Le irritazioni cutanee possono essere determinate da una ...

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Le irritazioni cutanee possono essere determinate da una varietà di fattori. Il modulo, dopo un’introduzione generale, si focalizzerà in particolare sull’esposizione al sole e sulle punture d’insetto, suggerendo alcuni criteri pratici per un’osservazione analitica della pelle.

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Le irritazioni cutanee possono riconoscere svariate cause: fisiche, come per esempio l’esposizione al sole o traumi locali (da abrasione); chimiche, ossia sostanze aggressive (detergenti, piante, solventi, prodotti industriali); infettive (batteri, virus, parassiti); infine numerose patologie endogene e cutanee possono promuovere arrossamento della pelle attraverso una molteplicità di meccanismi.

Il presente corso si focalizzerà sugli eventi più comuni, senza entrare nel merito di condizioni più complesse, come per esempio la dermatite atopica.

In ogni vaso va tenuto presente che ciascuno, in base a propri elementi costituzionali e alle condizioni di un preciso momento, ha una propria suscettibilità nei confronti dei fattori irritativi.

Inoltre va puntualizzato che talvolta possono essere sovrapposti o concomitanti più elementi: per esempio una pelle che, dopo l’esposizione al sole, viene a contatto con una sostanza irritante.

La morsicatura di zanzara è un’altra eventualità in cui possono sommarsi due componenti: il microtraumatismo della puntura e l’inoculazione della saliva.

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Nel primo approccio alle irritazioni cutanee è opportuno tenere in considerazione alcuni aspetti pratici, che sono qui riportati: innanzitutto la sede fornisce un primo importante indizio, a seconda che si tratti di una zona esposta oppure normalmente coperta dagli indumenti.

L’evoluzione denota poi l’entità del problema e condiziona naturalmente l’ansia del cliente: un vistoso e rapido cambiamento dell’aspetto cutaneo viene vissuto con maggior preoccupazione rispetto a una manifestazione che, per quanto fastidiosa, rimane stabile o mostra un cenno di lieve e progressivo miglioramento.

Allo stesso modo la distribuzione e l’estensione sono elementi utili a quantificare l’entità dell’irritazione e a intuirne la possibile genesi, soprattutto se è altamente probabile o sospetto il contatto con una sostanza.

Infine la sintomatologia, in particolare il prurito, costituisce un ulteriore carattere di rilevanza clinica.

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Anche se, come abbiamo già precisato, non entreremo nel merito delle singole patologie, è inevitabile fare un cenno alle dermatiti.

Non ci occuperemo di quella atopica, ma di quella da contatto, essendo un prototipo alquanto comune di irritazione cutanea.

In realtà è opportuna una precisazione: l’irritazione, intesa come arrossamento accompagnato da disagio, è un sintomo, mentre la dermatite (o eczema) è una patologia caratterizzata, com’è intrinseco nella sua stessa denominazione, da infiammazione.

In molti casi, però, almeno a una prima osservazione generale, quello che balza subito all’occhio è l’aspetto della cute, per cui la diagnosi non è facile né tantomeno scontata. Questo può giustificare, almeno per il farmacista, l’approssimazione di un impiego dei due termini come sinonimi.

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La dermatite da contatto interessa prevalentemente la fascia d’età fra i 40 e i 45 anni senza distinzioni di sesso e rappresenta fino al 90% delle dermatosi professionali.

Più in dettaglio dobbiamo differenziare la dermatite irritativa da contatto da quella allergica da contatto.

La dermatite irritativa da contatto (DIC) è una reazione infiammatoria cutanea causata da agenti esogeni chimici, fisici o biologici che agiscono con meccanismo tossico diretto senza intervento di meccanismi immunologici.

La DIC è caratterizzata da bruciore mentre la dermatite allergica da contatto (DAC), al contrario, è sostenuta dalla sensibilizzazione ritardata cellulo-mediata a seguito del contatto con agenti esogeni e l’intervento di cofattori patogenetici di tipo immunologico e si manifesta con prurito.

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Il nichel è il più frequente aptene sensibilizzante, con una positività media ai patch test pari al 18%: la popolazione femminile risulta cinque volte più colpita di quella maschile.

Altre sostanze frequentemente implicate nello sviluppo di DAC sono i profumi, il cobalto e il bicromato di potassio.

La dermatite allergica può essere dovuta anche ad allergeni ambientali volatili che interessano le aree più esposte all’aria (viso, collo, mani), anche se non necessariamente fotoesposte come il mento e la regione retroauricolare.

Sono possibili anche localizzazioni ectopiche: la DAC causata da smalto per unghie, per esempio, può associarsi a lesioni al collo e alle palpebre (frequente sede di grattamento) e non in sede periungueale, essendo la lamina impermeabile all’allergene.

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Il prurito è una sensazione, per lo più sgradevole, localizzata e temporanea, che spinge a grattarsi.

Diventa però un sintomo in alcune condizioni: se è molto esteso oppure persiste o diventa insopportabile; se si accompagna a modificazioni dell’aspetto cutaneo o ad altri disturbi (febbre, sudorazione notturna); oppure se il grattamento è così irresistibile da procurare escoriazioni o perfino infezioni della pelle.

Anche se spesso è scatenato da sostanze irritanti o allergizzanti, le sue cause sono numerose: morsicature di insetto, esposizione al sole, farmaci, alterazioni o malattie di pelle (micosi, psoriasi, rosacea, ferite), fegato (classicamente nell’ittero), reni, sangue e tiroide.

Il prurito è comune anche in gravidanza. Trattandosi di un sintomo, il prurito non è quantificabile. È stata però ideata una scala visiva, utile soprattutto nei bambini e di uso medico, che propone sei faccette, ciascuna corrispondente a un diverso livello di gravità. Un altro metodo consiste nel valutarlo con un numero da uno a dieci.

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La radiazione ultravioletta (UV) comprende uno spettro delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti la cui lunghezza d’onda si colloca tra 400 e 100 nanometri (1 nanometro = 10-9 metri).

Tale regione spettrale viene ulteriormente suddivisa in tre bande contigue: gli UVA (400-315 nm), gli UVB (315-280 nm) e gli UVC (280-100 nm).

Poiché la radiazione con lunghezza d’onda inferiore a 180 nm viene in gran parte assorbita dall’aria la regione di interesse è quella compresa tra i 400 e i 180 nanometri.

La radiazione la cui lunghezza d’onda è compresa tra 800 e 5000 nm rappresenta il 56% della radiazione solare ed è costituita dai raggi infrarossi, responsabili della sensazione di calore durante l’esposizione al sole.

I raggi ultravioletti svolgono effetti benefici, come la stimolazione della sintesi endogena della vitamina D, ma possono essere anche nocivi per la salute umana.

I principali bersagli sono gli occhi e la pelle: eritema, fotocheratite e fotocongiuntivite sono le conseguenze di un’esposizione al sole non adeguatamente protetta.

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Una semplice regola per ricordare le differenze tra le due radiazioni è quella di esprimerle nel seguente modo:

UVA (“A” come allergie): penetrano in profondità, fanno invecchiare prematuramente la pelle e sono la causa di fotoallergie, soprattutto in caso di assunzione di alcuni farmaci. Sono più pericolosi degli UVB perché non danno alcun segnale di pericolo.

UVB (“B” come bruciature): penetrano nell’epidermide e sono responsabili a breve termine dell’eritema solare, vero segnale naturale di pericolo, a medio termine dell’abbronzatura e a lungo termine, in caso di insolazione eccessiva, di tumori cutanei.

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L’eritema solare è una reazione infiammatoria, caratterizzata da un arrossamento esteso alle zone interessate (più frequentemente viso, avambracci, spalle), dovuta all’esposizione ai raggi ultravioletti.

Se quest’ultima avviene in maniera graduale l’eritema e i fastidi a esso correlati (in particolare bruciore e prurito) sono minimi, se invece il “bagno di sole” è stato improvviso e troppo intenso nelle zone irritate possono comparire anche puntini rossi e bollicine contenenti un liquido chiaro.

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La dermatite fotoallergica, apprezzabile nell’immagine a sinistra, si manifesta dopo esposizione al sole, a seguito dell’interazione della luce con una o più sostanze chimiche applicate sulla pelle (per esempio contenute in cosmetici, profumi, farmaci topici a base per esempio di ketoprofene, diclofenac e prometazina).

La fotoallergia dà luogo a manifestazioni pruriginose, eruzioni eczematose nelle aree esposte al sole, in genere nell’arco di 1-2 giorni dall’esposizione all’agente responsabile. Più rare sono le reazioni fotoallergiche a farmaci assunti per via sistemica, come chinidina, chinolonici, sulfamidici, ketoprofene e piroxicam.

Va differenziata la fototossicità (immagine a destra), che si estrinseca in un danno cellulare o tessutale indotto, dopo l’esposizione al sole, da un farmaco (tetracicline quale la doxiciclina, diuretici tiazidici, sulfamidici, fluorochinoloni, piroxicam, fenotiazine) o da un componente fototossico, ingerito o applicato sulla pelle.

Le reazioni fototossiche si manifestano esclusivamente nell’area raggiunta dalla radiazione solare, sotto forma di eritemi o ustioni sproporzionati rispetto al tempo di esposizione, dopo pochi minuti o qualche ora.

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La puntura della cute da parte di un insetto si traduce nella maggior parte dei casi in un fenomeno prettamente locale. I casi più seri sono per fortuna rari ma non per questo improbabili e sono in genere dovuti a una reazione allergica abnorme dell'individuo punto, oppure possono anche esprimere l’effetto di un’aggressione concomitante da parte di una moltitudine di insetti. Da un punto di vista pratico è opportuno differenziare le punture riguardo agli insetti responsabili: a) vespe, api, calabroni, ragni e scorpioni, che vengono a contatto dell'uomo occasionalmente e lo aggrediscono in genere per reazione a qualche gesto brusco; b) zanzare, zecche, cimici, pulci, pidocchi e altri insetti per i quali il sangue rappresenta un substrato nutritivo fondamentale. Le aree più colpite dalle zanzare, responsabili della stragrande maggioranza delle punture, sono prevalentemente quelle esposte, essendo la femmina attratta dall’emissione di anidride carbonica e acido lattico, dal sudore, dalla secrezione sebacea e dalla temperatura. L’effetto fastidioso della puntura è dovuto a due componenti: il microtrauma prodotto dalle mascelle dell’insetto, che perfora la cute alla ricerca di un vaso capillare da cui aspirare il sangue, e l’iniezione della saliva, che svolge un’azione anticoagulante e può provocare una sensibilizzazione allergica.

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La puntura appare come una formazione rilevata, quindi apprezzabile al tatto, circondata da un alone eritematoso.

Talvolta, a breve distanza dalla puntura e quando è in causa la zanzara tigre, molto più aggressiva, l’area interessata, soprattutto a seguito del prurito, può dare luogo a un piccolo sanguinamento.

Più colpiti sono i bambini, probabilmente a causa della maggiore frequenza respiratoria e della maggiore traspirazione (nel primo anno d’età il rapporto tra la superficie corporea e il peso è pari a circa tre volte quello di un adulto).

La reazione classica alle punture d’insetto si manifesta con dolore localizzato, gonfiore e arrossamento ai lati della puntura stessa. Questa reazione di solito recede in poche ore. Talvolta subentrano reazioni locali più estese, in cui il gonfiore si allarga, raggiungendo il massimo dell’ampiezza entro le 48 ore e una durata anche di qualche giorno.

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Il disagio che un evento traumatico causato da interazione con un insetto pungente può arrecare si esplicita su vari fronti: fisico, per il disagio dovuto allo stato irritativo che si associa a una puntura di insetto, con una sensazione di prurito e quindi rischio di grattamento e di sovrainfezione batterica cutanea; psicologico, legato alle conseguenze estetiche e talvolta a fobie o al timore di conseguenze per la salute; impatto sulla qualità del sonno, perché la puntura di un insetto può essere un evento molto spiacevole, soprattutto quando associata a uno stato irritativo o comunque doloroso.

La presenza di tale disturbo comporta notevoli ripercussioni in termini di risvegli frequenti, irritabilità, disturbo del sonno di famigliari e altro.

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La pelle sensibile è caratterizzata da iperreattività nei confronti degli stimoli ambientali. In realtà è opportuno differenziare due situazioni: la presenza di una patologia, atopia in primis, responsabile di alterazioni morfologiche, strutturali e funzionali del rivestimento cutaneo, e un assetto per cui la pelle, su base costituzionale o per effetto del contatto con fattori irritanti, è più vulnerabile.

Le manifestazioni più comuni, che si potenziano reciprocamente, sono l’irritazione da un lato e la secchezza (xerosi) dall’altro, espressione quest’ultima di un’alterazione del film idrolipidico di superficie. Gli individui xerotici spesso soffrono di ipoidrosi (cioè ridotta sudorazione) e peggiorano dopo esposizione a un clima secco e freddo.

In questi casi è fondamentale limitare frequenza, durata e temperatura dei bagni, prestare attenzione a detergenti e saponi, evitare lo sfregamento della pelle (anche per l’asciugatura è preferibile tamponare la cute anziché frizionarla) e contrastare in maniera precoce l’eventuale insorgenza del prurito.

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La diagnosi delle irritazioni cutanee è essenzialmente clinica, e cioè basata sulla raccolta di informazioni e sull’osservazione. Alla luce di quanto sin qui illustrato, infatti, è evidente l’importanza dei fattori responsabili o scatenanti: l’esposizione al sole o a sostane chimiche ne è un esempio.

Nel caso delle punture di insetto il più delle volte è lo stesso individuo a riferire l’avvenuta esposizione. Tuttavia non bisogna trascurare il fatto che talvolta il contatto possa avvenire a totale insaputa dell’interessato.

Un altro aspetto che richiede attenzione è il prurito: non sempre la richiesta di consiglio viene sottoposta a distanza ravvicinata dall’evento, ragion per cui il grattamento, specie se incontrollato e intenso, può determinare una modificazione dell’aspetto delle lesioni.

Le indagini, inclusa la visita dal medico di famiglia o dallo specialista, si rendono necessarie nei casi di particolari dubbi.

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Vale la pena di ribadire alcuni concetti già espressi all’inizio del modulo. L’osservazione, da effettuare alla luce naturale e se necessario anche con lente di ingrandimento, è di particolare importanza in quanto integra e conferma i dati anamnestici.

Gli elementi da considerare sono innanzitutto la tipologia e la localizzazione delle lesioni: può capitare per esempio che un disturbo, quale il bruciore o il prurito, sia più accentuato in un particolare distretto corporeo, ma vi siano altre zone interessate in minor misura ma pur sempre con alterazioni macroscopiche.

Un altro aspetto utile è la valutazione dello stadio evolutivo delle lesioni: sono tutte equiparabili oppure qualcuna presenta caratteristiche differenti e appare per esempio in regressione?

Altrettanto importante è la valutazione della cute nelle aree non coinvolte, per verificare se siano presenti patologie o anomalie dermatologiche di fondo.

Va ricordato che l’eventuale precedente applicazione di cortisonici da parte dell’individuo potrebbe aver modificato l’aspetto delle lesioni.

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Come già anticipato, le indagini rappresentano una fase successiva, necessaria per dirimere dubbi o identificare/confermare cause particolari.

È il caso, per esempio, di dubbie allergie cutanee localizzate in zone insolite oppure di quadri confusi, dove per esempio alle lesioni cutanee si accompagnano sintomi sistemici.

Nel presente corso ci limitiamo a citare le indagini a cui si fa più frequente ricorso nel sospetto di dermatite allergica: il prick test, praticato sulla superficie flessoria dell’avambraccio con vari estratti allergenici (alimenti e inalanti), e il patch test, in cui si applicano sul dorso dischetti contenenti le sostanze potenzialmente causa della dermatite da contatto.

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In sintesi le irritazioni cutanee devono essere sempre esaminate in maniera meticolosa, senza trascurare alcun elemento utile.

Anche se la dinamica appare subito chiara, non bisogna infatti trascurare il fatto che una cute arrossata è più vulnerabile e predisposta a un peggioramento del quadro locale come pure al possibile impianto di microrganismi patogeni.

Allo stesso modo la presenza di prurito comporta notevole disagio nella vita quotidiana e, promuovendo il grattamento, non può che favorire un’ulteriore accentuazione dei disturbi e un aumento del rischio di sovrainfezioni.

La scoperta delle cause offre inoltre al farmacista l’opportunità di un’educazione alla prevenzione, che sarà affrontata nel prossimo modulo.

Infine va sottolineato che la pelle allergica richiede sempre un’attenzione particolare, in quanto l’iperreattività è spesso imprevedibile e richiede un approccio mirato: in tale evenienza è sempre bene suggerire al cliente di consultare il medico.

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