel sensoche richiama a una certa “sonorità relazionale”) - la frase “attento che ti prendo”, detta utilizzando il dialetto venetoche parla la madre di Jacopo, è “occio che ti prendo” (con l’allungamento dell’OOOCCCCIO, che tradotto sta proprioa indicare “attento che…”).

    B. ➞ ➞ ➞ ➞ ➞ (r) M.

    B. R. ➞ ➞ ➞ ➞ ➞ (R) ➞ ➞ ➞ ➞ ➞ M. R.

    ➞➞➞➞ ➞

    ➞➞➞➞ ➞

    Relazione reale e fantasmatica tra madre e bambino

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    OLTRE LO SPECCHIONello studio del pediatra:il “problema” dell’allattamento

    Lunedì mattina verso le ore dodici, entra nel mio Studioper la prima volta la mamma di Rachele, una bellissimabambina di appena dieci giorni. Sono accompagnate dal-la nonna materna. Dopo i saluti di rito, inizio la raccoltadei dati anamnestici per la compilazione della cartella eper cercare di iniziare un rapporto che, spero, ci porteràlontano.Subito la mamma mi fa presente un suo dubbio, anzi di-rei una quasi certezza: “Ha sempre voglia di mangiare! Laattacco al seno spesso ma non è soddisfatta ... sa, dotto-re, ho dovuto darle il latte artificiale.” Raccolgo questanotizia e non rispondo: voglio prima accertarmi, attraver-so la valutazione fisica-auxologica, se effettivamente Ra-chele ha bisogno del latte artificiale.La bambina sta benissimo e presenta una crescita ottima(forse anche esagerata!): è cresciuta 600 grammi in unasettimana.“Signora, Rachele sta benissimo, è cresciuta molto bene.Lei ha voglia di allattarla al seno?”“Certo Dottore, se fosse possibile!”Faccio presenti alla mamma i vantaggi del latte maternoe le insegno la tecnica per favorire questa pratica; e sot-tolineo la necessità di accondiscendere agli stimoli dellabambina: “deve attaccarla al seno ogni volta che Rachelelo richiede; anche se dovessero essere dieci volte in unagiornata.”“Certo Dottore, ma così piange spesso! E sa, mio maritolavora di notte e durante il giorno ha bisogno di dormire!”“Sicuro!” interviene la nonna “suo marito non la aiuta mai!E pensare che è stato lui a volere la bambina.”“Si” risponde la mamma “fosse stato per me avrei aspet-tato ancora un po’.”Cerco di ordinare le fila del discorso, sottolineo l’impor-tanza dell’aiuto alla mamma da parte del padre e la invitocomunque a provare a lasciare da parte il latte artificiale:“Per qualsiasi cosa abbia bisogno, mi chiami pure, signo-ra, anche solo per fare due chiacchiere”.La mamma esce soddisfatta: me lo dice l’infermiera chesente gli elogi che la mamma fa del pediatra!Due giorni dopo, tra le tante, ricevo la telefonata dellamamma di Rachele: “Dottore, non ce la faccio! Piangesempre... e poi mio marito... io le do il latte artificiale.”Ho fallito! Ma dove ho sbagliato? Cosa non ho fatto?Dopo una settimana, mentre ancora mi chiedo dove stial’errore, la mamma di Rachele mi richiama perché la pic-cola presenta coliche gassose; consiglio sul da farsi e

    mentre sto per chiudere la telefonata: “Ah dottore, gra-zie! Grazie a lei il latte artificiale lo uso solo come aggiun-ta! E vedesse come Rachele prende il seno! Grazie, ci ve-diamo.”

    La donna spesso si trova ad essere madre da sola:dimessa dal Nido dell’Ostetricia, si trova tra lebraccia questa nuova creatura alla quale è legatada un amore innato e inspiegabile; ma di lui non saniente, non lo conosce, ha bisogno di iniziare acreare una relazione. Di conseguenza accade sem-pre più spesso che questa madre cerchi dal “pro-fessionista del bambino” (il pediatra, l’ostetrica, lapuericultrice, lo psicologo ecc.) quelle parole, quel-le informazioni che chi la circonda non è in gradodi fornirle (da qui il “professionista del bambino”che dovrebbe inserirsi nel contesto relazionale ma-dre-bambino per facilitarlo e favorirlo).Pur essendo per lo più “sole”, le mamme di oggisono però sottoposte a un fuoco di fila di informa-zioni le più svariate sul bambino, sul puerperio,sulla crescita ecc.Tralasciando le informazioni provenienti dai massmedia (l’argomento richiederebbe una trattazionespecifica, magari con un capitolo a parte), possia-mo dire che chiunque incontra una mamma, neiprimi mesi di vita del suo bambino, magari primi-para, scarica sulla poverina una messe di notizie econoscenze (o supposte tali!) il più delle volte va-cue e prive di fondamento sia scientifico che prati-co; e anche quando le informazioni fornite godes-sero di una certa credibilità, la numerosità degli in-put e il modo in cui questi vengono lanciati, creanoconfusione nella mamma: ella si trova completa-mente disorientata e incapace di seguire anche ilsolo istinto materno. Appare dunque evidente co-me il ruolo del pediatra, dell’ostetrica, della pueri-cultrice, dello psicologo (e comunque di chiunquesi occupi di relazione madre-padre-bambino) sia aquesto riguardo estremamente delicato e altrettan-to importante. Se si vuole aiutare la genitorialità ela relazione, si dovrebbe: ascoltare ; fornireun’informazione (chiara e univoca, pratica e com-prensibile, adeguata al momento vissuto), crederein ciò che dice; verificare l’acquisizione dei com-portamenti e degli atteggiamenti, sensibilizzare allatriade M-P-B e quindi supportare il ruolo del padre.

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    Capita sovente di rilevare che latori di informazionivacue e spesso contraddittorie sono i parenti vicinialla mamma, e in particolare le nonne, che condivi-dono con lei l’accudimento del bambino. In questicasi è utile chiedere alla mamma di farsi accompa-gnare da queste persone. Ciò permette di: parlarealla mamma perché la mamma ascolti; fornire allamamma la garanzia delle informazioni in suo pos-sesso: “Non me le invento io le cose! Hai sentito,l’ha detto il pediatra.”È buona norma non lasciare le nonne fuori dallostudio! Potrebbero anche trasformarsi in buonissi-me alleate.

    Da una recente indagine (vedi Nota 2 a pié di pagi-na) risulta che in Italia i bambini allattati al seno alterzo mese di vita sono il 66% sul totale, al sestomese sono il 47% e a dodici mesi solo il 12%. Seda un lato si evidenzia un incremento di tale prati-ca rispetto al 1995 (anno in cui la prima analisi èstata effettuata), da esso emerge anche che la per-centuale di mamme che hanno iniziato tale praticaè pari al 91%.Si evince dunque che una mamma su tre entro iprimi tre mesi di vita del bambino smette di allatta-re al seno. Ciò è dovuto sicuramente a una forteinfluenza mediatica da parte delle industrie produt-trici di prodotti dietetici per l’infanzia; ma anche auna sorta di retaggio storico-culturale che vedenell’allattamento artificiale quasi una emancipazio-ne della donna, un suo liberarsi da un vincolo trop-po stretto con il proprio bambino. Il fenomeno tro-va una giustificazione nella “difficoltà” ad allattareal seno: spesso sono lasciate sole in questa loro“avventura”, non sono supportate adeguatamenteda chi sta loro attorno; anzi sono invitate a desiste-re alle prime avvisaglie di problemi. Proprio in que-sta fase, invece, la mamma ha bisogno di qualcu-no che la aiuti, che la ascolti, che comprenda il suostato d’animo: da un lato vuole fare ciò che è me-glio per il suo bambino, dall’altro è preoccupatadella sua adeguatezza.

    Vittoria è una bellissima bambina, pesa alla nascita 3 kg,con perinatalità nella norma. Non voleva saperne di attac-carsi al seno materno: “Signora” hanno detto alla mammagli operatori del Nido “non c’è nulla da fare! È meglio chedia a sua figlia il latte artificiale”. La mamma, appena di-messa dall’ospedale, si è rivolta al pediatra e ha espostoil problema, non nascondendo il suo grande dispiacere:“vorrei tanto poterla allattare!”.Dopo avere constatato che effettivamente Vittoria rifiuta-va di attaccarsi al seno (e oggi a distanza di tre anni non èancora chiaro il perché), si è consigliato alla mamma disvuotarlo manualmente e dare alla bimba il suo latte conil biberon.Vittoria non ha preso nulla di diverso dal latte materno fi-no al sesto mese, pur senza mai attaccarsi al seno di suamadre. Nel primo mese di vita della bambina i contatti trail pediatra e la mamma sono stati molto frequenti (cira 3-4volte per settimana tra incontri e telefonate).

    Questo episodio pare paradigmatico di quanto sianecessario per promuovere l’allattamento al seno:una mamma motivata; un pediatra convinto; un so-stegno continuo12; l’importanza di far capire la rela-

    zione. Anche in questa situazione sono fondamen-tali la vicinanza con la mamma, l’ascolto, il soste-gno.Purtroppo molto spesso “non solo le conoscenzee le competenze, ma anche l’attitudine degli ope-ratori sanitari si rivelano spesso inadeguate. Essisono spesso disorientati dai loro pregiudizi cultura-li, che li portano a vedere l’allattamento al seno co-me dipendente principalmente dalla volontà delladonna, senza considerare il loro dovere istituziona-le di sostenerla in una scelta consapevole di salu-te. La donna-madre viene iperprotetta, orientataspesso all’allattamento artificiale, mentre l’allatta-mento al seno di per sé dovrebbe portare piuttostoall’affermazione del ruolo familiare e sociale delladonna che allatta. La scelta del tipo di alimentazio-ne del proprio bambino viene sdrammatizzata pernon colpevolizzare la donna (formula e latte mater-no pari sono), mentre si ignora la necessità di pas-sare dalla consapevolezza dei benefici dell’allatta-mento al seno per la donna e per il suo bambino auna sua promozione attiva e non ambivalente”13.

    Eppure già nel 1997 l’Accademia Americana di Pe-diatria ha suggerito gli atteggiamenti che gli opera-tori sanitari dovrebbero tenere per la promozionedi tale pratica: 1) assumere una posizione decisaed entusiasta; 2) promuovere una collaborazionecon l’ostetrica e con le risorse locali e territoriali; 3)migliorare la conoscenza della fisiologia e della ge-stione dei problemi pratici relativi all’allattamento alseno.

    OLTRE LO SPECCHIO

    Nota 2. I dati sono desunti dallo studio PUER 2, coordinato dal prof. M. Giovannini della Clinica Pediatrica dell’Univer-sità di Milano.

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    Aspetti conclusivi

    Da quanto esposto, riteniamo che sia necessarioper gli operatori conoscere gli elementi fondanti larelazione triadica (M-P-B) e far leva su di essi; nontanto forzandoli o cercando di “intromettersi” inessi, quanto, semmai, osservandoli e favorendoli.Una relazione “sufficientemente buona” (parafra-sando Winnicott14) è substrato indispensabile perlo sviluppo e la crescita del bambino; a noi opera-tori il compito di facilitarla e aiutarla a compiersi.In questo senso l’allattamento materno non solo èfavorito e mantenuto da una buona relazione; mapuò esso stesso determinarla e mantenerla.

    Indirizzo per corrispondenza:Pier Luigi Righettie-mail: [email protected]

    Le illustrazioni: l’iconografia può apparire atipica, anzicertamente lo è. Abbiamo voluto mettere in evidenza i di-versi e contraddittori aspetti relazionali (e anche anti-rela-zionali, cominciando dalla figura del titolo), messi in motodalla nascita e dal conseguente richiamo/rifiuto all’istintoall’allattamento.La stampa di Hogarth (Laver J. Stampe popolari inglesi.Milano: Electa Editrice, 1973) sugli effetti dell’alcolismo;le statuette azteche e africane sul parto, sulla relazionemadre e figlio, sulla famiglia numerosa (Rousselot J. Lamedicina nell’arte. Milano: Silvana Editoriale d’arte,1970); la visita alla balia di Silvestro Lega (Mesirca G. Sil-vestro Lega. Firenze: Edizioni d’Arte Il Fiorino, 1985); ilcapezzolo non allattante della stampa giapponese (Kid-der EJ Jr. “Giappone. Arte, storia e civiltà”. Milano: Mon-dadori Electa, 2002) e infine la madre senza capezzoli diFouquet (Skira A. La pittura francese. Ginevra: Editionsd’Art, 1964) illustrano la molteplicità possibile di questerelazioni.

    Bibliografia

    1. Righetti PL, Casadei D (a cura di). Sostegno psicologi-co in gravidanza. Roma: Edizioni Scientifiche Ma.Gi.,2005.2. Righetti A. Mi è nato un bambino: cosa devo fare? In:Righetti PL, Casadei D (a cura di), Sostegno psicologicoin gravidanza. Roma: Edizioni Scientifiche Ma.Gi., 2005:185-194.3. Righetti PL, Sette L. Non c’è due senza tre. Le emozio-ni dell’attesa dalla genitorialità alla prenatalità. Torino:Bollati Boringhieri Editore, 2000.4. Bowlby J. Attaccamento e perdita. Voll. 1-2-3, Torino:Bollati Boringhieri Editore, 1975.5. Righetti PL. Ogni bambino merita un romanzo. Roma:Carocci Editore, 2005.6. Goldstein K. The Organism: A Holostic Approach toBiology Derive from Pathological Data in Man. New York:American Book Company, 1939.7. Perls F. L’Io, la fame, l’aggressività. Milano: FrancoAngeli Editore (ed. or. 1942), 1995.8. Spagnuolo Lobb M (a cura di). Psicoterapia della Ge-stalt. Ermeneutica e clinica. Milano: Franco Angeli Edito-re, 2001.9. Stern DN. La costellazione materna. Torino: Bollati Bo-ringhieri Editore, 1995.10. Stern DN. Il mondo interpersonale del bambino. Tori-no: Bollati Boringhieri Editore, 1987.11. Fivaz-Depeursinge E, Corboz-Warnery A. Il triangoloprimario. Le prime interazioni triadiche tra padre, madre ebambino. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2000.12. Davanzo R. Salute materna e allattamento al seno: sto-ria, miti ed evidenze scientifiche. Atti del Congresso Avve-nimento nascita: percorso integrato feto-neonato-madre-padre. Conegliano, 6 febbraio, 2006.13. Davanzo R. Allattamento al seno e personale sanitario:la formazione è efficace? Medico e Bambino 2002;21(7):443-8.14. Winnicott DW. Dalla pediatria alla psicoanalisi. Firen-ze: Martinelli Editore, 1975.

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