Libera con i più poveri - La Gazzetta del Medio Campidano · verso Bologna dove si dovrà tenere...

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15 aprile 2015 12 S postarsi dalla Sardegna, dove pare non esista la mafia, verso Bologna dove si dovrà tenere la “XX giornata dell’impegno inricordo delle vittime innocenti delle ma- fie”, quando ormai è quasi certo che almeno duecento beni sono stati confiscati ad attività malavitose, è normale per chi lotta per la giustizia e la verità. Anche in Sardegna sono arri- vati i pescecani, quelli delle incompiute, quelli del riciclaggio, della corruzione. Molto, molto, molto di più di quanto si possa immaginare è stata la prima giornata di Primavera a Bologna dove 200.000 persone si sono riversate da tutta Italia per af- fermare, in un bizzarro gioco di parole, di essere Liberi di esse- re liberi. Il primo impatto è stato l’incontro con gli altri sardi che, da molte parti dell’isola, si sono dati convegno per riflettere, in- dignarsi, cercare di svegliare le coscienze sotto uno slogan quanto mai significativo “la VERITÁ ILLUMINA la GIUSTI- ZIA”. Per Via Indipendenza, sino al palazzo di Re Enzo e Santo Petronio, è stato possibile incontrare e constatare l’impegno di tanti italiani che credono nel futuro, e la cui maggioranza era composta da giovani. Non è un caso se all’inizio della strada un gazebo ha attirato la curiosità di molti per le persone speciali che aspettavano di entrare: erano quelli senza fissa dimora che solitamente albergano in Piazza Grande, quelli che, nella canzone di Lucio Dalla, non hanno santi che pagano il loro pranzo. In questo caso qualcuno si è ricordato di loro. Il volontario addetto all’accoglienza ci ha detto che: “Questo è il terzo giorno che ‘ai senza fissa dimora’, quelli senza tetto e a quelli che hanno qualche problema economico viene offer- to il pranzo da Libera in collaborazione con l’associazione Piazza Grande! Nei tre giorni, con l’associazione Piazza Gran- de sono stati distribuiti 420 pasti circa, 140 al giorno. Nei tre giorni c’è stata sempre festa, musica e musicisti che si sono A mezzogiorno il Consiglio Comunale di Bologna ha accolto, in seduta solenne, i parenti delle vittime di mafia, l’Associa- zione Libera e Luigi Ciotti assieme ai prefetti emiliani, agli alti ufficiali delle forze armate e ai molti sindaci e assessori. Era pre- sente anche Rosi Bindi, presidente della Commissione Parlamen- tare Antimafia che ci ha rilasciato questa breve intervista. Alla domanda: “Per contrastare le mafie il parlamento potrebbe fare di più, e che cosa è stato fatto?” Ha risposto: “Se oggi noi siamo riusciti a indebolire la presenza delle mafie nel nostro paese è grazie alle leggi che il parlamento ha approvato, all’azione dei magistrati e alle forze dell’ordine. Abbiamo, poi, capito, che non basta una legislazione di settore, ma che bisogna rafforzare tutto il sistema, che bisogna intervenire sulla corruzione, sul falso in bilancio, sull’evasione fiscale, su tutti i reati finanziari e bisogna modificare le leggi sugli appalti e il funzionamento della pubblica amministrazione. Sta crescendo, però, la consapevolezza che la lotta alla mafia deve essere prioritaria, come pure la lotta al terro- rismo, e ci auguriamo che giornate come queste ci facciano capire che lo dobbiamo prima di tutto a loro, a coloro che hanno già dato la vita per noi”. È stata quindi la volta del Presidente del Consiglio Comunale di Bologna Simona Lembi che, prima di dare la parola a Luigi Ciotti, l’ha data a Vincenzo Agostino, padre dell’agente Antonino ucci- so insieme alla moglie incinta il 5 agosto del 1989. L’uomo, visibil- mente teso e amareggiato, ha raccontato la sua storia e il motivo per il quale da quel giorno non ha più tagliato barba e capelli. “Grazie a voi colleghi parenti delle vittime! Colleghi di sventura, che la verità, finalmente, illumini la giustizia. Grazie a voi per esse- re qui. Dobbiamo gridare a tutti che non cerchiamo la vendetta. Cerchiamo solo la verità e la giustizia. Sapere perché e chi ci ha tolto un bene che non potremo più avere. E ora, da 26 anni noi cerchiamo verità e giustizia”. Agostino ha raccontato una vicen- da, in qualche caso comune alle vittime di mafia che vede, secon- do lui, implicati anche alcuni uomini di giustizia. “Non chiediamo vendetta ma la verità. Io non posso stare più nella città di Palermo perché non voglio incontrare più queste persone”. Luigi Ciotti lo ringrazia prima di rivolgere la parola ai presenti, all’Emilia e a Bologna per la sensibilità, l’ospitalità e i percorsi di legalità fatti sino a oggi. Inizia l’intervento facendo notare un fatto, apparentemente piccolo, ma molto significativo, un segno di speranza e di riscatto. “In molti scaffali di alcuni negozi, qui in Emilia, c’è stato chi ha avuto il coraggio di esporre e mettere in vendita i prodotti con scritto Libera Terra, provenienti dalle terre liberate dalle mafie. In altri luoghi non li hanno voluti e ci hanno detto che avrebbero avuto meno clienti se avesse esposto i pro- dotti di quelle terre. Grazie all’Emilia perché avete fatto il vostro dovere. Avete fatto solo il vostro dovere perché dovremo fare Libera con i più poveri M oltissimi i parenti delle vittime innocenti di mafia prove- nienti da tutta Italia. Dal Piemonte alla Sicilia passando per la Sardegna, si sono ritrovati nel primo pomeriggio con Luigi Ciotti, presso il Palazzo Re Enzo, in un incontro a porte chiuse, dove hanno raccontato e ricordato, alcuni si sono salutati e riconosciuti, altri conosciuti, confermando la deter- minazione di resistere assieme nella ricerca di quella verità e giustizia che al 70% di loro è negata. Il cronista non ha potuto fare altro che ascoltare le storie, in silenzio, commuoversi, osservare i volti di bambini che crescono senza i loro padri o madri, di spose diventate vedove, di madri invecchiate troppo in fretta, di padri segnati dalla sofferenza e dalla speranza che presto sia fatta giustizia e venga alla luce la verità. In molti indossavano magliette o avevano immagini, manifesti e gigantografie con il volto e il nome del parente ucciso. Inu- tile dire che la situazione era particolare. L’uso della macchina fotografica e i movimenti inopportuni sembravano intrufolar- si in una situazione che esigeva solo rispetto. Il clima, appena stemperato da un’orchestra di ragazzi di un istituto musicale calabrese intitolato a una vittima di mafia, ha dato, se mai ce ne fosse stato bisogno, un tocco di eleganza, grazia e sobrietà ad un momento dove il ricordo, la speranza, la ricerca della verità, la determinazione, l’anelito di giustizia si sono uniti in un’alchimia che non potrà non dare i suoi frutti. (s.r.g.) A porte chiuse Le istituzioni tutti di tutto, ma proprio di tutto, per contrastare la ma- fia, perché è da se- coli che parliamo di mafie e dobbiamo dire basta. Mi pia- ce sognare che si possa voltare vera- mente pagina tutti insieme. Vorrei ve- dere Agostino sen- za barba e con i ca- pelli tagliati, è da anni che dice che vorrebbe vedere il giorno nel quale co- noscere la verità.” Poi ricorda a tutti: “Ma voi lo sapete che il 70% dei famigliari del- le vittime innocenti di mafia non conosce la verità?” Luigi Ciotti ha poi voluto puntualizzare alcuni aspetti relativi ai VENTI LIBERI dell’associazione: “È da venti anni che chiediamo al parlamento italiano che decreti la giornata della memoria dell’impegno, per sollecitare le coscienze; ma c’è chi non la vuole, c’è chi la etichetta, c’è chi dice che è colorata in un certo senso. Libera non ha nessun colore, non ha nessuna bandiera, nessuno può dare un colore a Libera, e chi da un colore a Libera è disonesto. In Libera, ci sono volti e storie diverse, di sofferenza, di fatica e d’impegno. E domani, nel corteo, l’unica bandiera sia la bandiera di Libera che rappresenta il coordina- mento delle 1600 associazioni aderenti e dei presidi che si ricono- scono in questo impegno, la ricerca della verità illuminata dalla giustizia. Il riconoscimento della “giornata della memoria e del- l’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” nel primo giorno di primavera è un’esigenza.” E rivolto ai presenti ha ricor- dato loro: “Siete stati voi, il 95% di famigliari delle vittime, a chie- dere questa giornata. Il presidente della Repubblica, nel suo odier- no saluto, la sostiene e aggiunge che la giornata nazionale ci permetterebbe di ribadire con fermezza un no incondizionato nei confronti di ogni forma di criminalità organizzata e di complicità, connivenza o semplice acquiescenza.” L’intervento del sindaco di Bologna Virginio Merola ha concluso la mattinata. (s. r. g.) offerti ad allietare il pranzo di queste persone; oggi c’è Gianni Morandi, ieri c’era anche Franchino Camporeale batterista degli anni sessanta”. Gianni Morandi che, con la maglietta di Libe- ra, serviva i meno fortunati. Il ristorante si chiamava, neanche a dirlo: “CENTO PASSI”, in ricordo di Peppino Impastato, giornalista, assassinato dalla mafia nel maggio del 1968. Tutti coloro che partecipavano all’evento, dopo il pranzo dei senzatetto, potevano fermarsi e pranzare al ristorante che of- friva rigorosamente i prodotti che Libera Terra produce con le sue cooperative, nei terreni confiscati alle mafie. Tutto ciò mentre gli alunni dell’I.I.S. “M. Buonarroti” di Guspini si pre- paravano alla manifestazione. Sandro Renato Garau PDF Compressor Pro

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Spostarsi dalla Sardegna, dove pare non esista la mafia,verso Bologna dove si dovrà tenere la “XX giornata dell’impegno inricordo delle vittime innocenti delle ma-

fie”, quando ormai è quasi certo che almeno duecento benisono stati confiscati ad attività malavitose, è normale per chilotta per la giustizia e la verità. Anche in Sardegna sono arri-vati i pescecani, quelli delle incompiute, quelli del riciclaggio,della corruzione. Molto, molto, molto di più di quanto si possaimmaginare è stata la prima giornata di Primavera a Bolognadove 200.000 persone si sono riversate da tutta Italia per af-fermare, in un bizzarro gioco di parole, di essere Liberi di esse-re liberi.Il primo impatto è stato l’incontro con gli altri sardi che, damolte parti dell’isola, si sono dati convegno per riflettere, in-dignarsi, cercare di svegliare le coscienze sotto uno sloganquanto mai significativo “la VERITÁ ILLUMINA la GIUSTI-ZIA”. Per Via Indipendenza, sino al palazzo di Re Enzo e SantoPetronio, è stato possibile incontrare e constatare l’impegnodi tanti italiani che credono nel futuro, e la cui maggioranzaera composta da giovani. Non è un caso se all’inizio dellastrada un gazebo ha attirato la curiosità di molti per le personespeciali che aspettavano di entrare: erano quelli senza fissadimora che solitamente albergano in Piazza Grande, quelli che,nella canzone di Lucio Dalla, non hanno santi che pagano illoro pranzo. In questo caso qualcuno si è ricordato di loro. Ilvolontario addetto all’accoglienza ci ha detto che: “Questo èil terzo giorno che ‘ai senza fissa dimora’, quelli senza tetto ea quelli che hanno qualche problema economico viene offer-to il pranzo da Libera in collaborazione con l’associazionePiazza Grande! Nei tre giorni, con l’associazione Piazza Gran-de sono stati distribuiti 420 pasti circa, 140 al giorno. Nei tregiorni c’è stata sempre festa, musica e musicisti che si sono

A mezzogiorno il Consiglio Comunale di Bologna ha accolto, in seduta solenne, i parenti delle vittime di mafia, l’Associa-

zione Libera e Luigi Ciotti assieme ai prefetti emiliani, agli altiufficiali delle forze armate e ai molti sindaci e assessori. Era pre-sente anche Rosi Bindi, presidente della Commissione Parlamen-tare Antimafia che ci ha rilasciato questa breve intervista. Alladomanda: “Per contrastare le mafie il parlamento potrebbe fare dipiù, e che cosa è stato fatto?” Ha risposto: “Se oggi noi siamoriusciti a indebolire la presenza delle mafie nel nostro paese ègrazie alle leggi che il parlamento ha approvato, all’azione deimagistrati e alle forze dell’ordine. Abbiamo, poi, capito, che nonbasta una legislazione di settore, ma che bisogna rafforzare tuttoil sistema, che bisogna intervenire sulla corruzione, sul falso inbilancio, sull’evasione fiscale, su tutti i reati finanziari e bisognamodificare le leggi sugli appalti e il funzionamento della pubblicaamministrazione. Sta crescendo, però, la consapevolezza che lalotta alla mafia deve essere prioritaria, come pure la lotta al terro-rismo, e ci auguriamo che giornate come queste ci facciano capireche lo dobbiamo prima di tutto a loro, a coloro che hanno già datola vita per noi”.È stata quindi la volta del Presidente del Consiglio Comunale diBologna Simona Lembi che, prima di dare la parola a Luigi Ciotti,l’ha data a Vincenzo Agostino, padre dell’agente Antonino ucci-so insieme alla moglie incinta il 5 agosto del 1989. L’uomo, visibil-mente teso e amareggiato, ha raccontato la sua storia e il motivoper il quale da quel giorno non ha più tagliato barba e capelli.“Grazie a voi colleghi parenti delle vittime! Colleghi di sventura,che la verità, finalmente, illumini la giustizia. Grazie a voi per esse-re qui. Dobbiamo gridare a tutti che non cerchiamo la vendetta.Cerchiamo solo la verità e la giustizia. Sapere perché e chi ci hatolto un bene che non potremo più avere. E ora, da 26 anni noicerchiamo verità e giustizia”. Agostino ha raccontato una vicen-da, in qualche caso comune alle vittime di mafia che vede, secon-do lui, implicati anche alcuni uomini di giustizia. “Non chiediamovendetta ma la verità. Io non posso stare più nella città di Palermoperché non voglio incontrare più queste persone”.Luigi Ciotti lo ringrazia prima di rivolgere la parola ai presenti,all’Emilia e a Bologna per la sensibilità, l’ospitalità e i percorsi dilegalità fatti sino a oggi. Inizia l’intervento facendo notare unfatto, apparentemente piccolo, ma molto significativo, un segnodi speranza e di riscatto. “In molti scaffali di alcuni negozi, qui inEmilia, c’è stato chi ha avuto il coraggio di esporre e mettere invendita i prodotti con scritto Libera Terra, provenienti dalle terreliberate dalle mafie. In altri luoghi non li hanno voluti e ci hannodetto che avrebbero avuto meno clienti se avesse esposto i pro-dotti di quelle terre. Grazie all’Emilia perché avete fatto il vostrodovere. Avete fatto solo il vostro dovere perché dovremo fare

Libera con i più poveri

Moltissimi i parenti delle vittime innocenti di mafia prove- nienti da tutta Italia. Dal Piemonte alla Sicilia passando

per la Sardegna, si sono ritrovati nel primo pomeriggio conLuigi Ciotti, presso il Palazzo Re Enzo, in un incontro a portechiuse, dove hanno raccontato e ricordato, alcuni si sonosalutati e riconosciuti, altri conosciuti, confermando la deter-minazione di resistere assieme nella ricerca di quella verità egiustizia che al 70% di loro è negata. Il cronista non ha potutofare altro che ascoltare le storie, in silenzio, commuoversi,osservare i volti di bambini che crescono senza i loro padri omadri, di spose diventate vedove, di madri invecchiate troppoin fretta, di padri segnati dalla sofferenza e dalla speranza chepresto sia fatta giustizia e venga alla luce la verità.In molti indossavano magliette o avevano immagini, manifestie gigantografie con il volto e il nome del parente ucciso. Inu-tile dire che la situazione era particolare. L’uso della macchinafotografica e i movimenti inopportuni sembravano intrufolar-si in una situazione che esigeva solo rispetto. Il clima, appenastemperato da un’orchestra di ragazzi di un istituto musicalecalabrese intitolato a una vittima di mafia, ha dato, se mai cene fosse stato bisogno, un tocco di eleganza, grazia e sobrietàad un momento dove il ricordo, la speranza, la ricerca dellaverità, la determinazione, l’anelito di giustizia si sono uniti inun’alchimia che non potrà non dare i suoi frutti. (s.r.g.)

A porte chiuse

Le istituzionitutti di tutto, maproprio di tutto, percontrastare la ma-fia, perché è da se-coli che parliamo dimafie e dobbiamodire basta. Mi pia-ce sognare che sipossa voltare vera-mente pagina tuttiinsieme. Vorrei ve-dere Agostino sen-za barba e con i ca-pelli tagliati, è daanni che dice chevorrebbe vedere ilgiorno nel quale co-noscere la verità.” Poiricorda a tutti: “Mavoi lo sapete che il70% dei famigliari del-le vittime innocenti dimafia non conosce laverità?” Luigi Ciottiha poi volutopuntualizzare alcuniaspetti relativi ai VENTI LIBERI dell’associazione: “È da ventianni che chiediamo al parlamento italiano che decreti la giornatadella memoria dell’impegno, per sollecitare le coscienze; ma c’èchi non la vuole, c’è chi la etichetta, c’è chi dice che è colorata inun certo senso. Libera non ha nessun colore, non ha nessunabandiera, nessuno può dare un colore a Libera, e chi da un colorea Libera è disonesto. In Libera, ci sono volti e storie diverse, disofferenza, di fatica e d’impegno. E domani, nel corteo, l’unicabandiera sia la bandiera di Libera che rappresenta il coordina-mento delle 1600 associazioni aderenti e dei presidi che si ricono-scono in questo impegno, la ricerca della verità illuminata dallagiustizia. Il riconoscimento della “giornata della memoria e del-l’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” nel primogiorno di primavera è un’esigenza.” E rivolto ai presenti ha ricor-dato loro: “Siete stati voi, il 95% di famigliari delle vittime, a chie-dere questa giornata. Il presidente della Repubblica, nel suo odier-no saluto, la sostiene e aggiunge che la giornata nazionale cipermetterebbe di ribadire con fermezza un no incondizionato neiconfronti di ogni forma di criminalità organizzata e di complicità,connivenza o semplice acquiescenza.” L’intervento del sindacodi Bologna Virginio Merola ha concluso la mattinata. (s. r. g.)

offerti ad allietare il pranzo di queste persone; oggi c’è GianniMorandi, ieri c’era anche Franchino Camporeale batterista deglianni sessanta”. Gianni Morandi che, con la maglietta di Libe-ra, serviva i meno fortunati. Il ristorante si chiamava, neanchea dirlo: “CENTO PASSI”, in ricordo di Peppino Impastato,giornalista, assassinato dalla mafia nel maggio del 1968. Tutticoloro che partecipavano all’evento, dopo il pranzo deisenzatetto, potevano fermarsi e pranzare al ristorante che of-friva rigorosamente i prodotti che Libera Terra produce con lesue cooperative, nei terreni confiscati alle mafie. Tutto ciòmentre gli alunni dell’I.I.S. “M. Buonarroti” di Guspini si pre-paravano alla manifestazione.

Sandro Renato Garau

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Una cerimonia che Libera ripete da moltissimi anni è la veglia di preghiera e rifles-

sione, che precede la giornata di mobilitazio-ne in ricordo delle vittime innocenti delle ma-fie, con i famigliari delle vittime, le associazio-ni che a Libera aderiscono, i rappresentantidei presidi provenienti da tutta Italia e gli uo-mini di buona volontà. Chi ha voluto si è in-contrato presso la Cattedrale di San Pietro inBologna. Una veglia per fermarsi un momentoa ricordare. Un momento particolare, alcunibrani hanno guidato la riflessione, negli inter-valli tra l’uno e l’altro, la lettura, da parte deiparenti e di alcuni altri partecipanti, di tutti inomi delle vittime.Tra questi anche i sardi Antonio Cocco, Ema-nuela Loi, Carlo Antonio Pubusa, GrazianoMuntoni, Bonifacio Tilocca. Al ricordo delle904 vittime di tutte le mafie quest’anno si sonoaggiunti gli innocenti delle stragi del 2 agosto1980 a Bologna, di Ustica del 27 giugno 1980 edella Uno Bianca, in numero di 130, in tutto1034. (s.r.g.)

Più di cento passi, sicuramente, se moltiplicati perchi ha voluto esserci milioni, si procedeva, il pri-mo giorno di primavera per le strade di Bologna.

Il corteo, partito dallo stadio dall’Ara, si è snodato sinoa Piazza Maggiore per poi raggiungere Piazza VIII Ago-sto. Un corteo variegato e molto sobrio, come chiestoda Luigi Ciotti. In prima fila il Presidente del Senatodella Repubblica Pietro Grasso e il Ministro del LavoroGiuliano Poletti, con le loro scorte, assieme a Luigi Ciotti,scortati da un cordone di scout, i parenti delle vittimedi tutte le mafie. Gli studenti di molti istituti e scuole diogni ordine e grado, di molte regioni italiane, i sindaca-ti, riconoscibili solo dai piccoli stemmini che spuntava-no dalle giacche. Quasi tutti con la maglietta di Liberastampata per l’occasione e con striscioni contro le ma-fie e a favore della legalità e della giustizia invitavano anon mollare mai, a non scendere a compromessi, a nontacere. Gli studenti, gli scout, i presidi Libera, l’Anpi,Casa Cervi, normali cittadini, parte delle 1600 associazioni aderenti aLibera hanno sfilato sino a riempire Piazza VIII Agosto mentre dalpalco si leggevano i nomi, per non dimenticare, delle vittime.I rappresentanti della Sardegna erano lì: il Coordinamento Libera Sar-degna con il referente Giampiero Farru, il presidio Libera “SilviaRuotolo” di Guspini, il presidio “Emanuela Loi” di Cagliari, il presidioLibera Anglona “Bonifacio Tilicca”, il presidio “Rita Aatria” di Tem-pio Pausania, il presidio “Ilaria Alpi” di Iglesias, quello di Porto Torresintitolato a “Falcone e Borsellino”,gli studenti dell’Istituto di Istru-zione Superiore “Michelangelo Buonarroti” con le insegnanti IsaSaba, Sara Cappai e Roberta Aru, Terre di Ospitalità, Arcipelaghi diSperanza Nuoro, rappresentanti della provincia e del comune di Nuoro,dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Buccari - Marconi” di Ca-gliari. I gonfaloni di moltissimi comuni d’Italia, soprattutto dalle re-gioni del sud, accompagnati dai sindaci e da consiglieri comunali,hanno confermato la volontà delle istituzioni più vicine alla gente dinon voler consegnare l’Italia a nessun tipo di mafia. Luigi Ciotti èintervenuto mentre il corteo, stimato in 200.000 persone, occupavagli ultimi spazi liberi della piazza. Ha esordito ricordato ai cristiani lamissione di “una chiesa che se vuole vivere il Vangelo, il Vangelonon fa sconti a nessuno… e Papa Francesco lo stesso giorno, aNapoli, aveva già ricordato a tutti che la corruzione puzza, èputrefazione”. Ha aggiunto: “Le mafie si possono studiare, analizza-re, si possono raccontare con efficacia, ma è difficile capirle a fondosenza avere conosciuto le vittime, senza avere ascoltato il loro dolo-re e le loro fatiche. Questi nomi ci devono scavare dentro e dare laforza e la motivazione per capire. Le vittime vanno ricordate tutte e a

Non la classica lezione sui banchi di scuola, ma un lungoincontro con tanto di dibattito e confronto tra 200 stu-

denti del licei scientifico, linguistico e scienze umane di SanGavino Monreale e il giornalista di “Repubblica” AttilioBolzoni. Il tutto nella splendida cornice del teatro comunalenell’ambito delle iniziative organizzate dall’associazione “Li-bera” in vista della giornata del 21 marzo in ricordo delle vitti-me innocenti delle mafie. «In Sardegna», ricorda AttilioBolzoni, «ci sono più di 200 beni sequestrati alla mafia e non sipuò certo dire che non esista». Gli studenti ascoltano, maincalzano con continue domande, vogliono sapere che cosa èsuccesso nella recente storia italiana soprattutto nel 1992,anno in cui vennero uccisi a distanza di 55 giorni GiovanniFalcone e Paolo Borsellino. Alberto Ibba, studente del liceodelle scienze umane, ricorda queste figure leggendo alcunipassi del libro “Uomini soli” e sottolineando il valore del sa-crificio di questi due giudici. E sono quasi 300 i giovani coin-volti a scuola nel progetto di volontariato e legalità coordina-to dal CSV Sardegna Solidale, come ricorda la studentessaFrancesca Zaccheddu della classe quarta C del liceo dellescienze umane.Il pubblico, rappresentato dai docenti e dalle classi coinvolte,ha accolto il prestigioso ospite e ascoltato le parole, frutto di

VENTI LIBERI

Il corteo di primavera

Incontro degli studenti

con Attilio Bolzoni

La meditazione

e il silenzio

del venerdìtutte devono essere garantiti i legittimi diritti”. Le parole, scanditecon vigore, hanno voluto mettere l’accento sul fatto che “la demo-crazia è incompatibile con il potere imposto e anche con il poteresegreto, quello mafioso.” Ha proseguito: “Oggi è anche la giornatacontro il razzismo, e la giornata che ci ricorda il bisogno mondialedell’acqua; essa è patrimonio universale che non può essere vendu-ta, come qualcuno sta tentando di fare. L’acqua non può essereprivatizzata”. Tra le richieste al governo quella relativa del redditominimo o di dignità. “Chiediamo che entro 100 giorni una buonalegge sul reddito di dignità arrivi in aula per essere discussa e appro-vata. In Europa, solo l’Italia e la Grecia non la possiedono. Solo cosìsi possono concretamente combattere le associazioni a delinquere.Non è impossibile, non è una proposta irrealistica: il parlamento puòe deve prendere una decisione tanto semplice quanto storica”. Perevidenziare l’urgenza di un tale provvedimento ha citato un pensierodi don Primo Mazzolari: “ Spesso rischiamo di morire di prudenzasenza fare nulla.”In conclusione: “Tra poco 1034 palloncini bianchi si leveranno involo, portano i nomi delle vittime che abbiamo voluto ricordare oggi;chi li raccoglierà e leggerà quei nomi, li farà rivivere certamente; quelnome continuerà a parlare perché le persone che abbiamo ricordatonon sono morte. Sono vive, e noi continuiamo a prestar loro la nostravita perché i loro sogni, le loro speranze, attraverso il nostro impe-gno 365 giorni all’anno, diventino realtà. E allora forza”. Con unideale abbraccio ai presenti, Luigi Ciotti ha concluso il suo interven-to alla XX giornata della memoria e dell’impegno in ricordo dellevittime innocenti delle mafie. (s.r.g.)

una esperienza vissuta da vicino, per l’impegno di cronacacon la quale sono stati documentati anni di indagini nellevicende criminali, sulla base dei procedimenti giudiziari e nellatestimonianza di ciò che significa la presenza subdola e in-quietante della deprecabile cultura mafiosa. Nel loro essereadolescenti i ragazzi hanno avuto modo di recepire in primapersona la storia di una vita dedicata alla cronaca e indiretta-mente alla valorizzazione dell’attività giornalistica. Il raccontodel metodo mafioso, le drammatiche ripercussioni nella vitaquotidiana e l’inquietante prospettiva di una vita senza futu-ro costituiscono il centro della riflessione esposta dall’autoredurante la mattinata.Almeno due sono i punti forti della conferenza; le figure diGiovanni Falcone e Paolo Borsellino, riferimenti costanti, comepersone e come professionisti, nel panorama della legalità,nazionale e internazionale. Parallelamente Attilio Bolzoni mettein evidenza il fatto che, accanto e intorno a questi due perso-naggi di rilievo, emerge una scarsa “affinità di intenti” nel-l’impegno quotidiano e appassionato per un’azione veramen-te incisiva, atteggiamento questo forse più pericoloso dellastessa presenza mafiosa. Nei diversi ambienti dell’attivitàinquirente e della politica locale e nazionale, non sempre evi-dentemente ci sono stati rappresentati all’altezza del compitoistituzionale. Il referente dell’associazione Libera in SardegnaGiampiero Farru ricorda il sacrificio della giovane Rita Atria,

testimone di giustizia a soli 17 anni: «La mafia», aggiunge,«hapaura di una scuola che fa cittadinanza attiva. A Guspini èpresente un presidio di Libera». In prima fila ci sono anche leistituzioni e il mondo del volontariato. Prendono la parolaSalvatore Manno, presidente dell’Università della Terza Età,gli assessori Bebo Casu e Nicola Ennas, il sindaco CarloTomasi, Claudio Seda, presidente dell’associazione Euro 2001.«Per combattere la mafia», sottolinea quest’ultimo, «è neces-sario conoscerla. Viviamo in un paese che non sa difendere ipropri servitori che rischiano la vita ogni giorno. Bisognamettere fine a queste oscenità. La mafia c’è, ma ci siamo anchenoi». Poi il primo cittadino: «La scuola ha un ruolo fondamen-tale come luogo di educazione, istruzione e senso civico».Gli studenti vogliono sapere. Erica Atzeni, studentessa delliceo delle scienze umane, vuole sapere che fine ha fatto l’agen-da rossa di Paolo Borsellino: «Sono arrivato in via D’Ameliopoco dopo la strage», racconta Attilio Bolzoni, «vi era unodore di kerosene dappertutto e pezzi dei corpi fino al quintopiano. La borsa di Borsellino passò di mano in mano fino adarrivare ad un ufficiale, l’ultimo ad averla avuta in mano che èstato indagato per la scomparsa dell’agenda, ma è stato pro-sciolto. Borsellino non se ne separava mai. Oggi la maifiaassume forme più rassicuranti. È cambiata, ma non è sparitaanche se dal 1992 non spara più».

Gian Luigi Pittau

SAN GAVINO. LICEO MARCONI - LUSSU

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Il 29 marzo si è tenuta a Gonnosfanadiga una gara ciclistica sustrada, organizzata dalla società Linas bike A.S.D., per ricor-dare Nunzia Sibiriu. I 117 partecipanti, provenienti da tutta laregione, con le loro bici prima dell’inizio della gara si sonorecati in cimitero assieme ai familiari per un omaggio florealealla giovane Nunzia, vittima di un incidente stradale sulla sta-tale 196, e hanno osservato un minuto di silenzio in un luogodi pace proprio nella domenica delle palme, che guarda caso èla giornata della pace per eccellenza.OBIETTIVO CENTRATO

Il presidente della società Antonello Pintus vuole ambire apromuovere su tutti i fronti questo sport, che aGonnosfanadiga ha parecchi appassionati. «L’organizzazio-ne», afferma il presidente, «nonostante l’inesperienza, è riu-scita a centrare in pieno il suo obiettivo, e l’intento societarioè quello di convincere il più alto numero di partecipanti apraticare questo sport, sia su strada che in mtb». «Il primoMemorial, dedicato a Nunzia», conclude i presidente, «haconsentito di far rivivere al nostro paese le gare su strada, unaspecialità che vanta numerose richieste di ciclisti praticanti.La Linas bike è molto legata alla famiglia Sibiriu, che in passa-to e tutt’oggi è presente nel mondo del ciclismo».UNA TRAGEDIA CHE HA SEGNATO UNA FAMIGLIA

Alla manifestazione era presente il padre della giovane, Lu-ciano, con i figli Davide, Mattia e Angelo, che da tempi remotihanno sostenuto varie iniziative nel mondo dello sport. DonGiorgio Lisci, parroco della parrocchia del Sacro Cuore, inmerito all’importante iniziativa sportiva, ha detto: «Fare me-moria è importante per non dimenticare, per non lasciar caderenel vuoto qualsiasi cosa, che in un modo o in un altro lacera ilnostro cuore. La tragedia che ha segnato la famiglia di Lucia-no è un monito perché ciascuno riscopra il valore della vita eimpari a difenderla. Ben vengano queste iniziative se esse ciaiutano ad essere rispettosi del dono grande che Dio ci dà, ea sensibilizzare le autorità civili ad adoperarsi perché ciò checi spetta per diritto non diventi una semplice concessione».

Franco Zurru

Gara amatoriale

Federazione CSAIn aperto

Partecipanti 117

1° Classificato assoluto PIRAS Eros - Techno bike;2° Classificato assoluto CROBU Andrea - Masbike;3° Classificato assoluto CASU Luca – Bici Mania Sassari.

CATEGORIA 19 – 27 anni:

1° PIRAS Eros – Techno bike;2° CASU Luca – Bici Mania Sassari;3° PISANU Andrea - Urssnja

CATEGORIA 28 -32 anni

1° PILLAI Andrea – 2000 Ricambi;2° SABA Giacomo – Masbike;3° PRAOLINI Antonello – Fancello cicli Terranova

CATEGORIA 33 – 39 anni.

1°SANTAMARIA Luca – 2000 Ricambi;2° DEMELAS Antonio – Ichnusa Limone3° MULLER Francesco – Rema Cicli Iglesias.

CATEGORIA 40 – 47 anni.1° CROBU Andrea – Masbike;2° BASSO Roberto – Serse Coppi Parentini;3° SEGURO Simone – 2000 Ricambi.

CATEGORIA 48 – 55 anni.

1° SERRA Luca – Ciclobottega;2° TOLA Vincenzo – Fancello cicli Terranova;3° SCANU Andrea – Velo Sport PINNA Giancarlo.

CATEGORIA 56 – 64 ANNI.

1° OLLA Antonio – S.C. Portoscuso;2° ANGIUS Salvatore – Ichnusa Limone;3° MALLICA Franco – S.C. Gialeto 1909.

CATEGORIA 65 – 80 anni.

1° GHISOLFI Achille – S.G.B. Turritani.

CATEGORIE donne W 1

1° SERRA Lucia – Polisportiva Barisardo

Centodiciassette partecipantial primo Memorial Nunzia Sibiriu

GONNOSFANADIGA. TROFEO LINAS BIKE

Servizio fotografico di Andrea Meloni e Marco Collu

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15 aprile 2015 15

Il 31 marzo i lavoratori rurali sardi hanno contestato a Romadavanti a Montecitorio, al Mipaaf e al Mef per dire “no” all’Imu: basta con le soluzioni tampone, l’agricoltura ora

ha bisogno di misure strutturali.Con tre partecipati sit-in presso i luoghi simbolo dell’attivitàparlamentare e governativa (la Camera dei Deputati, il ministe-ro dell’Economia e delle Finanze e quello delle Politiche agri-cole), e migliaia di agricoltori provenienti da ogni parte d’Ita-lia, si è conclusa la mobilitazione di Agrinsieme, diretta asensibilizzare le forze politiche, le istituzioni, i media e l’opi-nione pubblica sul ruolo dell’agricoltura e dell’agroalimentareper la crescita e l’occupazione del Paese.Al termine della mobilitazione i rappresentanti di Agrinsiemehanno incontrato la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli,il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, il consi-gliere della presidente della Camera Carlo Leoni, il presidentedella Commissione Agricoltura di Montecitorio Luca Sani, irappresentanti della Commissione Agricoltura, della Confe-renza delle Regioni e del ministero dell’Economia e delle Fi-nanze, a cui è stato consegnato un articolato documento conproposte e priorità del mondo agricolo.

Tra qualche settimana si riaprirà la campagna di tosatura tragli allevamenti ovini isolani. Gli ovini in Sardegna sono circa 3milioni, la produzione annuale di lana si attesta intorno ai 30-35 mila di quintali l’anno, e ogni pecora produce in media 1,3-1,5 kg di lana. Dovrebbe trattarsi quindi di un business eco-nomico, o almeno non per i produttori. Purtroppo la lana sardanon è particolarmente apprezzata dal mercato, infatti è statadefinita scarto di lavorazione o eccedenza di produzione ovi-na. Il suo prezzo è sempre stato irrisorio, e non riesce a coprirenemmeno i costi per la tosatura, (circa 1,60 euro il costo perogni capo). Negli ultimi anni il valore al chilogrammo si è sem-pre attestato sotto l’euro, e nemmeno l’avvento delle coope-rative agricole o delle associazioni di categorie sono riuscite arendere il prezzo remunerativo. Eppure la lana ha dimostratoun’infinità di applicazioni e utilizzi: nella maglieria e nella tes-situra dei tappeti, essendo la fibra particolarmente resistente,può essere mescolata benissimo con altri materiali per prolun-gare la durata del prodotto, è utilizzata dalle industrie cosme-tiche per l’estrazione della lanolina, è impiegata con notevole

Anche gli agricoltori del Medio Campidanoalla manifestazione di protesta a Roma

“Per quanto riguarda la partita dell’Imu agricola, se, come haprecisato il ministro Martina, è aperta, noi la vogliamo giocare”ha detto Agrinsieme. “Le misure tampone decise sono assolu-tamente insufficienti per lenire gli effetti di una tassazione chegrava in maniera pesantissima sui fattori di produzione. Oltretutto c’è stata una progressione che ha visto quasi triplicare ilcarico fiscale: la vecchia Ici era di 350 milioni di euro, oggisiamo a 900 milioni. Ma soprattutto è stato sbagliato il modocon cui è stato fatto questo provvedimento, perciò occorrefermarsi subito”.Al di là della questione Imu Agrinsieme ha quindi evidenziatotutta una serie di priorità: accelerare l’applicazione della rifor-ma della PAC superando alcune recenti decisioni negative enon in linea con le aspettative delle imprese e garantire massi-ma flessibilità e tolleranza per il non rispetto del “greening”;approvare rapidamente i PSR e partire quanto prima con i ban-di; intervenire sui gap strutturali che minano la redditività agri-cola, inferiore al 2005; definire rapidamente le forme dell’orga-nizzazione economica (le organizzazioni di prodotto el’interprofessione); applicare le normative ambientali e sanita-rie tenendo conto delle esigenze delle imprese, dei processi

produttivi e della competitività; spingere con convinzionesulla diversificazione e in particolare sulla produzione di ener-gia da fonti rinnovabili; puntare sul “lavoro vero” in agricol-tura (con misure specifiche per il settore e riducendo il cuneofiscale); incentivare l’attività agricola come strumento di ge-stione del territorio per evitare il dissesto.Il coordinamento tra Cia, Confagricoltura ed Alleanza delleCooperative agroalimentari, infine, ha chiesto di interveniresui mercati in crisi che subiscono i contraccolpi dovuti aiproblemi produttivi, ma anche a quelli legati agli andamenticlimatici, alle fitopatie, ai cali dei consumi e all’export:ortofrutta, praticamente tutte le produzioni zootecniche, olioe vino. Ad avviso di Agrinsieme “occorre promuovere i con-sumi interni ed esteri, rinsaldare le filiere ‘dalla terra alla tavo-la’ e rilanciare l’aggregazione, come fattore di competitività eredditività”.

Mauro Serra

A seguito di un attacco da parte di hacker informatici, che afine febbraio avevano preso di mira il sito della Gazzetta di-struggendolo, abbiamo deciso di realizzare un nuovo sito,più snello, facile e veloce. Lo abbiamo fatto cercando di rima-nere “minimal”. Abbiamo anche deciso di cambiare l’url cheda .net è ora diventato www.lagazzetta.eu.

Seppur nell’aspetto simile al vecchio, il nuovo sito è statoarricchito di varie aree e funzioni. Ad esempio è possibile lacondivisione con tutti i social-network e persino conwhatsapp. Una nuova area è dedicata alle rubriche suddiviseper autore. Esiste un nuovo menù “Paesi” attraverso il qualeè possibile cliccare in modo semplice sul paese del MedioCampidano che intendete visionare. Vi è anche una sezionededicata ai sondaggi e non manca la storica pagina PDF con-tenente l’archivio (da ampliare) delle edizioni cartacee delquindicinale.Tutto questo per continuare a tenervi informati sugli eventiche interessano il Medio Campidano. Dalle grandi alle picco-le notizie locali che nessun altro giornale vi racconta.

PABILLONIS

Lana di pecoradefinita dal mercato

“scarto di lavorazione”

successo anche nella bio-edilizia per la straordinaria capacitàdi coibentazione termica. Per la sua natura idrorepellente lalana appena tosata, detta anche grezza o sudicia, ha la capacitàdi assorbire le sostanze oleose, uno studio ha dimostrato comead esempio la lana potrebbe assorbire eventuali perdite di pe-trolio in mare. Tutto ciò non basta a rendere merito e a crearereddito agli allevatori, che purtroppo si ritrovano ogni annonelle condizioni di svendere quintali di lana a prezziinsoddisfacenti al limite dell’umiliazione. Neanche la strategia,già adottata negli ultimi anni, di accatastare la lana nelle azien-de per tutta la stagione estiva, per poi immetterla nel mercatoad autunno inoltrato, ha donato i suoi frutti, si riesce a spunta-re infatti soltanto qualche centesimo in più. Le macchinettetosatrici e qualche “ferru de tundi” sono già pronti e affilati,ma di prezzo equo per la lana nemmeno l’ombra.

Stefano Cruccas

Il nuovo sito lagazzetta.eu

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15 aprile 201516

Fede e tradizione. Sono stati questi gli elementi che han-no caratterizzato i riti della settimana santa in tutti i paesi del Campidano e della Marmilla. Uno dei riti più sug-

gestivi è stato messo in scena il venerdì santo a San GavinoMonreale nella chiesa di Santa Chiara. Si ripete da oltre tre-cento anni, senza aver avuto mai nessuna interruzione, lasacra rappresentazione de Su Scravamentu, uno di quei mo-menti che esprime la fede e la devozione di tutta la comunitàsangavinese.Quest’antica tradizione si è concretizzata anche quest’annonella sera del venerdì santo, quando, sotto gli occhi dellecentinaia di fedeli, che hanno affollato la chiesa di SantaChiara, il Cristo è stato avvolto con un telo e calato dalla

Anche quest’anno in paese è stato riproposto SuScravamentu. La sacra rappresentazione che ricorda la depo-sizione del Cristo dalla croce, si è svolta il Venerdì Santo ri-spettando la tradizione e l’antico copione, come nel passato.Questo particolare evento religioso è molto sentito in paese, euna moltitudine di fedeli, in silenzio, ha partecipato con devo-zione e venerazione al sacro rito. L’evento ha sicuramenteorigine antichissime a Pabillonis, anche perché il Cristo con lebraccia e le gambe snodate, che viene utilizzato nella cerimo-nia de Su Scravamentu, risale al secolo XVI.Sotto la regia di don Luca Carrogu, che ha celebrato la Passio-ne di Cristo, alcuni attori volontari e della confraternita hanno

SAN GAVINO MONREALE

La fede di una comunità nel rito de “Su Scravamentu”croce (nelle foto di Renato Sechi).“Su Scravamentu” è testimoniato in diversi centri della Sar-degna, ma a San Gavino questa sacra rappresentazione si èconservata inalterata nei secoli e neppure la guerra è riuscitaad interromperla. Basti pensare che la stessa croce del Cri-sto, utilizzata ancora oggi nel rito, è stata costruita nel 1745e lo stesso Cristo risale alla prima metà del Settecento. Parla-re de “Su Scravamentu” e del suo percorso storico significaripercorrere le più antiche tradizioni della cittadinasangavinese. La gente vive con devozione questo momen-to, e sono tanti i fedeli dei vicini paesi che vengono a SanGavino per veder rivivere e partecipare all’antico rito.Il Venerdì Santo in tarda mattinata i confratelli portano il

Cristo crocifisso e la grande Croce dalla chiesetta di SantaCroce a Santa Chiara. Il pomeriggio viene montato il palco,che servirà per la messa in scena e predicazione de “SuScravamentu”: al centro il Cristo con un grande lenzuolo suentrambi i lati della croce, dietro sono sistemate due scale.Da una parte vicino al pulpito viene posta l’effigie dellaMadonna Addolorata vestita di nero. Il palco è circondatoda angioletti, mentre due ragazzi, con abbondante capiglia-tura e aureola dorata, rappresentano San Giovanni e laMaddalena. Alla fine del rito i confratelli di Santa Croce, ac-compagnati dal sacerdote e dai presenti, hanno portato inprocessione il Cristo nella chiesetta di Santa Croce.

Gian Luigi Pittau

PABILLONIS

La sacra rappresentazione della deposizione del Cristorappresentato i personaggi del Vangelo: Maria la madre diGesù, Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, Maria Maddalena,piangente ai piedi della croce, e Giovanni. Dall’alto della crocepiantata sul pavimento davanti all’altare, gli effetti scenici e ilpathos religioso sono stati realistici e toccanti: i colpi di mar-tello che schiodano il Cristo dalla croce hanno suscitato unaparticolare atmosfera nella chiesa silenziosa. Nenie e lamentifunebri, cantati in lingua sarda dal coro parrocchiale, hannoaccompagnato la cerimonia. Dopo, all’imbrunire, il Cristo de-posto dalla croce, in processione, è stato portato nel SacroSepolcro allestito nella chiesa romanica di San Giovanni.

Dario Frau

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Anche quest’anno hanno seguito la tradizione i compo-nenti del Comitato del “Santissimo” per la preparazionedelle palme. Dopo il taglio dei ramoscelli dalle piante, si-tuate in diverse zone del paese, un gruppo di volontaricomposto da donne, giovani e anziani hanno dato inizio alrito dell’intreccio dei rametti dorati che sono stati distribu-iti ai fedeli la Domenica delle Palme. Giovanni Pia e Ales-sandro Pia, Nazario Saba, Antonina Indavuru, Luisa Lisci,Raffaela Pia,Maria Pianu, Ausilia Spettu, Daniela Cossu eBonaria Frau (questi i volontari) hanno impiegato tre gior-ni, nei locali del salone parrocchiale, per intrecciare duemilapalmette.Ancora una volta è stato il decano del gruppo Giovanni Piaa coordinare l’iniziativa e seguire le antiche consuetudini.«Il primo atto è stato quello di chiedere ai proprietari dipalme il permesso di entrare negli orti e giardini», spiegal’anziano componente. Avutone il consenso, con una lun-ga scala, per gli alberi più alti, si è andati alla ricerca, di “SuPizzu”, che si trova nella parte interna della chioma dellapianta. Ogni “pizzu”, lungo anche due metri, viene poi se-zionato e, a seconda dell’abilità dell’artigiano, si possonoricavare anche quaranta “prama de populu”.Un particolare significato presenta,“Sa Prama de Passiu”,lavorata su un unico “pizzu”, con “cinqui nuxis”, che rap-presentano le piaghe del costato, dei piedi e delle mani delCristo e che viene consegnata al sacerdote prima della mes-sa nella Domenica delle Palme.

Dario Frau

In occasione della domenica delle palme, dal 1991 ad oggi, nelParco “Sa Turrita” adiacente la parrocchia San Giovanni Batti-sta di Lunamatrona, oltre un centinaio di cittadini rievoca percirca un’ora la drammatizzazione sacra della “Passio Christi”con musica e scenografie luminose e animate. Organizzata dallacomunità parrocchiale, anche quest’anno attori e figuranti han-no interpretato personaggi e scene degli ultimi attimi della vitaterrena di Gesù tratti dal Vangelo. La risurrezione di Lazzaro,l’ingresso di Cristo a Gerusalemme sopra l’asinello accolto daidiscepoli con le palme, l’Ultima Cena, la cattura di Gesù, ilprocesso nel Sinedrio, davanti a Pilato, la condanna a morte, lacrocifissione, la deposizione dalla croce e l’annuncio della Ri-surrezione. Nella rievocazione cristiana interpretata aLunamatrona dialoghi e testi sono registrati in playback e gliattori accompagnano il sonoro musicale e di cronista soltantoattraverso il movimento espressivo del dramma. Di grande ef-fetto, il gioco di luci che obbliga gli spettatori a fissare sguardoe attenzione allo svolgersi dell’azione. Un’altra particolarità della“Passio Christi” di Lunamatrona è quella di considerare sullostesso piano i partecipanti. Attori, figuranti, tecnici e costumistidiventano protagonisti indispensabili della manifestazione. Unospirito comunitario espresso anche nella scelta della donna cheinterpreta la Madonna. Ogni anno a rotazione viene identifica-ta, tra le donne del paese, una concittadina costretta a portarela propria croce anche nella vita reale di ogni giorno. «Ho eredi-tato la sacra rappresentazione lunamatronese e ne vado orgo-glioso – fa sapere don Francesco Murgia, parroco diLunamatrona dal 2010 – anche perché, vedere in diretta la sacradrammatizzazione della Passione di Cristo, fa riflettere soprat-tutto in un momento così difficile e sofferente, nel quale la cro-ce di ognuno di noi non è scomparsa. Contemplare con fedequesta rappresentazione religiosa di grande effetto aiuta tuttiad alimentare la speranza».

Marisa Putzolu

PABILLONIS. COMITATO DEL SANTISSIMO

Anziani, donne e giovanihanno intrecciato le palme

seguendo la tradizione

LUNAMATRONA

La “Passio Christi”, riflessione di sofferenza e speranza

Servizio fotografico di Gigi Cabiddu

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Per il settimo anno consecutivo, in occasione della domenica delle palme, il centro storico di Collinas si è trasfor-

mato negli scenari di Gerusalemme con la “Rappresentazionistorica de sa passioni e morti de Gesus Cristu”, la tradizionalePassione di Cristo interpretata interamente in lingua sarda daicittadini collinesi, in collaborazione con l’amministrazionecomunale, il parroco Marco Piano e il presidente di AzioneCattolica diocesana di Ales-Terralba Antonio Corona, chehanno coordinato dialoghi e testi del Vangelo traducendoli inlingua campidanese. L’ingresso trionfale nella città, l’ultimacena, il tradimento e il pentimento degli apostoli Giuda e Pie-tro, fino all’arresto di Gesù Cristo, la sua crocifissione e “suscravamentu”. Ogni singola scena biblica è stata rappresen-tata fedelmente e in diretta da un centinaio di attori e figuranti,coordinati dall’assessore ai servizi sociali di Collinas MarcoGarau, attraverso abiti, addobbi, ambienti, armature dell’epo-ca e maestose strutture in polistirolo come il Colonnato co-struito appositamente per la manifestazione pasquale.Ad interpretare la figura di Gesù Cristo e sua madre Mariasono stati gli attori Antonello Bomboi e Daniela Sanna. Nellaparte di protagonisti anche Ezio Garau (Giuda), Alverio Onnis(Pietro), Aldo Pintus (Ponzio Pilato) e Silvano Pintus (il gran-de Sacerdote Anna). «Alcune scenografie – precisa il coordi-natore Marco Garau – in realtà sono nate durante le proces-sioni degli anni ’90. Poi sette anni fa abbiamo deciso di realiz-zare una rappresentazione storica quanto più fedele possibile

Il giorno di Pasqua una gran moltitudine di fedeli ha parteci-pato con devozione al rito de S’incontru. La sacra cerimoniache rappresenta l´appuntamento tra Gesù Risorto e la Ma-donna si è celebrata con una processione di due cortei difedeli guidati dalle Confraternite, che partiti dalle due chiese,laBeata Vergine della Neve e di San Giovanni Battista si sonoincontrati in un incrocio tra le via Sassari,via Vittorio Emanue-le, via Garibaldi e via Cesare Battisti.Suggestiva la scenografia e la ritualità della cerimonia: i duecortei, uno con la Madonna, vestita in nero per la morte delfiglio e l’altro con il Cristo Risorto, sono avanzati lentamente,fermandosi per tre volte ad un segnale convenuto per il ritua-le dell’inchino (s’inchinu), in segno di saluto. Giunti sul po-sto è avvenuta la metamorfosi: dal lutto si è passati alla gioia,alla vita.Ci hanno pensato le “priorisse” a cambiare l’abito del luttodella Madonna con un prezioso vestito bianco, finementericamato. La Madre del Cristo è stata poi adornata con collanepreziose e gioielli votivi. Dopo, in un tripudio assordante digranate e rintocchi a festa delle campane, i due simulacri, ac-compagnati dai fedeli, dalle confraternite, dai volontari dellaProciv e dalle forze dell’ordine, sono stati portati in parroc-chia dove è stata celebrata la Messa solenne accompagnatadai canti del coro parrocchiale.

Dario Frau

PABILLONIS

a quella originale, cercando di volta in volta di valorizzarla einnovarla. Quest’anno abbiamo puntato maggiormente sul-l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme e sulla scena nelGetsemani, girata di notte nel bosco in località Fontana Nova».Inserita dal 2011 nella programmazione dei Riti della SettimanaSanta promossi dall’assessorato regionale del Turismo, Arti-gianato e Commercio, la singolare e suggestiva rievocazionestorica anche quest’anno ha coinvolto l’intera comunità diCollinas e numerosi spettatori provenienti da tutta l’isola.«Nessuno di noi è professionista – aggiunge l’assessore Garau– ma ogni anno ci lavoriamo per mesi e soltanto per passionee senso di comunità. E, considerando che giriamo in diretta, cela caviamo abbastanza bene».Con l’intento di valorizzare l’evento cristiano per eccellenza,ma anche la ricchezza culturale e artistica del territorio nel cuo-re della Marmilla, la manifestazione dello scorso 29 marzo haanche ospitato una mostra personale di dipinti dell’artistaGiancarlo Cadeddu, originario di Collinas.

Marisa Putzolu

S’Incontru

COLLINAS. RAPPRESENTAZIONE STORICA

Sa passioini e morti de Gesus Cristu

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In occasione della primamanifestazione “Domus eLollas”, inserita nellaventottesima edizionedella Sagra del Carciofo,la Proloco di Samassi hadisposto di allestire lecase campidanesi consimboli artistici e artigia-nali del territorio da mo-strare ai visitatori. Nellegiornate del 20 e 21 mar-zo, la casa di Efisio Pittauha ospitato l’anteprimafotografica del film“Gavinu”, ideato, prodot-to e diretto dal samasseseGiampiero Murgia. Ormai agli ul-timi ciak per la prima nella salacinematografica di Samassi dalprossimo autunno, molte scenedella pellicola sono state girateproprio nella casa ospitante lasingolare mostra curata dallaProloco e voluta dal presidenteFrancesco Ibba. «Grazie ai foto-grafi Francesca Pittau, MarianoPorta, Arturo Serra e allasupervisione artistica di SilvanoCaria – fa sapere Murgia – lamostra ha riscosso un grande in-teresse da parte del pubblico. Ilfilm di un’ora e mezza, girato daun centinaio di attori e compar-se del territorio, racconta gli usisocio-culturali di un certo perio-do nel comune di Samassi». Digenere storico biografico, le ri-prese raccontano infatti il mon-do agricolo del MedioCampidano tra il 1925 e il 1940,

Condivisione, collaborazione, parteci-pazione: è con queste parole chiave,più simili a una promessa, che a partireda aprile l’associazione “Livin’ formusic” aprirà le sue porte a tutti i can-tanti e i musicisti dei dintorni deside-rosi di valorizzare ilproprio talento. Ilprogetto, teso allacreazione di unambiente culturalestimolante e so-prattutto sereno, incui ai giovani arti-sti sia permesso disbocciare libera-mente, nasce qua-si per caso aVillacidro: «Inse-gno canto da diverso tempo e ciò mi hapermesso di notare quanti talentiinespressi o ridotti al silenzio ci sianonel circondario. Proporre a due dei mieiallievi la fondazione di un’associazio-ne culturale che fungesse da “rete dicollegamento” tra ragazzi accomunatidalla stessa passione è stata il passosuccessivo. Io stesso ne faccio parte,in qualità di vicepresidente», affermaRoberto Tolu, 29 anni. Complementarile ragioni che hanno spinto il 19ennedi Guspini Simone Saba e la sua coeta-nea di Villacidro Ilaria Frigau ad attua-re la proposta dell’insegnante: «La ri-valità in questo ambiente è fortissima.Per quanto mi riguarda, decisamente

Venerdì 13 marzo, in collaborazione con l’associazione cul-turale Kenemèri, la webserie cagliaritana “Caos” del proget-to Casa Argumental On Stage è approdata per la prima voltaa San Gavino nei locali di “Pizza Restaurant Vanity Cafè”con la proiezione della puntata finale di metà stagione e dellescene più significative delle nove puntate precedenti. Am-bra Floris, portavoce del progetto, ha detto: «Grazie all’as-sociazione sangavinese, che ha reso possibile la serata, ilpubblico del Medio Campidano ha assistito all’anteprimadella decima puntata».PROGETTO CAOS. L’intero progetto Caos – CasaArgumental On Stage è no-budget e nasce come esperi-mento e laboratorio aperto sul mondo della cinematografia,un modo per lavorare a regia, post-produzione e recitazio-ne utilizzando il pretesto per migliorarsi facendo esperien-za e divertendo il pubblico. Ogni attore, collaboratore,location, elemento scenico e musica diventano parte dellaserie a titolo gratuito, per mezzo di capacità tecniche degliautori, creatività, scambi di visibilità o di lavoro e volontàdi mettere a disposizione le proprie risorse. Caos è unarisposta all’esigenza di fare cinema anche senzafinanziamenti, solo con la voglia di dare vita a un progettoartistico nuovo e divertente.

GUSPINI

È nata Livin’ for music

un’associazioneper gli amanti della musica

SAMASSI

Mostra fotografica del film “Gavinu”

Le colonne sonore sono state selezionate da siti web chemettono a disposizione cover e musiche originali gratuita-mente, secondo un approccio aperto all’arte. Inoltre è statastretta una collaborazione con la band cagliaritana “Io, Lisae la Cioccolata”, che ha fornito le basi consentendone illibero utilizzo. Nei venti episodi che compongono lawebserie, con l’aggiunta di due puntate speciali, si celanoomaggi e citazioni a film di vario genere che il pubblico puòcercare di indovinare. Il primo a scoprire tutte le citazionidella puntata vince un premio messo a disposizione da unosponsor, che cambia di volta in volta.INTERPRETI E TRAMA. Sono quattro gli interpreti princi-pali della webserie a zero budget: Alessandro Concas, AliceDeledda, Gianluigi Serci e Selene Manca, con i quali collabo-rano a titolo gratuito attori professionisti, come CorradoLicheri e Simone Latini, gli Artisti Fuoriposto e le Taglia40, ealtri al loro debutto davanti alla macchina da presa. La storiaruota intorno alle vicende di quattro ragazzi: Alessandro,ateo e aspirante attore di teatro; Isidoro, seminarista; Alice,tirocinante nello studio di un avvocato e la coetanea Giorgiadal carattere estroso, invaghita di Alice. A sua volta Alice,oltre ad essersi presa una bella soddisfazione con l’avvoca-to dove svolge il tirocinio, ha inaspettatamente avuto una

liason con un grande vip, l’attore teatrale Piergerardo Calvino,suscitando la gelosia di Alessandro. Intanto Giorgia, dopoaver vissuto un’esperienza che le cambierà a vita, si presen-terà con Isidoro e Alessandro al casting per il Festival Cultu-rale Bellissimo. Nell’episodio proiettato il 13 marzo, il pubbli-co del Medio Campidano assiste alle reazioni di Sara allascoperta che Isidoro frequenta un’altra ragazza e agli svi-luppi delle relazioni fra i protagonisti.COLLETTIVO DI ARTISTI Il collettivo di artisti che anima-no Casa Argumental On Stage è diretto da AlessandroConcas, che ha frequentato un workshop di cortometraggicon Simone Lecca e Paolo Zucca. E studia regia da quattroanni come autodidatta. Ha realizzato vari cortometraggi, arri-vando secondo al concorso “3 minuti di celebrità a Cagliari”con il cortometraggio “Z” e il suo corto “La vincitrice” havinto la categoria migliore attrice, Sabrina Bissiri, al concor-so “Cortodino”. Carla Marcialis lavora come sceneggiatricedal 2007, quando si è laureata al DAMS di Roma 3, frequen-tando poi un corso da aiuto regista. Ha lavorato a numerosicortometraggi e lungometraggi, tra cui “Una notte blucobalto”, Miglior Opera prima al 42esimo HoustonIndipendent Film Festival, nelle sale italiane con la Bolerodal 18 giugno 2010. (m. p.)

SAN GAVINO

Proiezione dell’ultima puntata di Caos: Casa Argumental On Stage

attraverso la vita dei due prota-gonisti principali, interpretati daSara Boi e Alessandro Porta diSamassi. Quest’ultimo nel ruolodi Gavinu, figlio illegittimo natodall’amore clandestino tra la fi-glia de su meri, interpretata daRomina Tocco di Serrenti che haanche curato arredi e costumi discena, e un giovane pastore. Perimpedire uno scandalo in paese,il nonno di Gavinu, aiutato da sa

levadora, fa sparire il bambinoin un luogo indefinito dove verràcresciuto dalle suore. Il destinofarà sì che il protagonista princi-pale, diventato adulto, torni nel-la sua terra d’origine il 17 settem-bre per “l’annata agraria”, il gior-no dopo i festeggiamenti del san-to patrono di Samassi. Coinvoltidal regista Murgia, al film hannopartecipato quasi tutta la comu-nità, le associazioni locali, la Ban-da musicale del paese e diverse

figure artistiche. Gli attori EfisioVargiu e Arturo Serra di Villasor,l’operatore Giorgio Cogoni di SanGavino, lo scenografo e aiuto re-gista Silvano Caria, il gestore delcinema di Samassi Cristian Carta, imusicisti samassesi Tore Pisu,Emanuele Conti, Andrea Muscas,la scuola Cantori Is Coggius e ilcantautore Piero Marras, che haconcesso di utilizzare come colon-na sonora il brano “Suerzu”. Il re-gista, ringraziando tutti per la co-operazione, ha aggiunto: <Hosempre avuto la passione per lacinepresa, ma solo a livelloamatoriale. Questa volta mi sonomesso in gioco sul serio. E se nonmi avessero dato una mano, sa-rebbe stato molto difficile realiz-zarlo. Perciò ringrazio tutti coloroche hanno collaborato a questoprogetto della, e per, la comunitàdel territorio>.

Marisa Putzolu

insensata», precisa Simone Saba, pre-sidente di “Livin’ for Music”, «e anzisiamo decisi a collaborare tra noi, la-sciando da parte quella competizioneinsana che da diverso tempo si è creatatra i più che determinati». «L’idea di fon-

do», conclude ilgiovane, abboz-zando un raro sor-riso, «è quella dicreare una sorta diofficina di artisti, uncantiere aperto incui a far da prota-gonista sia solo lei,la musica». Entram-bi i ragazzi nonsono nuovi nell’am-biente: molto rock e

a tratti tenorile, la voce di Simone, chesolo tre mesi fa pubblicava il suo primoalbum dal titolo “Radici di un pensierodimenticato”, limpida e raffinata quelladi Ilaria, che a gennaio ha lasciato l’ama-ta Sardegna per gli studi televisivi di“Uno Mattina” a Roma.«In concreto», interviene timidamentela giovane, in qualità di tesoriera del-l’associazione, «allestiremo uno spet-tacolo in cui a esibirsi saranno gli stessiassociati, a dimostrazione del fatto chenon serve sperare nel fallimento altruiper emergere, come spesso accade.Condivisione, non competizione: que-sto è il cuore di Livin for music».

Francesca Virdis

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15 aprile 201520

di Gigi Tatti

Ci funt momentus chi unu contixeddu allirgu fai beni gana bella e fai praxeri. Po cussu,

custus “scracàlius” serbint po ci fai passai calincunu minutu chene pensai a is tempus

lègius chi seus passendi in custus annus tristus e prenus de crisi. Aici, apu pensau de si fai

scaresci calincunu pensamentu, ligendi e arriendi cun custus contixeddus sardus chi funt

innoi. Sciu puru, ca cussus chi faint arrì de prus, funt cussus “grassus” e unu pagu scòncius,

ma apu circau de poni scèti cussus prus pagu malandrinus, sciaquendiddus cun dd’unu

pagheddu de aqua lìmpia. Bonu spassiu. Est bellu puru, poita calincunu, circhendu de ddus

ligi imparat prus a lestru a ligi in sa lingua nostra. E custa, est sa cosa chi m’interessat de

prus.

ScracàliusScracàliusSu sadru chi seus pedrendu

Su Nomini

Tzia Disola at tzerriau su maresciallu de is carabineris.Su maresciallu: Nerimì signora Disola. Poita m’at tzerriau. Spieghimì de ita si tratat.Tzia Disola: Depu fai una denùncia per “scandalo in luogo pubblico”.Su maresciallu: Chi est su sogetu colpèvoli?Tzia Disola: Est su bixinu miu. Chi si ponit spollincu che un bremi, a totus is oras de sa dì.Su maresciallu: Comenti fait a acusai su bixinu de una cosa aici scandalosa?Tzia Disola: Deu ddu biu de sa ventana, e mi fait biri sa pirichita, e si ponit puru a arrì.Su maresciallu: Chi, sa pirichita?Tzia Disola: Nossi su maresciallu, seu fueddendi de su bixinu. Castit fostei puru de sa ventanaSu maresciallu: (Guardando dalla finestra) Tzia Disola, de innoi no si bit nudda. Fostei comentifait a ddu bit?Tzia Disola: Deu po ddu bit, ci pesu asuba de su guardaroba. Pesidinci fostei puru, ca si bitcraru craru!.................................................................................................................................................................

Angelinu incontrat a Gigi, in su mentris est passendi in sa strada Paulu.

Gigi: Là, est passendi Paulu. Ma poita tiaulu caminat aici scosciau? Ita dd’est sucèdiu?Angelinu: No mi fatzas arrì. No scis nudda? Est totu sa bidda prena de ita dd’est capitau.Gigi: Ge ddu scis ca seu traballendi foras e no seu prus agiornau de is pidus de bidda.Angelinu: Insaras ti ddu contu deu de s’aventura de Paulu.Gigi: Dai conta, ca ge ddu scis ca seu curiosu.Angelinu: Totu po culpa de sa tirchieria. Ca ge ddu scis cantu Paulu est susuncu. Ma custaborta incapas ddi passat s’arrispàrmiu.Gigi: Ge ddu sciu ca Paulu no papat po non andai a su cèssu. Ma dai no mi lessis in pena,contamì totu.Angelinu: Insaras ascurta beni. Paulu po nanca arrisparmiai de su comporai unu costumi debànniu nou, est andau a mari a Pixinas po si podi poni spollincu.Gigi: At ai fatu arraratz’e figura spollincu che unu bremi. Cun cussa brent’e poddi chi s’agatat.Dai sighi.Angelinu: Insaras dd’ant fatu una tràpula. Calincunu chi ddu conosciàt, at fatu finta de perdicincu eurus. A Paulu no dd’est patu mancu berus de agatai cussu dinai. E non at fatu de mancude s’incruai.Gigi: Epuru ddu sciriàt ca in logus aici est perigulosa cussa mossa.Angelinu: E infati calincunu dd’at luegus aprofitau de cussa positzioni e po cussu chi estancora tzopi tzopi, e ddi tocat a caminai aici scosciau.Gigi: Scedau! Balla a ca a mei no mi frigant. Sa prossima borta po no sciri ne ligi e ne scrii andua mari a Camp’e Sali e mi fatzu su bànniu a cratzonis longus!Angelinu: Insaras andaus impari, e mancai ddoi siant centu Eurus scavuaus, no mi incruu deseguru!Gigi: Ma dai, e no seus a cratzoni longus.Angelinu: Bai ca no. Cun totus is gioghitus eletrònicus chi si usant, oindì no fait a si fidai supròpiu!…………………………………………………………………………………………………………………………………..

Tzia Gesueta andat a protestai aundi de su reumatòlogo

Tzia Gesueta: Ddi depu nai ca is supostas chi m’at donau no funt serbias a nudda.Su reumatòlogo: Meda stranu. Ma at sighiu sa posologia?Tzia Gesueta: No sciu ita siat cust’atra maladia, ma apu fatu comenti m’at nau fostei.Su reumatòlogo: Insaras is supostas ge si dda postas in su vasu?Tzia Gesueta: Certu, in su vasu de is Gerànius.Su reumatòlogo: Ma cali Gerànius, dd’as depiàt poni in su vasu de fostei (facendogli il gesto).Tzia Gesueta: Ecu poita is froris si fiant totu alacaniaus! Ma mi depit spiegai insaras, poita sitzèrriant supostas e si ponint in bàsciu!.................................................................................................................................................................

Biagiu e Pietru funt in campagna murzendi

Pietru: Nara o Biagiu ma segundu tui s’olia niedda caminat?Biagiu: De su chi sciu, creu chi no.Pietru: Porca misèria, insaras mi seu papau una petedda!................................................................................................................................................................

Giustinu incontrat a Cirillu

Giustinu: Ti biu soferenti, ita tenis?Cirillu: Portu unu dolori de dentis de tres dis e no sciu ita fai, apu provau dònnia tipu de mexinaepuru no mi passat.Giustinu: Ddu sciu ita mexina serbit. Deu fatzu sempri aici, candu m’increxint is dentis.Cirillu: Insaras naramiddu in pressi ca ddu fatzu deu puru.Giustinu: Deu po mexina fatzu s’amori cun pobidda mia e su dolori mi passat luegus!Cirillu: Insaras, si ses un amigu, acumpangiamì in pressi a circai a pobidda tua, ca bollu pigaideu puru cussa mexina!

Deus at fàtu su xeu, sa terra, s’omini, sa femia, su bonu e su mau, custu nd’iat’ai potziu fai demancu de ddu fai; at fàtu matas, montis e maris e animabis de onnia calidadi, ma at scaresciude prantai sreb’e s’arregodu o candu nou, nu est ancora cumprida, po si podi fai ua inzaladeddae arregodài totu. Po cussu, s’omini de candu est cumpàtu in sa terra e s’est spaiãu at cicaude arregodai is cosas impotantis de sa vida in modus drivessus: a menti, finas a candu in suxrebeddu dd’oi at logu,pintendu figuras me in isgrutas o murus abì biviant oscriendiddu cand’at imparaua ddu fai, mancai me is bratzus,o me in is màtas; infinisponendiddu po nomini a isfillus. Po cussu sa trassa dearregodai is fatus prusimportantis chi ant mracau savida at pigàu sa ìa de su nomi-ni de is fillus. Po arregodais’aiaia o s’aiaiu, sa mama o subabu, o su fradixeddu mòtuapenas nasciu. Po arregodai ufàtu màu chi est sutzediu. Pono scaresci sa gherra: ecus sunomini de su cumandanti; o ufueddu strupiàu po dd’aicumprendiu màbi diventatnomin’e pipiu. A chini no téitnomini de pesai, castiat sutzeravagliu, imou su calendariu, e su nomini est luegus agatau: su santu de sa dì de sunascimentu, su nomini de sa dì o de su mesi. Pasqualinu no fut nasciu sa dì ’e Pasca Mannae nimancu de Paschixedda, fut nasciu s’utima dì ‘e s’annu, e sigumenti fu su primu fillu noddu podìant tzerriài Utimu, e no dd’is praxìat Primu, ca nominis de nurus no ndi obìant,mancu Stevini ca no dd’is andàt in callu. Dd’iant postu Pasqualinu po arregodài sa bonanim’es’aiaiu, de pat’e mama, no su nomini nóu, ma sa dì: poita ca sa dì ‘e Pasca Manna ndi futarrut’e cuaddu e fiat mòtu. Pasqualinu iat passau totu sa vida, de piticheddu, arrespondendu:«No seu nasciu nì sa dì ‘e Pasca Manna e nì sa dì ‘e paschixedda!» Poita ca totus si ddupedìant. E mancu malli ca, candu fut nasciu, no nci fut sa pesta, candunóu dd’iant’essipotziu tzerriài: Pestilenzia! E no nci at’ess’atafau nudda poita ca fiat stetiu u pipiu e pois uomini bonu chi mellus no nc’indadi. No fueddeus pois de is nominis, cumprendius màbi,nascius de is pregadorìas. Tzia Sema iat tzerriàu sa filla Peronia poita ca ddi praxìat candu su

predi naràt: per omnia saeculasaeculorum; issa cumprendìatPeronia e naràt ca fu nomin’e santa.Tzia Cunzepìa, issa puru tenìat u no-mini mabi trassau de sa mama,arfabeta, ddi praxìat mèda sapregadorìa :”O Maria cunzepìa sen’epecau…” Cunzepìa po issa futnomin’e santa. Cument’e sa mama,no fut abarrada acou e su fillu dd’iattzerriàu Pronobi, poita ca aici iatcumprendiu de: “Ora pro nobis”. Sasorri, sciollocada prus de issa, a safilla dd’iat postu Osanna, ddi praxìattropu candu ddu cantant in cresia, ecandu andàt cun sa piciochedda ddinaràt: «Bis, filla mia, funt cantendupo tui!» Tziu Antiogu, cun sa

pobidda, sperànt de tenni ua filla femia e iant penzau de torrai a pesai su nomini de sabonanima de s’aiaia, ca si tzerriàt Nadia. Ma, cumenti sutzedit in su mundu, no sempiri isdisigius diventant realidadi, e fiat nasciu mascu! Insaras tziu Antiogu, nd’iat fueddau cun samulleri, cudda femia naràt sempiri aghei a su chi dezidìat issu, e ddi obìat ponni de nominiGenugu. «Ma nou Antiogu, - dd’iat nau su sindigu de sa ‘idda- Genugu no est u bellu nominipo u pipiu. Poita dd’ois tzerriài aici? Cica uantru nomini…» «E ita ddi pongiu? Chi essatnasciu femia dd’ias’ai postu Nadia, est nasciu mascu i eus penzau: ddi ponèus Genugu,tantis de sa nadia a su ‘enugu pagu tretu ddu adi.» Nd’iat ofiu a si ddu fai a cumprendi,cambiai bidei e ddu tzerriài cund’uantru nomini. Cument’e sa batalla ch’iant fatu cun tziuEfisinu po ddu cumbinci a cambiai su nomini ch’iat penzau. Issu obìat tzerriài su fillu Orbada,e totu poita ca tempus prima nce ddi fiat sabiàta a peis u orbada e fiat abarrau u mesi cun supei a tragu. Ma no nci fiat stetiu nudda de fai po s’atru scebèru: Sinzillu, e Sinzillu dd’iatpostu. Certu ca cun su sangunãu: Manca, nci atafàt pagu. Is cristiõis e batallas chi sutzedintpo crupa de nominis strambus no si podìnt contai. Ua dì, u impiegàu de sa posta, fiat batallenducun d’ua femia: «Ita ddi nanta de nomini?» e issa «Nara!» e cuddu torra «Apu nau iat sitzerrìat de nomini.» e issa puru: «Nara.» cuddu fiat giài incabonischendusì «Custa depit’essigrai a origas – tzerriendu prus a fòti – dd’apu pedìu ita dd’anti postu de nomini…» e cuddafèmia giài arrennegàda «Mi parrit ca su grai a origas est cussu,- issa puru a bosci àta, atzerrius- apu nau Nara!» A custu puntu s’omini giài infrascau, prim’e tzacai u bucicõi a samèsa, at tzerriàu ua collega: «Castia tui chi arrennescis a ti fai cumprendi de custa femia, chiti nerat su nomini suu…» Sa piciòca s’acostat a cudda femia cun modus bonus e apaxaus edd’iat domandau: «Tzia manna, su collega po dda podi srebì béi oit scìi ita si tzerriat denomini.» E issa, ca tra femias si cumprendint mellus: «Est giài tres oras chi seu narendiddi cami tzerriu Nara, Nara Fabas! E it’obìat chi dd’essa nau Bissenta Medau?» Scedada, fiat bellade nomini e acumpangiàda mellus de sangunàu, po no fueddai de su nominigiu ca futArrebugida!

A si ‘ntendi mellus. tziu Arremundicu.

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15 aprile 2015 21

LA SARDEGNA NEL CUORE di Sergio Portas

Per non dimenticare gli eventi dolorosidei pitzinnos -pastores-partigianos

e gli isperdidos in gherraTra le fonti orali che, come è noto, contano eccome per

chi si ponesse in mente di fare il mestiere di storico opiù prosaicamente quello di giornalista, per quanto ri-

guarda l’8 settembre del ’43, ne posso esibire una di primamano: quella di babbo. Lui in realtà non era ancora babbo mio,l’incosciente ventinovenne sergente maggiore carrista delregio esercito italiano aveva impalmato la mia futura mammaPinuccia giusto quattro mesi prima in quel di Guspini, ed era inSardegna solo perché in Africa Orientale si era preso la mala-ria ed era scampato al disastro di El Alamein e alla disfatta delcontingente militare italiano che aveva combattuto conRommel e ne aveva seguito trionfi e sconfitte, fino a quellafinale . Quando il generale Antonio Basso, comandante leforze armate sarde che comprendevano anche una Divisionetedesca di 25.000 uomini, decise che non era proprio il casoche i soldati italiani ai suoi comandi dall’oggi al domani, comepretendeva il proclama del “generalissimo” Badoglio, pren-dessero ad ammazzarsi con gli alleati tedeschi del giorno pri-ma, fece loro da scorta sino a che si imbarcarono allaMaddalena per la Corsica. Quasi senza colpo ferire. Babbo, midiceva, ebbe l’ordine di seguire la retroguardia tedesca inmotocicletta e, dopo una curva cieca, si trovò i tedeschi cosìvicini che i freni della moto parvero azionarsi spontaneamen-te, tanto da fargli fare un bel volo sulla carreggiata. Fine dellatestimonianza, che babbo non amava proprio per niente rie-vocare quegli anni di travagli, del resto a mitragliare il trenocon cui lui e mamma andavano in “luna di miele” a trovare iparenti in “cabesusu” erano stati gli Alleati, i nemici di prima,Americani o Inglesi che fossero, gli stessi che bombardandoGonnosfanadiga nel febbraio avevano fatto un centinaio dimorti e non so quanti feriti (per tacere dei bombardamenticagliaritani), in un paesino di neanche 5.000 abitanti. Da qui lavulgata che i sardi non presero parte alla resistenza. In realtài sardi che combatterono nelle brigate partigiane furono mi-gliaia, sui quattromila dicono le fonti ultime, e migliaia furonoquelli che si rifiutarono di indossare le mostrine della Repub-blica Sociale messa su da Mussolini, reduce dalla prigione delGran Sasso e prima ancora della Maddalena, mercé l’azione dacommando dell’SS Otto Skorzeney, finendo nei lager nazisticon gli altri 650.000 soldati e i 22.000 ufficiali che “non aderiro-no” a Salò. Preziosi quindi i libri come questo che si presentaoggi primo di marzo al circolo sardo di Vimodrone: “PitzinnosPastores Partigianos, eravamo insieme sbandati”(ed. AnpiNuoro) con in sala due degli autori: i bittesi Natalino Piras ePietro Dettori (gli altri due: Salvatore Muravera e Piero Cicalò),a far loro da contralto Tonino Mulas che pure scrisse un librosull’argomento (prefazione di Oscar Luigi Scalfaro) e Andrea

Pollio vicepresidente nazionale dell’Anpi. Il libro, imponentenelle sue cinquecento pagine, tocca leggerlo come fosse uncomponimento epico, inframmezzato com’è di poesia e di tra-scrizioni d’interviste ai sopravvissuti agli avvenimenti guer-reschi che narra. Sono solo gli dei che scelgono a data dellatua nascita il ’22 o ’23, magari a Orgosolo o Bono o Bitti. Eallora sei quasi sempre pastore di pecore quando “ti chiama-no alla leva” nel novembre del ’42.Scrive Luigi Podda, di Orgosolo, nel suo “Dall’ergastolo” (LaPietra, 1976): “...nella primavera del’42 comperammo un bueda lavoro pagandolo con alcune pecore... per lavorare alcunipiccoli orti che avevamo in comproprietà con altri parenti apochi chilometri dal paese...a lavorare gli orti erano soprattut-to le donne... esse svolgevano anche altri lavori di campagna,come zappare, mietere il grano, raccogliere le olive, mandorle ealtri frutti, e ghiande per le pecore e per ingrassare il maiale...ancora adesso mi chiedo come le nostre donne riuscissero afare tanto lavoro...”. È a queste mamme che si scrive in italianomagari non perfetto: “ Carissima mamma, da Alghero il 10 (lu-glio del 1943) ci anno partito invia aerea al campo di Roma,siamo arrivati sani abiamo fatto un bel viagio...pare che ciprendono aperugia a fare il reclutamento...”. Lettera diNenneddu Sanna ( pag.100), non torrerà “a domo”. A Perugiasi troverà assieme ai corregionali, in aviazione, e assieme aloro si scontrerà due mesi dopo questa missiva nel terremotodell’8 di settembre. L’esercito italiano si scioglie come neve alsole, il re e i generali comandanti la nazione scappano a Brin-disi, i tedeschi rimangono padroni d’Italia e sospinti dalle trup-pe alleate risalgono la penisola facendo stragi di civili inermi,colpevoli le più volte di aver “aiutato i partigiani”. I“Peruginos” sardi sbandati nelle campagne laziali si arrangia-no come possono: banditando. Rubando pecore e aiutando icontadini in cambio di poco cibo e poco alloggio. Alcuni diloro incappano, ancora con indosso una divisa, nelle truppetedesche, e vengono trattati come disertori e fucilati. Altrimandati a nord e “arruolati” nel nuovo esercito mussoliniano.È un bel gruppo quello che si strappa il teschio fascista dalbasco nero e sceglie, assai poco consapevolmente in verità,di passare con la guerriglia partigiana di Tito che opera nellaVenezia Giulia. E continua a banditare. Contro i tedeschi, sinoal 25 aprile del 1945. La liberazione. Forse per l’Italia non certoper la Venezia Giulia. Terra di confine contesa tra popoli enazioni, “italianizzata” dai fascisti sin dagli anni venti: nefecero di tutti i colori per cancellare ogni traccia di slavo.Così che con l’8 settembre si cominciò a sentir parlare di“foibe” e “infoibati”, a centinaia, fascisti ma non solo, e donnee bambini. Meno male che presto arrivarono i tedeschi a

mettere ordine, Hitler voleva tutto il Veneto per il suo nuovocostruendo Reich. I partigiani sardi combatterono assiemeagli sloveni nelle brigate comuniste, soprattutto. Ma mai ne-anche lo diventarono comunisti, certo non vollero esserenazisti. Non è un caso che questi, tra le prime cose atte asegnalare che una nuova amministrazione era in atto, imme-diatamente mettono in funzione un campo di sterminio, contanto di forno crematorio, e alle porte di una grande cittàcome Trieste: la famigerata risiera di San Sabba. Dove fini-scono la loro vita ebrei italiani e disertori e partigiani. Aiutatiin questo, occorre ricordarlo, dai repubblichini di Salò. Quindiquel 25 di aprile che per l’Italia è liberazione, per Trieste el’Istria è incubo rinnovato di foibe. A migliaia sono gli italia-ni che vengono uccisi e gettati in queste doline carsiche,sorta di pozzi che per centinaia di metri si perdono nellecrepe del terreno, dalle milizie slovene di Tito che in unasorta di contrappasso tragico vuole “slavizzare” il territorioconquistato liberandosi da ogni italianità. I partigiani sardifortunatamente non parteciparono a tante atrocità, certo di-cono della facilità con cui “gli slavi” sparavano alle personeanche solo sospette di collaborazionismo. Furono tempi fe-roci. Non sorprende che quasi tutti quelli che tornarono neiloro paesi d’origine preferirono non raccontare, erano ra-gazzi di vent’anni quando partirono e ne avevano ventitréquando tornarono a fare i pastori, i contadini. Gli anni passa-ti a fare i partigiani come un brutto sogno da buttarsi allespalle. Un brutto sogno che non vuol passare, che quandodanno un film alla televisione e vedi le uniformi tedesche tiprende un crampo allo stomaco e non riesci a resistere allafinzione e te ne scappi. Se oggi alla Risiera di San Sabba e adAuschwitz e a Dachau ci vanno i ragazzi delle scuole perricordare a quale pericolo è scampata l’umanità tutta, lo sideve anche al sacrificio della vita di tanti ventenni, che ma-gari parlavano poco e male l’italiano e che di Trieste e delCarso avevano sentito dire dai loro padri, che da quelle partia sparare c’erano stati con le mostrine rosse della “Sassari”.Molti di loro, “dispersi”, sono stati pianti nella solitudinedelle famiglie e delle case, dice bene Bachiso Bandinu: “Nonvogliamo più piangerli come assenti, isperdidos in gherra,zente chi no est torrata, vogliamo che la memoria si facciarito della presenza, dove la preghiera ha un luogo affinché lacomunità si ricomponga nella totalità dei suoi figli”. E anco-ra: “... gli eventi dolorosi dei pitzinnos-pastores-partigianosè anche un messaggio che parla al presente perché dellatestimonianza di lotta per la libertà il nostro tempo ha ungran bisogno...La storia ci appartiene, dimenticarla significaingannare il presente e oscurare l’avvenire”.

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Nelle scorse settimane la Gazzetta ha parlato dell’invecchia-mento di Gonnosfanadiga, che sempre più si sta trasforman-do in un habitat ostile per i giovani. Passiamo ora la palla airagazzi, i quali esprimono la proprie opinioni per darci un pa-norama di quelle che sono le problematiche locali viste coiloro occhi.È opinione comune che il paese offra pochi stimoli per i ragaz-zi. Interessante al riguardo è il parere di Roberta,diciassettenne, studentessa del SIA di Guspini: “C’è una to-tale mancanza di comunicazione tra amministrazione e giova-ni, e un esempio è il sito web del comune, privo di qualsiasibando o informazione. Inoltre il servizio informagiovani lasciail tempo che trova. Tutta questa disinformazione non fa altroche accrescere il disinteresse dei ragazzi”.Secondo Elisabetta, 21 anni, studentessa all’università di Ca-gliari: “Sicuramente anche la mancanza di lavoro ci porta adabbandonare il nostro paese e preferire luoghi che possonooffrire di più”. Quest’ultimo punto può essere però conside-rato un dato comune alla maggior parte dei piccoli centri, tan-to più in questo periodo di crisi, dove il fenomeno dello spo-stamento verso la città coinvolge tutto il territorio già da di-versi anni.È quindi Gonnos un paese travolto dalla generale mediocritào si distingue in meglio o in peggio?Ecco il parere di Alessio, ventenne disoccupato: “Rispettoagli altri centri del circondario Gonnos offre meno servizi e leattività commerciali sono in continua diminuzione. Le scuole

sono poco efficienti, quando cominciai le superiori notai unlivello di preparazione superiore da parte dei miei compagni.Vi è inoltre una scarsa cura degli spazi a uso dei cittadini, chepotrebbero a loro volta costituire fonte di lavoro. Basta fareun raffronto con quelli di Guspini o Villacidro per notare ilnostro stato di abbandono.”Mutando posizione si cambia anche punto di vista e si posso-no valutare diversamente le situazioni, perciò è stato contat-tato Giacomo, 21 anni, emigrato in Germania da circa un anno,che ha espresso un parere piuttosto discordante da quellodei suoi compaesani: “Ho sempre trovato in Gonnos qualcosadi diverso rispetto agli altri paesi. Il modo che le gente ha divivere le situazioni, le vicende sociali, la coesione di forti gruppidi persone (vedi sagre, oratori, carnevale). La propensioneche ha chi organizza questi eventi a offrire e lasciare qualcosaal suo paese e alla sua gente. Mai trascurare questi gesti, chesono splendidi e servono da esempio. So che i gonnesi fannole cose non solo perché vanno fatte, ma perché credono inquello che fanno e sono felici quando ottengono dei risultati.Io penso che questa sia la loro caratteristica migliore e piùcomune, e l’ho sempre notata.”Di tutt’altro parere è Francesco, 23 anni, tirocinante aGonnosfanadiga: “Il problema è la mentalità, troppo vecchia,può andare bene solo per le generazioni passate. Ma è unproblema comune ai piccoli paesi, dove, ritrovandosi lontanidalla città, ci si deve inventare le attività”. Francesco prospet-ta così un elemento che potrebbe portare a un cambiamento:

“Bisogna assumere una nuova mentalità. Tutti dicono chenon c’è lavoro o altro da fare, ma sono loro stessi a far nienteper cambiare questa condizione. Bisognerebbe valorizzare ipropri interessi e condividerli con gli altri che stanno nellastessa situazione”Da queste differenti considerazioni emerge come i giovaninon siano scontenti del luogo in cui vivono, ma piuttostodello stato in cui versa, ovvero un luogo trascurato, spento,in cui è presente anche una barriera che rende difficile o impe-disce la comunicazione tra loro e il comune. Un paese che nonoffre niente di nuovo e sempre meno possibilità, in un conte-sto storico generale che non è certamente dei migliori.Ma è anche un paese abitato da tanta buona gente, pregna divalori e pronta a trasmetterli agli altri, in cui ogni occasione èbuona per fare festa e stare assieme. Purtroppo certe dinami-che vanno oltre quelle del paese, sono cioè generalizzate, econtrastare lo spopolamento giovanile è utopia. È però possi-bile portare i ragazzi fuori, facilitare i loro incontri e la lorocomunicazione, e offrirgli ulteriori possibilità di fare gruppo eportare avanti progetti. Ci sarebbe soprattutto bisogno dimaggiore trasparenza e dialogo, e qui il nostro pensiero vaall’amministrazione, secondo noi colpevole di abbandonare igiovani a se stessi e del fatto che a colpo d’occhio il paeseappare spento e fermo da anni.Ciononostante è inutile addossare tutte le colpe all’ammini-strazione, perché se è vero che essa rappresenta il popolo èanche vero che è il popolo che l’ha eletta.

Francesco Lecis

Cara vecchia GonnosLe opinioni dei giovani del paese

ME è il salone di bellezza di Marcella Ibba, situato in via Romaa San Gavino dove la cura dei capelli diventa un’arte, unafilosofia mirata ad esaltare la bellezza naturale grazie al toccosapiente delle sue mani.Dopo dodici anni di esperienza a Londra, Marcella torna acasa per aprire non un nuovo capitolo, ma un nuovo librodella sua vita, ME. Il suo salone profuma di primavera: è riccoe accogliente e, al tempo stesso, semplice ed umile: ogni arre-do lo ha ottenuto a costo zero, grazie alla sua spiccata fanta-sia ha ridato vita ad antichi mobili tramutandoli in strumentida lavoro. Ogni parete è costellata da quadri ed opere d’artegenerosamente offerte da amici, interrotte nel soffitto da lun-ghi fili che fanno da sontuosi lampadari.Iniziamo a spiegare l’acronimo ME, qual è il significato?

Tutto è partito da “me”, perché “io”. Col tempo ha acquisitoaltre sfumature di significato, M come Marcella, E come Estroche era il salone che aprii la prima volta a San Gavino, primadella mia partenza a Londra. Ma Estro ha anche il significatosfacciato da dare alle persone. Dopo sei anni di Estro, il 25settembre del 2002, Marcella parte in Inghilterra con GiorgioCasu (un artista sangavinese di fama internazionale, ndr) perdare una svolta definitiva alla sua vita interiore e professiona-le. Tra diversi passaggi e percorsi Marcella entra in societàcon un parrucchiere londinese, Michael, dove lavora in com-pleta autonomia con una ragazza italiana per 9 anni.Che tipo di formazione ha acquisito a Londra?

Dodici anni di esperienza professionale a Londra mi hannodato modo di lavorare con persone straordinarie. Ho imparatotecniche di taglio e di colore. Ho lavorato a fianco di giappo-nesi che possiedono delle abilità di taglio meravigliose. Con-siderandomi una spugna ho assorbito un po’ dappertutto. Holavorato con spagnoli, americani, con tedeschi. Insomma hocollaborato con parrucchieri di tutto il mondo. Credo di avereacquisito un manualità e una apertura mentale nel vedere va-riegate competenze di taglio che poi dopo faccio mie.Marcella è una professionista che offre consulenza precisache aiuta a stabilire quale taglio e colore si addice al viso.

Effettua anche colorazioni e innovativi colpi di luce che pre-vedono l’applicazione di più nuance complementari per uneffetto assolutamente normale.Qual è la caratteristica che la differenzia?

Il mio, è un modo diverso di vedere il mio mestiere, la mia arte.L’obiettivo è che la cliente viva un’esperienza unica, comple-ta. Prendo un appuntamento alla volta, voglio stare con lacliente, voglio conoscerla e studiare insieme a lei ciò che me-glio si presta al suo capello e al suo viso.Il mio lavoro non si basa sulla quantità ma piuttosto sullaqualità che voglio dare. Sono io e la cliente, la quale ha tutte lemie attenzioni. Non voglio vedere nel mio salone persone se-dute sul divano che aspettano.Come mai ha deciso di riaprire proprio a San Gavino?

Perché il sangavinese se lo merita. In tutti questi anni ho la-sciato orfani molti miei clienti e non ho più intenzione di ab-bandonarli. Il paese mi ha accolto a braccia aperte e con unaffetto straordinario fin dal primo momento. Lo dimostra lamia numerosa clientela e i calorosi gesti quotidiani di tantiamici.

Marcella Pistis

SAN GAVINO

ME e Marcella, l’artista dell’immagine

“Diffondere, soprattutto nelle scuole, la cultura solidalecome valore sociale di vicinanza ai deboli e agli emarginatidi qualunque razza o colore della pelle”: questo il pensierodi fondo che anche quest’hanno ha spinto l’Associazione“Cultura e solidarietà ...ricordando Tiziana” ,in collabora-zione con Anteas Medio Campidano e il patrocinio del co-mune di Guspini, a riproporre il concorso letterario “Poe-sie e racconti di solidarietà …per ricordare Tiziana”, giun-to ormai alla sua sesta edizione.Benché aperto a tutti,il concorso divide indue gruppi i ragazzidagli undici ai tredicianni e i giovani daiquattordici ai diciotto,per poi garantire spazio agli adulti attraverso una sezioneappositamente riservata a questi ultimi. Le scorse edizionihanno visto la massiccia partecipazioni di autori prove-nienti da diverse regioni italiane, garantendo al concorsocarattere nazionale.Le poesie dei partecipanti costituiranno oggetto di raccol-ta e pubblicazione in un libro, disponibile in cento copie, ilricavato della cui vendita sarà utilizzato da Anteas per “as-solvere alle sue finalità istituzionali di prevenzione e assi-stenza nel Medio Campidano”.Sabato 16 maggio sarà l’ultimo giorno disponibile per in-viare le poesie o i racconti brevi, in italiano quanto inlimba, alla sede dell’Associazione Anteas via San Nicolò,17 - Guspini, o all’indirizzo di posta elettronica“culturaesolidarietà@gmail.com”.

Francesca Virdis

GUSPINI

Bandito il concorso letterarioPoesie e racconti di solidarietà

…per ricordare Tiziana

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