L’alleanza medica nel percorso di cura - vidas.it · È nato così un progetto di presa in carico...

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VIDAS GIUGNO 2018 L’alleanza medica nel percorso di cura insieme a Assistenza completa e gratuita ai malati terminali ALBERTO CALCINAI

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VIDASGIUGNO 2018

L’alleanzamedica

nel percorsodi cura

insieme aAssistenzacompletae gratuitaai malatiterminali

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INSIEME A VIDAS

NOTIZIARIO QUADRIMESTRALEDELL’ASSOCIAZIONE VIDAS ONLUS

AUT. DEL TRIB. DI MILANON° 301 DEL 17-04-1990

CORSO ITALIA 1720122 MILANO TEL. 02.72511.1

FAX 02 72511237www.vidas.it - [email protected]

DirettoreGIUSEPPE CERETTI

[email protected]

Responsabile comunicazioneRAFFAELLA GAY

[email protected]

Redazione

ANTONIO [email protected]

ROBERTA [email protected]

GraficaCARLO RIZZI

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EDITORIALE

Il dialogo senza frontiere tra le due medicine È solo in questa circolarità che

l’opera di Vidas acquista il suosenso pieno, nell’impegno, ma me-glio dire nell’obbligo, di esseresempre in relazione con gli altri.Le stanze delle case che ognigiorno frequentiamo, così come lecamere del nostro hospice, nonsono cronicari, ma luoghi deputatialla miglior vita possibile. Quandosuperiamo quelle soglie il nostroimpegno è fatto d’ascolto, di cura,di attenzione perché Vidas è sedeprivilegiata di una circolarità diesperienze che ci rendono consa-pevoli di quanto grande sia la no-stra responsabilità. La dottoressa Cristina Pinerolo,dell’ospedale San Carlo, narra iprimi, significativi passi di un pro-getto di alleanza terapeutica chevede congiuntamente impegnatinefrologi e palliativisti di Vidas eche si pone quale traguardo pros-simo la creazione di un ambulato-rio dedicato e gestito in colla-borazione per offrire “sostegno sa-piente al dolore”, come scrive contoni di intensa partecipazione e fi-ducia nell’impresa virtuosa.Di qui lo sguardo rivolto sia all’ac-coglienza costante di chi soffre, nelnome della pietas, sia ai percorsidella medicina. Mai nessuno è in-curabile.È una risposta che dobbiamo aquanti, sensibili, ci hanno scrittoin queste settimane dopo il nostronumero dedicato alla legge sul te-stamento biologico, come maiprima era accaduto. Voci anche didissenso per la pretesa enfasi suun provvedimento che restituiscelibertà e dignità e sul quale ricon-fermiamo il giudizio positivo.Tuttavia mai per un istante, nelquotidiano lavoro, dimentichiamoche le nostre mani tese possonoriaccendere la fiamma della vita.Poco c’importa sapere per quantotempo e quando si spegnerà, maquant’è forte la luce che irradia eche a noi spetta il compito di man-tenere più vivida che mai.

Giuseppe Ceretti

Le pagine che seguono sono de-dicate a iniziative di collabora-

zione tra Vidas e istituti di curache operano nel territorio. Siner-gie che conducono a un percorso divita residua che non conosce bru-sche interruzioni, che non trac-ciano frontiere nette tra lamedicina che guarisce e quella del“non c’è più niente da fare”.

Siamo ai primi passi, per-ché il percorso di ogni sin-golo essere umano è unicoe irripetibile, perché lemalattie oncologiche sonoaltro dalle malattie gene-tiche, metaboliche, neuro-degenerative: quando ecome è giusto intervenire,quando è il tempo dellecure palliative? Interrogativi legittimi aiquali solo intensi lavori distudio e ricerca potrannodare risposte sempre più

efficaci, individuando indicatoriprecisi e puntuali.C’è tuttavia già da ora qualcosache fa accendere legittime spe-ranze ed è la coscienza sempre piùdiffusa che tra le due medicine,quella che guarisce e quella checura quando non si può guarire,non c’è altra frattura se non quellalegata ai pregiudizi, intesi nel si-gnificato lessicale di “giudizi pre-maturi” e quindi parziali e basatisu argomenti insufficienti. La me-dicina palliativa non è il falli-mento della medicina che vuoleguarire, come si rintraccia in re-taggi culturali, anche di certa for-mazione universitaria.La dottoressa Giovanna Visconti,medico della équipe di cure pallia-tive pediatriche in Vidas, nell’in-tervista che segue questa pagina,sottolinea quanto il condiviso ap-proccio abbia fatto cadere moltebarriere e abbia consentito per-corsi di cura innovativi, senza labrusca frattura che sconvolge daun giorno all’altro programmi te-rapeutici e obiettivi.

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Nel 2010 la mia mamma, 81 anni,affetta da un parkinsonismo in-

gravescente, ipertesa e cardiopatica,si è ammalata di insufficienza renaleterminale, e presto ho dovuto deci-dere con lei - io medico nefrologo - diiniziare il trattamento con l'emodia-lisi. Ho visto l'impatto di questo trat-tamento in una persona anziana.Ogni viaggio per raggiungere il cen-tro dialisi, ogni seduta emodialiticacostituivano uno stress importante.In quei mesi mi sono impegnata perevitare in tutti i modi che venisse ri-coverata, consapevole dei rischi cuisarebbe andata incontro. L’ho visi-tata con regolarità ogni settimana acasa e in dialisi. Ho curato al domici-lio due gravi infezioni e una polmo-nite. Mi sono impegnata a mante-nere un trattamento dialitico a bassadose. Ho addestrato una meravi-gliosa “tata” polacca a cucinare perlei le cose giuste, a verificare con at-tenzione le terapie, ad aiutarla nellecure quotidiane. Ho procurato tuttigli ausili necessari a gestire i suoi bi-sogni a casa, e ho evitato di sotto-

IL RACCONTO

porla ad accertamenti e inutili pro-cedure invasive. Con queste atten-zioni e con la sua grande forza divolontà è sopravvissuta 20 mesi fa-cendo la dialisi. Questa esperienza mi ha aiutato acapire meglio i bisogni dei pazientianziani, fragili e nefropatici che curotutti i giorni. Sono oltre 45mila i sog-getti che in Italia si sottopongono alladialisi (oltre 8.500 nuovi casi ognianno). I dati di letteratura, confermati dallanostra esperienza sul campo, dimo-strano come il numero di pazientianziani e fragili con malattia renalegrave per cui viene proposta la dia-lisi sia destinato ad aumentare neglianni. Si tratta di persone spesso nonpiù autosufficienti e affette da nu-merose altre patologie, oltre quellarenale, per le quali quindi il tratta-mento dialitico può associarsi a unaridotta sopravvivenza, talora infe-riore a quella di molte neoplasie. Nella realtà in cui lavoro come ne-frologa, all’interno del Servizio diDialisi dell’Ospedale San Carlo Bor-

romeo (emodialisi e dialisi perito-neale) constatiamo il numero cre-scente di questi pazienti che pre-sentano spesso complicanze alla dia-lisi, sia infettive che cardiovascolari,un alto tasso di ricoveri o accessi inpronto soccorso, una scadente qua-lità di vita con importanti ricadutesulla propria autonomia. Le LineeGuida pongono poche indicazioni pernon intraprendere la dialisi: una de-menza grave o una malattia neopla-stica metastatizzata avanzata. Ma seosserviamo, oltre alla sopravvivenza,la qualità di vita dei pazienti, na-scono sempre più dubbi che il tratta-mento dialitico sia appropriato permolti anziani fragili, gravati da ma-lattie croniche concomitanti. Sep-pure nel 2015 le due societàscientifiche (Nefrologia e Cure Pal-liative) abbiano condiviso un docu-mento per la gestione del pazientecon uremia terminale, le esperienzedi collaborazione fra queste due spe-cialità sono ancora rare in Italia, enon esiste un modello organizzativocollaudato.

Una dottoressa dell’ospedale San Carlo racconta la collaborazione con Vidas

L’alleanza fra noi nefrologi e i palliativisticontro la malattia renale cronica avanzata

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Per questo motivo nel giugno delloscorso anno ho preso il coraggio disuonare il campanello di Casa Vidas.Avevo chiaro in mente che gli opera-tori dell’Associazione sono degli an-geli addestrati ad entrare in punta dipiedi nelle case delle persone dove lafragilità è padrona. Li ho visti con imiei occhi dare sollievo e sostegno sa-piente al dolore e desideravo trovareun modo per offrire tutto ciò anche aimiei pazienti anziani, fragili, termi-nali, già in dialisi o non ancora.È nato così un progetto di presa incarico del paziente nefropatico avan-zato o dializzato, che vede la parteci-pazione integrata di Nefrologi ePalliativisti. Abbiamo formato ungruppo di lavoro interdisciplinare: lariflessione condivisa per ogni singolopaziente con aspettativa di vita pre-sunta inferiore a un anno ci permettedi prenderlo in carico in maniera in-tegrata attraverso la formulazione diun percorso di cura proporzionatoalle condizioni cliniche, con obiettivicommisurati ai bisogni, riducendo leospedalizzazioni e favorendo la do-miciliazione della cura fino a otti-mizzare l’impatto della malattiarenale terminale sulla qualità divita. Non solo, in quei casi in cui siaopportuno non intraprendere o ri-durre o sospendere definitivamenteil trattamento dialitico la stretta in-tegrazione del team di cure palliativecon il team di nefrologia permette diaffrontare meglio sia l’assistenza cli-nica che le questioni etiche, e sem-plifica il processo comunicativo. Inpiù riduce nel paziente e nei fami-gliari la sensazione di abbandono afronte di una malattia che sarà le-tale, ma anche nel nefrologo leniscela sensazione di abbandonare il pa-ziente. La condivisione del processotra nefrologi, palliativisti e pa-ziente/famiglia favorisce l’acquisi-zione di un linguaggio comune,fondamentali per una buona cura.In concreto finora abbiamo lavoratoper individuare strumenti comuniper l’identificazione dei pazienti can-didabili a un percorso di cure pallia-tive. Abbiamo organizzato sia pressol'Ospedale San Carlo sia presso l’ho-spice alcuni incontri formativi multi-disciplinari mirati allo scambio diconoscenze e competenze che pos-sano aiutarci a migliorare l’assi-stenza offerta ai pazienti. Oltre allacomunicazione continua diretta tra imedici (nefrologo e palliativista), ab-

biamo anche programmato a ca-denza regolare incontri di verificamultidisciplinari durante i quali sidiscutono i casi in carico per garan-tire gli elevati standard assistenzialie eventualmente mettere in atto deimiglioramenti. L’incontro tra pa-ziente nefropatico con la sua famigliae team dei palliativisti (assistente so-ciale e medico) avviene per lo più al

momento di un ricovero. In questaoccasione viene concordato il piano dicura, l’eventuale attivazione di altrefigure professionali e le modalità difollow-up sia tra sanitari sia con ilnucleo paziente-famiglia. Successi-vamente con periodicità e intensitàvariabile in base alle necessità clini-che, i controlli avvengono al domicilioo in sala Dialisi o in Ambulatorio(Nefrologo, Infermiere). L’obiettivo amedio termine è quello di implemen-tare un Ambulatorio dedicato, cheveda la collaborazione delle due spe-cialità. Poiché si tratta di costruire insiemeun modello organizzativo multidisci-plinare e interdipartimentale che siafunzionale ai bisogni dei pazienti, vo-gliamo valutare a distanza di almeno6 mesi l'efficacia di questo modello ei risultati che avremo ottenuto. Glioltre 20 pazienti assistiti finora uni-tamente ai loro familiari ci incorag-giano a proseguire questa colla-borazione.

Maria Cristina Pinerolo De Septis, dirigente medico specialista pressoNefrologia e Dialisi dell'Ospedale San Carlo Borromeo

Nella pagina accanto: al centro Maria CristinaPinerolo De Septis. A sinistra la dottoressaAnna Ricchiuto e a destra l’infermiera di dialisiDomenica Ranieri che con lei hanno tenuto lelezioni di nefrologia in Vidas.

Cerchiamo medici palliativisti per attività a domicilio

Cerchiamo medici palliativisti disponibili al lavoro in équipe inter-disciplinare, che abbiano buone capacità relazionali, di ascolto edi gestione di situazioni cliniche e assistenziali complesse. Com-pletano il profilo disponibilità e flessibilità.Si offre un interessante contratto di collaborazione libero profes-sionale e un programma di formazione continua in cure palliative,strutturato anche in funzione delle esperienze maturate.I candidati dovranno preferibilmente possedere uno dei seguentirequisiti:� Esperienza triennale certificata nel campo delle cure palliativeoppure� Specialità in:

Il presente annuncio si rivolge ai candidati di ambo i sessi (L.903/77). Gli interessati sono pregati di inviare il proprio curricu-lum, specificando l’autorizzazione al trattamento dei dati perso-nali ai sensi del D. Lgs. n°196/03.Info su www.vidas.it/lavora-con-noi Mail: [email protected]

� Medicina Interna� Neurologia� Oncologia Medica� Pediatria� Radioterapia

� Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva

� Ematologia� Geriatria� Malattie Infettive

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Giovanna Visconti è da 15 annimedico palliativista e da quasi

quattro è entrata a far parte dellaprima équipe multiprofessionale dicure palliative pediatriche in Vidas. La consapevolezza maturata nel-l’esperienza al domicilio è che i me-dici che hanno curato il bambinofino a quel momento e i medici pal-liativisti devono parlarsi, cono-scersi. Il passaggio di consegne deveavvenire lentamente ed essere favo-rito dai medici oncologi in modo cheil piccolo paziente e la sua famiglianon si sentano abbandonati ed esi-liati da un luogo di cura attiva.

Di qui la decisione di una colla-borazione con l’Istituto dei Tu-mori. Quali le motivazionisoprattutto da parte dell’Isti-tuto?Per l’avvio del progetto determi-nante è stata la consapevolezza dicome sia difficile sostenere l’eventodella morte in un ambiente in cui cisono genitori e bambini che stannoper iniziare una terapia, con l’obiet-tivo, nell’80% dei casi, di guarire:avere di fianco quello che si po-trebbe definire l’insuccesso, la scon-fitta è molto difficile e provocaemozioni drammatiche.

Come si attua la collaborazione,come si intrecciano le quattromani?La collaborazione prevede la presain carico prima che il piccolo pa-ziente venga dimesso o in occasionedi una visita ambulatoriale in Isti-tuto: i medici palliativisti conosconoil bambino e i genitori, spiegano checosa sono le cure palliative. Inizial-mente le terapie chemioterapichevengono somministrate dall’Istituto

In Vidas non si curano solobambini inguaribili per una pa-tologia oncologica, anzi per lamaggior parte i bambini sonoaffetti da malattie congenite,rare, degenerative. Il modellodi collaborazione con l’Istitutodei Tumori può essere esteso adaltri interventi?Nella piccola frazione di malattieoncologiche siamo riusciti a crearequalcosa di strutturato e l’obiettivoesplicito è di portare, prima o poi,questo metodo di collaborazioneanche in altre realtà, che sono il

con stretta periodicità, mentrel’équipe Vidas al domicilio monitorala situazione, fa visite cadenzate incui non viene ancora somministratauna terapia antalgica: è una fase incui il bambino sta abbastanza bene,ci si conosce e i genitori diventanopiù consapevoli del ruolo delle curepalliative. Col passare del tempol’intervento dell’équipe di cure pal-liative diventa preponderante, matutto viene sempre condotto in col-laborazione con l’Istituto.

Tema delicatissimo è la spe-ranza, di come è vissuta dallamedicina attiva che intendeguarire e di come è vissuta daquella palliativista che intendecurare. Come si opera?Nel bambino ogni risorsa utile,anche solo a rallentare l’evoluzionedella malattia, viene messa in gioco:molto spesso i piccoli pazienti sonosoggetti a una chemioterapia pallia-tiva fino a pochi giorni prima dellamorte e la somministrazione anchesolo di una compressa, che simbo-leggia ancora un 2% di speranza diguarigione o di rallentamento dellamalattia, è importante. Il nostroruolo è far sì che i genitori trovinoun barlume di speranza non solonelle chemioterapie, ma anche inaltri approcci che possono essere re-lazionali, di ascolto, piuttosto chenell’intervento del fisioterapista, dellogopedista, dello psicologo o di altriprofessionisti sociosanitari. Inter-venti legati non a un’ipotesi di gua-rigione, ma alla qualità della vitaresidua. Dopo la fase iniziale, il rap-porto tra Vidas e l’Istituto continuacon appuntamenti periodici ogni 15giorni, in conference call, tra le duemicro équipe.

Le mani che s’intrecciano per accogliere e dare assistenza ai bambini malati

L’INTERVISTA

Giovanna Visconti racconta l’esperienza di collaborazionecon l’Istituto dei Tumori nelle cure palliative pediatriche

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75% delle patologie pediatriche.Non è facile perché c’è resistenza daparte dei medici e in molte strutturemanca la capacità di ammettere chea un certo punto la medicina chevuole guarire non è più in grado dioffrire aiuto. Credo che la sfida piùgrande sia proprio quella di far su-perare i preconcetti sulle cure pal-liative ai nostri colleghi ospedalieri,rivedendo retaggi culturali, di for-mazione anche universitaria, checondizionano gli approcci alla ma-lattia inguaribile: per molti colleghinoi palliativisti rappresentiamo illoro fallimento, il fallimento dellamedicina che vuole guarire. Un ri-sultato del progetto di collabora-zione è proprio che, conoscendosi,molte barriere sono venute meno.

Altra questione delicata è iltempo di inserimento delle curepalliative…È una scelta più difficile in altri con-testi di patologie pediatriche. In am-bito oncologico, anche se ogni giornosi trova qualche nuovo farmaco equindi c’è la possibilità di un inter-vento terapeutico in più, il decorso è

prevedibile e quindi è abbastanzachiaro il momento in cui inserire lecure palliative. Nelle malattie gene-tiche, metaboliche e neurodegene-rative è più complesso capire se ètroppo presto per intervenire, maanche cercare di non arrivare solonel fine vita. Stiamo lavorando pertrovare indicatori che ci segnalinoquando è il momento giusto.

Ulteriore, delicatissimo tema ri-guarda la comunicazione e ilcoinvolgimento attivo di bam-bino e genitori nelle scelte tera-peutiche. Come ci si puòmuovere?La comunicazione passa sempre at-traverso le persone, e ogni personaha una sua modalità, ma mancanobasi condivise tra medicina attiva emedicina palliativa e l’una guardacon sospetto l’altra. Noi cerchiamosempre, nei limiti del possibile, dicoinvolgere il bambino, spiegando-gli quello che viene fatto, i pro-grammi terapeutici, gli obiettivi. Inalcune situazioni si può parlare li-beramente, in altre, di particolarefragilità, meno; a volte non si diconotutte le verità, se ne dice una parte,quella che può essere sostenuta dalpaziente o dai famigliari, ma i puntifondanti sono l’ascolto e l’accogliere

e rispondere a ogni domanda. Al di là di elementi comuniquali sono le difficoltà da supe-rare nella relazione terapeuticaed emozionale con il mondo deibambini rispetto a quello degliadulti? Occorre esperienza ed ancora espe-rienza. Io l’ho potuto fare dopo uncerto numero di anni che mi occu-pavo di cure palliative, perché avevomaturato solide basi tecniche, senzale quali non è possibile occuparsi dicure palliative pediatriche. Forse ilpassaggio ha comportato un salto diconsapevolezza. Relazionarsi con ilbambino richiede una grande lavorosu di sé, sempre, ma relazionarsicon il bambino malato grave credoche lo richieda ancora di più. Unaltro aspetto molto importante è lacertezza che da soli non si può farenulla: credere molto nel lavoro diéquipe, prezioso per condividereemozioni, dubbi, scelte. E anchesaper tenere, per quanto possibile,una certa distanza per non eccederenel coinvolgimento emotivo che coni bambini è fortissimo, anche perchémettono in moto tutti i piani del no-stro essere.

Cristina StrataVolontaria Vidas

Nella pagina accanto la dottoressa Gio-vanna Visconti qui impegnata in un collo-quio con i familiari di un piccolo paziente.

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Il senso di giustizia. In ciò sono inpiena sintonia con quanto disse Gio-vanna e per ragioni profonde che at-tengono alle mie origini. Porto aldito un anello, di valore venalenullo, ma di incommensurabile va-lore affettivo. Non me ne separeròmai. Reca la sigla G.L. Era di miamadre e quelle due lettere non sonosolo le iniziali di nome e cognome,ma di Giustizia e Libertà. Due let-tere che hanno riassunto i valoridella lotta al nazifascismo e sono le

pietre fondanti della democrazia.Con quell’anello mamma e papà sisposarono.

Si dice che solidarietà e pietà siaffievoliscano nei tempi digrandi incertezze, dominati dapaure spesso irrazionali. Checosa si può fare?Anch’io osservo fenomeni di chiu-sura che mi rattristano, ma noncredo che viviamo in una società piùegoista. Certo, ideologie nobili tra-montano, la democrazia è fragile,ma se si guarda con occhi sensibiliin seno alla società si manifestatanta solidarietà, il volontariato èvivo. Sono ben lontana da un banaleottimismo, ma è più facile trovarenotizie tremende che scovare quellebuone. C’è molto scuro, ma anchechiaro: io la vedo così, forse perchéscelgo i miei simili.

Non so davvero darmi una ragione,ma mentre mi congedo da SimonettaLagorio e lascio quelle belle stanzedove i libri la fanno da padroni, macon pudore, mi tornano alla mente leparole con cui Claudio Magris definìVidas: “Non un’impresa di barellieriche soccorrono la vittima di un occa-sionale incidente, ma persone cherendono più umano il lembo estremodell’esistenza”.C’è in questa signora dal tratto gen-tile una naturale spontaneità, unparlare dritto al cuore che ti colpi-sce. Soprattutto quando si parla didolore, di sofferenze, delle ragioniche l’hanno condotta a stare accantoa Giovanna Cavazzoni da quandoVidas ha mosso i primi passi, sino acreare anni dopo nella sua Savonauna struttura similare.

Posso indicarla senza timorequale socia fondatrice di Vidas?Non mi piacciono le definizioni for-mali, anche se il mio contributo vo-lontario inizia proprio nel principiodegli Anni Ottanta, quando Gio-vanna muoveva i primi passi dellasua straordinaria avventura.

Poi anche a lei è “capitato”. “Ca-pita - scrive Gina Lagorio nellasua intensa testimonianza - chesi viva tutta una vita senza im-battersi in una malattia che a uncerto punto prenderà per te lafaccia del destino”. Come ha vis-suto quest’esperienza?Con grande intensità, standole vi-cino, alleviandole il più possibile lasofferenza. Io e mia sorella, insieme.Anche se non ci sono decaloghi daseguire, la cognizione del dolore è unprocesso continuo che varia in ogniessere umano. Ciò che contano sonole cure adeguate e combattere la so-litudine che può rendere inaccetta-bile la vita residua.

Qual è la spinta della sua operadi assistenza: solidarietà verso ipiù deboli, difesa della dignitàumana, senso di giustizia?

Torniamo all’incontro con Gio-vanna...Sì, 36 anni fa e tutto nacque in unasala cinematografica. Nel cinegior-nale che precedeva il film, vidi unservizio sulla neonata associazionedi Vidas. Il giorno dopo trovai il nu-mero di telefono della casa di ViaPomponazzi. Cercavano volontari.Parlai con Giovanna. Partecipai allaselezione e seguii il primo corso chesi tenne all’Istituto dei Tumori.

Che cosa fu allora la spinta: lasfida a una società indifferente,di responsabilità sociale?Direi il senso della necessità. Si an-dava avanti perché ci pareva giustoanche quando capitava di non tro-vare nessuno che rispondesse al no-stro richiamo. Nella società era vivoun bisogno che alla fine ha vinto.

E i rapporti con Giovanna?Altro che ceneri, qui sovente eranobrace. Giovanna era una trascina-trice e le liti con lei non sono man-cate. Anche accese. Ma alla finec’erano schiettezza, amicizia e unsentire comune. Vuol sapere se mimanca? Sì, moltissimo perché con leifacevi baruffa, ma alla fine ti davatutta se stessa.

Ed ora la sua Associazione…“Savona insieme” è nata nel 1996sul modello Vidas. Abbiamo assistito1600 malati con una équipe domici-liare. Anche noi viviamo di 5 permille, di lasciti, di donazioni. So cheGiovanna, mi perdonerà questa pic-cola concorrenza indebita.

C’è un’ultima cosa che vuol faresapere, lassù, alla sua amica?Sì, quell’assegno che le arrivò dal-l’editore Livio Garzanti, secondo ma-rito di mia madre, venne consegnatonelle mie mani prima di arrivare adestinazione. Me lo allungò unasera, con il fare brusco che gli eraabituale e con mia enorme sorpresa.Oltre 300 milioni, gran somma perquei tempi.

gi.cer.

Dignità e senso di giustiziaper avere cognizione del dolore

Intervista con Simonetta Lagorio

PERCHÈ SOSTENGO VIDAS

Simonetta Lagorio

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Non vi nascondo l’emozione dileggere, anzi in parte rileg-

gere, le pagine del libro “L’amorerestituito” di Giuseppe Ceretti de-dicato alla storia, alla vita perso-nale e pubblica di GiovannaCavazzoni. È un’emozione doppia, è l’emo-zione del ricordo di una vitagrande e piena che si condensavain una piccola e minuta donna edè l’emozione dei ricordi o megliodi brevi immagini di un cronistaseduto accanto a lei nell’ufficio infondo a destra del corridoio dicorso Italia e poi accanto al suoletto in Casa Vidas che prende ap-punti con carta e penna e che sicommuove. “Durante i nostri lun-ghi incontri, soprattutto nel suostudio di corso Italia dinanzi alcaffè e a una dolce tentazione chenon mancava mai, è iniziato unfitto dialogo-monologo durato al-cuni anni (…). Così mi sono rima-sti tra le mani tanti fogli, da leiriempiti soprattutto con l’amatamatita, dalla punta sempre fine,secondo antiche abitudini giova-nili, e il ricordo indelebile di infiniteconversazioni, tradotte dal croni-sta quale sono stato e tuttora mipiace pensare d’essere, in altret-tanti appunti, seguendo l’istintoprofessionale che mi costringe alrispetto di parole e fatti”.

Come spesso accade i libri scrittinon solo con grande tecnica nar-rativa ma anche con il cuore, tipermettono di costruire immagini,di vivere storie, persone, volti esoprattutto sentimenti . Sì, soprat-tutto sentimenti ed emozioni diuna bambina prima e donna poi,che Ceretti riesce a donare al let-tore in pagine dense di vita vissutafino all’ultimo istante. “Una per-sonalità rara, scrive Ferruccio deBortoli nella prefazione al libro,quella di Giovanna. Per tanti anniha portato sulle sue gracili spalle ilpeso di un’avventura solidale allaquale ha appassionato donatori evolontari. Ha bussato a tutte leporte, forse ne ha pure sfondataqualcuna. Davanti alle necessitàdi Vidas non guardava in faccianessuno. La sua era una prepo-tenza mite. Era infaticabile, deter-minata, dura (…) L’opera di Vidasè il dono alla società di una donnaeccezionale nella normalità dei

suoi sentimenti. Profondi, sinceri”.Il filo del racconto, è delicato, ri-spettoso della cronologia storicadi eventi personali iniziati altempo della guerra; una guerravissuta con gli occhi di una bam-bina vivace e di ragazza spessoinnamorata e non solo della vita,che ha già nel suo DNA quel me-raviglio dono di cura e attenzioneverso gli altri. Un dono ricevutodagli insegnamenti del padreStefano, tanto amato, ma nel ri-gore dell’educazione della mam-ma Carla. Ed è così che le paginedel libro dipingono paesaggi eluoghi come Rossino, Visgnola epoi Milano, Vienna, tracciando icontorni di personaggi e protago-nisti della vita di Giovanna con iquali ha condiviso semplici, mapreziosi attimi o lunghi tratti di unavita ricca d’amore ricevuto e resti-tuito. Amore e pace, sono state leparole che richiamava spesso neisuoi ultimi giorni con quella rico-noscenza laica nella quale hasempre creduto fortemente. Grazie Beppe per aver “ricompo-sto”, con rispetto e delicatezza,quei fogli, pezzetti di una vita stra-ordinaria di una grande sognatriceche ha saputo tradurre un’utopiaragionevole in una realtà concretadi giustizia sociale qual è Vidas.

Raffaella Gay

Giovanna Cavazzoni “L’amore restituito” di Giuseppe CerettiEdizioni San Paolo€€ 20 (il 10% del prezzo di co-pertina sarà devoluto a Vidas)

L’amore restituito di una grande sognatrice

innamorata della vita

IL LIBRO

Gli sviluppi delle biotecnologie mutano ra-pidamente gli scenari del vivere. Quantorapide e profonde siano tali modificazionilo dimostra il nuovo libro “Bioetica tra mo-rali e diritto”, firmato da Patrizia Borsel-lino. Una lettura delle questioni bioetiche “daun’angolatura giuridica”, con l’intento dioffrire una panoramica il più possibile ag-giornata dei modi in cui il biodiritto è in-tervenuto o potrebbe intervenire in unprossimo futuro. Vengono in tal modo analizzati gli stru-menti della libertà del paziente, la deci-

sione sulle cure, la sperimentazione cli-nica, le nuove frontiere della genetica, lostato vegetativo, l’eutanasia, seguendo lastrada maestra di “un diritto che si preoc-cupa di contemperare la libertà degli indi-vidui con irrinunciabili esigenze sociali” esoprattutto “volto a garantire che quantimettono in gioco la propria vita sianosempre considerate persone da rispet-tare”. Patrizia BorsellinoBioetica tra “morali” e dirittoPagg. 509, euro 33Raffaello Cortina editore

Il diritto a dar forma alla nostra esistenza

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I CORSI PER I VOLONTARI

Prima di iniziare il corso ho cercato disgomberare la mente da ogni aspet-

tativa particolare così come da ognimotivazione specifica. Sapevo natural-mente di che cosa si occupasse Vidas,ma non conoscevo l’organizzazione in-terna, il ruolo del volontario, il lavoro diéquipe, il tipo di assistenza offerta. Fin dal primo colloquio ho percepito al-cuni elementi che hanno contribuito aindicarmi una strada possibile, chefosse la mia, ma sempre all’interno di ungruppo. Preservare la propria individua-lità, ma non sentirsi mai soli: non a casoce lo siamo sentiti ripetere all’infinito du-rante il corso. Ecco che incominciavanoad affacciarsi le prime motivazioni: la re-lazione, nel senso più ricco e ampio deltermine, come momento essenziale delrapporto con l’ospite della casa. L’es-serci appunto, con discrezione. Mi sem-brava un solido punto di partenza.Cogli la motivazione, la intuisci, ma poila devi coltivare, nella certezza che ogniistante ti proporrà aspetti inediti su cuisoffermarti. Per questo, più che sullemotivazioni, volevo fermare l’attenzionesu alcune “parole chiave”, in grado diformare una sorta di filo rosso che miguidasse in questo percorso.

Accoglienza e relazioneAccoglienza e relazione sono terministrettamente correlati. Mi piacerebbeperò che si rovesciasse la prospettiva,ossia si tenesse sempre presente comesia soprattutto l’ospite che accoglie noi,gesto tutt’altro che scontato. In questocredo risieda un aspetto importante delservizio, dato che la vita è appunto fon-damentalmente relazione. Accogliere e farsi accogliere dovrebbeessere un momento pieno di senso perentrambe le parti coinvolte, in cui siprova a liberarsi dalla “ossessione di sestessi”: ovvero creare rapporti che ci

sia pieno di forza, accompagni. Pensostia anche in questo la bella espres-sione “entrare in punta di piedi”. Ciò ri-chiede un delicato lavoro anche sulleproprie emozioni, ma i momenti in cuimi è capitato di sperimentarlo sono statistraordinariamente ricchi di significato.

DignitàCercare sempre e comunque di preser-vare la dignità e l’intimità della persona,quella sfera personale e privata che vatutelata, in particolare quando si è piùfragili. Credo si tenda spesso a dimen-ticare questo aspetto, eppure lo ritengocentrale: fa parte di quell’attenzione perl’altro che non deve mai venire meno. Ecosì, con “attenzione”, arrivo all’ultimaparola.

AttenzioneIl mio auspicio è che, cercando di te-nere presenti questi cinque punti, ognigesto acquisti senso, anche quello ap-parentemente più semplice. Lavare ilpiatto appena utilizzato, piegare un ve-stito, riporre un oggetto che in quel mo-mento non serve, tutto fa parte dellacura della persona e tutto cerca di con-correre al suo sentirsi accolto.

Sono queste le parole che alla fine delcorso ho custodito come intime e care eche ho cercato di “isolare”. Se in tuttoquanto ho provato a estrapolare e a farsì che diventasse una sorta di guidapersonale c’è anche una porzione diutopia – intesa come qualcosa che, perquanto mai completamente realizzabile,ha comunque sempre una potente fun-zione stimolatrice– mi va bene.A distanza ormai di oltre un anno e conuna prima esperienza “sul campo”, mifa piacere poter dire che queste parolemi hanno davvero guidato e aiutato.

Giovanni Gondoni

vengono offerti fino all’ultimo e superarele frontiere dell’individualismo, non soloper il volontario, ma in un senso profon-damente diverso anche per il malato,nel tentativo di accantonare l’universodella malattia e della sofferenza.

IndividualitàNon è vero che siamo tutti uguali da-vanti alla morte. Credo sia esattamenteil contrario, ossia che siamo tutti diversi,esseri unici e irripetibili, da accogliere eprovare a comprendere nella propriaunicità. Le stesse “disuguaglianze” dellavita ci sono anche nella morte. Per que-sto motivo penso che ogni storia sia asé e che, quindi, ogni volta rappresentiquasi un ricominciare da capo, certoanche forti del cammino fatto. E questorichiede di mettersi in discussione, dinon giudicare mai e di fare un costantelavoro sul pregiudizio che ci accompa-gna come un’ombra.

UmanizzazioneUno degli aspetti fondamentali è nontanto quello di prolungare indefinita-mente la vita, ma il suo senso e la suaqualità, senza sterili deliri di onnipo-tenza, cercando di garantire tutto ciòfino al termine, a misura del paziente.Questo tentativo di umanizzazione dellafine lo vedo come un processo di uma-nizzazione della vita, con l’uomo sem-pre al centro. L’impegno più importanteche possiamo assumerci è quello di es-sere presenti. Attenzione, empatia, ac-coglienza significano anzitutto edessenzialmente esserci.

SilenzioImparare a non invadere lo spazio e ildolore altrui con il rumore delle parole,imparare l’intensità del silenzio, la di-screzione, il rispetto dei ritmi, nella con-sapevolezza che un silenzio partecipe

Le parole chiave della mia formazione

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Casa Sollievo Bimbi, è l’ora degli impiantiProseguono senza tregua i lavori di Casa SollievoBimbi. Il raggiungimento della vetta, celebrato conla festa della colma del 6 marzo scorso, ha consen-tito di tagliare un importante traguardo, ma solodi tappa, per mutuare il linguaggio delle gare ci-clistiche. Ora si procede con un lavoro “più oscuro”,meno visibile e tuttavia altrettanto importante: l’al-lestimento degli interni, in particolare degli im-pianti, assai delicati da realizzare nella partepediatrica. In parallelo sono iniziate le attivitàsulla sommità di Casa Vidas, con la demolizionedell’attuale copertura per fare posto alla mensa che

servirà entrambe le strutture. Questo complesso dilavori durerà sino al novembre prossimo, quandosi procederà con le attività di arredo e quindi con leprocedure di collaudo per ottenere le relative auto-rizzazioni. Il taglio del traguardo, secondo le pre-visioni, sarà nella primavera del 2019.Per quanto riguarda il finanziamento, siamo ametà dell’opera con un totale di 7 milioni e mezzo difondi raccolti. E’ importante che il sostegno a CasaSollievo Bimbi prosegua e si intensifichi per con-sentirci di concludere i lavori nei tempi previsti. Per le modalità di sostegno consultate www.vidas.it.

La nostra riconoscenza agli Enti, Banche e Aziende che hanno sostenuto la realizzazione di Casa Sollievo Bimbi

Amazon Eu Sarl Succursale Italiana Associazione Davide il Drago Onlus

Banca Passadore & C. Bellosta Carlo & C.

Bracco, Dami Elisabetta Onlus

Dolce & Gabbana Eurocromo

Fondazione Araldi Guinetti Fondazione Berti

Fondazione Ermenegildo Zegna Fondazione Paola A.E. Frassi Onlus

Fondazione PardisGruppo Auxilium Primatista

IBC Associazione Industrie Beni Consumo I.D.A.

Italcementi IngegneriaLarus Re

Mediobanca Overland

Publitransport Regondino

ROA Serima

Studio Dinoia Federico Pelanda Simbari Uslenghi Trifirò & Partners Avvocati

Vhernier Yoox Net a Porter Group

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Come Tutor interno delegato del LiceoArtistico di Brera, ho accompagnato lamia classe, la quarta B della sede divia Hajech, al primo incontro svoltosipresso l'Associazione Vidas di Milano,Ente col quale il Liceo ha firmato unaconvenzione per l'Alternanza ScuolaLavoro. Sia per me, sia per gli studentisi è rivelata un'occasione molto favore-vole che ci ha introdotto in un am-biente lavorativo con un suo giàimportante vissuto e a contatto con fi-gure professionali di rilievo. La visitapresso l' hospice, introdotta e guidatada questi professionisti, ha previsto unprimo momento introduttivo e conosci-tivo della realtà ospitante, attraversoracconti e proiezioni di filmati, a cui èseguito un tour in piccoli gruppi pervisitare la struttura e un incontro direstituzione finale, svoltosi all'insegnadella riflessione e di un piccolo dibat-tito. Ciò che è emerso dall'esperienza èstato l'approccio intellettuale e assiemedi esperienza personale che guida le fi-gure professionali: un'attività che più

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di altre, per sua specifica natura, po-trebbe corrispondere a un vero e pro-prio cammino di trasformazioneindividuale. Il gruppo degli studentiaveva solo una vaga idea sul com-plesso tema delle cure palliative, el'avvicinamento privilegiato pressoVidas, avvenuto grazie all' Alter-nanza, ci ha introdotto a tematicheche ci hanno arricchito profonda-mente.Ci siamo chiesti, come classe liceale,quale poteva essere la nostra attivitàmigliore al fianco di Vidas, argo-mento che abbiamo affrontato tradocenti e dirigenti dell'Hospice inprevi incontri.È sorta l'idea di realizzare delle pic-

Alternanza scuola lavoro

Il Brera ringrazia per l’accoglienzacon sculture e

una mostra evento

cole sculture sul tema della figuraumana, con la possibilità di allestireuna mostra e creare un evento sia neilocali della struttura ospitante sia inmanifestazioni riguardanti i risul-tati dell'Alternanza Scuola Lavoro.In classe abbiamo dedicato deltempo a una ricerca sul tema del-l'arte- terapia e degli effetti sul pub-blico della visita museale. Attraverso la condivisione di mate-riale fotografico documentario su al-cune delle opere realizzate e unavisita presso il nostro laboratorio delLiceo da parte di due rappresentantidel team Vidas, si è ampliato il pro-cesso di conoscenza reciproca e discambio tra la Scuola e la realtà la-vorativa.Certo è, lo dico con franchezza, cheabbiamo avuto un eccezionale esem-pio di accoglienza, punto di partenzafondamentale per qualunque realtàlavorativa e sociale.

Professor Filippo La Vaccara

“Una legge è tale non solo se è scritta sulla carta, ma se trovacorretta e piena applicazione”. Le sagge parole del giornalistadel Sole24Ore, Elio Silva, sono state il preludio di un pome-riggio dedicato nel maggio scorso alla legge sul biotesta-mento, ultimo atto della precedente legislatura, ora in attesadi prendere forma con i necessari decreti attuativi. Ad orga-nizzarla l’Ente Mutuo dell’Assistenza sanitaria lombarda dellaConfcommercio, rappresentato dal direttore Giuseppe dallaCosta.L’approvazione della normativa è una sorta di atto fondativo,otto articoli che ci conducono “nel novero dei paesi civili”,come ha sottolineato Gustavo Galmozzi, direttore medicodella Fondazione Irccs dell’Istituto dei Tumori.Patrizia Borsellino, bioeticista e docente di filosofia del diritto

all’università di Milano Bicocca e la direttrice socio sanitaria diVidas, Giada Lonati, hanno poi illustrato il senso del provve-dimento che definisce i ruoli dei soggetti coinvolti e i confinidella relazione di cura. Una scena occupata da diversi attorie che trova comunque e sempre il paziente al centro, in forzadi un’autonomia decisionale, tanto più facile da raggiungerein un concerto di appropriate informazioni.Numerosissimi i quesiti posti da un pubblico attento e parte-cipe, a dimostrazione di quanto sia indispensabile una cor-retta informazione ai fini di una scelta responsabile in materiadi fine vita e scelta di cure.

Grazie a Ente Mutuo dell’Assistenza sanitaria lombarda della Confcommercio per la collaborazione e l’ospitalità.

Il dibattito in Confcommercio sul testamento biologico

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Non cis id e v einter-r o -

gare sul significato della bomboniera: è un ‘grazie’ tangibile, il segno diun momento di gioia condiviso, un ricordo della giornata, che sia quelladel matrimonio o della laurea, battesimo, cresima o compleanno. Unmessaggio gentile che chi invita riserva a chi vuole loro bene. Tante emo-zioni per un piccolo oggetto che ha un compito importante e la bombo-niera Vidas ne ha uno di più. Celebra il rispetto, la dignità, la vita – davivere con pienezza fino all’ultimo istante.È possibile scegliere fra la trasparenza: scatolina di plexiglass persona-lizzata da due o tre nastri colorati (la scelta è quasi infinita si va dai tonipastello a quelli vivaci) e lo stile ‘garden’ con il sacchettino o il cachepotin cotone o in lino chiusi da una rosa o da una gardenia in tessuto. Den-tro, un numero di confetti sempre dispari a simboleggiare insieme l’indi-visibilità dell’unione e singolarmente felicità, salute, prosperità, fertilità,longevità. E a chi va dato questo piccolo oggetto, una sorta di scrignopieno di significati che già nel Quattrocento veniva donato con dei dolcial miele? Sicuramente alle persone che ci sono vicine, ma che in qual-che modo non possiamo invitare o non possono venire, a tutti i nostriospiti al momento dei saluti, al termine della festa.

Giuliana Parabiago

CONCERTO

Teatro dal Vermemercoledì 24 ottobre ore 20,30

Orchestra Santa Cecilia direttore Mikko Franck solista Sol Gabetta.

Un grande appuntamento a sostegno del progetto pediatrico Casa Sollievo Bimbi.Il programma della serata prevede l’esecuzione di Romeo e Giulietta, un’ouverture fantastica per orchestra compo-sta da Pëtr Il’ic Ciaikovskij e tratta dall’omonimo dramma di William Shakespeare. A seguire, il Concerto per violon-cello e orchestra in re minore, del compositore francese Édouard Lalo nel 1876. In chiusura, la sinfonia n. 2 in re maggiore (op. 43) di Jean Sibelius composta tra il 1900 e il 1902. È la più popolaretra le sinfonie di Sibelius ed è quella maggiormente eseguita e registrata.

Biglietti da € 20 a 150 europrenotazioni su [email protected]

Imperdibile

evento

di grandi star

per il progetto

pediatrico

RICERCA VOLONTARI

A fine maggio si aprono i colloqui di selezione peraspiranti volontari in ambito assistenziale; se seiinteressato informati e compila il form sul sitowww.vidas.it o scrivi a [email protected] sempre in Vidas il volontario ha un ruolo fon-damentale che si declina principalmente, ma non

solo, nel suo essere parte integrante dell’équipe assistenziale. È una fi-gura “professionalizzata” perché dopo un’attenta selezione viene rigo-rosamente formato con corsi di base e di aggiornamento. Taleformazione è rafforzata da un sostegno psicologico permanente, sia digruppo sia individuale.Preziosi sono anche quei volontari che si prestano ad un ruolo di ap-poggio alle iniziative culturali e promozionali e alla partecipazione nellavita istituzionale. Lo Statuto dell’Associazione riconosce loro la qualificadi soci e due siedono nel Consiglio Direttivo dell’Associazione.

Unisciti a noi di Vidas

Nel 2016 siete stati quasi 29milaa scegliere Vidas con un contributodi 1.608.142 euro, uguali a10.718 giornate di assistenzagratuita a domicilioe a 1.938 giornate di assistenza in hospice

permille5Grazie!

se ci rinnoverete la fiducia nel 2018ce la metteremo tutta per rispondere alla vostra generosità

Il 5 per mille costa solo una firma

CODICE FISCALE: 970 193 501 52

permille5Grazie!

INSIEME A VIDAS NOTIZIARIO QUADRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE VIDAS ONLUS - AUT DEL TRIB. DI MILANO N° 301 DEL17-04-90 - PERIODICO ANNO VENTISETTE- NUMERO 2- POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONEIN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1. COMMA 1. LO/MI. IN CASO DI MANCATA CONSEGNA RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA.

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