Le parole del pane e il Glossario-Ricettario della...
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CORSO PON “LA TRADIZIONE A TAVOLA” SCUOLA SECONDARIA 1° GRADO G. B. GRASSI PRIVITERA
Le parole del pane e
il Glossario-Ricettario della tradizione a tavola
PARTINICO SETTEMBRE-DICEMBRE 2012
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Premessa
Il presente volumetto vuole essere una sorta di sintesi delle tematiche affrontate
durante il corso Pon La tradizione a tavola svoltosi a Partinico dal 3 settembre all’ 11
dicembre 2012 presso la Scuola secondaria 1° grado G. B. Grassi Privitera, e presentare i
prodotti frutto dell’attività didattiche del corso.
In particolare il presente volume ospita Le parole del pane e il Glossario-Ricettario
della tradizione a tavola che, anche se lungi dall’essere esaustivi, vogliono mostrare alcuni
aspetti culturali e linguistici legati al cibo che sono stati messi in luce dall’interazione
corsisti- esperto – territorio, e in appendice alcune delle foto che sono state realizzate
durante il corso a documentare le attività svolte.
Un ringraziamento va alla SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO“G.B.
GRASSI PRIVITERA” nella figura del Dirigente scolastico, M. Luisa Randazzo e al
Dirigente che l’ha preceduta e che ha avviato il Progetto, M. Rosa Rizzo, al Centro
Territoriale Permanente EDA nelle figure di Liliana Naro e Ninfa Soresi, tutor del corso,
per la sensibilità dimostrata nei confronti del progetto e la tenacia con la quale ne hanno
promosso l’iniziativa, agli esperti che si sono avvicendati svolgendo l’attività di docenza
dal professore Vito Matranga,esperto ricercatore della cultura alimentare siciliana per la
panificazione, al professore Bernardo Inghilleri, esperto delle piante spontanee del
territorio, alle giovani professoresse Rosalia La Perna, esperto ricercatore della cultura
alimentare siciliana, ritualità e lessico e Silvia Galati, esperto ricercatore della cultura
vegetale siciliana, alla dottoressa Maria Monte, esperta Slow food, il professore Ennio
Giacopelli, esperto nella pratica culinaria e cucina tradizionale a Partinico, alla dottoressa
Silvia Tolve, mediatore culturale, alle collaboratrici in sostegno dei corsisti Rosa Maria
Longo, Valeria Noto, Daniela Fedele.
Un ringraziamento particolare va al professore Giovanni Ruffino, docente di
linguistica e dialettologia dell’Università di Palermo e responsabile del progetto
dell’Atlante Linguistico della Sicilia, per la generosità dei consigli offerti e per il sostegno
dimostrato in più occasioni.
Si ringrazia l’agriturismo Calajò, la cui cucina è diventata il laboratorio didattico e
le cui sale hanno accolto docenti, corsisti e non per la serata conclusiva del modulo
dedicato alla pratica culinaria.
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Il Ringraziamento più grande va ai corsisti, agli uditori e agli informatori che hanno
mostrato particolare interesse per l’argomento trattato e che, con il loro entusiasmo, hanno
dato vivacità al corso.
Il corso
Il Progetto La tradizione a tavola si colloca all’interno del progetto più ampio PON
- LA SCUOLA PER LO SVILUPPO - OBIETTIVO G: MIGLIORARE I SISTEMI DI
APPRENDIMENTO DURANTE TUTTO L’ARCO DELLA VITA AZIONE G1 CODICE
PROGETTO G-1-FSE-2011-428 - ANNUALITA’ 2011/2012 - FONDO SOCIALE
EUROPEO.
Il corso è di 120 ore ed è articolato in 6 moduli, ognuno di quali ha permesso di
affrontare temi specifici della cultura alimentare tradizionale siciliana e nello specifico
partinicese.
1° modulo: cultura alimentare siciliana, ritualità e lessico;
2° modulo: cultura alimentare siciliana per la panificazione;
3° modulo: cultura vegetale siciliana;
4° modulo: piante spontanee del territorio;
5° modulo: la tradizione e le identità alimentari locali: i presidi lo slow food;
6° modulo: pratica culinaria e cucina tradizionale di Partinico.
In linea generale gli argomenti affrontati sono stati:
• le pietanze tipiche del luogo, le consuetudini alimentari di ieri e di oggi, le
consuetudini alimentari legate alla ritualità, cibi della festa, ricerca di ricette
della tradizione locale;
• il pane nella cultura contadina, la panificazione tradizionale dal grano al pane,
dalla tradizione alla globalizzazione, il lessico dialettale del pane e della
panificazione;
• le piante spontanee e piante coltivate, piante commestibili e dannose;
• i fichi e varietà, consumo e usi in cucina, lessico dialettale sulla cultura
vegetale;
• l’identità storico-culturale del territorio e l’esperienza dell’ associazione slow
food e la salvaguardia di un cibo tradizionale, sostenibile e di qualità,
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riflessione sulle prospettive di lavoro che la conoscenza della tradizione può
offrire;
• ricerca di ricette della tradizione locale e realizzazione di piatti tipici.
Il tema centrale su cui molto spesso si è soffermata l’attenzione dei docenti e dei
corsisti è stato il cibo come sintesi del rapporto che intercorre tra natura, cultura e società:
il consumo del cibo, che la natura offre, passa attraverso le scelte del singolo e della
famiglia di appartenenza iscritte nell’interazione con la comunità più ampia in cui si è
inseriti.
I corsisti e gli uditori
Di seguito si propone l’elenco dei corsisti iscritti al corso e degli uditori che hanno
partecipato
I corsisti
Addotta Noemi Giovanna
Albiolo Maria
Argeri Rita
Bommarito Rosalia
Bonura Francesca Paola
Brolo Maddalena
Durantini Maria
Incandela Antonina
La Perna Flavio
Longo Giovanna
Mattina Rosalia
Mattina Vincenza
Merlino Rosalia
Monte Rita
Palazzolo Rosa
Pedalino Caterina
Pizzolato Grazia
Rappa Pietra
Spinella Francesca
Tortomasi Anna
Venturella Angela
Volpe Giovanna
Gli uditori
Berrettino Rosa
Bongiorno Carlo
Cilluffo Maria Lunetto
Crimaudo Caterina
Cossentino Patrizia
Cusumano Antonina
Fiorino Rosaria
Furnari Rita
Mazzola Francesca
Modica Angela
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Moretto Giuseppa
Ortoleva Maria
Pizzolato Grazia
Ramicelli Rosa
Rizzo Maria
Scarpello Leonarda
Sgroi Rosalia
Terranova Rosalia
L’incontro con gli informatori
Esperienze significative sono state l’incontro con gli informatori la signora Cannavò e il
signor Inghilleri, il signor Brolo e la signora Drago.
La signora Ninfa Cannavò ci ha raccontato la preparazione di alcune pietanze espressione
del territorio (es. sfinci, fritture varie, sarsa sicca) che non potevano mancare nella mensa di San
Giuseppe che lei e la sua famiglia allestivano ogni anno in casa propria.
Il signor Pino Inghilleri ci ha raccontato la giornata alimentare in occasione della raccolta
delle olive e della vendemmia e del consumo di cibi “strani” ma appetitosi come la carcarazza
(gazza ladra) arrostita o surci turmenti (topo dormiente) o u pisci cantanti a broru (la rana cotta in
brodo), ecc.
Il signor Domenico Brolo ci ha parlato dei fichi e ha condotto i corsisti alla ricerca del
caprifico.
La signora Drago ci ha fornito alcune ricette scritte dalla madre circa cinquant’anni fa.
Le escursioni
Alcuni incontri formativi si sono svolti al di fuori dell’ambiente d’aula.
Con il prof. Inghilleri e la prof.ssa Galati, i corsisti sono andati alla ricerca del caprifico,
l’albero di fico maschio per i sentieri della contrada Mirto e si è avuto modo di riflettere sul ciclo
vitale di fichi, sulla complessità della fruttificazione e l’uso da parte di contadini esperti della
tecnica dei duccari per la seconda fruttificazione dei fichi della varietà bifara.
Con il prof. Matranga e altri docenti, i corsisti hanno rivissuto l’atmosfera gioiosa della
condivisone del pane, realizzato personalmente dalle corsiste più sapienti con l’uso del criscenti
(lievito madre). Immersi nella natura, presso la casa di campagna dalla signora Lia, la signora Maria
ha impastato sapientemente il pane, facendo cusuzzi belli da guardare e da mangiare: peri ri voi,
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pistuluni, pani a cacocciula, pani a rosa, a mafarda, a trizza a essi e poi la signora Giovanna che
dolcemente accompagnava il pane a lettu, mentre il padrone di casa camiava il forno. Infornato il
pane, gli occhi di tutti i presenti erano puntati sul forno inebriati dal buon odore del pane che come
per magia si è realizzato davanti a noi. Altre corsiste hanno realizzato muffuletta, sfinciuni e i pupa
cu ll’ovu.
Con la dottoressa Monte, i corsisti hanno conosciuto il ciclo di produzione della susina
bianca di Monreale, prunu ri cori,presidio slow food siciliano, e ne hanno visto le fasi della
lavorazione e della conservazione.
I prodotti del corso
La riflessione sui tre aspetti del cibo, natura , cultura e società, si è tradotta in
puntualizzazioni culturali e linguistiche che trovano una concretizzazione in due prodotti che hanno
visto i corsisti come protagonisti:
� uno cartaceo articolato in Le parole del pane glossario dedicato alla panificazione e
nel Glossario – Ricettario della tradizione a tavola, dedicato ai cibi tradizionali e uso dei vegetali
nella pratica culinaria e terapeutica del partinicese;
� uno concreto dato dalla preparazione di cibi tipici della tradizione alimentare
partinicese come a pasta cû vròcculu ntianu, a capunatina, u sfinciùni, i cucciḍḍata ri ficu, a
pignulata, i cassateḍḍi cu i çìçiri, l’ arancini, a cassata, i viscotta ri mènnula, che hanno riempito la
bocca di gusti prelibato e la mente di dolci ricordi, ma nulla rimane!
I materiali
Sono state realizzate delle foto che documentano le attività svolte durante il corso sia in
aula, che durante le escursioni che durante la preparazione di cibi tradizionali presso l’agriturismo
Calajò.
Tutto sarà visionabile sul sito web: www.scuolamediaprivitera-partinico.it
www.partinicoinbiancoenero.it
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Nota ai Glossari Le parole del pane e Glossario-Ricettario della tradizione a tavola
Le voci del glossario proposte riguardano la panificazione nella tradizione e la cultura
alimentare e vegetale tradizionale a Partinico che sono stata oggetto di argomentazione e
approfondimento durante il corso.
La realizzazione delle voci del glossario sulla panificazione Le parole del pane e quelle del
Glossario- Ricettario della tradizione a tavola è stata possibile grazie ai corsisti, ma anche agli
uditori esterni, ai quali si è aggiunto il supporto di informatori esterni incontrati in aula, che hanno
contribuito a puntualizzare gli aspetti cultuali e linguistici da loro direttamente esperiti o recuperati
nella loro memoria.
Particolare attenzione è stata data alla panificazione e metodi di preparazione del pane che
ha permesso di definire, in linea generale, un sistema lessicale della panificazione a Partinico per
cui il glossario sulla panificazione Le parole del pane è trattato tenendo conto delle varie
denominazioni di pani e focacce, del metodo di impasto, dei tipi di farina utilizzati e dell’uso del
forno per la cottura.
Il Glossario-Ricettario della tradizione a tavola propone una ricca raccolta di ricette
tradizionali -ma di certo non esaustive-, riferimenti a metodi di cottura, tecniche di preparazione,
indicazioni terapeutiche di alcuni alimenti nonché riporta curiosità, proverbi.
Le voci sono presentate in ordine alfabetico, per ognuna segue la traduzione dal siciliano
all’italiano (laddove è possibile), una breve descrizione dell’alimento; per i vegetali è riportato il
nome scientifico.
Per ogni voce è indicata la categoria grammaticale di appartenenza, il genere e il numero per
i sostantivi (f. = femminile; m = maschile; s. = singolare; pl. = plurale), l’indicazione del verbo (v.
tr = verbo transitivo) e, laddove è presente, la variante lessicale.
* Le voci sono accompagnate da alcuni simboli:
ricette
indicazioni terapeutiche
�proverbi e curiosità.
→ vai alla voce indicata
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LE PAROLE DEL PANE
PANI E FOCACCE
cusuzza s.f. pane di peso non superiore ai 250 gr. e di forme diverse
(→cacòcciula, peri ri voi, trizza, stiḍḍa) preparate soprattutto per
essere consumate ancora calde dopo averle condite (→ pani cunzatu)
soprattutto con olio, pepe, sale e, a piacere, formaggio o pomodoro
fresco.
cacòcciula s.f. piccolo pane (→ cusuzza) a forma di carciofo.
cuḍḍuruni s.m. piccola porzione di pasta di pane non sempre ben lievitata (spesso
recuperata dalla pulitura della madia), schiacciata e posta a cuocere su
un lato del forno accanto alla brace, per saggiarne la temperatura
prima di infornare il pane. Era apprezzata soprattutto dai bambini, che
la consumavano ancora calda senza condimento o con poco olio e
sale.
facci ri vècchia s. f. porzione di pasta di pane schiacciata e cotta insieme al pane nella
parte anteriore del forno. Sfornata prima del pane, viene aperta e
condita con olio, sale, pepe e, a piacere, sarde o acciughe salate,
formaggio, pomodoro e origano;
porzione di pasta di pane (talvolta ammorbidita con aggiunta di acqua
e una piccola quantità di olio) schiacciata e posta a cuocere su un lato
del forno, accanto alla brace, gen. prima di infornare il pane. Gonfia e
morbida, con alveolatura piuttosto ampia, viene aperta per essere
condita con olio, sale, pepe e origano (con l’aggiunta, a piacere, di
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acciughe o sarde salate, formaggio e pomodoro a fette) oppure con
ricotta;
porzione di pasta di pane schiacciata e posta a cuocere su un lato del
forno, accanto alla brace, dopo averla condita in superficie con olio,
origano e, a piacere, polpa di pomodoro, pezzetti di formaggio, sarde o
acciughe salate, cipolla e/o aglio.
menzaluna s.f. piccolo pane (→ cusuzza) a forma di mezza luna.
muffulettu s.m. pagnottella di pasta di pane ammorbidita con acqua e cotta a forno
chiuso. Tolta dal forno, soffice e spugnosa, viene aperta e condita con
olio, sale e pepe (con l’aggiunta, a piacere, di sarde o acciughe salate,
formaggio, pomodoro e origano) oppure con ricotta.
nzaiḍḍa s.f. piccola porzione di pasta di pane schiacciata e posta a cuocere su un
lato del forno, accanto alla brace, per saggiarne la temperatura prima
di infornare il pane. Era apprezzata sopratutto dai bambini che la
consumavano ancora calda senza condimento o con poco olio e sale.
pani s.m. pane.
pani cunzatu s.m. qualunque pane, o parte di esso, aperto e condito con olio, pepe, sale
e, a piacere, formaggio e/o pomodoro fresco.
pasta fritta s.f. piccola porzione di pasta di pane schiacciata, fritta in padella e
insaporita con sale o, più spesso, con zucchero.
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peri ri voi s.m. [lett ‘piede di bue’] piccolo pane (→ cusuzza) la cui forma - a ‘piede
di bue’ - è assunta dalla curvatura verso l’interno di un cordone di
pasta.
rrianata s.f. piccola porzione di pasta di pane schiacciata e posta a cuocere su un
lato del forno, accanto alla brace, dopo averla condita in superficie con
olio, origano e, a piacere, sarde o acciughe salate, formaggio, cipolla o
aglio e pangrattato.
sfinciuni s.m. grande e soffice focaccia cotta al forno, costituita da uno spesso strato
di pasta di pane abbondantemente ammorbidita con acqua, steso su
una teglia e condito in superficie gen. con olio, pomodoro pelato o in
salsa, formaggio, cipolla cruda o cotta nella salsa di pomodoro, sarda
salata, origano e pangrattato.
stiḍḍa s.f. piccolo pane (→ cusuzza) a forma di stella.
trizza s.f. piccolo pane (→ cusuzza) a forma di treccia.
vasteḍḍa s.f. pagnotta, forma di pane rotondo. 2. formaggio vaccino a forma di
pagnottella.
vota e svota s.f. piccola porzione di pasta di pane schiacciata e posta a cuocere su un
lato del forno accanto alla brace. Dopo avere preso colore da una
parte, viene voltata su se stessa, perché completi la cottura; viene
quindi aperta e condita con olio, sale, pepe e origano (con l’aggiunta, a
piacere, di acciughe o sarde salate e/o di formaggio) oppure con
ricotta.
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FARINA
canìgghia s. f. crusca.
çiuri s. m. fiore. 2. fior di farina → farina.
farina s. f. farina 2. fior di farina → çiuri.
sìmmula s. f. semola 2. Cruschello
simmuletta s. f semola 2. Cruschello
IMPASTO
cripïari v. intr. detto del pane che, maturata la lievitazione, incomincia a creparsi in
superficie.
criscenti s.m. lievito madre per fare il pane.
maiḍḍa s.f. madia, recipiente quadrangolare di legno, con sponde alte e inclinate,
mpastare il pane.
mèttiri (u pani) ô lettu loc. v. mettere il pane sotto le coperte per permetterne la lievitazione.
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mpanari v. tr. dare forma al pane.
mpastari v. tr. impastare.
ntunari v. intr. detto del pane che emette un giusto tono (→ tonu) - che segnala
l’avvenuta lievitazione - per essere stato battuto con una mano.
pastuni s. m. massa di pasta già lavorata, da cui si traggono le porzioni per le
diverse forme del pane.
pugnïari v. tr. lavorare con i pugni l’impasto del pane rivoltandolo continuamente e
aggiungendo poco per volta dell’acqua tiepida per fargli assumere la
giusta elasticità.
sbrìa s. f. gramola, tavola di legno - senza sponde o con sponde basse - usata
per gramolare il pane azionando l’apposita stanga (→sbrïuni). Questo
attrezzo oggi non è più in uso.
sbrïuni s. f. stanga della gramola. → sbrìa.
scanari v. tr. gramolare il pane → scanaturi, sbrìa, sbrïuni.
scanaturi s.f. tavola di legno, senza sponde o con sponde basse, usato per impastare
il pane.
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tonu s.m. suono emesso dal battitura, con una mano, del pane ben lievitato.
→ntunari
FORNO
camiari v. tr. riscaldare il forno.
cielu (rû furnu) s.m. volta del forno.
circu (rû furnu) s. m. intelaiatura in ferro semicircolare dell’imboccatura del forno
(→vucca).
furcuni s.m. forca per spostare la legna nella fase di riscaldamento del forno
(→camiari). u furcuni un canusci patruni lett. ‘il forcone non conosce
padrone’, chi manovra il forcone non può curarsi dell’icolumità di chi
incautamente indugia alle sue spalle.
furnu s. m. forno.
nfurnari v. tr. infornare.
pala s.f. pala da forno.
palittuni s.m. piccola pala da forno.
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scupa (ri ḍḍisa o ri scupazzu) s.f. frusciandolo, scopa di ampelodesmo (ḍḍisa) o di palma nana
(scupazzu) dotata di un lungo manico, usata per pulire il forno dopo
avere tolto la brace, prima di infornare il pane.
sfurnari v. tr. sfornare.
stutafocu s.m recipiente in metallo dotato di coperchio, nel quale viene raccolta la
brace tratta dal forno.
tannura s.f. parte anteriore del forno, costituito da un fornello rustico alimentato
dalla brace.
tirabbraçi s.m. attrezzo costituito da un lungo manico in metallo e da una corta lama
trasversale usato per rastrellare brace dal forno.
vucca (rû furnu) s. f. imboccatura del forno.
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GLOSSARIO RICETTARIO DELLA TRADIZIONE A TAVOLA
alivu f., alivi pl. oliva, frutto dell’ ulivo, albero della famiglia delle Oleaceae, di cui
esistono diverse varietà (es. alivi çirasoli, alivi anebbi, ṣṭṛunza rî
çiocca ) utilizzate in cucina in vario modo (alivi scacciati; alivi virdi
n-zalamòria; alivi nìvuri n-ziccu). Si ottiene l’olio (ògghiu).
alivi scacciati Prendere le olive verdi (alivi anebbi o strunza ri
ciocca), schiacciarle con una pietra o con un martello, lavarle e
disporle in una brunnìa (barattolo di vetro con chiusura ermetica)
immerse nell’acqua. Cambiare l’acqua ogni giorno per 5/6 giorni per
togliere l’amarumi (amaro). Alla fine lavarle di nuovo e rimetterle
dentro la brunnìa. A parte prendere un contenitore e riempirlo di
acqua e sale, aglio e →arrìanu e versare il tutto nella brunnìa e
lasciare le olive a riposare. Dopo 2-3 giorni si tàstanu (si assaggiano),
se le olive sono ancora amare, si aggiunge un altro po’ di sale e si
lasciano riposare ulteriormente. Il giorno seguente sono già pronte per
essere mangiate.
alivi virdi n-zalamòria Prendere le olive verdi (alivi anebbi o
strunza rî çiocca), lavarle e metterle dentro una brunnìa (barattolo di
vetro con chiusura ermetica) con l’acqua e rinnovarla ogni mattina
per almeno dieci giorni. Al decimo giorno lavarle nuovamente e
rimetterle nella brunnìa e aggiungere una soluzione di acqua e sale
nella quantità necessaria che si stabilisce con la prova ri l’ovu: si
immerge un uovo crudo nell’acqua salata, se sale in superficie e
galleggia la quantità di sale è quella giusta, altrimenti si aggiunge altro
sale. Nell’acqua si aggiungono pàmpini di caṛṛubba e finòcchiu
ngranatu →finucchieḍḍu. Si lasciano a bagno per almeno 20 gg.
trascorso questo arco di tempo si tàstanu (si assaggiano), se sono
ancora amari, si lasciano ancora immersi nella soluzione per altri
giorni.
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alivi nìvuri n-ziccu. Prendere le olive (alivi çirasoli) mature e che
quindi hanno il colore nero. Metterle in una canniṣṭṛeḍḍa rî viri (cesta
di vimini), condirle con abbondante sale e lasciare che si disidratino e
rilascino l’acqua. Rimestare le olive ogni giorno per almeno 15gg., poi
si tàstanu (si assaggiano), se sono ancora amare, lasciarle ancora nel
sale per qualche altro giorno. Appena sono buone, lavarle e metterle in
una pentola con l’acqua e sbollentarle. Poi lavarle nuovamente,
sgocciolarle e si metterle nella canniṣṭṛa (cesto di vimini) ad asciugare
per qualche ora. Conservarle in una brunnìa (barattolo di vetro con
chiusura ermetica) immerse nell’olio d’oliva.
allustrata f. glassa utilizzata per decorare dolci.
Mescolare energicamente un albume d’uovo aggiungendo poco
alla volta dello zzùccaru mparpàbbili (per ogni albume circa 200g di
zucchero a velo) fino a raggiungere un composto bianco, denso, non
trasparente. Alla fine aggiungere qualche goccia di succo di limone.
ammògghiu m. intingolo, preparato con olio, sale, succo di limone.
arancina f. arancini pl. palla di riso fritta, del diametro di 8-10 cm, farcita con ragù. Il nome
deriva dalla forma e dal colore tipici, che ricordano un'arancia. È un
cibo rituale, si consuma per la festività di santa Lucia, 13 dicembre.
Dopo aver cotto per bene il riso (es. 1kg) in acqua, talvolta
aromatizzata con brodo vegetale o semplicemente con l’aggiunta di un
dado da cucina, lo si lascia raffreddare. Con le mani bagnate con
acqua formare delle palle di riso, fare un piccolo foro in cui inserire un
po’ di ragù di condimento preparato con tritato (1/2kg),cipolla
(mezza), sedano (1 gambo), piselli (600g), carota, →sarsa di
pomodoro, o con condimenti a piacimento. Rotolare la sfera prima in
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una pastella fatta di farina e acqua e infine nel pangrattato, oppure
prima nell’uovo precedentemente battuto e poi nel pangrattato e infine
nella farina. Friggere le palle di riso immerse in olio ben caldo.
armonìaca f. o ammoniaca per biscotti.
ammòniu o armònacu o
ammunìaca
aṛṛìanu m. origano.
attuppateḍḍu m. attuppateḍḍi pl. varietà di chiocciole, lumache in letargo con la bocca velata.
che si consumano cotte nel sugo di pomodoro (attuppateḍḍi a
gghiotta).
attuppateḍḍi a gghiotta Prendere le chiocciole, lavarle e metterle
in un colapasta per farle spurgare mantenendole a digiuno per una
notte, oppure dare da mangiare pezzetti di mollica, coprirle con un
coperchio o con qualcosa di pesante per evitare che escano. Il giorno
dopo si lavano fino a che non sono più viscide. Metterle in una
pentola, immergerle nell’acqua e cuocerle a fiamma bassa fino a
quando il mollusco non avrà portato la testa fuori dalla conchiglia (cci
nèscinu i corna) e portare la fiamma a fuoco più sostenuto per far
lessare i molluschi in tempo breve prima che rientrino nel guscio. Si
lavano nuovamente e si cuociono ulteriormente in acqua. A parte
preparare il pelato (→sarsa) e unirvi le chiocciole cotte.
basiricò m. basilico, (Ocimum basilicum L.) pianta aromatica molto usata in
cucina, sopratutto in estate, insaporisce molti cibi e dona gusto alle
pietanze (es. nel sugo di pomodoro o per condire →i milinciani).
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Usato come stimolante, digestivo e ristoratore. Contro le punture
di zanzare si strofinavano delle foglie fresche sulle parti interessate.
bbabbaluçeḍḍu m. varietà di chiocciole, lumache piccole dal guscio bianco che si
bbabbaluçeḍḍi pl. consumano bollite e condite con aglio e olio (bbabbaluçeḍḍi cu
l’àgghia e ll’ògghiu)
bbabbaluçeḍḍi cu l’àgghia e ll’ògghiu. Lavare le chiocciole e
metterle in un colapasta per farle spurgare mantenendole a digiuno per
una notte, coprirle con un coperchio o con qualcosa di pesante per
evitare che escano. Il giorno seguente, lavarle e cuocerle immerse in
acqua in un tegame a fuoco basso, togliendo la schiuma che si forma
in superficie con la schiumarola. Quando i molluschi saranno quasi
cotti, condire l’acqua di cottura con olio, prezzemolo, pepe nero e
aglio e ultimare la cottura.
bbabbaluçiu m. varietà di chiocciole, che si consumano cotte nel sugo di pomodoro
bbabbaluçi pl. (babbaluçi a gghiotta).
babbaluçi a gghiotta. Prendere le chiocciole, lavarle e metterle in
un colapasta per farle spurgare mantenendole a digiuno per una notte,
oppure dare da mangiare pezzetti di mollica, coprirle con un coperchio
o con qualcosa di pesante per evitare che escano. Il giorno dopo si
lavano fino a che non sono più viscide. Metterle in una pentola,
immergerle nell’acqua e cuocerle a fiamma bassa fino a quando il
mollusco non avrà portato la testa fuori dalla conchiglia (cci nèscinu i
corna) e portare la fiamma a fuoco più sostenuto per far lessare i
molluschi in tempo breve prima che rientrino nel guscio. Si lavano
nuovamente. A parte preparare il pelato (→sarsa) e unirvi le
chiocciole cotte.
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bbaccalà m. baccalà, merluzzo salato, può essere consumato fritto (bbaccalà frittu)
o pisci salatu oppure in umido (bbaccalà a gghiotta; bbaccalà all’aghir’e dduçi)
Dissalare il baccalà. Tagliare il pesce a pezzi e metterlo a bagno in
acqua per almeno due giorno, cambiando l’acqua due volte al giorno,
così sarà pronto per essere cucinato in vario modo.
bbaccalà frittu. Infarinare il baccalà precedentemente dissalato e
friggerlo.
bbaccalà a gghiotta. Preparare un sughetto con un soffritto di
cipolle e pomodoro pelato, aggiungere un po’ di sale e un pizzico di
zucchero e qualche oliva nera. Quando il sughetto è cotto, aggiungere
il baccalà già dissalato e lasciare cuocere per altri cinque minuti.
bbaccalà all’aghir’e dduçi. Infarinare e friggere i tocchetti di
baccalà già dissalato. a parte in una padella soffriggere abbondante
cipolla con olio d’oliva, aggiungere le olive nere, aceto e zucchero a
piacere, talvolta si può aggiunger un po’ d’acqua. Lasciare cuore un
po’, poi aggiungere il baccalà fritto e ultimare la cottura.
bruçiuluni m. grossi involtini farciti cotti nel sugo di pomodoro. Si consumano nelle
bruçiuluna pl. grandi occasioni invernali (es. natale, epifania). Si preparano con la
carne di vitello (bruçiuluna di carni), con la cotenna di maiale
(bruçiuluna di cùtini ri porcu), con la zucca (bruçiuluna di cucuzza
sicca).
bruçiuluna di carni. Prendere una fetta di carne adatta per tale
preparazione (si compra dal macellaio), si stende e si dispongono
sopra di essa →muḍḍica inumidita con l’olio in alternativa con l’uovo,
sale e a piacere pàssula (uva passa) e pinoli,e un po’ di pomodoro
pelato, lardo di maiale, çipuḍḍa scalogna, →cascavaḍḍu a pezzetti,
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piṭṛusinu (prezzemolo), ovu vugghiutu (uovo bollito) a pezzi.
Avvolgere la fetta di carne su se stessa, legarla con un filo di spau
(spago) e rosolarla su un soffritto di cipolla, aggiungendo un po’ di
vino bianco, lasciandolo evaporare. A parte si prepara la →sarsa nel
quale verranno immersi gli involtini preparati. Cuocere a fuoco
moderato.
bruçiuluna di cùtini ri porcu. Sbollentare la cutini ri porcu
(cotenna di maiale), lasciare raffreddare, stendere e disporvi sopra gli
ingredienti sopra riferiti.
bruçiuluna di cucuzza sicca. Utilizzare tocchi di zucca secca
(→cuccuzza) da farcire con muḍḍica condita con olio sale formaggio a
pezzetti, pàssula (uva passa) e pinoli e si immerge nel sugo (a stufatu)
bruçiuluna n-biancu. Prendere una fetta di carne adatta per tale
preparazione (si compra dal macellaio), stenderla e disporrvi sopra
muḍḍica condita con olio, formaggio grattugiato sale e pepe, si
avvolge e si soffrigge e si immergono in un brodo vegetale. Preparare
il brodo con un soffritto di cipolla, carote e piselli, aggiungere l’acqua
e un dado vegetale. Immergere gli involtini prepararti e lasciarli
cuocere un altro po’. Con brodo preparato si può anche condire la
pasta preparata a parte.
cacu m., cachi, cachì pl. loto.
�“mancia cachi e nztita cachi”.
cacòcciula f.,cacòcciuli pl. carciofo (Cynara cardunculus L. subsp. scolymus (L.) Hegi) pianta
erbacea dal fusto alto ed eretto, con grandi infiorescenze carnose che
sono i carciofi veri e propri. I carciofi si consumano in vari modi: a
frittata con l’uovo (cacòcciuli a frittata), bolliti (cacòcciuli
vugghiuti), arrostiti (cacòcciuli arrustuti), fritti (cacòcciuli fritti,
cacòcciuli a pasteḍḍa), a forno (cacòcciuli a sfinciuni), ripieni
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(cacòcciuli ammuḍḍicati, cacòcciuli ȃ viddaneḍḍa, cacòcciuli cu a
tappata r’ovu), come condimento per i primi piatti (risotto di
cacòcciuli, pasta ccu i cacòcciuli).
cacòcciuli ammuḍḍicati (o ripieni) cacòcciuli cȃ muḍḍica o
cacòcciuli ammuḍḍicati. Pulire i carciofi, togliere le foglie più dure e
le spine, condire gli interstizi del carciofo con pangrattato fatto
rosolare in padella (muḍḍica atturrata) con pezzetti di sarda salata
unita la formaggio grattugiato,aglio a pezzetti, prezzemolo, un pizzico
di sale e pepe; in alternativa utilizzare → muḍḍica fresca inumidita
con olio. disporre i carciofi in verticale all’interno del tegame nel
quale è stata versata un po’ di acqua con sale ed olio. lasciare cuocere
chiudendo il tegame con il coperchio.
cacòcciuli ȃ viddaneḍḍa o a vugghiuḍḍu. Pulire i carciofi,
togliere le foglie più dure e le spine, condire gli interstizi del carciofo
con → cascavaḍḍu tagliato a pezzetti, prezzemolo, aglio e un po’ di
olio, sale e pepe. cuocerli in tegame disposti in verticale, su un fondo
di acqua quanto basta, lasciare cuocere chiudendo il tegame con il
coperchio.
cacòcciuli cu a tappata ri l’ovu. Pulire i carciofi, togliere le foglie
più dure e le spine, riempire gli interstizi del carciofo muḍḍica condita
con olio, sale , pepe, aglio, prezzemolo. A parte sbattere un uovo e
versarlo sopra ogni carciofo e si frigge la parte superficiale per fare un
tappo di frittata (tappata r’ovu). Si possono cuocere sia nel sugo
(→sarsa) o in bianco, cuocendoli in tegame disposti in verticale, su
un fondo di acqua quanto basta, lasciando cuocere chiudendo il
tegame con il coperchio.
cacòcciuli fritti. Prendere il cuore del carciofo, tagliarlo a fettine,
sbollentarle e si immergerle una o per una in un battuto d’uovo e
friggerle. oppure si possono cucinare a frittata.
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cacòcciuli a frittata. Prendere il cuore del carciofo, tagliarlo a
fettine o a pezzetti, sbollentarli e unirli all’uovo battuto e friggere il
tutto per fare una frittata.
cacòcciuli vugghiuti. Pulire i carciofi, togliere le foglie più dure e
le spine, bollirli in acqua con limone tagliato a pezzi. Consumarli con
olio e limone oppure olio e aceto.
cacòcciuli arrustuti. Pulire i carciofi, togliere le foglie più dure e
le spine, condirli con il sale e un filo d’olio e arrostirli sulla brace
viva.
cacòcciuli a sfinciuni. Pendere il cuore dei carciofi. soffriggerli
con cipolla, aggiungere pomodoro pelato già condito, origano,
pangrattato, formaggi, olio crudo e si lasciano cuocere ancora un po’
in forno.
cacòcciuli a pasteḍḍa. Prendere il cuore dei carciofi, sbollentarli
in acqua e pezzetti di limone, tagliarli a pezzetti e immergerli nella
pastella e friggerli.
Un tempo il carciofo veniva utilizzato sotto forma di decotti,
infusi e tisane che combattevano le più svariate malattie: colesterolo,
gotta, acido urico.
cannolu m., cannola pl. dolce carnevalesco costituito da una sfoglia cilindrica (scòrcia di
cannolu), ripiena di crema di ricotta o di latte con l’aggiunta di gocce
di cioccolato.
scòrcia ri cannolu. Preparare un impasto con di →farina di
rimacinu (es. 1 kg), di →sàimi (100g), 1 bicchiere di vino vecchio.
Stende una sottile sfoglia di pasta di dimensione ovoidale (15x10 cm),
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avvolgerla attorno ad una canna, [pezzo di canna dal diametro di 1cm,
lungo 15cm privata della rivestimento esterno e che veniva usata in
tempo per fare i cannola; oggi è sostituita da cilindri metallici ]
prestando attenzione a sovrapporre solo la parte esterna di due lembi
della sfoglia con l’applicazione di qualche goccia di albume. I cannoli
così realizzati vanno fritti immersi in olio ben caldo. Una volta
raffreddati sono pronti per essere riempiti con la →crema di ricotta o
→crema di latte
cardeḍḍa f. crespigno o cicerbita (Sonchus oleraceus), erba selvatica spontanea
che cresce nei campi incolti, per essere commestibile bisogna
raccoglierla prima della fioritura, cioè in inverno. Utilizzata in cucina
per essere consumata con la pasta (pasta cu a cardeḍḍa) e bollita
(cardeḍḍa vugghiuta). Le foglie si mangiano come verdura lessa ma
sono utilizzate anche crude ad insalata.
pasta cu a cardeḍḍa. Mettere in acqua bollente, con aggiunta di
sale, le parti più tenere della pianta. Ad avvenuta cottura senza
scolarne brodo vi si aggiunge olio extra vergine di oliva e/o
pomodoro.
Il brodo di questa pianta veniva utilizzato come diuretico ed
antiurico.
carduna pl. cardi, pianta erbacea coltivata simile al carciofo, preparata in cucina
fritta (carduna fritti a pasteḍḍa; carduna nfarinati e fritti ; frittata di
carduna) e bollita (carduna vugghiuti).
carduna fritti a pasteḍḍa. Dopo aver preparato → a pasteḍḍa
immergervi i carduna bolliti e ben asciutti. Versare con un cucchiaio
la pastella nell’olio caldo e abbondante, quindi soffriggere rigirando
ogni tanto il composto;
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carduna nfarinati e fritti . Dopo aver fatto bollire i carduna
strizzarli e asciugarli bene, quindi passarli nella farina e far soffriggere
in olio caldo.
carduna vugghiuti. Far bollire i carduna in una grossa pentola
aggiungendo nell’acqua un limone tagliato a pezzi (con l’intera
buccia) e sale quanto basta. Il piatto è usato soprattutto come
condimento.
frittata di carduna. Tagliare a pezzetti i carduna già bolliti. A
parte preparare le uova sbattute aggiungendovi un pizzico di sale e
pepe. Fare soffriggere i carduna bolliti in una padella con olio, quindi
versarvi l’uovo sbattuto.
Pianta dalle particolari caratteristiche curative. Fatta a decotto ed
infuso serviva per curare alcune malattie tra cui: emorroidi, asma,
tosse, gastrite e inappetenza.
carni ri crastu agnellone o castrato a fette, arrostito sul fuoco vivo, si mangia con
l’→ammògghiu.
caṛṛubba f. , carrubbi pl. frutto del carrubo; era usata come cibo per i cavalli, ma anche le
persone ne mangiavano a mo’ di spuntino; si raccolgono già secche
per essere mangiate; ridotta a pezzi si metteva nel mosto → mustu per
aromatizzarlo; i pampini ri caṛṛubba era usate per coprire le olive in
salamoia(→aliva) impedendo che galleggiando sull’acqua queste
prendessero ossigeno diventando mollicce.
cascavaḍḍu m. caciocavallo.
cassata siciliana f. dolce di pan di spagna ripieno di ricotta
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cassata siciliana . Ingredienti: 500g di ricotta, 300g di zucchero a
velo, 150g di frutta candita, pan di spagna, 100g di cioccolato
fondente, vaniglia, rhum. affettare il pan di spagna e fare piccole
fettine rettangolari, foderate i bordi interni di un contenitore rotondo
con i rettangoli di pan di Spagna, bagnarli con il rhum, versare la
ricotta che precedentemente è stata passata al setaccio e condita con lo
zucchero a velo, scaglie di cioccolato e frutta candita, livellare bene e
richiudere con le fette di pan di spagna, mettere la cassata in frigo per
un’ora. rovesciarla cassata su un piatto da portata, cospargere con la
→velata e guarnire con frutta candita.
cassateḍḍa f., cassateḍḍi pl. dolce a forma di mezzaluna dai bordi dentellati che si prepara in
occasione della festività di san Giuseppe, 19 marzo.
Realizzare una sfoglia ottenuta da un impasto di →farina di
rimacino, →saìmi, zucchero, vino vecchio (scrivere le quantità),
ripieno di crema ri latti, o crema di ricotta (→crema), o di legumi
(ceci secchi o fagioli secchi bianchi- cannellini o f. scuri, oppure fave
secche senza buccia, o castagna secca →pastìgghia, lessati e passati a
setaccio per creare una poltiglia cremosa condita con zucchero,
mandorle tostate tritate, cannella, vaniglia, cioccolato), il cui bordo
viene seghettato con l’uso di un raviularu (rotella tagliapasta
ondulata). Le mezze lune così realizzate si friggono in olio caldo e
vengono servite spolverate di zucchero o zucchero a velo.
cavuliceḍḍi pl. (Brassica rapa subsp. campestris (L.) A. R. Clapham) pianta
spontanea caratterizzata da foglie rugose dal sapore amarognolo, usata
in cucina fritta (cavuliceḍḍi fritti ; cavuliceḍḍi a frittata), bollita
(cavuliceḍḍi vugghiuti; cavuliceḍḍi pisciati) e condita in vario modo
(cavuliceḍḍi a sfinciuni; cavuliceḍḍi cu a sasizza), a forno
(cavuliceḍḍi a sfinciuni) come condimento per la pasta (pasta chȋ
cavuliceḍḍi).
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cavuliceḍḍi fritti . Dopo aver tolto le parti più dure lessare i
cavuliceḍḍi con acqua e sale, poi preparare un soffritto con aglio e
pomodoro ed aggiungere la verdura lessata. Far soffriggere il tutto
amalgamando bene.
cavuliceḍḍi a frittata. Sbollentare i cavuliceḍḍi, tagliarli e unirli
all’uovo sbattuto con sale e pepe, quindi friggere il tutto.
cavuliceḍḍi vugghiuti. Sbollentare i cavuliceḍḍi e condire
semplicemente con olio, aglio e sale.
cavuliceḍḍi pisciati. Pulire la verdura facendo attenzione a
prendere solo i rametti più teneri (i civiteḍḍa), fare bollire in una
pentola molto grande acqua in quantità abbondante (questo è il segreto)
,mettervi la verdura e salare. Quando comincia a bollire girare più volte
e fare attenzione a che la verdura non ingiallisca (fallimento della
ricetta) pertanto seguire attentamente la cottura. A cottura ultimata
prendere con una forchetta la verdura , metterla in una terrina e
cominciare a tagliarla a piccoli pezzi , rimettere la verdura tagliuzzata
in un pentolino più piccolo con parte dell'acqua di cottura (poca) e
abbondante olio, fare cuocere a fuoco vivo, per pochi minuti (la
verdura non deve ingiallire). Il piatto può essere servito a tavola con
pane di casa.
pasta chȋ cavuliceḍḍi. Dopo aver fatto bollire i cavuliceḍḍi nella
stessa acqua di cottura versare la pasta, preferibilmente un tipo di
pasta corta. A parte si soffriggono aglio e sarde salate, dopo che
l’acciuga si è sciolta amalgamare il tutto con i cavuliceḍḍi. Una volta
pronto, tutto il composto si unisce alla pasta.
cavuliceḍḍi cu a sasizza. Far sbollentare i cavuliceḍḍi in acqua
salata e a fine cottura strizzare bene per eliminare l'acqua di cottura.
Soffriggere aglio e olio in padella a fiamma viva, aggiungere la
salsiccia sbriciolata e far cucinare per alcuni minuti. Aggiungere i
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cavuliceḍḍi già fatti bollire e continuare la cottura a fiamma bassa per
altri 10 minuti mescolando di tanto in tanto. Questa pietanza è
considerata a morti sua per i cavuliceḍḍi.
Il brodo di questa pianta veniva bevuto come depurativo o
antidepressivo. Le foglie fresche erano indicate anche nella cura delle
gastriti e delle malattie cutanee.
chiavi ri San Peṭṛu dolce a forma di chiave, torta e/o biscotto che si acquistava in
pasticceria e che il fidanzato regalava alla fidanzata nel giorno di san
Pietro, 29 giugno.
çicòria f. cicoria, (Cichorium intybus L.) pianta dalle foglie uncinate che cresce
nei campi incolti e in montagna. Viene utilizzata in cucina per la
preparazione di minestre (çicòria vugghiuta o a minestra) e pasta
(pasta ccu a çicòria).
çicòria vugghiuta o a minestra. Far bollire in acqua salata le
foglie di çicòria precedentemente pulite in acqua fresca corrente e a
cottura ultimata condire con olio di oliva e consumare come piatto
caldo.
pasta ccu a çicòria. Dopo aver messo la çicòria in acqua bollente
raggiungere metà cottura e aggiungere la pasta (preferibilmente corta).
Condire con olio e un po’ di sale.
Dalle radici si preparava il decotto usato come digestivo e come
depurativo dell’organismo.
�Cosi amari tènili cari= riferito alla cicoria che è un’erba amara utile
per utile per l’uomo.
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çiminu o çiminu ruçi m. semi di anice
crastuni m. crastuna pl. varietà di chiocciole,i consumano che si consumano con il sugo di
pomodoro crastuni a gghiotta
crastuni a gghiotta. Mettere le chiocciole nel colapasta con
pezzetti di mollica e farina e lasciare che le chiocciole li mangino per
due giorni per farle spurgare, coprirle con un coperchio o con qualcosa
di pesante per evitare che escano. dopo due giorni lavarle
accuratamente e cuocerle in acqua a fuoco basso e quando tutti gli
animali avranno la testa fiori dal conchiglia, portare l’acqua in
abollizione a fuoco vivo. a fine cottura , lavare le chiocciole e unirle
alla salsa di pomodoro preparata a parte e lasciandoli assaporare per
qualche minuto.
crema f. Composto dolce utilizzato in cucina per farcire i dolci. Se ne
distinguono vari tipi a seconda dell’ingrediente di base utilizzato
(crema ri latti; crema ri ricotta)
crema di latti . Mettere sul fuoco una ciotola con del latte (8dl), lo
zucchero (300g) ed vaniglia e bucce di limone. A parte , disciogliere
l’amido (100g)in un po’ di latte freddo (200g) e in questo composto
unire il latte caldo. Mettere sul fuoco a fiamma dolce, sempre
rimescolando, fare addensare la crema.
crema ri ricotta. Amalgamare bene la ricotta di pecora
freschissima (es. 1kg) con lo zucchero (600g). Se la ricotta è molto
umida, farla sgocciolare in modo da eliminare la maggio parte di siero.
Lasciare riposare per un’ora e quindi setacciarla, prima di
amalgamarla con lo zucchero.
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cuccìa f. chicchi di frumento lesso con o senza l’aggiunta di ceci che si
consuma condito con zucchero e cannella oppure con →vinu cottu o
→crema di latti e →paparina e pezzetti di cioccolato, o crema di
ricotta e mandorle, o con →meli ri ficu. Si consuma per Santa Lucia,
13 dicembre.
Mettere il frumento in acqua per tre giorni per farlo ammorbidire,
poi si cuoce in tegame con acqua per un paio d’ore. Quando il chicchi
sono ben cotti, tolta l’acqua rimasta, si lasciano riposare in un
contenitore, protetti da una coperta. Il giorno successivo il frumento
lesso si può condire con zucchero e cannella, oppure con →vinu cottu
o →crema di latti e paparina o pezzetti di cioccolato, o crema di
ricotta e mandorle, o con →meli ri ficu.
cucciḍḍatu m. dolce preparato nel periodo natalizio costituito da una sottile sfoglia
cucciḍḍata pl. di pasta dolce (es, 1Kg di farina di rimaçinu o 00, 25 g di
→armoniaca, 250g di zucchero, 250 g di →saìmi), ripiena con una
farcia a base di fichi (fichi secchi tritati o marmellata di fichi,
mandorle tostate tritate, zuccata, cioccolato a pezzetti, cannella, il
tutto amalgamato con acqua e zucchero) o a base di mandorle
(mandorle tritate, zuccata, cioccolato a pezzetti il tutto amalgamato
con acqua e zucchero) o di marmellata di melone giallo
(→marmellata- variante moderna), cotta a forno, spolverata con
zucchero a velo o guarnita con la glassa (→alluṣṭṛata) e →paparina.
cucuzza f, cucuzzi pl. zucca, (Cucurbita) pianta dalle proprietà gustative. Si distinguono
alcune varierà di zucca: cucuzza r’invernu (detta anche cucuzza baffa
o cucuzza gialla) e cucuzza r’estati (detta anche cucuzza longa o
cucuzza virdi). La cucuzza r’ivernu viene utilizzata per la
preparazione di alcuni piatti (cucuzza all’àghir’e duci) e la cucuzza
r’estati utilizzata fresca per essere consumata con la pasta (pasta cu a
cucuzza a cucurummau), bollita (cuccuzza vugghiuta) ed essiccata
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(cucuzza sicca) utilizzata per fare i bruçiuluna di cucuzza sicca → u
bruçiuluni.
cucuzza all’àghiru e duci. Tagliare la cucuzza (cucuzza baffa) a
fettine, lavarla e metterla a scolare. Preparare l’olio su una padella e
far soffriggere la zucca. A parte preparare la cipolla soffritta, una volta
pronta si unisce la zucca alla cipolla. Preparare un agrodolce di
zucchero e aceto, olive nere e cuocere in padella assieme alla zucca.
cucuzza a cucurummàu. Mettere in un tegame la zucchina
tagliata a tocchetti (piccoli pezzi), aggiungere pomodoro, cipolla, olio,
sale, un po’ d’acqua, coprire con il coperchio e far cucinare a fuoco
lento quanto basta. Si può usare come condimento per la pasta →
pasta cu a cucuzza a cucurummau.
cucuzza sicca. Prendere la zucchina (cucuzza longa virdi) fatta
essiccare al sole durante l’estate ed immergerla nell’acqua per
eliminare il sale assorbito durante l’essiccatura. Quando la zucchina
diventa morbida si riempie di un composto fatto di: mollica,
prezzemolo, aglio, un uovo, formaggio, pecorino e per evitare che la
mollica possa fuori uscire, chiudere la zucchina con gli stuzzicadenti.
Preparata la salsa immergervi le zucchine e continuare la cottura
quanto basta.
cuccuzza vugghiuta. Dopo aver fatto bollire l’acqua aggiungere
un po’ di sale e la zucchina (cucuzza longa). Far cucinare quanto basta
ed infine condire con olio.
Un tempo usata per le sue proprietà lassative ed emollienti. I
semi freschi, sgusciati e pestati, erano efficaci nelle infiammazioni
dello stomaco.
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cucuzzata f. zuccata. Veniva ricavata da un tipo di zucca a forma di tromba,
cucuzzuni o cucuzza baffa allungata e cilindrica, oppure con la
cucuzza ri frìiri. Ai nostri giorni viene ricavata anche dalla buccia
delle angurie (cuccuzzata di muluni).
cùtini ri porcu f. cotenna di maiale. Si utilizza per preparare il sugo (→sarsa) e per
preparare i bruçiuluna ri cutini ri porcu (→bruçiuluni)
Cuocere le mele cotogne. fatta a panetti duri, si preparava nel
periodo dei morti, era in uso nelle refezioni a scuola.
cutugnata f. cotognata, dolce tipico autunnale che si prepara in occasione della
ricorrenza di tutti i Santi.
pulire le mele (2kg) e tagliarle a spicchi privandole dei semi
senza togliere la buccia, poi tagliarle a pezzetti che man mano si
metteranno in una terrina con acqua acidulata con un succo di limone.
Sgocciolare le mele e metterle in una pentola grande, ricoprendole con
poca acqua e facendole cuocere fino a che si saranno disfatte. A
cottura ultimata, schiacciarle nella pentola con un cucchiaio, quindi
passarle nel trita legumi. Pesare il composto in modo da sapere la
quantità di zucchero necessaria. Pestare e rimestare fino ad ottenere un
impasto omogeneo che si farà riposare per un’ora. Rimettere il
composto nella pentola e lasciare sul fuoco a fiamma moderata per
alcuni minuti. Stendere l’impasto ottenuto in strati di circa 2 cm su dei
piatti e lasciare asciugare per qualche giorno, quindi tagliare la
cotognata in quadratini pronta per essere mangiata
cutugnu m., cutugna pl. mela cotogna. Si cucinano intere nel vino per aromatizzarlo, si
mettevano nel mosto con carrubbi spezzate, ficu sicchi ( o passuluna)
per aromatizzare il vino nelle botti. Si utilizza per fare la →cutugnata
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farina f. farina. In cucina se ne utilizzano varie tipologie.
farina di rimàçinu,ottenuta dalla molitura della semola di grano
duro;
farina ri cìciri , ottenuta dalla molitura dei ceci
favi pl. fave, (Vicia faba, L.) legumi utilizzati in cucina sia freschi (favi virdi)
sia secchi (favi sicchi) per la preparazione di vari piatti (favi sicchi cu
i giri sarvaggi; →maccu; favi cu ll’ovu) e come condimento per la
pasta (pasta chȋ favi).
ficu f. infruttescenza dell’albero di fico, (Ficus carica L.).
• varietà: ficu a minna ri vacca (uso: consumo fresco);
ficu attati o ficu bianca o ficu r’austu (uso:consumo fresco;
sono destinati alla conservazione per mezzo dell’essicazione
→ ficu sicchi, della bollitura → ficu passuluna, cottura in
tegame → marmellata ri ficu e meli ri ficu)
ficu bìfari Da questa varietà di fico deriva il blasone
popolare bifarari/a, con cui sono soprannominati i
partinicesi.
ficu missinisi (uso: consumo fresco);
ficu natalisi (uso: consumo fresco);
ficu ncurunata (uso: consumo fresco).
• indovinelli: ivi nni Maraneḍḍa, cci tuccavi a panzareḍḍa, vitti
ch’era rura “Vatinni ca unn è ura!” = ficu non matura
a cammiseḍḍa sfardata = ficu matura
� a tempu di ficu nun si canusci amicu = detto di colui che si esime
dal regalare fichi;
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� Garibbaldi fu feritu, fu feritu nnu viddicu, fu purtatu a Partinicu a
manciari pani e ficu;
�ficu càrimi m-mucca o ficu càcami m-mucca = riferito a persona
priva di iniziative e che aspetta che la situazione si evolva da sola;
�èssiri rittu com’un peri ri ficu = detto di persona autoritaria e dal
pensiero malvagio. Così come l’albero di fico è caratterizzato da una
ramificazione non lineare ma contorta così la persona non è semplice
e buona ma malvagia;
� èssiri un passuluni ri ficu = detto di persona sciocca e sempliciotta;
� e si fìciru i ficu = riferito a situazione conclusasi in maniera
negativa rispetto al previsto;
� èssiri a ficu fatta = riferito al cibo troppo molle perché è stato
eccessivamente cotto;
� e chi ssu ficu? = riferito al cibo facile da cucinare;
� na ficu nzèmmula ul-l’àvemu cugghiuta =detto tra persone che non
hanno nulla da spartire
� ficu ri prima manu, cu passa allonga a mano: riferito al fatto che i
fichi sono frutti prelibati che suscitano il desiderio immediato di
essere raccolti e mangiati.
marmellata ri ficu marmellata di fico.
Prendere 1 kg di fichi (ficu bianchi), privati della parte superiore
ed inferiore, cuocere a fuoco lento in tegame e aggiungere 250 g di
zucchero (a piacere, fino a 800 g); mescolare continuamente fino a
quando il composto diventa denso e si stacca dal tegame. Versare la
marmellata in un barattolo sterile, chiuderlo e conservarlo per alcuni
giorni sottosopra avvolto in coperte.
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meli ri ficu miele di fichi. Estratto ricavato dalla cottura dei fichi.
Cuocere i fichi interi in acqua, far bollire il tutto e togliere i fichi
→ passuluni e lasciarli asciugare al sole. Lasciar cuocere
ulteriormente il liquido rimasto in pentola fino a quando diventa
semidenso. Si utilizza per condire la → cuccia e per preparare i →
mustazzoli.
Indicato per alleviare i sintomi del raffreddore e della tosse.
ficu sicchi fichi secchi. Prendere i fichi (ficu bianchi), tagliarli a metà e lasciarli
essiccare al sole sopra u cannizzu (intrecciatura fatta di canne). Si
conservano disposti a treccia → trizza ri ficu. Si consumano farciti
con mandorle tostate, noci e cioccolato. Lasciati a bagno in acqua, si
possono tritare per la farcitura dei → cucciḍḍati.
ficurigna pl. fico d’india
finucchieḍḍu m. finocchietto, (Foeniculum vulgare Miller subsp vulgare) pianta che
cresce spontanea specialmente nelle zone aride e rocciose, indicata
anche con il nome di finucchieḍḍu ri muntagna, finucchieḍḍu
sarvàggiu usata per la preparazione della → pasta cu i sardi.
I suoi semi (finòcchiu ngranatu) sono utilizzati per aromatizzare il
condimento della salsiccia, per la preparazione delle olive in salamoia
→ alivi e dei → viscotta ri Sa-Mmartinu.
Mangiati crudi e ben masticati, sono indicati contro i gas dello
stomaco. Un tempo con i semi del finocchio selvatico, si preparava un
infuso molto indicato per la digestione.
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giri (o gira) pl. bietole (Beta vulgaris L. subsp. maritima (L.) Arcang). Esiste la
varietà domestica e la varietà spontanea (giri sarvaggi). Sono
utilizzate in cucina per preparare la minestra (giri vugghiuti o
minestra ri giri), e come condimento per la pasta (pasta cu i giri).
Possono essere fritte (giri fritti ) e cucinate anche con le fave →(favi
sicchi cu i giri sarvaggi; e/o lenticchie).
giri vugghiuti o minestra ri giri. In un tegame mettere i giri,
pomodoro pelato (ma anche senza), aglio, olio, sale, pepe, poca acqua
e cuocere a fiamma bassa.
giri fritti o frittata ri giri . Bollire la verdura, scolarla, sbattere
l’uvo e unire la verdura al composto, quindi friggire in padella.
granatu m., granata pl. melagrana; si consuma fresca, è simbolo di prosperità, non manca
sulle tavole natalizie.
lanna f., lanni pl. teglia di latta utilizzata per cuocere cibi in forno a legna → sfinciuni.
lasagna f. lasagni pl lasagna. Un tempo era realizzata in casa (lasagni ri casa).
maccarruna pl. maccheroni. Si preparano in casa rotolando con le palme delle mani
un po’ di pasta intorno alla busa (ferro da calza) o iuncu (giunco) in
modo da formare un foro al centro. Di formato più piccolo, prende il
nome di maccarroncinu.
maccu m. crema di fave che si può preparare con fave secche o fresche. E’
utilizzato come condimento per la pasta (pasta cȗ maccu) o
semplicemente come secondo.
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pasta cȗ maccu. Lasciare riposare dentro un tegame d’acqua per
almeno 10 ore le fave secche prive di buccia (favi contraspicchiati);in
alternativa si possono fare le fave fresche prive di buccia. Mettere il
tegame sul fuoco e lasciare cucinare per circa un’ora. Dopo aver
scolato le fave, schiacciarle con una forchetta fino a farle diventare
una purea e rimetterle nel tegame aggiungendo olio, sale e pepe.
Cuocere a parte la pasta, preferibilmente corta e aggiungere il
composto preparato.
marenata o vinu marenatu liquore che si ottiene facendo cuocere le foglie di amarena nel mosto.
marmellata f. marmellata. Si può realizzare utilizzando vari frutti, es i fichi
(marmellata ri ficu), o i meloni gialli (marmellata di muluni giallu)
marmellata ri ficu → ficu
marmellata di muluni giallu. Mettere in un tegame il melone
giallo (Cucumis melo L. varietà Inodorus), tagliato a pezzi e privato
della buccia (es. 1 kg al netto) e lo zucchero (1kg), far cuocere a fuoco
moderato mescolando con un cucchiaio di legno fin quando il tutto sia
ben denso (dovrà essere una marmellata). Aggiungere le mandorle
pelate, tostate e tritate (1kg), cuocere finché il tutto sia ben
amalgamato e denso. Una volta pronta farla raffreddare e aggiungere
la →cucuzzata, il cioccolato fondente e un pizzico di cannella.
marturana f. frutta marturana, dolcetti di pasta di mandorla a forma di frutta,
consumata per la ricorrenza dei morti, 2 novembre.
meli ri ficu miele di fichi, → ficu.
milinciana f., milinciani pl. melanzane, (Solanum melongena L.) pianta coltivata utilizzata in
cucina in vari modi. Ne esistono di diverse varietà: milinciana
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maritata (utilizzata per fare la caponata), milinciana signorina
(utilizzata per fare la parmigiana). Le melanzane possono essere
preparate in vari modi: farcite (capunata ri milinciani; milinciani
ripiene, milinciani ȃ parmigiana; milinciani a involtino), fritte
(milinciani fritti ) e cotte in pentola (milinciani a stufatu).
capunata ri milinciani. In poca acqua fate bollire il sedano
tagliato a pezzetti, tagliare a pezzi anche le melanzane e farle
soffriggere in poco olio extravergine d'oliva. A parte, fare soffriggere
la cipolla tritata, quindi aggiungere il passato di pomodoro; lasciare
cuocere fino a che il sugo risulti leggermente ristretto. Unire alla
padella anche il sedano, le melanzane, i capperi e le olive; regolate di
sale. Lasciar cuocere il tutto a fuoco lento aggiungendo, se necessario,
l'acqua di cottura del sedano. Prima di togliere dal fuoco, insaporire la
preparazione con lo zucchero e l'aceto mescolando per amalgamare
bene i sapori. Togliere dal fuoco e fare freddare la caponata prima di
servirla.
muccuni m. boccone, piccola quantità di cibo; l’ura ru muccuni, momento di pausa
breve per mangiare qualcosa. Anche muccuneḍḍu, piccolo boccone di
cibo
muḍḍica f. pangrattato. Si utilizza fresca o abbrustolita in padella (muḍḍica
atturrata)
mustazzolu m., mustazzola pl. biscotti duri a base di farina e →vinu cottu, in alternativa del vino,
si utilizzare u meli ri ficu →ficu. Hanno forma romboidale e possono
essere decorati con una o due mandorle pelate al centro.
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nèspula f. nespola,frutto del nespolo del Giappone ( cfr. agraria .org); “unni viriti
nèspuli chianciti ca è l’urtimu fruttu di l’estati”.
nèspula ri mmernu f. nespola, frutto del nespolo domestico, si raccolgono a settembre e si
lasciano maturare in casa per essere consumate in inverno
nìrvia f. indivia (Cichorium endivia L.) pianta utilizzata in cucina con la pasta
(pasta ccu u nìrvia) e bollita (nìrvia vugghiuta). La nìrvia riccia
viene usata anche per fare l’insalata (nirvia a nsalata).
pasta ccu a nìrvia. Lavare la verdura e pulirla. Lessarla in acqua
salata e aggiungere a cottura quasi ultimata la pasta (preferibilmente
corta) insieme all’olio crudo.
nìrvia vugghiuta. Far bollire la nìrvia e dopo la cottura
aggiungere un filo d’olio.
nìrvia a nsalata. Prendere la nìrvia riccia e tagliare a striscioline,
condire con olio, sale e limone.
noçinu m. liquore realizzato con le noci che si raccolgono per san Giovanni. Si
preparava mettendo a bagno le noci in alcool
nucàtulu m., nucatuli pl. nucàtuli. Piccolo biscotto rotondo molto duro ricoperto nella parte
superiore con uno strato molto spesso di glassa a forma di goccia. Si
compra nelle pasticcerie.
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nzìnzula f., nzìnzuli pl. giuggiola. Si raccoglie verde e si consuma dopo il tempo di
maturazione, per il quale è necessario conservare tale frutto in luogo
fresco e asciutto al riparo dalla luce.
panella f., panelli pl. frittella di farina di ceci, consumata maggiormente nel giorno di Santa
Lucia, 13 dicembre. Vanno mangiate calde con panini (→mafarda).
Far sciogliere, a freddo, la farina di ceci nell’acqua,con il sale e il
pepe, facendo molta attenzione che non si formino grumi. Cuocere a
fuoco basso, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno per
non farla attaccare al fondo della pentola, fin quando si ottiene una
crema piuttosto morbida ma ben compatta. Prima di fine cottura,
aggiungere il prezzemolo tritato. Spalmare l’impasto ottenuto su delle
apposite formine di legno, oppure spalmarlo ad uno spessore di 2-3
mm, su dei piatti piani, oppure pone dentro una ciotola rettangolare,
da cui poter trarre delle fettine sottili una volta raffreddato il
composto. Friggere le panelle in abbondante olio bollente.
pani m. pane.
pani cottu Soffriggere uno spicchio d’aglio con abbondante prezzemolo, fare
rosolare (accutturari) il tutto con un po’ di olio di oliva e un
pomodoro tagliato a pezzi privato della buccia (pumaroru spiddatu)
un po’ di pelato, aggiungere dell’acqua, prima che raggiunga
l’ebollizione (pùnciri), aggiungere il pane raffermo tagliato a pezzetti
e ultimare la cottura. si consuma condito con un filo d’olio e
formaggio grattugiato.
paparina f. granella di zucchero multi colore utilizzata per decorare i dolci.
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passuluni m., passuluna pl. fichi bolliti che si lasciano asciugare al sole.
pasta f. pasta. Un tempo la si preparava quotidianamente in casa (pasta ri
casa) in formati diversi (lasagni ri casa; tagghiarini,; maccarruna).
Oggi si preferisce utilizzare la pasta secca acquistata nei supermercati.
E’ condita in vario modo:
� pasta cu a →cardeḍḍa;
� pasta chî →cavuliçeḍḍi,
� pasta cu a→ cucuzza;
� pasta cu a →çicòria;
� pasta chî →favi;
� pasta cu i →ggiri;
� pasta cû →maccu;
� pasta cu a →nìrvia;
� pasta cu i → vurrani;
� pasta chî →sardi;
� pasta cu i →spàraçi;
� pasta cu i →tinniruma;
� pasta cu i →vrocculi ammuḍḍicati o arri minati;
� pasta cu a →smuzzatura;
� pasta cu i →cacòcciuli
pasteḍḍa f. farina sdillattata pastella. È realizzata con farina e un pizzico di sale sciolta in acqua
tiepida, quanto basta per creare un impasto semiliquido biancastro;
oppure, agli ingredienti già citati, aggiungere il lievito di birra (10g
per 250g di farina) facendolo cuocere a fiamma bassa in un pentolino;
si può aggiungere anche un uovo sbattuto.
patata f., patati pl. patata.
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patati a sfinciuni. Pelare e tagliare le patate a fettine, lavarle e
immergerle nell’acqua e sale. poi scolarle e adagiarle su una teglia
precedentemente oliata, disporle a strati, con pomodoro pelato,
formaggio grattugiato, muḍḍica, arrianu e pezzettini di cascavaḍḍu. si
cuoce a forno oppure si può fare in padella.
pignulata/pignolata f. dolce pasquale, ma che si prepara anche a Natale, costituito da pezzetti
di tocchetti di forma cilindrica di pasta fritta conditi con il miele.
Si impasta la →farina di rimàcinu con le uova (1 uovo per 100g di
farina), si può aggiungere un po’ di zucchero (3 cucchiai in 1kg) e olio
(3 cucchiai in 1kg), si formano dei bastoncini del diametro di 1 cm da
cui si ricavano, tagliando la pasta con un coltello, dei pezzetti lunghi
3-4 cm circa che vanni fritti in olio non riscaldato. Per essere
consumata , riscaldarla in un tegame un po’ di miele e si aggiunge la
pignolata e la si lascia amalgamare. è servita spolverandola con
zucchero o guarnendola con paparina o mandorle tritate.
pipi pl. peperoni.
pipi all’aghir’e dduci. Friggere i peperoni a pezzetti. A parte in
una padella soffriggere abbondante cipolla con olio d’oliva,
aggiungere le olive nere, aceto e zucchero a piacere, talvolta si può
aggiunger un po’ d’acqua . Lasciare cuore un po’ e poi aggiungere i
peperoni fritti e ultimare la cottura.
piseḍḍa f., piseḍḍi pl. piselli.
pumaroru m. pomodoro. È utilizzato per preparare il sugo (sarsa), si conserva
essiccato (pumaroru siccu).
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pumaroru siccu prendere il pomodoro essiccato , metterlo a
bagno in acqua per almeno due giorni. farcire le due metà che
costituiscono un pomodoro con mollica condita con olio d’oliva, sale,
pepe, aglio a pezzetti,formaggio grattugiato, prezzemolo, pàssula e
pinoli. friggere in olio d’oliva ogni singolo pomodoro farcito.
pupu cu ll’ovu m. dolce pasquale fatto di pasta dolcificata e guarnito con uova bollite ,
glassa e cioccolato, granella di zucchero colorato o confetti.
pupu cu ll’ovu. Impastare un chilo di farina (un tempo si usava
quella di rimaçinu, oggi si preferisce usare la farina 00), con 300g di
saìmi sciolta, 200g di zucchero, 2 uova, 15 g ri →armonìaca, un po’
di latte. Formare dei panetti e lasciarli riposare per alcune ore.
Formare dei dischi di pasta dallo spessore di 1-1,5, al centro disporre
un uovo che ha assunto il colore rosso a causa della precedente
bollitura in acqua con della carta velina (carta palina) rossa,
sormontato da sue strisce di pasta disposte a croce. Cuocere in forno.
Appena sfornati, decorarli con l’ →allustrata o con la →velata,
paparina e confetti.
pupu ri zzùccaru statuetta di zucchero che riproduce tradizionalmente il cavaliere,
figura eroica dei mitici paladini del teatro popolare, la dama (a pupa)
che si acquista in pasticceria e che regala ai bambini per la festività dei
morti, 2 novembre
rasòliu m. rosolio.
saìmi f. o sugna strutto. Grasso del maiale utilizzato in cucina per la preparazione di
biscotti.
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sarda f. sardi pl. sarda, pesce azzurro. Si po’ consumare fresco (sardi a bbeccaficu,
sardi all’aghir’e dduci) o sotto sale (sardi salati), o come
condimento delle pasta (pasta chî sardi)
sardi a bbeccaficu Pulire le sarde fresche, dividerle in due
metà,diliscarle e lavarle, marinarle con succo di limone, olio sale e
pepe. A parte realizzare un composto che sarà utilizzato come farcia
delle sarde. Rosolare la cipolla tritata, aggiungere l’uva passa, pinoli,
prezzemolo, buccia d’arancia, pangrattato, sale e pepe oppure
inumidire il pangrattato con olio d’oliva, condito con sale, pepe,
formaggio grattugiato, semi di finocchio, prezzemolo tritato. Farcire le
sarde con il composto preparato, arrotolarle su loro stesse. Mettere gli
involtini in una teglia con un filo d’olio di oliva e foglie d’alloro.
Cuocere in forno caldo 150° per 10 min. Prima di ultimare la cottura,
versare in teglia succo di limone unito a succo d’arancia, si può
aggiungere un po’ di zucchero e un pizzico di sale e lasciare cuocere
ancora per qualche minuto.
pasta chî sardi Pulire e sbollentare il →finucchieddu servaggiu
(300g). Dopo averli scolati, tagliarli e friggerli in padella con olio
d’oliva. Pulirle le sarde (es. 1 Kg), dividerle in due metà, diliscarle,
togliere la testa e lavarle. Rosolare in padella le sarde con olio d’oliva.
Bollire il cavolfiore, scolarlo e soffriggerlo. Cuocere i bucatini
(maccheroncini) nell’acqua di cottura del cavolfiore. Sistemare in un
tegame a strati alterni la pasta cotta e i condimenti, il cavolfiore, il
finocchietto, le sarde e pezzetti di alici salate, i pinoli, l’uva passa,
pepe e lo zafferano. In alternativa per dare colore alla pasta si può
aggiungere un po’ di →sarsa. Cuocere il tutto a fuoco lento per 5 min.
Servire con una spolverata di →muddica atturrata.
�“ammuccamu!! pasta chi sardi!” detto ad una persona che ha
mangiato bene o che è particolarmente soddisfatto per il
raggiungimento di un traguardo.
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sarsa f. salsa di pomodoro. Un tempo si realizzava sciogliendo in acqua la
sarsa sicca. Oggi si realizza la conserva conservando la salsa in
bottiglie. È utilizzata per condire la pasta, come liquido di cottura di
secondi piatti . Può essere condita a piacere con zucchero, noce
moscata, cotenna di maiale (cutini ri porcu), anche pezzi di patata già
soffritta, o ancora con del vino vecchio. Per correggere l’acidità si
aggiunge lo zucchero, o un po’ di latte, oppure un pizzico di
bicarbonato, o crusta di pani.
sarsa sicca f, lett. salsa secca, concentrato di pomodoro ottenuto facendo essiccare
al sole la salsa di pomodoro precedentemente cotta e
abbondantemente salata. Si utilizza per preparare il sugo (→sarsa),
oppure si aggiunge al sugo preparato con la conserva. Si consumava
con il pane.
un tempo si prendeva il pomodoro (pumaroru), si toglieva il
peduncolo (si spiricuḍḍava) e si asciugava con una panno (si stuiava),
si riponeva dentro contenitori di zinco (si mittìa nntê bbagneri di
zincu) per schiacciarlo (si scafazzava),ed era pronto per essere
cucinato. Si cuoceva a legna (mittìa a ccoçiri a lligna), metteva in un
grande pentolone (si mittìa tuttu nnâ quarara). Cotto la buccia del
pomodoro è arrotolata, il pomodoro è cotto (quannu a spògghia rû
pumaroru era a sicaretta, era cottu), si lasciava raffreddare, si
passava al setaccio (sarsera), e si metteva nelle spianatoie di legno
(scanaturi) per essiccarlo (pi ffallu siccari) al sole, si condiva con sale
abbondante. Si lasciava asciugare per diversi giorni, avendo cura di
mescolare la salsa più volte al giorno. Quando era asciutta, si
riponeva in un contenitore di terracotta (pignata di crita) e si copriva
con una pezza ricoperta di sale per mantenerla morbida.
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sfincera f. strumento da cucina costituito da un cilindro di legno dove scorre uno
stantuffo che lascia cadere piccole porzioni dell’impasto delle →sfinci
di prescia posto dentro il cilindro. con tale attrezzo le frittelle possono
assumere aspetti diversi: rigate, a elle, ridate a elle, a pallina.
sfìncia f., sfinci pl. frittella che si prepara nel periodo natalizio e si consuma come dolce ,
sfinci di farina cotta si fa cuocere la farina con un po’ di
acqua fino a che non si forma un impasto asciutto che si stacca
facilmente dalle pareti della pentola. si toglie dal fuoco e si aggiunge
l’uovo (il tuorlo) all’impasto e lo si frigge a piccoli pezzettini per
volta.
sfinci di prèscia farina, acqua , sale , lievito naturale (criscenti)
es. 1Kg di farina, 100g di lievito, un pizzico di sale, si impasta il tutto,
si lascia lievitare . l’impasto è tipo quello di muffuletta, non del pane,
si prende con le mani un pezzo di impasto, (ma si usava anche la
→sfincera) e si frigge.
sfinci di ricotta si impasta una tazza di ricotta, una tazza di
farina, due uova intere. si lascia riposare l’impasto, si aggiungono tre
cucchiai di zucchero. con un cucchiaio da tè si prende un po’ di
impasto e si frigge nell’olio.
sfinci di rrisu si cucia u risu nna ll’acqua la sera di prima,
quannu era cotti, si cci mittìa lo zucchero, l’indomani si metteva nto
scannaturi e si cci metteva farina e l’ovolina o l’uovo (il tuorlo).
quando prendeva la farina, si mittìa nnto piatto e ssi friggeva
prendendola con un coltello abbagnatu nna ll’ògghiu di frittura.
sfinciuni, m. focaccia fatta con pasta di pane, (es. 1kg di farina di rimàcinu, un po’
di sale, 25g di lievito di birra,( un tempo al suo posto si usava il lievito
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madre u criscenti) il tutto impastato con acqua calda, si raggiunge un
impasto bel lavorato, alla fine si aggiunge un po’ di olio. si lascia
lievitare il composto preparato e successivamente si dispone nelle
teglie, i lanni, preventivamente unte di olio), condita con salsiccia
disposta a pezzettini, →cascavaḍḍu, →sardi salati o altro condimento
a piacimento, pomodoro (pelatu o sarsa), sulla superficie si mette
→muḍḍica, →arrianu, →ògghiu. si cuoce in forno ben riscaldato (→
camiari).
smuzzatura f. varietà di broccolo, piccoli broccoletti.
pasta cu a smuzzatura. Tagliare a pezzetti la smuzzatura, far
sbollentare in pentola e dopo che il composto è cotto metterlo in
padella con cipolla e olio e far soffriggere per alcuni minuto. Far
cucinare la pasta nella stessa acqua di cottura della smozzatura,
quando è cotta unirla al composto.
spàraçi pl. asparagi (Asparagus acutifolius L.) pianta spontanea dai germogli
commestibili preparata bollita (spàraçi vugghiuti), fritta (frittata cu i
spàraçi) e usata come condimento per la pasta (pasta cu i spàraçi) e
per il riso (risotto ri sparaçi).
frittata cu i spàraçi. Dopo aver preso la parte più tenera degli
asparagi e dopo averli lavati in acqua metterli in un tegamino con olio
ed aglio o cipolla, poca acqua, sale e pepe. A cottura ultimata scolare
il tutto e amalgamare con formaggio e uova, quindi preparare la
frittata.
pasta cu i spàraçi. Far soffriggere in un tegame uno spicchio
d’aglio e olio, allungare con l’acqua che servirà per la cottura della
pasta e gli asparagi. Quando l’acqua bolle immergervi le punte di
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asparagi. A cottura quasi ultimata aggiungere la pasta preferibilmente
piccola.
spàraçi vugghiuti. Mettere a bollire un tegame d’acqua e
aggiungere gli asparagi. A cottura ultimata scolarli bene e servirli con
olio e limone.
sugna f. strutto, chiamato anche →saìmi.
taralli pl. taralli; biscotti a forma di ciambella ricoperti con un sottile strato di
glassa. Si acquistano in pasticceria, ma un tempo si preparavano in
casa.
taralli . Si prepra un impasto con farina di maiorca,
equivalente alla farina 00 (1 kg), zucchero(250g), armoniaca(25g),
→sugna (100g), latte (circa 200ml); un pizzico di polvere d’uovo.
Dall’impasto l’impasto ottenuto ricavare dei bastoncini, attorcigliarli su
se stessi e unire le due estremità in modo da formare delle piccole
ciambelle. Cuocere i biscotti in forno e immergerli nella glassa
(→velata
tinniruma pl. tenerume, foglie più tenere della zucchina longa usate per condire la
pasta (pasta cu i tinniruma) o fatte semplicemente bollite (tinniruma
vugghiuti o a minestra).
pasta cu i tinniruma. Dopo aver pulito i tinniruma sminuzzati
farli cucinare nell’acqua bollente e a metà cottura versarvi la pasta e
continuare a cucinare A parte preparare un soffritto di cipolla e
pomodoro che sarà aggiunto nella pasta cotta e i tinniruma.
tinniruma vugghiuti o a minestra. Versare i tinniruma
nell’acqua bollente e far cucinare quanto basta. A fine cottura
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aggiungere un po’ d’olio. Il piatto può essere consumato con
l’aggiunta di zucchina longa tagliata a pezzi.
velata f. glassa meno densa dell’allustrata.
Mescolare in una ciotola zucchero a velo e latte, sbattere il tutto
energicamente con una forchetta, aggiungendo lo zucchero fino a
quando il composto non diventerà denso e filante. alla fine aggiungere
delle gocce di succo di limone.
vinu cottu veniva dato alle donne mestruate per alleviarne i dolori.
viscottu m., viscotta pl., biscotto. Se ne preparano di diversi tipi (→taralli , →viscotta ri Sa-
Mmartino)
viscottu/a ri Sa-Mmartinu biscotti aromatizzati ai semi di finocchio selvatico o all’anice che si
preparano per l’11 novembre , in occasione della festa del santo di cui
portano il nome. Si consumano immergendoli nel vino moscato.
viscotta ri Sa-Mmartinu. Preparare un impasto con farina di
rimaçino (es. 1kg), sugna (es. 200g), zùccaru, (es. 250g), armonacu
(ammoniaca per dolci, es. 30g), vino bianco (1 bicchiere), çiminu o
finòcchiu ngranatu →finucchieddu (es. 30gr). Realizzare dei biscottini
di forma sferica dal diametro di 4 cm ca. creando una piccola
depressione al centro. Cuocerli in forno adagiati in una teglia.
vròcculu m., vròccula/i cavolfiore (Brassica oleracea L. var. botrytis L.), pianta alimentare
usata in cucina in vari modi: bollita (vròcculu vugghiutu; vròcculu
accutturati), fritta (vròcculu a pasteḍḍa) come condimento per la
pasta (pasta ccu i vròcculu ammuḍḍicati o chȋ vròcculi arriminati o
vròcculi n-tianu) o semplicemente ad insalata (vròcculu a nsalata).
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vròcculu vugghiutu. Mettere in una pentola il cavolfiore e far
cucinare fino alla bollitura. Una volta pronto condire con olio e
limone. Il piatto è usato come condimento.
vròcculu a pasteḍḍa. Lavare e tagliare a pezzetti il cavolfiore e
metterlo in acqua a cucinare, aggiungere il sale e metterlo da parte.
Realizzare la →pasteḍḍa. Riscaldare in una padella profonda 1/2 litro
di olio di semi, dopo 10-15 minuti quando l'olio è bollente immergere
i pezzetti di cavolfiore nella pasteḍḍa, quindi friggerli in padella.
pasta ccu i vròcculi ammuḍḍicati o chȋ vròcculi arriminati o
vròcculi n-tianu. Lessare i ciuffi di cavolfiore tagliati a pezzetti e
metterli da parte. Far soffriggere la cipolla tritata in una padella con
olio d’oliva, poi aggiungere le acciughe, un po’ di concentrato di
pomodoro e far sciogliere aggiungendo un poco di acqua calda di
cottura dei broccoli, quindi aggiungere l’uva passa, i pinoli, le cime di
broccoli, una bustina di zafferano sciolta. Dopo avere cucinato la
pasta, scolarla e versarla nel condimento, aggiungere un pò di →
muddica atturrata, mescolare il tutto (arriminari) e lasciare riposare
per alcuni minuti.
vròcculu a nsalata. Cucinare i cavolfiori e una volta cotti far
scolare e condire con olio, sale, limone e pepe (a scelta).
vròcculu accutturati. Mettere in un tegame i cavolfiori tagliati a
pezzetti, cipolla, sale, olio, aggiungere un po’ d’acqua, mettere il
coperchio e cucinare a fuoco lento mescolando di tanto in tanto.
vurrània f., vurrani pl. borragine (Borago officinalis L.) pianta dalle foglie scabre, lanceolate
che si trova nei terreni incolti e negli orti. E’ usata in cucina come
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minestra (minestra cu i vurrani) e per condire la pasta (pasta cu i
vurrani) e il riso (risotto cu i vurrani).
pasta cu i vurrani. Tagliare le foglie più tenere e metterle a
bollire sino a metà cottura, quindi aggiungere nella stessa pentola la
pasta (preferibilmente corta). Aggiungere l’olio.
minestra cu i vurrani. Dopo aver tagliato le parti più tenere
mettere a bollire i vurrani e dopo la cottura aggiungere un po’ di olio
(a scelta mettere anche il pomodoro).
Con le foglie e con i fiori si facevano decotti che avevano
proprietà curative, emollienti e diuretiche. La vurrània era usata anche
per curare scottature, disturbi del fegato e della milza.
zzorbu m, zzorbi pl., frutto del sorbo. si raccolgono verdi e si lasciano maturare, per
conservarli e nel tempo.
�“Cu u tempu e cu a pàgghia si matùranu li zzorbi”
zzùccaru m. zucchero.
zzùccaru mparpàbbili zucchero a velo