L'estinzione in massa dei...

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L'estinzione in massa dei dinosauri In seguito alla scoperta di un sottile strato ricco di iridio si è ipotizzato che la caduta di un asteroide sia una delle possibili cause della scomparsa dei dinosauri e di altre specie di animali e di piante u no dei più singolari avvenimenti registrati nelle tracce fossili dei viventi è la scomparsa simulta- nea, avvenuta alla fine dell'era mesozoi- ca, circa 63 milioni d'anni fa, di molti tipi di rettili, di certi tipi di invertebrati marini e di piante primitive. Per molte genera- zioni gli studiosi hanno cercato senza riu- scirvi di spiegare questo fenomeno. In seguito a nuove scoperte, si è ora indotti a sostenere una nuova ipotesi: la scomparsa è stata provocata da un catastrofico squi- librio nella biosfera provocato da un agente extraterrestre. Il catastrofismo non è una nuova dot- trina che tenti di spiegare gli episodi della storia della Terra, ma non è stato quasi mai accolto con favore. All'inizio del XIX secolo, quando la geologia era una scien- za ai primordi, l'anatomista francese Georges Cuvier affermò che il passato del nostro pianeta era stato caratterizzato da una serie di «rivoluzioni» ambientali, os- sia di catastrofi. Secondo questa ipotesi, tali catastrofi fornirebbero una spiega- zione convincente di tre scomparse di animali: quella dei mammut alla fine del- l'età glaciale, quella dei numerosi mam- miferi primitivi fossilizzati in rocce situate in strati più profondi di quelli delle ghiaie dell'età glaciale e quella dei rettili giganti fossilizzati negli strati calcarei ancor più profondi. Alcuni decenni più tardi, in seguito alle ricerche compiute da Charles Lyell, risultò sempre più evidente che i cambiamenti avvenuti nella storia della Terra ebbero una durata molto maggiore di quanto Cuvier avesse immaginato. L'i- potesi del catastrofismo perdette sempre più il favore degli scienziati, sostituita dal- la teoria opposta, quella del gradualismo. Da più di un secolo i paleontologi concor- dano sul fatto che qualunque sia stata la causa dell'estinzione di parecchie specie alla fine dell'era mesozoica, non poteva essere stata una catastrofe globale. Le principali vittime tra i rettili furono i dinosauri. Per fare un esempio, nel tardo Cretaceo, ossia nell'ultimo capitolo del di Date A. Russell Mesozoico, nell'America Settentrionale vivevano almeno 15 famiglie diverse di dinosauri, rappresentate forse da 50-70 specie. Nelle rocce formatesi immedia- tamente dopo il Cretaceo, non è più pre- sente alcuno scheletro di dinosauro. La fine del Mesozoico è stata infatti gene- ralmente fissata come il periodo in cui i dinosauri si sono estinti. Tuttavia i dino- sauri non sono stati i soli organismi a scomparire in tale periodo. Tra le altre 33 famiglie di rettili che abitavano l'America Settentrionale nel tardo Cretaceo vi furo- no notevoli perdite, che qui elenchiamo. Scomparvero tutt'e quattro le famiglie di tartarughe marine (anche se tre delle quattro famiglie sopravvissero in altre zone della Terra). I goniofolidi, una delle tre famiglie di coccodrilli, ebbero la me- desima sorte. Lo stesso dicasi delle due famiglie di pterosauri (rettili volanti), gli ornitocheiridi e una famiglia tuttora senza nome, delle due famiglie di ittiosauri (ret- tili marini), i platipterigidi e un'altra fa- miglia pure senza nome, di tutte e tre le famiglie di plesiosauri (anch'essi rettili marini), gli elasmosauridi, i policotilidi e i cimoliasauridi. Scomparvero anche due delle otto famiglie di sauri, o lucertole, i poliglifanodontidi (forme terrestri primi- tive, simili a scinchi) e i mosasauridi (or- ganismi marini di grandi dimensioni). Che cosa è accaduto in realtà? Il mio particolare campo di studi è limitato so- prattutto ai grossi rettili del Mesozoico dell'America Settentrionale, perciò met- terò a fuoco, nell'esame del problema, soprattutto la scomparsa di questi anima- li. Tra le molte ipotesi avanzate si posso- no annoverare la rottura di anelli delle catene alimentari, sia nel mare sia sulla terraferma, un'alterazione generale del- l'ambiente quando il livello del mare co- minciò ad abbassarsi alla fine del Meso- zoico, un forte rialzo di temperatura, un abbassamento della temperatura causato dalla presenza di polvere vulcanica nel- l'atmosfera, e così via. Tuttavia nessuno di questi fenomeni appare di per sé una causa convincente. N el 1979 i paleontologi interessati al problema si trovarono di fronte a una nuova possibilità. Un gruppo di ricer- catori dell'Università della California a Berkeley - il geologo Walter Alvarez, suo padre, il fisico Luis W. Alvarez, e due chimici fisici, Frank Asaro ed Helen V. Michel - annunciarono la scoperta di trac- ce anormalmente elevate di iridio, un elemento pesante, in una formazione marina presso Gubbio. L'iridio si trova concentrato in uno strato di argilla, dello spessore di uno-due centimetri, che sepa- ra il calcare marino del tardo Cretaceo dal calcare marino sovrastante, depositatosi all'inizio del Paleocene. Il calcare situato sotto lo strato argilloso contiene fossili marini tipici dell'ultima fase del Cretaceo. Nell'argilla non si evidenzia alcun organi- smo. Nel calcare sovrastante mancano gli organismi tipici del Cretaceo, sostituiti da altri organismi tipicamente paleocenici. L'iridio è uno dei numerosi elementi Lo strato d'argilla nella fotografia della pagina a fronte ha uno spessore di due centimetri e separa due strati di calcare marino o scaglia esposti presso Gubbio, nell'Appennino centra- le. Il calcare bianco situato sotto lo strato argilloso è di epoca tardo-mesozoica, mentre il calcare roseo-grigiastro superiore è del primo Cenozoico. Analizzando questa argilla, si ri- scontrano concentrazioni di iridio, un elemento pesante, 30 volte superiori rispetto a quelle delle argille marine degli strati adiacenti. (L'iridio che si deposita normalmente sulla superfi- cie terrestre deriva da materiale meteoritico.) Il geologo Walter Alvarez, il fisico Luis W. Alvarez, e due chimici, Frank Asaro e Helen V. Michel, tutti dell'Università della California a Berkeley, hanno avanzato l'ipotesi che l'eccesso d'iridio sia dovuto alla caduta sulla Terra di una grossa meteorite, che avrebbe anche provocato l'estinzione in massa di molti animali. 24

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L'estinzione in massadei dinosauri

In seguito alla scoperta di un sottile strato ricco di iridio si èipotizzato che la caduta di un asteroide sia una delle possibili causedella scomparsa dei dinosauri e di altre specie di animali e di piante

u

no dei più singolari avvenimentiregistrati nelle tracce fossili deiviventi è la scomparsa simulta-

nea, avvenuta alla fine dell'era mesozoi-ca, circa 63 milioni d'anni fa, di molti tipidi rettili, di certi tipi di invertebrati marinie di piante primitive. Per molte genera-zioni gli studiosi hanno cercato senza riu-scirvi di spiegare questo fenomeno. Inseguito a nuove scoperte, si è ora indotti asostenere una nuova ipotesi: la scomparsaè stata provocata da un catastrofico squi-librio nella biosfera provocato da unagente extraterrestre.

Il catastrofismo non è una nuova dot-trina che tenti di spiegare gli episodi dellastoria della Terra, ma non è stato quasimai accolto con favore. All'inizio del XIXsecolo, quando la geologia era una scien-za ai primordi, l'anatomista franceseGeorges Cuvier affermò che il passato delnostro pianeta era stato caratterizzato dauna serie di «rivoluzioni» ambientali, os-sia di catastrofi. Secondo questa ipotesi,tali catastrofi fornirebbero una spiega-zione convincente di tre scomparse dianimali: quella dei mammut alla fine del-l'età glaciale, quella dei numerosi mam-miferi primitivi fossilizzati in rocce situatein strati più profondi di quelli delle ghiaiedell'età glaciale e quella dei rettili gigantifossilizzati negli strati calcarei ancor piùprofondi. Alcuni decenni più tardi, inseguito alle ricerche compiute da CharlesLyell, risultò sempre più evidente che icambiamenti avvenuti nella storia dellaTerra ebbero una durata molto maggioredi quanto Cuvier avesse immaginato. L'i-potesi del catastrofismo perdette semprepiù il favore degli scienziati, sostituita dal-la teoria opposta, quella del gradualismo.Da più di un secolo i paleontologi concor-dano sul fatto che qualunque sia stata lacausa dell'estinzione di parecchie speciealla fine dell'era mesozoica, non potevaessere stata una catastrofe globale.

Le principali vittime tra i rettili furono idinosauri. Per fare un esempio, nel tardoCretaceo, ossia nell'ultimo capitolo del

di Date A. Russell

Mesozoico, nell'America Settentrionalevivevano almeno 15 famiglie diverse didinosauri, rappresentate forse da 50-70specie. Nelle rocce formatesi immedia-tamente dopo il Cretaceo, non è più pre-sente alcuno scheletro di dinosauro. Lafine del Mesozoico è stata infatti gene-ralmente fissata come il periodo in cui idinosauri si sono estinti. Tuttavia i dino-sauri non sono stati i soli organismi ascomparire in tale periodo. Tra le altre 33famiglie di rettili che abitavano l'AmericaSettentrionale nel tardo Cretaceo vi furo-no notevoli perdite, che qui elenchiamo.Scomparvero tutt'e quattro le famiglie ditartarughe marine (anche se tre dellequattro famiglie sopravvissero in altrezone della Terra). I goniofolidi, una delletre famiglie di coccodrilli, ebbero la me-desima sorte. Lo stesso dicasi delle duefamiglie di pterosauri (rettili volanti), gliornitocheiridi e una famiglia tuttora senzanome, delle due famiglie di ittiosauri (ret-tili marini), i platipterigidi e un'altra fa-miglia pure senza nome, di tutte e tre lefamiglie di plesiosauri (anch'essi rettilimarini), gli elasmosauridi, i policotilidi e icimoliasauridi. Scomparvero anche duedelle otto famiglie di sauri, o lucertole, ipoliglifanodontidi (forme terrestri primi-tive, simili a scinchi) e i mosasauridi (or-ganismi marini di grandi dimensioni).

Che cosa è accaduto in realtà? Il mioparticolare campo di studi è limitato so-prattutto ai grossi rettili del Mesozoicodell'America Settentrionale, perciò met-terò a fuoco, nell'esame del problema,

soprattutto la scomparsa di questi anima-li. Tra le molte ipotesi avanzate si posso-no annoverare la rottura di anelli dellecatene alimentari, sia nel mare sia sullaterraferma, un'alterazione generale del-l'ambiente quando il livello del mare co-minciò ad abbassarsi alla fine del Meso-zoico, un forte rialzo di temperatura, unabbassamento della temperatura causatodalla presenza di polvere vulcanica nel-l'atmosfera, e così via. Tuttavia nessunodi questi fenomeni appare di per sé unacausa convincente.

Nel 1979 i paleontologi interessati al

problema si trovarono di fronte auna nuova possibilità. Un gruppo di ricer-catori dell'Università della California aBerkeley - il geologo Walter Alvarez, suopadre, il fisico Luis W. Alvarez, e duechimici fisici, Frank Asaro ed Helen V.Michel - annunciarono la scoperta di trac-ce anormalmente elevate di iridio, unelemento pesante, in una formazionemarina presso Gubbio. L'iridio si trovaconcentrato in uno strato di argilla, dellospessore di uno-due centimetri, che sepa-ra il calcare marino del tardo Cretaceo dalcalcare marino sovrastante, depositatosiall'inizio del Paleocene. Il calcare situatosotto lo strato argilloso contiene fossilimarini tipici dell'ultima fase del Cretaceo.Nell'argilla non si evidenzia alcun organi-smo. Nel calcare sovrastante mancano gliorganismi tipici del Cretaceo, sostituiti daaltri organismi tipicamente paleocenici.

L'iridio è uno dei numerosi elementi

Lo strato d'argilla nella fotografia della pagina a fronte ha uno spessore di due centimetri esepara due strati di calcare marino o scaglia esposti presso Gubbio, nell'Appennino centra-le. Il calcare bianco situato sotto lo strato argilloso è di epoca tardo-mesozoica, mentre ilcalcare roseo-grigiastro superiore è del primo Cenozoico. Analizzando questa argilla, si ri-scontrano concentrazioni di iridio, un elemento pesante, 30 volte superiori rispetto a quelledelle argille marine degli strati adiacenti. (L'iridio che si deposita normalmente sulla superfi-cie terrestre deriva da materiale meteoritico.) Il geologo Walter Alvarez, il fisico Luis W.Alvarez, e due chimici, Frank Asaro e Helen V. Michel, tutti dell'Università della Californiaa Berkeley, hanno avanzato l'ipotesi che l'eccesso d'iridio sia dovuto alla caduta sulla Terradi una grossa meteorite, che avrebbe anche provocato l'estinzione in massa di molti animali.

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Lo spessore di questi sedimenti del tardo Cretaceo presso Fort PeckReservoir, nel Montana, è di 100 metri. La deposizione di tali sedimentiè avvenuta su una pianura costiera del grande mare interno che esistevain questa zona nel Mesozoico. Alla sinistra dell'uomo in primo piano sivede, parzialmente esposto dall'erosione, un cranio di un dinosaurodel genere Triceratops. Gli ultimi resti scheletrici articolati di dinosaurisi trovano proprio a questo livello, nella parte alta della formazione.

Una terza esposizione di sedimenti depositatisi nell'intervallo tra iltardo Mesozoico e l'inizio del Cenozoico si trova presso Aix-en-Pro-

Una delle persone sullo sfondo, quella che sta in piedi in una trinceaverticale, sta scavando in uno strato stretto, di colore scuro. A sinistrasi nota una seconda trincea, che si estende in alto fino al medesimostrato. A questo livello, situato 5,5 metri al di sopra del cranio diTriceratops, le spore e il polline fossili forniscono la prova che le piantesono improvvisamente diventate rare. L'estinzione delle piante e quelladei rettili sono state quindi quasi, ma non esattamente, simultanee.

vence, in Francia. Il confine si trova presso il livello dove l'autore stascavando una trincea. Questi sedimenti sono d'origine continentale.

che i geologi chiamano siderofili, ossia«amanti del ferro». È scarso nelle roccedella crosta terrestre, ma relativamenteabbondante nelle meteoriti. La pioggiacostante sulla superficie della Terra dimicrometeoriti (di cui più del 70 per cen-to cadono negli oceani) produce modera-te concentrazioni di iridio e di altri ele-menti siderofili nei sedimenti che si ac-cumulano nei bacini oceanici.

Nel 1977 Walter Alvarez lavorava as-sieme a un gruppo internazionale di stu-diosi, tra cui la paleontologa Isabella Pre-moli Silva dell'Università di Milano, suglistrati marini della zona di Gubbio. Poichéla precipitazione di materiale meteoriticoè considerata più o meno costante neltempo, Luis Alvarez suggerì un metodoper calcolare il tempo di deposizione ditale strato, sulla base della quantità diiridio presente nell'argilla. Quando Asa-ro e Michel l'analizzarono scoprirono consorpresa che, nello strato di argilla, l'iri-dio era 30 volte più concentrato che nonnelle argille di strati calcarei adiacenti.

Se questo eccesso d'iridio avesse avutoorigine terrestre, nell'argilla si sarebbedovuto trovare un aumento corrispon-dente degli altri elementi che fanno partenormalmente dei minerali costitutivi del-l'argilla. Invece l'abbondanza relativadegli elementi risultò paragonabile aquella tipica delle meteoriti. Forse l'iridioin più derivava dal serbatoio oceanico dielementi derivati dalle micrometeoriti,precipitato improvvisamente per qualchefenomeno chimico? Evidentemente no:né sopra né sotto lo strato d'argilla vierano prove che il normale accumulo si-derofilo fosse diminuito come avrebbedovuto se fosse avvenuta una precipita-zione. A questo riguardo Charles J. Orthdel Los Alamos Scientific Laboratory ealcuni collaboratori hanno trovato unanalogo eccesso di iridio in cima al paccodi strati sedimentari del Cretaceo di ori-gine continentale, che ovviamente nonpoteva derivare da precipitazione da unserbatoio oceanico.

Mentre nel 1980 venivano pubblicatiquesti risultati, il gruppo di Berkeley po-teva aggiungere ai dati di Gubbio la sco-perta di altri strati, con un eccesso d'iri-dio, in rocce d'origine marina formatesinel tardo Cretaceo in Danimarca, Spagnae Nuova Zelanda (e successivamente, inprelievi di carotaggio di fondale marinoprofondo, sia nell'Atlantico che nel Paci-fico). Nelle conclusioni di questa ricercaveniva esposta l'ipotesi che al tempo del-l'estinzione massiccia di certi microrgani-smi marini (nel medesimo periodo in cuimolti rettili erano scomparsi dalla facciadella Terra) sulla superficie del nostropianeta si fossero depositati improvvisa-mente 500 miliardi di tonnellate di mate-riale extraterrestre.

Quale può essere stata la provenienzadi tanto materiale? Per rispondere a que-sta domanda, il gruppo di Berkeley hacercato di elaborare ulteriormente l'ipo-tesi iniziale. Se il flusso di materia è venu-to dall'interno del sistema solare, il mec-canismo d'arrivo sulla Terra può esserericercato nella gran massa di dati a dispo-

sizione su questa regione dello spazio. Mase, al contrario, la provenienza si dovesserivelare esterna al sistema solare, dove sipossiedono relativamente pochi dati ri-spetto a un'ampia diversità di ambienti,non si potrebbero fare altro che congetture.

Si consideri dapprima la possibilità che il materiale extraterrestre sia stato

prodotto all'esterno del sistema solare dauna gigantesca esplosione stellare: unasupernova. A sostegno di tale ipotesiMalvin A. Ruderman della ColumbiaUniversity e James W. Truran, Jr.. del-l'Università dell'Illinois a Urbana-Cham-paign, hanno proposto che una raffica gi-gantesca di raggi gamma provenienti datale esplosione avrebbe potuto spazzarevia materiale micrometeoritico dalla su-perficie della Luna e portarlo in gran par-te sulla Terra. In seguito, tuttavia, nota-rono che i lampi di raggi gamma prove-nienti dalle supernove devono ancora es-sere registrati e per di più che il trasportod'iridio verso la Terra sarebbe insufficien-te a spiegarne il quantitativo rinvenuto.

Un'altra possibilità a favore dell'ipotesidella supernova si trova in uno studio tut-tora in corso di Paolo Maffei, professoredi astrofisica all'Università di PerugiaMaffei sta esaminando le prove astrono-miche in un evento esplosivo gigantesco,distante circa 1000 anni luce dal sistemasolare, avvenuto alla fine del Mesozoico.L'ipotesi è comunque considerata impro-babile da Wallace H. Tucker del Centrodi astrofisica dell'Harvard College Ob-servatory e dello Smithsonian Astrophy-sical Observatory. A suo parere il mate-riale interstellare spazzato via da unasupernova, anche se gigantesca, non siaccumulerebbe in concentrazioni suffi-cienti per giustificare la quantità d'iridionella zona siderofila d'accumulo che fa dacappuccio agli strati del tardo Mesozoico.

La sequenza di eventi nell'esplosioned'una supernova inizia con un'implosio-ne. Nel corso di questo collasso i nucleidegli elementi pesanti nel nocciolo dellastella catturano rapidamente neutroni.Tra le nuove specie nucleari che si forma-no vi è il plutonio 244. L'esplosione suc-cessiva diffonde questo isotopo radioatti-vo in un enorme volume di spazio. I chi-mici del gruppo di Berkeley hanno cerca-to di scoprire il plutonio 244 nell'argillaricca di iridio, ritenendo che, se l'iridiofosse stato prodotto da una supernova, sisarebbe dovuto trovare in quantitativimisurabili anche del plutonio. Ma l'analisiha dato un risultato negativo.

Inoltre i due isotopi dell'iridio, Ir-191 eIr-193, verrebbero prodotti in differentirapporti dalle diverse esplosioni di super-nova, a causa delle variazioni dei flussineutronici e dei tempi di reazione. Ana-lizzando l'argilla ricca d'iridio, i ricercato-ri trovarono che i due isotopi erano pre-senti non in un rapporto anomalo, ma nelmedesimo rapporto tipico dell'iridio pre-sente nel sistema solare. Lo stesso risulta-to si trova per il rapporto dei due isotopidell'osmio, come è stato rilevato da ricer-catori di due diversi laboratori: J. Herto-gen dell'Università di Lovanio, in Belgio,

e Ramachandran Ganapathy della J. T.Baker Company di Phillipsburg, nel NewJersey. Perciò sembra improbabile che ilmateriale extraterrestre presente nellostrato d'argilla sia il prodotto di unaesplosione di supernova (diversa da quel-la che avrebbe originato il sistema solare).

Questi disegni, basati su fotografie riprese conil microscopio elettronico a scansione, tutti dipari ingrandimento (200 diametri), raffigura-no foraminiferi del tardo Mesozoico e della pri-missima fase del Cenozoico. Dall'alto, si nota-no una Eoglobigerina del Paleocene antico,proveniente dalla Danimarca, una Eoglobige-rina del primo Paleoèene. proveniente da uncampione prelevato mediante carotaggio nelleprofondità del Pacifico settentrionale, e unaRugoglobigerina erosa del tardo Cretaceo.proveniente da una sezione di carota prelevatain un pozzo petrolifero della Libia. Le dimen-sioni particolarmente minuscole del secondocampione indicano uno stadio di recupero gra-duale dopo l'evento ambientale drammaticoche ha provocato l'estinzione della maggiorparte dei foraminiferi del tardo Mesozoico.

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CRETACEO

CAMPANIANO MAESTRICHTIANO

PALEOCENE

81 72 63 53

BAENIDAEDERMATEMYDIDAECHELYDRIDAE

EMYDIDAETRIONYCHIDAEPELOMEDUSIDAETOXOCHELYIDAEPROTOSTEGIDAECHELONIIDAE

SAURI

POLYGLYPHANODONTIDAEXANTUSIIDAE

TEIIDAESCINCIDAEANGUIDAEXENOSAURIDAEVARANIDAEPARASANIWIDAEAMPHISBAENIDAEMOSASAURIDAE

DINOSAURI

OVIRAPTORIDAEDRYPTOSAURIDAETYRANNOSAURIDAETITANOSAURIDAEDROMAEOSAURIDAEORNITHOMIMIDAESAURORNITHOIDIDAE

(ORNITISCHI)

Triceratops

HYPSILOPHODONTIDAEANKYLOSAURIDAETHESCELOSAURIDAEPACHYCEPHALOSAURIDAEPROTOCERATOPSIDAEHADROSAURIDAECERATOPSIDAENODOSAURIDAE

PTEROSAURI

ORNITHOCHEIRIDAEFAMIGLIA SENZA NOME

Pteranodon

ITTIOSAURI

Ophthalmosaurus

PLATYPTERYGIIDAEFAMIGLIA SENZA NOME

PLESIOSAURI

Muraenosaurus

CIMOLIASAURIDAEPOLYCOTYLIDAEELASMOSAURIDAE

EOSUCHI

CHAMPSOSAURIDAE

Champsosaurus

LORICATI

Goniopholis

GONIOPHOLIDAEDRYOSAURIDAECROCODYLIDAEALLIGATORIDAE

CHELONI

Archelon

ANILIIDAEBOIDAE

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Clidastes

(SAURISCHI)

Tyrannosaurus

OFIDI

Se il materiale è di provenienza interna al sistema solare, come ha potuto rag-

giungere la superficie terrestre? Si pre-sentano subito due possibilità: l'incontrocon una meteorite di dimensioni pari aquelle di un asteroide o l'incontro con unacometa. Per quanto riguarda la primapossibilità, il gruppo di Berkeley ha calco-lato che il quantitativo di materiale extra-terrestre dello strato ricco d'iridio diffusoa tutto il globo avrebbe potuto essere con-tenuto in un asteroide del diametro dicirca 10 chilometri. Un problema connes-so all'ipotesi dell'asteroide riguarda il fat-to che il materiale di origine terrestre nel-lo strato ricco di iridio non è presentenella quantità in cui lo sarebbe se fossestato strappato dalla crosta terrestre dal-l'impatto di un corpo di tali dimensioni.Richard A. F. Grieve del Canadian De-partment of Energy. Mines and Resour-ces ha ipotizzato che l'iridio avrebbe po-tuto esser depositato dopo l'impatto sottoforma di ricaduta di materiale meteoriticorelativamente puro. rilanciato nella stra-tosfera dalla forza della collisione. Sia ilgruppo di Berkeley sia Jan Smit. un geo-logo dell'Università di Amsterdam che hastudiato gli strati calcarei del tardo Meso-zoico in Spagna. intravedono un'altra ri-sposta: se l'asteroide fosse caduto inmare, il che è statisticamente probabile.solo una piccola quantità di materiale cro-stale sarebbe stata scavata dall'impatto.

Per quanto riguarda la possibilità di unincontro con una cometa, si può osservareche le comete sono corpi di densità bassa,composti in gran parte di ghiaccio d'ac-qua. Si reputa perciò che una cometa con-tenente siderofili in quantità abbastanzaelevate da spiegare l'arricchimento osser-vato avrebbe dovuto essere di massa dop-pia rispetto a quella dell'ipotetico aste-roide, e perciò enormemente più grande.Tale ipotesi risolleverebbe perciò il pro-blema delle dimensioni dello scavo pro-dotto. Per rispondere a questa obiezione,Frank Kyte dell'Università della Califor-nia a Los Angeles, assieme ai suoi colleghiZhiming Zhou e John Wasson, ha osser-vato che quando questa ipotetica cometasi fosse avvicinata alla Terra, sarebbe sta-ta disgregata da forze gravitazionali. LaTerra sarebbe stata poi colpita da unagrandinata di detriti di cometa, che nonavrebbero potuto scavare né un crateregigantesco né parecchi piccoli crateri.

A ogni modo, entrambi questi eventiipotetici avrebbero in breve provocatoeffetti gravissimi per la biosfera. Peresempio, secondo le stime di S. V. M.Clube e William M. Napier del RoyalObservatory di Edimburgo, l'onda d'urtogenerata dalla collisione di un asteroide ditali dimensioni sulla terraferma avrebbe

l'effetto non solo di distruggere tutte leforeste del mondo, ma di uccidere anchetutti gli animali terrestri di grandi dimen-sioni. E se l'impatto avvenisse sul mare,solleverebbe ondate alte otto chilometri.

Una catastrofe di proporzioni simili,secondo Walter Alvarez e gli altri membridel suo gruppo. forse non sarebbe statasufficiente per provocare tutte le estin-zioni di specie del tardo Mesozoico. Que-sti studiosi sostengono che l'impattoavrebbe scagliato anche un'enorme quan-tità di particelle di polvere nella stratosfe-ra. Questa polvere, sempre secondo l'ipo-tesi di Alvarez, avrebbe reso l'atmosferamolto meno trasparente, influenzandonegativamente la fotosintesi e colpendoalla base l'equilibrio della biosfera.

I reperti fossili possono chiarire moltiaspetti di questa nuova ipotesi: si devetuttavia ricordare che essi fornisconosempre una quantità limitata di informa-zioni, non sempre facili da interpretare.Per esempio, benché i paleontologi vada-no raccogliendo i resti degli animali me-sozoici già da più d'un secolo, il numerototale di frammenti noti di scheletri didinosauri è solo di circa 5000. Un altroimportante fattore nello studio delleestinzioni biologiche è la dimensione delcampione. Per esempio. uno dei ritrova-menti di dinosauri del Mesozoico più re-centi. i resti degli animali che scorrazza-vano nelle pianure interne degli Stati Uni-ti e del Canada circa 63 milioni di anni fa,è caratterizzata da grandi erbivori fornitidi corna, tipo quelli del genere Tricera-tops, e da carnivori giganti. tipo Tyranno-saurus. Gli strati risalenti a 12 milioni dianni prima, nel Dinosaur Provincial Parkdell'Alberta in Canada, hanno fornitouna varietà molto più ampia di dinosauriche non le rocce più recenti.

Questo fatto significa forse, come qual-cuno ha suggerito, che le varietà di dino-sauri fossero in diminuzione all'appros-simarsi della fine del Mesozoico? Questianimali stavano forse già avviandosi versol'estinzione milioni di anni prima dell'ipo-tetica catastrofe? Niente affatto. I fossilidell'Alberta sono molto vari perché intale zona sono stati raccolti molti esem-plari: più di 300, mentre in altre localitàgli esemplari sono solo 75 o addirittura 6o 7 nelle località più recenti.

In realtà. le varietà di dinosauri in Eu-ropa verso la fine del Mesozoico rimaseropraticamente sempre le stesse; anzi, sem-bra che in Mongolia siano addiritturaaumentate. In altre zone del mondo i re-perti non sono sufficienti a rivelare ten-denze. Insomma, le prove di un declinograduale nelle varietà di dinosauri primadel tempo dell'estinzione sono tropposcarse . e di poca attendibilità.

I n nessuna parte del mondo esiste una raccolta di fossili di animali terrestri

degli ultimi 1,75 milioni di anni del Meso-zoico così completa come nello strato se-dimentario esposto. bruno-grigiastro, di100 metri di spessore, attorno al bordomeridionale del Fort Peck Reservoir delMontana nordorientale. La metà inferio-re-della formazione, più antica, è domina-ta da sabbie di deposito fluviale: la metàsuperiore, più recente, da limo e argillaalluvionali. La variazione di materialedepositatosi riflette presumibilmente va-riazioni ambientali che potrebbero avercausato un cambiamento nella distribu-zione degli animali, dinosauri compresi,che abitavano questa antica pianura co-stiera. Nei livelli inferiori predominano ilgenere predatorio di grandi dimensioniTyrannosaurus e il genere erbivoro Ama-tosaurus dal becco d'anitra. Nei livellisuperiori sono più abbondanti il genereerbivoro Triceratops e i piccoli dinosauribrucatori del genere Thescelosaurus.Negli studi sulle spore e sul polline fossili,compiuti da Robert Tschudi dell'US Geo-logical Survey. sono documentate analo-ghe variazioni nelle comunità vegetali.

Sembra che in cima alla formazione di100 metri di spessore avvenga un cam-biamento radicale. Qui, lungo un orizzon-te, l'abbondanza relativa di specie presen-ti nella serie inferiore si capovolge: i restidei grandi dinosauri localmente superanoquelli dei dinosauri piccoli. Normalmentegli animali di maggiori dimensioni hannotassi di natalità e di mortalità più bassirispetto a quelli piccoli. Perciò uno squili-brio di questo genere, con un numeromaggiore di dinosauri di grosse dimen-sioni rispetto a quelli piccoli, indica unaqualche estinzione in massa.

Sopra questo orizzonte situato pressola cima della formazione, i sedimenti co-minciano ad assumere un aspetto più la-minato. Le sole ossa di dinosauro sonoalcuni frammenti che sembra provenganoper erosione da strati più antichi e deposi-tati secondariamente in letti di corsi d'ac-qua. A prima vista, non vi è una variazio-ne analoga nella comunità vegetale. Inol-tre, a un livello situato circa cinque metrisopra l'orizzonte che contiene l'ultimomateriale scheletrico di dinosauro nonridepositato, il polline e le spore .fossili sirivelano mal conservati. David M. Jarzendel National Museum of Natural Sciencesdi Ottawa ha studiato a fondo i repertifossili vegetali. Io e lui abbiamo cercato dicalcolare quanto tempo è stato necessarioper la deposizione di questi cinque metridi sedimento e siamo giunti alla stima diparecchie decine di migliaia d'anni.

Sopra il livello dove il materiale vegeta-le è mal conservato, si alternano letti dicarbone di bassa qualità e di siltiti lamina-te. Questa separazione tra strato ricco difossili di dinosauri e strato povero di car-bone fu osservata alcuni anni fa da Wil-liam A. Clemens dell'Università dellaCalifornia a Berkeley. Tschudi. che haanche studiato le spore e il polline neglistrati contenenti carbone, riferisce chequesti resti fossili vegetali ammontanosolamente a un terzo rispetto a quelli de-

Nella pagina a fronte è indicata l'estinzione di molti rettili verso la fine del Cretaceo. Delle48 famiglie elencate, 24 scomparvero alla fine dell'ultima fase del Cretaceo, il Maestrichtia-no, risalente a circa 63 milioni di anni fa. Il prolungamento in colore di un istogramma nero,nel Cretaceo, indica un ritrovamento di esemplari della famiglia in località diverse dalla zo-na dell'America Settentrionale a nord del Rio Grande. L'istogramma in colore nella colonnadel Paleocene indica la sopravvivenza della famiglia al di fuori dell'America Settentrionale.

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Page 4: L'estinzione in massa dei dinosauridownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1982_163_2.pdf · All'inizio del XIX secolo, quando la geologia era una scien-za ai primordi,

MONTANA ORIENTALE NORTH DAKOTA OCCIDENTALE SPAGNA MERIDIONALE

.• .• • • • • •

LIMO DI MAREPOCO PROFONDOCON COMUNITÀDI GLOBIGERINA

PSEUDOBULLOIDES

CARBONE DIBASSA QUALITÀ

• SEDI BtYITY:;t:;.50t.15

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LIMODI MARE

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LIMODI MARE

POCO PROFONDO

CALCAREDI MARE APERTO

CALCARE DI MAREAPERTO CONCOMUNITÀ DIGLOBIGERINA

PSEUDOBULLOIDES

CALCAREDI MARE APERTO

SENZAFORAMINIFERI

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DI ESTINZIONESECONDARIA (?)

STRATODI ARGILLA

CALCAREDI MAREAPERTO

In questa illustrazione, la serie di eventi in due località terrestri dell'America Settentrionale e inuna località marina della Spagna al termine del Mesozoico e all'inizio del Cenozoico. La presen-za del medesimo foraminifero di sostituzione, Globigerina pseudobulloides, nel North Dakotae in Spagna, nel Cenozoico, fa pensare a una coincidenza di estinzioni marine e terrestri.

Questo dinosauro del tardo Cretaceo, Stenonsehosaurus inequalus,misuraN a tre metri dalla punta del muso alla punta della coda. Il dise-gno è basato su una ricostruzione compiuta al National Museum of

Natural Sciences di Ottavi a. Il rapporto tra peso del cen ello e pesocorporeo era pari a quello dei mammiferi primitivi. Se tali predatorifossero sopravvissuti, avrebbero forse fermato l'ascesa dei mammiferi.

gli strati contenenti ossa di dinosauri, si-tuati più sotto. L'età dei mammiferi (ilCenozoico) si fa iniziare a partire da que-sto strato.

Nei calcari che Smit e i suoi colleghi

studiano in Spagna è registrata unanotevole serie di eventi. Queste rocce sisono depositate sul fondale di un maretropicale aperto che, nel tardo Mesozoi-co, si era infiltrato nella Spagna meridio-nale. Le formazioni sono composte quasiinteramente dai gusci e dalle placchette dicarbonato di calcio di minuscoli foramini-feri, protozoi marini appartenenti allozooplancton. Qui per più di 10 milionid'anni la produttività planctonica è rima-sta elevata e non si notava alcuna varia-zione significativa nel tipo di detriti orga-nici depositati sul fondale marino.

Poi, all'internò d'uno strato di rocciadello spessore di non più di cinque milli-metri (che rappresenta una deposizionedi meno di 200 anni), scompare quasi il 90per cento delle specie di foraminiferi che

si trovano più in basso nella formazione. Iprotozoi che riuscivano a sopravvivereraggiungevano solo un decimo delle di-mensioni dei loro predecessori. Manmano che la pioggia di gusci e di placchet-te diminuiva fino a cessare quasi del tutto,cessò anche l'attività di scavo degli inver-tebrati che vivevano sul fondo, dove sidepositò un manto di argille laminate dicolor rosso e verde, che raggiunse unospessore di circa 10 centimetri. Le condi-zioni rimasero stabili per circa 20 000anni e a quel tempo tutte le specie diforaminiferi sopravvissuti, salvo una,erano declinate al punto di estinguersi.

Dopo di allora, la vita ricominciò a pro-liferare. Riprese vigore anche la deposi-zione di sedimenti e il fondale oceanicovenne ancora una volta «arato» dagli in-vertebrati del fondo. Si sviluppò una nuo-va comunità di foraminiferi, seguita pre-sto da un'altra, caratterizzata dalla pre-senza tra le altre, della specie, Globigeri-na pseudobulloides. La rifiorente comu-nità di protozoi abitò l'antico mare spa-

gnolo per i successivi due milioni d'anni.A grande distanza, nella zona che ora è

il North Dakota, un grande mare internosi estendeva verso ovest nel medesimoperiodo, inondando un'area di delta dovei resti di Triceratops si erano fossilizzati ederano stati ricoperti da strati contenenticarbone. Le siltiti marine depositatesisopra il carbone contengono gusci di spe-cie di foraminiferi appartenenti alla me-desima comunità contenente Globigerinapseudobulloides che era apparsa nel marespagnolo dopo la grande estinzione diforaminiferi. Date per scontate le incer-tezze nelle stime di tempo ricavate dallospessore dei depositi sedimentari, sembratuttavia possibile che la storia raccontatada questi sedimenti, dai sedimenti di FortPeck Reservoir e della Spagna meridiona-le sia la stessa. Se ciò è esatto, l'estinzionedei dinosauri sulla terraferma e dei fora-miniferi nel mare coinciderebbero.

-Lforaminiferi non furono i soli organi-smi marini a scomparire alla fine del

Mesozoico. Come ho già rilevato, la stes-sa sorte toccò a molti rettili marini. Anchevarie specie di molluschi si estinsero: icefalopodi dal guscio a spirale noti comeammoniti, i cefalopodi simili a calamaridetti belemniti e gli strani bivalvi d'aspet-to simile a coralli noti come rudiste. Leprincipali famiglie d'animali marini per lopiù sopravvissero, ma persero molti rap-presentanti, generi e specie.

I reperti fossili dei grandi animali mari-ni di questo confine cruciale non si pre-sentano con sufficiente chiarezza comequelli della microfauna, rappresentata daiforaminiferi. La ragione è che i grandianimali sono numerosi e differenziati e ilnumero dei paleontologi è limitato. Perfare un esempio, persino in formazionigeologiche relativamente ben studiate,come i calcari farinosi della Danimarca, iltasso di sopravvivenza di importantigruppi animali, come spugne, brachiopo-di, gasteropodi marini e crostacei non èancora stata calcolata. Se si vuole un altroesempio, il quadro completo delle specieanimali vissute in questo periodo nelleregioni tropicali del globo è ancora poconoto. Data la scarsezza di elementi in no-stro possesso, non meraviglia che la con-troversia tra la teoria del gradualismo equella del catastrofismo resti tuttora viva.

L'entità delle estinzioni si può valutarecompiendo calcoli schematici abbastanzagrossolani. Si confronta il numero di ge-neri animali nei reperti fossili di circa 10milioni d'anni prima della fine del Creta-ceo con il numero di generi nei reperti diun periodo opportuno dopo la crisi. No-nostante queste stime numeriche sianopoco attendibili, sembra che la differenzarispecchi una diminuzione del 50 per cen-to nelle varietà di generi diffusi nel mon-do. Ripetendo lo stesso calcolo per ilnumero di specie di certi generi vegetali eanimali prima e dopo la crisi, si ottengonorisultati analoghi. In un campione checomprenda mammiferi come animali ter-restri rappresentativi, alghe marine chiti-nose come piante rappresentative, e comerappresentanti di animali marini i dollari

della sabbia, le stelle di mare e le ostriche,il declino delle specie durante l'intervallodi estinzione va da 3 a 1,5 specie pergenere. Sembra quindi legittimo fare unavalutazione di questa crisi biologica asso-ciata all'estinzione dei dinosauri e con-cludere che essa causò anche l'estinzionedel 75 per cento delle specie vegetali eanimali allora esistenti. In realtà è proba-bile che questa stima sia imprecisa piutto-sto per difetto che per eccesso.

La registrazione delle estinzioni mostraalcune anomalie. Per esempio, nessunanimale di peso superiore ai 25 chilo-grammi sopravvisse e molti di quelliscomparsi erano considerevolmente piùpiccoli. Ancora. le piante terrestri delleregioni settentrionali della zona tempera-ta subirono maggiori perdite di quelle checrescevano più a sud. Le piante e gli ani-mali delle comunità d'acqua dolce furonoinvece poco influenzati. Lo stesso feno-meno si ebbe probabilmente per i mollu-

schi marini d'acqua profonda, secondol'opinione di Arthur H. Clarke dell'Eco-search, Inc., di Mattapoisett, nel Massa-chusetts. mentre gli organismi marinid'acqua poco profonda. in particolare lafauna delle scogliere coralline tropicali,furono colpiti in modo molto più grave.

Persino animali che condividevano ilmedesimo ambiente non furono influen-zati in modo identico. Come ha fatto rile-vare Eric Buffetaut dell'Università di Pa-rigi, i coccodrilli che occupavano acquemarine poco profonde sopravvisero all'e-stinzione, mentre i mosasauri. che vive-vano nel medesimo habitat, soccombette-ro. Qualunque siano stati i fattori del di-sastro biologico, comprese le perturba-zioni nelle catene alimentari, la capacitàdi resistenza della biosfera fu evidente-mente varia.

Quale spiegazione si può dare delladuplice estinzione degli animali e dei ve-getali alla fine del Mesozoico? Si è tratta-

to di un'estinzione separata nel tempo,con la morte anticipata degli animali ter-restri e poi delle piante? Ammettendoquesta separazione temporale. la secondaestinzione fu la conseguenza di catastrofigravi come quelle che avevano provocatola prima estinzione, oppure fu pratica-mente un fenomeno prodottosi per unasorta di successione biologica? Qualun-que sia la risposta a tali problemi. sembrache, a lunga scadenza, il genere umano siail beneficiario dell'evidente catastrofe.All'approssimarsi della fine del Mesozoi-co. alcuni piccoli dinosauri carnivori ave-vano raggiunto un rapporto tra il peso delcervello e il peso corporeo pari a quellodei mammiferi primitivi. Se questi rettili.presumibilmente più intelligenti, fosserosopravvissuti, i loro discendenti avrebbe-ro potuto forse impedire l'ascesa deimammiferi, accaparrandosi per primi lanostra posizione preminente come anima-li più dotati di cervello della Terra.

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