LNP n. 0

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NUOVA PIAZZA www.lanuovapiazza.com numero 0 - agosto 2011. In attesa di registrazione. Stampa presso Pubblidea - Brindisi MENSILE DI INFORMAZIONE POLITICO-CULTURALE

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LNP n. 0 agosto 2011

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NUOVAPIAZZA

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MENSILE DI INFORMAZIONE POLITICO-CULTURALE

La Nuova Piazza.

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Un’altra informazione c’è.

Per il tuo spazio pubblicitario [email protected] - 349.6147304

luglio 2011www.lanuovapiazza.com

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AL VIA LA NUOVA PIAZZAdi Lorenzo CirasinoPresidente Associazione politico-culturale “La nuova Piazza” [email protected]

Nel rivolgere il mio saluto beneauguran-te a “La nuova Piazza”, sento anzitutto il bisogno di fare un plauso a quanti – so-prattutto tra i più giovani, forti di nuove competenze e di entusiastica passione - hanno voluto la (ri)nascita del giornale, come strumento ancora utile e adatto per raccontare la propria Città, sia nei suoi momenti di ripiegamento su se stessa, in preda a paure ed insicurezze, sia nei momenti di coraggiosi slanci verso l’Europa da un lato e verso il Mediterra-neo dall’altro.Obiettivo ambizioso specie se si considera che gli indici di lettura - nel nostro territo-rio, così come nel resto del Sud - di libri, giornali e carta stampata in genere sono molto bassi, mentre tra i giovani prevale la tendenza a far uso delle nuove tecniche di comunicazione affidate al digitale - dai telefonini ai computer - per non parlare poi dei notevoli costi che bisogna soste-nere per la stampa e la diffusione di un periodico.Sono tutti elementi oggettivi che spiegano la scarsa presenza di giornali locali capaci di durare nel tempo. Tra questi è d’obbli-go citare Lo Scudo che, di qui a poco, si appresta a festeggiare il novantesimo an-niversario della sua nascita e al quale ben volentieri facciamo i nostri auguri. L’auspicio è che la presenza di un altro giornale non possa che far bene agli Ostu-nesi, aiutandoli a mantenere vivo l’amore per la propria Città e a guardare con oc-chio critico tutto ciò che si muove intorno.Del resto, se è vero che la ricchezza e l’at-trattività di un territorio si misurano sem-pre meno in termini puramente economici e sempre più in termini di benessere com-plessivo derivante dal grado di istruzione e di opportunità culturali, di partecipazione alla vita politica e sociale ma anche dalla qualità dell’ambiente, della salute e della sicurezza, se tutto ciò è vero si compren-de meglio l’importanza che può avere un giornale nel dibattere e avanzare proposte sulle condizioni generali di vita e di lavoro della propria comunità.Mi piace con l’occasione citare il dr. An-tonio Minna che, chiamato a relazionare in una recente conferenza, organizzata dall’UNITRE, sulla stampa in Ostuni, con-cludeva il suo intervento con queste con-siderazioni:“Conosco personalmente il significato della grande fatica che c’è dietro l’uscita di un giornale e quanto sia impegnativo rispettare le scadenze. Nella nostra città c’è lo spazio per più di un periodico locale e c’è soprattutto l’esigenza di avere la di-sponibilità di una informazione “diversa”.

Diversa da quella offerta dagli strumenti più veloci ai quali non può pretendere di fare concorrenza: i quotidiani, le radio e televisioni, la rete internet. Diversa per contenuti, perché vada oltre la ufficialità dei comunicati degli uffici stam-pa e sapendo che dietro ogni notizia c’è sempre molto altro.Diversa per spirito critico, che è il sale della informazione, in quanto non deve avere il timore di poter essere irriverente nei con-fronti di nessuno, soprattutto di chi svolge un ruolo pubblico o di pubblico interesse.Per concludere, voglio far notare come la quasi totalità dei giornali di “politica ed informazione”, pubblicati a Ostuni, sono nati quando più avvertito è stato il biso-gno del confronto delle idee e dei pro-grammi e quando erano in preparazione cambiamenti sostanziali negli assetti so-ciali, economici e politici.Da qui la domanda finale: ci sono le con-dizioni oggi per la nascita di altri giornali? Direi di sì.”L’auspicio di Tonino Minna, che de “La Piazza” è stato sicuramente uno degli ar-tefici principali, diventa realtà. “La nuova Piazza” , che nasce come As-sociazione politico-culturale, vuole rispon-dere a questi segni dei tempi e offrire , nel confronto con le espressioni più avvertite della società, un contributo a fare migliore la nostra città e chi la abita: sia esso citta-dino, turista, passante.Un obiettivo da perseguire con spirito di servizio e in tutta sobrietà, nello stile pro-prio di chi anima questo progetto, ma an-che con profonda convinzione di quanto possa essere utile questa esperienza.Il giornale, come primo strumento che l’Associazione si è voluto dare, pur richia-mando almeno nel nome una interessan-te esperienza passata che ha lasciato un vuoto da colmare ad oltre 10 anni di di-stanza, nasce ovviamente su altri presup-posti culturali, ma è animato dallo stesso ottimismo e dalla stessa consapevolezza di allora: un vento nuovo ha cominciato a soffiare per l’Italia, inaugurando una nuo-va stagione di valori e di solidarietà, alla quale tutti sono chiamati a partecipare da protagonisti. Un vento nuovo che voglia-mo con forza possa spirare anche nella nostra Ostuni. C’è spazio dunque per chi condivide que-sto progetto e vuole dare il proprio con-tributo a rendere meno precario il futuro di tanti giovani ma anche a (ri)costruire il profilo di una società più viva e solidale, che rifiuti pigrizie, egoismi e chiusure cul-turali, rispettosa delle regole e animata da sete di profonda giustizia.

NUOVAPIAZZA

ei giorni scorsi 100 uomini e donne del nostro paese, alcuni molto noti, altri meno, su proposta di Daria Co-lombo e Roberto Vecchioni, hanno lanciato l'appello a colorare di arancione le nostre giornate anche con un semplice nastrino: un piccolo segnale allegro e demo-cratico per continuare ad alimentare la speranza del cambiamento del nostro paese.

Appena qualche settimana fa l'arancione è stato il colore che ha accompagnato l'elezione di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano, il risultato elettorale più sorprendente degli ultimi mesi, sull'on-da di una straordinaria partecipazione popolare e, soprattutto, di giovani.Anche il nostro giornale ha il suo tratto di arancione: non tanto per civetteria politica quanto perchè davvero convinti che solo una nuova stagione di protagonismo diffuso di cittadini, accanto all'impegno delle forze politiche democratiche e riformiste, può far nascere una nuova stagione per l'Italia, migliore di quella che si appresta a chiudersi rovinosamente.E poi perché è un colore che ci piace molto, che trasmette vitalità e simpatia: e noi vorremmo tanto esserVi simpatici!

Un tocco di Arancione....

N

la notte di san giovanni

Il sole in questo periodo sembra fermarsi,

sorgendo e tramontando sempre

nello stesso punto sino al 24 giugno.

In questa festa, secondo un’antica credenza

il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua).

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6 8 14 16di Paola Cirasino

L’INTERVISTA: UN NUOVO PORTO TURISTICO A OSTUNI

WELCOME TO THE HOTEL LA FAZENDA

OSTUNISHIRE: UNA COMUNITÀ DI INGLESI AD OSTUNI

RITRATTI: L’UOMO CHE CAMBIÒ OSTUNI

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a cura della redazione di Giuseppe Moro

foto di Marcello Carrozzo e Marta Tomaselli

di G. M.

foto di Marcello Carrozzo

“Scrivi al direttore” “Write to the editor”

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la notte di san giovanniFUORI TERRA: L’ANGOLO DELLA TRADIZIONE:

LA STORIA DE LA “LA FICA”

26 28“OCCHIO ALL’INDIFFERENZA”

di Lorenzo Cirasino

direttore responsabile

Nicola [email protected]

editore

Associazione La Nuova Piazza

fotografia

Marcello Carrozzo - PhotoeditorMarta Tomaselli

progetto grafico

Letizia Taveri

stampa

Pubblidea Brindisi

redazione

Vincenzo Cappetta, Michele Carriero, Lorenzo Cirasino,Giuseppe Moro e Maria Concetta Nacci

hanno collaborato:Jack Birner, Paola Cirasino, Angela Fattore, Antonio H., Silvestro Iaia, Danilo Santoro

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LANUOVAPIAZZA5

NEL PROSSIMO NUMEROOspedale Brindisi Nord: un limite o un’opportunità?

Nel prossimo numero tratteremo un tema che sembra aver appassionato le comunità della parte nord della provincia di Brindisi, ma soprattutto le Amministrazioni Comunali, Ostuni in capo: l’ipotesi di una riprogramma-zione dell’offerta di servizi sanitari, attraverso la razionalizzazione dei centri operativi dei comuni di Ostuni, Fasano e Cisternino. Ospiteremo opi-

nioni diverse di amministratori locali e regionali e di operatori della sanità, mettendo a confronto chi pensa sia una scelta troppo onerosa e non fun-zionale la realizzazione di un nuovo ospedale e chi ritiene vadano supe-rate le attuali strutture, in parte ve-tuste, per realizzarne una più grande e di eccellenza. Verranno pubblicati i dati di un sondaggio, che la redazio-ne somministrerà nei prossimi giorni agli ostunesi, dal titolo: ma tu ti fare-sti curare presso l’ospedale di Ostuni? I risultati nel prossimo numero.

di Jack Birner

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UN NUOVO PORTO TURISTICO AD OSTUNI Intervista al Presidente d’Italia NavigandoErnesto Abaterusso

Si legge nei vostri “valori” che: “l’ingresso di Italia Navigando nel comparto del turismo nauti-co si pone quale intervento IN-NOVATIVO per il coinvolgimento nel progetto di enti, imprendi-tori e associazioni di categoria, portatori di interessi inciden-ti, che condividono i medesimi obiettivi di sviluppo della risorsa turismo”. Fare “rete” oltre che un valore pare essere anche un grande obiettivo della vostra corporate?

Aumentare l’offerta di infrastruttu-re e servizi dedicati ai diportisti è il presupposto necessario per attrarre nuovi e più consistenti flussi turistici nazionali ed internazionali. Occorre poi creare un circuito commerciale che sfrutti al meglio gli investimen-ti. Con il nostro brand “Rete Italia Navigando” creeremo nei porti, partecipati ed aderenti alla rete, un network del turismo nautico. Non solo ormeggi. L’obiettivo è fare rete con i cantieri navali, con il comparto del rental, con i diving center, con le scuole vela e gli altri sport nautici, con gli esercenti dello shopping, del food e del personal care.

A proposito di “rete” i vostri progetti mirano “a modernizza-re i valori tradizionali del turi-smo nautico, promuovendo l’ar-te, la cultura, le bellezze naturali e paesaggistiche sia delle locali-tà costiere sia delle destinazioni turistiche dell’entroterrra”, in un’operazione di rafforzamento e rilancio dell’immagine del turi-smo nautico italiano sui mercati internazionali. In che modo rea-lizzate tutto questo?

Fruire della risorsa mare e per il proprio tempo libero non vuol dire solo navigare o fare un’escursione diurna ed ormeggiare. I porti non più luogo di solo approdo ma via di penetrazione del territorio per fru-ire delle innumerevoli emergenze paesaggistiche, architettoniche, cul-

turali ed enogastronomiche dell’en-troterra. Per rilanciare l’immagine del turismo nautico saremo presenti non solo nelle tradizionali fiere in-ternazionali di settore ma stiamo pensando a qualcosa di veramente innovativo per tutto il turismo nau-tico. Un prodotto web multilingua, con contenuti fruibili anche su Imo-bile ed Ipad, che agevolando la fru-izione virtuale della risorsa mare – dalle coste, alle spiagge, ai porti alle mete marine e dell’entroterra – fun-ga da acceleratore dello sviluppo.

Sempre sul vostro sito, si legge, che “In Italia la portualità turisti-ca è stata caratterizzata da:insufficienza delle strutture e dei servizi portuali in relazione al parco nautico ed alla popo-lazione residente, disomogenea distribuzione dei posti barca,

“Occorre continuare con l’impegno congiunto, così come è stato sinora, tra Italia Navigando, il Comune e la Regione Puglia”.

l’intervista

Il presidente d’Italia NavigandoERNESTO ABATERUSSO

luglio 2011

a cura della redazione

concentrati prevalentemente nel centro-nord, concentrazio-ne dei posti barca al centro nord in strutture di grandi e medie dimensioni, frammentazio-ne dell’offerta al centro sud in strutture di piccole e medie di-mensioni”. Quanto hanno inciso o continuano ad incidere sul no-stro turismo, soprattutto qui nel Sud Italia, disservizi di questo tipo? Come la vostra corporate intende sopperire a questa “cat-tiva” gestione?

Sono disservizi che hanno inciso ed incidono tuttora e non può essere solo la nostra società, con il turi-smo nautico, a colmare il divario con le regioni del centro nord. Pos-siamo impegnarci per recuperare e rilanciare le infrastrutture esistenti, fare partnership con operatori in-teressati alla gestione dei servizi portuali e complementari, avvicina-re alla nautica i potenziali fruitori con servizi adeguati e prezzi equi e trasparenti. In poche parole far crescere correttamente il mercato. Occorre, però, il contemporaneo impegno degli enti locali, delle as-sociazioni e degli altri operatori tu-ristici. Fare sistema per lo sviluppo turistico del centro sud.

Tra i vostri, maggiori, successi si annoverano la realizzazione dei porti della Marina di Brin-disi, Capri, Policoro, Portisco, Procida, Taranto, Teulada e Villa Igiea ed il porto a secco di Cala dei Normanni. Tra i nuovi inve-stimenti in programma c’è Villa-nova di Ostuni: come è matura-ta questa scelta?

Ostuni è una delle perle di Puglia e Italia Navigando non poteva tra-scurarla. La conoscenza del Sindaco Tanzarella e del Senatore Tomasel-li, il loro impegno quasi pressante, hanno fatto il resto.

A quale fase di progettazione/cantierizzazione è il porto del-

la Marina di Ostuni. Quali gli obiettivi per questo nuovo por-to? Su quali punti di forza pun-terete maggiormente?

Alla luce di un lungo confronto con gli uffici della Regione su problemi relativi all’impatto ambientale e su un possibile diverso utilizzo dei fondi Cipe, stiamo procedendo ad una rimodulazione del progetto presentato. Entro i primi di settem-bre verrà pubblicato, il nuovo pro-getto meno costoso, meno invasivo e, quindi, degno di una procedura veloce che dovrebbe portare alla sua approvazione entro la primave-ra prossima.

In base alle vostre analisi, in fase di progettazione, che tipo di turismo pensate che possa avere la Marina ostunese con la nascita del nuovo porto?

Due gli obiettivi: servire meglio il mercato target attuale – medie e piccole imbarcazioni – e attrarre il diportismo delle imbarcazioni di fascia medio alta, senza peraltro sognare la chimera di mega e giga yacht. Sono sufficienti le unità da diporto fino a 20/21 metri di lun-ghezza.

Secondo Lei con la realizzazio-ne di tale porto, Ostuni e il suo turismo potranno ambire ad obiettivi ancora più ambiziosi nella competizione nazionale ed internazionale?

Ostuni con il nuovo porto potrà diventare una perla del turismo nautico ma affinché non resti una singola perla ma diventi parte di una collana di perle occorre con-tinuare con l’impegno congiunto, così come è stato sinora, tra Italia Navigando, il Comune e la Regione Puglia. Ci sono tutte le condizioni perché Villanova di Ostuni diven-ti il Porto di punta della rete che Italia Navigando sta costruendo in Puglia.

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UN NUOVO PORTO TURISTICO AD OSTUNI l’intervista

pianta tridimensionale del porto turistico

luglio 2011

speciale: emergenza immigrati

Il viaggio dal Mali, all’Italia passan-do per il Senegal, il Burkina Faso, la Nigeria e la Libia costa intorno ai 1.500/2.000 dinari. Lo stesso vale per chi decide di partire dal Paki-stan, passando per l’Iran, la Turchia, la Grecia ed infine l’Italia. Sono della Sierra Leone, del Ghana, del Paki-stan, dell’Iran, del Mali, del Senegal, della Guinea, della Guinea Bissau, della Costa d’Avorio, della Tunisia, dell’Algeria. Sono i migranti del nuovo millennio. Sono più semplice-mente il conto salato che l’Africa ci sta chiedendo dopo secoli di depre-dazioni occidentali. Bussa forte l’e-mergenza. Hanno 24, 25, 26, 34, 35 anni, sono uomini e donne. Cercano lavoro, o semplicemente una vita di-versa da quella di origine. Sono ad Ostuni, dal mese di maggio. Sono all’albergo “La Fazenda”, in piena zona industriale. Alle pendici della città bianca. Per accedere alla strut-tura bisogna infrangere un divieto d’accesso. L’inaccessibilità è un se-gno premonitore, forse. Sono un’ot-tantina. 32 di essi sono già muniti di permesso di soggiorno, 9 richiedenti asilo politico, e i restanti sono in at-tesa di un permesso di soggiorno. Un permesso verso la gloria, verso una nuova vita. Oltre la notte. Sono passati circa venti anni dall’ul-tima volta che la nostra città ha do-vuto affrontare una tale emergenza. All’epoca, nel 1991 erano i fratelli albanesi a chiedere soccorso. Anda-vano via dalla loro terra in fiamme, dopo la cacciata del suo despota Oxa. A poco meno di 8 ore di na-vigazione c’era “l’Amerika”: l’Italia. Molti di loro arrivarono e furono prontamente accolti dalla comunità ostunese. Furono collocati nel centro cittadino in via G. Rossetti, lì dove un tempo c’era il carcere. In poche ore si attivò un movimento spontaneo, una rete della solidarietà. Tant’è che Ostuni pochi mesi più tardi fu insi-gnita dell’importante titolo di “città della pace”. Venti anni più tardi tut-to è cambiato. Sono passati più di

due mesi dall’arrivo degli ottanta im-migrati ma nessuno in città avverte l’esigenza di mantenere alto il livello di quel premio ricevuto per grandi meriti non meno di venti anni prima. Qui non c’è politica di integrazio-ne che tenga. Il segnale di distacco che ovviamente non è solo della co-munità ostunese è ormai il segnale lampante del senso di normalità che dà un’emergenza del genere. Siamo all’assuefazione.. Si chiami Ostuni o meno. Non fa la differenza. E se probabilmente a qualcuno 20 anni fa fu fatta la domanda: “ma tu sei razzista? Dammi una risposta tra 20 anni”, quella risposta oggi è nei fatti.L’hotel “La Fazenda” mai fu così tanto popolato come lo è dal mese di maggio. 24 camere, una piscina rigorosamente coperta da un telone. Un piccolo piazzale antistante. Ed ecco a voi l’Hotel dell’emergenza. I gestori, più volte durante il nostro colloquio mi ripetono: “siamo sta-ti abbandonati al nostro destino”. Come dargli torto. I gestori dell’al-bergo, marito e moglie, ripetono continuamente i loro compiti ben definiti e scritti su di una circolare ministeriale: vitto e alloggio. Ma qui le responsabilità vanno ben oltre. E quindi capita di seguire con atten-zione chi è tornato dalla degenza in ospedale, o di segnalare situazioni di salute precarie, o peggio ancora li-mitare situazioni pericolose di ordine pubblico.L’albergo “La Fazenda” è stata l’u-nica struttura ricettiva locale ad aver raccolto nel maggio scorso l’invito della Protezione civile, per il piano “straordinario” regionale di acco-glienza.Al di là del muro trovi loro. Quelli che sono arrivati in Italia dopo un’o-dissea interminabile e non sanno nemmeno che la città che li ospita si chiami Ostuni ed è “la citta bianca”. Per loro è solo un’oasi nel deserto. La loro vita nella maggior parte dei casi è stata tormentata da guerre, da difficoltà economiche, da perdite fa-

“Ho trovato le mie risposte, per me le stelle si sono accese per guidare il cammino degli uomi-ni, la loro fantasia, i loro sogni, per insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quan-do è buio”. Le parole di Mario Calabresi e del suo ultimo libro “Cosa tiene accese le stelle”, ri-echeggiavano nella mia mente domenica 19 giugno all’interno dell’albergo “la Fazenda”. Nel buio pesto dell’indifferenza una stella ha illuminato il cammino di un uomo. Di un giovane uomo. Abdoulaziz. Un nome come tanti. 18 anni. È scappato dalla sua terra di origine, la Guinea. Si è presentato dicendomi “I’m

Welcome to the hotel

“LA FAZENDA”

“Il mio auspicio è che

la lezione del passato

possa tradursi in un

insegnamento

per il presente,

rafforzando

quell’antica attitudine

all’accoglienza, all’asilo

e alla solidarietà

che appartiene

ai valori autentici

del nostro popolo”.

E’ quanto scrive il Presidente della Repubblica, Giorgio Napo-litano, nel messaggio inviato al Direttore generale, mons. Gian-carlo Perego e a tutti i presenti, in occasione della presentazione del “Rapporto Italiani nel mon-do” promosso dalla Fondazione Migrantes e dalla CEI, dedicato quest’anno al tema “1861-2011: Centocinquant’anni di unità e di emigrazione”.

“sono uomini e donne... piroscafi e bandiere...viaggiatori viaggianti da salvare…” “I treni a vapore” Ivano Fossati - 1993

LANUOVAPIAZZA 8agosto 2011

c o n t i n u a a p a g 1 1

a cura di Giuseppe Moro

foto di Marcello Carrozzo e Marta Tomaselli

football player”. E mentre disegna-vo sulla mia moleskine un campo da calcio , Abdoul mi ha detto “seven position” indicandomi la zona late-rale destra del mio disegno. Un’idea del calcio primordiale. Il numero set-te sta per ala destra. Nel calcio eu-ropeo inflazionato dal business delle tv e del merchandising i numeri di maglietta dei giocatori non corri-spondono più alla loro posizione in campo. In Guinea invece ancora si! Abdoul ha avuto coraggio e fanta-sia. Ha trovato degli amici che gli da-ranno una mano a realizzare il suo sogno. Giocare in Italia. “Il ragazzo si farà” cantava De Gregori, anche i suoi amici ne sono convinti. Non nutriamo aspettative. Abdoul potrà

essere anche un fenomeno, a noi importa, che lui esca dal buio pesto della notte. Ha bisogno di rinascere. Di vivere. Tra pochi giorni partirà per la preparazione con le giovanili di una squadra professionistica che ha

subito creduto in lui. Anche quando è buio non bisogna tenere la testa bassa, c’è sempre una buona stel-la in cielo che illumina il cammino. Abdulaziz ala destra. La sinistra ce la mettiamo noi.

I’M FOOTBALL PLAYER!

“Cosa tiene accese le stelle?” di G. M.

LANUOVAPIAZZA9agosto 2011

LANUOVAPIAZZA 10agosto 2011

speciale: emergenza immigrati

LANUOVAPIAZZA11

miliari. Sono in media trentenni, ma hanno il volto maturo e gli occhi di chi ne ha viste davvero tante. Di tutti i colori. Alcuni di loro portano con se la tristezza di una vita certamente difficile. Tutti parlano correttamente l’inglese, molti di loro anche il fran-cese. Anche chi si definisce carpen-tiere o pittore o agricoltore parla correttamente almeno una lingua diversa da quella della propria terra di origine. È la dimostrazione che è gente che conosce. Sa con precisio-ne che l’Italia non ha molto da dare a loro, ma loro ci sono. Vogliono la-vorare, vogliono portare qui le loro mogli i loro figli. Vogliono costruire qui la loro famiglia. C’è chi è lau-reato e chiede di poter lavorare in campagna o fare il muratore. Non badano a sacrifici. Del resto è gen-te che è vissuta anche con poco più di 3 euro al giorno. Sanno cos’è la fame. Li riconosci se sono del magh-reb o del mashreq dal colore della palla di cuoio con cui giocano. Nel-la comunità della fazenda ci sono quindi più comunità. Ognuno con le proprie credenze religiose e con la propria cultura. È il bello dell’Africa. Riescono a convivere tutti assieme. Riescono a rimanere uniti seppure nelle differenze. Riescono a fare fe-sta e ad essere felici per un piatto di “maccaroni”. Sono ospitali nel loro piccolo ti cedono la loro sedia per farti sedere. Nei loro occhi leggi il ri-scatto sociale. Sono pronti a darsi da fare. Però probabilmente questa non

è “l’America” che desideravano.Certamente la loro vita dopo i brevi e scarni dialoghi scambiati nelle po-che ore trascorse giù da loro non è cambiata di un millimetro, la mia in-vece si. Il senso di impotenza nel non saper rispondere alle loro domande è fortissimo. Perché non ho un paio di scarpe, perché non ho i farmaci che mi servono per curare la mia malattia allo stomaco, alla coliciste, alla testa. Siamo alle prese con una situazione di emergenza sotto casa nostra e non sappiamo o facciamo finta che essa non ci sia. Le domande da fare sono davvero tante. È indubbio che qui ognuno degli addetti ai lavori, ha giocato male questa partita. O meglio c’è chi non l’ha giocata per niente. Dopo un mese, dalla nostra prima vi-sita (21 maggio), siam tornati nell’al-bergo dell’emergenza, attirati dalle violenti baruffe che si sono succede-te, ripetutamente, nelle notti del 17, del 18 e del 20 giugno. Una tragedia annunciata. Ma soprattutto 80 per-sone lasciate al loro destino.Abbiamo raccolto le dichiarazioni del titolare dell’albergo. Pronto a gettare la spugna. “L’impianto ri-cettivo non è più nelle condizioni di continuare ad offrire ospitalità ai profughi”. A microfoni spenti mostra tutta la sua delusione. Mentre ci parla si sor-regge il capo con le mani. È scon-volto dalla presenza del suo albergo su tutte le pagine dei giornali locali,

per i noti fatti di cronaca. “Ho sba-gliato, - continua - non avrei dovuto aderire al Piano regionale di acco-glienza. Lo dico con amarezza, aven-do offerto la mia disponibilità con l’assoluta convinzione che era utile spalancare le porte alla solidarietà. Ma qui ormai è un caos inaccettabi-le, in attesa dei permessi definitivi di soggiorno. Ho messo la struttura a piena disposizione della Protezione civile, ma sono stato lasciato solo a gestire questa emergenza, ricevendo sino ad oggi soltanto danni evidenti. A queste condizioni non è possibile andare avanti. La struttura è al col-lasso”. Sono parole di disperazione. Di una persona per bene, che ha sa-crificato in queste settimane risparmi di una vita pur di poter sopperire agli evidenti inadempimenti di chi aveva garantito un gettone di sostegno pro capite per ogni ospite della struttura. È evidente però che i fatti avvenuti dimostrano la difficoltà di operatori certamente non pronti ad una situa-zione straordinaria. Gli unici sem-pre presenti accanto al titolare della struttura sono i vigili urbani. Mattina pomeriggio e sera raccolgono le pre-senze degli ottanta ospiti. E gli altri? Non è dato sapersi.

Mentre il giornale viene chiuso in re-dazione apprendiamo che “l’emer-genza immigrati ad Ostuni” è in via di risoluzione, in quanto metà ospiti, circa 40 subsariani, sono stati accolti in altre strutture del Paese.

Welcome to the hotel “la Fazenda”

agosto 2011

notare quanto assurda sia, delle vol-te, la modalità di applicazione; ma le complanari non erano state pen-sate per decongestionare il traffico lungo la Statale, non erano state progettate proprio per evitare che i residenti dei villaggi presenti lungo il litorale si riversassero proprio sulla Statale, non erano state realizzate proprio per limitare il rischio di inci-denti …. bene! E allora proprio non si capisce il perché di una scelta scel-lerata di questo tipo, proprio non si capisce il perché non si sia potuto dare un termine alle stazioni di ser-vizio per potersi adeguare, proprio non si capisce il perché almeno in questo caso, dove palesemente il buon senso dovrebbe prevalere so-pra ogni altra cosa, non si capisce il perché si debba osservare a tutti costi una normativa, una procedura, una semplice indicazione dell’ANAS … e tutto questo in barba alla sicu-rezza. Intervenga immediatamente e con fermezza il Comune, la Pro-vincia, la Regione, la Società Civile, la Comunità tutta. È una circostanza che non ci può lasciare indifferenti, smettiamola di accorgerci dei pro-blemi quando è ormai troppo tardi, facciamo prevalere il buon senso, la logica, la razionalità e con una sana disobbedienza istituzionale provia-mo a dare risposte concrete a chi evidentemente non riesce a guarda-re al di là del proprio naso, al di là delle proprie scartoffie.Pochi giorni fa è stata presentata dal Senatore Salvatore Tomaselli, un’interrogazione al Ministro delle Infrastrutture sui gravi disagi che si stanno verificando a seguito della chiusura disposta dall’ANAS dei var-chi che consentivano fino a pochi giorni fa l’accesso dalle complanari alle aree di servizio e distribuzione carburanti lungo la SS 16 e SS 379 Bari-Brindisi.In particolare sono colpite le varie località di mare tra Fasano, Ostuni, Carovigno e Brindisi, particolarmen-te affollate in vista dell’estate. “La chiusura di tali varchi sta procuran-do gravissimi disagi agli utenti, con un aumento del traffico di origine locale lungo le strade statali cita-te classificate come superstrade e di grande frequenza sia di traffico leggero che di traffico pesante; ho chiesto al Ministro delle Infrastrut-ture come intenda, alla luce delle considerazioni sopra richiamate e ricorrendo anche a specifiche diret-tive all’ANAS, sanare tali contraddi-zioni e regolamentare la presenza di tali varchi tra le aree di servizio che insistono su strade statali e le relati-ve complanari”.

Ai lettori non sarà sicuramente sfuggito il drammatico bilancio di vittime della strada degli ultimi giorni. Uno stillicidio senza fine, a cui sembra non potersi porre ripa-ro, aumentano le auto, le moto, le mini-car. Una stagione estiva ormai iniziata, che promette alle giovani generazioni rinnovate emozioni. Ostuni presenta circa 18 km di co-sta e 9 villaggi turistici ad elevata densità abitativa, la sola Rosamarina conta mediamente 10.000 abitan-ti. Si contano in qualche migliaio i motocicli e le mini-car dei ragazzi, per non contare le automobili dei residenti, che da qualche settimana trovano chiusi i varchi per l’accesso, dalle complanari, alle stazioni di ser-vizio presenti lungo la Strada Stata-le Bari-Lecce. Il rispetto della Legge prima di tutto, ma non si può non

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STATALE E COMPLANARIuna storia infinita

Gestione rifiuti: ad Ostuni si cambia. Molti sussurrano. Finalmente. La società Enerambiente, che ormai da di-versi anni gestiva il servizio di rifiuti nella città bianca, ha definitivamente chiuso ogni rapporto, almeno lavo-rativo, con il Comune di Ostuni. Fine delle proroghe. Inizio, forse, di una lunga battaglia legale. Dal prossi-mo autunno, intanto, si cambia. Il rinnovamento sarà totale. Nuova azienda e nuova modalità di raccolta: la famigerata “porta a porta” sarà realtà anche ad Ostuni. Fino al prossimo 27 agosto ad occuparsi della gestione ordinaria dei rifiuti sarà la cooperativa Cns di Bologna, chiamata a coordinare il servizio da parte della ditta Nadita Srl di Bari. Un mini-appalto per veni-re incontro alle esigenze quotidiane, ma soprattutto all’ormai avviata stagione estiva. Ad essere interessata sarà, così, anche la marina di Ostuni. Tutto ciò in at-tesa della gara quinquennale che segnerà la definiti-vamente la svolta in questo ambito, e che partirà da ottobre. Una radicale rinnovamento invocato più volte dagli oltre 60 lavoratori, che negli ultimi mesi hanno dovuto far fronte ai numerosi inconvenienti creati dall’ Enerambiente. Difficile dimenticare quanto accaduto alla vigilia dello scorso Natale, quando la città bianca improvvisamente si ritrovò sommersa dai rifiuti per lo sciopero indetto dai dipendenti della dell’azienda ve-

neta. Solo l’intervento in prima persona del sindaco, Avv. Domenico Tanzarella, scongiurò problematiche igienico- ambientali maggiori. Lo stesso Comune di Ostuni, poi, durante gli ultimi mesi si è fatto carico degli stipendi dei lavoratori, attingendo dalle somme già trattenute sul canone spettante alla società visto i continui ritardi dell’Azienda. Stipendi, ma non solo. L’ Amministrazione Comunale, ha inoltre a proprie spe-se ottemperato economicamente alla manutenzione e copertura assicurativa dei mezzi meccanici,al paga-mento dei fornitori, trattenendo in bilancio anche i sol-di necessari per la copertura dei contributi non versati dalla società e del Tfr maturato. Un braccio di ferro tra il Comune e i vertici della ditta iniziato lo scorso ottobre. L’ennesima proroga, e la revisione del canone che il Comune doveva corrispondere all’ Enerambien-te, sembrava avesse placato gli animi. Tutto ciò, invece è stato “spazzato via”, è il caso di dirlo, dal venir meno degli accordi ratificati: prima fra tutti la mancata pre-sentazione della società veneta del Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva), strumento necessa-rio per poter ricevere somme di denaro dalla Pubblica Amministrazione. E tra un contenzioso ed un altro da sottolineare come i lavoratori nonostante le turbolenze hanno continuato il loro operato, e quindi effettuato quotidianamente il servizio di raccolta con le sole ga-ranzie e costanti rassicurazioni del Comune. Ora però diatribe e scioperi dovranno per forza di cose essere lasciati definitivamente alle spalle. Dalla prossima gara d’appalto quinquennale, 10 le società partecipanti, dovrà uscire un‘azienda che metta al primo posto un servizio efficiente ed il rispetto dei normali diritti di ogni lavoratore.

Gestione rifiuti :

agosto 2011

attualità

di Michele Carriero

di Danilo Santoro

conoscere gli incantevoli posti della Masseria e non solo...Masseria Morrone è lì. In cima ad un poggio, tra le colline. Di fronte, la piana degli ulivi e l’orizzonte marino.Prima della “notte” una piacevole sorpresa, una pre-serata dalle emo-zioni forti. Un’escursione mozzafiato. Da Masseria Morrone al Parco arche-ologico e naturalistico di Santa Maria D’Agnano. Nel mezzo un percorso solcato da strade strette e vecchie, in terra battuta, sterpaglie e pietre. Eccoli i luoghi della “fuga discreta dei nati in

città”. Centinaia di persone si sono imbattuti nella fauna selvatica. E, du-rante il percorso, cicale, civette e gril-li hanno scandito il tempo. I passi di chi era più avanti nel gruppo hanno segnato il cammino. L’unica traccia “umana”: le cartucce dei cacciatori.“I nati nelle città” hanno cercato, con determinazione, di risalire i cri-nali dai quali i nonni fuggirono per povertà e per voglia di moderno. Di tanto in tanto scorgi i trulli saraceni. Mimetizzati nella natura.Ti si staglia-no dinnanzi agli occhi solo quando gli sbuchi davanti. La murgia meri-

dionale.Arrivati al Parco, il gruppo locale di maggiore tradizione di musi-che e canti popolari della città

bianca “Gruppo Folk - La Stella” dà il benvenuto ai viaggiatori. Poi sarà la grotta del Parco, la “grotta della maternità”, a far da padrone e calamitare i tanti curiosi. In pochi minuti si crea una coda interminabi-le nei pressi della grotta. Gli ospiti, attesi per una cena dai prodotti tipici e della cultura culina-ria a dir poco emozionante. D’altri tempi. Dai “Pomodoro della Regina Giovanna di Torre Canne” al grano duro delle orecchiette della varietà “Senatore Cappelli”, passando per “l’oro” di questa parte di Terra: l’o-lio millenario.Una notte particolare, che ha deli-ziato le papille gustative, e non solo quelle. Ma soprattutto ha dato un ampio respiro ad un territorio, quel-lo di Ostuni, così tremendamente variegato. Ricco di tante particolari-tà che gli stessi nativi, me compreso, non conoscono. “Un’altra Ostuni”. Così ricca di tra-dizioni. Così millenaria. Così eterna.

LANUOVAPIAZZA13agosto 2011

MASSERIE SOTTO LE STELLE

In uno scenario maestoso e poco antropizzato quale è quello dei colli ostunesi si è svolta, sabato 18 giu-gno, la prima “notte bianca delle masserie didattiche”, pres-so Masseria Morrone. Promosso dalla regione Puglia. Organizzato dalla condotta locale di Slow Food “Piana degli ulivi”, in collaborazio-ne con il Parco Naturale Regionale delle Dune costiere, gli operatori della Masseria Morrone e l’Asses-sorato alle Risorse Agro-Alimentari della Regione Puglia. Un invito alla scoperta della natura e della cultu-ra gastronomica della Puglia intera. Rivolto a chi crede nell’economia locale, sostenibile, e considera il cibo primo motore del cambia-mento. Per una “notte” i produt-tori del territorio hanno potuto raccontare cosa fanno e quanto sia importante il proprio lavoro per l’intera comunità, testimoniando la propria esperienza, in una sorta di “granaio della memoria” messo a disposizione di centinaia e centi-naia di visitatori, che hanno potuto

La fuga discreta dei nati in città.

"LO SAI CHE:

Nelle tracce dei temi per la Ma-

turità i consulenti del Ministe-

ro dovrebbero sapersi mettere

nella prospettiva culturale degli

studenti. Alla prima prova di

italiano (22 giugno) la maggior

parte degli studenti italiani (il

42,7%) ha scelto il saggio breve,

Socio-economico, "Siamo quel

che mangiamo?". Tra un brutto

Ungaretti e i soliti anni Settan-

ta vince il tema sul cibo. Vince

lo "Slow Food". Tra gli spunti,

l'iniziativa della quinta sessione

del Comitato intergovernativo

dell'Unesco, che ha iscritto la

dieta mediterranea nella lista del

patrimonio culturale immateriale

dell'umanità. E riflessioni sulla

politica alimentare, sulle abitudi-

ni al consumo degli italiani, sulle

conseguenze sulla salute di uno

stile di vita sedentario".

attualità

a cura di G.M.

REGIONE PUGLIA

Fine seconda guerra mondiale. L’Italia finalmente è libera. Fra i tanti prigio-nieri di guerra sparsi per l’Europa e per il Mondo vi era anche l’ostunese Angelo Zurlo detto “Likkio de Seppe Tise”, classe 1914. Dopo tre anni di completo silenzio finalmente il suo nome comparve fra le liste di chi do-veva tornare a casa. L’aspettava la moglie Stella, che non aveva mai per-so la speranza di riabbracciarlo, due figli piccoli, i genitori e uno stuolo di fratelli, sorelle e cognati. Suo padre, Vincenzo “de Seppe Tise”, subito ordinò agli uomini di casa di provve-dere all’acquisto di una giumenta da traino. Come si diceva in gergo biso-gnava celermente “metterla sotto” ossia addestrarla al traino del carro da trasporto. In modo che al ritorno di “Likkio” potesse fin da subito iniziare a lavorare per mantenere la famiglia e riprendere una vita normale. Non ci furono esitazioni, in pochi giorni fu acquistata, nella città di Martina Franca, la più bella e forte giumenta. In pochi mesi, dall’aprile del 1945 al dicembre dello stesso anno data del ritorno di “Likkio” a casa, la bestia era pronta a lavorare.

La nostra regione, negli ultimi anni sta prendendo il posto della Toscana nel cuore degli abitanti della “perfida albio-ne” al punto da poterla chiamare Pu-gliashire. A dare il via a questa tendenza hanno contribuito le belle e lunghe esta-ti, i prezzi ragionevoli delle abitazioni, sia rurali che in città, la cucina genuina e ricca di ingredienti freschi, la cordialità ed il carattere gioviale ed accogliente dei pugliesi.Anche la nostra città si riempie sempre più di inglesi, attratti dalla bellezza del nostro centro storico, dalle case dipinte a calce, dal mare la cui vista è onnipre-sente dalle terrazze delle loro abitazioni, dall’argenteo movimento delle foglie degli ulivi secolari mosse dal vento del

nord, dall’architettura dalle forme semplici, dal clima.Ad Ostuni moltissime sono le agenzie immobiliari specializzate nelle ven-dite di proprietà agli inglesi. Agli inizi i loro interessi sono stati rivolti so-prattutto all’acquisto di trulli, spesso nelle campagne più isolate e remote. Hanno acquistato, con stupore della gente locale, lamie e trulli , spesso cadenti e diroccati, operando ristrutturazioni del tutto rispettose del nostro habitat. Amano molto la campagna, imparano a coltivare i nostri ortaggi e le nostre piante, carpiscono i segreti ai contadini del posto, si attrezzano di strumenti per la coltivazione della terra , la nostra terra rossa che così tanto li affascina.Man mano l’interesse all’acquisto di una proprietà qui a Ostuni si orienta anche verso le case in città, spesso nella zona del centro storico e nelle sue zone limitrofe. Visitare una delle loro case è un’esperienza da farsi per poter capire come hanno saputo coniugare la nostra essenza mediterranea con il loro stile, creando un mix di ineguagliabile semplicità ed eleganza. E’ molto interessante vedere come nel loro buen retiro alcuni di essi si siano inventati coltivatori diretti. Un mio amico produce olio di oliva, con molitura a freddo e conservato rigorosamente in bottiglie di vetro scuro.Un giorno ho visitato la proprietà di uno dei miei tanti amici inglesi qui residenti, una casa di campagna a numerosi km di distanza dal centro della città. Tra le varie aiuole coltivate a fiori ed ortaggi, tra gli ulivi ed i mandorli, una striscia di terra incolta piena di erba e fiori spontanei . Ho chiesto al mio amico la ragione di quella striscia di terra non coltivata, mi ha risposto che l’aveva lasciata così perché gli ricordava la brughiera inglese a vegeta-zione spontanea. Nel frattempo sua moglie preparava il pranzo, una sintesi perfetta di cucina pugliese e cucina del mondo, infatti un ottimo curry di verdure seguiva un piatto di orecchiette al pomodoro e cacio ricotta. Qual-che volta mi capita di essere invitata al barbercue. Ci si incontra intorno alle 17:00 di pomeriggio, per stare insieme ,chiacchierare e fare le pizze. In genere questi barbecue si protraggono fino a tarda sera ed è davvero interessante trovarsi in un gruppo di persone inglesi che fanno pratica di cucina tipicamente italiana interpretandola nei modi più disparati ed estremamente insoliti .Sicuramente la presenza di numerosi inglesi è un fattore di crescita per la nostra comunità non solo dal punto di vista economico ma anche culturale.Sarebbe a mio avviso auspicabile poter avviare la nascita di un’as-sociazione ostunese-britannica in grado di catalizzare gli sforzi delle due comunità nella soddisfazione di reciproci bisogni. Sareb-be interessante per esempio conoscere il numero di inglesi abitanti nel nostro territorio, conoscere quali delle loro eventuali esperienze potreb-bero essere a noi trasmesse, cosa avrebbero voglia di conoscere ed imparare. Questo scambio di conoscenze e bisogni consentirebbe indub-biamente una integrazione tra le due culture e comunità.

da OstuniOSTUNISHIRE

La vera storia di Likkio di “Seppe Tise”

di Angelo Zurlo

LANUOVAPIAZZA 14

agosto 2011

• messaggio promozionale

Così riprese la vita normale del gio-vane ostunese e trascorsero gli anni. Nel frattempo i figli diventarono tre. Purtroppo i patimenti subiti negli anni di guerra e di prigionia avevano inde-bolito il carrettiere, tanto da farlo am-malare per due volte di fila in pochi di mesi di polmonite. Gli fu vietato di continuare il suo lavoro. Nel 1954, i figli crescevano e bisognava “man-tenerli”, mandarli a scuola, sposarli, così complice la moglie iniziò una nuova avventura. Si decise di prende-re in gestione una trattoria, o meglio “na cantina”, quella sotto l’arco di Macchitella. Via Galileo Galilei de-nominata “Trattoria Bella Napoli” esistente già dapprima della guerra e individuata durante la guerra come ri-fugio antiaereo, visto la conformazio-ne che la fà estendere in una cavità naturale, una grotta. I patti fra moglie e marito erano chiari, “Likkio” si doveva occupare dell’ac-quisto e della mescita del vino, cosa che non gli dispiaceva assolutamen-te, e Stella della spesa e della cucina. Dalle sei del mattino i primi avventori. I clienti affezionati pastori, massai, venditori di latte: Umberto “de Man-giamuse”, Peppe “lu Tagghia Tufe” e Ronze “Monte lu Tuerte” che a quell’ora avevano già fatto quasi una giornata di lavoro. aprivano la cucina con le colazioni e poi si partiva con il lavoro per tutto il giorno. Tutta Ostuni trascorreva un po’ di tempo presso la cantina. C’era chi beveva solamente, da un quinto di vino in su. Una bra-ciola al sugo o un tordo costava 100 lire. Una “cuppetedda” (carne al bro-

attualità

Sarebbe a mio avviso auspicabile poter avviare la nascita

di un’associazione ostunese-britannica

in grado di catalizzare gli sforzi delle

due comunità nella soddisfazione

di reciproci bisogni.

UNA COMUNITA’ DI INGLESI AD OSTUNI

di Paola Cirasino

Frugal TravellerIn Apulia, Vacationing Like an ItalianBy SETH KUGEL

All my dinners in Apulia were a variation on that experience, though special mention is due La Can-dina de Seppe Tise. I had next to no leads for dinner in Ostuni (Chowhound, get on it!), the town with the largest and most vibrant mind-blowing medieval town center I’d seen on the trip. So when a businessman named Franco struck up a conversation with me in a nearly empty cafe where I was checking e-mail, I asked him to recommend a place to eat for 20 euros or under.He promptly called the restaurant’s owner, who guaranteed I could eat within my budget. The meal — a bowl of cavatelli with chickpeas and the freshest possible mussels, and then a pile of delicately fried anchovies and small codfish mixed up with crispy zucchini strips – was the best of the week. A quarter-carafe of house primitivo and a bottle of sparkling water later, I was probably up to about 25 euros, but the check came in at an even 20.Apulia is a place where I could spend a lot more time, and not just for the random strangers who book you tables at restaurants. I could also have spent hours wandering around Locorotondo, who-se mind-blowing medieval town center was smaller and calmer than Ostuni’s and more charming than Polignano’s, and relatively undiscovered even compared with the rest of the region. And I could have spent days getting lost in the countryside.Not quite as lost as I was on my way to Ostuni, though. A little cocky from my successful wande-rings on previous days, I plunged into the labyrinth of rural roads around the village of Panza. I went down a long hill – one I did not feel like going back up. The road turned to dirt, its middle strip of grass and red poppies evidence it was not much used. But with a house on a hill straight ahead in the distance, I figured it had to lead somewhere.

a New York

LANUOVAPIAZZA15

agosto 2011

• Pezzo pubblicato sul The New York Times

Cavatelli with mussels and chickpeas at “La Candina de Seppe Tise”

in Ostuni

• messag

gio

pro

mo

zion

ale

foto di: Seth Kugel for the New York Times

attualità

do) 50 lire. Un polpo fritto 50 lire e se lo gradivi nel panino 10 lire in più. Queste le specialità della casa. Tra i clienti vi era gente umile, con-tadini, bottegai, artigiani, trainieri, mastri di “rimonda” ma anche gente di passaggio, viaggiatori. Fra di essi vi era un pittore napoletano. Passava spesso da “Likkio”. Barattò il suo pa-sto con la sua arte. Disegnò il porto di Villanova su di uno sparti vento che nascondeva la dispensa della cantina. Poi arrivavano le feste patronali e le fiere, un vero e proprio tour de force. Bisognava dar da bere e da mangiare anche ai forestieri. Dai commercianti ai semplici “turisti”. La cantina inol-tre era il luogo prediletto per “Li Cap Canalu” e anche per farsi una parti-tina a “leggia”. Così quando si arri-vava a tarda sera con gli ultimi clienti affezionati si creava un gruppetto di amici tra cui anche Likkio che toltosi “lu senalu” (il grembiule), usciva dal banco e si sedeva anche lui per farsi una partitina rilassante “de leggia”. Così per 20 anni, da mattina a sera, fino a quando Likkio venne a manca-re nel 1974. La moglie Stella ormai avanti con l’età e avendo “sistema-to” tutti e tre i figli dopo meno un anno dalla morte del marito lasciò l’attività. Ma la storia non è finita…e il più piccolo dei figli, Giuseppe al secolo “Pepp lu Russe”, nel 2005 armato di coraggio e passione riapre l’attività. Naturalmente tutto è cambiato. Dopo qualche anno siamo riusciti a riappropriarci di quello che era lo spi-rito della cantina di “Likkio”. Innanzitutto posto di aggregazione sociale dove poter consumare un pa-sto genuino a buon prezzo. Con no-stra sorpresa qualche giorno fa il 14 giugno 2011 abbiamo scoperto, su di una rubrica del New York Times de-nominata “Frugral Travel”, Mr Seth Kugel, già docente alla Havard’s John F.Kennedy School of Governament e giornalista Free Lance del New York Times, ha descritto la sua perma-nenza ad Ostuni e del suo convivio consumatosi nella nostra cantina. Chi sa cosa avrebbero detto Cumma Stella e Cumba Likkio! Magari Likkio qualche parolina di inglese l’avrebbe capita…visto che da un suo fascico-lo dell’esercito italiano, venuto fuori qualche anno fa, abbiamo ritrovato le lettere che spediva a sua moglie con qualche frase, seppure di rito per esigenze militari, in lingua inglese!

Vittorio Ciraci,

sindaco di Ostuni

per venti anni

ritratti

Vittorio Ciraci. Un uomo di altri tempi verrebbe da dire. Nella sua vita è racchiu-sa la storia moderna della città bianca. Quella del dopo guerra. Quella demo-cratica. Del “Programma di Fabbricazione” (antesignano del successivo Piano Regolatore Regionale). Della prima ed unica visita di un Presidente della Repub-blica ad Ostuni, Giovanni Gronchi (1957). “Della Fiera Mostra del Ferragosto Ostunese” (1958). Dell’estensione della tessera di povertà da 30 a 350 cittadini ostunesi! Dell’elettrificazione delle campagne di Ostuni e dell’illuminazione del centro storico (’58 – ‘59). Del circolo degli artigiani (1960). Della costruzione di ventisei scuole rurali elementari nelle contrade ostunesi, della scuola media “Nello Orlandini Barnaba”, “San Giovanni Bosco” e 3° circolo. Della via Pa-noramica e dell’Ospedale civile. Del palazzo delle Poste e Telecomunicazioni. Dell’espansione urbana dei rioni Melogna e Masseriola. Del porto di Villanova.

Della Nostra Famiglia e del villaggio S.O.S (1960). Del primo film gi-rato in città “Anni ruggenti” (1962) del regista Luigi Zampa.

Del mondiale di ciclismo del ‘76 con Freddy Maertens vincitore sull’italiano Francesco Moser. Dell’ “Ulivo

d’argento” - dal 1971 al 1977 – che richiamò in Ostuni numerosi attori e star del cinema, dello spettacolo, grossi nomi dello sport e personalità della politica. Di Rosa Marina e del suo ideatore Max Shachter, del villaggio Valtur di Raimondo Craveri, dell’Hotel Incanto, della “cala di Rosa Marina”, del Grand Hotel e del Pilone. Cosa sarebbe stata Ostuni senza don Vitto-rio? Come direbbe proprio lui “dalla tessera di povertà alla costruzione dei villaggi d’elitè ce ne vuole”. Nato da una famiglia umile nel 1920. Il padre Luigi dovette contrarre un mutuo di nove lire per mantenerlo agli studi ginna-siali. Sin da piccolo si impegnò nel mon-

do dell’azione cattolica e ne fu subito protagonista. Il primo incontro pub-

blico risale all’ “evangelizzazione del popolo” in una nutritissima assemblea nella città di Foggia. Un bagno di folla. Applausi a scena aperta per il giovane Vit-torio. “Ma io cosa ho fatto per meritare questi applau-si?”. Il vescovo della dioce-si di Foggia gli si avvicinò e gli chiese: “Ciraci lei è diplomato o laureato?”. “Eccellenza – rispose don Vittorio - non sono ne diplomato ne laureato”. “Vorresti riprendere gli studi?”. “Eccellenza vorrei riprendere gli studi ma non

ne ho le possibilità”.

LANUOVAPIAZZA 18

agosto 2011

“Giorno dopo giorno veder cambiare Ostuni, esaltarne le sue eccellenze e tradizioni,

aumentare la sua capienza turistica era per noi una gioia”.

“Non si preoccupi” tagliò corto il Vescovo il quale gli affiancò due professori che lo preparano per la licenza di magistrale. Ma la Grande Guerra in modo innaturale fece calare il sipario sulle giovani speranze di don Vittorio. Per sei interminabili anni a cavallo della maggiore età don Vittorio conobbe, da vicino, dapprima la grande guerra e poi l’umiliante e triste esperienza dei campi di concentramento. Due anni, intensi, nelle cave della Germania dell’ovest, nel We-sterwald, ad estrarre materie prime. Il 28 aprile del 1945 data indimenticabile. L’arrivo degli americani nella cava di lavoro di don Vittorio al grido “paisà!”. “Distribuirono latte zucchero cacao biscotti pane e scatole di sigarette”. “Ci vediamo domani!” dissero prima di andare via. Il giorno dopo assieme ai suoi compagni di sventura si trovarono in un campo francese. Subì tre processi di guerra tra la Francia e l’Italia. A Milano il primo ricordo da uomo libero. “Ci dettero 20 lire ciascuno. Camminando per la città mi fermai dinanzi ad un uomo che vendeva angurie” (…) “chiesi due fette, per me e per un mio amico, chiesi quanto costassero. Mi fu detto 20 ed io ca-pii 20 centesimi e le mostrai. Ma l’uomo mi guardò e mi disse: cosa me ne faccio di 20 centesimi? Io volevo dire 20 mila lire!”. “Perbacco! – gli rispose don Vittorio – ma noi veniamo dalla guerra!”. A quel punto don Vittorio raccontò la sua storia. All’u-dire ciò l’uomo lo abbraccio e gli diede le due fet-te d’anguria senza chiedere nulla in cambio. Ecco il primo ricordo dell’Italia unita e liberata. Siamo a Milano, 1945. Don Vittorio di lì a poco venne fatto salire su di un treno e spedito verso Sud. Verso Bari. Nell’odierno capoluogo pugliese il secondo ricor-do. L’incontro con un compaesano, tale don Italo Tanzarella. “Ciraci da dove vieni?” don Vittorio gli rispose “dalla guerra!”, “Madonna santa, vieni…vieni da me, ti offro un’orzata”. Ma le emozioni non finirono lì. Per uno scherzo del destino (?!) don Vit-torio rientrò in città nella serata del 27 agosto 1945. Un giorno importante per gli ostunesi. La notte di Sant’Oronzo. Don Vittorio con un filo di emozione ma soprattutto con orgoglio afferma “non dimenti-cherò mai quella notte”. Il figlio di Ostuni nato per essere il sindaco della città per 20 anni ritorna dalla Grande Guerra nella notte del 27 agosto del 1945. “Quando diventai sindaco non dimenticai mai di onorare il Santo Patrono”. Dopo sei anni di guerra. Tra la vita e la morte. Tra i campi di guerra e quelli di sterminio don Vittorio riassaporò il calore familiare. Si sentì rinascere. L’im-pegno politico fu immediato. Di lì a poco si interessò della città e dei cittadini ostunesi. “Oggi mi ripeto

spesso che la vita politica fu un calvario. Avemmo coraggio ad affrontare i monarchici e i missini. Loro avevano attorno una ciurma!”. Il carattere temprato dalla lunga esperienza nei campi di concentramen-to fecero del giovane Vittorio un Uomo dal civismo forte. Nel marzo 1946 le prime elezioni libere. Le vinse la Democrazia Cristiana per una manciata di voti. Cinquantasette. Grazie anche all’aiuto del par-tito socialista capeggiato all’epoca dall’avv. Giusep-pe Tanzarella. Il primo sindaco fu l’avv. Guglielmo Tamburrini. La prima battaglia politica risale alla scalinata delle Monacelle. Don Vittorio scrisse “un articolaccio” - così lo definisce – per il giornale citta-dino dell’epoca. Nel testo difese l’idea di dover ripri-stinare la scalinata smezzata nel ventennio fascista per volere del podestà, il quale decise di porre lì il locale dove poter custodire la sua carrozza. Don Vit-torio raccolse il sentimento del popolo della “terra” e si appellò alla classe dirigente dell’epoca affinché fosse ripristinata la scalinata così come un tempo. “Sferzai a sangue chi aveva permesso un tale mi-sfatto”. Per questo articolo la famiglia di don Enrico Tanzarella mi tolse il saluto. Per chi come me veni-va dalla guerra dava fastidio vedere un obbrobrio del genere”. Alla domanda: “della città di Ostuni di oggi cosa le piace?” con molta diplomazia risponde “è un po’ difficile dire ciò che piace o non piace, magari le posso raccontare ciò che ho visto io nei lunghi venti anni” (sorride…) e così parte il racconto fatto di aneddoti, flash back, ricordi piacevoli e non. Esordisce così: “si capisce che Ostuni è cambiata! È cambiato il centro storico. Lì abitavano un tempo 10.000 persone. Era un disastro. Quando venne il sindaco di Milano Vozza visitò il centro storico e mi disse: Sindaco guardate che il vostro centro storico è una cosa molto importante! Il mio centro storico impallidisce dinnanzi al centro storico di Ostuni. Per cui quando qualche anno dopo un consigliere co-munale affermò in consiglio comunale: “ma perché non si può abbattere il centro storico e impiantare le ciminiere di industrie li”. “Io gli risposi in modo fer-mo e arrabbiato ma lei si è reso conto che il centro storico ha una sua storia, ha una sua importanza? Cosa facciamo, abbattiamo il centro storico per cre-are le industrie? Per far lavorare 200 300 persone? Il nostro centro storico farà lavorare molte più per-sone di un insediamento industriale”. La storia in seguito gli ha dato ragione. Ha vinto lui.Uno dei tanti ricordi del Sindaco è legato a chi stra-niero di nascita, ma ostunese di adozione, creò i pre-supposti affinché Ostuni diventasse la città bianca. La perla del turismo del sud Italia. “23 km di costa

non sono una cosa da niente”. “Max Schachter era un grande uomo. Fu tradito da alcune persone che lui aveva aiutato moltissimo. I primi approcci furono nel novembre 1956. La gente è un po’ così sa! Si dimenticano facilmente di quello che ricevono. Max Schacter era una persona per bene andò a finire per sino in carcere. Per bacco!” Aggiunge: “Chi det-te un impulso del tutto straordinario fu il villaggio Valtur. Quando io fui chiamato per l’inaugurazione del villaggio entrai nell’atrio della struttura e vidi un mondo di persone. Chiesi al dirigente della Valtur quante persone fossero presenti. Mi rispose: 500! Proruppi in un grido di gioia: è fatta! Allora il turi-smo ad Ostuni finalmente è qualcosa di concreto!” L’organizzazione della Valtur aveva parecchi soci, aveva azionisti eccellenti. Nomi come Alitalia, Fiat, Sara, Aci, Cit, Banque Lambert, Gruppo Sanpaolo, Insud, Club Méditerranée. “Si può dire Valtur diede il via ad una Ostuni diversa. Naturalmente a questi signori: all’economista Raimondo Craveri della Val-tur, all’avvocato Schacter di Rosa Marina e a Herman Gmeiner del villaggio S.O.S. conferì la cittadinanza onoraria per quello che avevano creato per l’imma-gine della città e per gli ostunesi. Si creò tanto, ma tanto, lavoro”. Un aneddoto da ricordare fu l’incontro con un grup-po numeroso di svedesi che avevano acquistato al-cune ville presso Rosa Marina: “la cosa preoccupò moltissimo il governo svedese. Per cui il prefetto mi chiamò per dirmi che era in arrivo l’ambasciatore della Svezia perché era preoccupato che questa co-lonia non si voleva più spostare da Ostuni e il prefet-to mi disse di accompagnare l’ambasciatore a Rosa Marina per incontrare i cittadini. E l’ambasciatore interloquì con questi amici della Svezia. Molto sem-plicemente gli abitanti svedesi trapiantati ad Ostuni affermarono: “il clima che si vive ad Ostuni noi non lo abbiamo mai vissuto nella nostra patria”. Uno degli ultimi ricordi della giornata passata in-sieme è legato a quella famosa notte. Quella di sant’Oronzo. “Da Sindaco ho ingigantito quella notte. C’era qualcuno soprattutto tra i sacerdoti che diceva ma vedi questo qui come si veste? Come un principe!”. “Poveretti - ride sornione il Sindaco - io invece lo facevo solo e solamente per onorare il no-stro santo patrono”. Infine un messaggio ben augu-rante per la città: “godetevi la vostra terra. Onorate sempre la città di Ostuni e il suo santo patrono”. Un filo di emozione traspare dai suoi occhi. Trattengo difficilmente la mia emozione e lo ringrazio per la giornata passata insieme e per tutto quello che ha fatto per la nostra città.

Ciracì in piazza, sorseggiando un caffè

ritratti

L’UOMO CHE CAMBIÒ OSTUNI

LANUOVAPIAZZA19

agosto 2011

di Giuseppe Morofoto di Marcello Carrozzo

spazio imprese

ULTIME NOVITÀ SUL FRONTE EQUITALIA

Le ultime iniziative sul tema “Equitalia”con le relati-ve modalità di riscossione dei tributi, hanno visto in prima linea la Commissione Finanze della Camera dei Deputati, che il 31 maggio u.s. in seguito all’Audizio-ne del Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, ha approvato in maniera bipartisan una Risoluzione che apre spiragli interessanti per gli imprenditori. Il terreno del confronto è quello del sistema delle im-prese, che unanimemente, attraverso le associazioni di categoria, chiede da tempo al Governo interventi urgenti al fine di modificare le modalità operative di riscossione dei tributi. Seppur in attesa dei dati definitivi che riguardano l’indebitamento complessivo delle imprese italiane nei confronti del fisco, che, su espressa richiesta della Commissione, saranno resi pubblici nei prossimi gior-ni e sulla scorta delle risultanze della sola Regione Sar-degna, con 3,5 miliardi di esposizione debitoria delle imprese verso lo Stato, dove sono già 57 mila le azien-de che hanno avanzato richiesta di rateizzazione delle imposte dovute, con un aumento da gennaio 2010 a gennaio 2011 del 24%, ovvero con il 40% delle imprese Sarde che risultano indebitate con il fisco, proviamo a fare un’analisi di quanto sta accadendo.La situazione della Sardegna fa pensare ad un dato nazionale che adombra una situazione insostenibile del fenomeno, così la Commissione ha ritenuto ser-visse una decisa accelerata dell’attività parlamentare, e dunque ha approvato all’unanimità la Risoluzione n. 7/00590. Tale risoluzione, fatte le necessarie premesse di ca-rattere micro e macroeconomico, ammettendo come “la crisi economico-occupazionale che investe molti comparti del settore economico primario e seconda-rio e che risulta particolarmente grave in alcune aree del Paese, ha determinato una significativa contra-zione dei consumi e delle commesse, innescando in tal modo, a catena, la crisi del settore terziario, del commercio e dei servizi”, evidenziando ancora come “le associazioni rappresentative del mondo produtti-vo hanno già sollecitato a livello nazionale l’adozione di norme di rango legislativo e regolamentare, volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l’onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ri-tardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi”, am-mettendo candidamente che “occorre anche evitare che la sanzione tributaria per il ritardo nel pagamen-to, sommata agli interessi ed agli aggi di riscossione, determini un incremento, insostenibile e spropositato, del debito tributario originario”, impegna il Governo ad assumere iniziative normative volte in particolare a: 1) intervenire introducendo elementi di maggiore fles-

sibilità rispetto ai tempi e ai modi per la rateizzazione delle imposte, per le imprese in difficoltà; 2) rivedere la disciplina della riscossione per importi inferiori ad € 2.000,00; 3) rivedere le modalità di iscrizione di gra-vami ipotecari; 4) riformare il meccanismo di calco-lo delle sanzioni tributarie, in particolare escludendo forme di anatocismo, legate all’applicazione di ulte-riori interessi sulle sanzioni e sugli interessi di mora maturati per il mancato pagamento dei debiti tribu-tari, limitando la crescita degli oneri connessi ai ruoli esecutivi e rivedendo il meccanismo dei compensi di riscossione; 5) favorire, anche nel contesto del proces-so di attuazione del federalismo fiscale, la riorganiz-zazione del sistema della riscossione coattiva da parte dei comuni. Sul tema abbiamo sentito il parere della dott.ssa So-nia Rubini, direttore della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa di Brindisi “Un sistema di riscossione coattiva efficiente ed uni-forme su tutto il territorio nazionale può rappresen-tare sicuramente un valore per il Paese, la condizione deve essere però che i contribuenti possano contare sulle più ampie garanzie di tutela dei propri diritti.La CNA, attraverso Rete Imprese Italia, ha sollecitato al Governo l’adozione di misure finalizzate ad incre-mentare il numero di rate, con importi sostenibili, per quegli imprenditori morosi che si trovano in una tem-poranea difficoltà economica, ed ha chiesto, inoltre, che si possa evitare il fermo amministrativo sui beni produttivi e, a determinate condizioni, anche le ipote-che su beni primari come per es. le abitazioni.L'immediata esecutività degli accertamenti in vigore dal prossimo 1° luglio, a ns parere dovrà essere bi-lanciata dalla certezza, per i contribuenti che decide-ranno di ricorrere al giudice tributario, di non dover anticipare le somme che si potranno rivelare “a po-steriori” non dovute.”Un’antica locuzione latina di origine medievale recita “Excusatio non petita, accusatio manifesta”: è una risoluzione quella approvata all’unanimità che è, a dir poco, raccapricciante. Si chiede infatti di rivedere le modalità di calcolo che i destinatari, delle cartelle esattoriali notificate, leggono tuttora, tra cui, impren-ditori che non sono stati in grado di sopportare “l’on-ta” e con gesto sconsiderato si sono tolti la vita.Quasi scusandosi delle modalità adottate sino ad oggi, la Commissione Finanze della Camera dei De-putati chiede quindi al Governo di impegnarsi al fine di “escludere” nella rivisitazione normativa, come più volte è stato dimostrato, gravissime forme di anatoci-smo, oggi costituenti la norma. Bene!L’ auspicio è dunque che il Governo adotti la risoluzio-ne in tempi brevissimi, ponendo così immediatamente riparo ad una situazione profondamente immorale.

di Michele Carriero

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agosto 2011

Qual è la “carta vincente” del ge-lato al naturale di Sandrino?Siamo per il gelato al naturale perché contrari ad utilizzare qualsiasi tipo di preparato industriale, che può assu-mere le sembianze di un semiartigia-nale, ma in realtà non lo è. Siamo contrari ai coloranti, agli addi-tivi e ai conservanti. Credo che siamo vincenti proprio per questo. Le fami-glie hanno il piacere di entrare nei nostri punti vendita con i propri figli, perché notano la genuinità del no-stro prodotto. Dal pistacchio siciliano alle nocciole tonde delle langhe pie-montesi, dal cacao colombiano alla frutta esclusivamente di stagione. Usiamo solo materie prime di altis-sima qualità. Inoltre, il melone non lo troverete mai ad aprile ma solo da luglio a settembre. Lo stesso vale per il fico, da agosto a settembre. Boi-cottiamo le polverine che danno la sensazione di un gusto, ma in realtà sono esclusivamente delle essenze.Usiamo nelle preparazioni solo frutta fresca di stagione. Non solo, ma i no-stri banchi gelati sono a pozzetti per-ché l’assenza di aria e luce preserva il prodotto, esaltandone le qualità. Il nostro motto? Semplicemente genu-ini. Il nostro obiettivo? Fare il miglior gelato al mondo!Per questo abbiamo girato l’Italia, per trovare i cultivar d’eccellenza. La nostra carta vincente è fare il gelato come ai vecchi tempi. Come lo face-vano i nostri nonni.

Un motivo per far innamorare gli ostunesi del gelato di San-drino?Siamo al naturale. Proprio come un tempo! Gusti intensi e naturali, che al momento, sembra che si siano persi. Ma entrando in gelateria da noi potrete trovare delle piacevoli sorprese! Inoltre, ogni mese pro-porremo un gusto da noi seleziona-to per fidelizzare i nostri clienti.

Quali aspettative nutrite per il punto vendita di Ostuni?Tanto successo si spera. Per questo siamo felicissimi di aver investito in questa fantastica città, che sicura-mente ci darà grandi soddisfazioni. Ostuni è il nostro secondo punto vendita dopo Campomarino (Ta). Prossimamente apriremo a Lecce, Bari e, ancora, molte altre città. Siamo pronti ad offrirvi un gelato “diverso“, vi aspettiamo.

spazio imprese

START UP

Sandrino il gelato al naturale

Dove trovare Sandrino:

OSTUNI - Piazzetta Sant’Oronzo, 16CAMPO MARINO (TA): Via DanteFB contact: sandrino il gelato al naturalegelateriasandrino.it

• messaggio promozionale

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agosto 2011

IL “TEMPO”vero capitale della nuova Banca nata in OstuniImmaginate una Banca in cui anziché versare del denaro si deposita il proprio tempo. Non è un’utopia ma si tratta di una splendida realtà che è, ormai, attiva in diverse città e che dal 4 giugno è pre-sente, anche, in Ostuni. È nata, infatti, la Banca del Tempo. L’iniziativa è stata voluta, soprattutto, dalla Prof.ssa Teresa Legrotta-glie, presidente dell’Associazione Amici della Biblioteca Diocesana Pubblica “R. Ferrigno” di Ostuni e dirigente dell’omoni-ma biblioteca. Per saperne di più abbiamo incontrato uno degli ispiratori della Banca, il Prof. Emanuele Pace. Gli abbiamo chie-sto: come si diventa dei “correntisti” della nuova Banca?“Non bisogna saper fare qualcosa di spe-ciale, occorre solo la voglia di condividere e di essere di aiuto a qualcuno. Non serve essere professionisti o bravi in un mestiere,

si può anche saper raccontare delle belle storie ai bimbi oppure si può aver voglia di ascoltare storie di tempi andati da chi è solo. La Banca del Tempo si basa sul con-cetto di solidarietà. Immaginate un gruppo di amici: chi di loro non offre quanto sa fare se un amico ne ha bisogno e glielo chiede? Nel momento in cui colui che ha dato il proprio aiuto dovesse avere biso-gno, qualcun altro degli amici lo aiuterà, non è detto che sia lo stesso che aveva chiesto l’aiuto in precedenza. Così funzio-na la Banca del Tempo: chi versa (offre) il proprio tempo, si rende disponibile per chi ne avrà bisogno.”Quale è stata la risposta degli ostunesi?“Ancora una volta la città bianca si pone tra le stelle della solidarietà nazionale, tra le città più vivaci nel sociale. Già una cin-quantina di persone, compresi alcuni gio-

vani liceali, hanno deciso di “depositare” il proprio tempo nella Banca e speriamo che altri “correntisti” vorranno fare altrettanto per dimostrare, ancora una volta, che un Mondo Altro è possibile.Mi piace sottolineare che si è data un’op-portunità ai giovani, con una proposta ap-parentemente “impossibile”, che, invece, ha fatto breccia nella loro curiosità, fino a con-vincere qualcuno ad offrire il proprio tempo. Bell’esempio di contro-tendenza, quasi a voler smentire il pregiudizio che i giovani sono lontani, distratti e disinteressati.” Questi gli intenti e gli auspici registrati al termine della serata di ufficializzazione della Banca del Tempo, la cui sede sarà presso il Centro di Cultura “D. Cirignola”. È possibile davvero una società fatta di relazioni solidali tra gli uomini? Proviamo per crederci!

Così funziona la Banca del Tempo:

chi versa (offre) il proprio tempo,

si rende disponibile

per chi ne avrà bisogno.”

di Nicola Moro

cittadinanza attiva

TEMPO

BANCAdel

LOGO BDT 1 16/02/11 18:43

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agosto 2011

best practice

Il progetto “Mini vigili”, fiore all’occhiello della Scuola Media “S. G. Bosco”, ogni anno offre agli studenti delle novità sempre più av-vincenti. Nel giugno 2010, infatti, il MIUR ha autorizzato l’ampliamento del Pianto Integra-to di interventi 2010/2011 presso la suddetta scuola con cofinanziamento del Fondo Socia-le Europeo, per il progetto Le(g)ali al sud con il Titolo “Mini vigili cittadini d’Europa”. Cento le ore dell’intervento formativo distri-buite in un biennio, la cui prima annualità si è svolta nell’anno scolastico appena concluso.Due formatori di alto livello hanno entu-siasmato i trenta ragazzi di seconda media partecipanti al progetto. Stiamo parlando del Dott. Francesco Angiulli e della Dott.ssa Caterina Semerano, rispettivamente, vice questore e vicecomandante della Polizia Mu-nicipale di Ostuni.“Durante gli incontri formativi – sostiene la vice preside, Prof.ssa Alfonsa Corona, da noi incontrata – si è cercato di diffondere la cul-tura della legalità, intesa sia come rispetto per le istituzioni, per l’ambiente e per l’arte, sia come volontà di partecipazione attiva e responsabile alla vita e allo sviluppo della comunità sociale”. Di partecipazione attiva i “Mini vigili” ne sono un bell’esempio ormai da diciassette anni. Infatti, nonostante il sole dei mesi estivi, si impegnano costantemente nella direzione del traffico nelle strade della città bianca e sono sempre pronti a fornire indicazioni ai turisti. Il 26 maggio scorso, i “Mini vigili” accom-pagnati dal Dirigente Scolastico, Dott. Mari-no Petrarolo, dall’Assessore alla viabilità del Comune di Ostuni, Augusto Iaia, dal viceco-mandante della Polizia Municipale, Dott.ssa Caterina Semerano, dalla Facilitatrice, Prof.ssa Alfonsa Corona e dal Tutor, Prof. Lorenzo Marseglia si sono recati a Barletta per san-cire il gemellaggio con la Scuola Media “A. Manzoni”. Qui, si sono confrontati con altri ragazzi, che, da quattro anni, svolgono la stessa funzione nella loro città. “Siamo stati accolti – dice la Prof.ssa Corona – in modo magnifico, dalla referente del progetto Prof.ssa Paola Alvisi e dal maresciallo De Gano. In loro abbiamo subito percepito la stessa passione educativa, che ci da lo slancio per continuare a formare i nostri ragazzi.” Per la seconda annualità ci saranno altri im-portanti traguardi. Infatti, i ragazzi con “uni-forme” e “fischietti” si recheranno a Roma, dove al Quirinale incontreranno il Presidente della Repubblica e, poi, visiteranno la sede della Polizia Municipale della capitale.Ad maiora!

MINI VIGILIcittadini di Ostuni e dell’Europa di N.M.

“si è cercato di diffondere la cultura della legalità, intesa sia come rispetto per le istituzioni, per l’ambiente e per l’arte, sia come volontà di partecipazione attiva e responsabile alla vita e allo sviluppo della comunità sociale”

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agosto 2011

La scuola dell’autonomia

risulta schiacciata da nuovi

e invadenti centralismi,

quello statale, centrale e

quello regionale, periferico.

A PROPOSITO DI SCUOLA

scuola

niente di nuovo sotto il soledi Maria Concetta Nacci

L’anno scolastico, conclusosi, anche con gli Esami di ma-turità, è stato segnato, come il precedente, da diverse iniziative di mobilitazione contro la politica scolastica del Ministro della P.I. Gelmini, fino alle ultime contesta-zioni delle prove INVALSI, dai presìdi e dagli scioperi del-la fame dei precari della scuola nella scorsa estate, in cantiere anche per questa. Anche lo sciopero degli scrutini indetto da alcuni sin-dacati ha rappresentato il giusto corollario di un ciclo di lotte nel quale insegnanti, personale ATA, studenti e genitori hanno dimostrato di saper resistere alla chiusura del governo in difesa della scuola pubblica.Infine, il Decreto Legge sullo sviluppo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 maggio u.s., contenendo alcu-ne disposizioni sulle scuole, interviene pesantemente sui settori della conoscenza perché limita fortemente i precari e la loro possibilità di avere riconosciuto il dirit-to alla carriera e la conversione del rapporto di lavoro dopo che sono stati utilizzati per trentasei mesi su posto vacante, contravvenendo una norma comunitaria già in-trodotta nel nostro ordinamento, ma resa inapplicabile solo ai precari della scuola. Questo determina, non solo disparità di trattamento tra i lavoratori, ma anche nuovo contenzioso con relativi e infiniti tempi di attesa.

Finora l’unico segno tangibile delle politiche scolastiche del governo ha riguardato i tagli al personale, peggio-rando il lavoro e il servizio pubblico della scuola italiana, mentre la qualità dell’offerta formativa può essere ga-rantita solo tornando ad investire nella scuola pubblica a partire dalla stabilizzazione dei numerosi precari.Per il prossimo a.s. si prevedono a livello nazionale 14.700 tagli al personale ATA, non sono pervenuti an-cora i dati relativi alle Regioni e alle singole province. Sono ufficiali, invece, i tagli in provincia di Brindisi re-lativamente al personale Docente nella scuola primaria: meno 91; nella secondaria di I grado: meno 37 e nella secondaria di II grado: meno 118. Inoltre, le terze classi nella scuola secondaria superiore risultano essere oggetto di accorpamento con numeri che vanno oltre i trenta alunni. In questo scenario la scuola dell’autonomia risulta schiacciata da nuovi e invadenti centralismi, quello statale, centrale e quello regionale, periferico. Occorre ripristinare la consultazione tra le Istituzioni, il dialogo tra le parti, lavorando con le scuole, i dirigenti e tutto il personale per contare e affermare la rappresentanza, facendo sentire la propria voce, forte e chiara, meglio se in un coro.

Quanto hanno da insegnarci i più pic-coli? Spesso non ce ne accorgiamo. La V edizione del “Premio Solidarie-tà”, istituito dall’Associazione Musi-cale “Antonio Legrottaglie”, anche, quest’anno, ha messo in luce delle splendide pagine di vita. Testimo-nianze di amicizie vere e di episodi di solidarietà vissuti tra i banchi di scuo-la. Occasioni in cui i ragazzi salgono umilmente in cattedra e lanciano con semplicità dei messaggi di contro-tendenza, che li rendono “grandi”, in un mondo spesso distratto. La lodevole iniziativa ha avuto il Pa-trocinio del Comune di Ostuni ed il

sostegno economico della Confrater-nita della Madonna del Carmine. Pre-vede, infatti, un premio di 500 euro, da spendersi per l’acquisto di libri e di materiale scolastico, per gli alunni o le intere classi che si sono distinte in particolari azioni di bontà verso il prossimo. Il 29 maggio scorso, presso la Biblio-teca Comunale, si è svolta la premia-zione dell’Edizione 2011. Per la scuo-la media “N. O. Barnaba” si sono distinti gli alunni: Iaia Salvatore (III A), Antelmi Daniele (III C), Settembrini Sara (III D) e Brancaccio Carla (III F). Mentre, per la scuola “S. G. Bosco”

hanno ricevuto il “Premio Solidarie-tà” gli alunni della classe II C. Infine, i presenti hanno potuto gu-stare tanta buona musica, grazie alle splendide performance del coro “A. Legrottaglie” diretto dal M° Gabriele Semeraro e del coro dei bambini del terzo Circolo “Giovanni XXIII” diretto dal M° Francesco Sozzi.

Tra i banchi cresce la solidarietà

di Nicola Moro

“Gli amici di Anna”Il disegno è dell’illustratrice

Nicoletta Bertelleacquerello e pastello ad olio

su carta da pacchi color avana

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agosto 2011

LE CELEBRAZIONI DELL’UNITÀ D’ITALIA

scuola

di Angela Fattore

Spettacoli, riflessioni, ricordi di un anno scolastico dedicato al 150°.

Il contributo della scuola.

Tempo di bilanci per chi ha appena concluso l’anno sco-lastico. Un anno davvero speciale per gli studenti impegnati nella scoperta di un anniver-sario importante per il no-stro Paese. Le celebrazioni dell’Unità d’Italia sono state il filo rosso che ha percorso le riflessioni, le produzioni artistiche, le letture degli studenti di tutte le scuole. Per quelle secondarie di pri-mo grado e per le primarie l’appuntamento è stato fis-sato per sabato 7 maggio. Un bellissimo spettacolo al Cinema Teatro Roma ha visto in scena ragazzi di grande ta-lento alla p r e s e n z a del sindaco di Ostuni e dei diri-genti delle scuole se-condarie di I grado, Or-landini- Barnaba e San Gio-vanni Bosco, e delle scuole primarie, Enrico Pessina, Francesco Vitale e Giovanni XXIII: coreografie accompa-gnate da musiche significa-tive, brani musicali eseguiti da tanto di orchestra (quella della San Giovanni Bosco), poesie, canti, piccole rap-presentazioni teatrali, sono stati al centro della mattina-ta trascorsa all’insegna del-la commemorazione sulle note dell’immancabile inno di Mameli. Le cinque scuo-le hanno, inoltre, prodotto con il patrocinio del comune di Ostuni e dell’associazione Gio.na, un opuscolo dedica-to all’Unità. Di grande ef-fetto anche la Serata-evento

“LA NOTTE DELL’UNITA’ D’ITALIA” organizzata dall’I-stituto Pepe- Calamo: pie-ces teatrali, canzoni, letture degli studenti dell’Istituto, assieme a docenti, genitori ed illustri ospiti, rappresen-tanti delle Istituzioni, quali il sindaco di Ostuni, il sen. To-maselli, il commissario An-giuli, il comandante dei Ca-rabinieri , per attendere tutti

insieme l’o-ra in cui l’Italia ha visto l’al-ba dei 150 anni del-la propria storia uni-taria. Gran-de festa il

16 marzo anche nell’Istituto commerciale e per geometri J. Monnet. Per l’occasione i ragazzi hanno presentato lavori di approfondimento multimediali, teatrali e musi-cali. Lino Patruno e Raffaele Nigro e le loro ultime fatiche editoriali, incentrate sulle te-matiche dell’unità, sono sta-ti gli attesi ospiti degli incon-tri organizzati dall’Istituto Pantanelli. Lodevole anche il riconoscimento ottenuto dalle redazioni dei giornali della scuola media Orlandini Barnaba e del Liceo Classico “Calamo” che hanno visto la pubblicazione delle pro-prie prime pagine dedicate al 17 marzo 1861/2011 sul Nuovo Quotidiano di Puglia.

Il corso sperimentale musicale della scuola secondaria di I grado “San Giovanni Bosco” di

Ostuni partecipando il 12 maggio u.s. al 3° Concorso Musicale Nazionale indetto dall’As-

sociazione Culturale “Terra degli Imperiali” Città di Francavilla Fontana riceve il 1° Premio.

“Fra le nostre ali” del laboratorio teatrale del liceo classico

Il laboratorio teatrale del liceo classico “A. Calamo” anche quest’anno ha messo in scena uno

spettacolo di grande interesse culturale oltre che artistico, “Fra le nostre ali”, l’etnodramma

di Ariane Baghai, sotto la regia del prof. A. Fiorella, vincendo il primo premio per la migliore

rappresentazione alla VII Rassegna teatrale “Storia di tutte le storie” a Castellabate e par-

tecipando alla XVII edizione della “Rassegna internazionale del teatro classico scolastico”

organizzata dal liceo “Cagnazzi” di Altamura”.

L’Unità al centro

della scuola

pillole

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agosto 2011

OCCHIO ALL’ INDIFFERENZAfuori terra

L’importanza della cura delle tradizioniRiflessioni di Jack Birnerprofessore di economia all’Università di Trento e professore di ricerca (research professor) all’University College Maastricht,editorialista corriere del Trentino.

La battuta che ci sono voluti gli stranieri per aprire gli occhi agli italiani sulla bellezza del loro Paese illustra una regola generale: raramente chi vive dentro un certo ambiente è pienamen-te consapevole della sua unicità. Non è diverso per la bellissima Ostuni, l’intera Valle d’Itria e le zone limitrofe che sono felice di frequentare da anni. Il calore umano, la generosità, la ricchezza culinaria e la bellezza del paesaggio sono tra le caratteristiche che gli autoctoni danno per scontate ma che i visitatori considerano fatto-ri che rendono queste terre uniche nel mondo: paradossalmente i pugliesi sottovalutano, e di conseguenza trascurano, il loro capitale umano e naturale mentre tanti turisti si meravigliano che non venga valorizzato.

Non è certo per mancanza di imprenditoriali-tà che la potenziale ricchezza turistica della

Puglia rimane sotto utilizzata; tanti pu-gliesi hanno avviato, spesso dal nulla,

delle attività commerciali fiorenti. Il problema sta proprio nella man-

canza di consapevolezza delle risorse locali. Mi sono reso conto che, soprattutto nell’ambito dei rapporti umani, tanti aspetti sociali che rendo-no la Puglia così accogliente sono legati alle generazioni che si stanno riti-rando dalla vita lavorativa e che i loro figli e nipoti non hanno sempre la stessa sensibilità sociale. Faccio un piccolo esempio: per la prima volta nei dieci anni che frequen-to questa zona mi è ripe-tutamente capitato che le stesse cassiere o gli stessi commercianti che trovano il tempo per chiacchierare con i loro conoscenti non mi salutassero. Il messaggio implicito è devastante: tu sei solo un turista, buono ad essere sfruttato. Assieme al fat-

to che i giovani non hanno più la stessa

fuori terra

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agosto 2011

OCCHIO ALL’ INDIFFERENZA

etica lavorativa dei loro genitori e nonni, ciò rischia di distruggere le risorse umane e naturali che finora hanno fatto della Puglia una meta

turistica pregiata.Come nel caso di tutti i fenomeni culturali,

una volta che certe tradizioni, sviluppate-si in decenni o secoli, sono scomparse, è difficile o impossibile ricrearle. Lo stes-so vale per le risorse naturali, quali gli uliveti secolari: sono un fattore deter-minante della bellezza paesaggistica locale ma se le persone smettessero di curarli, scomparirebbero per non tor-nare più (i poveri olivi, orrendamente

mutilati con potature artificiose, finiranno abusivamente nei

giardini dei nuovi ricchi).Le risorse umane e

naturali sono un capitale che per

la sua manuten-zione richie-

de degli investimenti continui. Per salvare la Puglia dall’indif-ferenza che la sta minacciando (in questi tempi di crisi più che mai), ci vorrà prima di tutto un processo di risveglio che renda i pugliesi consapevoli del valo-re potenziale di questo loro ca-pitale. Dopo, vengano realizzati gli investimenti che consentano a queste risorse di produrre i flussi di servizi portatori di un grande va-lore economico. Non è troppo tardi e nessun confi-ne di irreversibilità è stato valicato: l’edilizia selvaggia distruttrice del paesaggio è rimasta limitata, la cultura dell’accoglienza esi-ste ancora, ecc. Ma non c’è tempo da perdere.

fuori terra

LANUOVAPIAZZA27

agosto 2011

LA STORIA DE ”LA FICA”

l’angolo della tradizione

Inauguro questa rubrica - dedicata alla memoria del passato più o meno recente della nostra città – traccian-do una brevissima storia del fico anzi, per dirla alla ostunese, della “FICA”, il termine usuale con cui i nostri con-tadini si sono sempre riferiti sia all’al-bero che al frutto.Innanzitutto la fica , insieme alla pa-tata , ha avuto il merito di sfamare in-tere generazioni: famosa al riguardo una coppia di versi, con cui don Pietro Pignatelli, detto “Lu Barcarulu”, in una sua poesia dialettale dedicata a “Meste Frangische Cecenedda” , de-scrive il modo di calmare i morsi della fame di un povero artigiano, che tor-nando a piedi nella sua casa di cam-pagna, non vede l’ora di incontrare sporgenti sulla strada rami di fico carichi di frutti:“Cu lla vendra ca scioca ind’a lli canze pòvere fiche ce av’a cchjà dananze!”Un frutto tra l’altro assai diffuso nelle nostre campagne favorito da condi-zioni climatiche generalmente favo-revoli ed in grado di battere la con-correnza di altra frutta di stagione: “Quanne arriva la fica lu melone se ‘mbica!”Ma non meno importante è il ruolo che la fica ha avuto nella economia agricola, alimentando una filiera pro-duttiva ed occupazionale assai diffusa qui in Puglia, legata alla lavorazio-ne e alla commercializzazione di un prodotto particolarmente ricercato , prima dell’avvento del consumismo, per il suo valore nutritivo e calorico. In tal senso fa piacere la notizia che da qualche anno in alcuni Comuni – e San Michele tra essi – sia tornata in voga una tradizione e una pratica, sia pure non su scala industriale, che va-lorizza questo prodotto. LI FICHE, dal punto di vista commer-ciale venivano divise in “BONE” e “SCARTE” : le prime non avevano “macchia di peccato” e come tali erano destinate alla alimentazione umana, le seconde invece alla alimen-tazione animale ( in particolare de “LI PUERCE”); a metà strada stava “lu SOBBA-SCARTE”, una qualità inter-media che , sottoposta ad ulteriore trattamento industriale , era in grado di produrre derivati di alcol etilico . Nella scelta del fico da raccogliere

dall’albero per mangiarlo, si andava alla ricerca de “LA FICA AMMATU-RA”, meglio se fosse “SCRIME SCRI-ME”, nel senso che la corteccia verde era rigata da venature di bianco, in-dice abbastanza sicuro di un frutto, il siconio, caratterizzato da polpa ab-bondante e dal sapore particolarmen-te succulento e dolce.Un indovinello al riguardo riassume queste qualità: “Quanne la cugghje, ì verda; quanne la scuèrcelu Ì vvianga; quanne la spacche , ì rossa; quanne la mange, ì sapurita!”.Ma c’era chi prediligeva la fica “AC-CHJECATA”, in stato di maturazione avanzata, o anche “LA FICA CU LLU MELU”, particolarmente dolce, che presentava un filamento di “miele” che fuoriusciva dall’ostiolo. Ciò che sicuramente non si racco-glieva era “LA FICA PADDONE” e la “FICA AVUSCIA” (sostanzialmente fi-chi non fecondati , con buccia spessa e polpa più asciutta) e quindi assolu-tamente non commestibili.Le varietà più diffuse davano ( e dan-no ) “LI FICHE VIANGHE”, anche se non manca(va)no quelle “GNORE” (nere) e sono: “ALLUTTATE E JATTA-ROLU”, ma anche “PETRELLE, ZE-GNARIEDDE, FOGNE, PARAVISE, NA-TALEGNE” e, se pur meno pregiate, “CRUMLEGNE, NGANZE, MONECHE, STRAPILU”.Tra li fiche “CULUMBREGNE”, che producono – come dice la parola - anche FIORONI o “CULUMBRE”, ci sono “LI PETRELLE E LI ZEGNARI-EDDE”: si tratta di varietà a doppia fruttificazione , che portano a ma-turazione precoce le gemme dell’au-tunno precedente , mentre i fichi o “ forniti “ si formano da gemme in primavera e maturano alla fine dell’estate.Non a caso la raccolta dei fichi (“AC-COGGHJE LI FICHE”) coincideva, ge-neralmente, con la fine dei festeg-giamenti in onore di Sant’Oronzo (26 agosto), quando la maggior parte degli Ostunesi – dopo aver assistito allo spettacolo sempre seducente dei fuochi d’artificio – si trasferiva nella casa (trullo o “lamia”) di campagna, dopo aver sistemato le proprie mas-serizie su traini , carretti o altri mezzi di fortuna.

L’angolodella

tradizione

L’albero del fico

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agosto 2011

di Lorenzo Cirasino

“Li fueche so’ fernute - n’im’a scì fore a lli fiche!” “L’ALLUTTATA” (DOTTATO) , altra varietà assai diffusa nelle nostre con-trade, porta in anticipo “LI VURRE” ( sempre piriformi ma meno grossi dei fioroni e dal frutto violaceo).Una pratica diffusa era la caprifica-zione che consisteva nell’appendere tempestivamente ai rami del fico una corona de PREFISCE ( Caprifico ), il cui insetto impollinatore, grosso quanto un moscerino (“LU TAMBAGNULU”), serviva a fecondare i fichi giovani, permettendo lo sviluppo dei veri frut-ti consistenti in numerosissimi piccoli acheni, capaci di accelerare la matu-razione e di aumentare la dimensione dei siconi. In alternativa alla corona, se ne poteva fissare uno per foglia “CU NU ZIPPE” (con uno stecco).Ma a questo proposito va detto che la maggior parte delle varietà di fico coltivate dalle nostre parti maturano i frutti anche se non sono fecondati.La raccolta dei fichi avveniva a più ri-prese sempre nelle giornate asciutte

badando a staccarli con tutto il pe-duncolo , completamente maturi e possibilmente tutti allo stesso grado di maturazione.Infatti, se pioveva molto o ripetuta-mente, “LI FICHE JAPREVENE LA VOC-CA” ed erano destinati a staccarsi an-zitempo dall’albero.Gli strumenti di lavoro erano “LU PANARE E LU CRECCHE”, ma non si trascurava di indossare un copricapo (cappello per gli uomini , fazzoletto per le donne) utile ad evitare le insidie o a ridurre le eventuali conseguenze prodotte da ritorni imprevisti de “LI VROCCHE”, specie di quelle più alte agganciate e tenute sotto tensione da “LU CRECCHE” per il tempo necessa-rio a staccare “LI FICHE DE CEMAG-GHJA”.Ovviamente non si trascurava di racco-gliere “LI FICHE DE ‘NDERRA”, sapen-do che le stesse generalmente erano destinate allo scarto.Quindi “SE SPANNEVENE SOBB’A LLI SCIAE”, esponendoli al sole su cannic-ci puliti in bell’ordine evitando contatti o eliminando quelli piccoli o macchia-

ti. Un’operazione quasi quotidiana era quella de “VUNDA’ LI FICHE” ed eventualmente “d’ACCATASTA’ LI SCIAE”, quando si avvertiva la minac-cia incombente della pioggia: “ TRA-SITE LI SCIAE CA STE’ CCHJOVE!” era il grido concitato che si udiva da “NA CASEDDA ALL’ANDA”. L’umidità in-fatti era il peggior nemico : “LI FICHE ONE FATTE LA VARVA!”.Ovviamente i fichi migliori, li “MAM-ME MAMME”, si spaccavano in due per farli essiccare e poi opportuna-mente preparati si cuocevano al forno.“LI FICHE ACCUCCHJATE CU LL’AME-NELU” era la modalità più ricercata per conservare i fichi e poterli assa-porare poi d’inverno; ma altrettanto diffusa era la pratica di fare provvista di “FICHE IND’A LLA CAPASA O IND’A LLA CUCUMA” che potevano essere “SANE, SPACCATE o ‘NZUCCARATE”.E come si diceva allora e si ripete oggi, da parte delle persone più anziane, “CU NA PANDA DE FICHE SE FASCEVA LA SCERNATA!”. Ma questi ormai (per fortuna ?!) sono ricordi d’altri tempi.

LANUOVAPIAZZA29

agosto 2011

Venerdì 29 luglio, ore 17,20, i dirigen-ti dell’ASSI Basket Ostuni consegna-no all’Ufficio Postale Ostuni Centro il plico con i documenti per la iscrizio-ne alla Legadue, il primo campionato professionistico della storia del basket ostunese. Una data storica? Una data che certamente è da ricordare, per-ché segna una tappa importante per lo sport ostunese. Ma è da ritenere o meglio ci piace pensare che la parteci-pazione ad un campionato professio-nistico di tale livello possa rappresen-tare un’ occasione per tutta la città e per il territorio a nord di Brindisi.Cominciamo però a dare i meriti di questo traguardo. Gli ultimi 6/7 anni dell’ASSI Basket sono stati una conti-nua cavalcata. Con la costruzione del nuovo Palazzetto il basket ostunese ha fatto passi da gigante. La prima vit-toria del campionato di serie C e poi dopo tre anni la trionfale vittoria del campionato di B2, con la società, an-cora in forma di Associazione, presie-duta e in pratica diretta dal solo Tonio Tanzarella, con l’aiuto di pochi amici e appassionati. Poi la trasformazione della Società in srl con il coinvolgimento di circa 30 soci. La presidenza della Società passa al Sen. Salvatore Tomaselli e in poco tempo i traguardi diventano ancora più ambiziosi, due anni da protago-nisti ai massimi livelli della A dilet-tanti, nonostante la grave difficoltà dell’assenza del primo sponsor, dopo il disimpegno dei principali imprendi-tori locali. Senza main sponsor non si è rinunciato ai traguardi ambiziosi e storici. Un gruppo di amici, poche aziende, ma tanto spirito di sacrifi-

cio e tante tensioni per poter avere ad Ostuni i fratelli Gigena, per poter confermare Mimmo Morena e i vari Ruggiero, Basei, Tommasini, atleti di livello nazionale.Fino alla finale con il Trapani del giu-gno 2011, persa sul campo, ma che ha segnato il culmine esaltante di una lunga storia e il consolidarsi di tanti sa-crifici in un risultato eccellente.L’ASSI fa domanda di ripescaggio in Legadue. E’ al secondo posto degli aventi diritto, dopo Verona e prima di Piacenza. Anche questa una grande soddisfazione. Una serie di riunioni e si decide di tentare una nuova avven-tura. Il Presidente Tomaselli si dimette, ma dichiara fedeltà e collaborazione alla Società. Il suo è un grido di allarme per tentare di coinvolgere più aziende e più persone, una “scossa” alla città intera perchè comprenda fino in fon-do il valore dei risultati sportivi conqui-stati nel nome della città bianca.Si deve fare in fretta. Il Sindaco Tan-zarella si fa motore di questo faticoso cammino. Renato Santomanco, vice Presidente in carica, si dà da fare fino allo stremo delle forze per approntare tutto ciò che è necessario per appro-dare in Legadue.Ci sono delle formalità da sistemare. Trasformazione della Srl da Socie-tà dilettantistica in professionistica. Chiusura di ogni pendenza di carat-tere fiscale. Bilanci che devono rispet-tare criteri e indici dettati dalle norme della Legadue.E poi le risorse per la tassa di iscrizio-ne, tanti soldi per la città di Ostuni; e la garanzia fideiussoria di importo rilevante.

Una corsa; un affanno; serate intermi-nabili di contatti e riunioni. Mettere in-sieme imprenditori, professionisti, ap-passionati. Il primo miracolo è riuscito.Intanto, grazie al prezioso impegno del Direttore Generale Pino Lerna e del Direttore Sportivo Enrico Marse-glia, si sceglie il nuovo coach: Franco Marcelletti, un allenatore fra i più ap-prezzati nel panorama cestistico ita-liano. Un’esperienza ventennale ora al servizio dell’ASSI Basket Ostuni. Un coach che ha vinto uno scudetto, con la Caserta di Gentile e Esposito.Il salone municipale lunedì 25 luglio è colmo di gente per accogliere la pre-sentazione di coach Marcelletti. C’è il padrone di casa Sindaco Tanzarella, il Presidente Sen. Tomaselli , il Presiden-te Santomanco, il Presidente Onorario Tonio Tanzarella.Tutti accolgono trionfalmente il nuo-vo coach. Nessuno si nasconde il le difficoltà. Tutti dicono di volerci pro-vare. Marcelletti capisce di trovarsi di fronte a gente, magari inesperta, ma con tanta voglia di fare e annuisce, promette di formare una squadra che non mollerà mai, che farà della grinta e dell’attaccamento alla maglia la sua matrice.Cosa manca allora per calarsi bene nella nuova realtà? Manca ancora l’impegno di tutta la città.La risposta di questi giorni alla “scos-sa” del Sen. Tomaselli con le sue dimis-sioni, agli appelli della società, all’im-pegno del Sindaco è incoraggiante. Ma siamo solo all’inizio. Partecipare ad un campionato professionistico; andare in diretta sulla RAI; essere fra le prime 32 squadre del panorama cestistico nazionale; tutto questo deve “convenire” ad Ostuni. Alla sua eco-nomia, al suo turismo, alle sue Azien-de, alla sua Amministrazione, alla sua gente. E’ un traguardo e un risultato che deve essere consolidato, ma che deve rappresentare un impegno per tutti. Ognuno secondo le sue possibili-tà, ma nessuno escluso.Allora tutti al lavoro: ampliare il Pa-lazzetto fino a 2500 posti; trovare gli sponsor; formare la squadra; sotto-scrivere gli abbonamenti; organizzare la comunicazione; incoraggiare diri-genti ed amministratori. Ostuni deve saper cogliere questa occasione. O si va avanti o si va indietro irrimediabil-mente, come sempre accade in fondo nella vita di tutti.

Nell’antica Roma, fra le norme re-lative a ipotesi di offesa fra privati cittadini, la nota Legge delle XII Ta-vole aveva previsto una sanzione di 25 assi per i casi cosiddetti di iniuria semplice (pugni di lieve entità, sber-le che si limitassero ad arrossare il volto per un po’). Ce ne parla, nelle Notti Attiche (20.1.13), l’antiquario Aulo Gellio.Ai tempi delle XII Tavole (V sec. a.C.), i 25 assi dovevano avere un loro discreto valore: qualche studio-so pensa che si trattasse di almeno otto chilogrammi e passa di bronzo. Poi, il trascorrere del tempo, le al-terne vicende delle guerre puniche e la connessa svalutazione, avevano comportato che sul finire del I sec. a.C. i 25 assi non corrispondessero che a pochi spiccioli di rame. Quindi, una simpatica canaglia che rispondeva al nome di Lucio Verazio, pensò bene di iniziare a schiaffeggiare in volto quanti gli ca-pitassero a tiro mentre passeggiava per le vie di Roma. Dopodichè, lo schiavo cui Verazio si accompa-gnava, provvedeva a dispensare al malcapitato i 25 assi, a titolo di (ir-risoria) conciliazione stragiudiziale, ma sempre nel rispetto della norma delle XII Tavole. A dirla tutta, della storicità di Lucio Verazio si può secondo alcuni du-bitare. Ma, secondo Gellio, proprio episodi come questo avrebbero alla lunga portato i pretori a concedere una azione estimatoria agli ‘schiaf-feggiati’, perché ottenessero il risar-cimento del danno effettivamente subito. Tanto più che, se la sberla l’avessero ricevuta Silla, Cesare, o Cicerone, vi sarebbe stato un danno d’immagine anche per l’istituzione che essi rappresentavano. Oggi, l’esito dei recenti referen-dum ha portato un ministro della Repubblica a parlare di ennesima ‘sberla’ alla maggioranza di gover-no. Quanto ci costerà? Speriamo di cavarcela con 25 assi.

sport e cultura

le storie di ieri

ASSI BASKET IN LEGADUE. Una grande occasione per la Città

Il prezzo di una sberla

di Silvestro Iaia

LANUOVAPIAZZA 30

agosto 2011

di Antonio H.

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