Lingua Letteratura e Cultura in una dimensione europea Prof.ssa Maria Lina Tarricone

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6+3menda di Francesco Coppola Unità teorica di riferimento Introduzione alla linguistica generale e italiana di Franca Orletti e Cristiana De Santis LINGUA, LETTERATURA E CULTURA IN UNA DIMENSIONE EUROPEA AREA ITALIANO Formazione Tutor 2012 Maria Lina Tarricone Tutor Dott.ssa Simonetta Rossi

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6+3menda

di Francesco Coppola

Unità teorica di riferimento

Introduzione alla linguistica generale e italiana

di Franca Orletti e Cristiana De Santis

LINGUA, LETTERATURA E CULTURA IN UNA DIMENSIONE EUROPEA

AREA ITALIANO

Formazione Tutor 2012 Maria Lina Tarricone Tutor

Dott.ssa Simonetta Rossi

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Principi di analisi

COME SI ANALIZZA E SI STUDIA LA LINGUA

La lingua è oggetto di studi della linguistica che la analizza in base a delle distinzioni

affermatasi dalla nascita della linguistica strutturale da Saussure in avanti:

Sincronia/diacronia: la conoscenza diacronica facilita l‟apprendimento sincronico

Langue/parole (Saussure) o sistema/uso (Hiemslev) o competenze/performance (Chomsky):

. Col primo termine di tutte e tre le coppie si intende l‟insieme di conoscenze mentali, di regole

interiorizzate insite nel codice lingua, che costituiscono la nostra capacità di produrre

messaggi in una certa lingua e sono possedute come sapere astratto in ugual misura da tutti i

membri di una comunità linguistica. Col secondo termine si intende invece l‟atto linguistico

individuale, vale a dire la realizzazione concreta. La parole, ossia l‟uso e l‟esecuzione, per

essere messi in opera richiedono l‟esistenza di langue, sistema o competenza.

Langue astratto, sociale e costante

Parole concreto, individuale e mutevole.

Paradigmatico/sintagmatico: l‟asse paradigmatico riguarda il processo, mentre l‟asse

sintagmatico riguarda il sistema.

Nella frase“il cane abbaia”, “cane” ha un rapporto sintagmatico con “il” e “abbaia” che lo

precedono e lo seguono. Gli elementi del messaggio hanno dei rapporti sintagmatici tra loro.

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Livelli di analisi

Lingua

Semantico

Fonologia

Sintattico

Morfologico

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Nella descrizione della lingua si riconoscono più livelli di analisi, derivanti dalla proprietà della

lingua di segmentarsi in due articolazioni e del segno di essere costituito da due piani, il piano del

significante e il piano del significato.

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Livello fonologico

E‟ Il livello corrispondente alle unità minime di seconda articolazione,

non portatrici di significato, consistente nella fonetica

articolatoria

acustica

percettiva

intesa come branca della linguistica che studia i suoni dal punto di vista

fisico (foni) e nella fonologia che si occupa dei fonemi, cioè dei suoni

considerati dal punto di vista dello loro funzione linguistica: quella di

segnalare differenze di significato tra le parole (es. /p/ pane-cane).

La fonologia studia, quindi, l‟organizzazione e il funzionamento dei suoni

nel sistema linguistico.

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Il Fonema

Il fonema non è un segno perché privo di significato, ma i fonemi si possono però

analizzare sulla base delle caratteristiche articolatorie che li contrassegnano:

potremmo identificare /t/ come “occlussiva dentale sorda”, /d/ come “occlusiva

dentale sonora”, etc.

Le caratteristiche articolatorie diventano tratti distintivi, che permettono di

analizzare i fonemi in maniera economica; l‟italiano standard ha 30 fonemi, ma

dovremmo considerarne 45, perché dovremmo contare due volte i 15 fonemi

consonantici che possono essere allungati.

Nella pronuncia dell‟italiano esistono molte differenze regionali. Le opposizioni fra

/s/ - /z/, fra /ts/ - /dz/, fra /j/ - /i/, fra /w/ - /u/. Nell‟italiano del settentrione

la fricativa dentale è sempre realizzata sonora in posizione intervocalica, quindi

[kieze] vale “chiese” nel caso di “edifici di culto” che nel caso di “domandò”; mentre

in toscano si distingue fra [kieze] con la sonora nel caso di edifici di culto e [kiese]

con la sorda nel caso di domandò. Al nord casa si pronuncia [kaza] con S sonora,

ma al centro sud [kasa] con S sorda.

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La pronuncia standard dell’italiano

Nell‟unità teorica si legge che “la pronuncia standard dell‟italiano si basa sulla

pronuncia del toscano, emendata però dei tratti regionalmente più marcati come la

gorgia, cioè la realizzazione fricativa (aspirata) delle occlusive sorde [p],[t], [k] in

posizione intervocalica (anche tra due parole: la pasta, la tana, la casa).

In realtà la pronuncia standard è usata da una minoranza della popolazione

(oltre che dai toscani, principalmente da professionisti della dizione) e in Italia non

costituisce un tratto socialmente o culturalmente distintivo, come dimostra la recente

diffusione delle pronunce regionali anche tra i giornalisti televisivi.”

La maggior parte degli italiani usa dunque una pronuncia regionalmente marcata,

in cui vengono a cadere molte distinzioni tipiche dello standard.La consapevolezza

delle caratteristiche regionali della propria pronuncia può aiutare, oltre che a

modificare i tratti troppo marcati quando (e per quanto) possibile, anche a

prevenire errori ortografici

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Serie di fenomeni fonetici e fonologici che riguardano non i singoli segmenti, ma la

catena parlata nella successione lineare. I fondamentali fra di essi sono:

-l‟accento è la particolare forza o intensità di pronuncia di una sillaba, intesa come

combinazione di suoni riuniti intorno a una vocale

-il tono è l‟altezza relativa di pronuncia di una sillaba

-l‟intonazione è l‟andamento melodico con cui è pronunciata una frase o un intero

gruppo tonale. In molte lingue l‟intonazione distingue il valore pragmatico di un

enunciato cioè permette di capire se si tratta di un‟affermazione, di una domanda, di un

ordine o di un esclamazione; nello scritto questi valori sono segnalati dall‟uso di diversi

segni di punteggiatura e nei media dai cosiddetti “emoticon” o faccine;

-la lunghezza o durata relativa riguarda l‟estensione temporale relativa con cui i foni e

le sillabe sono prodotti. Ogni fono può essere breve o lungo. La lunghezza delle vocali o delle

consonanti può avere valore distintivo.

In italiano non ha funzione distintiva a meno che non prendiamo in considerazione le consonanti

doppie come “cane” vs. “canne”.

Per le vocali la durata in italiano non è pertinente. In molte lingue la durata vocalica funziona da

tratto pertinente. In latino classico dove “malum” con al “a” breve è “male, malanno” mentre con la

“a” lunga è “mela”.

Fatti prosodici/soprasegmentali

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FENOMENI DI GIUNTURA

L‟italiano, come anche il francese, è una lingua sensibile ai fenomeni di eufonia,

cioè di incontro armonioso tra i suoni di due parole consecutive.

Di qui la necessità di eliminare alcuni suoni alla fine della parola, o viceversa di

aggiungerne (raddoppiamento fonosintattico -eventualmente anche a inizio di

parola), per evitare iati violenti o nessi consonantici ostici nella concatenazione

delle parole.

Fenomeni in diminuizione e/o in disuso oggi sono:

la d eufonica

la i prostetica

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ELIMINAZIONE DI SUONI: ELISIONE E TRONCAMENTO

Si ha elisione quando la vocale finale (atona) di una parola cade davanti alla

vocale iniziale della parola successiva. L‟elisione è segnalata dall‟apostrofo nel

testo scritto.

Di norma si ha elisione negli articoli lo, la, una (l‟amico, l‟amica, un‟amica), con le

preposizioni articolate (dell‟amico) e con gli aggettivi bello e quello collocati davanti

ai nomi (bell‟amico, quell‟amica).

Si ha spesso elisione anche con la preposizione di (d‟oro) e con alcuni pronomi clitici

collocati prima del verbo (t‟aspetto, l‟aspetto ecc.).

Si ha troncamento quando la vocale finale di una parola, preceduta dalle liquide

l, r o dalle nasali m e n, cade davanti alla vocale o alla consonante della parola

successiva.

Anche l‟elisione, come il troncamento, riguarda soprattutto articoli, preposizioni

articolate, aggettivi: un cane, un amico, nessun cane, nessun amico, del cane, quel

cane, bel cane, buon cane, buon amico ecc, ma si incontra anche con nomi (signor

Rossi), e verbi (voler bene)

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Il “fuoco informativo” del messaggio

L‟intonazione può contribuire a identificare il “fuoco informativo” del messaggio, cioè la

parte alla quale il parlante attribuisce il maggiore rilievo dal punto di vista comunicativo.

L‟unità sulla quale cade il cosiddetto “accento di enunciato”, corrisponde al fuoco.

La posizione naturale del fuoco è sull‟ultima unità, che rappresenta di solito l‟informazione più

saliente. Esempi:

Oggi, a San Candido, nevica

Oggi, a San Candido, nevica

Oggi [e non ieri], a San Candido, nevica

Oggi, a San Candido, nevica.

Spostando l‟accento di enunciato posso però spostare il fuoco, modificando di conseguenza la

prospettiva comunicativa del messaggio.

Si tratta del cosiddetto “fuoco contrastivo”, utilizzato per contrastare una presupposizione

dell‟interlocutore. Per spostare e marcare il fuoco, la lingua dispone anche di mezzi sintattici,

come la frase scissa (è… che).

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Rapporto tra suoni e grafemi

Benchè l‟Italiano “si pronuncia come si scrive”, non c‟è rapporto biunivoco tra suoni e

unità grafiche (grafemi, cioè le lettere dell‟alfabeto): allo stesso singolo suono

possono corrispondere più grafemi differenti e viceversa uno stesso grafema può

rendere suoni diversi. i principali casi di mancata corrispondenza tra pronuncia e

grafia possono essere all‟origine di errori ortografici.

Un‟altra fonte di errori di ortografia può essere determinata da abitudini regionali

di pronuncia: nelle varietà settentrionali di italiano, che trascurano la lunghezza

consonantica, saranno frequenti errori come tuto per tutto o belo per bello.

Nelle varietà centrali e meridionali, invece, in cui le [b] e le [dZ] intervocaliche sono

sempre pronunciate come lunghe, saranno possibili errori come abbile per abile o

aggile per agile. Per questo e altri fenomeni, come la sonorizzazione delle consonanti

sorde nelle varietà settentrionali (es. figo per fico) o le assimilazioni consonantiche

nelle varietà centro meridionali (es. quando per quanto)

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Alfabeto Fonetico Internazionale

Dizionario Italiano multimediale di Ortografia e Pronuncia

I linguisti hanno elaborato sistemi di trascrizione fonetica, in cui c‟è corrispondenza

biunivoca fra suoni rappresentati e segni grafici che li rappresentano (Alfabeto

Fonetico Internazionale (IPA, API). Una parte dei grafemi IPA corrisponde a

quelli dell‟alfabeto latino, usati nella grafia normale dell‟italiano, ma molti altri

grafemi hanno una forma speciale. La trascrizione fonetica si pone fra parentesi

quadre [ ]. L‟accento nella trascrizione IPA è identificato con un apice „ posto prima

della sillaba su cui esso cade.

I dizionari di italiano adottano, per le indicazioni sulla pronuncia delle parole

italiane, un sistema semplificato e di maggiore leggibilità, che utilizza i caratteri

normali dell‟italiano con l‟aggiunta di segni diacritici come accenti gravi e acuti,

puntini, cappuccetti ecc. Nel DOP, il Dizionario Italiano multimediale di Ortografia

e Pronuncia (liberamente consultabile e ascoltabile on-line), per esempio, il suono [

] (s palatale) è trascritto come š, con un cappuccetto sopra rivolto verso l‟alto; i suoni

[¯] (n palatale) e [¥] (l palatale) sono trascritti con un apostrofo dopo (n‟ e l‟); le

vocali chiuse sono indicate da un accento acuto (perché, pésca), quelle chiuse da un

accento grave (è, pèsca „frutto‟); le semivocali sono trascritte come iª e uª con un

cappuccetto sotto rivolto verso il basso.

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CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DELLE LINGUE SU BASE MORFOLOGICA

Lingue

Analitiche o isolanti

ogni morfema si presenta da solo, non cambia forma e

non può

essere legato ad altri morfemi

(cinese, inglese)

Sintetiche più morfemi si legano fra

di loro per esprimere significati complessi, in

quanto ogni morfema è portatore di un significato

diverso

Flessive o Fusive

le parole sono costituite da una radice e una

desinenza, portatrice di valori morfologici, che indica, attraverso il meccanismo dell‟accordo, anche le

relazioni delle parole all’interno della frase.

Le lingue flessive sono le lingue INDOEUROPEE, il greco, il latino, il russo, le lingue romanze e quindi l’italiano.

Nelle lingue flessive uno strumento potente di coesione

testuale è rappresentato dall’accordo grammaticale

Agglutinanti attaccano un morfema

dopo l‟altro, secondo un ordine sequenziale e

ciascun morfema

è portatore di un valore

Polisintetiche

tendono a fondere in un‟unica unità tutti i

valori funzionali e semantici, così che

quella che per noi è una frase viene

espressa da un‟unica forma

(lingue indigene americane)

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Livello morfologico E’ il livello corrispondente alla prima articolazione, che analizza gli elementi

minimi portatori di significato

Morfologia

livello dell‟analisi linguistica che studia la forma delle

parole, dal greco morphé,“forma”, e le

modifiche che questa può subire per esprimere valori

e funzioni diverse o per formare nuove parole

morfologia flessiva

studia le modifiche che la

forma delle parole subisce per esprimere

valori e funzioni

diverse

morfologia lessicale

studia i meccanismi di formazione

delle parole a partire da

parole

preesistenti

L‟unità di analisi della

morfologia è il morfema, definito l‟unità linguistica più piccola dotata di significato. I morfemi sono i pezzi la cui combinazione costituisce le

parole (la minima combinazione di morfemi

costruita attorno a una base lessicale, che funziona come

entità autonoma della lingua (Cfr. Berruto)

Il primo radice o morfema

lessicale, in quanto porta l‟informazione semantica della parola

Nella parola bianc-o abbiamo

due morfemi

il secondo ci porta

l‟informazione grammaticale, in questo caso che si tratta di un

maschile singolare, di qui

il nome di

morfema grammaticale

.

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Livello morfologico

CLASSIFICAZIONE POSIZIONALE

I morfemi lessicali stanno nel lessico, nel vocabolario e costituiscono una classe aperta

arricchibile di nuovi elementi.

I morfemi grammaticali stanno nella grammatica e costituiscono una classe chiusa.

I morfemi grammaticali possono essere chiamati affissi (un affisso è ogni morfema che si

combina con una radice).

Vi sono però nelle lingue del mondo, altri tipi di affissi; abbiamo degli infissi che sono inseriti

dentro alla radice, i circonfissi che sono formati da 2 parti, una che sta prima della radice e

una dopo. In alcune lingue esistono degli affissi che si incastrano alternativamente dentro la

radice, sono i morfemi a pettine ossia i trafissi

In italiano il più importante e produttivo dei procedimenti di formazione di parola è comunque

la suffissazione. Fra i suffissi derivazionali più comuni ricordiamo: -zion (-azion, -izion, -

uzion) -ment (-iment, - ument-) ;

molto produttiva è anche la prefissazione. Fra i prefissi più comuni vanno ricordati: in

(in+legale = illegale) -s (sleale)

La conversione, meccanismo di derivazione assai diffuso nelle lingue isolanti, per la ridotta

presenza di morfologia. È l‟utilizzo di una stessa voce con funzioni diverse a seconda del

contesto ( una parola può essere un verbo o un nome a seconda del contesto)

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“L‟italiano è una lingua molto ricca di fenomeni di allomorfia”

(Cfr. Berruto)

In morfologia c‟è la distinzione tra morfema, morfo e allomorfo:

-morfema: unità pertinente a livello di sistema

-morfo: è il significante del morfema, la sua forma

-allomorfo: realizza lo stesso significato di un morfo con la stessa funzione ma con diversi

significanti/forme. L'allomorfo è quindi una variante formale di un morfema ed una variante di

un morfo. Ad esempio, è allomorfo il suffisso "ven-", e può avere diversi morfi (do, go, ale, ecc.),

dando vita a "ven-do", ven-go", ven-ale", ecc.

il morfema lessicale col significato “spostarsi avvicinandosi verso un luogo determinato” che

troviamo nel verbo “venire”, appare in italiano nelle 5 forme:

-ven- (venire, venuto, veniamo, veniva…)

-venn- (venni, venne)

-veng- (vengo, venga)

-vien- (vieni, viene)

ver- (verrò, verrebbe)

Ciascuna di esse è un allomorfo dello stesso morfema. Il morfema ven- di venire ha 4 allomorfi.

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Criteri che identificano la parola:

-All‟interno della parola l‟ordine dei morfemi che la costituiscono è rigido/fisso

gatto (gatt-o)

-I confini di parola sono punti di pausa potenziale nel discorso

-La parola è di solito separata/separabile nella scrittura

-Foneticamente la pronuncia di una parola non è interrotta

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Livello sintattico

La sintassi (dal greco sýntaksis, propriamente “combinazione (di parole)”) è il livello

di analisi della lingua che, insieme alla morfologia, si occupa dell‟organizzazione

del significante in quanto portatore di significato

L‟oggetto di studio della sintassi è la struttura delle frasi.

Il principio generale per l‟analisi della struttura delle frasi è – come nella fonologia

e nella morfologia – la scomposizione o segmentazione in elementi più piccoli della

frase stessa, chiamati costituenti. Questi elementi possono essere formati da

semplici parole, ma anche da gruppi di parole chiamati espressioni o sintagmi.

L‟italiano dispone di una relativa libertà movimento dei costituenti, garantita da

mezzi sintattici al servizio della focalizzazione (come l‟inversione del soggetto e la

dislocazione a destra o a sinistra di un costituente, con eventuale ripresa

pronominale). I mezzi sintattici sono i mezzi intonativi, e in particolare dell‟accento

di enunciato che può cadere su questo o quel costituente, conferendogli un

maggiore rilievo rispetto agli altri. Esistono poi mezzi lessicali, come i cosiddetti

“avverbi focalizzatori” (anche, proprio, perfino, soltanto, addirittura ecc.)

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Frase ed Enunciato

L‟unità di base della sintassi è la frase.

Della frase sono state date molte definizioni diverse, che ruotano però intorno a

due concetti fondamentali:

• la completezza strutturale, cioè la frase è un‟unità strutturale completa di tutte le

parti previste dalle regole della grammatica;

• la completezza semantica, cioè la frase è un‟unità dotata di “senso compiuto”,

capace cioè di veicolare un messaggio completo anche al di fuori di un testo o di un

discorso.

Da questo punto di vista, la frase si distingue dall‟enunciato come porzione di

testo o di discorso compresa tra due pause forti (o tra due segni di punteggiatura

forti).

L‟enunciato, a differenza della frase, può essere grammaticalmente incompleto e

può appoggiarsi al contesto, cioè alla situazione in cui avviene lo scambio

comunicativo, o al cotesto, ovvero al testo che precede o che segue, per completare

il proprio significato.

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Livello semantico

E‟ il livello che studia il piano del significato

Il significato di una frase è la somma e combinazione dei significati dei lessemi che

la compongono; il lessema corrisponde a una parola considerata dal punto di vista

del significato

ENUNCIATO è una frase considerata dal punto di vista del suo concreto impiego in

una situazione comunicativa, come segmento di discorso in atto; enunciato è dunque

unità del sistema linguistico.

Un aspetto importante del significato degli enunciati è quello PRAGMATICO che

riguarda che cosa si fa in un determinato contesto situazionale e chiama quindi

direttamente in causa l‟intenzionalità del parlante.

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Gli atti linguistici

La lingua è studiata come modo d’agire.

Gli enunciati prodotti nella normale interazione verbale costituiscono gli

ATTI LINGUISTICI. Produrre un enunciato equivale a fare

contemporaneamente tre cose distinte:

ATTO LOCUTIVO: consiste nel formare una frase in una data lingua una

proposizione con la sua struttura fonetica, grammaticale, lessicale;

ATTO ILLOCUTIVO: consiste nell‟intenzione con la quale e per la quale si

produce la frase;

ATTO PERLOCUTIVO: che consiste nell‟effetto che si provoca nel destinatario

del messaggio, nella funzione concreta effettivamente svolta da un

enunciato prodotto in una determinata situazione.

L‟aspetto centrale degli atti linguistici è l‟atto illocutivo , ovvero l‟affermazione,

la richiesta, la promessa, l‟invito…

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Metodi per l’analisi del significato

Uno dei metodi per l‟analisi del significato è l‟ANALISI COMPONENZIALE

Il principio su cui si basa tale metodo è del tutto simile alla scomposizione dei

numeri in fattori primi in algebra, si tratta infatti di scomporre il significato dei

lessemi comparando i lessemi gli uni con gli altri e cercando di cogliere in che cosa

differisce il loro rispettivo significato, in pezzi o unità di significato più piccoli.

Es.

/UMANO/ /ADULTO/ /MASCHIO/

“uomo” + + +

“donna” + + -

“bambino” + - +

“bambina” + - -

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Interfaccia

Il precedente elenco di livelli (fonologico, morfologico, sintattico,

semantico) non deve essere considerata una lista chiusa.

Con lo sviluppo degli studi della lingua in rapporto al contesto e agli

utenti, lo studio della pragmatica della lingua, si è aggiunto, ad esempio, il

livello della pragmatica.

Un concetto sviluppatosi nell‟ambito della linguistica formale e tratto dai computer

studies (il termine indica gli insieme di strumenti, hardware e software, che permettono

all‟utente di interagire con il computer e, per estensione, con qualsiasi macchina) viene

utilizzato per parlare delle connessioni fra i vari livelli di descrizione, è quello di

interfaccia (Ramchand e Reiss 2007).

Si parla di interfaccia sintassi-fonologia, sintassi-semantica, sintassi- pragmatica

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Le proprietà della lingua

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Proprietà della lingua

CARATTERE FUNZIONALE

PRODUTTIVITÀ

ONNIPOTENZA SEMANTICA

Riflessività

LINEARITÀ

TRASPONIBILITÀ DEL MEZZO

DOPPIA ARTICOLAZIONE

BIPLANARITÀ

ARBITRARIETÀ

VARIABILITÀ DELLE LINGUE

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Biplanarità e Doppia Articolazione

La lingua è un sistema dei segni linguistici Codice In ogni segno (unità fondamentale della comunicazione) compreso quello linguistico,

esistono due piani

La doppia articolazione è la proprietà che caratterizza la lingua e che consiste nella

proprietà del significante di segmentarsi, articolarsi a due livelli diversi.

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Economia funzionale e produttività linguistica

Dal potere delle unità di primo e secondo livello di ricombinarsi e di costruire a partire da un

numero finito di elementi un numero indefinito di unità di livello superiore, il potere

combinatorio delle lingue, discendono due proprietà della lingua, l’economia funzionale e la

produttività linguistica. Con la lingua è sempre possibile creare nuovi messaggi (Berruto.

Con la lingua da un lato è possibile produrre messaggi sempre nuovi, dall‟altro è possibile

associare messaggi già usati a situazioni nuove. La produttività è resa possibile dalla doppia

articolazione che permette una combinatorietà illimitata di unità più piccole in unità via via più

grandi. A partire da un numero finito di elementi si possono produrre combinazioni

(potenzialmente) infinite: cas + in/ett/on/at/acci/upol/ + a

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Morfemi

unità minime di prima articolazione

Fonemi

unità minime di seconda articolazione

Economia funzionale e produttività linguistica

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Linearità e discretezza

Per linearità del segno si intende che il significante viene prodotto, si realizza e si

sviluppa in successione nel tempo e/o nello spazio.

PARLATO successione temporale

SCRITTO dipende dallo specifico sistema di scrittura utilizzato

(nella scrittura alfabetica è lineare, ma la direzione della successione varia per convenzione

da lingua a lingua)

Il carattere della linearità per il parlato viene a cadere quando se ne sottolinea il suo essere

multimodale, un processo semiotico che coinvolge più modalità comunicative e lo stesso può

valere per lo scritto

Per discretezza dei segni si intende il fatto che la differenza fra gli elementi, le unità

della lingua, è assoluta; c‟è un confine preciso fra un elemento e un altro.

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ARBITRARIETÀ Aristotele parlava dell‟arbitrarietà come di una caratteristica delle lingue

Il rapporto fra significante e significato è del tutto immotivato, non derivante da una qualche

somiglianza o relazione naturale fra forma e concetto o forma e cosa identificata, ma è stabilito per

convenzione.

L‟arbitrarietà è una caratteristica specifica del segno linguistico che si contrappone all‟iconicità e con

l‟affermazione del “trasmesso” è sempre più oggetto di riflessione (rapporto significato-significante) Arbitrarietà è sinonimo di opacità, convenzionalità, immotivazione

Iconicità corrisponde a trasparenza, naturalezza, motivazione.

Saussure afferma che il legame fra significante e significato è arbitrario in quanto non vi è nessuna

relazione naturale fra significante e significato (non c‟è niente nella parola “mare” che evochi il significato

di massa di acqua)

Per Berruto al principio dell‟arbitrarietà dei segni linguistici esistono eccezioni come le onomatopee o

certe parole indicanti versi di animali (tintinnio, sussurrare..) che imitano nel loro significante il suono o il

rumore che designano e presentano un aspetto più o meno iconico. Alle onomatopee si associa

tradizionalmente come esempio di eccezione al carattere arbitrario della lingua il fenomeno del

fonosimbolismo (D’Annunzio).

Es. ted. kalt „freddo‟ – it. caldo „caldo‟, freddo „freddo‟

ted. brot „pane‟ – it. brodo „brodo‟, pane „pane‟

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IL CARATTERE FUNZIONALE

Capacità di una lingua di realizzare funzioni comunicative diverse

La lingua permette di adempiere ad una lista molto ampia di funzioni diverse.

Il linguista di origine russa Roman Jakobson identifica 6 classi di funzioni

Funzione emotiva/espressiva: un messaggio linguistico volto ad esprimere sensazioni del parlante “che bella sorpresa!”

Funzione metalinguistica: messaggio volto a specificare aspetti del codice o calibrare il messaggio sul codice “ho detto pollo non bollo!”

Funzione referenziale: il messaggio definisce informazioni sulla specifica realtà esterna “l‟intercity per Milano delle ore 15 parte sul binario 2”

Funzione conativa: messaggio volto a far agire in qualche modo il ricevente, ottenendo da lui un certo comportamento “chiudi la porta!”

Funzione fatica: messaggio volto a verificare e sottolineare il canale di comunicazione e/o il contatto fisico o psicologico fra i parlanti “pronto, chi parla?”

Funzione poetica: messaggio volto a mettere in rilievo e sfruttare le potenzialità insite nel messaggio e i caratteri interni del significante e del significato “la gloria di Colui che move per l‟universo…”

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LA TRASPONIBILITÀ DEL MEZZO

Il significante dei segni linguistici possiede un‟altra proprietà molto

importante: può essere trasmesso sia attraverso il mezzo aria, il canale

fonico-acustico, sia attraverso il mezzo luce, il canale visivo o grafico.

Anche se i segni linguistici possono essere trasmessi o oralmente o

graficamente, il carattere orale è tuttavia prioritario rispetto a quello

visivo: il canale fonico-acustico appare il canale primario.

La trasponibilità del mezzo richiama l‟attenzione sulla dicotomia

scritto/parlato e sulla concezione di variazione diamesica, campo di studi

particolarmente sviluppato nella linguistica italiana e a cui ha dato nuova

linfa l‟affermarsi degli studi sui cosiddetti nuovi media, pervenendo alla

conclusione che:

La lingua può trasmettere i suoi messaggi attraverso media diversi

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LA VARIABILITÀ DELLE LINGUE

La variabilità delle lingue consiste nella proprietà delle lingue di variare nel tempo

(diacronica ) e nello spazio (sincronica), attraverso gli strati sociali e nelle diverse

situazioni, nell‟uso di modalità espressive diverse: le lingue non sono dei monoliti,

ma strutture dinamiche che variano in accordo a parametri di natura diversa.

Sincronia/diacronia: la conoscenza diacronica facilita l‟apprendimento sincronico.

1: la declinazione dei temi in –s in latino (es. mus, muris; genus, generis) diviene più

chiara se si spiega la legge fonetica per cui ogni –s intervocalico latino passa in –r-

(rotacismo): mur-is e gener-is stanno per *mus-is e *genes-is.

2: la spiegazione dei plurali francesi di tipo: cheval, pl. chevaux si chiarisce in base alla

legge fonetica francese per cui /l/+C → /u/ (es. ALBA > aube; ALTERUM > autre;

FALCONEM > faucon): CABALLOS > cabal(l)s > chevals > chevaux (CAPILLOS >

cheveux ; BELLOS > beaux ;AVICELLOS > oiseaux).

La variazione linguistica segue delle regole, non è un caos sregolato, che sfugge ad

ogni indagine scientifica, per questo i sociolinguisti hanno sottolineato il carattere di

“eterogeneità regolata” delle varietà .(Labov, Herzog 1968).

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LA VARIABILITÀ DELLE LINGUE

L‟ unità teorica offre tantissimi spunti per riflettere sulla “variabilità” linguistica, che

con i suoi parametri

(Diacronia, Diatopia, Diastratia, Diafasia, Diamesia) condiziona ed attualizza

l’italiano standard.

Alla domanda se “la lingua cambia in relazione alle diverse variabili”, la risposta è

ovvia, soprattutto, se si prende in considerazione la variabile diamesica, costituita

dal mezzo o canale di trasmissione attraverso il quale si diffonde il messaggio: tale

mezzo può essere quello fonico-uditivo (lingua parlata), quello visivo (lingua scritta),

quello relativo a mezzi moderni come il telefono, la radio, la televisione e Internet,

che possono utilizzare sia la lingua scritta sia la lingua parlata, a volte anche

combinandole tra di loro.

Tendenzialmente questa forma di variazione si riduce alla dicotomia tra scritto e

parlato

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LA VARIABILITÀ DELLE LINGUE

Nella società moderna però questa dicotomia sta perdendo velocemente a

il suo valore, in quanto, soprattutto grazie ai nuovi mezzi tecnologici di

comunicazione (Diatecnia, secondo Ilaria Bonomi) si ha una grande

diffusione di messaggi scritti con alto grado di informalità e colloquialità e

viceversa si stanno affermando sempre più varietà orali caratterizzate da

spiccata formalità.

L’intercambiabilità del mezzo indica che ogni messaggio parlato può

essere espresso attraverso il canale dello scritto e viceversa. L‟asse della

variazione diamesica non può essere considerato come gli altri, ma una

dimensione della variazione che attraversa e si interseca con tutte le altre,

rendendo difficile poter individuare quale sia quella prevalente

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Parlato e Scritto

Halliday (1985) ha sottolineato la differenziazione funzionale di parlato e scritto:

“Scrivere e parlare non sono solo modi alternativi di compiere le stesse cose, piuttosto sono modi

di fare cose diverse. La scrittura si sviluppa qualora la lingua debba assumere nuove funzioni

nella società.”

Secondo Halliday, parlato e scritto si differenziano anche nel modo di manifestare la complessità

linguistica: il parlato presenta una maggiore complessità dal punto di vista sintattico, mentre

lo scritto dal punto di vista lessicale. Le parole scritte sono più dense da un punto di vista

semantico, mentre nel parlato prevalgono parole vuote, ripetizioni, fatismi. La maggiore

densità semantica dello scritto è una conseguenza del modo concettuale di rappresentare la

realtà: lo scritto ne presenta una visione sinottica e la realtà è vista non come processo, ma

come prodotto, risultato. Da questo consegue la maggiore utilizzazione di elementi nominali e

di nomi che traducono processi in prodotti, ovvero nominalizzazioni. Sui rischi di un eccessivo

uso di nominalizzazioni nella lingua scritta, in particolare nei suoi usi amministrativo-

burocratici e nel linguaggiotecnico-scientifico è di particolare rilievo il contributo della Critical

Discourse Analysis.

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Nominalizzazione

La nominalizzazione permette una rappresentazione della realtà da cui

scompaiono gli agenti (Orletti 2009;2010) e per questo raggiunge un‟astrazione e

un‟asetticità proprie della comunicazione burocratica.

Il parlato, invece, rappresenta la realtà come un fatto dinamico, in fieri, di qui il

maggiore uso di strutture verbali.

L‟affermazione della maggiore complessità sintattica del parlato sembrerebbe

andare contro alla tradizione che attribuisce al parlato un carattere

prevalentemente paratattico, con prevalenza di coordinazione, rispetto allo scritto

in cui prevale la subordinazione. Qui Halliday, in realtà, allude al carattere

segmentato, fratturato del parlato, dal punto di vista sintattico, conseguente al suo

essere scarsamente pianificato e fortemente interattivo.

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PARLATO, SCRITTO, TRASMESSO

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“Nel corso del Novecento ai canali tradizionali di trasmissione del

linguaggio verbale costituiti dal parlato e dallo scritto si è aggiunto un

terzo mezzo, il trasmesso.

In una prima fase si è trattato prevalentemente di “parlato a distanza”

(telefono, radio, cinema, televisione), poi si è aggiunto anche lo” scritto a

distanza” (siti Internet, posta elettronica, chat lines, messaggini telefonici)”.

Nella letteratura sulla CMC, la comunicazione mediata dal computer,

è stata introdotta la nozione di discorso elettronico e di pidgin

elettronico, varietà mista di scritto e parlato propria delle chat, le

conversazioni virtuali e dei forum di discussione.

http://magazine.unior.it/ita/content/franca-orletti-la-nostra-realta-e-mediata-dal-linguaggio

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Il Prof. Sabatini nell'Unità teorica" La lingua nella concretezza del testo"; tra gli

spunti di una riflessione che può aiutare ad eliminare inutili "conflitti" (pag. 36 UT)

afferma "... non si commetta nei confronti della lingua e della grafia dei telefonini lo

stesso errore che si commetteva, e talora ancora si commette. nei confronti dei

dialetti: la non padronanza dell’italiano non dipende dall’esistenza dei dialetti, ma dal

non apprendimento (e dunque dall’inefficace insegnamento) dell’italiano.“

Sarebbe, quindi, un errore non riflettere sull'Arbitrarietà della lingua, sul

rapporto fra Significato e Significante, sulle convenzioni linguistiche,

sulle caratteristiche di nuove forme di comunicazione.

"Parlare di questa lingua-afferma l'autore- non significa concederle diritto di esistere

(questo diritto se lo è preso da tempo e da sé) ma significa farne oggetto di interesse

riflessivo da parte degli alunni, mostrarla in confronto alle altre che pure esistono, e

significa dire che è importante conoscerne tante, di lingue e di registri e saperle usare

al momento giusto, così come è normale vestirsi in maniera diversa a seconda delle

occasioni."

LA COMUNICAZIONE SCRITTA VIA INTERNET, VIDEO CHAT, CELLULARE…

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L’ITALIANO DIGITATO

La sorta di complicità e ammiccamento che caratterizza la varietà

giovanile viene favorita dalle nuove condizioni di scrittura, per cui

attraverso l‟italiano “digitato”, i giovani si sono riappropriati della scrittura,

ma ci si accostano non preparati. La scarsa confidenza con l‟italiano scritto

della norma, porta non solo i giovani, ma gran parte degli italofoni ad

usare un registro unico (per ogni tipo di testo e per ogni destinatario),

dietro al quale si nasconde l‟incapacità di dominare un appropriato livello

di lingua.

Questo ulteriore indebolimento della norma fa sì che il parlato come anche

lo scritto trasmesso dei giovani sfumi sempre di più in quell‟italiano

informale che gran parte degli italiani usa come registro unico. di Patrizia Manili

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La Grammatica Questa parola evoca diverse immagini, diversi pensieri; accanto a questa parola ci possono

essere diversi modificatori, che danno ad essa diverse accezioni.

Se la grammatica è una descrizione del sistema linguistico, in base alla teoria della lingua

che sta alle fondamenta, possiamo avere diverse grammatiche:

Grammatica di Port Royal: è la grammatica “tradizionale”, quella delle parti del discorso e dei modi e tempi verbali; è basata sugli studi linguistici grammaticali, culminati nel 17° secolo nella Grammaire Générale et Raisonnée dell‟abbazia di Port-Royal, nata dall‟idea illuministica che, attraverso la ragione, fosse possibile individuare delle categorie grammaticali universali per l‟analisi delle lingue, categorie quindi “generali” e “ragionate”;

Grammatica Generativa: per Chomsky (1957, 1965) esiste un sistema finito di regole in grado di generare tutte e solo le frasi corrette di una lingua, sistema di regole che prevede dei principi universali, che nascono nella mente del parlante; nella grammatica generativa è adottato un criterio formale che vede la frase come combinazione di due costituenti fondamentali: un gruppo nominale (sintagma nominale, SN) che fa da soggetto della predicazione e un gruppo verbale (sintagma verbale, SV) a cui è affidata la predicazionei o presentato (grammatica generativa e grammatica valenziale)

Grammatica Funzionale: basa la descrizione della lingua a partire dalle sue funzioni, cioè dai suoi usi e

scopi, per arrivare alle forme che esse esprimono. Il nome di riferimento è Martinet

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La Grammatica

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Grammatica Valenziale: basata sull‟opera del francese L. Tesnière (1959) parte da una metafora presa dalla chimica: un verbo per poter completare la propria struttura semantica si lega ad altre unità linguistiche; ci sono quindi verbi a valenza zero (piovere), monovalenti (vivere, correre), bivalenti (mangiare, telefonare), trivalenti (dare, portare); in Italia il modello è stato adottato dal latinista Germano Proverbio (1976, 1981, 1984) e applicato alla descrizione dell‟italiano da Francesco Sabatini in manuali scolastici di grammatica (1980, 1984, 2011) e nel dizionario DISC che descrive tutti i verbi a lemma secondo il principio della valenza.

Grammatica Eclettica: ricorre a metodi diversi a seconda del fenomeno considerato e li integra in un‟unica teoria.

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La Grammatica valenziale nella didattica FUNZIONI SINTATTICHE E RUOLI SEMANTICI

La proposta del Prof. Sabatini, modulata sulla base dei principi della grammatica valenziale

di Tesnière , si fonda sull‟individuazione della struttura argomentale del verbo a partire dalle

competenze possedute dagli alunni nella sfera semantica: la selva dei complementi che affolla i

libri di grammatica sarà ricondotta in modo empirico alle semplici categorie di:

Dipendenza o valenza: ciò che dipende direttamente dal verbo

Circostante: ciò che non è necessario al completamento semantico del verbo, ma a quello dei

suoi argomenti, di cui circoscrive il significato

Espansione: ciò che non dipende né dal verbo né dalle sue dipendenze.

Nel modello valenziale la frase è vista come risultato delle relazioni (“valenze”) che il verbo

stabilisce con i suoi argomenti, ovvero con gli elementi nominali necessari per completare il suo

significato: F = V + argomenti

A differenza del generativismo chomskyano, la grammatica valenziale ha il grande vantaggio

di essere assai adatta a scopi didattici

Per approfondire http://dizionari.corriere.it/cgi-bin/sabcol/trova Sito del dizionario Sabatini Coletti

Grammatica valenziale (Materiali Prof. Sabatini)

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Ognuna di queste modalità di descrivere una lingua ha le proprie basi scientifiche e ha un

posto rilevante nell‟insegnamento delle lingua. Quale sia il migliore è difficile dirlo: a

seconda della lingua in oggetto, della situazione didattica, del periodo storico, del tipo di

studente, le scelte possono essere sicuramente diverse. È possibile, dunque, che certi fatti

linguistici possano apparire corretti ad alcuni, inaccettabili ad altri. Le ragioni delle

discrepanze possono essere le più varie, ma certo la più importante e frequente è

l‟articolazione delle lingue, e dell‟italiano in particolare, in varietà (regionali, sociali,

situazionali) e sottovarietà. Una certa espressione potrà venire giudicata scorretta solo perché

informale, o semplicemente perché lontana dalle abitudini linguistiche di chi la sta prendendo

in esame. È un bene quindi che gli alunni arrivino a capire che esiste nella nostra lingua un

nucleo comune costituito da regole molto generali e accettate in tutte le situazioni e in tutti gli

angoli della penisola, cui si accompagna però la gamma delle variazioni: le une e le altre

sono a pari titolo „lingua italiana‟, e sulle une e le altre si può, anzi si deve, esercitare la

riflessione, in una prospettiva didattica moderna che amplia il concetto di competenza

linguistica in competenza comunicativa, radicandosi in una grammatica volta al recupero

tanto del parlante quanto del contesto situazionale.

Grammatica

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