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Pag. - 20 In teoria, si può dire che in Endodonzia esistono tante tecniche di strumentazio- ne canalare quanti sono gli operatori che le utilizzano e che non ci sono due clini- ci che utilizzano la medesima procedura nella stessa identica maniera. Malgrado le differenze, esistono dei principi basilari (come la corretta dia- gnosi, la preparazione di una cavità d’ac- cesso adeguata, la corretta irrigazione, la completa rimozione dell’organo pul- pare, la strumentazione fino al più pic- colo diametro del forame apicale, l’ot- turazione tridimensionale del sistema dei canali radicolari, etc.) il cui rispetto conduce costantemente ad una terapia endodontica di successo a lungo termi- ne. Succedanee a questi principi basi- lari, esistono linee guida e tecniche per l’esplorazione del terzo apicale e per la strumentazione, da considerarsi univer- sali indipendentemente dal particolare strumento o tecnica utilizzata per la pre- parazione canalare. Se i due terzi coronale e medio sono relativamente semplici da strumentare, il terzo apicale è certamente la parte più impegnativa dell’anatomia canala- re radicolare da detergere, sagomare e otturare adeguatamente. La gestione del terzo apicale deve essere pensata come uno degli ultimi passaggi di un proces- so che inizia con l’apertura della cavità d’accesso coronale. Come un’ascesa al monte Everest inizia molti mesi prima del raggiungimento della cima finale, così l’esplorazione e la susseguente stru- mentazione del terzo apicale è il risul- tato finale di molte piccole tappe che la precedono e la condizionano. È risaputo come alcune otturazioni “corte” e alcuni canali cosiddetti “calci- ficati” sono in realtà esiti di preparazioni insufficienti. Queste “sottopreparazio- ni” sono il risultato della mancanza di comprensione dell’anatomia presente e della delicatezza e attenzione con la quale questa complessa e fragile regione deve essere trattata. 1,2 Passare troppo rapidamente e con un’eccessiva forza a strumenti (manuali o rotanti) di calibro via via maggiore, utilizzarli senza una stimata o confermata reale lunghezza di lavoro, compattare la polpa e i frustoli di dentina nel canale di diametro via via più piccolo e perder la pervietà apica- le, tutto ciò, insieme ad eventuali altre disavventure, preclude un’appropriata detersione e sagomatura e predispone ad un’aumentata percentuale di fallimen- ti e danni iatrogeni. Trovarsi nel terzo apicale con uno strumento rotante senza aver prima esplorato il canale, stabilito la reale lunghezza di lavoro e/o creato un sentiero di scorrimento, come verrà descritto in seguito, è da considerar- si estremamente sbagliato e pericolo- so. L’esplorazione del terzo apicale del canale infatti consente di comprendere l’anatomia canalare e, insieme alle radio- grafie, di ottenere una “mappa mentale e tattile del canale”. La perfetta gestione del terzo apicale è basata su di una serie di accorgimenti riguardanti le precedenti tappe sopra menzionate. Questi accorgimenti sono: 1.Prima che qualsiasi strumento sia por- tato al terzo apicale (e prima che sia eseguita la cavità d’accesso) deve esse- re eseguita una serie di radiografie prese con diverse angolazioni, per dare all’operatore la migliore immagine tridimensionale di uno spazio che può essere percepito attraverso la sensibili- tà tattile ma che non può essere visto. La realizzazione di radiografie con vari angoli può anche consentire di accerta- re la presenza di uno spazio parodonta- le allargato o di una lesione periapicale e inoltre, prima di cominciare, potrà L’eplorazione del terzo apicale: una tappa fondamentale per un’eccellente endodonzia Richard E. Mounce, DDS

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In teoria, si può dire che in Endodonzia esistono tante tecniche di strumentazio-ne canalare quanti sono gli operatori che le utilizzano e che non ci sono due clini-ci che utilizzano la medesima procedura nella stessa identica maniera.Malgrado le differenze, esistono dei principi basilari (come la corretta dia-gnosi, la preparazione di una cavità d’ac-cesso adeguata, la corretta irrigazione, la completa rimozione dell’organo pul-pare, la strumentazione fino al più pic-colo diametro del forame apicale, l’ot-turazione tridimensionale del sistema dei canali radicolari, etc.) il cui rispetto conduce costantemente ad una terapia endodontica di successo a lungo termi-ne. Succedanee a questi principi basi-lari, esistono linee guida e tecniche per l’esplorazione del terzo apicale e per la strumentazione, da considerarsi univer-sali indipendentemente dal particolare strumento o tecnica utilizzata per la pre-parazione canalare.

Se i due terzi coronale e medio sono relativamente semplici da strumentare, il terzo apicale è certamente la parte più impegnativa dell’anatomia canala-re radicolare da detergere, sagomare e otturare adeguatamente. La gestione del terzo apicale deve essere pensata come uno degli ultimi passaggi di un proces-so che inizia con l’apertura della cavità d’accesso coronale. Come un’ascesa al monte Everest inizia molti mesi prima del raggiungimento della cima finale, così l’esplorazione e la susseguente stru-mentazione del terzo apicale è il risul-tato finale di molte piccole tappe che la precedono e la condizionano.È risaputo come alcune otturazioni “corte” e alcuni canali cosiddetti “calci-ficati” sono in realtà esiti di preparazioni insufficienti. Queste “sottopreparazio-ni” sono il risultato della mancanza di

comprensione dell’anatomia presente e della delicatezza e attenzione con la quale questa complessa e fragile regione deve essere trattata.1,2 Passare troppo rapidamente e con un’eccessiva forza a strumenti (manuali o rotanti) di calibro via via maggiore, utilizzarli senza una stimata o confermata reale lunghezza di lavoro, compattare la polpa e i frustoli di dentina nel canale di diametro via via più piccolo e perder la pervietà apica-le, tutto ciò, insieme ad eventuali altre disavventure, preclude un’appropriata detersione e sagomatura e predispone ad un’aumentata percentuale di fallimen-ti e danni iatrogeni. Trovarsi nel terzo apicale con uno strumento rotante senza aver prima esplorato il canale, stabilito la reale lunghezza di lavoro e/o creato un sentiero di scorrimento, come verrà descritto in seguito, è da considerar-si estremamente sbagliato e pericolo-so. L’esplorazione del terzo apicale del canale infatti consente di comprendere l’anatomia canalare e, insieme alle radio-grafie, di ottenere una “mappa mentale e tattile del canale”.

La perfetta gestione del terzo apicale è basata su di una serie di accorgimenti riguardanti le precedenti tappe sopra menzionate. Questi accorgimenti sono:1. Prima che qualsiasi strumento sia por-

tato al terzo apicale (e prima che sia eseguita la cavità d’accesso) deve esse-re eseguita una serie di radiografie prese con diverse angolazioni, per dare all’operatore la migliore immagine tridimensionale di uno spazio che può essere percepito attraverso la sensibili-tà tattile ma che non può essere visto. La realizzazione di radiografie con vari angoli può anche consentire di accerta-re la presenza di uno spazio parodonta-le allargato o di una lesione periapicale e inoltre, prima di cominciare, potrà

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dare al clinico un’idea più precisa di quella che sarà la lunghezza di lavoro del canale.

2. È molto importante poi ottenere un accesso rettilineo per avere un con-trollo ottimale degli strumenti sia manuali che rotanti, che saranno suc-cessivamente portati nel terzo apicale. L’accesso rettilineo previene l’esecu-zione di danni iatrogeni come perfora-zioni della biforcazione, formazione di gradini, rottura di strumenti causata dalla loro eccessiva flessione contro le pareti della cavità d’accesso (Figg. 1A-C).

3. La strumentazione corono-apicale (crown-down) inoltre facilita un’ot-timale sagomatura del terzo apicale. La rimozione delle costrizioni di den-tina dei terzi coronale e medio del sistema canalare prima di entrare nel terzo apicale consente il deposito e lo scambio di un gran volume di solu-zione irrigante, così come garantisce un maggiore controllo tattile da parte del clinico sugli strumenti. Infatti, le

lime posizionate nel terzo apicale (con i 2/3 coronali preallargati) possono più facilmente consentire all’operatore di scoprire la presenza di improvvise curvature canalari, di restringimenti dei diametri trasversi e l’esatta sede, lunghezza e forma del forame apicale. Con la conicità aumentata (.08, .10, .12 e diametro in punta costante a 25) dei K3 “body shapers” (SybronEndo, Orange, CA), che lavorano come ori-fice opener, è possibile in alcuni casi preparare i terzi coronale e medio con un solo strumento. Indipendentemente dal sistema rotante utilizzato, in gene-rale dovrebbe essere impiegato uno strumento 25 con conicità .06 fino al confine tra il terzo medio e quello apicale, dopo di che quest’ultimo è pronto per essere esplorato.

4. Specialmente nei denti vitali, occorre evitare che trucioli dentinali e fram-menti di polpa polverizzata vengano compattati nel terzo apicale durante le fasi iniziali del trattamento e questo può essere ottenuto attraverso abbon-

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Figure 1 a-cL’accesso rettilineo è di fondamentale importanza per evitare danni iatrogeni ed avere il controllo tattile degli stru-menti che lavorano in apice.

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danti irrigazioni e con l’utilizzo di un gel di EDTA per emulsionare la polpa del terzo coronale e medio. Nei casi di denti vitali è inoltre essenziale eseguire un’abbondante irrigazione con ipoclorito di sodio (idealmente al 5,25%) e utilizzare un chelante viscoso (Rc Prep, Premier Dental Products, Plymouth Meeting, PA) o Glide (Dentsply Tulsa Dental, Tulsa OK).3,4

Applicando gli accorgimenti e le pre-cauzioni soprariportate, il clinico ora è pronto per esplorare il terzo apicale. Inizialmente si posiziona nel canale un K-file 6-10, a seconda della dimensio-ne del canale, precurvato a “J” e lo si introduce nella direzione della curvatura apicale determinata radiograficamen-te. La pinza EndoBender (SybronEndo, Orange, Ca) (Fig. 2) è l’ideale per rea-lizzare la curva a “J” sulla lima. Questa viene poi inserita e fatta avanzare deli-catamente nel canale con l’intento di scoprire il maggior numero possibile di informazioni tattili riguardo all’anato-mia canalare e viene portata solamente fino a dove il canale la accetta, senza for-

zare lo strumento alla lunghezza presta-bilita. L’esplorazione richiede una par-ticolare concentrazione sulla sensazione tattile che il canale rivela. Di norma in molti canali entra facilmente un K-file di questo diametro (fatta eccezione per i canali stretti e calcificati). Quando la lima raggiunge il forame apicale, che deve corrispondere più o meno alla lun-ghezza di lavoro stimata preoperatoria-mente, l’operatore può percepire uno “scatto” o una “spinta” qualora lo stru-mento esca dal forame apicale. È impor-tante osservare a quale lunghezza viene percepita questa sensazione, dato che rappresenta la reale lunghezza di lavoro e la minore costrizione apicale del fora-me (Fig. 3). Questa lunghezza dovrebbe essere identica alla lettura data da un localizzatore elettronico apicale e a quel-la determinata radiograficamente e/o determinata da un cono di carta bagnato o insanguinato quando la strumentazio-ne è terminata.Se l’operatore sta iniziando con un K-file 6-10 e può raggiungere la stima-ta lunghezza di lavoro, è consigliabile far avanzare dolcemente ciascun suc-cessivo strumento introdotto alla stessa lunghezza fino a che un K-file 10-15 raggiunge la stessa profondità. A quel punto si controlla con un localizzatore elettronico apicale e con una radiografia da almeno 2 angoli diversi, per determi-nare con sicurezza la reale lunghezza di lavoro.L’esplorazione con un K-file 6-10 deve essere realizzata senza fretta, in modo delicato e riproducibile. In altre parole, la lima deve poter essere posizionata di nuovo nel canale ogni volta con lo stes-so orientamento. Se il K-file 10 ruota a vuoto alla lunghezza di lavoro stimata, questo è il momento di portare un K-file 15. Se il K-file 6-10 non avanza ogni volta nello stesso modo, è possibile che

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Mounce esercita la professione limitatamente all’Endodon-zia nel suo studio privato a Portland, Oregon. Ha tenuto conferenze in congressi nazionali ed internazionali ed ha scritto numerosi articoli su importanti riviste del settore, tra cui Dentistry Today e il Journal of Endodontics. Può essere contattato all’indirizzo [email protected]. Il Dr. Mounce non ha alcun interesse economico in alcun prodotto.

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Figura 2La lima è stata precurvata a “J” con l’utilizzo dell’EndoBender

(SybronEndo, Orange, CA).

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abbia esplorato un altro aspetto dell’ana-tomia canalare (es. un’altra porta di usci-ta o una biforcazione canalare) rispetto all’originale orientamento. Possono esse-re richiesti molteplici inserimenti di un K-file 6-10 prima di raggiungere la lun-ghezza di lavoro stimata. L’irrigazione deve essere abbondante e frequente dopo l’inserimento di ogni lima. Quando l’operatore sta utilizzando le lime ed ha raggiunto la stimata lunghezza di lavoro, deve rimuovere lo strumento in maniera rettilinea in direzione coronale, in modo da ridurre il rischio di traspor-tare il forame apicale. In altre parole, quando il file esploratore raggiunge la stimata o reale lunghezza di lavoro, non deve essere ruotato in maniera da non tagliare a livello del forame apicale.Un K-file 15 che si muove liberamente alla lunghezza di lavoro ha creato un “sentiero di percorribilità” (glide path) per la successiva introduzione degli stru-menti rotanti. A questo punto si utilizza un K3 15.02 (SybronEndo, Orange, CA) che, portato alla reale lunghezza di lavo-ro, accentua il “sentiero di percorribili-tà” e rifinisce il cammino per i successivi strumenti rotanti che termineranno la preparazione canalare. Generalmente, un K3 20.02 può seguire facilmente un 15 alla lunghezza di lavoro e a questo punto si può facilmente completare la prepara-zione canalare attraverso una strumenta-zione rotante (indipendentemente dalla lima utilizzata).Rispetto ad altre marche di strumenti, per rifinire il glide path l’autore prefe-risce un K3 .02 per la sua resistenza alla frattura e capacità di taglio nel rispetto dell’anatomia canalare.In aggiunta alla corretta esecuzione del procedimento sopradescritto, è impor-tante che l’operatore sia certo di aver raggiunto e mantenuto la pervietà api-cale (apical patency). In altre parole,

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una volta che una lima è uscita dal fora-me apicale è importante che la pervie-tà attraverso il forame sia mantenuta durante l’intera fase di esplorazione e strumentazione finale, senza peraltro che il forame venga allargato. Il raggiungi-mento ed il mantenimento della beanza apicale riduce la formazione e l’accu-mulo di trucioli di dentina e quindi il rischio di creare gradini o di fare perfo-razioni (Fig. 4).

Figura 3Rappresentazione schematica del con-cetto di beanza apicale.

Figura 4Il caso è stato completato nel rispetto dei principi descritti.

Il Dr. Muonce desidera ringraziare il Dr. Gary Carr, il programma per Endodontisti The Digital Office, la Pacific Endodontic Research Foundation, Excellence in Endodontics II e infine il Dr. Arnaldo Castellucci per le immagini riportate nelle figure 1 e 3.

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Una volta realizzata una corretta esplo-razione e aver creato un sentiero di per-corribilità, è poi possibile strumentare interamente il terzo apicale sia con stru-menti manuali che rotanti. Si deve però comprendere che ci sono alcuni canali che non si riescono a strumentare con

1) - Blaskovic-Subat, V., Maricic, B., Sutalo, J.: Asymmetry of the root canal foramen. Int Endod J, 25(3):158-164, 1992.2) - Seltzer, S., Soltanoff, W., Bender, I.: Biologic aspects of Endodontics, I. Histologic obser-vations of the anatomy and morphology of root apices and surrounding structures. Oral Surgery, 22:375, 1966.

3) - Yamada, R.S., Armas, A., Goldman, M.: A scanning electron microscopic comparison of a high volume final flush with several irrigating solutions. Part 3. J Endod, 9(2):137-142, 1983.4) - Baumgartner, J.C., Mader, C.L.: A scanning electron microscopic evaluation of four root canal irrigation regimens. J Endod, 13(4):147-157, 1987.

BIBLIOGRAFIA

strumenti rotanti e devono essere finiti a mano, specialmente quelli con curvature apicali improvvise, quelli confluenti, quelli con doppie curvature etc. Spetta al clinico valutare quando si pre-senta una simile anatomia endodontica.

L’esplorazione del terzo apicale:una tappa fondamentale per un’eccellente endodonzia

Traduzione a cura del Dr. Enrico Cassai

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Molti di noi una o più volte nella loro vita hanno osservato una radiografia di un caso trattato endodonticamente e si sono chiesti: “Come sono riusciti a fare questo?” Alcuni casi possono compren-dere notevoli curvature canalari o ano-malie riguardanti il numero dei canali, la loro lunghezza, gli apici immaturi etc.Di seguito sono riportati alcuni consigli per raggiungere un risultato endodon-tico più predicibile, passando attraverso una corretta diagnosi, piano di tratta-mento, esecuzione e successiva sua valu-tazione (Figg. 1 a, b).Inizialmente è basilare valutare attenta-mente la situazione clinica ed eseguire un corretto piano di trattamento che tenga conto di tutte le difficoltà che il caso presenta. Occorre innanzitutto con-siderare che non tutti i denti presentano le stesse difficoltà.Per descrivere quali siano i fattori che possono complicare l’esecuzione di una corretta terapia endodontica, portando ad eventuali danni iatrogeni, e le meto-diche per arrivare alla loro risoluzione

La decisione in campoendodontico: l’ottenimento del risultato desiderato

Richard E. Mounce, DDS

non basterebbe un intero articolo. In breve è di notevole importanza capire pre-operatoriamente quali sono le dif-ficoltà che si potranno incontrare in un determinato caso prima di mettere mano ad un manipolo o prima di inserire qual-siasi file all’interno di un sistema cana-lare.Proprio come un aereo che ha una meta prestabilita da raggiungere, così è essen-ziale che qualunque clinico, prima di iniziare, abbia in mente quello che sarà il risultato finale. In altre parole, è neces-sario che il clinico valuti attentamente tutti i problemi che possono insorgere durante il trattamento endodontico e scopra strategie preoperatorie che gli permettano di raggiungere i risultati desiderati.Nel caso illustrato in Fig. 1 il dente pre-senta chiaramente una marcata curva-tura e prevenire l’eventuale frattura del file è ovviamente di importanza fonda-mentale. Considerare la semplice rottura del file come l’unico potenziale pericolo durante il corso della terapia endodon-tica, potrebbe in realtà far sottovalutare numerosi altri problemi che potrebbe-ro facilmente insorgere nel corso della stessa terapia. Questo dente è un molare superiore che potrebbe presentare diffi-coltà nella preparazione della cavità di accesso se il paziente ha la bocca piccola o un facile riflesso del vomito. Inoltre, il restauro provvisorio preesistente è pre-sente da molti anni e mostra clinicamen-te e radiologicamente la presenza di carie e la perdita del sigillo coronale. Questo aspetto merita un’estrema considerazio-ne, in quanto una sua sottovalutazione può facilmente portare all’impossibilità di mantenere le soluzioni irriganti all’in-terno della camera pulpare durante la preparazione della cavità d’accesso, con conseguente sua infiltrazione al disotto della preesistente otturazione provviso-1a

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ria. Inoltre, tale restauro provvisorio può facilmente essere dislocato durante il posizionamento dell’uncino della diga.È poi di notevole importanza determina-re preoperatoriamente quale possa essere la lunghezza stimata delle radici, quale sarà il diametro apicale finale al quale il canale verrà strumentato e tenere in con-siderazione come ottenere e mantenere la beanza apicale. Sarebbe estremamente facile infatti perdere la pervietà apicale strumentando per esempio un canale curvo se si lasciasse che i detriti di den-tina si possano accumulare all’interno del canale o tra le spire del file senza essere rimossi.È infine essenziale programmare l’ap-puntamento in modo da avere il tempo necessario per poter completare la tera-pia. Il trattamento endodontico non deve mai essere eseguito in fretta ma deve richiedere il tempo necessario per conseguire un risultato eccellente. Detto questo, è ovvio che il dente rappresenta-to nell’immagine necessita di più tempo del normale per ottenere il miglior risultato possibile. Non si tratta perciò sicuramente di un dente che può essere trattato seguendo pedissequamente le istruzioni come in un libro di cucina. Seguire rigorosamente un tipo di tecnica o un rigido schema di strumentazione per realizzare una terapia è la chiave per ottenere un disastro.Alcuni endodontisti raccomandano, senza alcuna spiegazione, una prepara-zione a conicità .06 invece di una pre-parazione a conicità .04. Nel dente in questione, seguire tale raccomandazione alla cieca è controindicato per il rischio di perdere l’originale anatomia interna del dente e per il potenziale rischio di creare perforazioni, stripping, rottura di strumenti, con rimozione di dentina sicuramente molto maggiore di quanto non sia assolutamente necessario.

Si deve inoltre tenere in considerazione preoperatoriamente come questo dente verrà irrigato e successivamente ottura-to. Se inizialmente questa considerazione appare inutile, in verità merita notevole attenzione.Per esempio, con alcune curvature severe che certamente esistono su piani multi-pli (da mesiale a distale e da vestibolare a linguale) è indispensabile avere aghi da irrigazione che possano penetrare il più profondamente possibile nel sistema canalare (essere cioè del giusto diametro, flessibilità e configurazione della punta (con apertura laterale)) per permettere alla soluzione irrigante di arrivare fin dove è richiesto.Per quanto riguarda un’adeguata irriga-zione, occorre anche fare attenzione al mantenimento della pervietà canalare durante l’alternarsi dell’inserimento dei files e delle soluzioni irriganti, in modo da aiutare la rimozione dei detriti pro-dotti, evitando che si accumulino in sede apicale, rendendo così difficoltosa la loro rimozione con la sola irrigazione. Il successo nell’ottenimento della per-

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vietà non solo previene l’accumulo dei detriti tra di loro, che così diventano più resistenti alla loro rimozione, ma impe-disce anche la potenziale formazione di un intasamento che potrebbe aumentare il rischio di creare un gradino o di frat-turare uno strumento.Inoltre, se da una parte esistono numero-se tecniche per l’otturazione del sistema dei canali radicolari, a freddo, a caldo o tecniche combinate, dall’altra l’autore utilizza la tecnica dell’Onda Continua di Condensazione, che richiede l’uso del System-B come sorgente di calo-re e dei plugger manuali di Buchanan (SybronEndo, Orange, CA, USA). Questa tecnica è sensibile al grado di conicità e al diametro apicale creato nel canale: una preparazione a conicità .04 e forame apicale del calibro 20 infatti non garantirebbe una corretta deter-sione e sagomatura degli stessi canali, considerata la loro lunghezza, grado di curvatura e diametro apicale. La tecnica non richiede che il canale sia preparato ad una conicità o ad un diametro apicale superiore, ma a dei parametri che con-sentano almeno alla punta del System-B di fermarsi a 4-6 mm rispetto alla reale lunghezza di lavoro, per garantire una migliore compattazione della guttaperca o una migliore adesione del materiale da otturazione (RealSeal, SybronEndo, Orange, CA, USA). In altre parole, è necessario realizzare una forma tale che consenta di inserire facilmente le punte del System-B e quindi di termoplasticiz-zare i coni di guttaperca, per permettere

al materiale plastico di essere compatta-to all’interno della complessa anatomia endodontica.In questo caso particolare, il file di dimensioni maggiori portato in apice era un 30 e la preparazione finale aveva la conicità .06, ottenuta mediante stru-menti rotanti in Ni-Ti K3 (SybronEndo, Orange, CA, USA). È evidente, visto il grado di curvatura esistente in questo caso particolare, che il K3 è uno stru-mento più che flessibile, che può essere utilizzato con sicurezza e senza paura di romperlo, se utilizzato correttamen-te. Dietro a questa affermazione sta il fatto che il K3 deve essere utilizzato in maniera delicata, con un movimento dolce e misurato, che si impegni per 1-2 mm per volta contro le pareti canala-ri e con approccio crown-down, (stru-mentando cioè il terzo apicale del dente solo alla fine), utilizzando un’adeguata irrigazione, ricapitolando gli strumen-ti, creando un glide-path (sentiero di scorrimento) con un K-file 15 prima di portare gli strumenti rotanti nel terzo apicale e posizionando un gel di EDTA come il Glide (Dentsply Tulsa Dental, Tulsa, OK, USA) specialmente nelle fasi iniziali della strumentazione di un dente vitale.Chiaramente, quanto più accurato è l’esame preoperatorio e il piano di trat-tamento che guida la mano del clinico prima di utilizzare file manuali o mani-polo, maggiore è la possibilità di ottene-re un risultato finale eccellente.

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Mounce esercita la professione limitatamente all’Endodon-zia nel suo studio privato a Portland, Oregon. Ha tenuto conferenze in congressi nazionali ed internazionali ed ha scritto numerosi articoli su importanti riviste del settore, tra cui Dentistry Today e il Journal of Endodontics. Può essere contattato all’indirizzo [email protected]. Il Dr. Mounce non ha alcun interesse economico in alcun prodotto.

Traduzione a cura del Dr. Enrico Cassai

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Le recenti innovazioni nel campo dei materiali, degli strumenti e delle tecni-che continuano a rendere più sofisticate le procedure endodontiche, aumentando l’incidenza dei successi clinici predi-cibili. Il Mineral Trioxide Aggregate (ProRoot® MTA, Dentsply Tulsa Dental, Tulsa OK), i coni e i cementi resinosi per l’otturazione canalare (Real Seal, Sybron Endo, Orange CA), i detergenti cana-lari antibatterici (BioPure™ MTAD™,

Il recuperodei denti gravementecompromessi

Arnaldo Castellucci, DDSKenneth S. Serota, DDSFrederic Barnett, DMD

Jorge Vera, DDS

Dentsply Tulsa Dental, Tulsa OK), i localizzatori del forame apicale di 4ª generazione (Elements Diagnostic Unit, Sybron Endo, Orange CA) e gli stru-menti per irrigazione canalare a pres-sione negativa (ZZY-VAC prototipi in corso di preparazione) senza dubbio con-tribuiscono a facilitare il piano di tratta-mento e ad eseguire delle corrette tera-pie prive di rischi per i nostri pazienti (Fig. 1). La strumentazione meccanica, l’irrigazione e il controllo dell’infezione batterica, alla luce delle innovazioni in fatto di medicazioni intracanalari e dei nuovi materiali per otturazione canalare, rinforzano il ruolo dell’endodonzia nella cura del paziente in generale e nell’odon-toiatria riabilitativa in particolare.Non esistono assoluti biologici. Esistono tuttavia vari gradi e varie definizioni di successo. Il successo nella terapia endo-dontica è rappresentato dalla risoluzione e/o dalla prevenzione della periodontite apicale o dal mantenimento di un dente funzionante. Spesso il clinico si trova davanti ad un dubbio durante la preparazione del piano di trattamento, se cioè ritrattare il dente o estrarlo per sostituirlo con un impianto osteointegrato (Fig. 2). I fattori clinici e sistemici che influenzano la durata di un dente devono essere presi in considerazione prima di prendere una decisione, insieme alle condizioni speci-fiche riguardanti la sede, la qualità e la quantità dell’osso e la condizione della restante dentatura del paziente.Studi retrospettivi 1-3 hanno dimostrato che la percentuale di successo delle tera-pie eseguite su denti privi di periodonti-te apicale e che restano prive di malattia dopo il primo trattamento o dopo ritrat-tamento ortogrado oscilla tra il 92 ed il 98%. Le possibilità di guarire dei denti con iniziale periodontie dopo trattamen-to o dopo ritrattamento varia tra il 74 e 2b

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l’86% e la loro funzionalità nel tempo è stata determinata essere tra il 91 ed il 97%. La differenza di risultato dopo trattamento iniziale o dopo ritrattamen-to non sembra essere significativa.I risultati a distanza dopo chirurgia periapicale sono meno costanti rispetto ai ritrattamenti ortogradi. Le possibilità di un dente con periodontite apicale di guarire completamente dopo chirurgia apicale varia dal 37 all’85%, con una media di circa il 70%. Ciononostante, anche con la più bassa possibilità di una guarigione completa, la funzionalità di questi denti nel tempo si è vista essere tra l’86 ed il 92%.Alla luce di questi risultati favorevoli, la terapia endodontica conservativa, sia ortograda che retrograda, è pienamente giustificata e deve essere messa in atto ogni volta che si possa anticipare una buona prognosi dal punto di vista sia restaurativo che parodontale.I casi descritti qui di seguito dimostrano la validità di questa premessa.

CASI CLINICI

Caso n° 1. Fig. 3Lesione endodontico-parodontale (anteriore)Un uomo di 58 anni si è presentato con una tumefazione a carico della muco-sa labiale in corrispondenza del dente n° 2.1; era presente un sondaggio di 16 mm sia sull’aspetto vestibolare che su quello mesiale del dente, oltre che un drenaggio di pus attraverso il solco parodontale. Ciononostante, il dente non presentava mobilità. L’esame radio-grafico rivelava un’estesa perdita di osso attorno al dente che tra l’altro non rispondeva ai test termici (Figg. 3 a,b). E’ stato eseguito quindi un test di cavità senza che il paziente avvertisse alcu-na sensibilità nel penetrare attraverso

la giunzione smalto-dentina. Il canale radicolare è stato sagomato e deterso utilizzando strumenti rotanti in Nichel Titanio, con irrigazione eseguita con ipoclorito di sodio al 5,25% e EDTA. Come irrigazione finale è stata usata la clorexidina in soluzione acquosa al 2%, attivata passivamente con ultrasuoni per un minuto.4 Come medicazione inter-media è stato quindi usato l’idrossido di calcio (Calasept, J S Dental Mfg. Inc. Ridgefield CT).

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PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Arnaldo Castellucci dal 1979 esercita la professione limitatamente all’Endodonzia. Attualmente è Professore a Contratto di Endodonzia Clinica presso il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi dell’Università di Firenze. Past President dell’ IFEA e della SIE, è anche Active Member della American Association of Endodontists (AAE) e della European Society of Endodontology (ESE). Relatore di fama internazionale, è autore del testo “Endodonzia”, è direttore responsabile del Giornale Italiano di Endodonzia, è Direttore Responsabile e Scientifico della rivista “L’Informatore Endodontico”, è fondatore del Centro per l’Insegnamento della Micro-Endodonzia, con sede in Firenze, dove insegna e tiene corsi teorico-pratici di Endodonzia Clinica e Chirurgica al microscopio.

Dopo sette giorni i tessuti molli appa-rivano essere nei limiti della norma. L’idrossido di calcio è stato quin-di rimosso con abbondanti irrigazio-ni, quindi il canale è stato asciugato ed otturato con condensazione laterale della guttaperca e cemento resinoso AH-26® Root Canal Sealer (Dentsply Maillefer York, PA) (Fig. 3 c). Al controllo dopo 3 mesi il sondaggio era ridotto a 5 mm sull’aspetto vestibolare del dente e i tes-suti molli apparivano normali. Dopo 14 mesi dall’inizio della terapia il paziente è stato sottoposto ad un altro controllo.

Il sondaggio appariva allora di soli 3 mm su tutta la circonferenza del dente che era peraltro rimasto completamente asintomatico dopo il completamento della terapia endodontica. Il controllo radiografico mostrava la rigenerazione quasi completa dei tessuti periradicolari (Fig. 3 d).

Caso n° 2. Fig. 4Lesione endodontico-parodontale (posteriore)Un paziente adulto si è presentato per la terapia del secondo molare inferio-re sinistro responsabile di un ascesso acuto. Il dente presentava una mobilità di secondo grado. Il sondaggio paro-dontale eseguito a livello della radice distale mostrava una profonda perdita di osso che si estendeva fino ad interessare la zona della biforcazione. Il dente non rispondeva ai test termici. Durante la prima visita, i canali sono stati sagoma-ti e detersi con l’utilizzo di strumenti rotanti ed irrigazione con ipoclorito di sodio al 5,25% e EDTA. Come medi-cazione intermedia è stato usato idros-sido di calcio UltraCal® XS (Ultradent Products, South Jordan, UT) e quin-di il paziente è stato rivisto dopo un mese per controllare il progredire della guarigione.5 Al controllo, la mobilità era notevolmente diminuita ed anche la sondabilità era molto migliorata. Dopo aver spiegato nuovamente al paziente le varie possibilità di trattamento, si decise di continuare con la terapia suggerita. I canali sono stati nuovamente detersi con ipoclorito e EDTA, asciugati e medicati nuovamente con UltraCal XS. Il pazien-te è stato rivisto quindi dopo 3 mesi e in quell’occasione il sondaggio appariva nei limiti della norma. È stata quindi ricon-trollata la lunghezza di lavoro del canale distale utilizzando la tecnica del cono di carta 6 a causa del riassorbimento api-4

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cale presente e quindi i canali sono stati otturati con la compattazione verticale della guttaperca calda e cemento Kerr EWT. Il paziente è stato poi rivalutato dopo 12 mesi dall’inizio della terapia. La profondità del sondaggio era allora nei limiti della norma in tutti i vari aspetti del dente che era rimasto asintomatico fino dal termine della terapia canalare. L’esame radiografico ha dimostrato la rigenerazione quasi completa dei tessuti periradicolari (Fig. 4).

Caso n° 3. Fig. 5Ritrattamento ortogrado e retrogradoIl fallimento della vecchia terapia endo-dontica in questo caso è dipeso dalla ovvia inadeguatezza dei materiali e delle tecniche utilizzate. I materiali da ottu-razione solidi (coni d’argento), lo stru-mento fratturato e la mancanza di un buon sigillo coronale hanno impedito di potersi prendere cura dell’anatomia

endodontica, il cui sigillo era in mas-sima parte affidato ad un materiale che con il passare del tempo rapidamente si ossida e si degrada. Anche la scelta dell’amalgama come materiale da ottu-razione retrograda ha portato al fallimen-to dopo i precedenti errori procedurali, mentre la scelta della fresa rotonda su manipolo diritto al posto delle punte da ultrasuoni per preparare la cavità retro-grada e il posizionamento del materiale retrogrado sulla radice anziché all’interno del forame apicale testimonia l’ignoranza dell’imperativo biologico di ottenere il sigillo dello spazio endodontico, indi-pendentemente dall’approccio utilizzato, ortogrado o retrogrado (Fig. 5 a).Molto raramente la chirurgia è il trat-tamento di elezione se una periodontite apicale insorge dopo una terapia cana-lare, in quanto il ritrattamento ortogra-do ha domostrato di portare al succes-so in un’alta percentuale di casi.7 Oggi la rimozione della ricostruzione prote-

PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Serota si è laureato all’Harvard Forsith School of Dental Medicine e ha ricevuto l’American Association of Endodontists Memorial Research Award. Ha tenuto lezioni e pubblicato a livello internazionale e ha coordinato oltre 100 corsi pratici di endodonzia. Il Dr. Serota è il fondatore di ROOTS ([email protected] - www.roots.com), un gruppo di discussione internazionale in internet focalizzato sull’endodonzia. Lavora a Mississauga, Ontario nel suo studio Endodontic Solution (www.endosolns.com).

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Figura 5aRadiografia pre-operatoria.

Figura 5bLa corona è stata rimossa con il Metalift, il frammento di strumento con le punte da ultrasuoni e i coni d’argento con l’Instrument Removal System IRS.

Figura 5cRadiografia post-operatoria. Data la presenza dello stop apicale fornito dalle vecchie retrograde in amalga-ma, i canali sono stati otturati con la guttaperca termoplastica della siringa Obtura II, senza il minimo rischio di sovrariempimenti.

Figura 5dDopo 6 mesi si è presentata una fistola.

Figura 5eRadiografia post-operatoria eseguita dopo l’apicectomia e l’otturazione retrograda con SuperEBA.

Figura 5fRadiografia di controllo dopo 2 anni dall’intervento chirurgico.

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sica con l’apposito Metalift (Metalift, Baton Rouge LA), dei perni con il Post Removal System (SybronEndo, Orange, CA), e degli strumenti fratturati con gli appositi inserti da ultrasuoni CPR (Spartan Ultrasonic Tips, Obtura Spartan, Fenton MO) è diventata più facile e dai risultati predicibili in tempi predicibili. Nel caso in questione i coni d’argento sono stati rimossi con l’appo-sito Instrument Removal System IRS (IRS™, Dentsply Tulsa Dental, Tulsa OK) e lo strumento fratturato, un fram-mento di lima di Hedstroem in partico-lare, con le punte da ultrasuoni. I cana-li sono stati quindi detersi, sagomati, disinfettati ed otturati con la condensa-zione verticale della guttaperca termo-plastica della siringa Obtura II e cemen-to Kerr EWT (Figg. 5 b,c).Dopo 6 mesi si è reso necessario il ritrat-tamento chiururgico per la comparsa di una fistola (Fig. 5 d). E’ stato quindi sollevato un lembo mucoperiosteo a

spessore totale ed è stata eseguita un’ot-turazione retrograda con la tecnica con-venzionale: apicectomia, preparazione delle cavità retrograde e loro otturazione con cemento SuperEBA (H.J. Bosworth, Skokie IL) (Fig. 5 e).8,9 La radiografia di controllo eseguita dopo 24 mesi mostra la completa guarigione (Fig. 5 f).

Caso n° 4. Figg. 6, 7Infiltrazione coronale e canali dimenticatiLa paziente si è presentata in studio con una periodontite apicale cronica riacu-tizzata all’apice delle radici del primo molare inferiore destro, precedentemen-te trattato endodonticamente e rico-struito con una grossa amalgama infil-trata (Fig. 6 a). Eseguita la rimozione del vecchio restauro e rimossa la sot-tostante carie, apparve evidente che il precedente operatore aveva eseguito la terapia senza rimuovere completamente il tetto della camera pulpare (Fig. 6 b).

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PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Frederic Barnett si è laureato in Odontoiatria nel 1978 e si è specializzato in Endodonzia nel 1981 presso la University of Pennsylvania School of Dental Medicine. Nel 1986 ha ricevuto il Board Certification in Endodontics. Attualmente è Associate Professor of Endodontics presso l’Albert Eistein Medical Center di Philadelphia. Il Dr. Barnett ha scritto numerosi articoli scientifici e clinici e ha tenuto conferenze in numerosi congressi nazionali ed internazionali.

Figura 6aRadiografia pre-operatoria. Si noti la

presenza di infiltrazione coronale e di materiale estraneo nelle due lesioni

esistenti all’apice delle due radici.

Figura 6bTolto il vecchio restauro in amalgama,

è evidente come il precedente ope-ratore abbia lasciato parte del tetto

della camera pulpare.

Figure 6c,dIl residuo del tetto della camera pul-

pare è stato rimosso.

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La sua rimozione ha potuto evidenziare la presenza di un secondo canale della radice distale, il distovestibolare, che era stato completamente dimenticato (Figg. 6 c,d). L’attenta esplorazione del-l’istmo esistente tra i due canali della radice mesiale metteva poi in evidenza la presenza del canale mesiale mediano (Figg. 7 a,b), entità anatomica sempre più frequentemente reperita dopo l’in-troduzione del microscopio operatorio, grazie all’ingrandimento e all’illumi-nazione che questo prezioso strumento garantisce.10-12 Pertanto, il molare in questione presentava un totale di cinque canali, di cui il distovestibolare ed il mesiale mediano, ciascuno con forame indipendente, erano stati completamen-te dimenticati. Il sitema dei canali radi-colari è stato quindi di nuovo sagomato, deterso, disinfettato ed otturato con la condensazione verticale della guttaperca calda. Il dente è stato quindi ricostrui-to con una nuova corona protesica. Il

controllo radiografico eseguito dopo 7 anni mostra l’eccellente guarigione delle preesistenti lesioni nonché la scomparsa del materiale oltre apice (preesistente al ritrattamento), a dimostrazione che se i canali sono tridimensionalmente ottu-rati, il materiale oltre apice non causa alcun “granuloma da corpo estraneo” e non è causa di fallimento.È abbondantemente dimostrato dalla letteratura che il sigillo coronale è di importanza significativa per quanto riguarda le condizioni dei tessuti peri-radicolari.13,14 Per ridurre l’infiltrazione coronale sono stati suggeriti numerosi metodi alternativi. L’alternanza di por-tatore di calore e plugger (Tecnica di Schilder) ha dimostrato di migliorare la qualità del sigillo coronale 15 insieme al posizionamento di materiali restaurativi nel pavimento della camera pulpare.16,17 La grande variabilità di risultati degli studi eseguiti per determinare la tecnica ottimale, è stata attribuita alle diverse

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Attualmente fa parte dell’Advisory Board of the Dental Traumatology Journal, è direttore scientifico della sezione endodontica delle riviste PPAD, Endodontic Therapy e Oral Health. Inoltre è Associate Editor del Journal of Endodontics. Il Dr. Barnett può essere contattato sul sito Dentaltown.com o all’indirizzo [email protected].

Figura 7aLa radice distale conteneva due canali e la radice mesiale presenta al centro dell’istmo il canale mesiale mediano.

Figura 7bIl dente presentava 5 canali, di cui il distovestibolare ed il mesiale mediano, precedentemente dimenticati, con forame indipendente.

Figura 7cRadiografia post-operatoria.

Figura 7dLa radiografia di controllo eseguita dopo 7 anni mostra la scomparsa della lesione e del materiale presente oltre apice prima del ritrattamento, segno evidente che tale materiale non era responsabile delle lesioni, evidente-mente sostenute da batteri lasciati nei due canali dimenticati.

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tecniche e ai diversi materiali usati per studiare la penetrazione batterica e di radioisotopi.18,20

La figura 8 dimostra una delle tecni-che raccomandate per ottenere un buon sigillo coronale. Si posiziona un adesivo dentinale, si assottiglia con un debole getto d’aria, si polimerizza sopra la den-tina mordenzata del pavimento e quin-di si posiziona uno strato di Permaflo Purple (Ultradent Products, South Jordan, UT), un composito “flow” (usato per riconoscere la vicinanza al pavimanto della camera pulpare, nel caso si presen-tasse la necessità di un reintervento), che viene usato per uno spessore di 2 mm e quindi polimerizzato. Vengono quindi stratificati compositi di varie gradazioni di colore per mascherare il composito colorato, che vongono poi polimerizzati e rifiniti, fino a completare il monobloc-co endodontico.

Caso n° 5. Figg. 9, 10, 11Terapia chirurgicaIl paziente è stato inviato per il trat-tamento dell’inisivo laterale superio-re sinistro che presentava una fistola. L’esame radiografico ha rivelato la pre-senza di un trattamento endodontico incongruo ed un riassorbimento esterno sull’aspetto distale del terzo medio della radice. Venne iniziato il ritrattamento ortogrado per determinare la possibilità di sondare la porzione di canale apicale al riassorbimento. Vista però l’impos-sibilità di preparare e quindi otturare il terzo apicale del canale, fu deciso di trattare con le metodiche convenzionali (guttaperca termoplastica della siringa Obtura II) la porzione coronale del cana-le e completare quindi la terapia con un approccio chirurgico, per prendersi cura sia del difetto da riassorbimento che della rimanente porzione di canale radicolare.Fu quindi sollevato un lembo paramar-ginale a spessore totale e una volta espo-sto il difetto, venne rimosso il tessuto di granulazione sia dal riassorbimento che dalla lacuna ossea, che venne succes-sivamente trattata con Solfato Ferrico (Monsel’s Solution, Delasco, Council Bluffs IA) per ottenere un buon con-trollo del sanguinamento. Un attento esame eseguito con l’aiuto del micro-scopio operatorio mise in evidenza l’im-bocco della porzione apicale del canale all’interno della lacuna del riassorbi-mento e si rese pertanto possibile il suo sondaggio fino all’apice. La porzione residua di canale fu quindi sagomata con strumenti sia manuali che rotanti in Nichel Titanio, irrigata inizialmente con soluzione fisiologica e successivamente con ipoclorito di sodio, EDTA ed acool, quindi fu asciugata ed otturata con le metodiche convenzionali, compattazio-ne verticale di guttaperca calda secon-8

Il recupero dei denti gravemente compromessi

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Figura 9aRadiografia pre-operatoria.

Figura 9bSollevato il lembo paramarginale, è stato rimosso il tessuto di granula-zione.

Figura 9cUna volta evidenziato l’imbocco del canale, si inizia la sua preparazione con strumenti manuali per poi passare ai rotanti in nichel titanio.

Figura 9dRadiografia di controllo delle lunghez-za di lavoro.

Figura 10aDopo aver preparato il canale con strumenti rotanti, si esegue la prova del cono.

Figura 10bRadiografia di controllo del cono in prova.

Figura 10cDopo le routinarie irrigazioni, il cana-le viene asciugato con coni di carta sterili.

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do la tecnica di Schilder. La lacuna del riassorbimento fu quindi otturata con MTA (ProRoot® MTA Mineral Trioxide

Aggregate, Dentsply Tulsa Dental, Tulsa OK). Il lembo venne quindi riposiziona-to e suturato. Le suture furono rimosse

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Il recupero dei denti gravemente compromessi

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Figura 11aLa porzione apicale del canale è stata

otturata con la tecnica di Schilder.

Figura 11bIl difetto della radice è stato riempito

con ProRoot MTA bianco.

Figura 11cLa sutura del lembo.

Figura 11dRimozione sutura dopo 24 ore.

Figura 11eControllo guarigione dopo 15 giorni.

Figura 11fLa radiografia di controllo dopo 3 anni

mostra la completa guarigione.

Figura 11gGuarigione della ferita dopo 3 anni,

senza alcuna cicatrice.

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L’Informatore Endodontico

dopo 48 ore ed il paziente ricontrollato a distanza di sei mesi per tre anni. Il controllo radiografico e clinico eseguito dopo 3 anni mostra una normale archi-tettura gengivale ed una completa gua-rigione ossea.

Caso n° 6. Fig. 12Restauro intracoronaleIl paziente si è presentato con dolore intermittente a livello del quadrante inferiore di destra e fu fatta diagnosi di periodontite apicale cronica a carico del secondo molare inferiore destro. Durante la preparazione della cavità d’accesso il dentista non fu in grado di localizzare gli imbocchi canalari della radice mesia-le, pertanto il paziente venne inviato per il completamento della terapia. Prima della rimozione del cemento provviso-rio venne scattata una nuova radiogra-fia diagnostica, che rivelò una profon-da alterazione della struttura coronale, eseguita a livello del pavimento della camera pulpare nel tentativo di reperire i canali mesiali. La rimozione del cemen-to provvisorio dimostrò la presenza di una perforazione iatrogena sia linguale che vestibolare, eseguita nel precedente tentativo di creare una corretta cavità d’accesso. La perforazione venne quindi riparata con l’utilizzo dell’MTA e i cana-li, dopo essere stati reperiti e preparati, furono otturati con guttaperca termopla-

stica e cemento resinoso (EndoREZ™, Ultradent Products, South Jordan UT) dopo aver lasciato indurire l’MTA per 48 ore.Il danno iatrogeno era stato eseguito per una serie di motivi: la cavità d’accesso era troppo limitata, il dentista preceden-te non aveva utilizzato il colorante (carie detector), che può essere di enorme aiuto per riconoscere gli imbocchi canalari e distinguerli dal colore del circostante pavimento camerale (Fig. 8 a). Infine, la cavità d’accesso non era stata orientata in maniera corretta, ovverosia creando un accesso rettilineo a partenza dalle cuspidi relative agli imbocchi canalari. Inoltre, la fresa usata per la preparazio-ne della cavità d’accesso non era stata calibrata, misurando la profondità della camera pulpare da una radiografia bite-wing preoperatoria.

Caso n° 7. Fig. 13Restauro intraradicolareLa paziente di 36 anni si presentò all’os-servazione con dolore alla percussione a carico del secondo premolare inferiore sinistro e drenaggio spontaneo di pus dall’aspetto mesiale del secondo mola-re. Dall’anamnesi risultò che il primo molare era stato giudicato non recupe-rabile e quindi era stato estratto. Dalla radiografia diagnostica apparve evidente che durante l’estrazione del molare era

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stato involontariamente danneggiato il premolare. Il canale di quest’ultimo venne quindi deterso e sagomato usan-do strumenti in Nichel Titanio, ipo-clorito al 5,25% ed EDTA. Fu quindi usata la clorexidina al 2%, attivata con gli ultrasuoni per un minuto. Il cana-le venne quindi asciugato e medicato con idrossido di calcio per una settima-na. All’appuntamento successivo venne tolto l’idrossido di calcio e con l’aiuto del microscopio operatorio fu posiziona-to l’MTA nel terzo apicale della radice, a contatto con il tessuto di granulazione del danno iatrogeno. Fu quindi posi-zionata all’interno del canale una palli-na di cotone bagnata e successivamente la cavità d’accesso venne sigillata. Nel corso del terzo appuntamento il canale radicolare venne otturato con la conden-

13

sazione verticale della guttaper-ca calda e cemento. Al controllo eseguito dopo 19 mesi il dente mostrava di essere asintomatico, con un sondaggio di 3 mm su tutta la sua circonferenza.

La biomimetica ha portato grandi speranze ai pazienti con dentature radicalmente debili-tate. Ciononostante, essa deve essere considerata un’aggiunta alla terapia, non il sostituto per la prevenzione e il trattamen-to delle malattie della dentatu-ra naturale. Se all’inizio della malattia si usasse la stessa cura e integrazione disciplinare usata a malattia ormai manifesta, la

necessità di ricorrere all’implantologia sparirebbe. L’evidenza suggerisce abbon-dantemente che se i risultati positivi a distanza di tempo si misurano con la ritenzione di un’unità funzionale, la superiorità della biomimetica rispetto alla biologia sparisce automaticamente. Pertanto, resta solo la necessità di stabi-lire una maggiore e più ampia ricerca di “standard of care” per arrivare all’eccel-lenza clinica.

Gli autori sono membri della “Cybercom-munity Roots” (www.rxroots.com) e rela-tori e/o coordinatori del congresso annuale ROOTS SUMMIT (www.amerootssummitv.com). Roots è un Forum online il cui scopo è quello di diffondere la conoscenza dell’En-dodonzia in tutto il mondo e migliorare la qualità dei trattamenti eseguiti.

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L’Informatore Endodontico

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