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SINTESI

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Gli autoriAlberto Barbieri, Giulia Anita Bari, Serena Fondelli, Laura Del Matto, Mariarita Peca. Il capitolo L’analisi giuridica è a cura di Asgi e Ltpd (Salvatore Fachile, Chiara Pittaluga, Enrica Rigo, Cecilia Momi).

Il team Medu sul terreno Giulia Anita Bari (coordinamento), Serena Fondelli e Laura Del Matto (medici), Boubker El Hafian, Lamine Bodian, Rachid Bensadi, Ibrahim Guene, Mamadou Dia (mediatori culturali).

Il team Medu di RomaAlberto Barbieri e Mariarita Peca (coordinamento), Francesca Fasciani (comunicazione), Roseli Petry (amministrazione).

Fotografia in copertina Serena Fondelli e Mariarita Peca.

Immagini all’interno del rapporto Fotografie del team di Medu.

Un vivo ringraziamento alla Flai-Cgil, a SOS Rosarno, alla Caritas, all’Osservatorio Migranti Basilicata, alle as-sociazioni Fuori dal Ghetto e InMigrazione per la preziosa collaborazione; a Coldiretti, Confagricoltura e alleistituzioni locali e regionali per il costruttivo confronto; ad Anselmo Botte, Giovanna Basile, Francesco e Maria,Rosa, Giovanni, Gabriele, Giuseppe, Arturo, Toni, Nino e Gervasio per il supporto amico e costante; a Har-bhajan Ghuman per la calorosa accoglienza presso il tempio sikh di Sabaudia; ad Antonello Mangano peraver contribuito con la sua analisi a questo rapporto; a Salvatore Fachile, Enrica Rigo, Chiara Pittaluga eCecilia Momi per il percorso fatto insieme; allo staff e ai volontari del progetto Un camper per i diritti di Medu.

Un ringraziamento particolare alla Fondazione Con il Sud, alla Fondazione Charlemagne, alla FondazioneNando Peretti e a Open Society Foundations per aver creduto in questo progetto e averlo sostenuto; ad Asgie Ltpd per aver contribuito alla sua realizzazione.

Medici per i Diritti Umani desidera, infine, ringraziare tutti coloro che hanno collaborato all’indagine fornendoinformazioni e testimonianze. In particolare, gli uomini e le donne, italiani, africani, bulgari, romeni incontratiin questo lungo viaggio nel Meridione d’Italia che, accettando di raccontare la propria storia, hanno contribuitoin modo fondamentale alla realizzazione di questo rapporto.

Per informazioni:Medici per i Diritti Umani [email protected] www.mediciperidirittiumani.org

Medici per i Diritti Umani (MEDU) è un’organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale senza finidi lucro, indipendente da affiliazioni politiche, sindacali, religiose ed etniche. MEDU si propone di portareaiuto sanitario alle popolazioni più vulnerabili, nelle situazioni di crisi in Italia e all’estero, e di sviluppare,all’interno della società civile, spazi democratici e partecipativi per la promozione del diritto alla salute edegli altri diritti umani. L’azione di Medici per i Diritti Umani si basa sulla militanza della società civile, sul-l’impegno professionale e volontario di medici e altri operatori della salute, così come di cittadini e profes-sionisti di altre discipline.

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INDICE

NTRODUZIONE

METODOLOGIA

MAPPA PROGETTO TERRAGIUSTA

I LUOGHI D’INTERVENTOCALABRIA - Piana di Gioia Tauro

La raccolta degli agrumi nella Piana dimenticataScheda regionale

CAMPANIA - Piana del SeleLo sfruttamento dei braccianti nella “California d’Italia”Scheda regionale

BASILICATA - Vulture-Alto BradanoLa raccolta del pomodoro tra lavoro grigio, caporalato e tentativi di accoglienzaScheda regionale

PUGLIA - La CapitanataCapo free ghetto off, un progetto rimasto inattuato Scheda regionale

LAZIO - L’Agro PontinoIl Punjab pontino: irregolarità e sfruttamento tra campi e serreScheda regionale

L’ANALISI GIURIDICAL’impatto della Direttiva 52/2009/CE sul fenomeno dello sfruttamento lavorativo tra i braccianti agricoli a cura di Asgi e Ltpd

CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI

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Nel 2013 sono stati più di 320mila gli immigrati,provenienti da 169 diverse nazioni, impegnati rego-larmente nelle campagne italiane. Questi hannosvolto circa 26milioni di giornate di lavoro pari al23,2% delle giornate dichiarate complessivamente,tra italiani e stranieri, in quell’anno1. Come ammetteColdiretti, tra le principali organizzazioni degli im-prenditori agricoli in Italia, “gli stessi distretti pro-duttivi di eccellenza del Made in Italy possonosopravvivere solo grazie al lavoro degli immigrati,dalle stalle del nord dove si munge il latte per il Par-migiano Reggiano alla raccolta delle mele della Valdi Non, dal pomodoro del meridione alle grandi uvedel Piemonte”. Ancora, secondo i dati Eurispes, illavoro sommerso riguarda il 32% del totale dei di-pendenti del settore agricolo2, di cui circa 100mila,per lo più stranieri, sono sottoposti a gravi forme disfruttamento e costretti a vivere in insediamenti mal-sani e fatiscenti. La presenza di un numero consi-stente di braccianti stranieri impiegati in modostagionale, soprattutto nella fase della raccolta e neilavori meno qualificati, si inserisce, dunque, all’in-terno di un quadro molto articolato dove l’apporto deilavoratori immigrati risulta decisivo per il funzionamentodell’agricoltura italiana.

In questi anni sono state numerose le indagini e lericerche3 che hanno denunciato condizioni di vita edi lavoro inaccettabili per i lavoratori stranieri nellecampagne d’Italia, in particolare nel Meridione: lavoronero o segnato da gravi irregolarità contributive, sot-tosalario, caporalato, orari eccessivi di lavoro, man-cata tutela della sicurezza e della salute, difficoltànell’accesso alle cure, situazioni abitative ed igienico-sanitarie disastrose. Del resto, un quadro così preoc-cupante è stato segnato a tutti i livelli dall’incapacitàistituzionale di dare risposte credibili. Istituzionispesso obbligate a uscire da un atteggiamento

d’inerzia e indifferenza solo quando la gravità dellaquestione si è affacciata al dibattito nazionale in oc-casione di episodi eclatanti che hanno mostrato “lapunta dell’iceberg”. Pensiamo alla rivolta di Rosarnodel 2010 o al primo sciopero dei braccianti immigratinelle campagne di Nardò nel 2011. Ed è proprio daun primo intervento nella tendopoli/baraccopoli di Ro-sarno, luogo di umiliazione di ogni diritto, che prendeforma nel 2013 il progetto Terragiusta.

In qualità di organizzazione umanitaria indipen-dente, Medici per i Diritti Umani (Medu) si propone diportare aiuto sanitario alle popolazioni vulnerabili e diindividuare e denunciare, a partire dalla pratica me-dica, le violazioni dei diritti umani e gli ostacoli nell’ac-cesso alle cure. Il progetto Terragiusta. Campagnacontro lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricol-tura realizzato da Medu in collaborazione con l’Asso-ciazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi)e il Laboratorio di Teoria e Pratica dei Diritti dell’Uni-versità di Roma Tre (Ltpd) si pone l’obiettivo di promuo-vere la tutela della salute e delle condizioni di lavorodei migranti impiegati nel settore agricolo in alcuni deiterritori più critici del Mezzogiorno d’Italia. L’interventoha anche la specifica finalità di migliorare la cono-scenza, l’accesso e la fruizione dei diritti fondamentalidei lavoratori migranti, in particolare del diritto alla sa-lute e dei diritti sul lavoro. Oltre l’intervento umanitario,il progetto si è proposto di andare a conoscere più inprofondità le dinamiche di ciascun territorio e di capirese qualcosa sta cambiando in questo quadro di emar-ginazione e sfruttamento. Il rapporto Terraingiustanasce proprio da questo lavoro d’indagine.

Per undici mesi, da febbraio a dicembre 2014, leunità mobili di Medici per i Diritti Umani hanno pre-stato prima assistenza medica e orientamento socio-sanitario in differenti territori dell’Italia meridionale e

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INTRODUZIONE

1 I lavoratori agricoli stranieri, Romano Magrini (Coldiretti) in Dossier Statistico Immigrazione 2014, a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico(ottobre 2014), p. 277.

2 Sottoterra. Indagine sul lavoro sommerso in agricoltura. Eurispes, Uila, 2014, p.7.3 Si veda, ad esempio: I frutti dell’ipocrisia, Medici Senza Frontiere (2005); Una stagione all’inferno, Medici Senza Frontiere (2008); Agromafie e caporalato, a cura dell’Osservatorio

Placido Rizzotto Flai-Cgil (2012 e 2014); Lavoro sfruttato. Due anni dopo, Amnesty International (2014).

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centrale. Seguendo il ciclo delle stagioni agricole, iteam di Medu si sono spostati dalla Piana di GioiaTauro in Calabria alla Piana del Sele in Campania,dal Vulture Alto Bradano in Basilicata all’Agro Pon-tino nel Lazio. Nel periodo estivo è stata inoltre mo-nitorata la raccolta del pomodoro nella Capitanatain Puglia. Sono stati intervistati 788 migranti4, deiquali 744 hanno ricevuto assistenza sanitaria per untotale di 876 consulti medici. Asgi e Ltpd hanno inol-tre svolto un’accurata analisi della cosiddetta LeggeRosarno e della sua efficacia nel contrasto dellosfruttamento lavorativo a circa due anni dalla suaemanazione.

Questo rapporto è dunque il frutto di testimonianzee dati raccolti a partire dalla pratica sanitaria sul terreno.Un’indagine che, senza avere la pretesa di essere unlavoro con valenza statistica, può tuttavia rappresentareun valido strumento per la comprensione del fenomenodello sfruttamento dei braccianti immigrati in alcuni ter-ritori significativi del Mezzogiorno d’Italia. In questosenso Terraingiusta vuole essere una fotografia della si-tuazione attuale con le sue criticità più gravi, i tentatividi cambiamento, le poche buone pratiche e le possibilisoluzioni. Un lavoro che, per usare un’espressione diDavide Lajolo, poeta e contadino, ha cercato di “guar-dare l’erba dalla parte delle radici”.

4 Sono stati intervistati 788 migranti (736 uomini e 52 donne), tra cui 694 lavoratori agricoli (671 uomini e 23 donne).

La clinica mobile di Medu durante l’attività di assistenza sanitaria presso un casolare abbandonato nel comune di Taurianova (Medu/marzo 2014)

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Questo rapporto è stato realizzato nell’ambito delprogetto Terragiusta. Campagna contro lo sfrutta-mento dei lavoratori migranti in agricoltura. Il progetto,focalizzato su cinque regioni dell’Italia meridionale ecentrale (Calabria, Campania, Basilicata, Puglia eLazio), ha previsto una fase preliminare in cui, perogni regione, è stata individuata una zona specificad’intervento sulla base dei seguenti criteri: gravitàdelle condizioni di sfruttamento sul lavoro, con parti-colare attenzione alle conseguenze in termini di tuteladella salute; criticità delle condizioni alloggiative e diaccoglienza; carenza di organizzazioni ed enti di tu-tela territoriali. Le zone d’intervento sono state inoltredefinite tenendo conto degli spostamenti che i brac-cianti immigrati effettuano su base stagionale se-guendo il ciclo agricolo.

In tre delle zone individuate è stato poi implemen-tato un servizio medico di prossimità in concomi-tanza con la stagione di maggior afflusso di lavoratorimigranti: la Piana di Gioia Tauro in Calabria (feb-braio-marzo e novembre-dicembre), l’area del Vul-ture-Alto Bradano in Basilicata (luglio-ottobre) e laPiana del Sele in Campania (aprile-luglio). Un teamdi Medu composto da una coordinatrice, un medicoe dei mediatori culturali (questi ultimi individuati inbase alle nazionalità prevalenti nei singoli contesti),si è avvalso di un’unità mobile attrezzata ad ambula-torio per lo svolgimento delle attività quotidiane di as-sistenza medico-umanitaria, operando in strettocollegamento con gli operatori di Asgi (un avvocatoe un consulente giuridico) e del Laboratorio di Teoriae Pratica dei Diritti dell’Università di Roma Tre (un av-vocato coordinatore, un esperto legale e due stu-denti) per quanto concerne il supporto legale e ilmonitoraggio delle prassi di accesso ai diritti. In Pu-glia il team ha realizzato un monitoraggio di tre mesi(luglio-ottobre) nella provincia di Foggia mentre nelLazio una seconda equipe, composta da una coor-dinatrice e da medici ed operatori socio-legali volon-tari, ha svolto un intervento-assessment di unasettimana nell’Agro Pontino.

Nei quattro contesti di intervento diretto (Calabria,Campania, Basilicata, Lazio) il team di Medu ha svoltoun servizio di prossimità a bassa soglia, mappando eraggiungendo gli insediamenti abitativi dei lavoratoriimmigrati, prestando prima assistenza medica, for-nendo informazioni e orientamento socio-sanitario. Attraverso la compilazione di una scheda socio-ana-grafica e di una scheda clinica per ogni paziente visi-tato, il team ha inoltre effettuato un monitoraggio dellecondizioni socio-sanitarie dei lavoratori, con particolareattenzione alla rilevazione dei dati epidemiologici, allarelazione tra condizioni lavorative e condizioni di salute,allo status giuridico, alle condizioni abitative, all’ac-cesso alle cure. Si è altresì proceduto ad una mappa-tura dei presidi socio-sanitari territoriali, individuandoal loro interno servizi che fossero in grado di rispon-dere, in termini di accessibilità e fruibilità, al bisogno disalute dei migranti impiegati in agricoltura.

In ogni contesto sono state raccolte le testimonianzedei migranti e sono state effettuate interviste con i prin-cipali attori coinvolti: esperti e associazioni della societàcivile, rappresentanti delle istituzioni locali e regionali,organizzazioni sindacali e datoriali. Nelle zone d’inter-vento individuate, gli avvocati e i consulenti legali diAsgi e Ltpd hanno svolto attività di formazione rivolteagli operatori socio-legali e alle associazioni locali sullanuova normativa (Legge Rosarno) in tema di sfrutta-mento lavorativo e hanno garantito in modo continuativoconsulenza e tutela legale. In ciascun territorio d’inter-vento, il progetto Terragiusta ha mirato alla creazione diuna rete con la società civile locale attraverso la promo-zione di seminari, laboratori e giornate di confronto.

METODOLOGIA

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Capoluoghi

Province

Luoghi d’intervento

Luoghi d’interesse

Lazio: Agro Pontino

Campania: Piana del Sele

Puglia: Capitanata

Basilicata: Vulture

Calabria: Piana di Gioia Tauro

Roma

Viterbo

Cosenza

Crotone

ReggioCalabria

Rieti

Frosinone

CasertaBenevento

Avellino Brindisi

Lecce

TarantoSalerno

Matera

Bari

Potenza

Catanzaro

Latina

Aprilia

San Felice CirceoTerracina

Borgo HermadaSabaudiaBella Farnia

Pontinia

Eboli

Bivio Santa Cecilia

CapaccioCapaccio ScaloCampolongo

Battipaglia

Rosarno

Drosi

Gioia TauroRizziconi

San Ferdinando

San Severo

Rignano Garganico

CerignolaBorgo MezzanoneFoggia

Borgo Tre Titoli

Montemilone

Palazzo San Gervasio

LavelloVenosa

Boreano

Feroleto della Chiesa

Melicucco

TaurianovaPolistena

Giffone

Fondi Napoli

ViboValentia

LatinaFoggia

PROGETTO TERRAGIUSTALuoghi di analisi e d'intervento

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La raccolta degli agrumi nella Piana dimenticata

In occasione della stagione agrumicola da novembre a marzo, giungono ogni anno nella Piana di Gioia Taurooltre 2.000 braccianti, per la maggior parte dell’Africa sub-sahariana. Nonostante nei comuni di Rosarno, SanFerdinando, Gioia Tauro, Rizziconi e Taurianova il fenomeno si ripeta ormai da anni con le medesime caratteri-stiche, nulla cambia nella Piana, dove di stagione in stagione sembra consolidarsi una vera e propria zona francadi sospensione della dignità e dei diritti per i lavoratori immigrati.

Il team di Medu ha realizzato due interventi: il primo nei mesi di febbraio-marzo 2014 e il secondo, ancora incorso, da novembre 2014 ad aprile 2015, di cui si riportano in questo rapporto i dati relativi al bimestre novembre-dicembre 2014. La clinica mobile ha prestato prima assistenza medica e orientamento socio-sanitario presso latendopoli ubicata nella zona industriale di San Ferdinando e in una fabbrica occupata nella stessa area, in differentiinsediamenti isolati nella Piana di Gioia Tauro e presso l’ambulatorio per stranieri irregolari (STP) di Rosarno.

Tra gli aspetti più critici rilevati: lavoro nero, sottosalario, strutture di accoglienza inesistenti, degrado e gravecarenza di risorse negli ambulatori pubblici per i migranti. Il 79% dei braccianti assistiti dalla clinica mobile diMedu vive in insediamenti precari privi di servizi igienici, acqua ed elettricità mentre un migrante su cinque ècostretto a dormire a terra per mancanza di un letto. Il perdurare di pratiche illecite, come quella del caporalato,s’inserisce in un quadro segnato dalla grave carenza di credibili programmi di rilancio del settore agricolo ingrado di dare respiro all’economia locale. Ciò che sembra mancare del tutto, prima ancora di una puntuale pia-nificazione dell’accoglienza stagionale per i lavoratori immigrati, è la volontà politica di affrontare quella che èuna delle questioni dell’immigrazione più drammatiche, e anche più vergognose, per il nostro Paese.

LUOGHI D’INTERVENTOCALABRIA - Piana di Gioia Tauro

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Cosenza

Crotone

ReggioCalabria

CatanzaroVibo

Valentia

Cosenza

Crotone

ReggioCalabria

CatanzaroVibo

ValentiaRosarno

Drosi

Gioia TauroRizziconi

San Ferdinando

Feroleto della Chiesa

Melicucco

TaurianovaPolistena

Giffone

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CALABRIA Piana di Gioia Tauro

Agrumi (novembre – aprile)

279 di cui 234 lavoratori agricoli per la maggior parte uomini di età media 30 anni.

384 visite mediche tra primi (279), secondi (90) e terzi (15) accessi.

Popolazione stagionale: il 95% si sposterà a fine stagione.

La maggior parte proviene da Mali (23%), Burkina Faso (23%) e Ghana (15%).

Il 72% ha dichiarato di essere in Italia da più di due anni, tra cui il 24% da oltrecinque anni.

Il 63% ha una conoscenza buona o sufficiente dell’italiano.

Il 43% ha dichiarato di non essere mai andato a scuola.

La maggior parte delle persone ha un permesso per protezione internazionale (18%)o per motivi umanitari (38%). Il 12% ha un permesso per lavoro subordinato. Gli ir-regolari sono il 20%.

La maggior parte dei lavoratori non ha un contratto di lavoro (83%). La maggior partedi coloro che hanno un contratto non sa se riceverà una busta paga e i contributi.

Il salario medio quotidiano è di 25 euro. La paga è concordata a giornata (25/30euro) o a cottimo (1 euro a cassetta di mandarini, 0,45-0,50 euro a cassetta diarance).

Il 64% dei lavoratori ha dichiarato di fare ricorso al caporale.

Il 79% dei lavoratori vive in strutture precarie senza possibilità di accedere ai serviziigienici né all’acqua potabile.

Il 50% dei migranti con permesso di soggiorno non possiede la tessera sanitaria.

Preponderanti le patologie dell’apparato digerente (23%) e del sistema respiratorio(21%) - direttamente correlate allo stato d’indigenza e di precarietà sociale e abita-tiva- e le patologie muscolo-scheletriche correlate all’attività lavorativa (16%).

*A partire da questa voce, i dati della tabella si riferiscono esclusivamente ai migranti che anno dichiarato di lavorare in agricoltura (234).

TIPOLOGIA DI COLTURA

MIGRANTI INCONTRATI

INTERVENTO SANITARIO

TEMPO DI PERMANENZA*

PRINCIPALI NAZIONALITÀ

PRESENZA IN ITALIA

LINGUA ITALIANA

ISTRUZIONE

STATUS LEGALE

CONTRATTO DI LAVORO

SALARIO MEDIO

CAPORALATO

CONDIZIONI ABITATIVE

INTEGRAZIONE SANITARIA

PROFILO EPIDEMIOLOGICO

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Lo sfruttamento dei braccianti nella “California d’Italia”

Il ghetto di San Nicola Varco - che ospitava fino al 2009 oltre un migliaio di braccianti in condizioni di graveprecarietà - non esiste più ma rimangono gravi le condizioni di sfruttamento dei migranti impiegati in agricolturanella Piana del Sele.

Nei mesi di maggio e giugno 2014, il team di Medu ha operato presso la sede Flai-Cgil di Santa Cecilia (Eboli)e lungo la litoranea Salerno-Paestum (zona di Campolongo).

Dalle testimonianze e dai dati raccolti emerge che, sebbene due migranti su tre siano regolarmente soggior-nanti e il 60% sia in possesso di un contratto di lavoro, continuano a perpetuarsi sistemi di sfruttamento pervasivibasati su sottosalario, pratiche fraudolente e caporalato. La paga media giornaliera è di 32 euro.

Le pratiche illegali ai danni dei braccianti vanno dalle irregolarità contributive, quasi la norma sia tra i lavoratoriitaliani che stranieri, alla vendita di falsi contratti di lavoro che possono arrivare a costare seimila euro. Persistonoinoltre serie condizioni di emarginazione sociale con allarmanti ricadute anche sull’accesso alle cure: solo lametà dei migranti intervistati in possesso di un permesso di soggiorno è iscritta al Servizio sanitario nazionale.

Tale situazione risulta tanto più inaccettabile nel momento in cui si produce in un’area che, per la ricchezzadelle sua agricoltura e per i prodotti di eccellenza dei suoi comparti, è stata definita la “California d’Italia”.

LUOGHI D’INTERVENTOCAMPANIA - Piana del Sele

CasertaBenevento

Avellino

Salerno

Napoli

CasertaBenevento

Avellino

Salerno

NapNapoliNapoli

Eboli

Bivio Santa Cecilia

CapaccioCapaccio ScaloCampolongo

Battipaglia

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CAMPANIA Piana del Sele

Agricoltura in serra: coltivazioni tutto l’anno. Allevamento.

177 di cui 153 braccianti agricoli per la maggior parte uomini di età media 36 anni.

143 visite mediche tra primi (133) e secondi accessi (10).

Popolazione stanziale: il 96% dei braccianti risiede stabilmente nella zona.

La maggior parte dei lavoratori intervistati proviene dal Marocco (84%).

L’80% ha dichiarato di essere in Italia da più di due anni, tra cui il 56% da oltrecinque anni.

Più del 70% degli intervistati ha un livello buono o sufficiente della lingua italiana.

La metà dei lavoratori ha frequentato la scuola primaria (35%) e secondaria (15%).Il 17% è analfabeta.

La maggior parte ha un permesso di soggiorno per lavoro subordinato (60%). Gliirregolari sono il 28%.

Il 60% ha dichiarato di avere un contratto di lavoro. Il 36% di non averlo.

La paga media è di 32 euro al giorno. La maggior parte dei lavoratori ha dichiaratodi vedersi riconosciute un numero di giornate contributive inferiori ai giorni effettividi lavoro o di non sapere se e quante gliene saranno riconosciute.

Il 25% ha dichiarato di farne ricorso.

La maggior parte dei migranti intervistati risiede in una casa in affitto, in media conaltri quattro connazionali. L’8% ha dichiarato di vivere in edifici abbandonati in con-dizioni igienico-sanitarie precarie.

Il 52% delle persone regolarmente soggiornanti intervistate ha dichiarato di non es-sere iscritta al Servizio sanitario nazionale. Nei casi già diagnosticati e in cura pressoi servizi di medicina generale si osserva una difficile compliance alla terapia.

Preponderanti le patologie osteomuscolari e del tessuto connettivo (22%) esacerbateo generate dall’attività lavorativa; le malattie dell’apparato digerente (16%); le malattiedel sistema respiratorio (16%); le malattie infettivo-parassitarie (14%). Il 15,6% deilavoratori intervistati ha affermato di entrare in contatto diretto o indiretto con fito-farmaci. L’80% di questi ha dichiarato di non fare uso della mascherina protettiva.

*A partire da questa voce, i dati della tabella si riferiscono esclusivamente ai migranti che anno dichiarato di lavorare in agricoltura (153).

TIPOLOGIA DI COLTURA

MIGRANTI INCONTRATI

INTERVENTO SANITARIO

TEMPO DI PERMANENZA*

PRINCIPALI NAZIONALITÀ

PRESENZA IN ITALIA

LINGUA ITALIANA

ISTRUZIONE

STATUS LEGALE

CONTRATTO DI LAVORO

SALARIO MEDIO

CAPORALATO

CONDIZIONI ABITATIVE

INTEGRAZIONE SANITARIA

PROFILO EPIDEMIOLOGICO

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La raccolta del pomodoro tra lavoro grigio, caporalato e tentativi di accoglienza

Nei mesi che vanno da agosto ad ottobre, l’area del Vulture-Alto Bradano vede ogni anno un importante af-flusso di migranti impiegati nella raccolta del pomodoro.

Dal mese di luglio alla prima settimana di ottobre 2014, l’ambulatorio mobile di Medu ha raggiunto la maggiorparte dei casolari dislocati nelle campagne tra i Comuni di Venosa, Lavello, Palazzo San Gervasio e Montemilone.

Nel corso della scorsa stagione la Regione Basilicata ha istituito una Task Force con lo specifico obiettivo difar fronte alla grave carenza di tutele e di accoglienza dei lavoratori stagionali. Nonostante ciò, sono rimasteassai critiche le condizioni di vita e di lavoro degli oltre mille braccianti stranieri provenienti per la gran parte dal-l’Africa sub sahariana. A causa della tardiva apertura dei centri di accoglienza di Palazzo San Gervasio e Venosa,i migranti hanno continuato a vivere per gran parte della stagione in condizioni disastrose all’interno di casolariabbandonati privi di acqua, elettricità e servizi igienici.

La gran parte dei lavoratori (92%) è dotata di un regolare permesso di soggiorno ma, nella maggior parte deicasi, viene ancora ingaggiata attraverso la figura del caporale che trattiene 0,50 euro per ogni cassone di po-modori riempito. La maggior parte dei migranti ha anche dichiarato di non sapere quante giornate saranno ef-fettivamente dichiarate ai fini contributivi dal datore di lavoro italiano. In previsione della prossima stagione èindispensabile che gli interventi messi in atto dalla Regione superino la dimensione emergenziale attraverso mo-dalità di attuazione più incisive e tempistiche più adeguate.

LUOGHI D’INTERVENTOBASILICATA - Vulture - Alto Bradano

MateraPotenza

MateraPotenza

Montemilone

Palazzo San Gervasio

Lavello

Venosa

Boreano

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BASILICATA Vultur -Alto Bradano

Pomodoro (luglio – ottobre)

250 lavoratori stagionali, tutti uomini di età media 31 anni.

267 visite mediche tra primi (250) e secondi accessi (17).

Popolazione stagionale: il 96% si sposterà a fine stagione.

In più dell’80% dei casi i lavoratori provengono dal Burkina Faso.

L’84% ha dichiarato di essere in Italia da più di due anni, tra cui il 38% da oltre cinque anni.

La maggior parte (72%) ha una conoscenza buona o sufficiente dell’italiano.

Il 44% ha dichiarato di non essere mai andato a scuola.

Nel 92% dei casi i pazienti hanno un regolare permesso di soggiorno, la maggior parteper protezione internazionale o motivi umanitari (44%) o per lavoro subordinato (30%).

Il 55% ha dichiarato di avere un contratto di lavoro. Il 24% di non averlo. La maggiorparte dei lavoratori con il contratto ha affermato di non sapere se riceverà le dovutebuste paga con l’equo riconoscimento delle giornate ai fini contributivi.

Nel primo periodo - la fase di preparazione dei terreni - il lavoro è retribuito 5 eurol’ora. Il salario medio giornaliero è in media di 36 euro (al lordo delle spese ditrasporto di circa 5 euro). Nel secondo periodo - la fase di raccolta - il lavoro è pagatoa cottimo 4,3 euro a cassone da 300 Kg. Il guadagno medio giornaliero oscilla tra64,5 e 86 euro.

Nel primo periodo tre lavoratori su quattro hanno ammesso di fare ricorsoalla figuradel caporale (57%) o non hanno accettato di rispondere (20%). Nel secondo periodofa ricorso al caporale l’80% degli intervistati. Il caporale preleva 0,50 cent per ognicassone riempito.

Il 98% dei lavoratori assistiti viveva in casolari abbandonati privi di acqua, serviziigienici ed elettricità.

Solo il 62% è in possesso della tessera sanitaria.

Preponderanti le patologie direttamente correlate all’attività lavorativa e allo statod’indigenza e di precarietà sociale come le malattie osteomuscolari e del tessuto con-nettivo (32%), le malattie dell’apparato digerente (15%) e le malattie infettivo-paras-sitarie (15%).

* I dati della tabella si riferiscono ai migranti che hanno dichiarato di lavorare in agricoltura (250).

TIPOLOGIA DI COLTURA

MIGRANTI INCONTRATI

INTERVENTO SANITARIO

TEMPO DI PERMANENZA*

PRINCIPALI NAZIONALITÀ

PRESENZA IN ITALIA

LINGUA ITALIANA

ISTRUZIONE

STATUS LEGALE

CONTRATTO DI LAVORO

SALARIO MEDIO

CAPORALATO

CONDIZIONI ABITATIVE

INTEGRAZIONE SANITARIA

PROFILO EPIDEMIOLOGICO

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LUOGHI D’INTERVENTOPUGLIA - La Capitanata

Capo free ghetto off, un progetto rimasto inattuato

Nel territorio della provincia di Foggia, storicamente conosciuto come la Capitanata, sono oltre 20mila i migrantiprovenienti dall’Europa dell’Est e dall’Africa impiegati nel settore agricolo, che si dedicano durante tutto l’annoalla raccolta di frutta e ortaggi e nei mesi estivi, da luglio a settembre, alla raccolta del pomodoro. Sono questi imesi in cui si registra il picco di presenze di lavoratori immigrati, circa seimila dei quali costretti a vivere in inse-diamenti precari fatti di casali fatiscenti e baraccopoli, in condizioni igienico-sanitarie estremamente critiche.

Da luglio a ottobre 2014, il team di Medu, in concomitanza con l’intervento socio-sanitario svolto in Basilicata,ha realizzato un monitoraggio delle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti nel territorio della provincia diFoggia. Sono stati visitati i più importanti insediamenti informali popolati dai lavoratori migranti: il cosiddetto “GranGhetto di Rignano”, il “Ghetto Ghana House” a dieci chilometri da Cerignola; il “Ghetto dei bulgari”, nei pressi diBorgo Mezzanone, l’insediamento presso la pista dell’ex aeroporto militare attiguo al Cara (Centro di Accoglienzaper Richiedenti Asilo) di Borgo Mezzanone.

Il reclutamento dei lavoratori stranieri, avviene in modo sistematico attraverso la figura del caporale e il rap-porto di lavoro è di norma caratterizzato da sottosalario, cottimo e irregolarità contrattuali e contributive. Nel corsodella scorsa stagione, con l’iniziativa Capo free ghetto off, una Task Force della regione Puglia ha cercato didare una risposta concreta a questi gravi problemi attraverso azioni mirate ad incidere su lavoro, accoglienza,assistenza sanitaria, trasporti, tutela legale, contrasto del caporalato e sostegno alle imprese etiche. Nonostanteil coinvolgimento di diversi attori della società civile nell’elaborazione e nell’implementazione dell’iniziativa, i ri-sultati appaiono però ad oggi assai limitati. Il piano è rimasto in gran parte “un libro dei desideri” anche a causadi gravi carenze sia negli aspetti della pianificazione sia in quelli più propriamente operativi.

Brindisi

LecceTaranto

BariFoggia

Brindisi

LecceTarantontonto

BariFoggia

San Severo

Rignano Garganico

CerignolaBorgo MezzanoneFoggia

Borgo Tre Titoli

ggia

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PUGLIA La Capitanata

Pomodoro (luglio –settembre); frutta e ortaggi tutto l’anno

Nella Provincia di Foggia 21.168 regolarmene registrati nel 2013, cui si aggiungonocirca 15-20mila lavoratori in nero5.

Stabili e stagionali (in particolare nel periodo di raccolta del pomodoro).

Nazionalità prevalenti tra i lavoratori regolarmente registrati nel 2013: Romania(11.204), Bulgaria (3.803) e paesi dell’Africa (2.948), soprattutto Marocco, Mali,Tunisia, Ghana, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Senegal, Guinea e Nigeria6.

In prevalenza comunitari e titolari di permesso di soggiorno per protezione inter-nazionale o motivi umanitari7.

Foggia è la provincia dov’è più alta la percentuale di lavoro nero (oltre il 50%) e piùbasso il numero medio di giornate lavorative dichiarate (39 a persona)8.

La paga giornaliera è quasi sempre a cottimo ed ammonta a 3-3,50 euro a cassoneda tre quintali. In una giornata di dodici ore un lavoratore riesce a riempire di solitouna decina di cassoni per 25-30 euro al giorno. Da tale cifra è da sottrarre il costodel trasporto operato dai caporali (circa 5 euro)9.

Il reclutamento dei lavoratori stranieri avviene in modo sistematico attraverso la fi-gura del caporale10.

Durante la stagione della raccolta del pomodoro, circa seimila lavoratori migranti vi-vono in insediamenti precari: casali fatiscenti, baracche, tende. Sono presenti nu-merosi Ghetti, di cui il principale è il “Gran Ghetto di Rignano”, popolato durantel’anno da circa 400 persone e nei mesi estivi da circa 1.50011

*Nell’area della Capitanata il team di Medu ha svolto esclusivamente un’attività di monitoraggio pertanto nella presente tabella vengono citati dati provenienti da altre fonti.

TIPOLOGIA DI COLTURA

MIGRANTI IMPIEGATI INAGRICOLTURA

TEMPO DI PERMANENZA*

NAZIONALITÀ

STATUS LEGALE

CONTRATTO DI LAVORO

SALARIO MEDIO

CAPORALATO

CONDIZIONI ABITATIVE

5 Agricoltura e lavoro migrante in Puglia, Flai-Cgil, a cura di Leonardo Palmisano e Domenica Casella, 2014, p.27 e 64.6 Ivi, p.36.7 Interviste a Flai-Cgil e associazione “Io ci sto”.8 Agricoltura e lavoro migrante in Puglia, cit., p.39 e 40; Immigrazione Dossier Statistico 2013. Dalle discriminazioni ai diritti, a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS, 2013.9 Agricoltura e lavoro migrante in Puglia, cit., p.83.10 Agricoltura e lavoro migrante in Puglia, cit., p.104.11 Monitoraggio Medu e Agricoltura e lavoro migrante in Puglia, cit., p. 99.

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LUOGHI D’INTERVENTOLAZIO - L’Agro Pontino

Il Punjab pontino: irregolarità e sfruttamento tra campi e serre

Da almeno un ventennio la provincia di Latina è una delle aree agro-alimentari più importanti d’Italia in quantoa presenza di lavoratori stranieri, in arrivo per lo più dal Punjab indiano e dall’Europa dell’Est. Concentrati so-prattutto nell’area meridionale dell’Agro Pontino, i sikh del Punjab indiano rappresentano uno dei gruppi più im-portanti della zona in termini di presenze. Si tratta di una comunità strutturata, composta principalmente damigranti stanziali, per lo più uomini, anche se negli ultimi anni si è registrato un aumento della presenza femminilein seguito ai primi ricongiungimenti familiari.

Nel mese di settembre 2014, il team di Medu ha svolto un’attività di monitoraggio e assistenza socio-sanitariapresso il tempio sikh Gurudwara di Sabaudia dove, ogni domenica, si riuniscono almeno duemila persone. Tuttii pazienti visitati erano provenienti dall’India, in particolare dalla regione del Punjab, e di religione sikh.

Il 99% dei migranti assistiti da Medu era titolare di un regolare permesso di soggiorno e il 70% era impiegatonel settore agricolo. Tra di essi l’86% era in possesso di un contratto di lavoro. D’altra parte, la condizione dei mi-granti indiani nella zona dell’Agro Pontino dimostra come il possesso di un contratto di lavoro, in molti casi nontuteli affatto il lavoratore straniero dal subire pratiche lesive dei propri diritti. Tra gli aspetti più critici, oltre ai tempidi lavoro, al sottosalario e alle irregolarità contributive, vi è il fenomeno del caporalato che in questo territorioarriva in alcune situazioni ad assumere le caratteristiche di una vera e propria tratta che parte dal reclutamentonel paese d’origine. Per quanto riguarda l’integrazione, se la gran parte dei lavoratori intervistati era regolarmenteiscritto al Servizio sanitario nazionale (78%), quasi là metà di essi aveva una conoscenza scarsa o nulla della lin-gua italiana pur risiedendo nel nostro Paese da oltre cinque anni nei due terzi dei casi.

Roma

Viterbo Rieti

Frosinone

Latina

Roma

Viterbo Rieti

Frosinone

LatinaLatina

Aprilia

San Felice CirceoTerracina

Borgo HermadaSabaudiaBella Farnia

Pontinia

Fondi

Lati

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LAZIO Agro Pontino

Agricoltura in campo aperto e in serra: coltivazioni tutto l’anno. Allevamento.

82 persone di cui 57 lavoratori agricoli, per la maggior parte uomini di età media 39 anni.

82 visite mediche.

Popolazione stanziale.

India (in particolare dalla regione del Punjab).

Il 97% ha dichiarato di essere in Italia da più di due anni, tra cui il 67% da oltrecinque anni. Quasi la metà di questi ultimi è presente da più di dieci anni ma nessunoha la cittadinanza italiana.

Il 56% ha una conoscenza buona o sufficiente della nostra lingua, il 32% un scarsaconoscenza mentre il 12% non parla affatto l’italiano.

La maggior parte dei lavoratori ha frequentato la scuola primaria (33%) e secondaria(54%). Il 4% è analfabeta.

Il 68% dei lavoratori agricoli ha un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, il16% è titolare di carta di soggiorno, il 12% di un permesso per ricongiungimentofamiliare. Solo una persona è risultata essere irregolare.

L’86% dei braccianti ha dichiarato di avere un contratto di lavoro. Il 65% di questiha dichiarato di vedersi riconosciuti i contributi per un numero di giornate lavorativeinferiore a quelle effettivamente svolte.

L’80% degli intervistati viene pagato in media 4,5 euro l’ora. La paga giornalieratotale oscilla in oltre la metà dei casi tra 32 e 36 euro.

Il 7% ha dichiarato di fare ricorso al caporale. Il 25% non ha accettato di rispondere.

L’88% vive in appartamenti in affitto condivisi con i familiari o altri connazionali.

Il 78% dei lavoratori agricoli regolarmente soggiornanti è iscritto al Servizio sanitarionazionale e usufruisce con una certa continuità del medico di base. Sono emersedifficoltà legate ad una scarsa conoscenza del funzionamento dei servizi e a problemidi comunicazione con il medico.

I principali sospetti diagnostici riguardano le malattie osteomuscolari (22%), in par-ticolare dolori muscolari correlati all’attività lavorativa e quadri artrosici, le patologiedel sistema cardiocircolatorio (17%, ipertensione) e le malattie dell’apparato respi-ratorio (17%, in prevalenza infezioni delle alte vie respiratorie).

* A partire da questa voce, i dati della tabella si riferiscono esclusivamente ai migranti che anno dichiarato di lavorare in agricoltura (57).

TIPOLOGIA DI COLTURA

MIGRANTI INCONTRATI

INTERVENTO SANITARIO

TEMPO DI PERMANENZA*

PRINCIPALI NAZIONALITÀ

PRESENZA IN ITALIA

LINGUA ITALIANA

ISTRUZIONE

STATUS LEGALE

CONTRATTO DI LAVORO

SALARIO MEDIO

CAPORALATO

CONDIZIONI ABITATIVE

INTEGRAZIONE SANITARIA

PROFILO EPIDEMIOLOGICO

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La Direttiva 2009/52/CE (c.d. direttiva sanzioni da-tori di lavoro) nasce con l’obiettivo di rafforzare la coo-perazione tra Stati membri nella lotta control’immigrazione non autorizzata e prevede: l’introdu-zione del generale divieto per i datori di lavoro di im-piegare cittadini di paesi terzi privi di regolarepermesso di soggiorno; l’introduzione di un reato pe-nale nel caso in cui l’impiego di lavoratori irregolari siaaccompagnato da particolare sfruttamento, da reitera-zione del comportamento vietato, riguardi l’impiego dilavoratori in numero superiore a tre o di lavoratori mi-norenni e quando il datore di lavoro sia consapevoleche il lavoratore irregolare impiegato è vittima dellatratta di esseri umani. Essa stabilisce inoltre la previ-sione di norme minime relative alle sanzioni (necessa-riamente efficaci, proporzionate e dissuasive) e aiprovvedimenti da prendere nei confronti dei datori cheviolino il generale divieto i impiegare cittadini di paesiterzi privi di regolare permesso di soggiorno. Questostrumento legislativo europeo è stato da molti salutatocon entusiasmo perché ritenuto innovativo ai fini delcontrasto dello sfruttamento lavorativo dei migranti.Emerge tuttavia, a una analisi più attenta, una naturaambivalente della direttiva, che se da un lato cerca diandare incontro agli obblighi internazionali previsti, tragli altri, dal Patto internazionale sui diritti economici,sociali e culturali della Nazioni Unite12- riconoscendoespressamente in capo ai lavoratori migranti alcuni di-ritti quali, per esempio, il diritto alle retribuzioni non per-cepite e ai versamenti previdenziali- dall’altro agiscecon forza su un fronte ben diverso, ossia sull’argina-mento del fenomeno della migrazione irregolare, in-centivata da una domanda di forza lavoro che nonrispetta i requisiti amministrativi di ingresso e perma-nenza regolare nei territori degli Stati membri.

Il Decreto Legislativo n.109 del 2012 (conosciutocome “Legge Rosarno”), che ha recepito la direttiva inItalia, ha inserito le disposizioni attuative della stessanell’impianto normativo vigente in materia di immigra-zione – Decreto Legislativo n. 286/1998 e successivemodificazioni (Testo Unico Immigrazione) - il quale pe-raltro prevedeva già un reato penale per chi impiegacittadini stranieri il cui soggiorno è irregolare13. Le prin-cipali novità introdotte dal D.lgs 109/12 riguardano laprevisione di aggravanti del reato nei casi di impiegoirregolare di più di tre lavoratori, di lavoratori minorenniin età non lavorativa, o nel caso di impiego irregolareaccompagnato da particolare sfruttamento lavorativo,la previsione di una sanzione amministrativa accessoriadi tipo pecuniario in capo al datore di lavoro commisu-rata al costo di rimpatrio del lavoratore impiegato, laprevisione di un permesso di soggiorno umanitario perle vittime di grave sfruttamento previa denuncia e coo-perazione nel procedimento penale.

Si rilevano tuttavia alcune criticità del recepimentoitaliano relative, in particolare, al parziale recepimentodelle sanzioni amministrative e finanziarie e all’applica-bilità delle stesse solo in caso di accertamento penale(e non anche a seguito i semplice accertamento am-ministrativo come previsto invece dalla direttiva), almancato recepimento della sanzionabilità della figuradell’appaltante, alla non univocità e organicità della de-finizione di sfruttamento lavorativo, alla mancata previ-sione di strumenti di assistenza al lavoratore migrantee all’inefficacia dei meccanismi di agevolazione delledenunce, alla mancata ricezione dell’obbligo di infor-mazione a favore del lavoratore migrante e, in fine, alladifficile attuazione delle attività di controllo e ispezionesul territorio.

L’ANALISI GIURIDICAL’impatto della Direttiva 52/2009/CE sul fenomeno dello sfruttamento lavorativo tra i braccianti agricolia cura di Asgi e Ltpd

12 Ai sensi dell’art. 7 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite, gli Stati firmatari hanno l’obbligo di rispettare, proteggere e realizzare“il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro”. In particolare, tali condizioni garantirebbero: un equo salario e una eguale remunerazione perun lavoro di eguale valore; una remunerazione che assicuri a tutti i lavoratori un’esistenza decorosa per essi e per le loro famiglie; la sicurezza e l’igiene sul luogo di lavoro; ilriposo, gli svaghi, una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, le ferie retribuite, nonché la remunerazione per i giorni festivi.

13 Art. 22 comma 12 T.U.Imm.

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La direttiva si applica inoltre solo ai lavoratori privi diautorizzazione a risiedere sul territorio, quindi gli stru-menti introdotti a tutela dei lavoratori migranti- quali adesempio la possibilità di ottenere un permesso di sog-giorno temporaneo per le vittime di grave sfruttamento-trovano ben poca applicazione14 in quello che è oggi ilquadro del lavoro nelle campagne, uno scenario profon-damente mutato nel corso degli ultimi anni, in particolare,per quel che riguarda lo status giuridico dei lavoratori im-piegati e la loro posizione contrattuale. I risultati di questorapporto - che riportano una condizione giuridica deibraccianti stratificata15 con un elevato numero di lavora-tori agricoli in possesso di permesso di soggiorno e dicontratto di lavoro - mostrano come l’attuale quadro nor-mativo, improntato sul doppio binario della repressionepenale (reati di riduzione in schiavitù e intermediazioneillecita e sfruttamento del lavoro cui agli artt. 600 e 603bis c.p.16) e della tutela dei lavoratori solo eventuale e co-munque subordinata al fatto di essere vittima di un reato,sia del tutto incapace di cogliere la complessità delle re-lazioni produttive e le trasformazioni che hanno investitola composizione del lavoro agricolo, così come di con-trastare efficacemente il fenomeno dello sfruttamento la-vorativo. Allo stesso modo, l’attuale quadro normativoappare incapace di contrastare la debolezza giuridica esostanziale - determinata da una serie di fattori complessiche non sono semplicisticamente riconducibili alla man-canza di permesso di soggiorno o alla condizione diparte lesa di un comportamento delittuoso - e l’emargi-nazione sociale, ripetutamente affrontata dalle istituzionilocali e nazionali in un’ottica emergenziale piuttosto checon la messa in campo di adeguate politiche sociali e dellavoro. Il rapporto Terraingiusta ha messo in luce, da unlato, la crescente stratificazione e diversità di condizionegiuridica dei lavoratori migranti impiegati nel settore agri-colo, dall’altro, come le condizioni di sfruttamento e dimaggiore vulnerabilità non riguardino solo i lavoratori prividi permesso di soggiorno, ma anche quelli assunti sul

presupposto di un’autorizzazione a risiedere sul territorioe di un contratto lavorativo, nonché gli stessi cittadini eu-ropei provenienti dai paesi di nuovo ingresso come la Ro-mania e la Bulgaria. Benché in questo quadro l’impattodella direttiva 52/2009/CE sul settore del lavoro agricoloappaia del tutto trascurabile, si è comunque persa l’oc-casione di recepire i pur limitati strumenti a carattere in-novativo previsti dalla stessa, si pensi alle sanzioni dinatura finanziaria e amministrativa utili per la ricostruzionedella filiera produttiva, alla previsione della corresponsa-bilità dei committenti, ovvero ai meccanismi che facilitanoil recupero delle retribuzioni non corrisposte.

In futuro appare necessario concentrare gli interventisu riforme legislative che permettano l’introduzione distrumenti specificamente indirizzati al rafforzamentodella posizione giuridica e sociale del lavoratore agricolosia rispetto al diritto di risiedere sul territorio nazionaleche rispetto al rapporto di lavoro, quali, ad esempio,strumenti che incentivino i lavoratori, europei ed extra-europei, a richiedere e ottenere la stipula di contratti piùtutelanti e il versamento fedele dei contributi previden-ziali. Rispetto al quadro sanzionatorio, inoltre, sarebbeopportuno limitare le sanzioni penali ed estendere, alcontempo, per i casi più gravi la punibilità prevista perl’intermediazione illecita e lo sfruttamento di manodoperaanche all’impiego diretto da parte del datore di lavoro.In luogo delle sanzioni penali contro l’impiego di mano-dopera priva di permesso di soggiorno, sarebbe auspi-cabile rafforzare le sanzioni amministrative e finanziariee allargare la possibilità di comminarle alla pluralità disoggetti datoriali che compongono la filiera produttiva.

Inoltre, appare necessario investire le istituzioni lo-cali, con il coinvolgimento dei datori di lavoro e delleaziende della filiera produttiva, di obblighi rigorosi intema di politiche abitative e di accoglienza per supe-rare le emergenze abitative e l’ isolamento sociale.

14 Dai dati forniti dal Ministero dell’Interno circa il numero di permessi di soggiorno ex art. 22 comma 12 quater T.U.Imm rilasciati dalle Questure italiane a seguito dell’entrate invigore del D.lgs. 109/12, appare più che evidente che lo strumento non possa, ad oggi, considerarsi efficace. Il Ministero dell’Interno riporta infatti di soli 8 permessi disoggiorno rilasciati nell’anno 2013. Nello specifico sono stati destinatari di un permesso di soggiorno ex art. 22 comma 12 quater D.lgs. 186/98 una cittadina albanese, uncittadino cinese, un cittadino egiziano, quattro cittadini marocchini e un cittadino pakistano. Da notare, come soltanto due dei lavoratori interessati erano occupati nelle zonedel centro-sud Italia (Latina e Salerno). Nella stessa direzione vanno i dati relativi al primo semestre del 2014: sono invero soltanto due i permessi di soggiorno rilasciati alavoratori irregolari vittime di particolare sfruttamento lavorativo (un cittadino del Bangladesh, impiegato a Venezia, e un cittadino del Ghana, impiegato e Caserta).

15 Si richiamano in tale sede anche i c.d. “permessi di soggiorno Rosarno”, rilasciati dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone,Caserta, Reggio Calabria e Roma tra il 2011 e il 2012 motivati dalla “vulnerabilità scaturita dal vissuto traumatico e dalle condizioni di forte disagio determinate da quantosuccesso a Rosarno negli ultimi anni”.

16 Si noti come l’art. 603 bis punisca l’intermediazione di manodopera e non anche l’impiego diretto da parte del datore di lavoro.

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Il 25 agosto 1989, Jerry Masslo, rifugiato sudafricano,veniva assassinato a Villa Literno in un casolare fatis-cente dove viveva con altri braccianti. Vittima, prima ditutto, di un clima di profonda discriminazione, Masslo sitrovava in Campania per lavorare alla raccolta del po-modoro, portata avanti da migliaia di migranti in condi-zioni disumane. L’opinione pubblica italiana scoprivaquanto fossero gravi le privazioni dei diritti più elementariper molti nuovi immigrati. Un quarto di secolo dopo, que-sto rapporto, frutto di undici mesi di intervento in cinqueterritori particolarmente significativi del Meridione d’Italia,non può che confermare la drammatica attualità dellecondizioni di sfruttamento dei lavoratori migranti in agri-coltura. In effetti, nessun cambiamento sostanziale sem-bra essere maturato, nonostante la questione dellecondizioni di vita e di lavoro dei braccianti immigrati, af-facciatasi all’attenzione nazionale già negli anni Novanta,abbia assunto una crescente rilevanza nel corso degliultimi quindici anni. Un problema certamente com-plesso, che attraversa trasversalmente nodi differenti,dai più profondi a quelli più recenti. Una “terra ingiusta”,dunque, che affonda le sue radici in una questione me-ridionale mai risolta. A questo proposito ci sembra op-portuno segnalare quantomeno tre livelli di analisi, legatitra loro – almeno in parte - da una relazione di causa-ef-fetto, riguardanti in primo luogo una questione socio-economica e culturale, in seconda istanza, l’arretratezzadel comparto agricolo e, infine, le condizioni di acco-glienza e di lavoro dei braccianti immigrati.

Le problematiche socio-economiche e culturalinon solo sono le più radicate e quelle che richiedonomaggiori sforzi e tempi più lunghi di cambiamento,ma costituiscono anche l’humus su cui si innestanole altre questioni e senza una modificazione dellequali ogni pretesa di trasformazione rischia di dimo-strarsi irrealistica. Tali problemi riguardano tra l’altroil mancato sviluppo economico, l’inefficienza dellapubblica amministrazione e il fenomeno della corru-zione, il distacco tra i cittadini e la cosa pubblica, l’il-legalità diffusa, l’infiltrazione nefasta della criminalitàorganizzata e della sua cultura nei gangli vitali dellaconvivenza civile.

Nel quadro descritto si inserisce la grave arretra-tezza del comparto agricolo riscontrata in alcuni terri-tori. Un modello di agricoltura che in alcuni casi èrimasto indietro di mezzo secolo, che rende fragile l’in-tero sistema economico e non è in grado di misurarsicon la competizione globale, sempre più dominatadalle aziende multinazionali e dalla grande distribu-zione. Un sistema che per sopravvivere non trova altraalternativa se non quella di scaricare le sue inefficienzesull’anello debole della catena: i braccianti - soprattuttolavoratori immigrati - e i piccoli produttori.

Le drammatiche condizioni di accoglienza e di lavorodei braccianti immigrati rappresentano, spesso, il logicocorollario delle due questioni appena menzionate. Con-dizioni che significano sfruttamento lavorativo e gravi vio-lazioni dei diritti fondamentali di persone che con le lorobraccia sostengono interi settori dell’agricoltura italiana.

L’insieme di questi problemi è stato riscontrato nellagran parte dei territori visitati anche se con caratteristi-che non omogenee. Certamente l’agricoltura dellaPiana del Sele, con prodotti di eccellenza e un’econo-mia in espansione, non è paragonabile all’agrumicol-tura della Piana di Gioia Tauro, ormai da anni inprofonda crisi anche a causa di una pesante arretra-tezza produttiva e organizzativa. È certo però che inentrambi i casi emerge in modo evidente il fenomenodello sfruttamento, anche se in ciascun territorio conspecifiche peculiarità.

Venendo agli aspetti specifici dell’indagine, nei terri-tori caratterizzati da forti flussi stagionali di braccianticome la Piana di Gioia Tauro, il Vulture Alto Bradano e laCapitanata, le condizioni abitative e igienico-sanitariesono apparse assai gravi senza alcun sensibile miglio-ramento rispetto agli anni precedenti. Baraccopoli e ca-solari fatiscenti rappresentano ancora oggi il drammaticoquadro da “crisi umanitaria” che segna il paesaggio diqueste campagne. In particolare in Calabria, il 79% deimigranti assistiti alloggiava in insediamenti precari prividi qualsiasi servizio mentre in Basilicata viveva in questecondizioni addirittura il 98% dei braccianti.

CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI

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In tutti i territori, la gran parte dei lavoratori stranieriassistiti dal team di Medu era in possesso di un regolarepermesso di soggiorno; per motivi di lavoro nelle aree amaggior presenza stanziale come la Campania e ilLazio, per protezione internazionale o motivi umanitarinei contesti con maggior flusso stagionale come la Ca-labria oppure ancora con caratteristiche miste in Basili-cata. La presenza di lavoratori stranieri in condizioni diirregolarità è risultata nettamente inferiore rispetto aquanto rilevato da alcune ricerche effettuate negli annipassati17: trascurabile nell’Agro Pontino e nel Vulture AltoBradano e ridotta a non più di un quarto dei migranti as-sistiti nella Piana del Sele e nella Piana di Gioia Tauro.

Il fenomeno del lavoro nero è apparso in tutta la suanegativa rilevanza nella Piana di Gioia Tauro dove l’83%dei migranti incontrati dagli operatori di Medu lavoravasenza contratto e dove il comparto agrumicolo appareparticolarmente fragile e frammentato dal momento chel’80% dei produttori non possiede più di due ettari diterreno. Tuttavia, anche negli altri territori dove i lavora-tori con contratto sono risultati essere la maggioranza– circa i due terzi nella Piana del Sele e nel Vulture AltoBradano e quasi il 90% nell’Agro Pontino – sono staterilevate diffuse irregolarità contributive e salariali. Inaltre parole, la presenza di un contratto non rappre-senta affatto per il migrante la garanzia di un equo rap-porto di lavoro.

In particolare in tutti i contesti i contributi dichiaratisono risultati, nella maggior parte dei casi, nettamenteinferiori al numero di giornate lavorative effettivamentesvolte così come anche il salario, sia in presenza dicontratto sia di lavoro nero, è risultato nettamente ri-dotto rispetto ai minimi giornalieri garantiti dal contrattonazionale e dai contratti provinciali di lavoro. NellaPiana di Gioia Tauro, ad esempio, a fronte di una pagaminima giornaliera di 42 euro lordi prevista dal contrattoprovinciale, i lavoratori hanno dichiarato di percepire inmedia 25 euro al giorno. Nella Piana del Sele, la pagamedia giornaliera è risultata essere di 32 euro mentre ilcontratto collettivo ne prevede 48. Il sottosalario dun-que rappresenta, quindi, la regola, con una riduzionedelle retribuzioni che in genere va dal 30 al 40%.

L’unica eccezione rilevata riguarda il cottimo nel VultureAlto Bradano durante la raccolta del pomodoro: qui lepaghe giornaliere oscillano tra i 57 e i 76 euro. Bisognaperò considerare che in questo contesto - dove il pe-riodo della raccolta è molto breve (dai 30 ai 60 giorni)- le condizioni di lavoro risultano particolarmente este-nuanti in una logica di sfruttamento e auto sfruttamento:lavorare il più possibile per guadagnare il più possibile.

La pratica del caporalato, storica piaga nelle cam-pagne dell’Italia del Sud, è risultata diffusa in tutti i con-testi di intervento e in modo particolarmente pervasivonei territori a maggior flusso stagionale come la Pianadi Gioia Tauro e il Vulture Alto Bradano dove rispettiva-mente i due terzi e la metà dei migranti intervistati daMedu hanno ammesso di aver dovuto ricorrere a taletipo di intermediazione illecita per trovare lavoro. È par-ticolarmente significativo, inoltre, che in Basilicata il38% dei migranti non abbia voluto rispondere allo spe-cifico quesito. Del resto, anche in un territorio comel’Agro Pontino dove la quasi totalità dei migranti inter-vistati possedeva un contratto di lavoro, un terzo di essiha dichiarato di aver fatto ricorso al caporale (7%) onon ha voluto rispondere (25%). Peraltro in questo ter-ritorio il fenomeno si presenta spesso con caratteristi-che peculiari abbracciando l’intero ciclo del lavoro, apartire dal reclutamento nel paese d’origine. In tutti icontesti è risultata prevalente la figura del caporale et-nico, proveniente dallo stesso paese o dalla stessaarea geografica dei braccianti reclutati. In effetti il ca-porale continua a essere una figura funzionale alla ca-tena dell’organizzazione del lavoro che vede ad unestremo i braccianti e all’altro il datore di lavoro el’azienda a cui “conviene” poter disporre di un interme-diario in grado di spostare un numero consistente di la-voratori da un campo all’altro in tempi rapidi. In alcunicontesti, lo sfruttamento economico ai danni dei brac-cianti si estrinseca attraverso il pagamento del tra-sporto nei luoghi di lavoro, in altri, come in Basilicata,attraverso la sottrazione di una certa quota della pagagiornaliera oppure, come in Calabria, tramite il paga-mento da parte del datore di lavoro al caporale di unacerta cifra concordata in funzione dei braccianti messia disposizione in una data giornata.

2117 Una stagione all’inferno (2007), Medici senza frontiere.

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Dal punto di vista sanitario, il team di Medu ha in-contrato una popolazione giovane, prevalentementemaschile (93%), con un’età media oscillante tra i 30anni nella Piana di Gioia Tauro e i 39 anni nell’Agro Pon-tino, e dotata di un patrimonio di salute sostanzialmenteintegro al momento dell’arrivo in Italia. Le principali pa-tologie rilevate , riguardanti il sistema osteo-muscolare,l’apparato digerente e l’apparato respiratorio sono ri-sultate essere in molti casi correlate alle dure condi-zioni di lavoro nei campi e alle critiche situazioni diprecarietà sociale, abitativa e igienico-sanitaria riscon-trate nei territori di intervento. Per contro, non sono staterilevate patologie infettive da importazione. Per quantoriguarda la sicurezza sul lavoro, presidi come guanti escarpe da lavoro sono generalmente utilizzati dallagran parte dei braccianti anche se in Calabria circa unquarto dei lavoratori intervistati ha dichiarato di nonfarne uso. Tuttavia, contrariamente a quanto previstodalla normativa, nell’80-90% dei casi sono gli stessi la-voratori a doversi procurare tali presidi con l’eccezionedell’Agro Pontino dove in circa la metà dei casi è il da-tore di lavoro a fornirli. È qui inoltre il caso di segnalareche nella Piana del Sele, tra i lavoratori che hanno di-chiarato di entrare in contatto diretto o indiretto con fi-tofarmaci, l’80% ha ammesso di non far uso dellamascherina protettiva.

Dal punto di vista dell’integrazione sanitaria, un qua-dro soddisfacente è stato riscontrato solo nell’AgroPontino dove circa nove migranti su dieci regolarmentesoggiornanti possiedono la tessera sanitaria e frui-scono con una certa continuità del medico di medicinagenerale. Per contro, sia nella Piana di Gioia Tauro chenella Piana del Sele, circa la metà dei migranti assistiti,pur avendo un regolare permesso di soggiorno, erasprovvista di tessera sanitaria. Tale criticità appare par-ticolarmente rilevante nel territorio campano dove oltrel’80% dei migranti intervistati da Medu risiedeva in Ita-lia da oltre due anni e oltre la metà da, addirittura, piùdi cinque anni.

Per quanto riguarda l’accesso all’assistenza sanita-ria per i lavoratori stagionali merita una particolare at-tenzione l’iniziativa messa in atto in Basilicata. Pressol’ospedale di Venosa, nel Vulture Alto Bradano, vieneattivato un ambulatorio per stranieri durante la stagione

della raccolta del pomodoro. Aperto a tutti i migranti,indipendentemente dalla regolarità del soggiorno, l’am-bulatorio garantisce l’accesso alle cure in via tempora-nea anche a quei lavoratori che hanno già un medicodi base in una diversa regione italiana. Un approccio,quest’ultimo, che ha permesso di superare il problemadel costante ostacolo nell’accesso alla medicina dibase per molti lavoratori stranieri stagionali. Per controappare assai critica la situazione degli ambulatori perstranieri irregolari (STP) della Piana di Gioia Tauro, gra-vemente degradati e poco fruibili poiché sprovvisti diadeguate risorse economiche e umane.

Di fronte, dunque, ad un fenomeno di sfruttamentodi così ampie proporzioni, segnato da sottosalario, la-voro nero e lavoro grigio, inadeguata tutela della sa-lute, condizioni abitative spesso disastrose, lerisposte delle istituzioni territoriali e nazionali sonostate in questi anni del tutto insufficienti. Anche sottoquest’ aspetto, d’altra parte, l’indagine di Medu ha ri-levato differenti risposte nelle cinque aree coinvolte.Se alcuni contesti appaiono impermeabili a ogni tra-sformazione, in altri territori qualcosa sembra cam-biare. Nel corso della scorsa stagione, i governiregionali di Puglia e Basilicata hanno avviato dei pianiorganici con il preciso obiettivo di migliorare le con-dizioni lavorative e abitative dei migranti impiegati inagricoltura. Le strategie messe in campo dalle dueTask Force create ad hoc, hanno avuto il grande me-rito di affrontare il problema in tutta la sua complessitàtenendo conto dei molteplici aspetti interconnessi: la-voro, accoglienza, assistenza sanitaria, trasporti, tu-tela legale, contrasto del caporalato e sostegno alleimprese etiche. Nell’avviare un percorso così impe-gnativo e complesso, i due governi regionali hannoinoltre opportunamente coinvolto i settori della so-cietà civile direttamente interessati, dai lavoratori alleassociazioni, dai sindacati ai datori di lavoro oltre na-turalmente alle Prefetture e alle istituzioni locali. Se lavolontà da parte delle istituzioni politiche di affrontareil fenomeno a tutto tondo rappresenta, dunque, un’im-portante novità - peraltro, l’unica strategia possibile -l’attuazione concreta di piani così articolati si è rive-lata, per molti aspetti, non all’altezza degli ambiziosiobiettivi che erano stati prefissati.

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Venendo a un’analisi più puntuale delle iniziativemesse in campo dalle due Task Force nella scorsa sta-gione, le soluzioni di accoglienza - essenzialmente ten-dopoli attrezzate – sono state attuate o con estremoritardo, nel caso della Basilicata, oppure, per quantoriguarda la Puglia, sono state appena abbozzatesenza sortire alcun impatto. Per quanto riguarda leazioni di contrasto allo sfruttamento lavorativo, l’istitu-zione delle liste di prenotazione è risultata del tutto fal-limentare in Puglia mentre in Basilicata, sebbene dalpunto di vista strettamente numerico abbia raggiuntodei risultati rilevanti, sembra non essere stata in gradodi intaccare significativamente il fenomeno del capo-ralato. Le altre iniziative, come la creazione del bollinoetico per le aziende rispettose dei diritti dei lavoratori,sono rimaste ancora ad uno stadio iniziale e dunquenon valutabili. In Puglia, tra l’altro, erano stati previstianche degli incentivi economici – dai 300 ai 500 euro– per chi avesse assunto in regola un certo numero dilavoratori. Nessuna azienda ne ha fatto richiesta, a ri-prova di quanto le dinamiche legate al lavoro nero e alcaporalato siano radicate e, forse, più vantaggiosedegli incentivi. Quella che è parsa mancare, soprat-tutto in Puglia ma per certi versi anche in Basilicata, èstata un’adeguata e realistica pianificazione delleazioni da intraprendere, sia in termini di tempistica siain termini di organizzazione, rispetto alla grande sfidache ci si era posti. L’intenzione, ad esempio, di sman-tellare il Ghetto di Rignano nel mese di luglio, a sta-gione già cominciata, senza peraltro aver giàpredisposto in alternativa le strutture di accoglienza,testimonia questo stato di cose, e, com’era logico pre-vedere, non ha trovato alcuna attuazione pratica.

Se, dunque, in alcune regioni come la Puglia e laBasilicata, le istituzioni hanno cercato di affrontare ilproblema, pur con tutti i limiti del caso, la Piana di GioiaTauro rappresenta invece il paradigma di una situa-zione in cui niente sembra cambiare. In un territoriodove di stagione in stagione pare consolidarsi una verae propria zona franca di sospensione dei diritti dei la-voratori immigrati, la fragilità e arretratezza del settoreagrumicolo deve fare i conti con i prezzi imposti dallegrandi aziende nazionali e internazionali del succod’arancia. È questo il contesto dove l’incontro tra il si-stema dell’economia globalizzata e i nodi irrisolti della

questione meridionale produce i suoi frutti più nefasti.Prima ancora che adeguate misure di accoglienza peri lavoratori stagionali sembra dunque mancare unachiara e coerente politica regionale in grado di rilan-ciare il settore agricolo. Eppure in un territorio dove l’as-senza delle istituzioni regionali e nazionali è cosìevidente, il team di Medu ha potuto rilevare alcune ini-ziative d’accoglienza esemplari messe in atto dalla so-cietà civile locale. Ad esempio, nel borgo di Drosi,situato nel cuore della Piana di Gioia Tauro, un progettoavviato nel 2010, permette di accogliere ogni stagioneoltre cento lavoratori immigrati in abitazioni sfitte delpaese tramite il pagamento di un canone minimo. Inquesto senso è opportuno sottolineare come i campi diaccoglienza – allestiti, il più delle volte, in aree isolatee prive di collegamenti, con costi ingenti e servizispesso inadeguati - non possono rappresentare la ri-sposta al problema alloggiativo dei lavoratori stagionali.Appaiono, per contro, necessarie politiche abitativeche evitino di trasformare i lavoratori in “profughi”, fa-vorendo l’integrazione dei migranti nel territorio ancheattraverso il recupero degli spazi urbani.

Come accennato al principio di questo capitolo, ilproblema dello sfruttamento dei lavoratori migranti inagricoltura e il nodo specifico dei braccianti stagionali,rappresentano certamente questioni assai complesseche vanno ben al di là del perimetro socio-sanitario al-l’interno del quale si è sviluppato l’intervento di Mediciper i Diritti Umani. Tuttavia, da un lato l’azione medico-umanitaria messa in atto ha necessariamente richiestoun’analisi complessiva dei contesti in cui si è andati adoperare, dall’altro, i dati e le testimonianze raccolti apartire dalla pratica sul terreno permettono di formularealcune considerazioni e proposte operative.

Una strategia integrata contro il si-stema dello sfruttamento

Per quanto riguarda l’approccio complessivo al fe-nomeno, lo sforzo prodotto dai governi regionali di Pu-glia e Basilicata nel mettere in campo interventi cheaffrontino a 360 gradi tutti gli aspetti tra loro intercon-nessi - lavoro, accoglienza, assistenza sanitaria, tra-sporti, tutela legale, contrasto del caporalato esostegno alle imprese etiche -, va nella giusta direzionee deve essere sicuramente proseguito e rafforzato. La

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creazione di Task Force regionali con questi obiettivispecifici può essere utile, non solo nei territori caratte-rizzati da forti flussi di lavoratori stagionali, ma anchenei contesti dove la presenza dei lavoratori agricoli èprevalentemente stanziale come nell’Agro Pontino enella Piana del Sele.

Una programmazione di medio e lungoperiodo fuori dall’emergenza

È necessario che tali iniziative non siano estempo-ranee ma rientrino in una programmazione di medio elungo periodo poiché è evidente che la profondità deiproblemi da affrontare - sia dal punto di vista socialeed economico che culturale - non permette soluzioniraggiungibili nell’arco di poche stagioni. A questo pro-posito è necessario che la pianificazione degli inter-venti annuali avvenga sulla base di cronogrammi eobiettivi realistici, pena il rischio di fallire nel loro con-seguimento ma, cosa ancor peggiore, di delegittimarel’intero approccio facendolo apparire come velleitarioo non realizzabile. L’esperienza dello scorso anno nellaregione Puglia è stata in questo senso un caso scuola.

Leggi e investimenti per il rilanciodell’agricoltura

Il rilancio e l’ammodernamento dei processi produt-tivi e organizzativi in agricoltura sono delle precondi-zioni essenziali per spezzare la catena dellosfruttamento e assicurare condizioni di lavoro dignitosee sostenibili, soprattutto in territori particolarmente ar-retrati come la Piana di Gioia Tauro. In questo senso èovviamente necessaria una forte iniziativa politica chesostenga un equo sviluppo agricolo attraverso provve-dimenti finanziari e legislativi a livello regionale e nazio-nale. Solo per restare nel campo dell’agrumicolturasono vari i provvedimenti sul tavolo: dall’innalzamentodal 12 al 20% del succo nelle aranciate (appena intro-dotto), all’indicazione di origine obbligatoria nell’eti-chetta, dalla legge sugli agrumeti caratteristici agliincentivi per le riconversioni.

Una cultura della legalità Al di là della dubbia efficacia di alcuni strumenti giu-

ridici per la repressione dei fenomeni di sfruttamentolavorativo, (la cosiddetta Legge Rosarno è analizzatain questo rapporto nel capitolo a cura di Asgi e Ltpd),

affinché essi non rimangano comunque dei provvedi-menti di carta, è essenziale che le istituzioni nazionalie territoriali garantiscano efficaci e capillari controlli daparte degli organi ispettivi nell’ambito di una convintapromozione della cultura della legalità.

Da subito, minime condizioni di acco-glienza per gli stagionali

Sebbene il fenomeno dello sfruttamento dei lavora-tori immigrati in agricoltura abbracci problemi vecchi enuovi di diversa complessità, è necessario affrontare laquestione contemporaneamente a più livelli dal mo-mento che i nodi più profondi e radicati non sono certorisolvibili in breve tempo. In particolare non è ammissi-bile che le condizioni di accoglienza dei lavoratori sta-gionali in Calabria, Basilicata e Puglia continuino apresentare le disastrose situazioni abitative ed igienico-sanitarie documentate da questo rapporto. In questosenso, è indispensabile che le istituzioni regionali e na-zionali si assumano la piena responsabilità di assicu-rare minime condizioni di accoglienza.

Soluzioni abitative oltre le tendopoli Nel predisporre strutture di accoglienza nei territori

a forti flussi stagionali è fondamentale pianificare unatempistica adeguata (non è ammissibile che i centri diaccoglienza aprano a fine stagione!), soluzioni logisti-che sostenibili in termini di accesso ai luoghi di lavoroe in grado di garantire accettabili standard di libertà econvivenza per i lavoratori. Del resto, sia per quanto ri-guarda i lavoratori stanziali che gli stagionali, piuttostoche ricorrere a soluzioni che accrescono l’isolamentofisico e sociale come i campi o i villaggi d’accoglienzasituati in luoghi decentrati, è opportuno investire in pro-getti che prevedano un’accoglienza diffusa nel territorioe l’integrazione all’interno delle comunità locali comeinsegna la positiva esperienza di Drosi in Calabria.

Garantire l’accesso alle cure all’in-terno del Servizio sanitario nazionale

Per quanto riguarda infine l’assistenza sanitaria ri-volta agli stagionali, Medici per i Diritti Umani ritiene in-dispensabile rafforzare i servizi del sistema pubblicodestinati ai migranti e già presenti sul territorio, renden-doli fruibili, oltre che ai migranti con tessera STP, anchea quei braccianti con regolare permesso di soggiorno

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ma iscritti al Servizio sanitario nazionale in un’altra re-gione. Le Aziende sanitarie locali devono mettere i loroambulatori in condizione di operare con standard di-gnitosi ed adeguate risorse. Nei periodi di maggior af-flusso dei lavoratori sarebbe inoltre estremamenteopportuna l’attivazione di servizi mobili di prossimitàcon compiti di prima assistenza, monitoraggio e pro-mozione della salute sui luoghi di lavoro. A questo pro-posito può essere particolarmente prezioso il contributodi organizzazioni della società civile, il cui ruolo può es-sere di supporto, ma mai di sostituzione, nella comples-siva presa in carico dei pazienti che rimaneresponsabilità del Servizio sanitario nazionale.

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Lavoratore agricolo rientra nella casa abbandonata dove vive presso il ghetto di Rignano (Medu/luglio 2014)

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