LIBRO PRIMO - Facoltà di Lettere e Filosofia · 3, l. So che il libro di Enoch, che ha attribuito...

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ELEGANZA DELLE DONNE LIBRO PRIMO 1, 1. Se ancora rimanesse in terra una de pa al premio che se ne aspetta in cielo, senza dubbio nessuna di voi, sorelle amatissime, una vol- ta conosciuto il Dio vivente e preso coscienza della propria condizione, ossia di quella mminile (1), avrebbe bramato un abito più elegante, per non dire più vanitoso, al punto che si troverebbe più a suo agio in abiti dimessi e desidererebbe piuttosto ostentare vesti da lutto, presentandosi come un'Eva afflitta e in penitenza, in modo da riscattare, con ogni sor- ta di abbigliamento da discolpa, il retaggio che le deriva da Eva - vale a dire l'ignominia della prima colpa - e l'odiosità di aver mandato in rovina il genere umano. Tu, donna, partorisci tra dolori angosciosi, la tua �ensione è per il tuo uomo ed egli è il tuo padrone: e non sai di es- sere Eva (2)? 2. In questo mondo è ancora operante la sentenza divina contro codesto tuo sesso: è necessario che duri anche la condizione di ac- cusata (3), Sei tu la porta del diavolo, sei tu e hai spezzato il sigillo del- l'bero, sei tu la prima che ha trasgredito la legge divina, sei stata tu a circuire colui' che il diavolo non era riuscito a raggirare; tu in maniera tanto cile hai annientato l'uomo, immagine di Dio (4); per quello che hai meritato, cioè la morte, anche figlio di Dio ha dovuto morire: e hai

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�NARUM

JS

s, quanta merces eius expecta­res dilectissimae, ex quo deum iinae condicione didicisset, lae-1ppetisset, ut non magis in sor­�. ipsam se circumferens Evam , quod de Eva trahit - ignomi­ionis humanae - omni satisfac­ixietatibus paris, mulier, et ad ur tui 8: et Evam te esse nescis? in hoc saeculo: vivat et reatus oris illius resignatrix b, tu es di­un suasisti, quem diabolus ag­em e, tam facile elisisti; propter 1s dei mori habuit: et adomari

,,,

:f. 1 Cor. 11, 7; 1 Tiro. 2, 13-14.

lelle donne alla fede nei beni esca­> condizione di peccatrici. L' appd­ao impiegati, simmetricamente, al­w, accostato a unus e verus, tradu­dio «dei morti», gli idoli dd paga­� christianorum, cit., pp. 76-78). : posta in statÒ d'accusa tramite il nna di Eva (Gn 3, 16), di cui Ter­lall'uomo. one agli abiti da penitente: la sen­� pertanto vive in reatus, termine

L'ELEGANZA DELLE DONNE

LIBRO PRIMO

1, 1. Se ancora rimanesse in terra una fede pari al premio che se ne aspetta in cielo, senza dubbio nessuna di voi, sorelle amatissime, una vol­ta conosciuto il Dio vivente e preso coscienza della propria condizione, ossia di quella femminile (1), avrebbe bramato un abito più elegante, per non dire più vanitoso, al punto che si troverebbe più a suo agio in abiti dimessi e desidererebbe piuttosto ostentare vesti da lutto, presentandosi come un'Eva afflitta e in penitenza, in modo da riscattare, con ogni sor­ta di abbigliamento da discolpa, il retaggio che le deriva da Eva - vale a dire l'ignominia della prima colpa - e l'odiosità di aver mandato in rovina il genere umano. Tu, donna, partorisci tra dolori angosciosi, la tua �ensione è per il tuo uomo ed egli è il tuo padrone: e non sai di es­sere Eva (2)? 2. In questo mondo è ancora operante la sentenza divina contro codesto tuo sesso: è necessario che duri anche la condizione di ac­cusata (3), Sei tu la porta del diavolo, sei tu che hai spezzato il sigillo del­l'Albero, sei tu la prima che ha trasgredito la legge divina, sei stata tu a circuire colui' che il diavolo non era riuscito a raggirare; tu in maniera tanto facile hai annientato l'uomo, immagine di Dio (4); per quello che hai meritato, cioè la morte, anche il figlio di Dio ha dovuto morire: e hai

giuridico che indica lo spazio di tempo in cui il reo attendeva la sentenza, du­rante il quale non soltanto l'imputato ma anche familiari e amici non si taglia­vano la barba e i capelli e indossavano vesti sporche e logore.

(4) La sequenza anaforica tu es .. , tu es ... tu es ... tu es ... tu ... rende mar­tellante la serie di accuse rivolte alla donna, porta dd diavolo, che ha aperto l'in­gresso al peccato e alla morte. Sul modello paolino (1 Tm 2, 13-14) Tertulliano riversa interamente la responsabilità della colpa sulla donna e sottolinea la pre­rogativa maschile dell'essere immagine di Dio (1 Cor 11, 7). Cf. Vt'rg. 7, 2.

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I, I, I, 2 • 2, I

ticas d? 3. Age nunc, si ab initio s arbores nerent, et Tyrii tingc­intexerent, et margarita cande­uoque aurum iam de terra curn tantum mentiri liceret, et haec mortua, opinar. Ergo nec nunc cere, guae nec habuerat nec no-damnatae et mortuae mulieris

neris constituta.

mt, damnati in poenam mortis as hominum de caelo ruerunt c, at. Nam cum et materias guas-1 bene revelatas saeculo multo et metallorum opera nudave­incantationum vires provulga­.tellarum interpretationem de­!r feminis instrumentum istud apillorum quibus monilia va­ti.a artantur, et medicamina ex ipsum nigrum pulverem quo

Cf. Enoch 8, 1-3.

iche di pelle sono le vesti che Dio , 21), con cui Tertulliano indica lalebile e impresso sulla donna e che re. In Val. 24, 4 Tertulliano confu­it:ae con i corpi umani, già in Filo­dalla nudità alla copertura dei pro­Je a una materiale (cf. C. Noce, Ve­'Jrigene, Roma 2002, pp. 99ss.). per assurdo: se anche le artes fos­erato i prodotti quando ormai era

località note nell'antichità classi­li Caria, in Asia Minore, fin dal VI ,rdano diversi autori pagani e an­:ri, abitanti della regio Serica, nel­oosciuti per il commercio della se­lla seta, come Plinio (Nat. Hist. 6, 1 l'arte tessile di Mileto con quella mcipalmente su tessuti di lana. Cf.

'• 8) gli specchi sfigurano (ob/i-1ente le proporzioni dell'immagine

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ancora in animo di coprire di ornamenti le tue tuniche di pelle (5)? 3. E ancora. Se dall'origine del mondo (6) i milesi tosavano le loro pecore, se i seri filavano la seta dei loro alberi, se i tirii tingevano, se i frigi ricama­vano e i babilonesi tessevano i loro broccati, se le perle erano di un can­dore abbagliante e le gemme scintillavano, se anche lo stesso oro era emerso dalle viscere della terra insieme alla cupidigia, se già anche lo specchio poteva mentire tanto (7), e se realmente Eva ha bramato queste cose, fu, io ritengo, dopo essere stata cacciata dal paradiso, già morta (8). Dunque, neppure ora deve desiderare o conoscere, se ha desiderio di ri­nascere, ciò che ella non possedeva e nemmeno conosceva quando era viva. Perciò tutto questo costituisce il bagaglio di una donna condanna­ta e morta, preparato, diciamo cosl._per l'accotl)P:;llmamento funebre.

2, 1. Di fatto anche quelli che hanno stabilito tutto ciò sono anch' es­si nel novero dei condannati a morte (9), quegli angeli cioè che si preci­pitarono dal cielo verso le figlie degli uomini, in modo che alla donna si aggiunge anche questa vergogna. Avendo infatti palesato al mondo, che nell'ignoranza si sarebbe trovato meglio, l'esistenza di talune materie op­portunamente nascoste e di talune tecniche svelate per lo più a nostro danno - se è vero che avevano mostrato il lavoro delle mihiere, se aveva­no fatto conoscere le pi.:oprietà delle erbe, divulgato i poteri delle forze magiche, manifestato ogni tipo di sapere occulto fino all'interpretazione degli astri -, in particolare e, per cosl dire, in modo speciale hanno for­nito alle donne tutti gli artifizi che servono a soddisfare la vanità femmi­nile: il luccichio delle pietre preziose che rende variegati i gioielli, i cer­chietti d'oro con i quali si stringono le braccia, le materie coloranti trat­te dal fuco con le quali si tingono le lane, e persino quella polvere nera

riflessa, che per contro Apuleio (Apol. 14, .5-8) difende come la più fedele alla realtà. Tertulliano può qui alludere alla menzogna dello specchio che rimanda l'aspetto del corpo e non dell'anima. Cf. qui, introduzione, p. 33.5.

(8) Con brevi efficaci tratti, la raffigurazione della donna penitente è tra­sformata in quella della donna morta nel peccato, che allestisce il suo funerale con tutto l'apparato della toeletta, Il termine pompa (corteo solenne) nelle testi­monianze cristiane assume significato negativo: in Tertulliano, cf. Cor. 13 (pom­pae diaboltì e Pud . .5 (pompa et suggestus moechiae).

(9) Continua la metafora processuale. Tra i condannati a morte sono an­che gli angeli, chiamati in causa con i primordia saeculi, cosl che il problema del lusso femminile assume un ordine teologico (R. Braun, Le problème des deux Ji. vres du De cultu feminarum de Tertutlien, cit., p. 137), che non sottrae tuttavia la donna dalla/acies di "seduttrice" (G. Sfameni Gasparro, La donna nell'esege­si patristica di Gen. II-III, in La d<Jnna nel pensiero cristiano antico, cit., p. 29), che trascina nel decadimento non solo l'umanità ma anche le entità spirituali. Tertulliano ritiene ispirato il libro di Enoch (cf. 1, 1, .3), estensione apocrifa del

1,2..5-3,2.

nor, quod Chrisro et Bdia� . l"- Jecreturì adversus eoi;, quo• '8dem nmc substantia a?1�dì.'.ll' m iu.Jicmdi i dignationem pc..l­nt.i:- r2s t;omm praedamnai,dn, • potius nos iudicahunt .uqite

bune ordìoem angelìs dedK ·marium Iudaicum adminitur.,dysmum editam post cum C.·

ahrn.m esse potuisse. Si ,sta r-.t··Eno.:-h k fuisse superstitem �•·,mme et hereclitaria1encs deum grntia et deo suo Mathusalae nìhH,c,�tcris suis traderet. lgirur : dekgationem succcs:-ii-st\ fOMervatoris sui dìsposÌU<.l{i/t •<.: sì non tam expedite haheref, ìilius merctut: proinde potut!. i in spiritu rnrsus ,onia t'.Xpugrrntione ddetis om­. pt:r Esdram constar resrnu;;1,..

•· Cf. Cé'n. 5, 21-28.

'.ttac,ili, lusso, onnrì, etc. id. ,,;J>t;1mc, Paris l 979) .• �cì deriva dall'ehrairn Bè.!w;...:.].bihnente da fa't1l (''utilità"). qi1i:l-<'l:me in latino.nequam: cL A. Roa--""'.',.lh lem·ratura aporalirtica giu.:1't,,:1.�atana, e Paolo (2 Cor 6, l'H i,;,d,,

·rvl:'rsi che si mllnifestano ndh, 'll'!lt.t

z11l:ttanti<1 angelica, prom,�s,a m1vi•on a11e.elm1e rnbstt.mtù1t.•; Jìziont· spi�ituale e asessuatl d1

11fJ/t angela). Sub1·t.utti .. 0hnnann, Obse1·uatio11 sur :.,, ki.'tif!#if m des Chrétie11s, Il, Roma I96L p .. :an, in ,�Journal of Thcologì�·:;r.ì �#-

L'ELEGANZA D.El,LE DONNE, 1, 1., 5 - '!, 7. 359

le relazione vi è tra coloro che condanneranno e coloro che saranno nlll· dannati? La st<:ssa, rìtengo, che esiste fra Cristo e Bdial (15). Con quale fermezza saliremo a quel triburn1le per deliberare contro coloro di mi de­sideriamo i doni? In effetti la stessa soi::tanza angelica ( l 6) era stata pro· messa anche a voi in quel tnomento, lo ste:sso sesso che, dato ai,.;li nomi• nL garantisce dì essere, ,ùlo stesso modo, degne di giudicare. S<.' noi quin­di già qni non avremo espr<>Sso un prinw gìndizio, cond,mnattdo ,mtici­patamente i loro doni, che poi sarà nostro dovere condannare in loro, sa ranno piuttosto gli angeli a giudicare e a condannare noi.

3, l. So che il libro di Enoch, che ha attribuito questo ruolo provvi­denziale ,1gli angeli, 11ot1 è accettato da a.lcuni perché non è ;,1mmesso nd canone delle Scritture giudaiche (l7). Essi non banno ritenuro, io penso, che quel libro, composto prinht del diluvio, abbia potuto conservarsi do• po quella sdagura che ha distrutto mtto su questa terra. Se questa è fa lo­ro opi11innc, si ricorditJo che proprio i1 pronipote di Enoch, Noè, f! so­prnvvissuto al diluvio universale. Egli in ogni caso, in ragione della sua parentela e della tradizione ereditaria, aveva appreso oralmente e si ricor­dava dd favort' goduto dal suo bisavolo presso Dio t" di tutte le :me pro­fezie, dal rnonx,nto che Enoch a suo figlio Matusalemme non diede altro compito che qudlo di rrnsmetrere la conoscenza di quc8tc ultime ai suoi posteri. Senza dubbio Noè ha potuto perciò succedere, n sua volta, nd l'inrnrico di trasmetkre il deposito profotico, anche perché, d'altrn par te, non avrebbe taciuto sia sul piano provvidenziale <li Dio che• l' avcw Stllvato, sia sulla gloria stessa della sua casa. 2. Se quest,¼ argomentazione non fosse ritc!tntta ahbHstanza ovvia, eccone un'altra che potrebbe ,ill· ch'essa difondere l'autorità di quel libro: anche se distmtto dalla violen­z,1 del diluvio, e�li (Noè) pot� sempre dcomporln sotto ispirazione divi­rrn, emù come sappiamo che, dopo la distruzione dì Gerusalemme ad opera dei babilonesi, fu ripristinato da Es<lra l'apparato delle Scritture

(17) Tertt1lliano difendt' la canonicità del Libro dì Enoch, di cui sembraconoscere quello "etiopico", così d<·tto perché tramandato in lingua J!.e'cz e dì cui era diffusa la tnidm:ionc greca Oc: ,1ltre due wrsioni sono il Libro di Enrn:h ''slavo'' e quello "ebraico"). 11 Libro di Enoch «etiopico», di quasi certa prove• nicnza giudaica (170-165 a.C.), importante prodotto ddl'apoculittica apocrifo, non è un librn organico, ma una raccolta di scritti diwrsi, con concetti sul Mes• sia, sul giudizio, la gehenna, il Regno dei cieli e sulle Spt'tànzc messiauiche del la vigilia, cui ln persona Ji Enoch (ìl rivelatore) eonfcrisee una certa uniti1 di compilazione. Come tutta la lctterntura apocalìt tica, è in forma di visioni e di ri­vdazioni ed t>bbe grande influenza sulla produzione postc:-tÌOl'e: d. A. Romeo, Ettoch, in EC lJ (1949), coll. 1405-1408; F Martin M. Lagrange, Le Me.1.1ùmi sme che:� k•s ]11ifs. Paris 1909, lertulliano scarta l'ipotesi che il libro non sia cn-1 rato nel canone giudaico perché attribuiva al pìono provvidenziale divino

,L L 3, 2 5, 2.

•u scriptum c·tiam de dc,minc,,o n:icìcndum est, quod pettioe,1rn aedificadoni habilem dìvitf•ri pmpterea reìectam sicut t-r ,:tr:-·utique mirnm boe, si scrìptu.t•,ui;:m et ipsmn coram loqu(;nt�J Enoch apud ludam aposWhl'?l,ì�

nota inusta sit pracJan:u:jtii.llA• nputetur pmeter repudìurn C,ieB

, tp1alirntes examinemus, m too· .:prehcndamus. Habirus fm,:.-.-è:.'t ùrnaturn. 2. Culturn dici:ra

·•1.�tulll quem immtu1dum m;.i:ilì:?"�mo et gemmis et vestibus d-tf)'I::·m1 pardum corporìs quac ,x:\���!1:Jirnu� t alteri prostit1rtioni!.,�x di$cìplinac: tuat· ..x1n;;i:fli.lill,,.ili{�er hurniiitatis et casdtatit-;-

é5 .nateriae cultus :-aen,Ì.1.ris; •i,. cei:. p! me glorìosior, quoniAtn • . ·· iftkinis poenali qperc depk.ras.a •

de torn1encìs in ornarr'":n;� .. _-_QI· honoi\:s aiernilì tefut,1,, m.1t.i!w,.:

dih:1\·i·o·. Su ,t,rr,.Ù,r c·c.rrne ,•'·i.tli�.rJf�::rut?l� cii .. . ,. p. 5&·.$_, __ .. _; • ,.... . . ., ,•. :nk-u· ' .""""'.t:-;._, .'"'··�.._:>1,,. rr>ec� . ,..,., •• "'·:"';-'·'' ,p,,nde o.m vtta �.(',;.x;o<IJa tesi:. iì! i•· 1.;,:h d.� p,ru: di N�. #l>llk� ,i;..-,. .. ·

tt· k: Spin� i:' 1' t.ut!:.tt .:'...::.- :..;.,:�. ·. ì>- ì,h,t.) •e �i,.�. W:iì(' r:��Ù..'U' 1,"�: �1 pe, ai•.� tt!n:s 11:\·1d.1her.n !dl1111t11:•· �4f ,;-; •ilJ,. f).a:� <i: w:l t�,-,. 'l'r, ..... ���" � f: :;:TW%ii0ili' •. ���:�--J:;f fi,,4('!:!:--�:i:--�'.--�-'aillri:t��l,!-,k i., .',lf·l-':U' ... ;i.� •f4•M e• , . -. " . --- --- t .. ·_ .. - ,

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L'.ELEGANZA DELL.E DONNE, l, 3, 2. • 5, l

giudaiche (18). ). Ma poicht� Enoch sernpre ndlo stesso libro ha profe­tizzato anche sul Signow, almeno noi non dohbiarno rHiut,ue ìn alcun modo nulla che possi1 riguardarci. E leggiamo cbe ogni libro mto ad istrnirci è ispìrnto da Dio. E sembra che proprio per questo motivo in se­guilo fu ricnsato dai gindei, come ancbt'. quasi tutte ft, altre testimonian­ze che rivelano il Cristo ( 19). E, ì11 ogni caso, non ci si deve meravigliate se non accettarono aknni libri che trattavano di col1ti che t>ssi non avrcb• bern accettato proprio mentre parlava loro a faccia a faccia. Si aggiunp;a il fatto che Enoch ha dalla sua l.1 tcstimonìanza dell\1posrolo Giuda (20).

4, l. ( >ra, si an11m·t1a pure che nessun marchio dì precedeme con• danna sia stato impresso allo sfarzo della donna dalla morte dd suoi prnrnotori; non sì imputi t1 queglì angeli null'ahro che il ripudio del cìe• lo e il matrimonio della carne. Esmniniamo il valore delle cose in s& per coglierne ugualmeme gli inviti alla coucupisceuza. La todettH della donna presenta un duplit:c aspetto: gli ornamenti e le cure di bdlez­za (21). 2. l ntendiamo per l'insieme degli ornamenti ciò che chiamano acconciatura femminile, p<::r cut(• di bellezza ciò che convert\·bbe d1i:1-marc sconcezza femminile. Cuno consiste nell'oro, nell'argenw, nelle pietre preziose e ndl'ahbigliamen10, l'altro nella curn dei citpelli. della pelle e di quelle parti del corpo che attirano gli sguardi, /\censiamo il primo di vanità, il secondo di prostituzione, ìn modo c:he già da qui tu possa intuire, serva di Dio, che cosa di questi aspetti sia conveniente al tuo genert, di viu,, tu che ti dichiari di principi opposti, che consistono cioè ndl'umiltà e nella castità (22).

5, L È nect·ssario che ci siano l'oro e l'argento, principali materie degli ornamenti mond,mi. La materia da dove provengono, cioè la ter· ra, diwnta chiaramente più gloriosa perché, doµo essere stata la dispc· razione dd lavoro dei eondannati nelle mo11ifcrc officine delle' male­dette mìnìere, essa ha perduto nel fuoco il nome di terra e quindi, fug gendo la miniera, si muta da tormento in ornamento, da supplizio in delizia, da disonore in onore (23 ). 2. Ma idemica è la condizione dd

(20) Proprio la cih1zì<mc di E110ch, giudicata positivamente da Agostino(Civ. Dn 15, 2.3, •t), aveva fotto dubihtre ,t Girolamo (Vii', lit. 4) della canoni­cìti\ dell'epistola di Giuda

(21) Ecco 1'.mto.refuli1tio con rnl è ricusata l'acrnsH rivolta a!,':li angeli,pnr sempre dl:'1ertores e colpevoli di nrntrìmonìo, dì ilVCr rivefato k· arte.i·. Si passa pertanto all'examen ddle qualitatcs rerum,

(22) T\•r l'analisi del paragrafo, cf. qui, introdoiionc, pp. 34hs. Sul rer·mine institutum (,.,, ciò che Dio ha stabilito). cf. R Bnmn, Dem chrirtianorum, cit., p, 394.

(23) CF. Sen. Nat. Quaest .. 3, 21, 2: nulla res est. quae nnn eius, quo nascitur, notas reddat; è un topoi diatribico il contrasto tra l'umile origine dì questi

374 DE cur:ru FEMINARUM, 2, 2,) - 3, 2

liges pruximum tuum sic:tt te ipsum 3•? Noltte ve stra tmt!um curare, sed dterius ,b? Nulla enuntiatio spirìrus sancri ad praesentem tantum ma­teriam, et non ad omnem urilitatis occasìonem dirìgi et suscipi potest. Cum igitur et nostra et aliorum causa versetur in studio pericolosissimi decoris, iam non tantum conficrae et elaboratae pulchritudinis sugge­stum recusanàum a vobis sdaris, sed etiam natura!is speciositatis oblit­terandum dissimuìatione er incuria, ur perinde ocu.lorum incursibus moÌeStum. 6. Nam etsi accusandus decor non est. :!t felicitas corporis, ut <livinae plasticae accessio, ut animae aliqua vestis bona, timendus est tam�� vei propter iniuriam et violentìam sectatorum: quam etiam pa­ter tidei Abraham in uxorìs suae specie pertimuit et somrem mentitus est Saram. Salutem contumelia redemit •-=.

3, 1. Nunc non sir timenàa dìgnitas formae, ut nec possidentibus gravis, nec appetentibus exìtiosa. nec coniunctìs pericuiosa; non expo• sita temptationibus, non circumdata scandalis Ad existimetur. Sufficit, quod angelis dei non est necessaria. Nam ubi pudicìtia, ibi vacua pul­chritudo, quia proprie usus et fructus pukhrirudinis corporis lmmrìa, nisi si quis aliam messem decori corooris arbitratur. IHae sibi formosi­tatem et datam extendant et non d;tam requirant, guae quod ab flagitatur sibi quoque praesrare se putam, cum alteri praestant. 2. Di­cet aliquis: Quid ergo? non et exdusa Ìuxuria et admissa castitate ìau­de formae sola frui et de bono corporis gloriari licet? Vìderit, quem iu­vat de carne gloriari ". Nobis autem primo quidem nullum gloriae stu­dium est quia gioria exaltationis ingenium est. porro exaltatio non con­gruit professoribus humilitatis •ì ex praescriptis dei. Deinde si

""Mt. 19, 19; 22, 39 ILev. 19, 18). ab 1 Cor. 10, 24. 13 (Gen. 26, 7). s<i Cf. Mt. ì8, 7. ""Cf. Phil . .3, 3. 5, 6: Iac. 4, 10.

(52) Il versetto diMt 19, 19 sull'amore deì prossimo e i'analoi:to di 1 Cur iO.24 ratificano fa precedente citazione paolina: la donna. consaç<.-v;le 2-el male al quale può indurre il prossimo, deve nor, solo evitare dì enfatiz:z;;re ìa Pl"1'..,firù1 bd, lezza, ma anche nemralizzar1a. Concetto già espresso a riguardo ddJ · ;du.herazk,-

' 11 • • l . 'l .I ne ae;;e matenae?: non e sotto accusa a be1.ezza naturl:l.le, ma ; perversi Sù>p; fh( se ne perseguono. Tertulliano difende la bontà del corpo e ìa sua !!rii.zia, dì oriti ne divina, con sottesa polemica amìgnostica. Cf. qui., intr0<Ì:Jzìor;t:, t}. }2:,_

153) A supporto dell'esortazione appena formulata, e chi,u-n�to in .:.mt_.l'inse�nam�mo veterotestamentario di Gn 12, Wss.: Abr,Eno, sul punte) di en­trare m Egitto, ,emenJo che gli egiziani, per rapirgli l'avvent·nte mocli,: S,.r1, ra�-rd,h:m ucç1sù, fa .:re,for<:- la d,.mna :ma sordÌl! <:' lihe .. 1 da vinçol(�-,�t1h�ì?iì:·; l� t·•f'-•r ,·tri'"V< .. n" -!'Lì l 1n , .. vr,ii·u:.:11,, nrt�tt•nd,,·ntt•. f'!.l!Ht)�..-n�i ir, an1e,t}to f.!' ttniat;b.

L'ELEGANZA DEILE DONNE, 2, 2, 5 - 3, 2 375

affinché gli altri si perdano i Do1/è finito dunque; «Tu amerai il prossi­mo tuo come te stesso» (52)? «Non cercate il vostro vantaggio soltan­to. ma quelio altrui»? Nessuna parola dello Spirito Santo può rivolger­si e concernere soltanto il suo oggetto presente e non tutte le occasio­ni in cui può essere utile. Poiché dunque nella sollecimdìne per un ti­po di bellezza piena di rischi viene coinvolta raltruì e la nostra sorte, saopiate che è vostro dovere non soltanto rifiutare il sostegno di una b�llezza artificiosa e ricercata, ma anche far dimenticare l'attrattiva na­turale cercando di dissimuiarla e trascurarla, come ugualmente danno­sa agli occhi che incontra. 6. ìnfattì, anche se Ìa bellezza non deve es­sere messa in stato di accusa come stato di grazia del corpo, come com­plemento al modello àivino e, se si può dire, piacevole veste dell' ani­ma, è pur tuttavia da temere per l'offesa e la violenza di chi si pone al suo seguito: ebbe timore di questi eccessi nella bellezza della sua spo­sa anche il padre della fede Abramo e fece credere Sara sua sorella. Eb­be cosi salva la vita a prezzo del disonore {53).

3, l. Ora, ammettiamo di non dover remere il privilegio della bellez. za come un fardello per chi la possiede. o una causa di perdizione per chi la brama, o un pericolo per i congiunti: non la si ritenga né oggetto di tentazione né attorniata da scandali. Basta però il fatto che essa non è ne­cessaria agli angeli di Dio. Infatti, laddove esiste la castità, la bellezz.a non ha funzione alcuna, poiché l'esercizio e il guadagno proprio della belJez. za del corpo è la lussuria, a meno che non si ritenga che la bellezza del corpo possa avere ur, altro frutto. Accrescano pure la loro bellezza natu· raie o cerchino invano qudla di cui sono prive quelle Òonne che credo­no di eseguire anche per se stesse ciò che è richlesto dalla bellezza, men­tre io eseguono per altri (54). 2. Qualcuno potrebbe dire: «Che dunque? Non è permesso. una volta respìma la lussuria e accettata la castità, usu­fruire soÌtanto dei pregio della bellezza e dei pregi del corpo?». Libero di vantarsi della carne colui a cui piace. Ma noi proprio non ce ne van­tiamo, principalmente perché la vanagioria è :.ma qualità dell'orgoglio. Inoltre l'orgoglio non si addice a coloro che fanno dichiarazioni di umil­tà, secondo le prescrizioni divine. Di. più, se ogni forma di wnto è inuti-

Àr!che �e Dio intervenne a favo�e dei due coniugi, portati aì cospetto deì Fa­raone, resta tuttavia il fono che Abramo avrebbe sacrificato il suo onore per lasaiveua.

ti-41 Altra amo-refutatw, cou rni 5cno negali gh argomenti appena discus• si suJi1 pedcolositi; dell:a beHezzij e ritorno su concetti già espressi: Ia. condizio­ne ,in�J:lica .. alla i.!u�le la dc-nn2 de•.,:c a.,p!111rr-, non richii�dt· la belk�zzaJ che per�t,mm t: t!i'Ìo wkuio ,!ell,s !m,,;uri11 I!' ddla falni pudidzii. delle d-:•n.ne pa,i;ant. La dnet�zklHt� i� funiionah:� �,U:-intto-dt11;,ion�: del p(�('t.ìti.) di vJnRg!ori�.

DE CULTC FEMINARUM, 2, 5, 2 - 6, 2

curem medicaminibus urgent, genas rubore macuiant, oculos fuligine porrigunt. Dìsplicet nimirum illis plastìca dei, in ipsis redarguunt et re­prehendum artificem omnium. Reprdiendunt enim, cum emendant, cum adiciunt, utique ab adversario artifice sumemes additamenta i.sta. 3. I<l est a diabolo. Nam quis corpus mutare monstraret, nisi qui et spi­rituro homi1ùs rnalìtia tram,figuravit? Ille indubitate huiusmodi ingeniaconcinnavit, ut in nobis quodam modo manus deo inferret. 4. Quod na­scitur, opus dei est. Ergo quod infingitur, diabolì negotium est. Divinooperi satanae ingenia superducere quam scelesrnm es;:! Servi nostri abinimids nosrris nihil mutuantm, milites ab hoste imperatoris sui nihiiconcupìscunt - de adversario enim eius, in cuius ma�u sis, alìquid usuijX)Stulare tran.sgressio est -: Christianus a malo illo adiuvabitur? Nesci,;.1

an hoc nomen ei pf:rs...."'Veret. Erit enim eius, de ruius instrui concupiscit, 5. Quam amem a vestris disciplinis et professionibus aiiena sunt, quamindigna nomini Christiano. faciem fictam gestare quibus sìmplicitas om�nis indicitur, effigie mentici quibus lingua non licet, appetere quod dastum non sit quibus alieni absrinentia tradimr, adulterium in specie exer­cere quibus studium pudicitiae sit'. Credite, benedictae. quo�odo prae­cepta dei custodietis, liniamema eius in vobìs non custodientes?

6, L Video quasdam et capillum croco venere. Pudet eas etiam na­tionis suae, quod non Germaniae atque GaHiae sint procreatae: ita pa­triam capilìo transferun�. Male ac pessime s:ibi ausoicantur flammeo ca .. pite, et decorum putant quod inquinant. 2, Atqurii et detrimentum criN

nibus medicaminum et inurit et cerebro perniciem etiam cuiuslibet sin� ceri bumoris assiduitas reservat, cum solìs animando simul et siccando capillo exoptabilis ardor nocet. Quìs decor cum iniuria? Quae cum

.. . {59) La donna coperta di trucco (urgent) era già oggetro della satira Jj G..ovenale (.2, 6, 461-473ì. Termlliano ricorre alla stessa fo!:'la verbale in f'�it. 11; 2 Uabw aut genas: urgent; e la medesima immagine è ,1i)ì·esa da Cipriltl'.I,(, (Hab virg. �7! e Commodiano Unstr. 2. 14). Cf. qui, imrc,duzione, p. H5.

(60; Ripresa dd tema del trucco degli occhi di L 2, L . {61 l Con _PJ:1stica Dei Tertulliano indica l'azione creatrice di Dio. ì,1Ìii in

�ut!: 2. 2, 6 (d: .)p__ec_t. 1�, 2; An._ 43, 1 �; R Braun, Dew Chrislw.m,rum. dt., p, >i. 11 Deus arti/ex e Il !e/è!Jttes aristotelico.

<62) Come precedentemente in 1, 2. 2 gli angeii hanno rivda!n le 11Ntc•J. e0s1 il diavolo suggerisce aUe àonne gli artificl dei trucco� per co11.,ur n1uta?r-�, a:1cora una volta la donna è strumento del dia\•OÌo. ·· ,

(63 J 1�ncorit sulla contrapposizione tra creazic\nt� e aheraziont tfrdt, n�tH

ra, dì cui già iri L 8. 2: la nati..:ra è opus. ìa iahìL:aziom, di.aboiic:a è ir.wc,;,; m­g/;tt.un1, inteso coa1e ti'affico ìosco� n1acch1nazione.

\64) U pa:-sc, pros:pett>.'l i.ila donna i p��xati m n,i p,·,rrchbe c11.:krc J,mbll>f, denJo ai pre,:;eni divini: l'incoc-renza tra pro±i,;s.ionc di k .. k. '! ,r1i.�fo di �'Ì\11., l.i fil, S;\ lesùrn.,nian:za dd nnme ,:rìsti.ana. un atteAAiami�nto in,�•mtitrnn.·. i'aPf,dt'!tiid

L'ELEGANZA DELLE DONNE, 2, 5, 2 - 6, 2 379

lui. infarti. quelle donne che tormentano la pelle con i cosmetici. tingo­no di rosset;o le guance i59ì, allungano gli occhi con nerofumo (60). Es­se, evidentemente, non sono soddisfatte dell'arte modellatrice di Dio; e in se stesse accusano e criticano l'anefice di ogni cosa. Disapprovano, in­fatti, men.::re correggono, mentre aggiungono, tanto più che questi ritc-c­chi sono presi dall'artefice avversario (61). 3. Cioè dal diavolo. Infattì chi mai potrebbe insegnare a modificare il corpo, se non colui che, con la malizia, ha trasformato lo spirito dell'uomo? È stato lui, senza dubbio, a suggerire tali invenzioni, per far violenza in qualche modo a Dio attra­verso noi t62ì. -i. Ciò che è secondo P-.atura è opera di Dio. Di conseguen­za ciò che è inventato artificialmente è lavoro del diavolo. So,Tapporre all'opera divina le invenzioni di Satana, che crirr1ine: I nostri schiavi non pr�dono in prestito nulla dai nostri nemici; ì soldati non desiderano nulla dai nemici del loro capo. È un'infrazione, infatti. chiedere alcunché di utile ali' avversario di colui dal quale si dipende. Il cristiano sarà aiuta­to dal maliRno? Non credo che potrà restargli questo nome. Perché egli apparterrà-� colui dai cui (insegnamenti) desidera essere ammaestrato (63). 5. Quante incongruenze con le regole che professate, quanta inde­gnità per il nome di cristiano nel porcare un viso fittizio da parte di colo­ro alle quali si prescrive ogni forma di semplicità, mentire con i'aspetto quando non è lecito farlo con la lingua, desiderare ciò che non si è rice­vuto quando ci viene insegnato ad asrenerci dai bene altrui. compiere adulterio nel fascino esteriore da parte di chi dovrebbe preoccuparsi del­la castità! Credetemi. o benedette, Ìil che modo osserverete i precetti di Dio, se non rispetterete le sue sembianze in voi (64)?

6, 1. Vedo che alcooe donne mutano anche il colore dei capelli con lo zafferano. Esse si vergognano persino dd loro paese nataìe, perché non sono nate in Germania o in Gallia. Così cambiano patria grazie ai ca­pelli. Cattivo, anzi pessimo presagio per loro quella resta coior di fiam­ma (65L E reputa..'10 bello ciò che deturpano. 2. Senza dubbio la poten­za corrosiva delle droghe brucia i capelli e l'applicazione continua di qualsivoglia liquido, anche puro, procura danno aì cervello, così ccme nuoce il calore deì sole, se pure desiderabile sia per ravvivare sia per asciugare ì capelli (66). Quale avvenenza è quella che si accompagna al

di ciò che non si oossiede, l'adulterio, che si ccmpie tramite ii fascino del corpo. . I 'b . • . i . che ;: ovreo e mvece nspettare ,a castztas. ,,65) I capelli tinti di rosso sono presagio di fiamme iniernaìi anche ìr1 Ci

·oriano {Hab. v:'rg. 16). � {6(;1 Per rendere più cr>nvincenti :e sue proibizioni, Tertulliano ri::orre a

nm:i:mi medin:•-SC:Ìt'ntifiche: m An 21, 3 è esposta la credenza della medicina antica cÌle neil'ai;petw della capiiliatura .:oglieva i segni ddla salute del cervel­lo l<:o,ì Orib,!)lio Ii:,por, 4. Il.

3

DE CULTU FEMINARUM, 2, 8, 3 - 9, 7

citia. ibi gravitas, adiutrix et socia eius. Quo ergo pacto pudìcitìam sine instrumento suo, id est sìne gravitate, tractabimus? Quomodo autem gravitatem adminìstrandae pudicitiae adhibebimus, nìsi et in facie et in cultu et in totius hominis contemplatione severitas circumferamr?

9, 1. Quamobrem erga vestitum quoque et relìqua compositionis vestrae impedimema perinde vobis curanda est amputatio et decussio redundantìoris nitoris. Nam quid prodest faciem quidem frugì et ex­peditam et simplicitate condìgnam divinae disciplinae exhibere, cete­ra vero corporis laciniosis pomparum et delìciarum ìneptìis occupare? 2. Hae pompae, quam de proximo curent luxuriae negotìum et obstre­pant pudìcìtiae disciplinìs. diooscere mihi faciie est; quod gratìam de­coris cultus societate prostìtuant, adeo, si desinant inritam et ingratamreddunt velut exarmatam et naufragam w; contra si forma deficit. ad­minìculum niroris quasi de suo gratiam supplet. 3. Aetates denique re­quìetas iam et in portum modestiae subductas splendor et dignitas cul­tus avocant et severiratem appetitionibus inquìetant, compensantibusscìlicet habitus inrìtamento frigora aetatìs. 4. Ergo, benedictae, primoguidem ut lenones et prostitutores vestitus et cultus ne in vos admise­ritis; tum si quas vel divitiarum vel natalium vel retro dignitatum ratiocompellit ita pompaticas progredì, ut sapiemiam non videantur conse­cutae, temperare saltem ab huiusmodi curate, ne totis habenis licen­tiam usurpetis praetextu necessitatis. 5. Quomodo etenim humilìtatem,quam Christiani profitemur, implere poteritis, non repastinantes divi•tiarum vestrarum vel elegantiarum usum, guae <tan>tum ad gìoriamfaciunt? Gloria autem exaltare, non humiliare consuevit. 6. «Non - in­quitis utemur nostris?». Quis autem prohiber uti? Secundum aposto­lum tamen, qui nos utì monet mundo isto, quasi non abutamur. Prae•

• terit enim, ìnquìt, habitus huius mundi •P_ Et qui emunt, inguit, sicagant, quasi non possidentes •q. Cur ita? Quoniam praemiserat dicens:Tempus in collecto est •r. Si ergo uxores quoque ips;s sic habendas de­monsrrat, tamquam non habeantur, propter angustias tcmporum, quidsentiat de vanis bis insrrumentis earum? 7. Non enim et ita multi fo ..

•° Cf. 1 Tim. 1, 19. •l' 1 Cor. 7. 31. •q 1 Cor. 7, 30. "' 1 Cor. 7, 29.

!78) Il lessico è di stampo �commerciale.,: il fasto cura �li intercs�ì ddliilussuria. prostimendo il fa:;cino della bellezza narnrnle e �trin11,�ndo snò1:là ,:on gli ornamenti. Cf. L 4, 2; 2, 5. 4.

(79) La metafora è stara introdotta dalla fìfittrn paolina dd naufra�ìn, Dopo gli uomini. Tcrtui!ìano pn:nd1: di mira I.: vcn:hi,·tti: v.mìtos,·

L'ELEGANZA DELLE DONNE, 2. 8, 3 - 9, 7 Jlh

rìetà di vita, suo sostegno e sua compagna. In che modo dunque potre­mo praticare la pudicizia senza il suo sussidio, cioè la serietà? E come ricorreremo alla serietà, a vantaggio della pudicizia, se non esibiremo austerità e nel volto e nel modo di vestire e nell'aspetto esteriore?

9, 1. Per questo, in relazione anche all'abbigliamento e a tutto il ri­manente bagaglio delle vostre acconciature, dovete curarvi di elimina­re e di rifiutare ogni superflua eleganza. A che giova, infatti, mostrare un volto onesto, senza trucco, conforme alla semplicità della regola di­vina, e poi ingombrare tutto il resto del corpo con le assurde compli­cazioni dello sfarzo e del lusso? 2. Mi è facile comprendere quanto que­sto fasto faccia il gioco della lussuria e si opponga alle regole della pu­dicizia, poiché prostituisce il fascino della bellezza naturale accoppian­dolo agli ornamenti, al punto da renderlo, se lo abbandona, inutile e sgradito, come una nave senza sartiame e naufraga; invece, se viene me­no la bellezza, iì sostegno dell'eleganza viene a supplire al fascino, co­me per virtù propria (78ì. 3. Lo splendore e iì prestigio degli ornamen­ti distolgono le età finalmente già acquietate ed entrate nel porto della modestia e turbano la loro severità con desideri che compensano, evi­dentemente, la freddezza dell'età con la sollecitazione dell'elegan• za !79,. 4. Per cui, o benedette, prima di tutto non accettate in voi ve­stiti e ornamenti come lenoni e corruttori; se il rispetto o di ricchezze o di natali o di posizione sociale precedente costringe alcune a proce­dere in maniera così sfarzosa da apparire di non avere raggiunto la sag­gezza, provvedete almeno a moderarvi, per non abusare di una sfrena­ta libertà sotto il pretesto della necessità. 5. In che modo, infatti , potre­te soddisfare all'umiltà che noi cristiani professiamo senza frenare l'usodella vostra ricchezza (80) e della vostra eleganza che contribuisconotanto alla vanagloria? Ma la vanagloria abitua all'orgoglio, non all'umil­tà. 6. «Allora - potete dire - non potremo usufruire dei nostri beni?»Ma chi impedisce di servirsene? Seguiamo pertanto l'Apostolo che ciesorta a servirci di questo mondo senza abusarne. Dice: «Passa, infatti.l'aspetto esteriore di questo mondo». «E quelli che comprano - ag­giunge - si comportino come se non possedessero niente». Perché que­sto? Poiché aveva premesso così, esordendo: «Il tempo è limitato>>. Seperciò egli dimostra anche che persino le mogli devono essere trattatecome se non si avessero, a causa delle ristrettezze dei tempi, che cosapotrebbe pensare di questi loro futili strumenti di vanità? 7. Non agi-

0{0) Osi:ia fare un buor; uso delle ricchezze, senza abusarne, come con­lcrn111 ìl parap:r;1fr1 sw:n:s:,ivo.

386 DE C!JLTC PEMINARVM, 2, 9, 7 - IO, 4

ciunt et se spadonatui obsignant •s, propter regnum dei tam fortem etutique permissam voluntatem spome ponentes? Quidam iosam deicrearuram sibi interdicunt, abs!inentes vino et anima!ibus e�culentisquorum fructus nulìi periculo aut sollicitudini adiacent, sed humilita�tenè anìmae suae in victus quoque castigarione deo immolant? Sai:isigitur et vos usae estis divitiis atque ddiciìs, satis dotum vestrarum fm­�tus dec�distis ante notìtiam salutarium disciplinarum, 8. Nos sumus,m quos decucurrerunt fines saeculorum, Dos destinati a deo ante mun­dum in extimationem tempornm, tamquam castigando et castrando.ut ita dixerim. saecuìo erudimur a deo, Nos sumus circumcisio om�nium, et spiritalis et carnalis; nam et spiritu et carne saecularia circum­cidimus •1

10, L Nimirum enìm deus monstravit sucis herbarum et concharumsalivis incoquere lanas: exdderat illi, cum uniwrsa nasci iuberet, purpu­reas et coccineas oves mandare! Deus et ipsarum vestiwn officinas com•mentus, guae, le-,res et ex.:.!es, solo prerio graves essent, Deus et auri tan­ta opera produxit, complectendis et distinguendis lapìllis scrupulosa.Deus et aunbus vulnera intulit, et tanti habuit vexarionem operis sui etcrudatus infantiae innocemis tunc prìmum dolentis ut ex illis ad ferrwnn�ri corp?ris cicatricibus grana nescio quae penderent quae piane Par·­th1 peronibus quoque suis bullarum vice insenmt 2, Quamquam et au­� ipsum, cuius vos gìoria occupat, cuidam genti ad vincula servire re­terunt genrilium litterae. Adeo non veritate bona sunt, sed raritare; petangelos autem peccatores demonstrata sunt, qui er ipsas materias

denmt, et operositas cum raritate commissa oretìositatem et ex eanem possidendae pretiositatis feminarum e;dtavit, 3. Q;.:;od si idem an­geli, qui et materias eiusmodi et inlecebras detexerum. auri dico et laoi­dum inlustrium, er operas eorum tradiderunt, etiam ipsum calliblepha,,

rum vellerumque tincturas imer cetera docuerunt, damnari a deo sam,ut Enocb refert "", quomodo placebimus deo gaudentes rebus illorum.qui iram et animadversionem dei propterea provocaverunt? 4. Nunc u�

""Cf. Mt. 19, 12. '" Cf. PhiL3, 3, ,u Cf. Enoch 7 L

,. , 18;1) Pa?Ìo è il sugger�tore della pedagogia escarofogica di questi para,ir••n1 nvo:,t.a a donne conv:errne, alle quali Tertulliano addir.a form,: di vit:1 e,wm p,are, ctl stampo encrauta .

.• , (82: Chiara mììizzazio_ne d� signifo::aro spirituale ddìa cirrnnci,io1w m1-b111to da,i.:aolo. R

'.j,(U�rdo all(_l S!Ì[e del,p;¾��o, d. qui, in:rodu:Tiene, p, � l;,

�83: Per la :'JX't1�1�me de-; 1e1n1 l!l nu m !. 2, L d. qui, intrndur.fonc. t••348. 1 .. ,a crut.Ldta de.i I"()rare l:: c,re(cl,Je �i barnbini è un tcr11;.1 ":hc <Jpriano

L'ELEGANZA DELLE DONNE, 2, 9, 7 - IO, 4

scono così molti, infatti, e si consacrano alla castità rinunciando spon­taneameme, per il regno di Dio, a una tensione così forte e assoluta­mer:.te lecita? ,�Jcuni si proibiscono anche ciò che Dio ha creato, aste­nendosi dal vino e dagli animali con�mestibili, il cui godimento non èlegato ad akun pericolo né ad alcun turba.mento, ma, sacrificandosi an­che nel nutrimento, immolano al Signore l'umiltà della loro ar>J:ma. An­che per voi è dunque sufficiente aver usufruito delle ricchezze e delleraffinatezze. aver messo a profitto i frutti delle vostre doti ancor primadi conoscere gli insegnamenti deìla salvezza (81J. 8. Noi siamo al termi­ne della corsa dei secoli; noi, designaii da Dio prima della creazione delmondo per la fine dei tempi. noi siamo formati dal Signore quasi a ca­stigare e a castrare, se cosl posso dire, il mondo. Noi siamo i circoncisiperfetti, sia nello spirito, sia nella carne. Infatti circoncidiamo i beni delmondo sia nello spirito sia nella carne (82).

10, l. Senza dubbio, dunque, Dio insegnò a bollire le lane con i suc­chi deL.e erbe e le bave delle conchiglie: gli era sfuggito, quando ordinòa tutte le cose di nascere, di prescrivere pecore purpuree e scarlatte! ÈDio che ha avuto anche l'idea delle fabbriche delle vesti, sì che Ìeggere esottili, fossero pesanti solo nel prezzo, È ancora Dio che ha promesso co­sì. !affinati lavori d'oro ini di pietre preziose da incastonare e valorizza­re, E Dio ba inflirto le ferite nelle orecchie e ha dato tama imponanza amaltrattare e a tormentare piccoli innocenti che soffrivano in qud me­mento la prima volta, per fa,r pendere da quelle cicatrici di ux1 corpo pre­destinato al ferro non so quali grani che, sicuramente, i parti incastona­no persino nei loro stivali a guisa di borchie (83). 2. Senza contare che,come riferiscono gli scritti dei pagani, anche l'oro medesimo, la cui glo­ria vi soggioga. serve ad alcuni popoli come catene, Sono sop:attutto be­ni non per la loro vera esserlza, ma per la loro rarità, Anzi, li hanno por­tati a nostra conoscenza gli angeli peccatori, che nello stesso tempo han­no svelato le materie stesse, e la difficoltà del lavoro, congiunta alla rari­tà, ne ha fatto alzare il valore prezioso e da qui il desiderio delle donnedi possedere oggetti di valore, 3, Se proprio quegli angeli che hanno ri­velato tali materie con le loro seduzioni, parlo delroro e delle pietresplendenti, palesando anche l'arte di lavorarle, e che hanno fatto cono­scere .. fra le altre cose, anche i belletti per le palpebre e le tinture delle la­ne, furono condannati da Dio, come riferisce Enoch, io che modo potre­mo piacere a Dio noi che godiamo dei doni di quelli che provocarono,rrc,prio per questo motivo, la collera e iì castigo divino? 4. Ora, ammet-

rkaka co;i similàfitii lesskale ( H,1b viri!, 14 L Clememe Alessand.ric10 racco­trtanda di t:\;'itttr<� \,�u.-�sta oper.uinrH! rontro Hilt:uni (Pacd, 2, 12L

DE CULTU FEMINARUM, 2, IO, 4 - Il, 3

ista prospexerit, deus permiserit; nullam de conchylio vestem E eias in­crepet •v, nullas lunulas reprobet, nu!lum botronatum retundat tamen non ut gentiles, ìta nos quoque nobis adulemur, institutorem deum so­lummodo existimantes, non etiam dispectorem institutorum suorum. 5. Quanto enim melius et cautius egerimus, si praesumamus omnia qui­dem a deo provisa tunc et in saeculo posita, uti nunc essent in quibusdisciplina servorum eius probaretur, uti per licentiam utendi continen­tiae experientia procederet! Nonne sapientes patresfamiliae de indu­stria quaedam servis suis offerunt atque permittunt, ut experiantur, anet quahter permissis utantur, si probe, i modeste? 6. Quanto autemiaudabilior qui abstinuerit in totum, qui timuerit etìam indulgentìamdomini! Sic igitur et apostolus, Omnia, inquit, licent, sed non omnia ex­pediunt aw_ Quanto facilius inlicita timebit qui licita verebitur?

11, L Quae autem vobis causa est exstructius prodeundi, cum re­motae sitis ab his, quae talium indigent? am nec templa circumitis nec spectacula postulatis nec festos dies gentilium nostis. Propter istos enim conventus et mutuum videre ac videri omnes pompae in publicum pro­feruntur, aut ut luxuria negotietur aut gloria insolescat. Vobis autem nul:. la procedendi causa non tetrica: 2. aut imbecillus aliquis ex fratribus vi. sitatur aut sacrificium offertur aut dei sermo administratur. Quidvisho� rum gravitatis et sanctitatis negotium et si, cui opus non sit habitu extra• ordinario et composito et soluto. Ac si necessitas amicitiarum officio• rumque gentilium vos vocat, cur non vestris armis indutae proceditis, tanto magis, quanto ad extraneas fidei? ut sit inter dei ancillas et cliabcf, li discrimen; ut exemplo sitis illis, ut ::ieclificentur in vobis ax, ut, quomo­do ait apostolus, magnificetur deus in corpore vestro. Magnificatur tem in corpore si per pudicitiam, utique et per hab.itum pudicitiae com­peteµtem. 3. Sed enim a quibusdam dicitur: «1"4'e blasphemetur nomen in nobis, si quid de pristino habitu et cultu detrahamus». Non aufera•

•v Cf. Is. 3, 18.19. ·•w l Cor. 10, 23. ax Cf. 1 Cor. 10, 23; Fil 1, 20.

(84) Il capitolo si delinea come una recapitulatio delle tesi esposte, perpervenire alla condu.sione attraverso altre argomentazioni: la prima è ancora una volta la re/utatia del fondamento biblico dell'accusa contro la donna, at• traverso la negazione della proibizione divina del lusso (Isaia). In questo caso Dio avrebbe messo alla prova i suoi servi, come conferma Paolo (1 Cor 10,

(85) Il senno acquisisce maggiore concretezza: Tertulliano è consapevoledelle difficoltà che le donne convertite incontrano vivendo in una soderà pa• gana. La cristiana dovrebbe evitare i luoghi pubblici, occasione di peccato, ma per necessità si trova talora costretta a frequentarli. In queste drco11t1mze deve

L'ELEGANZA DELLE DONNE, 2, IO, 4 - II, 3

riamo che, così come li ha considerati, Dio abbia permesso codesti lussi; che Isaia non si scagli contro nessuna veste di porpora, non condanni al­cuna mezzaluna d'oro, non reprima alcuna pettinatura a forma di grap­polo: non ci compiaceremo, tuttavia, come fanno i pagani, nel ritenere che Dio abbia solamente creato, e non penetri con lo sguardo le sue crea­ture (84). 5. Quanto meglio infatti e più prudentemente noi agiremo se riterremo che, senza dubbio, Dio, un giorno, abbia provveduto a tutte le cose, collocandole nel mondo perché oggi costituissero un elemento di prova per la saggezza dei suoi servi e perché, permettendo loro di usar­ne, potesse sperimentare la loro capacità di temperanza! Alcuni saggi pa­dri di famiglia non lasciano forse di proposito a disposizione dei loro schiavi certi oggetti per verificare se gli. stessi ne approfittano e in che modo, se lo fanno onestamente, con misura? 6. Oh, quanto più lodevo­le invece colui che non avrà toccato nulla, che avrà temuto anche la bon­tà del suo signore! Infatti così dice anche l'Apostolo: «Tutto è permesso, ma non tutto giova». Quanto più facilmente avrà timore delle cose illeci­te chi rimane in soggezione di fronte a quelle lecite?

11, l. Che motivo avete, d'altra parte, di mostrarvi tanto agghinda­te dal momento che voi siete al di fuori delle circostanze che lo richie­d�no? Infatti voi non visitate i templi, non ricercate gli spettacoli, igno­rate le festività dei pagani. Perché è in occasione di queste riunioni, do­ve reciprocamente si vede e ci si fa vedere, che si manifesta in pubblico tutto questo fasto o perché si mercanteggi la lussuria o perché insolenti­sca la vanità. Ma per voi non vi è uscita che non abbia un motivo serio: 2. o che si faccia visita a qualcuno dei fratelli in difficoltà, o che si offrail sacrificio, o si assista alla parola del Signore. Ognuna di queste cose èoggetto di serietà e di santità e nessuna necessita se mai di un abbiglia­mento eccezionale e studiato e smoderato. Ma se per necessità non po­tete liberarvi dai richiami di amicizia e di doveri verso i pagani, perchénon uscite vestite con le vostre anni, tanto più se vi recate presso donneestranee alla fede? Perché ci sia una distinzione tra le serve di Dio e quel­le del diavolo, perché voi siate loro di esempio, perché esse si edifichinoin voi, perché, come dice l'Apostolo, Dio sia glorificato nel vostro cor­po. Ora, se egli è glorificato nel corpo attraverso la pudicizia, certa­mente lo sarà anche attraverso l'aspetto che alla pudicizia si addice (85).3. Ma ecco che alcuni dicono: «C'è il rischio che venga bestemmiato ilnome di cristiano in noi, se sottraiamo qualcosa al nostro abbigliamento

le "armìn della castitas, per u1�;uni.mir:,;1 dalle pagane e per essere loro di esempio. Anche la metafora militare, come i molti riferimenti, è di stampo p.aolìno.

390 DE CUI.TU PEMINARUM, 2, II, 3 12, 3

mus ergo nobis et vitia pristina; si.inus et moribus isdem, sì et superficie ead.:m: et rune vero non blasphemabunt nariones: Grandis blasphemia. si <de> qua dicatur: «Ex quo facta est Christiana, pauperius incedìt». Timebis pauperior Yideci, ex quo locupletior facta es, et sordidior, ex quo mundior? Secundum gentilium an secundum dei pìacitum incede­re Christianos oportet?

12, 1. Optemus tanrummodo, ne iustae blasphemationis causa si­mus. Quanto autem magis b1asphernabile est si, quae sacerdotes pudici­tiae dicìmini, impudicarum ritu procedatis cultae et expictae' Aut quid minus habent infelicissimae illae pubiìcarum libidinum victimae? quas si quae leges a maritatis et matronis decoramentis coercebant, ìam cer­te sacculi irnprnhitas quotidie ìnsurgens honestissimis quibusque femi­nis usque ad errorem dinoscendi coaequavit. 2. Quamquam lenocinìa formae numquarn non prostituto corpori coniuncta et debita etiam scripturae rnggerunt, Illa civiras valida •Y, quae super momes septem et plurimas aquas praesidet, curo prostit;.itae appellationem a domino me­ruisset, qual.i habitu appellationi suae comparata est? Sedet certe h1 pur­pura et coccino er auro et lapide pretioso "'. Quam maledicta sunt sine quibus non poruit maledicta et prostituta describi'. 3. Thamar illa, quia se expinxerat et omaverat, idcirco Iudae suspitioni visa est quaestui se­dere adeoque sub velamento latebat, habitus qualitate quaestuariam memiente m quaesruariam et voluìt et compe!lavit et pactus est ba_ Un­de addiscimus adversus congressus, etiam et suspiciones impudicas pro­videndum omni modo esse. Quid eni._'11 castae mentis integritas in alte­rius suspicione maculatur? quid speratur in me quod aversor? cur non mores meos meus habitus pronuntiat, ne spiritus per aures ab irnpuden­t:Ìa vulneretur? Liceat vìderi pudicam, certe, impudicam non licet.

"-1 Cf. Apoc. 17, L "Cf. Apoc. 17, 4. b• Cf. Gen. 38, 14-16.

l86; Ci avviamo verso la condusione e Ten:ulliano, dopo avere ricapitola­to gli argomenti del primo libro, riprende l'esordio del secondo: le donne st� no sacerdotes pudicitiae in quanto il corpo è tempio di Dia {2, l, 1).

i87) Probabile allusione alla Lex Iulia de adulteriis d tudicitia (18 a.Cl dl,: stabiliva ia distinzione tra le t>itJtmnae &onestae e le cortigiane, anche ndl'abhi• gliamento Le prime portavano la stola /01. Tris:. 2,252). !tingo wstim ìcrml!I· to in vira .::he scendeva in numerose pieg...1-ie fow ai piedi. (Or. S,u. 1, 2, 99; ,\.forz. 3 J 93). ad0,mata daifù:stita, una lunga h�nda. Sopra b1 sroht �n• indo�,i��iu, un rnantellof palla. ·Le tnttretrict',,t, invece si ·ve�tlv,nc. con uJia ttmita corta. t'i�I::::� {tt·_· ­rtita l indossando stJpra un�i tog·a <li foggia sltnih:� ,, qucHa rn�,��:hiJe ,_ii (·r,lort": !\LU,·

.,.r,- ,.f () Nuvarn:. in ('.h. I):irenJbtrjt t::. SaJ?hO> Ll,,ttù,rtnu1re d1:H a,ui�tHtl�l;�

L"ELEGANV, DELLE DONNE, 2, II, 3 - I2, 3

e ai nostri ornamenti di prima,,, Non spogliamoci perciò anche dei vizi orecedenti; cerchiamo di conservare gli stessi costumi, manteniamo le ;tesse apparenze: e allora, in verità, i pagani non saranno blasfemi'. Grande bestemmia se di qualcuna si dicesse: «Da quando si è fatta cri­stiana, il suo aspettO è più povero 1», Avrai timore di apparfre più pove­ra dal momento in cui sarai resa più ricca e più trascurata dal momento in cui sarai più adornata? È necessario che i cristia.rii si comportino se­condo quanto piace ai pagani o secondo quanto piace a Dio?

12. L Auguriamoci soltanto di non essere una causa di giusto biasi­mo. Ora, quanto è più biasimevole se ,oi, che siete dette sacerdotesse della casrità (86ì, uscite adornare e truccate come delle spudorate! Che cosa hanno di meno queste disgraziate ·vittime dei pubblici piaceri? Se al­cune ìegg:i le tenevar10 distinte nelr abbigliamento dalle spose e dalle ma­trone, certamente ia cresce..11te corruzione quotidiana dei mondo le ha or­mai eguagliate alle donne più oneste. fino alrerrore nel riconoscerle ( 87). 2, Del resro anche le Scritture suggeriscono che le attrattive provocanti della bellezza sono sempre necessariamente congiunte con la prostltuzio­ne del corpo. Quella città potente che troneggia sopra sette colli e innu­merevoli acque, dal momenw che ha meritato dal Signore il titolo di pro­stituta, per quali ornamenti ha meritato questo appellativo? Essa è certa­me..'1te assisa su stoffe purpuree e scarlatte, su oro e su pietre preziose. Oh maledetti ornamenti, senza i quali non si sarebbe potmo definirla abominevole e prostituta ( 88;: 3, La famosa Thamar per il fatto che si era truccata e adornata aveva fatto supporre a Giuda di essere lì seduta per mettersi in vendita, e quindi si cdava dietro il velo, facendosi passare per una meretrice per la qualità deì suo abbigliamento, e, come una meretri­ce, egli la volle, ìa chiamò e mercanteggiò rnn lei. Da questo fatto ap­prendiamo che bisogna premunirsi con ogni mezzo contro i convegni e anche le apparenze impudiche. Perché, infatti, la pudicizia di un cuore casto deve essere macchiata dall'altrui sospetto;; Perché s i deve sperare da me ciò a cui sono contraria) Perché il mio abbigliamemo non può di­chiarare i miei costumi in modo che il mio spirito non venga ferito dalla sfrontatezza attraverso le orecchie? Sia pure lecito apparire pudica, cer­tamente non è lecito sembrare impudica (89ì.

otra molto 115pettarn. al ounto che stai.a e sto!ata divennero modi dì definire la dorma onesta. Aile �ortigiane era proibito anche ponare le 1-ittae sul capo.

ì88ì Ii cem10 aìh: proscitmc era funzionale all'introduzione della "grande pros1juna" d.i Ap 17. Babi!o,1ia. ia cui figura annuncia !o scenario apocalittico ,.ìell 'epìk,go.

{89) Strurnt•ntaU1.;,;-,1ziont:� deU'epi-sodio di (Jiud:.t e �farnar� che nei raccon-