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Le quattro parti di «Ebrei»

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Esordio (1,1-4)

PRIMA PARTE A - PIÙ VICINO A DIO CHE NON GLI ANGELIB - PIÙ V. AGLI UOMINI CHE NON GLI ANGELI

SECONDA P. A - SOMMO SACERDOTE DEGNO DI FEDE B - SOMMO SACERDOTE MISERICORDIOSO

TERZA PARTE A - IL NUOVO SACERDOZIO B - LA NUOVA ALLEANZAC - IL NUOVO SACRIFICIO

QUARTA P. A - CON LA FEDE DEI PADRI ...B - CON LA PERSEVERANZA DI GESÙC - ANDIAMO VERSO LA PROMESSA

Saluti finali (13,19ss)

1,5-2,18

3,1-5,10

5,11-10,18

10,19-13,24

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Quarta parte (IV A - IV B - IV C)

IV A (11,1-40)Con la fede dei Padri …

IV B (12,1-13)Con la perseveranza di cui Gesù è archetipo

IV C (12,14-13,18)... camminiamo avanti, verso la promessa:la città futura e il Regno che non crolla.

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CON LA FEDE DEI PADRI CHE ERANO PROTESI VERSO LE PROMESSE …(11,1-40)

INTRODUZIONE: NOI E LA FEDE (11,1-3)

11,1: Definizione di fede come tensione a ciò che è promesso e non si vede.

11,2: Fede dei Padri, ricompensata con l’approvazione divina.11,3: La nostra fede e le cose visibili tratte dalle non visibili.

«1La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. 2Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.3Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile»

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LA FEDE NELLA STORIA DA ABELE AI MACCABEI (11,4-38)

11,4-7: Fede di Abele, di Enoc, e fede di Noè.(regola dell’impossibilità di piacere a Dio senza fede, v. 6)

«4Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto,avendo Dio attestato di gradire i suoi doni.Per essabenché morto parla ancora».

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«5Per fede Enoc fu portato via in modo da non vedere la morte

e non lo si trovò più (…)»

«6Senza la fede è impossibile essergli graditi: chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano»

Infatti, prima di essere portato altrove,

egli fu dichiarato persona gradita a Dio»

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«7Per fede Noè, avvertito di cose

che ancora non si vedevano, preso da sacro timore,

costruì un’arca per la salvezza

della sua famiglia.E per questa fede

condannò il mondo e ricevette in eredità

la giustizia secondo la fede»

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11,8-22: Fede di Abramo (proteso verso la città di cui Dio è architetto, vv. 9-10) e dei suoi discendenti(loro tensione verso la patria celeste, intravista e salutata da lontano, vv. 13-16).

11,23-31: Fede di Mosè (per il quale l’invisibile era visibile, v. 27c) e dei Padri, nell’esodo e nella conquista della terra.

Nelle figure di Noè, Abramo e Mosè l’autore privilegia la tensione verso l’invisibile e l’escatologiafondata sulla fiducia posta in Dio e sulle sue promesse

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«8Per fede Abramo, chiamato da Dio,

obbedì partendo per un luogo

che doveva ricevere in eredità

e partì senza sapere dove andava»

«9Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. 10Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamentail cui architetto e costruttore è Dio stesso»

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«11Per fede anche Sara, sebbene fuori dell’età,ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede Colui che glielo aveva promesso»

«12Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare»

Sara

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«13Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi,ma li videro e li salutarono solo da lontano,dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra.

14Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. 15Se avessero pensato a quella da cui erano usciti,avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi.16Ora invece essi aspirano a una patria migliore,cioè a quella celeste.

Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.Ha preparato infatti per loro una città».

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«17Per fede Abramo, messo alla prova,offrì Isacco,e proprio lui,che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio 18del quale era stato detto: “Mediante Isacco avrai una tua discendenza”.

19Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere

anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo».

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«23Per fede Mosè, appena nato, fu tenuto nascosto per 3 mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era belloe non ebbero paura dell’editto del re».

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« 24Per fede Mosè, divenuto adulto,

rifiutò di essere chiamato

figlio della figlia del faraone (...)

27Per fede egli lasciò l’Egitto senza temere l’ira del re infatti rimase saldo come se vedesse l’invisibile».

26Egli stimava ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto l’essere disprezzato per Cristo:aveva infatti lo sguardo fisso sulla ricompensa.

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«28Per fede egli celebrò la Pasqua e fece l’aspersione del sangue perché colui che sterminava i primogenitinon toccasse quelli degli Israeliti»

«29Per fede essipassarono il Mar Rosso

come fosse terra asciutta.Quando gli Egiziani

tentarono di farlovi furono inghiottiti»

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«30Per fede caddero le mura di Gerico,

dopo che ne avevano fatto il giro per 7 giorni»

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«31Per fede Raab, la prostituta, non perì con gli increduli,perché aveva accolto con benevolenza gli esploratori»

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«32E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo se volessi narrare di Gedeone di Barak,di Sansone di Iefte di Davide, di Samuele e dei profeti.

la fede dei vincitori

33Per fede, essi conquistarono regni, esercitarono la giustizia,ottennero ciò che era stato promesso, chiusero le fauci dei leoni,34spensero la violenza del fuoco, sfuggirono alla lama della spada, trassero vigore dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.35Alcune donne riebbero, per risurrezione, i loro morti».

Fede di eroi vincitori (11,32-35a) e vinti (11,35b-38),dall’epoca dei giudici ai Maccabei.

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«Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta per ottenere una migliore risurrezione.

36Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia.37Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada,andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati, - 38di loro il mondo non era degno! -vaganti per i deserti, sui monti,tra le caverne e le spelonche della terra».

la fede dei vinti

Dei vincitori l’autore mette in luce la forza d’animo e il coraggiomentre dei vinti mette invece in luce la perseveranza e la tenacia

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«39Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso. 40Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi».

CONCLUSIONE: NOI E LA FEDE (11,39-40)

11,39: Pur approvati da Dio i Padri non raggiunsero la promessa11,40: Dio non volle portarli alla perfezione senza di noi

a cui ha destinato i beni.

Tutto il capitolo sembra voler celebrare la fede dei padrie invece celebra «il meglio - il krèitton» (13 ricorrenze in Eb) preparato per noi (Ebrei è un documento di confronti per far risaltare sempre la superiorità di Gesù e dei credenti)

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«121Anche noi dunque,circondati da tale moltitudine di testimoni,avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia,corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti»

esortazione cui l’Autore,parlando della fede dei Padri, miravaperché nessuno si lasci sfuggire «il meglio»

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In sintesi, in Eb 11, dopo una definizione di fede (= fondamento di ciò che, pur non vedendosi, è reale e che quindi si spera, v. 11,1), l’Autore esorta alla fede elencando gli esempi lasciati dai grandi personaggi dell’ATchiamati in 12,1 «una così grande folla di testimoni».

Tutto il capitolo è incluso tra due riferimenti al «noi» dell’Autore e dei destinatari perché si sia fedeli alla grazia ricevuta:

All’inizio: «Per fede noi sappiamo che da cose non-visibili ha preso origine quello che si vede» (11,2)

Alla fine: «I Padri non conseguirono la perfezione senza di noi perché è per noi che Dio ha predisposto le cose migliori» (11,40)

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Sia prima di noi (nella creazione) che dopo di noi (nell’escatologia) c’è qualcosa che sfugge al nostro sguardo ma è reale,più reale delle cose visibili.

È qualcosa dunque cui dobbiamo essere protesicon tutto il nostro essere,perché è «il meglio» che Dio ha predisposto per noi.

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Quarta parte (IV A - IV B - IV C)

IV A (11,1-40)Con la fede dei Padri …

IV B (12,1-13)Con la perseveranza di cui Gesù è archetipo …

IV C (12,14-13,18)... dobbiamo camminare avanti verso la promessa:la città futura e il Regno che non crolla.

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Esortazione alla perseveranza: «Corriamo con perseveranza» (12,1-3)

12,1: La fede dei Padri, numerosi tanto da formare non una nube (nephelē), ma una nuvolaglia (nephos),sfocia spontaneamente nel primo di quattro imperativi che è un’esortazione alla perseveranza:«... corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1a).

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12,2-3: La vita cristiana è presentata come una «gigantesca corsa di resistenza» (Montefiore) in vista della quale bisogna buttare via la zavorra (12,1b) e durante la quale, per non stancarsi e scoraggiarsi,bisogna tenere fisso lo sguardo su Gesùche ha fatto la sua corsa attraverso la passione,ma è poi giunto a sedersi alla destra di Dio (12,2-3).

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«… circondati da una così grandemoltitudine di testimoni …»

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«121Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni,avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia,

corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti,2tenendo fisso lo sguardo su Gesù,colui che dà origine alla fede e la porta a compimento»

museo archeologico di Napoli

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«... corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti,2tenendo fisso lo sguardo su Gesù,colui che dà origine alla fede e la porta a compimento»

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«12 Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi,si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.

3Pensate attentamente a colui che ha sopportato (lett. perseverato) contro di sé una così grande ostilità dei peccatori,perché non vi stanchiate perdendovi d’animo»

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Ogni prova rientra nella pedagogia di Dio: «Perseverate per la vostra paideia» (12,4-11)

12,4-6: Premessa:«4Non avete ancora lottato fino al sangue, 5e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli:

Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signoree non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui;6perché il Signore corregge colui che egli amae percuote chiunque riconosce come figlio» (= Prov 3,11)

12,7-8: Dopo la premessa viene il secondo imperativo: «In vista della vostra paideia, perseverate!(eis paidèian hypomènete)».

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Seguono:(a) un’affermazione

«127Dio vi tratta come figli»

(b) un interrogativo che estende l’affermazione a figli e padri

«... ¿ e qual è quel figlio che non vienesottoposto a paideia dal padre ?»

(c) l’ipotesi del bastardo «8Se non subite paideia,

mentre tutti ne hanno avuto la loro parte,siete illegittimi, non figli!»

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12,9-11: Seguono due confronti tra pedagogia umana e pedagogia divina, e un aforisma.

12,9: Il primo confronto è circa gli effettiL’educazione umana fa cambiare, quella divina fa vivere:

«9Del resto noi abbiamo avuto come educatori i nostri padri terreni e li abbiamo rispettati. Non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre celeste, per avere la vita?»

12,10 : Il secondo è circa il metodo pedagogico:I padri umani educano i figli solo nell’adolescenza e come a loro sembra bene - Dio lo fa in vista del vero bene.

«10Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro. Dio lo fa per il nostro bene,allo scopo di farci partecipi della sua santità».

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Aforisma finale (L’educazione all’inizio è dolorosama poi si constata che porta frutto, v. 12,11):

«11Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza.Dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati»

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Due metafore per esortare a riprendersi (12,12-13)

Riprendendo e perfezionando l’immagine della corsa, nel terzo e quarto imperativo l’Autore esorta a raddrizzare le braccia rilassate e le ginocchia paralizzate (12,12), e a raddrizzare il passo, perché (il piede?) zoppicante migliori,anziché peggiorare (12,13).

«12Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche,13e camminate diritti con i vostri piedi,perché [il piede] che zoppica non abbia a storpiarsima piuttosto a guarire».

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«Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche ...»

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La perseveranza (hypo-monē) in Eb 12.

Il termine greco è composto della preposizione «hypo - sotto» e dalla radice del verbo mènein che significa «rimanere»,per cui il significato complessivo è quello del «rimanere sotto» le difficoltà con perseveranza.

La resistenza di Eb 12 è molto simile alla fede (pistis) di Eb 11.Come quella, essa è proiezione in avantiattraverso ogni difficoltà, costi quello che costi.

Si distingue anzitutto per una più marcata esplicitazione della sofferenza e dell’obbrobrio che la vita cristiana comportae, in secondo luogo, perché ha il suo archetipo non nei protagonisti dell’AT, ma in Gesù (13,12-13), che è passato esemplarmente attraverso e oltre la vergogna della passione e della croce (12,2b).

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«… circondati dauna così grande moltitudine di testimoni corriamo con perseveranza …»

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Quarta parte (IV A - IV B - IV C)

IV A (11,1-40)Con la fede dei Padri …

IV B (12,1-13)con la perseveranza di cui Gesù è archetipo …

IV C (12,14-13,18)... camminiamo in avanti verso la promessa:la città futura e il Regno che non crolla.

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12,14: Esortazioni generiche (a pace e santità)12,15-17: Esortazione legata ai destinatari contro l’apostasia:

(a) devono guardarsi dal separarsi dalla grazia di Dio (v. 15a)(b) e dalla radice amara e nociva (v. 15b)

dal peccato di Esaù, che per un cibosvendette la primogenitura (vv. 16-17)

«15Vigilate perché nessuno si privi della grazia di Dio. Non spunti né cresca in mezzo a voi alcuna radice velenosa,che provochi danni e molti ne siano contagiati. 16Non vi sia nessun fornicatore, o profanatore, come Esaùche, in cambio di una sola pietanza, vendette la sua primogenitura.

17E voi ben sapete che in seguito, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto: non trovò, infatti, spazio per un cambiamento,sebbene glielo richiedesse con lacrime».

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L’Autore richiama alla mente dei suoi interlocutorila loro identità negativamente («Non vi siete avvicinati a ...»)

«1218Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente, né a oscurità tenebra e tempesta19né a squillo di tromba e a suono di parolementre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. 20Non potevano infatti sopportare quest’ordine: “Se anche una bestia toccherà il monte, sarà lapidata”.

21Lo spettacolo in realtà era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo»

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«... non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità tenebra

e tempestané a squillo di tromba

e a suono di parole ...»

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Poi richiama l’identità del credente in termini positivi («Vi siete invece avvicinati a ...»):

«1222Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa 23e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli,

al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, 24a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele».

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«Voi invece vi siete accostatial monte Sion,alla città del Dio vivente,alla Gerusalemme celeste,e a migliaia di angeli,all’adunanza festosa …»

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«… al Dio giudice di tutti,e agli spiriti dei giusti resi perfetti,a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova,e al sangue purificatoreche è più eloquente di quello di Abele»

«... e a migliaia di angeli,all’adunanza festosa,

all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli ...»

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Configurata ognuna delle due situazioni salvifiche,l’Autore parla dell’accoglienza che fu riservata alla primae di quella che si può riservare alla seconda: come essi rifiutarono Dio che parlava dalla terra,così noi potremmo rifiutare la sua parola che viene dal cielo.

«25Perciò guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla perché, se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che proferiva oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo scampo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.

26La sua voce un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa

Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo».

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La conclusione è a fortiori: il rischio che corriamo noi è tanto maggiore quanto più grande è la grazia che possiamo rifiutare, e perché quello cui saremo sottoposti non è un giudizio interlocutorio bensì quello finale

(12,25-26).

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« 27Quando dice ancora una volta, vuole indicare che le cose scosse, in quanto create, sono destinate a passare, mentre rimarranno intatte quelle che non subiscono scosse. 28Perciò noi, che possediamo un regno incrollabile, conserviamo questa grazia, mediante la quale rendiamo culto in maniera gradita a Dio con riverenza e timore; 29perché il nostro Dio è un fuoco divorante».

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Seguono esortazioni generiche sull’amore fraternosull’ospitalità, sull’assistenza ai carcerati,sulla santità del matrimoniocirca l’avarizia, circa l’imitazione dei capi della prima ora che hanno dato loro un esempio da non dimenticare (13,1-7).Poi d’improvviso torna al suo argomentocon il famoso grido cristologico:

«138Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!»

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«Gesù Cristo è lo stessoieri e oggi

e per sempre!»

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Dopo il richiamo al Cristo vivente nei secoli,viene l’affondo circa le dottrine e i pastidi cui i destinatari dell’Epistola vanno in cercapericolosamente:

«9Non lasciatevi sviare da dottrine varie ed estranee, perché è bene che il cuore venga sostenuto dalla grazia e non da cibi che non hanno mai recato giovamento a coloro che ne fanno uso.

10Noi abbiamo un altare le cui offerte non possono essere mangiate da quelli che prestano servizio nel tempio».

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11Infatti i corpi degli animali, il cui sangue viene portato nel santuario dal sommo sacerdote per l’espiazione, vengono bruciati fuori dell’accampamento.

12Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue,subì la passione fuori della porta della città.

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«13Usciamo dunque verso di lui fuori dell’accampamento portando il suo disonore»

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«13Usciamo dunque verso di lui fuori dell’accampamento, portando il suo disonore: 14non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. 15Per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome».

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«… non abbiamo quaggiù una città stabile ma andiamo in cerca di quella futura» (1314)

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«1314 … non abbiamo quaggiù una città stabile ma andiamo in cerca di quella futura»

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«Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamentail cui architetto e costruttore è Dio stesso»

L’autore parlava della città futura già parlando di Abramo in Eb 11,9-10:

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«Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni,avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia,corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti» (12,1)

Non, dunque, «via dalla città!» (come nei nostri fine-settimana)ma «verso la città!»,luogo delle relazioni di comunione e delle relazioni ormai risanatedal sangue del Cristo e dalla parola del Vangelo.E neanche solo «camminando», ma «correndo», da atleti di Cristo.

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meditazioni

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Con la fede dei padri …

Il sacerdote è avvertito di cose che ancora non si vedono come Noè e, preso da sacro timore, deve costruire l’arca per la salvezza della sua famiglia.

Il sacerdote è maestro di speranza come Abramo, in cammino verso la città di cui Dio è l’architetto

Come Sara, di fronte all’impossibile il sacerdote ritiene degna di fede la promessa di Dio.

Come Mosè, il sacerdote è proteso a vedere l’invisibile di fronte al mare dell’esodo e attraverso il deserto.

Come i Patriarchi, il sacerdote nella fede vive e muore, senza aver ottenuto i beni promessi, ma solo li vede e li saluta da lontano, sapendosi straniero e pellegrino sulla terra.

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… con la perseveranza di Gesù …

Il sacerdote è circondato dalla moltitudine dei testimoni biblici e della storia della spiritualità e della santità.

Deponendo ogni giorno il peccato che ci assedia, corre con perseveranza tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento.

Il sacerdote sa che sul momento ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza, e che, però, arreca poi un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.

Il sacerdote si sottomette alla paideia del Padre celeste, perché Dio ci educa per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità.

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… camminiamo verso la promessa

Nel proprio passato ogni cristiano si è accostato al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti, e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore e più eloquente di quello di Abele.

«Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!» (13,8): Gesù è il nostro ieri, il nostro oggi, ma poi soprattutto è il nostro futuro: «Vieni Signore Gesù ... Sì, vengo presto!» «Così saremo per sempre con il Signore ... Sarai con me nel p.»

Noi non abbiamo gli strumenti linguistici per parlare dell’eschaton: non abbiamo le parole per parlarne, ma dobbiamo parlarne perché il nostro baricentro è nel futuro: cf. l’attesa la vigilanza la speranza nelle parabole evangeliche.

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4. Ci aiutano a viverle e ad esprimerle le formule liturgiche:

«Quando verrai per le nozzefa che ognuno ti attendacon la lampada accesa».

«E quando verrà il giornodel tuo avvento gloriosoaccoglici Signore nel Regno dei beati».

«E quando verrai come giudicefra gli splendori del cieloaccoglici alla tua destranell’assemblea dei beati».

«Nell’avvento gloriosoalla fine dei tempici salvi dai nemicila tua misericordia».

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«Anche a noi [...] concedi di aver parte nella comunità dei tuoi santi apostoli e martiri [...]: ammettici a godere della loro sorte beata,non per i nostri meriti ma per la ricchezza del tuo perdono».

«Donaci di aver parte alla vita eternainsieme con la beata Maria, vergine e madre di Diocon gli apostoli e tutti i santiche in ogni tempo ti furono graditie in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria».

«Concedi a noi tuoi figli di ottenere con la beata Vergine Maria e Madre di Dio [...] l’eredità eterna del tuo regno dove con tutte le creature,liberate dalla corruzione e dal peccato, canteremo la tua gloria in Cristo nostro Signore».

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«Ricordati dei nostri fratelli che sono morti nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti: ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella resurrezionee concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimore eterna, dove tu ci attendi [...]».

«Aiutaci a costruire insieme il regno fino al giorno in cuiverremo davanti a te nella tua casa, santi fra i santi, con la beata vergine Maria [...] e i nostri fratelli defunti [...] Allora, nella creazione nuova, finalmente liberata dalla corruzione della morte, canteremo l’inno di ringraziamento a te dal tuo Cristo vivente in eterno».

«Raccogli in unità perfetta gli uomini di ogni stirpe e di ogni lingua,insieme con la Vergine Maria [...] e tutti santi,nel convito della Gerusalemme nuova, per godere in eterno la pienezza della pace».

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«Annunciamo la tua morte, o Signore,proclamiamo la tua resurrezione,attendiamo la tua venuta».

«Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte o Signore nell’attesa della tua venuta».

«Liberaci, Signore, da ogni maledona la pace ai nostri giorni [...]nell’attesa della beata speranzae venga in nostro salvatore Gesù Cristo».

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domande

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1. ¿ In quale misura viviamo personalmente una spiritualità escatologicamente orientata e in quale misura poi annunciamo che «il meglio» è proprio ciò che è invisibile e ciò che si può solo salutare da lontano?

4. Il nostro sguardo deve essere fisso sul Cristo che è «lo stesso» nelle tre dimensioni del tempo: passato, presente e futuro. ¿ Quale delle 3 dimensioni è più difficile / più facile testimoniare ?

3. Come padre saggio, Dio ci sottopone alla sua paideia nella fatica, nella difficoltà e nella sofferenza. A quel proposito ¿ pensiamo più alla fatica della corsa o all’azione di Dio in noi?

2. Prima o poi le gambe si infiacchiscono e le braccia sono cadenti. ¿ Come riprendere sempre di nuovo «la grande corsa di resistenza» sia personalmente sia comunitariamente ?

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