LE MASCHERE DELLA MORTE di Arianna Benedetti e … · 17 G. Ungaretti, Agonia, L’Allegria, dalla...

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1 LE MASCHERE DELLA MORTE di Arianna Benedetti e Francesca Nassi (Classe 3F linguistico)

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LE MASCHERE DELLA MORTE

di Arianna Benedetti e Francesca Nassi (Classe 3F linguistico)

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INDICE

Introduzione pag. 3

La fine delle sofferenze pag. 4

Una spietata voglia di vivere pag. 6

C’è qualcuno qui con noi? pag. 9

Conclusione pag. 13

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INTRODUZIONE

In occasione della XV edizione dei Colloqui Fiorentini, quest’anno abbiamo potuto

conoscere il poeta o meglio l’uomo Giuseppe Ungaretti. Leggendo le sue opere, siamo

rimaste affascinate dal suo ricorrente riferimento ad un tema da tutti conosciuto, ma che

rimane sempre oscuro e misterioso, soprattutto per noi adolescenti, ossia, la morte. Chi

meglio di Ungaretti, un uomo che ha vissuto la guerra, ha visto morire i suoi cari e

probabilmente possiamo pensare che in prima persona abbia contribuito all’uccisione di altre

vite a causa del conflitto, avrebbe potuto farci riflettere su questo argomento?

Più volte inoltre ci siamo chieste se il poeta avesse mai avuto paura della morte. Nella

nostra ricerca siamo riuscite ad individuare questo tema nella maggior parte delle poesie e

così ci siamo accorte che l’idea di Ungaretti su questo argomento è variegata, ma che

converge verso tre posizioni: ci sono poesie dove la morte è vista in maniera positiva, altre

dove è temuta come una forza negativa ed altre ancora, durante il periodo della conversione,

in cui la morte è percepita da un punto di vista religioso.

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LA FINE DELLE SOFFERENZE

Del primo gruppo, il più esiguo, fanno parte le poesie: Canto quinto1, Canto beduino

2,

Inno alla morte3, In memoria

4, Giorno per giorno

5, e Gridasti: soffoco

6.

In questi componimenti, infatti, la vita è come un dolore da fermare e l’uomo non è un

eroe ma solamente una creatura indifesa. Lo sgomento della fragilità umana e il guardare al

mistero della morte e della vita sono il punto forte della poetica ungarettiana.

Ungaretti in Giorno per giorno, comprende che la morte certamente arriverà, ma la vita

non è spesa inutilmente se dopo di essa lo spirito riuscirà a trovare la pace.

Passa la rondine e con essa estate,

E anch'io, mi dico, passerò...

Ma resti dell'amore che mi strazia

Non solo segno un breve appannamento

Se dall'inferno arrivo a qualche quiete...

Quindi in un primo momento la presenza della morte è positiva, in quanto pone fine a

tutte le sofferenze della vita. Il poeta in Sono una creatura7 spiega inoltre che “la morte si

sconta vivendo” ossia che l’orrore della morte viene provato e sperimentato in vita, perché

1 G. Ungaretti, Canto quinto, La Morte meditata, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 225. 2

G. Ungaretti, Canto Beduino, L’Amore, alla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 229. 3 G. Ungaretti, Inno alla morte, La Fine di Crono, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p.157. 4 G. Ungaretti, In memoria, Il Porto Sepolto, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 59. 5 G. Ungaretti, 11, Giorno per giorno, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 247. 6G. Ungaretti, Gridasti: Soffoco, Un Grido e Paesaggi, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles

(TN), Oscar Mondadori, 2015, p. 303. 7 G. Ungaretti, Sono una creatura, Il Porto Sepolto, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 79.

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essa finisce anche nel momento in cui perdiamo gli affetti. Ungaretti lo capisce a causa della

scomparsa del suo amato figlio Antonietto, essa infatti incide profondamente la sua anima,

facendogli provare uno dei dolori più strazianti che l’uomo possa affrontare e facendolo

rifugiare nella poesia, unico mezzo per riuscire a stare ancora un po’ vicino al suo bambino.

E’ proprio per questo che il poeta gli dedica numerosissimi componimenti, tra i quali il

più emozionante per noi è Gridasti: Soffoco, dove Ungaretti rivive gli ultimi terribili attimi

della morte del piccolo bimbo di soli nove anni, rimpiange di non poterlo veder crescere e si

rimprovera di non poter prendere il suo posto, come la natura stabilisce. (Sconto,

sopravvivendoti, l’orrore/ Degli anni che t’usurpo/ E che ai tuoi anni aggiungo/ Demente di

rimorso,/ Come se, ancora tra di noi mortale,/ Tu continuassi a crescere;/ Ma cresce solo,

vuota,/ La mia vecchiaia odiosa …)

In altri testi poi l’autore costruisce una vera e propria personificazione della morte, a

volte la paragona ad una sorella, che con un bacio lo farà cadere in un sogno innocente dove

non ci saranno più pensieri, né bontà e finalmente l’uomo farà da guida alla felicità (Inno alla

morte8); altre volte invece la morte è una donna che passando come una foglia lascia agli

alberi un fuoco d’autunno, una stagione di riposo e serenità seppur piena di malinconia

(Canto quinto9).

Interessante è anche la rappresentazione del sogno in Canto Beduino, che narra di una

donna che, cadendo a terra dolcemente, viene avvolta da quello che Ungaretti definisce “il

sogno vero”, ossia la morte (“questa terra è nuda/ questa donna è druda/ questo vento è forte/

questo sogno è morte”10

).

Nella poesia In memoria, che il poeta dedica al suo amico e compagno arabo Moammed

Sceab, Ungaretti introduce un nuovo tema: il suicidio. Questo gesto estremo, compiuto a

causa del disagio della vita, viene compreso dall’autore che però se ne distacca trovando un

profondo conforto nella poesia. Infatti Ungaretti non è mai solo perché accanto a lui c’è

questa forza che lo fa andare avanti, che soddisfa il bisogno di scoprire la felicità nei momenti

di orrore, l’unica cosa che gli permette di evadere dalla realtà e superare il dolore della morte.

8 Ungaretti, Inno alla morte, cit., p. 1.

9 Ungaretti, Canto quarto, cit., p.1.

10 Ungaretti, Canto Beduino, cit., p.1.

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UNA SPIETATA VOGLIA DI VIVERE

E’ proprio grazie alla poesia che il poeta inizia a cambiare punto di osservazione della

vita e capisce che quest’ultima è un bene prezioso che va vissuto fino alla fine anche se è un

viaggio di sola andata verso il sonno eterno.

Volti al travaglio

come una qualsiasi

fibra creata

perché ci lamentiamo noi?11

A questa consapevolezza egli risponde con una spietata voglia di sopravvivere senza

arrendersi. La fragilità dell’uomo, la sua solitudine, la sua essenzialità, la sua debolezza

diventano quindi la vera forza, capace, attraverso la poesia, di suscitare emozioni e ricordi, di

far sì che l’uomo sia vivo.

E’ proprio quello che accade in Veglia12

dove il poeta descrive una terribile nottata

passata accanto ad un compagno morto, questa orrenda esperienza lo porterà a scrivere

“lettere piene d’amore”, facendo nascere in lui un profondo attaccamento alla vita.

Le rime avevano un potere talmente forte e attrattivo sul nostro poeta, che proprio come

ci racconta il suo allievo, il Professor Leone Piccioni, in Giuseppe Ungaretti lezioni su

Giacomo Leopardi13

, quando il maestro viaggiava in tram riusciva ad isolarsi completamente

e ad entrare nel suo piccolo mondo tanto da non accorgersi più di chi aveva accanto, iniziava

a fantasticare a voce alta alcuni versi di poesia che gli tormentavano la mente. La stessa cosa

11 G. Ungaretti, Destino, L’Allegria, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar Mondadori,

2015, p. 76. 12

G. Ungaretti, Veglia, Il Porto Sepolto, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 63. 13

L. Piccioni, Giuseppe Ungaretti lezioni su Giacomo Leopardi, a cura di Mario Diacono e Paola Montefoschi, Roma,

Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V., 1989, p. 9.

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gli succedeva quando era al fronte, con il nemico vicino che bombardava incessantemente e

lui l’ascoltava “non vedendo in dormiveglia14

”. La poesia così, non salva solo l’anima

dell’uomo, ma lo aiuta a distrarsi dalla dura realtà che lo circonda.

Un testo importante che rappresenta il passaggio dalla visione positiva a quella negativa

della morte, è sicuramente La notte bella15

, dove il poeta riconosce di essere stato “uno stagno

di buio”, ma che ora, grazie ad un semplice canto levatosi nella notte, il mondo gli sembra un

posto straordinario, tanto che il poeta si sente “ubriaco d’universo”.

Invece la poesia Soldati16

ci porta a riflettere sul fatto che la morte fa parte del nostro

cammino e che come le foglie che cadono improvvisamente dagli alberi in autunno, così

anche essa è imprevedibile e inaspettata. Anche se Ungaretti scrisse questa poesia riferendosi

alla precarietà della vita dei soldati che nonostante questa continuano a combattere, possiamo

collegarla alla resistenza dell’uomo e al suo andare avanti sulla propria strada, non

arrendendosi ad ogni ostacolo che incontra ma facendo di tutto per superarlo. Questo concetto

il poeta lo ripete e lo sottolinea anche nella poesia Agonia17

dove attraverso una forte metafora

ci vuole far capire che l’uomo non deve vivere lamentandosi del proprio destino, ma provare a

lottare con tutte le sue forze per raggiungere un obbiettivo.

Morire come le allodole assetate

sul miraggio

O come la quaglia

passato il mare

nei primi cespugli

perché di volare

non ha più voglia

Ma non vivere di lamento

14G. Ungaretti, In dormiveglia, L’Allegria, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 80. 15

G. Ungaretti, La notte bella, L’Allegria, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 86. 16 G. Ungaretti, Soldati, Girovago, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar Mondadori,

2015, p. 125. 17

G. Ungaretti, Agonia, L’Allegria, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar Mondadori,

2015, p. 48.

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come un cardellino accecato

In Allegria di naufragi18

, per di più, Ungaretti si immedesima in un “superstite lupo di

mare” che dopo il naufragio, ossia un’esperienza negativa, riprende subito il suo viaggio. Il

poeta si ritiene fortunato di essere un naufrago, in quanto è sopravvissuto e non si è arreso al

dolore e alla guerra, perché come ci spiega meglio nella poesia Stelle19

la speranza, anche se

sfuggente, tornerà sicuramente a brillare dopo i momenti bui.

Tornano in alto ad ardere le favole.

Cadranno colle foglie al primo vento.

Ma venga un altro soffio,

ritornerà scintillamento nuovo

La massima manifestazione dell’attaccamento alla vita che Ungaretti raggiunge è

espressa in Mattina20

, dove in soli due versi: “Mi illumino/d’immenso”, egli riesce a dare una

gloriosa immagine di questa parte della giornata che sicuramente porterà all’inevitabile

scontro tra bene e male, tra sogno e realtà, insomma a infinite possibilità per sperare nella

felicità.

18 G. Ungaretti, Allegria di naufragi, Naufragi, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 99. 19 G. Ungaretti, Stelle, Sentimento del Tempo, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 182. 20

G. Ungaretti, Mattina, Naufragi, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar Mondadori,

2015, p. 103.

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C’E’ QUALCUNO QUI CON NOI?

Ungaretti iniziò già durante la vita militare a farsi domande sull’esistenza di Dio anche

se i suoi pensieri su questa entità erano piuttosto confusi e molto critici. È in questo momento

che nasce Dannazione21

, il poeta ormai consapevole che il mondo un giorno finirà, così come

il cielo stellato, perché allora dovrebbe desiderare Dio?

Chiuso fra cose mortali

(Anche il cielo stellato finirà)

Perché bramo Dio?

Qui così ha inizio lo strano rapporto tra Ungaretti e l’Onnipotente che verrà meglio

approfondito dopo la morte della madre, donna estremamente religiosa. Il poeta, così, forse a

causa del dolore ormai troppo grande da affrontare dopo le tante perdite o per cercare di ridare

di nuovo una speranza alla vita, comincia a rivalutare la visione di Dio, arrivando a vederlo,

alla fine, come una figura realmente esistente.

Nella poesia La Madre22

, che Ungaretti scrive durante un soggiorno al monastero di

Subiaco, luogo dove vi è stata la vera e propria conversione alla fede cristiana, il poeta è

ormai sicuro dell’esistenza di un mondo ultraterreno e riflette sulla propria morte e sulla

ricongiunzione con la madre che lo aspetta immobile e lo accoglierà solamente dopo che sarà

stato perdonato dal Signore per i suoi peccati.

Invece in Preghiera23

, Ungaretti si rivolge direttamente a Dio stavolta senza intermediari,

chiedendogli che quando raggiungerà il“naufragio”, ossia quando il suo peso sarà leggero e

21 G. Ungaretti, Dannazione, Il Porto Sepolto, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 73. 22 G. Ungaretti, La Madre, Sentimento del Tempo, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 198. 23 G. Ungaretti, Preghiera, Prime, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar Mondadori,

2015, p. 135.

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sarà finalmente libero, di donargli una morte serena e senza dolore, proprio come nel giorno

in cui è nato.

In Dove la luce24

l’autore, tratterà due argomenti nuovi rispetto ai temi precedenti: il

Paradiso e la forza dell’amore. In questo poema è descritto per la prima volta quello che per

lui pensiamo possa essere il regno di Dio ossia il luogo dove l’amore prevale e riesce a

strappare l’attimo al tempo, a vincere la morte, a rendere l’attimo stesso immortale. Questo è

il gioco tra finito e infinito che caratterizza gran parte delle opere di Ungaretti, ma che qui non

è contrasto tra vita e morte, ma tra amore e il tempo della nostra vita che ha una scadenza

necessaria. Infatti nella poesia Ungaretti invita la sua amata a compiere con lui l’ultimo passo

nella vita che li porterà in un luogo senza tempo dove dimenticheranno tutte le sofferenze

umane e dove potranno trovare finalmente la pace.

Come allodola ondosa

Nel vento lieto sui giovani prati,

Le braccia ti sanno leggera, vieni.

Ci scorderemo di quaggiù,

E del male e del cielo,

E del mio sangue rapido alla guerra,

Di passi d'ombre memori

Entro rossori di mattine nuove.

Dove non muove foglia più la luce,

Sogni e crucci passati ad altre rive,

Dov'è posata sera,

Vieni ti porterò

Alle colline d'oro.

L'ora costante, liberi d'età,

24 G. Ungaretti, Dove la luce, Leggende, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar

Mondadori, 2015, p. 199.

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Nel suo perduto nimbo

Sarà nostro lenzuolo

Ungaretti in seguito giungerà a scrivere Mio fiume anche tu25

, opera divisa in tre parti,

dedicate proprio a Cristo nelle quali il poeta sembra parlare con lui, chiamandolo fratello.

Nella terza parte, quella che più ci ha colpite, Ungaretti vede Gesù come una figura piena

di amore che nonostante sia morto per noi e conosca tutte le nostre debolezze continua a

“liberare dalla morte i morti e a sorreggere noi infelici vivi” non abbandonandoci mai, così il

poeta non si sente più solo ma soffre insieme a Cristo per i suoi peccati, per i nostri e per

l’umanità.

In Ungaretti però, come spesso accade agli uomini, non mancano dubbi, incertezze e

sentimenti di abbandono quando a volte Dio sembra essere indifferente e distante dal mondo

dei mortali. Ciò è espresso in Dannazione26

del 1931 dove Ungaretti rimprovera Dio per la

sua assenza (Tu non mi guardi più, Signore … / e non cerco se non oblio/ nella cecità della

carne) per poi continuare le sue riflessioni nelle quattro poesie ne La pietà27

.

Ungaretti nella prima dice di sentirsi esiliato in mezzo agli uomini ma si preoccupa lo

stesso della loro sorte perché ormai non conoscono Dio che di nome. Si chiede inoltre se verrà

accettato da Lui dopo la morte, ma sa anche che l’uomo non è degno di aspirare a conoscerlo.

Ormai il suo corpo è affaticato e l’anima “è folle e usata” Dio non ride nemmeno più di noi?

Allora qual è la sua legge? Negli ultimi versi il poeta chiede di essere liberato dalle emozioni

della vita perché ormai è “stanco di urlare senza voce”. La preoccupazione sulla sorte degli

uomini non è soltanto un tema trattato in questa poesia, ma viene ripreso in molte altre,

specialmente ne La Preghiera28

dove il poeta desidera che venga ristabilito un patto tra il

Padre e i suoi figli, che essi ritornino a sentirsi amati e sicuri nella certezza che una volta

25 G. Ungaretti, Mio fiume anche tu [da 1 a 3], Il Dolore, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles

(TN), Oscar Mondadori, 2015, p. 268-270. 26 G. Ungaretti, Dannazione, Sentimenti del Tempo, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 216. 27 G. Ungaretti, La Pietà, Sentimento del Tempo, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 208. 28 G. Ungaretti, La Preghiera, Sentimento del Tempo, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 214.

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finita la vita torneranno tra le sue infinite braccia. La seconda poesia, la più significativa per

noi, riesce a riassumere tutte le quattro della raccolta.

Malinconiosa carne

Dove una volta pullulò la gioia,

Occhi socchiusi del risveglio stanco,

Tu vedi, anima troppo matura,

Quel che sarò, caduto nella terra?

E' nei vivi la strada dei defunti,

Siamo noi la fiumana d'ombre,

Sono esse il grano che ci scoppia in sogno,

Loro è la lontananza che ci resta,

E loro è l'ombra che dà peso ai nomi.

La speranza d'un mucchio d'ombra

E null'altro è la nostra sorte?

E tu non saresti che un sogno, Dio?

Almeno un sogno, temerari,

Vogliamo ti somigli.

E' parto della demenza più chiara.

Non trema in nuvole di rami

Come passeri di mattina

Al filo delle palpebre.

In noi sta e langue, piaga misteriosa.

Ungaretti si chiede cosa ne sarà della sua vita che conobbe anche un po’ di felicità, dopo

la morte e riflette sul fatto che la strada dei vivi si unirà a quella dei morti e che è essa stessa

una strada di ombre che prima o poi svaniranno ma che conserveremo dentro per ricordarci

sempre quanto è facile soffrire. Quindi sarebbe solo la speranza di divenire un’ombra il nostro

futuro? E Dio non è che un sogno? Ungaretti anche se come dice “è parto della demenza più

chiara” ossia non ne abbiamo nessuna certezza, vuole scommettere su questo sogno.

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CONCLUSIONE

Siamo così giunti alla conclusione, ma abbiamo capito se Ungaretti abbia mai avuto

veramente paura della Morte?

Arrivati a questo punto la domanda non è più così semplice, anzi ha molteplici risposte.

In questo percorso abbiamo visto questa altalena in continuo movimento tra desiderio di

morte e voglia di vivere persino nelle poesie dopo la conversione, quindi secondo noi la

risposta è che anche l’anima del poeta è divisa in due. Bisogna analizzare molti aspetti ma il

più importante è sicuramente il momento in cui il poeta scrive, poiché esso determina le

esperienze, i sentimenti, la visione della vita e di conseguenza anche della morte. È come in

guerra quando il soldato non sa se desiderare la sua fine o rimanere il più possibile attaccato

all’esistenza, Ungaretti ha vissuto veramente quest’esperienza che lascia un segno indelebile e

forse è proprio questa la ragione del suo pensiero in continuo mutamento. Una certa

tranquillità la trova, poi, nella fede in Dio che riesce a calmare la sua ossessione ma che non

elimina tutte le sue insicurezze.

Che cos’è la morte per Ungaretti? Forse prima dovremmo chiederci cos’è per noi o

meglio…cos’è realmente la vita? Illusione? Sogno? Speranza? Infinito? Dolore? Dannazione?

Questo sta a ognuno di noi deciderlo, ma stando attenti a non perderci nel labirintico “nulla

d’inesauribile segreto”.29

29 G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, Il Porto Sepolto, dalla raccolta Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN),

Oscar Mondadori, 2015, p. 61.

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BIBLIOGRAFIA

L. Piccioni, Giuseppe Ungaretti lezioni su Giacomo Leopardi, a cura di Mario Diacono e Paola

Montefoschi, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V., 1989.

G. Ungaretti, Vita d’un uomo, a cura di Carlo Ossola, Cles (TN), Oscar Mondadori, 2015.