L'Angolo del Cerchio · Parinirvana. Oggi, camminare fianco a fianco nella processione che ci ha...

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L'Angolo del Cerchio La newsletter del Cerchio Vuoto Maggio-giugno 2019 www.ilcerchiovuoto.it

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L'Angolo del CerchioLa newsletter del Cerchio VuotoMaggio-giugno 2019

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In questo numero

Vesak 2019

Lignaggio femminile (quarta parte).

Infinito. A noi la scelta.

La Via dell'Acqua.

Nietzsche e Gesù.

Politeia.

Notizie in breve.

Diegustibus. Ascoltare.

Calendario.

Info e contatti.

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L’Unione Buddhista Italiana e tutti i suoi centri associati ha voluto quest’anno festeggiare insie-me alla Comunità Theravada

di Milano il Vesak, la celebrazione comune ai buddisti di tutto il mondo e che ricorda i tre momenti più sa-lienti dell’esistenza su questa terra di Buddha Shakyamuni, la sua Nascita, il suo Risveglio e il suo ingresso nel Parinirvana.

Oggi, camminare fianco a fianco nella processione che ci ha por-tato fino al Tempio, ha per noi uno speciale valore simbolico: vuole testimoniare la vicinanza e soli-darietà dei buddhisti italiani alla Co-munità singalese ed alle famiglie delle vittime dei recenti attentati nello Sri Lanka.

Vuole essere ferma condanna di ogni forma di violenza. Sempre.E vuole essere una manifestazio-ne di profonda compassione per la sofferenza di un popolo intero

che non può essere dimenticata nemmeno in questo giorno di festa e di gioia.

Non possiamo mai dimenticare quanto sia difficile nascere nella condizione umana ma allo stesso tempo quale fortunata occasione ciò rappresenti: nel mondo del nascere e morire è senza pari e preziosa la possibilità di incontrare il Dharma.

Chi si rifugia nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha vede e penetra in profondità la sofferenza, la sua causa, la sua fine e la via che conduce alla vera Libertà.Il Buddha, il Dharma ed il Sangha sono il vero rifugio,sono eccelsi, conducono alla Liberazione.

Benedetta è la Nascita del Buddha,Benedetta la Rivelazione del Dharma,Benedetta l’armonia del Sangha.

Buon Vesak a tutti.

Discorso pronunciato dal rev. Elena Seishin Viviani a nome della Presidenza dell'Unione Buddhista Italiana in occasione del Vesak nazionale celebrato a Milano presso il Tempio Theravada Lankaramaya

Vesak 2019

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Vesak Nazionale patrocinato dall'UBI

Tempio Theravada Lankarayama

Celebrazione del Vesak presso l'Enkuji di Torino

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Proseguiamo il ciclo di articoli dedicato alle matriarche nel Buddhismo zen con questo quarto contributo sul Giappone. Ricordiamo che tali articoli sono libere traduzioni del testo "Les Matriarches du Zen" di François Dosan Loiseau, Copymedia 2016.

4. Le Matriarche giapponesi

Zenshin (572-640), fu la prima giapponese (sia tra gli uomini che tra le donne) a ricevere un'ordinazione buddhista. Nel 588, infatti, insieme ad altre due donne, Zenzo ed Ezen, si recò in Corea, e lì furono ordinate monache e iniziate alle regole del Sangha femminile. Rientrate in Giappone, fondarono a Sakurai il primo tempio buddhista costruito da giapponesi, l’Hasedera; in seguito, Zenshin fondò il primo monastero Buddhista, il Toyuradera, e il primo Sangha in Giappone, che arrivò a comprendere circa 569 monache e 813 monaci.

L’imperatrice Komyo (701-760), consorte dell’imperatore Shomu (701-756), diede grande impulso all’istituzione del Buddhismo nel-l’antico Giappone. Primo membro della famiglia imperiale a ricevere l’ordinazione buddhista, praticava insieme al marito con grande de-vozione. Durante il loro regno venne lanciato un importante programma di copiatura e diffusione dei Sutra buddhisti. Fortemente influenzata dal Sutra del Loto1, nel quale viene afferma-ta la possibilità per le donne di ac-cedere al Risveglio, l’imperatrice Komyo suggerì la creazione di un

Lignaggio femminile:le matriarche del Buddhismo (quarta parte)

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sistema nazionale di monasteri di formazione; tra maschili e fem-minili, ne furono istituiti 740, de-nominati Metsuzaishi-ji (“Templi del Loto per l’assoluzione dei peccati”). Quelli femminili erano strutturati in modo da ospitare fino a 10 monache (successivamente 20), e il Todai-ji2 era il tempio principale. Alla morte del marito fece costruire lo Shoso-in3, dove sono conservati i preziosi archivi del Buddhismo del periodo Nara (710-784). Questi templi godevano di un contributo materiale da parte del governo. Fondò anche istituzioni caritative di assistenza e cura dei sudditi più poveri.

L’imperatrice Tachibana Kachiko (786-850), consorte dell’imperato-re Saga (786-842) e conosciuta an-che come Danrin, è considerata la prima praticante di scuola Zen in Giappone. Mandò, infatti, un mona-co in Cina per raccogliere notizie sul-la scuola Chan, di cui aveva sentito parlare da Kobo Daishi4, fondatore della scuola Shingon. Il monaco conobbe il Maestro cinese Engan Seian, che inviò in Giappone il suo discepolo Giku; questi iniziò a dare insegnamenti in una dépendance del grande tempio Shingon di To-ji, a sud di Kyoto, e poi come primo abate del tempio Danrin-ji, fatto costruire a Saga dall’imperatrice stessa e considerato il primo tempio Chan/Zen del Giappone, benché Giku fosse rientrato in Cina prima

di fondare una linea di successione durevole.Di Tachibana Kachiko si narra pure che fosse donna di straordinaria bellezza, e che questo fosse motivo di distrazione per i monaci che la frequentavano e la seguivano nella pratica; per questo dispose che al-la sua morte il suo corpo venisse abbandonato sulla strada e lasciato in pasto ai corvi e ai cani, supremo insegnamento sull’impermanenza. E così fu fatto.

Senshin (13°-14° secolo), era dedi-ta alla pratica della devozione alle reliquie, propria del Buddhismo tra-dizionale. Il suo Maestro, infatti, il rev. Kangan Giin (1217-1300), pur essendo discepolo di Koun Ejo, erede nel Dharma di Dōgen Zenji, e pur dicendosi guidato unicamente dai principi dello Shōbōgenzō, non rifiutava le pratiche del Buddhismo tradizionale giapponese, anzi in-coraggiava le numerose monache sue discepole a seguire una pratica devozionale.

Ryonen (1140-1250), iniziò la sua pratica presso il Darumashū5 e, successivamen-te, divenne una importante discepola di Dōgen Zenji, il quale la menzionò in alcuni dei suoi scritti lodandola per la serietà della pratica. Si pensa, anzi, che Ryonen abbia esercitato su di lui una certa influenza quando affermò l’uguaglianza tra la pratica degli uomini e quella delle donne. Morì prima di Dōgen Zenji, poco

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tempo dopo la fondazione del tempio di Eihei-ji.

Shogaku Zenni (1165-1240), lon-tana parente per parte di madre del clan dei Fujiwara6, donò a Dō-gen Zenji denaro e terreni per la costruzione del tempio di Kosho-ji7. Alla morte del marito, nel 1223, ricevette l’ordinazione monastica e donò a Dōgen Zenji tutto ciò che restava del suo patrimonio. Praticò sotto la sua guida fino alla morte, nel 1240.

Egi (1200-1260), iniziata alla pra-tica buddhista nel Darumashū, si unì al Sangha di Dōgen Zenji nel 1234 presso il tempio di Kosho-ji, e suc-cessivamente lo seguì ad Eihei-ji. Passò con lui più di vent’anni e se ne prese cura durante la malattia. Questa prossimità col Maestro di-mostra quanta confidenza avesse con lui. Dōgen Zenji aveva grande rispetto per lei. Un mese prima di morire, il 28 luglio 1253, la designò “Sorella nel Dharma” (una sorta di shiho informale) di Koun Ejo, suo successore, che lei aiutò nella fase di transizione del Sangha di Dōgen Zenji. Contribuì anche alle trascrizioni dello Zuimonki8.

Mugai Nyodai (detta anche Adachi Chiyono, 1223-1298), la prima Maestra riconosciuta dello Zen giapponese, e una delle donne più importanti della scuola Rinzai. Erede nel Dhar-ma di Mugaku Sogen (1226-1286),

fondatore dell’Engaku-ji9, fondò un tempio conosciuto col nome di Keiai-ji, e il primo nisodo10 del Giappone. Il suo secondo nome, Chiyono, lett. “secchio vuoto”, deriva dalla nar-razione del suo Risveglio: il fondo del secchio d’acqua che trasporta-va cedette all’improvviso, l’acqua si riversò e il riflesso della luna sparì. “Non più acqua / non più luna nell’acqua / il vuoto nelle mie mani” scrisse. In seguito diede vita a una rete di monasteri.

Il Risveglio di Mugai Nyodai (Adachi Chiyono).

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Kakuzan Shido (1252-1305), zia di Mugai Nyodai, Maestra certificata dello Zen Rinzai, fondò nel 1285 il tempio di Tokei-ji a Kamakura, presso l’Engaku-ji, che servì da rifugio alle donne maltrattate o ripudiate dai mariti. In quanto Kakekomi-dera (tempio in cui le donne potevano trovare rifugio) ed Enkiri-dera (tempio in cui le donne potevano attendere la sentenza di divorzio), il Tokei-ji beneficiava della protezione dello shogun. Si narra che suo marito, da lei ab-bandonato, ancora follemente in-namorato, s’introdusse nel tempio per vederla. Allora lei, per affrancarsi da questa sua ossessione, si sfigurò bruciandosi il viso. Di lei si diceva che portasse sempre con sé il pugnale da samurai delle donne. Arrivò ad-dirittura a rubare lo specchio sa-cro da un santuario shintoista, e installatolo al Tokei-ji, istituì la pratica dello “Zen dello Specchio” (zazen rivolto verso lo specchio). Parecchie donne si risvegliarono mediante questa pratica.

Ekan Daishi (1200-1314), figlia di Myochi, discepolo di Dōgen Zenji, e madre di Keizan Jōkin Zenji, fu monaca e badessa del monastero di Joju-ji a Kyoto. Da lei Keizan Zenji derivò la propria devozione religiosa. Ella credeva fortemente ai miracoli resi possibili dalla fede in Kannon11, e questo contribuì a rafforzare l’in-fluenza del Grande Bodhisattva nello Zen Sōtō. Instancabilmente

insegnò il Dharma a numerose donne. Nel 1325, in memoria di sua madre, il Maestro Keizan fece voto di aiutare le donne nei tre mondi e nelle dieci direzioni. Una trentina di monache seguirono l’insegnamento di Keizan Zenji. L’introduzione delle monache nella pratica Sōtō, così come stabilita da Dōgen Zenji e Keizan Zenji attraverso l’influenza delle loro madri, continuò nell’epoca Muromachi12 grazie ai loro successori.

Mokufu Sonin (tra il 1250 e il 1350). Figlia di Shozen, discepolo del Maestro Keizan, ricevette l’or-dinazione nel 1319. Lei e il marito donarono molte terre e demolirono la loro stessa casa perché Keizan Zenji potesse costruirvi il monastero di Yoko-ji. Nel 1323 ricevette lo shiho e divenne la prima badessa dell’Enzu-in, tempio dedicato a Kannon e riservato alla pratica delle donne, che nel 1322 Keizan Zenji e le monache sue discepole costruirono accanto a Yoko-ji. Il Maestro Keizan era convinto che Mofuku Sonin fosse la reincarnazione di sua nonna, ed erano inseparabili.

Myosho Enkan (tra il 1250 e il 1350). Cugina di Keizan Jōkin Zenji, visse presso il tempio di Yoko-ji, che il Maestro Keizan aveva costruito per aprire alla società giapponese lo Zen Sōtō, fino ad allora praticato solo nei monasteri. Nel 1325 fu nominata badessa dell’Hoo-ji, il primo tempio femminile dello Zen

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Note

1 - Sutra del Loto, uno dei testi più importanti del Buddhismo Mahayana, composto nella sua forma definitiva intorno al 1° e 2° sec. d.C., e considerato la “Bibbia” del Buddhismo..2 - Todai-ji, tempio buddhista dell’8° sec., situato nella città di Nara.

3 - Shoso-in, la “Casa del Tesoro” annessa al Todai-ji.

4 - Kobo Daishi (774-835), conosciuto anche come Kukai.

5 - Darumashū, detta anche “Setta di Bodhidharma”, fu promossa nel 12° secolo dal monaco Nōnin in contrasto con la scuola Rinzai. Affermava che il Risveglio poteva essere ottenuto attraverso qualsiasi attività, e quindi non c’era bisogno di disciplina monastica o pratica rituale. Gli insegnamenti del Darumashū furono banditi dalla corte imperiale nel 1192.

6 - Clan Fujiwara, potente famiglia di reggenti e consiglieri degli imperatori del Giappone, influente soprattutto tra il 9° e il 13° sec.

7 - Kosho-ji, il primo tempio Zen indipendente, fu fondato da Dōgen Zenji nel 1233 a Uji, nei pressi di Kyoto.

8 - Shōbōgenzō Zuimonki, raccolta di discorsi di Dōgen Zenji trascritti da Koun Ejo e altri discepoli; costituisce una sorta di introduzione “semplificata” allo Shōbōgenzō.

9 - Engaku-ji, uno dei templi buddhisti più importanti del Giappone, fondato a Kamakura nel 1282.

10 - Nisodo, l’edificio in cui le monache vivono e praticano insieme.

11 - Kannon, nome giapponese del bodhisattva della compassione Avalokiteśvara. Divinità popolarissima legata al culto del Buddha Amida, di cui reca sempre un’immagine sulla chioma, assunse nell’iconografia cinese, e successivamente giapponese, sembianze femminili, e come tale viene raffigurato e venerato.

12 - Epoca Muromachi: periodo della storia giapponese che va dal 1336 al 1573.

Sōtō, costruito da Keizan Zenji in onore del Risveglio di sua madre. In quell’occasione, Myo-sho Enkan ricevette l’autorizzazione a ricopiare il manuale delle ordi-nazioni. L’Hoo-ji fu il primo con-vento indipendente, e Myosho poté ordinare altre donne sulla base dell’autorizzazione accordata da Mokufu Sonin.

Konto Ekyu (tra il 1250 e il 1350). Sposata ma senza figli (a differenza di altre), era una discepola di Keizan Zenji presso Yoko-ji. Fu la prima donna giapponese a ricevere la trasmissione completa dello Zen Sōtō. Nel 1323 ricevette da Keizan Zenji il manuale d’ordinazione di Dōgen Zenji, tradotto dal cinese al giapponese, cosa che le permise di conferire ordinazioni nella lingua parlata ordinariamente dalle monache.Succedette a Myosho Enkan come badessa dell’Enzuin.

En’i (tra il 1250 e il 1350). Appar-tenente a una famiglia facoltosa della zona, nel 1319 donò un grande appezzamento di terreno al tempio di Yoko-ji, che conferiva ad esso la necessaria sicurezza materiale. Il Maestro Keizan istituì cerimonie da celebrare mensilmente in suo onore “in perpetuo”.

C.D.G.

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Nella puntata precedente1 ci eravamo lasciati con una domanda aperta sul-la cosiddetta “Ipotesi del

Continuo” che, in termini un po’ più semplici diventa: Quanti infiniti esistono? Solo due oppure di più, magari infiniti... infiniti?Per scoprire la risposta alla doman-da occorre fare un piccolo passo in-dietro e dedicare qualche riga alla situazione del periodo storico in cui si pone la questione.Nel 1900, al secondo Congresso internazionale di Matematica tenu-tosi a Parigi, il tedesco Hilbert elencò i 23 grandi problemi irrisolti del periodo; quelli che secondo lui dovevano essere l’obiettivo di ricerca di tutta la comunità al volgere del nuovo secolo.Senza riportare tutto l’elenco - de-cisamente specialistico! - ci è suf-ficiente dire che l’“Ipotesi del Con-tinuo” era il primo della lista.Ma la cosa interessante da notare è lo spirito in cui si inquadrano

il discorso di Hilbert e la ricerca matematica del tempo.Siamo in pieno Positivismo, sembra che la scienza possa trovare risposte a tutte le domande e che, insieme alla Tecnica, possa far migliorare costantemente la vita di tutti, o almeno di quelli che sono considerati rilevanti in quel periodo. La fiducia nel progresso, in quegli anni, era davvero illimitata. Purtroppo, sa-rebbero bastati pochi anni a di-mostrare quanto ci si sbagliava nei fatti, anche se lo scheletro di questa fiducia è ancora alla base delle credenze della nostra società attuale.La matematica stessa, negli ulti-mi periodi, si era trasformata, ba-sandosi sulla logica formale e su metodi rigorosi di descrizione e dimostrazione.Sembrava, quindi, che un processo rigoroso, portato avanti da menti geniali, potesse portare alla riso-luzione di ogni problema, dato che non esistevano vincoli o restrizioni né tecnici né economici: si riteneva

A noi la sceltaInfinito

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che con la mente e il ragionamento fosse possibile pervenire a qualunque risultato.Nessuno si aspettava che, pochi decenni dopo, nel 1930, Kurt Gödel avrebbe distrutto questo presunto castello perfetto.Nel suo Teorema di Incompletezza, Gödel affermò, e dimostrò, che

"dato un qualunque sistema, vi saran-no sempre proposizioni indecidibili all’interno del sistema stesso".

Questo significa che nel meraviglioso castello formale della matematica, basato su assiomi, regole e logica, possono comparire, come schegge impazzite, delle proposizioni non prevedibili per le quali non è possibile stabilire (all’interno delle regole del sistema) se siano vere o false.In altre parole, possono esistere dei teoremi “veri” che non potranno mai essere dimostrati in quanto veri (e ovviamente non possiamo sapere a priori quali siano).

Questo teorema aprì una voragine, uno scenario da incubo nella bellezza cristallina della Matematica pura.Il caos! La Matematica, la più perfetta delle scienze, quella che rappresenta la suprema capacità della mente di portare ordine nel mondo, in realtà può imbattersi (in qualunque mo-mento) in orridi buchi neri, dai quali non è possibile districarsi.Il fatto stesso di sapere che non sempre esistono risposte alle do-mande fa crollare la prima e la più fondamentale delle certezze.Su questo argomento Apostolos Do-xiadis ha scritto un bel romanzo, di cui consiglio la lettura: Zio Petros e la congettura di Goldbach. È una bella costruzione di un personaggio che rappresenta tutti i chiari e gli scuri di un matematico tipo.E, a proposito di Kurt Gödel, anche lui, purtroppo, cadde preda della pa-ranoia e morì nel 1978 lasciandosi morire di fame perché convinto che lo volessero avvelenare.

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Tornando però all’infinito, cosa c’entra il Teorema di Incompletezza di Gödel con il nostro povero, e ormai morto, Cantor e tutti i suoi infiniti?Per spiegarlo, occorre entrare un po’ in qualche aspetto tecnico.Nella formalizzazione della mate-matica esiste un tassello molto im-portante, il cosiddetto Assioma di Scelta di Zermelo, che recita così:

Data una famiglia non vuota di in-siemi non vuoti esiste una funzione che ad ogni insieme della famiglia fa corrispondere un suo elemento.

Breve parentesi per non addetti ai lavori: questa cosa che sembra ba-nale - è chiaro che in un cesto di mele posso scegliere una mela! Me lo deve dimostrare un matematico?)

- non lo è per niente se pensiamo agli insiemi infiniti: come faccio ad essere sicuro di poter “scegliere” un elemento da ogni insieme se ci sono infiniti insiemi? In molti aspetti, i matematici a volte esprimono l’ovvio e altre volte, invece, se ne escono con domande bislacche: cosa significa “scelta” quando non mi posso basare sull’“operatività”?Il nostro Gödel dimostrò che l’As-sioma di Scelta e l’Ipotesi del Con-tinuo erano compatibili, cioè nel sistema formale degli assiomi della teoria degli insiemi non creavano contraddizioni.Questo non significa, badate bene, che l’Ipotesi del Continuo sia vera, ma solo che non è falsa. E non è la stessa

cosa poiché, in base al Teorema di Incompletezza, non siamo proprio di nuovo al punto di partenza, ma certo non siamo andati molto avanti.

Sarebbero stati necessari ancora 30 anni perché Paul Cohen dimostrasse che sia l’Assioma di Scelta sia l’Ipotesi del Continuo sono indipendenti da tutti gli altri assiomi.E questo significa che è possibile immaginare due Universi distinti e indipendenti.Nel primo l’Ipotesi del Continuo è vera: cioè ci sono solo due infiniti, quello

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dei numeri Naturali (Alef0) e quello dei numeri Reali (c).Nel secondo è falsa: cioè fra Alef0 e c esistono altri livelli di infinito, quelli che Cantor chiamava i numeri transfiniti Alef1, Alef2, Alef3, ….. .E in entrambi gli universi non c’è contraddizione.

Quindi, concludendo, non sappiamo quanti infiniti esistono, ma in teoria, possiamo scegliere se immaginare e vivere in un Universo con “solo” due infiniti, oppure in un Universo ancora più ricco, con molti altri infiniti.

E comunque, sempre per il Teore-ma di Incompletezza di Gödel, po-tremmo individuare un sistema di assiomi più ampio in cui trovare la risposta alla nostra domanda, ben consapevoli che, dietro l’angolo, po-trebbe spuntare un’altra domanda senza risposta… e così via all’infinito!

D.P.

Note

1 -Newsletter marzo-aprile 2019.

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A partire dal mese di Aprile, e fino a settembre, il M.A.O. (Museo d'Arte Orientale di Torino) ospita una mostra

temporanea dal titolo: "Goccia a goccia dal cielo cade la vita. Acqua, Islam, Arte". Scopo dell'esposizione è quello di mostrare la ricchezza di una vasta ed elegantissima cultura materiale incentrata sulla fruizione, conservazione e sacralità dell'acqua, entro un raggio geografico che spazia dalla Spagna musulmana (secoli IX - XV) all'India dei Rajput e dell'impero moghul (XVI – XVII secolo) passando per tutta l'area submediterranea del Maghreb, Egit-to, Medio Oriente e della Persia.Si ha dunque la possibilità, abba-stanza unica e rara, di apprezzare una cospicua e raffinata selezione di oggettistica legata agli utilizzi dell'acqua in contesti differenti (bacili, versatoi, ceramiche turche Iznik, coppe, calici, fiaschette, boc-cette, secchi, raffinate porcellane persiane e cinesi, acquamanili, an-

fore, giare, piante e prospetti di giardini e fontane pubbliche, ugelli, ecc.) lungo un arco di molti secoli, abbracciando una parte assai vasta dell'ecumene islamico storico e avendo modo di apprezzare anche una certa cifra estetica comune, una koiné artigianale largamente con-divisa da Gibilterra a Samarcanda che stupisce per la cura e il decoro dei dettagli, conferendo a ogni singolo pezzo dotato di una sua funzione una sua individualità decorativa.

La mostra si articola in quattro sezioni: 1) Acqua e religione islamica; 2) Gli Hammam o i Bagni Turchi; 3) Acqua da bere; 4) I giardini e il paradiso islamico.Nella prima si riflette sull'enorme importanza che l'acqua riveste nel-l'Islam, non solo per via del suo ba-cino di provenienza, cioè i deserti arabici, il Medio Oriente e le rotte carovaniere.L’acqua, per le popolazioni arabe tra cui si è diffusa la religione

Conoscenza, condivisione, vitaLa Via dell'Acqua

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islamica, non presenta soltanto la funzione materiale di sussistenza, ma costituisce altresì un fondamento di ordine spirituale e simbolico che sostanzia il ciclo vitale degli individui. Nel Corano, il termine mā’ (ءام),

“acqua”, ricorre più di 60 volte, presentandosi in tutte le sue pos-sibili configurazioni (pioggia, ru-giada, sorgente, mare, fiume, ecc.). Anzitutto, è posta come uno tra gli innumerevoli e straordinari elementi di cui Iddio, in virtù della sua misericordia, ha fornito l’universo. È un “segno” su cui è chiamata a riflettere la gente “dotata d’intelletto”1.Una prova della bontà di Dio e della sua intelligente capacità di architettare il Creato:

"Ma guardi dunque l’uomo il suo cibo! Versammo l’acqua a fiumi dal cielo, spaccammo in solchi la terra e dentro facemmo germinare il grano e uve e verdure e ulivi e palme e orti folti di piante"2.

L'acqua costituisce dunque il segno dell’onnipotenza creativa, della mi-sericordia e della bontà della crea-zione voluta da Dio:

"Iddio ha creato tutti gli animali dal-l’acqua, e ve ne sono di quelli che camminano sul ventre e di quelli che camminano su due zampe e di quel-li che camminano su quattro zampe. Iddio crea quel che vuole e Dio è su tutte le cose potente3".

"Ed è Lui che ha creato l’uomo dall’ac-qua traendone discendenza maschile e femminile"4.

"Non vedono gli empi che i cieli e la terra erano un tempo una massa confusa e noi li abbiam separati, e dall’acqua abbiam fatto germinare ogni cosa vi-vente? E ancora non credono?"5.

L'importanza e la centralità dell'acqua per la vita, dunque, costituisce, di per sé, una prova, un sostegno all'idea di un progetto creativo intelligente, orientato al bene e al sostentamento di tutti gli esseri, generati proprio da quella stessa acqua senza la quale è impossibile sopravvivere.Ma la valenza dell'acqua non si esau-risce nella cosmologia. Essa è anche indispensabile alla religione e ai ri-ti, e costituisce il mezzo principe at-traverso il quale l’essere umano si purifica. È dovere di un buon musulmano pregare almeno 5 volte al giorno in direzione della Mecca, e per farlo è assolutamente necessario, dapprima, purificarsi, parzialmente (wudhu) lavandosi mani, faccia e piedi; o integralmente (ghüsl) attraverso un bagno integrale del corpo, da eseguirsi, ad esempio, dopo un rapporto di unione con il proprio consorte.Ed è qui che entrano in scena i

"bagni turchi", parola introdotta dagli ambasciatori europei, francesi e veneziani specialmente, per chia-mare questa pratica che rinforzava la visione stereotipata di un Oriente

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molle, vizioso, lussurioso ed effemi-nato.Ma in verità i bagni turchi sono gli eredi diretti delle terme romane, e la stessa parola "Hammam" altro non è che la traduzione di "terme", essendo al centro la parola "calore",

"ham" in arabo.Un aspetto dunque che ci aiuta a comprendere il fatto di come il mondo islamico abbia per conto suo recupera-to o anche sviluppato molti aspetti dell'antichità greco-romana; dalla fi-losofia greca, ritornata in Occidente dalla Spagna attraverso i dotti ebrei che traducevano i commentari arabi, all'amministrazione provinciale, ere-de dell'impero bizantino, alle terme appunto.Tornando all'acqua, essa è dunque centrale come elemento purificatore, senza la quale un musulmano non può assolutamente accedere alla preghiera e all'adorazione dell'Altissimo.L'acqua è centrale anche per il santo pellegrinaggio, hajj, che ogni buon musulmano deve compiere alla Mecca almeno una volta. E ancora, l'acqua e i manufatti deputati al suo utilizzo sono i simboli di questo atto di devozione. Così come la conchiglia è il simbolo del cammino di Santiago di Compostela, la fia-schetta del pellegrino è il simbolo del pellegrinaggio alla Mecca dove, nelle fasi conclusive di esso, fondamentale è il recarsi presso la fonte più sacra dell'Islam, la fonte Zam-zam, dove leggenda vuole che si sia abbeverato il progenitore del

popolo arabo, Ismaele, scacciato nel deserto da Abramo insieme alla madre Agar, una schiava, in seguito alla nascita del sospirato figlio legittimo Isacco.L'acqua nel mondo Islamico è simbo-lo di potenza generatrice, della vita, del giardino paradisiaco che attende ogni buon credente musulmano alla fine dei suoi giorni, dell'abbondanza del creato, della bontà del proget-to divino e anche dell'intelligenza dello stesso; simbolo di purezza ed elemento fondamentale del rito e delle pratiche religiose, che si contrappone al fuoco dell'orgoglioso Iblis/Satana6.

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Ma, a ben vedere, non c'è cultura, religione, civiltà, filosofia, che non sia legata all'acqua.Pensiamo all'Arché, all'elemento-origine di tutto ciò che esiste postulato come acqua dal primo filosofo greco Talete, alla celebre riflessione sul divenire di tutte le cose da parte di Eraclito proprio osservando lo scorrere del fiume.

"Panta réi", "tutto scorre", concetto tramandato a posteriori dalla scuola stoica, e "Scendiamo e non scendiamo negli stessi fiumi; allo stesso modo noi siamo e non siamo" sono le sue stesse parole ricavate dai pochi frammenti pervenuti sino a noi7.Dai fiumi, e sui fiumi, sono sorti i primi grandi imperi e le prime grandi civiltà (pensare al Tevere, all'Indo, il Gange, il Nilo, l'Oxus in Asia centrale, al fiume Giallo, al Tigri e all'Eufrate); e in particolare l'acqua sorgiva, pura e incontaminata, era sacra a tutte le religioni del mondo antico.Basti pensare che le prime figure raf-figurate nell'India antica sono pro-prio legate al mondo degli alberi, dei boschi e delle sorgenti, i semidivini Yaksha, e, allo stesso modo, in Grecia, accanto alle divinità telluriche, prima del trionfo di divinità uraniche come Zeus e Apollo, erano attestati una miriadi di culti locali centrati sui fiumi e sulle sorgenti silvestri, di cui reca tracce evidenti la dea Artemide e una pletora innumerevole di cortei di ninfe, satiri e driadi, ancora pulsanti al tempo del viaggiatore Pausania8. Per il mondo cristiano, a beneficio

di inventario, potremmo solo ci-tare l'importanza capitale del bat-tesimo, che di fatto introduce, at-traverso l'acqua, nella comunità dei cristiani, e dunque dei credenti e dei "salvati", o del fatto che il primo segno cristologico fosse, per l'appunto, un pesce, simbolo di vita, compresa quella eterna dopo la morte9. Anche nel Buddhismo l'acqua è assai presente, ed è connessa alla vita, al-la generazione, nonché alla nascita miracolosa del Buddha Shakyamuni.Difatti, una delle sculture più ap-prezzate sugli stupa indiani dei primi secoli del Buddhismo, è appunto quella che mostra Maya, madre del Buddha, innaffiata dall'acqua da due elefanti, simboleggianti le nuvole cariche di pioggia e fecondatrici. Un altro simbolo legato tanto al sole quanto all'acqua è il fiore di loto, uno dei simboli per eccellenza della religione buddhista, un fiore che si sviluppa in contesti palustri e stagnanti, sorgendo dal fango, ma che apre la sua corolla ricordando, per analogia, la diffusione dei rag-gi solari o la ruota della Legge (Dharmachakra).Vita, sviluppo, ma anche sapienza e dottrina. L'acqua è anche simbolo del Dharma, che tutto permea, tut-to sostiene, tutto vivifica.

In uno dei più suggestivi e af-fascinanti passi del Sutra del Loto, al capitolo V, vediamo il Buddha affermare:

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"Kashyapa, supponi che gli alberi e l’erba dei prati di migliaia di mondi, incluse le erbe che crescono nei boschi, nelle foreste, sui monti, nelle valli, in pianura o accanto ai fiumi, di forma e nomi diversi, siano sovrastate da una grande nube. Immagina poi che, da questa nube immensa, prenda a riversarsi una grande, leggera e be-nefica pioggia. Tutte le piante sono bagnate dalla medesima acqua, sia che abbiano radici forti e profon-de, che giovani e deboli. I tronchi, i rami e le foglie degli alberi, i prati e le erbe che crescono nei boschi e nelle foreste, sono tutti irrorati dall’acqua. Ecco quindi che i vecchi alberi, quelli giovani, quelli più alti, quelli medi e quelli molto bassi, ricevono tutti l’ac-qua di questa grande pioggia. Tutte le piante ricevono quest’acqua, chi più chi meno, e l’acqua è la stessa per tutte le piante, e proviene da una sola unica nube"10.

E ancora, nel possente e ispirato Kannon-gyo (capitolo 25), leggiamo:

"Il suo solenne giuramento (del bodhi-sattva Kannon, ndr) è profondo come l’oceano [...]immagina che qualcuno intenda farti del male, spingendoti in una grande voragine in fiamme. Pensa al potere di Kannon, e la voragine infuocata si trasforma in uno stagno.Se dovessi andare alla deriva nel vasto oceano, minacciato da draghi, pesci e da diversi demoni, pensa al potere di Kannon, e i flutti e le o nde non potranno sommergerti [...].I suoi precetti compassionevoli sono co-me un tuono, la meraviglia del suo cuore pietoso è come una grande nube. Egli fa cadere la dolce rugiada, la pioggia del dharma, che spegne le fiamme dei desideri terreni"11.

Acqua come pioggia benefica che investe equamente tutte le creature. Acqua che è il Dharma. Acqua che spegne i vortici infuocati delle brame e della sofferenza. E, a questo punto, risulta opportuno ricordare che la massima aspirazione del Buddhismo,

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il Nirvana, l'estinzione delle brame egoiche e delle sofferenze dell'io, ri-chiama alla mente proprio lo spe-gnimento del fuoco.

Attraverso questa rapida disamina della centralità dell'acqua in molte culture e religioni, speriamo di aver dato sufficienti elementi per riflettere su come, al fondo degli abissi delle culture umane, si celi un medesimo fondale, fatto di ricerca di purificazione, di sete di dignità e verità.Una vicenda, quella della simbologia dell'acqua, che racchiude un oceano di valori, come la valorizzazione della Vita, l'essere deferenti verso ciò che ci nutre, e la ricerca della condivisione in nome di ciò che ci accomuna. Acqua: Via, Verità, Vita.

M.S.

Note

1 - Cor. 2:164; 14:52. (Bausani, A., a cura di, Il Corano, Milano, BUR, 1996).2 - Cor. 80:24-30.3 - Cor. 24:45.4 - Cor. 25:54.5 - Cor. 21:30.6 - La contrapposizione acqua/fuoco è anche alla base della ribellione del Satana coranico, Iblis. Guardando il primo uomo, Adamo, impastato con acqua e argilla, egli si rifiutò di inchinarsi dinanzi alla creazione divina asserendo: "Sono migliore di lui, Creasti me dal fuoco, mentre lui traesti dall'argilla", Cor. 38:76.7 - Eraclito, Dell'Origine, Feltrinelli, p. 78-79, frammento 31.8 - Mi riferisco alla sua fondamentale opera Periegesi della Grecia, II secolo d.C.9 - "Pesce" anche per via dell'acronimo in greco I.CH.TH.Y.S., Iesous Christos Theou Yios Soter, cioè Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. La parola formata, Ichthýs, in greco, vuol dire, per l'appunto, "pesce".10 - Sutra del Loto 5, "La Grande Nube".11 - Sutra del Loto 25, "Sutra di Kannon".

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Le pagine dell’Anticristo di Nietzsche sono irriverenti, sferzanti, pungenti, odiose a volte, ma stupendamente

vive, assetate di vita.La sua denuncia della décadence occidentale che plana verso un as-surdo nichilismo, trascinata dalla sua ostentazione dei deboli, degli afflit-ti, dei mediocri è di una cattiveria inaudita a volte, ma pulsante di vita, una vitalità che non lascia indifferenti.Ciascuno di noi è debole, afflitto, imperfetto.  Nietzsche lo era più di molti altri. La sua lotta costante contro la mediocrità, contro l’abbassamen-to delle pretese e delle aspettative, trabocca di sete di vita e di Assoluto. È uno spingere ad implicarsi, a compromettersi, a non vivere la vita in una comoda, difesa e tiepida morale filoborghese come quella che il filosofo constatava intorno a sé.  Nietzsche, di certo, non amava i cristiani, ma era assetato di Dio.Dalla sua invettiva contro il cri-stianesimo il buon Federico salva

solo Gesù Cristo al quale riserva parole stupende, anche e soprattutto quando lascia intendere un para-gone con l’Idiota di Dostoevskij, un idiota folle, trasparente, innovatore come solo i folli sanno essere. Un folle il cui messaggio è stato violenta-to dai successori che hanno fatto del pensiero sacro di Cristo un’etica moraleggiante, tradendone l'essenza. Ma la religione non è, non può essere e non sarà mai soltanto una morale.Cosa è il sacro l’ho imparato proprio dalle parole del buon Nietzsche, sferzanti di odio per un cristianesimo che nel corso dei secoli ha barattato il sacro con la morale e la pudicizia.Oggi questo è più evidente che mai: nell’epoca del politically-correct (di facciata), dell’ipocrisia di una morale fondata solo sulle parole, della difesa verbale a oltranza, ci vedo proprio l’effetto di quella décadence di cui parlava il grande filosofo tedesco; un rammollirsi dei costumi e un nascondersi dietro a frasi fatte e pensieri preconfezionati, uccidendo così pensiero e capacità critica.

Nietzsche e Gesù

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Un’epoca, questa, dove si difendono solo i diritti degli "sfigati" che sono più in voga al momento, dove non ci si sporca mai le mani, piuttosto si pensa di risolvere i problemi cambiando le parole con parole più accettabili. Il pensiero di Gesù non è stato solo violentato e tradito, è stato massacrato, ucciso e vanificato.Forse dirò una blasfemia, ma a mio avviso uno dei più grandi cercatori di Dio è stato proprio colui passato alla storia per averne decretato la morte.

E.G.

Una scia rossatra i binariscossi dal treno ondeggianoi papaveri

G.R

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Nello scorso mese di Marzo, a Salsomaggiore, si è svolto il Congresso dei Centri aderenti all’Unione Buddhista Italiana.

Un congresso che è stato il punto di arrivo di un progetto di raccolta e approfondimento degli argomenti e delle direzioni su cui lavorare nei prossimi anni, sia come comunità sia in particolare come Consiglio Direttivo; la proposta è stata pre-sentata e discussa nel corso di tre giornate e la versione definitiva è stata consegnata in occasione del-l’Assemblea annuale che si è svolta a Firenze il 13 Aprile.Gli argomenti contenuti nel docu-mento discusso al Congresso riguar-dano sia l’organizzazione, sia il ruolo dell’Unione Buddhista Italiana.Elenchiamo qui i quattro temi principali:1. Funzione dell’Unione Buddhista Italiana rispetto alle aspettative e ai bisogni degli associati e nei confronti dei cittadini e delle istituzioni 2. Creazione di una Consulta dei religiosi

3. Gestione 8x1000 4. Architettura organizzativa

Tutti i punti sono un segno del cambiamento in atto, sia a livello aggregato sia nei singoli Centri, dopo l’attuazione dell’Intesa con lo Stato Italiano e l’erogazione dei fondi raccolti con le firme relative all’8 per Mille.Su tre punti, la discussione ha prodotto alcuni emendamenti e un accordo sulla versione definitiva.Il punto relativo alla Consulta dei religiosi, invece, ha generato non poche discussioni, e ne sono emerse da un lato posizioni diverse, e dall’altro l’esigenza di approfondire la definizione e il ruolo non solo dei Ministri di Culto, previsti dall’Intesa, ma anche dei religiosi in generale, figure a volte dal contorno poco definito o sovrapposte con i Maestri di Dharma.Come conclusione, si è deciso di sospendere la votazione sullo spe-cifico argomento e di affidare al Consiglio Direttivo l’incarico di

Politeia

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continuare l’approfondimento di un argomento che, anche solo per il dibattito generato, ha dimostrato di essere di grande interesse.

Il 13 Aprile, a Firenze, nel corso dell’Assemblea annuale, è stato eletto il nuovo Consiglio Direttivo e nominato il nuovo Presidente.I nuovi membri eletti del Direttivo sono :

Filippo Scianna (Presidente)Giovanna Giorgetti (Vice-Presidente)Elena Seishin Viviani (Vice-Presidente)Stefano BetteraAldo Marzano

Rita NicheleCarlo Tetsugen Serra

Il compito che il nuovo Consiglio Direttivo dovrà affrontare nei pros-simi anni sarà molto impegnativo e rappresenta la continuazione del percorso di crescita e sviluppo che l’U.B.I. in generale, e i Centri che la compongono singolarmente, ha intrapreso a partire dall’Intesa si-glata con lo Stato italiano nel 2000, trasformata in Legge nel 2012, e divenuta operativa con l’estensione all’Unione Buddhista Italiana della possibilità di poter ricevere l’8 per Mille dai cittadini italiani a partire dall'anno 2014.

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Il giorno 11 maggio, presso il Kenko Shin dojo di Rimini il rev. Elena Seishin Viviani ha celebrato il primo bat-tesimo del nostro Sangha.Dopo il matrimonio, il battesimo è un rito in cui i genitori di fronte alla comunità riunita dichiarano e prendono il solenne impegno di crescere ed allevare la nuova

creatura secondo i principi del Dharma di Buddha.

Alla piccola è stato dato il nome dharmico di Mushin 梦心, Sogno del Cuore, e un piccolo Rakusu bianco cucito dalla nostra esper-ta di Cucitura Tradizionale Chiara Daishin.

11 maggio 2019 presso il Kenko Shin dojo di Rimini Battesimo di Giulia Mushin Grossi.

'Cosa di meglio?Che tu fossi qui'

Battesimo

Notizie in breve

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Lo scorso 10 maggio si è svolto presso la Certosa 1515 di Avigliana (TO) un momento di condivisione spirituale interreligiosa nell'ambito del seminario " Abitiamo la terra. È la nostra casa comune". Questo seminario fa parte del programma di studio "Laudato si'. Laudato Qui" organizzato da Casa Comune e Gruppo Abele.Diana Myoshin Pace ha partecipa-to in rappresentanza del Cerchio

Vuoto e ha evidenziato come la con-sapevolezza della Verità universale della Sofferenza di tutti gli esseri e dell'Interdipendenza di tutti i fenomeni porti coerentemente e naturalmente ad una visione pro-fondamente ecologica e senza di-stinzione o priorità di specie. Il suo intervento si è concluso citando una poesia del Maestro Daido Strumia "Insuperabile fra le voci del mondo la voce che ascolta".

È ancora aperta la raccolta fondi per il completamento dei lavori per il Tempio Enkuji. Abbiamo superato 2000€ raccolti e ringraziamo tutti coloro che hanno già partecipato.

Chiediamo a tutti un piccolo sfor-zo, in modo da poter raggiungere l'obiettivo che ci eravamo fissati.

Siate generosi!

Abitiamo la Terra

Crowdfunding

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Dal 31 al 5 giugno la rev. Elena Seishin Viviani si recherà al tempio Kansho-ji (La Coquille, Francia) per prendere parte alle Celebrazioni dell'O Jukai.Nel Buddhismo Zen Sōtō, O Jukai è la Cerimonia pubblica di ordinazione, laica e monastica, che sancisce

In data 2 giugno l'Enku-ji è stato invitato dal comune di Torino a far parte della delegazione del Comitato Interfedi per l'evento "Moschee Aperte", organizzato da varie co-munità musulmane torinesi.

In occasione della fine del mese di Ramadan, e del relativo digiuno, diverse moschee hanno aderito all'iniziativa di condividere il pa-sto serale che sancisce la fine del digiuno insieme ai cittadini torinesi

l’ingresso nella Via del Bodhisattva, in cui vengono ricevuti, o rinnovati, i Sedici Precetti.

Le cerimonie saranno guidate dal vice-abate di Eihei-ji, Dônin Minamisawa Roshi, abate fondatore di Kansho-ji.

desiderosi di unirsi a loro.La delegazione, guidata dall'as-sessore alle Politiche giovanili e alle Pari opportunità Marco Giusta, ha partecipato con calore e interesse a questa esemplare iniziativa (giunta alla sua terza edizione), al momento unica in tutta Italia, nella speranza che possa diventare un esempio di convivenza civile e di aperto confronto fra le diverse comunità religiose, nonché fra cittadini italiani.

O-Jukai

Moschee aperte

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- Rakusu verde di Diana Myōshin – da terminare

- Rakusu verde di Diego Daien – da terminare

- Rakusu verde di Viola – da terminare

- Rakusu di Erika - da terminare

- O-Kesa di Diana Myōshin – da terminare

- O-Kesa di Diego Daien – da terminare

- O-Kesa di Giacomo Gian – da terminare

- O-Kesa di Aldo Dōshin – da terminare

Stato di avanzamento degli O Kesa e Rakusu del nostro Sangha

Sesshin di Cucitura dell'O-Kesa

L’O-Kesa, sigillo della trasmissione del Dharma del Buddha, caratterizza i monaci buddhisti, ma tutti i praticanti, anche laici, sono tenuti a cucirlo e indossarlo.

Durante il sesshin, nella magnifica cornice alpina offerta dalla Rocciaglia, luogo ormai storico e molto caro al nostro Sangha, la pratica dello zazen si alternerà alla pratica della cucitura. Tutti i partecipanti collaboreranno a cucire alcuni O-Kesa e Rakusu già in corso d’opera, che verranno conferiti durante l’ango estivo, ma sarà possibile anche iniziarne altri*. Anche chi non ha esperienza sarà benvenuto, e avrà modo di essere iniziato alla pratica della cucitura secondo lo stile Nyo-ho.

Per partecipare, contattare la segreteria al 3335218111, o via email all’indirizzo [email protected] entro il 23 giugno.

*previa autorizzazione dell’insegnante, rev. E. Seishin Viviani, e richiesta in segreteria entro il 15 giugno pv.

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per timore di non essere ascoltato. Lei sorrise amabilmente e mi con-sigliò di parlare comunque senza preoccuparmi di quanto si potesse coinvolgere o meno l'interlocutore, perché l’essenziale era comunque sfogarsi, e quindi lo scopo sarebbe stato raggiunto comunque. Ancora oggi non ne sono molto convinto, però da allora migliorarono decisa-mente i rapporti con la persona che oggi considero il mio migliore amico, famoso per aver ascoltato amabilmente per venti minuti una ragazza che dopo qualche istante di silenzio, perché distratta da qualcos’altro, gli chiese: “Dov’ero rimasta?”, e lui con sincero stupore rispose: “E lo chiedi a me? Ti ho persa da dieci minuti!”Ascoltare davvero non è la con-suetudine, è più facile farsi attra-versare dalle parole e dai nostri giu-dizi che si appoggiano ad esse, o dalle nostre idee, che sperano sempre di imporsi più forti di quelle altrui.

Sono nato e cresciuto in Barriera di Milano, un quar-tiere periferico di Torino.Il suo nome lo deve alla vi-

cinanza con l’autostrada che con-duce al capoluogo lombardo, cuore dell’immigrazione interna negli anni ’60 e attualmente interessata da quella straniera. Un quartiere, oggi come allora, con-siderato difficile, dove non manca-no degrado e disagio sociale, mi-crocriminalità e droga. Nonostante tutto ciò io mi sono sempre divertito molto, avendo la fortuna di vivere la ricchezza delle grandi borgate di confine, persone dal cuore leale, ragazzi semplici e curiosi che sono riusciti con ironia e immaginazione ad adattare i valori della tradizione famigliare d’origine a un contesto nuovo e complesso. Ricordo in particolare una sera dei primi anni Novanta: confidavo ad un’amica di avere difficoltà a raccontare ad altri i miei problemi

AscoltareDiegustibus

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È quindi ancora più comprensibile capire quanto possa essere com-plesso ascoltare il silenzio, non solo come assenza di parole, ma della cessazione del rumore di fondo e del continuo brusio della nostra inafferrabile, quanto creativa at-tività mentale. I Maestri Zen della Tradizione ci invitano a lasciar cadere, andando sempre più inprofondità, l’ascolto stesso, in modo che, come disse il Maestro Mokurai, si possa realizzare "il suono di una mano sola". Di certo una delle formulazioni che mi sono più care di questa specia-le assenza/presenza dell’ascol-to, appartiene al Maestro Daido Strumia, fondatore dell’Enkuji: a chiusura di alcune sue lezioni di Dharma raccolte nell’opera,

“L’urlo del pesce”, egli scrive che, se avesse avuto la possibilità di passare alla storia, avrebbe preferito farlo per motivi ovvi, scontati, al pari de:

Il muschio sulla roccia,il muso e la coda di un vitello

appena partorito,l’unghia di un rapace nel vello

di un caprone,il lampo nell’occhio di una cernia

appena fiocinata,il silenzio dopo un’esplosione,l’urlo del pesce sulla graticola.

Sono una sorta di koan moderni, su cui interrogarci… impareremo mai ad ascoltare l’urlo del pesce?

D.Z.

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Partecipazione alla condivisione interreligiosa organizzata alla Certosa 1515 di Avigliana da Casa Comune e Gruppo Abele nell'ambito del programma di formazione "Abitiamo la terra. È la nostra casa comune".

Sesshin presso l'Enkuji.

Incontro di Shodō.

Giornata di Cucitura Tradizionale dell'Abito, O-Kesa.

Incontro di Shodō.

Conferenza di don Paolo Scquizzato "Il Vangelo e i Vangeli. Ricordare e raccontare" per il ciclo "Così ho udito. Il testo sacro nelle tradizioni religiose".

Mattino - Celebrazione del Vesak presso Enkuji.Pomeriggio – Milano, partecipazione alla processione organizzata dal tempio Lankaramaya.

Partecipazione alla Celebrazione del Vesak organizzata dal centro Mandala pesso il Monastero Samten Ling di Graglia.

Partecipazione all'evento Moschee aperte (per info: http://www.comune.torino.it/torinogiovani/vivere-a-torino/moschee-aperte).

Incontro di Shodō presso l'Enkuji.

Introduzione alla pratica per i principianti.

Assemblea Centri U.B.I. a Roma

Incontro di Shodō presso l'Enkuji.

Introduzione alla pratica per principianti

Sesshin di Cucitura a Prà del Torno.

Calendario

MAGGIO

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GIUGNO

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Il Cerchio Vuoto è un'associazione religiosa per la pratica e lo studio del Buddhismo di scuola Zen Sōtō. Membro dell'Unione Buddhista Italiana (Intese con lo Stato Italiano, legge 245 del 31-12-2013)

Via Carlo Ignazio Giulio 29 - 10122 TorinoTel: [email protected]

Via Alessandro III 28 - 15121 [email protected]

Via Resia 9 - 47921 [email protected]

Associazione

Enku dojo

Jikai dojo

Shōyū

Info e contatti

Hanno collaborato a questo numero: Elena Seishin Viviani, Chiara Daishin Grassi, Diana Myoshin Pace, Erika Grasso, Diego Daigen Zani, Marco Serravalle, Andrea Petrosillo