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l’informatore endodontico Nr. 2 Anno 2007 Volume 10 Numero 2, Anno 2007 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale 70% DCB Firenze 1 contiene I.P. Preparazione dell’accesso endodontico Gli imperativi biologici dell’endodonzia e dell’implantologia: formulare un algoritmo di valutazione del rischio Il microscopio operatorio Gli strumenti rotanti in nickel-titanio K3 Due radici palatine nei primi molari superiori Clifford J. Ruddle, DDS Yosi Nahmias, DDS, MSc

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l’informatoreendodontico

Nr. 2 Anno 2007

Volume 10 Numero 2, Anno 2007P o s t e I t a l i a n e S . p . A . Spedizione in abbonamento postale 70% DCB Firenze 1

contiene I.P.

Preparazione dell’accesso endodontico

Gli imperativi biologici dell’endodonzia e dell’implantologia: formulare un algoritmo di valutazione del rischio

Il microscopio operatorio

Gli strumenti rotanti in nickel-titanio K3

Due radici palatine nei primi molari superiori

Clifford J. Ruddle, DDS

Yosi Nahmias, DDS, MSc

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Sommario

L’Informatore Endodontico

Pag. ?? Notizie da tutto il mondo

Pag. 6 Preparazione dell’accesso endodontico

Clifford J. Ruddle, DDS

Vol. 10, Nr. 22º Trimestre 2007

Pag. ?? Corsi e Congressi

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Finito di stampare nel Aprile 2007

Gli imperativi biologici dell’endodonzia e dell’im- Pag. 18 plantologia: un algoritmo di valutazione del rischio

Kenneth S. Serota, DDS, MMScRichard Mounce, DDS

Gli strumenti rotanti in nickel-titanio K3. Pag. 36 Una strumentazione predicibile dei canali radicolari

Richard Mounce, DDS

Il microscopio operatorio. Pag. 26 Ampliare i confini del possibile in odontoiatria

Richard Mounce, DDS

Pag. ?? Facciamo due risate

Pag. 46 Due radici palatine nei primi molari superioriYosi Nahmias, DDS, MScPaul Bery, DMD

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Il trattamento endodontico diviene più efficace quando il clinico visiona con at-tenzione una serie di immagini radiogra-fiche preoperatorie effettuate da diverse angolazioni orizzontali. In questo modo è possibile visualizzare il trattamento in maniera completa e minimamente invasiva e il clinico può così conservare mentalmente questa raffigurazione e uti-lizzarla per portare avanti ogni fase della procedura.1 C’è un vecchio adagio che dice: “Inizia pensando al risultato fina-le.” Prima di iniziare la preparazione del-la cavità d’accesso, pensate, visualizzate e pianificate per raggiungere in maniera più efficace un successo predicibile.

Pretrattamento Prima del trattamento endodontico, oc-corre effettuare una valutazione interdi-sciplinare dei denti con interessamento pulpare al fine di accertarsi che sia pos-sibile ottenere una completa guarigione. In certi casi risulta vantaggioso esegui-re un pretrattamento con una banda ed un build up per facilitare le successive procedure endodontiche. I denti grave-mente distrutti devono essere esaminati per valutare l’opportunità di ricorrere all’allungamento della corona clinica.2 Tale intervento facilita il posizionamen-

Clifford J. Ruddle, DDS

to della diga e consente al protesista di creare l’effetto ferula ed ottenere una cor-retta ampiezza biologica.3 Nei casi in cui è consigliabile ricorrere all’allungamento di corona, questo determina un miglio-ramento del trattamento interdisciplina-re in tutte le sue fasi.4 Le procedure di pretrattamento aumentano le probabilità di successo endodontico, migliorando la predicibilità di ciascun passo successivo.Prima di intraprendere il pretrattamento endodontico, occorre decidere se effet-tuare l’accesso attraverso il preesistente restauro protesico oppure rimuoverlo. Generalmente i clinici effettuano l’acces-so alla camera pulpare senza rimuovere il restauro se questo sigilla bene, ha un design funzionale e risulta gradevole dal punto di vista estetico. Se il restauro non soddisfa questi requisiti, allora viene ri-mosso. Comunque, per una serie di ra-gioni, può essere auspicabile rimuovere un restauro preesistente e mantenerlo intatto. Una rimozione sicura ed efficace di qualsiasi restauro preesistente richiede la conoscenza dell’odontoiatria protesica in tutti i suoi aspetti e l’utilizzo di alcuni strumenti appositi accuratamente sele-zionati.5 È essenziale che il clinico si con-sulti con il paziente e, prima di iniziare a rimuovere il restauro, lo metta al corren-

Preparazione dell’accesso endodonticoUn varco per il successo

Figura 1aIl microscopio (Carl Zeiss, Thornwood, New York) offre una visione ingrandita, l’illuminazione coassiale e l’opportunità

di portare a termine un trattamento completo.

Figura 1bIn questa foto sono evidenti l’iso-lamento del campo con la diga di

gomma e l’accesso rettilineo agli orifi-zi. Si notino la forma del contorno, le

pareti assiali lisce e 5 orifizi.

1a 1b

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te dei pro e contro dell’operazione.

Isolamento Un’eccellente visualizzazione, unita ad un isolamento completo, è garanzia di un trattamento endodontico sicuro ed efficace (Fig. 1). L’isolamento porta a compimento la retrazione dei tessuti molli, protegge il faringe e previene l’infiltrazione della saliva. Per fortuna è possibile isolare la stragrande maggio-ranza dei denti in modo semplice e ve-loce tramite una procedura molto breve. A tal fine, occorre praticare un foro di dimensioni appropriate in una posizio-ne predeterminata attraverso la diga di gomma. La diga di gomma può essere mantenuta tesa tramite un telaio in ma-teriale polimerico, non metallico, e poi un uncino preselezionato viene montato sulla diga stessa. La scelta di un telaio non metallico consente di eseguire delle radiografie intraoperatorie senza preoc-cuparsi di causare inavvertitamente una sovrapposizione del metallo nella regio-ne da inquadrare. La pinza porta-uncini guida le chele dell’uncino sulla corona e poi le rilascia così da ancorare la diga al dente senza ledere i tessuti molli. Con uno specillo è possibile poi far scivolare la diga di gomma al di sotto delle alette

vestibolare e linguale dell’uncino. Si può utilizzare il filo interdentale per spingere la diga di gomma al di sotto dei punti di contatto in direzione gen-givale, così da operare in un’area di la-voro asciutta. Occasionalmente, anche se la diga di gomma è ben posizionata, il campo di lavoro può essere contaminato da un’infiltrazione salivare. Per garantire un ambiente di lavoro a tenuta stagna è opportuno utilizzare materiali sigillanti come l’OralSeal (Ultradent Products). In certi casi, anche se non di frequente, può essere utile iniziare la preparazione della cavità d’accesso endodontica senza la diga di gomma per migliorare l’orientamento. Ciò è consigliabile quando il clinico deve lavorare su un dente che presenta un re-stauro di notevole entità o una calcifica-zione significativa all’interno della camera pulpare, oppure quando la corona clinica non è allineata con la radice sottostante.

Obiettivi della cavità d’accessoLa preparazione di una corretta cavità d’accesso è essenziale per un’endodonzia di successo.6 La preparazione della cavità d’accesso endodontica è una tappa crucia-le di una serie di procedure finalizzate, da ultimo, all’otturazione tridimensionale del sistema dei canali radicolari (Fig. 2).

2a 2b

Figura 2aLa radiografia postoperatoria rivela un accesso rettilineo, una curvatura apicale e una ricurvatura dei canali palatino e distovestibolare e l’otturazione di un canale della biforcazione.

Figura 2bLa radiografia postoperatoria illustra un accesso rettilineo e dimostra che i 5 canali sono stati identificati, sagomati e otturati.

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Profilo dell’Autore. Il dottor Ruddle è il fondatore e il direttore dell’Advanced Endodontics®, un istituto formativo internazionale, a Santa Barbara, California. È Assistant Professor per il corso di laurea in Endodonzia all’Università Loma Linda e all’Università della California, a Los Angeles. È inoltre Associate Clinical Professor all’Università della California, San Francisco, ed è Adjunct Assistant Professor of Endodontics presso la University of the Pacific, School of Dentistry. È autore di due capitoli dell’ottava edizione di Pathways of the Pulp: “Cleaning & Shaping the Root Canal System” e “Nonsurgical

La cavità d’accesso deve essere eseguita in modo da rimuovere il tetto della ca-mera pulpare, inclusa tutta la dentina sovrastante. Le dimensioni della cavità dipendono principalmente dalla posi-zione anatomica degli orifizi. Le pareti assiali si estendono lateralmente fino a includere nel contorno gli orifizi canalari. Quando richiesto, le preparazioni delle cavità d’accesso vengono ampliate ulte-riormente, per eliminare qualsiasi altra interferenza che potrebbe compromette-re il trattamento successivo.7I principi alla base della preparazione delle cavità d’accesso endodontico sono equivalenti a quelli dell’odontoiatria restaurativa. I dentisti che praticano l’odontoiatria protesica apprezzano particolarmente la capacità di estrar-re un modello in cera da uno stampo in rame o in pietra senza deformare la cera. Dal punto di vista endodonti-co, gli obiettivi della cavità d’accesso sono raggiunti quando tutti gli orifi-zi di un dente pluriradicolato posso-no essere visualizzati senza spostare lo specchietto. Le potenzialità delle pro-cedure di detersione e di sagomatura aumentano considerevolmente quando gli strumenti passano agevolmente at-

traverso le aperture occlusali, scivolano giù senza sforzo lungo le pareti assiali lisce e si inseriscono facilmente in un orifizio precedentemente svasato (Fig. 3). La creazione di spaziose cavità d’ac-cesso apre la strada alla preparazione del canale.8-10

Tecniche d’accessoUna conoscenza approfondita dell’ana-tomia esterna ed interna dei denti uma-ni è fondamentale per un endodontista e serve a preparare il clinico a trattare con più successo i denti compromes-si endodonticamente.11 L’esperienza insegna che è meglio preparare fin dall’inizio la cavità d’accesso in modo che le sue dimensioni corrispondano a circa l’80% di quelle che raggiunge-rà la circonferenza finale. Preparare fin dall’inizio un’apertura che si appros-simi il più possibile alle dimensioni ottimali migliora la visualizzazione del campo operatorio man mano che la preparazione procede all’interno del dente. Una volta rimosso il tetto del-la camera pulpare, è possibile indivi-duare la posizione dell’orifizio (o degli orifizi) sul pavimento della stessa. In base all’orientamento anatomico, si può aggiustare la posizione delle pa-reti assiali, estendere al massimo la preparazione d’accesso ed eseguirne la rifinitura.12

A seconda del materiale che costitui-sce la corona clinica, si sceglie la fresa per iniziare il trattamento (Fig. 4a). Talvolta, i materiali ricostruttivi stra-tificati richiedono frese diverse per mi-gliorare l’efficienza e al tempo stesso ridurre le vibrazioni indesiderate (Fig. 4b). Come un pittore che dipinge sul-la tela, il clinico muove il manipolo pennellando delicatamente. La fresa si sposta dalla zona mesiale a quella di-stale e dalla vestibolare alla linguale

Figura 3Questa foto rivela un accesso retti-lineo, pareti assiali divergenti e lisce

e dimostra che gli orifizi presvasati si trovano esattamente all’interno del

contorno.

3

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Vol. 10, Nr. 2 2007

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Endodontic Retreatment”. E’ anche autore di due capitoli della nuova edizione inglese del testo Endodonzia del Dr. Castellucci: “The ProTaper Technique” e “Micro-Endodontic nonsurgical retreatment”. È conosciuto a livello internazionale per aver insegnato l’endodonzia egregiamente tramite conferenze, articoli clinici, manuali professionali, video e DVD. Gestisce inoltre uno studio privato a Santa Barbara. Può essere contattato al numero (800) 753-3636 o visitando il sito www.endoruddle.com.

man mano che la preparazione della cavità d’accesso si estende in direzione della camera pulpare. Pennellare deli-catamente con una fresa nuova affilata riduce l’attrito e il calore che ne deri-va ed offre un maggiore controllo man mano che la preparazione della cavità d’accesso si estende in direzione della camera pulpare. Incidere la dentina con leggere pennellate invece di trapanarla infonde maggiore serenità al paziente, specialmente quando si effettua l’ac-cesso a un dente affetto da pulpite. La cavità d’accesso viene estesa fino a rag-giungere e penetrare attraverso il tetto della camera pulpare. Nel momento in cui questo avviene, una fresa rotonda in carburo di lunghezza chirurgica è

posizionata all’interno della camera e viene ripetutamente tirata in direzione occlusale fino a rimuovere l’intero tet-to della camera pulpare (Fig. 4c).Dopo aver scoperchiato del tutto la ca-mera pulpare ed aver identificato l’ori-fizio (o gli orifizi), si può utilizzare una fresa diamantata di lunghezza chirurgica (Brasseler) per svasare, appiattire e rifini-re le pareti assiali (Fig. 4d). Le pareti as-siali, coniche, divergono dal pavimento della camera pulpare verso la superficie occlusale. Pareti assiali lisce, piatte e co-niche migliorano la rifrazione della luce e, di conseguenza, la visibilità. Le frese diamantate coniche servono a creare un accesso rettilineo a ciascun orifizio. In presenza di spazio radicolare disponibile, 5

Figura 4a Una fresa diamantata rotonda è utilizzata, sotto costante irrigazione, per iniziare la cavità d’accesso attraverso una corona di metallo con rivestimento in porcellana.

Figura 4b Questa fresa transmetallica ha una lama dalla configurazione con dente a sciabola che risulta molto efficace per praticare un’apertura attraverso restauri in metallo.

Figura 4c Una fresa rotonda al carburo di lunghez-za chirurgica fornisce una visualizzazione ottimale per estendere progressivamente e in sicurezza la preparazione della cavità d’accesso e scoperchiare la camera pulpare.

Figura 4d Una fresa diamantata conica di lunghez-za chirurgica offre una visualizzazione continua e può essere utilizzata per levigare le pareti assiali e rifinire la pre-parazione della cavità d’accesso.

4a 4b

4c 4d

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Preparazione dell’accesso endodonticoUn varco per il successso

si può inserire uno specillo in un imboc-co canalare per determinare l’angolo di ingresso di un dato canale rispetto al-l’asse lungo del dente. Quando lo spazio radicolare è piuttosto limitato, si può in-serire una lima manuale di dimensioni minime nell’aspetto più coronale canale per valutare l’angolo d’ingresso nel cana-le rispetto all’asse lungo del dente. Posi-zionare una lima manuale di dimensioni minime svelerà l’esistenza di irregolarità o interferenze che potrebbero rivelarsi dannose per le successive procedure di detersione e sagomatura.

A mio parere, le frese di Gates Glidden (GG), di dimensioni 1- 4 (Dentsply Maillefer), sono le frese rotanti taglienti più indicate per effettuare la presvasatu-ra dell’orifizio (o degli orifizi), trasferire intenzionalmente l’aspetto coronale di un canale lontano dalle concavità ra-dicolari esterne e rimuovere i triangoli interni di dentina. Questa procedura consente di creare un’apertura riprodu-cibile in qualsiasi canale, facilitando la strumentazione successiva. La ricerca ha dimostrato che si può usare una fresa sin-gola X-Gates di dimensioni GG 1 - 4

5b5a

Figura 5a Questa immagine microtomografica di un molare mandibolare dimostra che la radice distale è stata rimossa e che la radice mesiale presenta una

concavità laterale nella zona della biforcazione.

Figura 5bLa conformazione del contorno verde che vediamo in questa immagine

microtomografica mostra la posizione anatomica originaria degli orifizi. La conformazione del contorno rosso dimostra che gli orifizi sono stati inten-

zionalmente trasferiti lontano dalla zona pericolosa della biforcazione.

Figura 5c Questa immagine microtomografica mostra la situazione prima (verde) e dopo (rosso) la sagomatura. Il triangolo rosso di dentina (immagine a sini-

stra) è stato rimosso tramite le frese GG (immagine a destra) (Figure 5a-5c per gentile concessione del dottor Lars Bergmans e del gruppo di ricerca

BIOMAT dell’Università Cattolica di Lueven, Belgio).

5c

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(Dentsply Maillefer, Ballaigues, Svizze-ra) oppure poche frese GG applicando un movimento simile ad una pennella-ta e mantenendo bassa la velocità (circa 750 rotazioni al minuto) per rimuovere selettivamente la dentina ed ottenere una preparazione finale centrata rispetto alla circonferenza della radice (Fig. 5). Le dimensioni della GG scelta inizialmente dipendono dalle dimensioni dell’orifizio. Come criterio guida, scegliete la GG più larga in grado di inserirsi passivamente nell’orifizio dato e poi procedete dalle dimensioni maggiori alle minori. Esclu-dendo i denti che presentano calcifica-zioni visibili nella camera pulpare, per la maggior parte degli orifizi è indicata la fresa GG-4. La GG selezionata e non ancora attivata viene posizionata esatta-mente all’interno dell’orifizio e, al mo-mento dell’attivazione, la testa del ma-nipolo compie un movimento circolare facendo lavorare la parte al di sopra del pivot. La pancia della fresa GG serve a svasare l’orifizio nella parete assiale adia-cente. La presvasatura dell’orifizio pro-duce un imbuto liscio, dalle linee fluide, che facilita il successivo posizionamento di lime manuali di piccole dimensioni. Nei canali di diametro inferiore, tipici delle radici vestibolari dei molari ma-scellari e delle radici mesiali dei molari mandibolari, occorre limitare l’utilizzo della GG-4 in modo che la sua porzione attiva a forma di fiamma si trovi appena sotto l’orifizio. Nei denti non calcificati, è una buona strategia usare le GG dalla fresa di di-mensioni maggiori a quelle di diame-tro inferiore. Perciò, se l’orifizio è stato inizialmente presvasato con una GG-4, il prossimo passo consiste nell’utilizzare una GG-3. Dal momento che la GG-3 è più piccola della GG-4, inserendo-la lentamente il clinico potrà usarne la pancia per applicare delicate pennellate

e rimuovere selettivamente la dentina nei movimenti in uscita. L’obiettivo di questa specifica procedura è migliorare l’accesso radicolare spostando l’aspet-to più coronale del canale lontano dalle concavità esterne della radice e verso la massa più consistente di dentina. Ap-plicare alle frese GG il movimento della pennellata consente al clinico un approc-cio più completo alle sezioni trasversali dalla conformazione anatomica irregola-re. Dopo aver utilizzato la GG-3, proce-dete con la più piccola GG-2, poi passate alla GG-1. Applicando correttamente e deliberatamente il movimento della pennellata, non è infrequente che i gam-bi di queste GG si rompano. Sul piano clinico ciò non rappresenta un problema, dal momento che la porzione attiva della fresa è completamente libera nel canale.La presvasatura e il trasferimento inten-zionale dell’aspetto più coronale del ca-nale rivestono un’importanza cruciale e influenzeranno tutti i passaggi successivi del trattamento. Basterà dire, a titolo di esempio, che le porzioni coronali dei ca-nali mesiali dei molari mandibolari sono raramente centrate all’interno della radi-ce (Fig. 6). Usare gli strumenti rotanti

Figura 6 Una sezione trasversale attraverso la radice mesiale mostra che gli orifizi sono generalmente posizionati più vicini alla biforcazione della radice.

6

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Preparazione dell’accesso endodonticoUn varco per il successso

Ni-Ti per espandere uniformemente la porzione coronale verso l’esterno rispet-to alla posizione anatomica originaria dà come risultato preparazioni che tendono a spostarsi verso la zona pericolosa della biforcazione. Le preparazioni non centra-te in una data radice comportano svaria-ti rischi, tra cui l’assottigliamento della radice, fratture o perforazioni radicolari (stripping).5,13

La presvasatura del terzo coronale è particolarmente importante nei casi in cui il manico della lima posizionata inizialmente non è allineato con l’as-se lungo di un dente. I clinici possono osservare la posizione del manico de-gli strumenti di diametro minore per verificare se sono dritti e paralleli al-l’asse lungo del dente oppure se sono deviati rispetto all’asse stesso. Quando il manico della lima è dritto o parallelo all’asse lungo del dente, si può confer-mare l’accesso rettilineo sia coronale che radicolare. Nei casi in cui il mani-co dello strumento usato inizialmen-te è deviato rispetto all’asse lungo del dente, occorre rimuovere il triangolo di dentina per raddrizzarlo e posizio-narlo in asse (Fig. 7).7Le lime di sondaggio confermano la

presenza o l’assenza di un accesso coro-nale e radicolare rettilineo. Un accesso endodontico rettilineo completo sem-plifica tutte le successive procedure di strumentazione ed elimina virtual-mente molte complicazioni relative alle procedure di detersione e sago-matura.5 Dopo aver utilizzato le frese GG, la cavità d’accesso viene di solito aggiustata e rifinita accuratamente con una fresa diamantata conica di lun-ghezza chirurgica, così da conseguire gli obiettivi meccanici per l’accesso rettilineo e consentire le successive fasi del trattamento. La preparazione del-la cavità d’accesso va intesa come una procedura progressiva che richiede fre-quenti adattamenti in fase di prepara-zione del canale.

Procedure di rifinitura della cavità d’accessoLa sfida che qualsiasi dentista si trova ad affrontare prima di un trattamen-to endodontico consiste nel preparare la cavità d’accesso in sicurezza e nel-l’identificare in via definitiva gli orifizi (o l’orifizio). Oggi questa procedura è divenuta più predicibile grazie alla migliore visualizzazione, ai progressi

Figura 7aNei denti pluriradicolati, il manico di

una lima manuale è spesso deviato rispetto all’asse a causa di un triango-

lo interno di dentina.

Figura 7bIl gambo di una fresa GG ha una

forma arcuata per consentire alla parte lavorante di tagliare e allonta-nare intenzionalmente l’aspetto più

coronale di un canale dalla zona peri-colosa della biforcazione.

7a 7b

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nel design degli strumenti da ultra-suoni e al perfezionamento delle tec-niche cliniche. Le procedure effettuate con l’aiuto degli ultrasuoni hanno il vantaggio di eliminare la testa ingom-brante del manipolo, garantendo una visuale impareggiabile dell’area opera-toria. Nello specifico, i nuovi strumen-ti da ultrasuoni SINE (Advanced En-dodontics, Santa Barbara, California) aprono la strada alle procedure di rifi-nitura della cavità d’accesso (Fig. 8a). Questo set di 6 strumenti è disponibi-le in lunghezze di 18 mm, offre punte dalle conformazioni uniche ed ha un design tipo contrangolo per consentire un migliore accesso. Inoltre, gli stru-menti da ultrasuoni SINE sono dota-ti di aperture per l’irrigazione e di un doppio rivestimento anti-corrosione in diamante composito. Questa linea di strumenti vanta un numero di parti-celle di diamante per unità di superfi-cie quasi 3 volte superiore rispetto alle altre punte conosciute e disponibili oggi sul mercato (Fig. 8b). Un rivesti-mento più spesso garantisce un’azione di taglio più sicura ed efficiente. Gli strumenti da ultrasuoni SINE hanno un design studiato per rimuovere le

calcificazioni, aprire gli orifizi nasco-sti, reperire i canali calcificati, raffinare e rifinire le pareti assiali e gli spigoli, eliminare i triangoli di dentina, svasa-re gli orifizi, tagliare l’aspetto coronale del carrier di un thermafil e pulire la camera pulpare al termine del tratta-mento, in funzione dell’intervento di odontoiatria ricostruttiva (Fig. 9).La scelta di uno specifico strumento SINE dipende dalla conformazione della punta richiesta per svolgere con efficacia una data procedura. Le punte SINE devono essere usate applicando un delicato movimento di pennellatu-ra, lavorando con l’intensità minima che consente di portare a termine ef-ficacemente la procedura clinica. Gli strumenti da ultrasuoni SINE sono stati progettati e messi a punto per la-vorare in maniera ottimale sui nuovi generatori piezoelettrici ad ultrasuoni che regolano il movimento della punta in modo da garantire maggiore sicu-rezza. I generatori di ultrasuoni Sate-lec P5 (Dentsply Tulsa Dental Special-ties, Tulsa, Oklahoma), Suprasson P5 Newtron (Acteon Group, Merignac, France) e NSK (Brasseler, Savannah, Georgia) sono gli apparecchi più al-

Figura 8a Gli strumenti da ultrasuoni SINE sono caratterizzati da punte dalla conformazione innovativa, da un rivestimento in diamante unico, da un sistema di erogazione dell’acqua opzionale e da un design tipo “con-trangolo” che garantisce migliore accesso e visibilità.

Figura 8b Un’immagine al SEM rivela perché gli strumenti da ultrasuoni SINE sono molto efficienti e garantiscono un’azione di taglio straordinariamente agevole. Si noti che il numero di parti-celle di diamante per unità di superfi-cie è quasi 3 volte superiore a quello di altri strumenti concorrenti.

8a 8b

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Preparazione dell’accesso endodonticoUn varco per il successso

l’avanguardia, studiati per ottimizza-re le procedure di strumentazione ad ultrasuoni. Per evitare danni dovuti al calore quando si svolgono determinate procedure ad ultrasuoni che richiedo-no più alti livelli di energia trasmessi per intervalli di tempo più lunghi, si deve usare acqua nebulizzata con effet-to refrigerante.14

ConclusioniNel presente articolo sono stati de-scritti concetti, strategie e tecniche per creare preparazioni di cavità d’accesso endodontiche dal successo predicibi-le. Si può paragonare la realizzazione di una preparazione di cavità d’accesso ad uno sport che, in quanto tale, può essere giocato a vari livelli, producen-do una varietà di risultati. La prepara-zione della cavità d’accesso endodon-tica influenza tutte le successive fasi del trattamento e fornisce l’apertura per sagomare i canali, per detergerli e

9b9a

Figura 9a Uno strumento SINE con una punta appuntita o rotonda può essere usato per approfondire ed esplorare solchi, evidenziare orifizi difficilmente indivi-

duabili e svelare canali nascosti.

Figura 9bUno strumento SINE con punta a forma di palla può essere usato per

rimuovere il tetto di dentina, svasare e spostare un orifizio lontano dal pericolo della biforcazione e raccordare agevolmente l’orifizio con le pareti

camerali.

Figura 9c Uno strumento SINE con punta a forma di palla si presta a vari usi, come l’eliminazione di un pulpolita e la detersione della camera pulpare dopo il

trattamento.

9c

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Vol. 10, Nr. 2 2007

L’Informatore Endodontico

per effettuare le otturazioni tridimen-sionali. Visualizzazione ed esecuzione sono le parole chiave di questo sport ed è attraverso di esse che il clinico potrà acquisire la padronanza del gioco en-dodontico e ottenere la vittoria finale.

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Traduzione dell’articolo originale:Endodontic access preparation.An opening for successDentistry Today 26(2): 114-119, 2007Copyright©Dentistry Today Inc.

Disclaimer: Il dottor Ruddle ha interesse commerciale nei confronti dei prodotti che ha progettato e sviluppato, compresi gli strumenti da ultrasuoni SINE.

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Digora OptimeNuovo sistema di radiovideografia ai fosfori

DL Medica, distributore per l’Italia del marchio Soredex, ha festeggiato il decimo anniversario dall’introduzione del primo sistema di radiovideografia a fosfori Digora con la presentazione e l’in-troduzione dell’innovativo sistema Digora Optime.La tecnologia ai fosfori per la radiologia intraorale rimane lo strumento più adeguato a fornire immagini dall’elevato valore diagnostico; il facile posizionamento in tutte le aree del cavo orale senza distorsioni o compromessi, con o senza l’ausilio del centratore, la riduzione della dose raggi fino al 90%, la possibilità di utilizzo con tutte le tipologie di radiografico e l’eliminazione totale di tutti i problemi di sovra e sotto esposizione, uniti alla rapidità e alla qualità delle radiografie, sono le caratteristiche che rendono il nuovo Digora Optime un valido strumento per lo studio odontoiatrico.Infatti, il nuovissimo sistema di radiovideografia impiega le più avanzate soluzioni tecnologiche nel campo della radiologia digitale, dell’elettronica e dell’informatica, garantendo standard qualitativi davvero elevati. Questo risultato è frutto dell’esperienza maturata con i fosfori in oltre 10 anni di attività, con la produzione di decine di migliaia di unità.Il sistema Digora rimane l’unico sistema di radiovideografia in grado di offrire la più ampia gamma di formati di piastrine, immediatezza nella visualizzazione, versatilità e semplicità di impiego, uniti a praticità ed affidabilità. Il lettore può leggere quattro differenti formati di pia-strine ed impiega soli 4,5 secondi per leggere, visualizzare e cancellare una piastrina di formato 22 x 31 cm, 24 x 40 cm, 31 x 41 cm, 27 x 54 cm ; inoltre, la selezione del formato, la lettura, la cancellazione e l’espulsione della piastrina sono completamente automatiche.Dal punto di vista tecnico, viene utilizzata per il collegamento al singolo PC o alla rete di PC la connessione di rete ethernet a 100/1000 Mb con cavo RJ45, sfruttando per la comunicazione il dif-fusissimo protocollo internazionale TCP/IP.La definizione è stata ulteriormente migliorata rispetto ai già elevati standard, introducendo nuove

piastre con risoluzione fino a 12.5 coppie di linee reali e non virtuali; è stato introdotto anche un nuovo sistema brevettato di elaborazione, in grado di ottimizzare le immagine acquisite offrendo maggiore omogeneità, det-tagli, qualità e nitidezza. L’acquisizione delle imma-gini sfrutta una più ampia scala di grigi a 16 bit, in grado di riprodurre e garantire tutti i dettagli sia nella visualizzazione che nella stampa.La nuova versione del software Digora per Windows 2.5 è stata arricchita con un’ampia gamma di opzioni per la lettura, l’elaborazione e l’analisi dei dettagli. Attraverso l’analisi delle misure calibrate, la simula-zione preimplantare e l’analisi densitometrica è possi-bile aumentare in modo considerevole la valenza dia-gnostica delle immagini radiologiche. I nuovi parametri avanzati impiegati consentono di operare, se richiesto, direttamente con lo standard di radiologia professionale DICOM, oltre alla possibilità di interfacciarsi con i sistemi ospedalieri PACS.Il nuovissimo sistema Digora Optime, combinato con il sistema Digora PCT per panoramiche, teleradiografie 18x24 o 24x30 e tomografie, rappresenta una solu-zione avanzata per lo studio odontoiatrico, in grado di offrire elevate prestazioni.

Per informazioni:

DL Medica S.p.A. Via Pietro Calvi, 2

20129 MilanoTel. 02.762751

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Il tasso di successo funzionale per i trat-tamenti endodontici non ha eguali.1 Poiché un dente naturale è ovviamente preferibile ad uno artificiale, il clinico deve avere familiarità con quanto è oggi possibile in termini di mantenimento di un dente naturale (Fig. 1). Il tasso di successo del primo trattamento, del ritrattamento e del ritrattamento mi-crochirurgico di un fallimento endo-dontico è altrettanto significativo del tasso di successo dell’impianto. Data la sproporzione esistente tra la letteratu-ra sugli impianti e gli studi dedicati al ritrattamento endodontico, nonché la mancanza di banche dati che riporti-no risultati, indicazioni e controindi-cazioni relativi all’uso dell’una o del-l’altra tecnica, la pianificazione di un trattamento è spesso tanto complessa e faticosa da risultare scoraggiante.2 C’è bisogno di un algoritmo significativo che fornisca al clinico un’analisi pro-gnostica di valutazione del rischio nel-la pianificazione del trattamento. Ciò offrirà una soluzione al dilemma, dal momento che la mancanza di valuta-zioni standard dei risultati e in gene-

rale della loro portata rende difficile un accurato paragone tra gli studi relativi alle due tecniche.3,4

C’è chi mette in discussione l’efficacia a lungo termine del trattamento en-dodontico e in particolare del ritrat-tamento, inteso come valida opzione nel piano di trattamento (Fig. 2). Sfor-tunatamente, il tasso di successo delle tecniche di impianto, pur sembrando statisticamente più alto rispetto ai trattamenti endodontici, ha probabil-mente più a che fare con i protocolli e gli strumenti di analisi usati per de-terminare il successo che non con la realtà. Qualsiasi paragone deve essere significativo, preciso, standardizzato e diretto. Occorre che gli studi sui risul-tati dei trattamenti siano effettuati da molteplici centri per formulare corre-lazioni ragionevoli e valide tra i tassi di sopravvivenza e il tasso di successo funzionale sia dell’impianto che delle tecniche endodontiche.5,6

Da una selezione di studi a lungo ter-mine risulta che le probabilità che den-

Kenneth S. Serota, DDS, MMScRichard Mounce, DDS

Gli imperativi biologicidell’endodonzia e dell’implantologia:formulare un algoritmodi valutazione del rischio

Figura 1L’imperativo biologico del successo

endodontico è ben definito; sagoma-tura profonda per facilitare la pene-

trazione degli irriganti, controllo elet-tronico della lunghezza fino al forame

apicale, sagomatura morfometrica, otturazione adesiva e sigillo coronale sono tutti fattori chiave ampiamente

documentati nella letteratura.

Figura 2L’algoritmo completo della cura per

preservare il dente naturale nell’even-tualità di un fallimento del primo

trattamento è complesso. Per fortuna, gli strumenti e le conoscenze tecniche oggi disponibili costituiscono un punto

di partenza che facilita la gestione di qualsiasi evenienza (Per gentile conces-

sione del Dr. Arnaldo Castellucci).

1 2

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Vol. 10, Nr. 2 2007

L’Informatore Endodontico

ti senza parodontiti apicali non si am-malino più dopo la iniziale terapia en-dodontica o che denti con parodontiti apicali guariscano completamente dopo la iniziale terapia endodontica, o dopo il ritrattamento o dopo la chirurgia apicale, sono più basse rispetto alla per-centuale di guarigione dopo impianti; ad ogni modo, le probabilità che que-sti denti risultino funzionali nel tempo vanno dall’86 % al 92 %, la qual cosa li colloca agli stessi livelli degli impianti (Fig. 3).7 Oltre alle ovvie variabili sopra menzionate, il numero di indicatori del risultato diviene letteralmente arcano; complicazioni intraoperatorie, numero di radici, tecniche di trattamento, pro-cedure parodontali richieste, dimen-sioni della ferula e così via, sono tutte procedure principali predicibili.8-10 Ciò non toglie che tutte queste variabili in-fluenzino il successo della terapia e per questo la creazione di un algoritmo lo-gico di pianificazione del trattamento diviene ancora più rilevante (Fig. 4).

Elenchiamo di seguito i principi co-muni che si dimostrano validi per la

detersione e la disinfezione:La strumentazione dello spazio del canale radicolare ripulisce e allarga morfometricamente il lume canala-re, per consentire lo scorrimento di irriganti e di farmaci intracanalari nelle tortuosità del sistema dei ca-nali, seppur con efficacia “limitata”.Gli irriganti determinano la lisi e

1)

2)

4

Figura 3La terapia endodontica si definisce come l’eliminazione della parodontite apicale mediante una detersione e una disinfezione ottimali del sistema dei canali radicolari. L’imperizia del-l’operatore e i limiti tecnici inerenti la dispersione della microflora posso-no compromettere il risultato della terapia. La realtà biologica è sicura-mente un successo.

3

Figura 4Il paziente è stato inviato per il ritrat-tamento della precedente terapia endodontica fallita eseguita sul dente 3.7. La ragione del fallimento, comun-que, non faceva parte dell’algoritmo del successo. L’allungamento della corona/ il ridisegno architettonico del contorno per assicurare un’ade-guata larghezza della ferula produr-rebbero un risultato parodontalmen-te insostenibile e causerebbero da ultimo la perdita del dente.

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le in grado di fornire una riprodu-zione microstrutturale dell’intero spazio del canale radicolare.Un sigillo coronale dopo il tratta-mento è essenziale poiché impedi-sce l’esposizione involontaria del materiale da otturazione alla saliva e alla microflora e il conseguente pericolo di infiltrazione. Le inno-vazioni recenti riguardanti il desi-gn degli strumenti, le modalità di irrigazione e i materiali adesivi per otturazione si rivelano molto pro-mettenti per la rimozione del bio-

5)

Profilo dell’Autore. Kenneth S. Serota esercita l’attività limitatamente alla sola endo-donzia nel suo studio chiamato Endodontic Solutions (www.endoslns.com), in Mississauga, Ontario, ed è fondatore delle comunità on-line ROOTS e IMPLANTS, di prossima attiva-zione (www.rxroots.com, www.osseointegrate.com).

la dissoluzione del tessuto pulpare ma sono anch’essi limitati in termi-ni di penetrazione dall’esistenza di un sistema differenziale a pressione negativa definitiva per garantire che raggiungano l’apertura apicale senza andare oltre.Per completare la fase di controllo dei batteri vengono usati farmaci intracanalari ma l’efficacia di ogni singolo materiale resta comunque discutibile.Lo spazio canalare deve essere ottu-rato con una tecnica ed un materia-

3)

4)

5

Figura 5Si è dimostrato che utilizzando una

medicazione intermedia a base di idrossido di calcio, il tasso di successo

si alza considerevolmente nei casi in cui la polpa è necrotica, è evidente una parodontite apicale cronica o quando è

consigliato il ritrattamento. Resta ancora molto da imparare sull’eliminazione del biofilm dal sistema dei canali radicolari,

che consentirebbe alla terapia endodon-tica di avvicinarsi ad un tasso di successo

clinico predicibile del 100 % (Per gentile concessione del Dr. Fred Barnett).

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film e la creazione di un sigillo im-permeabile monoblocco all’interno dello spazio del canale radicolare (Fig. 5).11-15

Negli ultimi dieci anni, le tecniche endodontiche hanno compiuto straor-dinari progressi; tuttavia, non esiste alcuna formula per un successo cli-nico predicibile. Data la presenza di condizioni preesistenti (siano esse aneddotiche, empiriche o biologiche), le diminuite capacità di adattamento o l’incapacità di ottenere uno stan-dard soddisfacente per il controllo e l’eliminazione dell’infezione, la ri-sposta di guarigione ad una procedu-ra endodontica è strettamente legata alla qualità tecnica del trattamento dei canali radicolari. Il più basso tasso di successo endodontico evidenzia-to negli studi trasversali dipende da carenze tecniche.16 Così la soluzione non è la sostituzione del dente natu-rale con un impianto, ma il migliora-mento della tecnica endodontica per assicurare la sopravvivenza del dente e il successo funzionale. La sequenza successiva delinea l’approccio ideale ad una terapia endodontica definitiva (per gentile concessione del Dr. Fred Barnett).

Diagnosi corretta.Cavità d’accesso ben sagomata.Localizzazione di tutti gli orifizi del sistema dei canali radicolari.Ottenimento e mantenimento di un’accurata lunghezza di lavoro fino al forame apicale.Detersione effettuata con la consa-pevolezza che l’anatomia originale dei canali radicolari non è rotonda e che occorre effettuare una stru-mentazione delle intere pareti ca-nalari.

1)2)3)

4)

5)

Irrigazione continua e profonda con soluzioni appropriate.Adeguato allargamento apicale fino alle giuste dimensioni, basate sulla morfologia dei canali radico-lari e non sulla filosofia dei “guru” in termini di “look”.Posizionamento di un adeguato disinfettante antibatterico che aiuti a dissolvere i tessuti e a neu-tralizzare le tossine (LPS, TNF, ecc.) così come i microorganismi rimasti nel canale malgrado i no-stri sforzi. Sono previste una me-dicazione provvisoria e due visite.Posizionamento di un adeguato sigillo coronale.Al secondo appuntamento, con-trollo della corretta lunghezza di lavoro.Irrigazione completa, ristabili-mento della pervietà apicale con una lima manuale n° 08 o n° 10.Misura del diametro apicale e de-tersione degli ultimi millimetri apicali.Irrigazione finale con soluzioni ap-propriate nella giusta sequenza.Utilizzo degli ultrasuoni con ipo-clorito di sodio.Rimozione dello smear layer con EDTA, acido citrico, BioPure, MTAD e/o Smear Clear.Utilizzo di clorexidina come ulti-mo irrigante e prova del cono in presenza di clorexidina.Asciugatura del canale e ricerca di un eventuale essudato.Riproduzione microstrutturale del sistema scanalare (leggi: ottu-razione tridimensionale).Posizionamento di un adeguato sigillo coronale - in composito o in GIC.Controllo del caso e valutazione della guarigione a lungo termine.

6)

7)

8)

9)

10)

11)

12)

13)

14)

15)

16)

17)

18)

19)

20)

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L’Informatore Endodontico

Profilo dell’Autore. Il dottor Mounce esercita l’attività limitatamente alla sola endodon-zia a Portland, Oregon. È autore di numerosissime pubblicazioni e tiene lezioni e conferenze in tutto il mondo sui progressi nello strumentario endodontico.

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Gli imperativi biologici dell’endodonzia e dell’implantologia: formulare un algoritmo di valutazione del rischio

Il costante perfezionamento degli im-pianti osteointegrati in titanio negli ultimi quarant’anni e il loro tasso di successo clinico offrono un’altra dimensione ad un’odontoiatria rico-struttiva completa quando il dente normale non può più comportarsi come un componente funzionale (Fig. 6). Comunque, la complessità della pianificazione del trattamento e la se-quenza delle fasi della terapia in casi trattati con impianti sono tanto lon-tani dal costituire una panacea, così come qualsiasi altro procedimento chirurgico, biomimetico, per cui dif-ficilmente si può parlare di interventi di routine. I fattori clinici e sistemici che influiscono sulla durata nel tem-po dell’impianto vanno presi in con-siderazione al pari del posizionamen-to, della qualità e quantità di osso e delle condizioni degli altri denti del paziente. A questo si aggiungano la difficoltà di ottenere un’estetica natu-rale con gli impianti, la rigenerazione dell’osso, il design e il posizionamen-to dell’impianto, il profilo dei tes-

suti molli, il supporto protesico del tessuto e il design della ceramica e l’algoritmo di valutazione del rischio acquista una funzione ancor più rile-vante.18

I principali indicatori del successo dell’impianto sono la quantità e quali-tà dell’osso, la stabilità primaria, l’età del paziente, l’esperienza del denti-sta, la sede del posizionamento della fixture, la lunghezza dell’impianto, il carico assiale e il mantenimento del-l’igiene orale. I principali indicatori del fallimento sono la scarsa qualità ossea, la parodontite cronica, le ma-lattie sistemiche, il fumo, la presenza di carie o di infezioni non risolte, l’età avanzata, il posizionamento di im-pianti corti o in numero inadeguato o il loro carico eccentrico, le abitudini parafunzionali e l’assenza/perdita di integrazione dell’impianto con i tes-suti duri e molli, e infine una protesi dal design inappropriato. Sono tutti fattori che possono contribuire al fal-limento dell’impianto.19-21

Malgrado l’esteso tasso di successo, la valutazione inerente il successo dell’impianto ha un buon margi-ne di soggettività. I criteri rilevanti per valutare l’efficacia a lungo termi-ne dell’impianto idealmente devono comprendere: mancanza di dolore, di mobilità, di radiotrasparenza, di per-dita di osso, di infezione o parestesia, così come un aspetto gradevole e la stabilità a livello estetico.22

La contrapposizione “sopravvivenza” dell’impianto vs. “tasso di successo” deve essere valutata nell’ambito di una varietà di condizioni cliniche e di variabili prognostiche identificabili con la lunghezza, le giuste dimensio-

6

Figura 6L’algoritmo di valutazione del

rischio è valido per molti protocolli ricostruttivi. Il dente 1.4 richiederà

la terapia endodontica, una riabilitazione con perno moncone

ed il ricoprimento cuspidale indipendentemente dal fatto che il

dente mancante venga sostituito con un ponte fisso o sia semplicemente

ricostruito come impone la condizione del restauro. Il suo

utilizzo come singola unità funzionale in contrasto con la sollecitazione

esercitata dall’ancoraggio del ponte prelude a un potenziale esito molto

più positivo del trattamento.

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L’Informatore Endodontico

ni, il rivestimento dell’impianto, la necessità di rialzo del seno e la scelta del momento opportuno per il posi-zionamento dell’impianto rispetto all’estrazione del dente.23 Un recente articolo di Dodson 24 mostrava che la percentuale di sopravvivenza ad un anno di distanza variava da 90,3 % per gli impianti a carico immediato al 96,2 % per gli impianti inseriti dopo rialzo del seno. I casi di sopravviven-za pari a cinque anni vanno dall’87,9 % (casi di rialzo del seno) al 91,2 % (tutti gli impianti).

L’alterazione topografica della super-ficie dell’impianto al fine di regolare la differenziazione osteoblastica è sot-to indagine da quando è stata dimo-strata la superiorità dell’integrazione della fixture rispetto alle superfici lavorate a macchina. La superficie esterna degli impianti offre numerose possibilità di analisi inerenti i para-metri di successo e fallimento (mecca-nici, topografici e fisico-chimici). La biofunzionalizzazione della superficie dell’impianto attraverso la sabbiatu-ra, la mordenzatura, l’inclusione di fluoruro e la dispersione di co-poli-meri faciliterà ulteriormente la rige-nerazione ossea innalzando il tasso di successo dell’impianto.25 Sotto vari aspetti, si può riscontrare un’analogia con il potenziale dell’otturazione ade-siva monoblocco, oggi prediletta in endodonzia per prevenire la microin-filtrazione del sistema dei canali radi-colari.26 Apparirà chiaro tuttavia che entrambe le tendenze costituiscono un’altra variabile da includere nell’al-goritmo di valutazione del rischio.

In endodonzia ed in implantologia, gli indicatori di successo e i protocol-li relativi agli esiti del trattamento

risultano continuamente mutevoli in virtù della costante sperimentazione. Qualsiasi procedura possa essere con-validata da una scienza basata sull’evi-denza dovrebbe essere inclusa nella cura globale. La convenienza, il con-seguente giudizio frettoloso e il pre-giudizio aneddotico ed empirico non devono mai sostituire la selezione dei casi, la pianificazione del trattamento e da ultimo il rispetto per la capacità di guarigione di un organismo biolo-gico. Quando il dente naturale non può più essere trattato entro parame-tri predicibili, allora occorre prendere in considerazione l’opzione biomime-tica, tenendo conto di tutte le varia-bili che mettono a rischio il suo tasso di successo. Perciò, secondo l’autore, la vera alternativa non è tra gli im-pianti e il trattamento endodontico, ipotesi oggi largamente diffusa, ma tra ciò che è restaurabile e salvabile parodontalmente in contrapposizione con la sostituzione con l’impianto in quanto algoritmo del successo funzio-nale. Non si deve scegliere tra endo-donzia ed implantologia, ma occorre formulare con maggiore accuratezza la diagnosi di frattura nel caso di den-ti trattati endodonticamente, valuta-re il successo delle procedure di al-lungamento di corona e della terapia parodontale nei casi di parodontite marginale.

Un algoritmo di valutazione del ri-schio è uno dei molti strumenti in grado di ottimizzare il successo clini-co predicibile. Per integrare efficace-mente nella pratica clinica qualsiasi approccio terapeutico innovativo, il clinico deve includere il nuovo ma senza escludere il tradizionale. Le co-noscenze fondamentali e rudimentali sono le basi di qualsiasi arte e scienza.

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Gli imperativi biologici dell’endodonzia e dell’implantologia: formulare un algoritmo di valutazione del rischio

In quanto tali, l’endodonzia e l’im-plantologia devono riconoscere e da ultimo fare propri gli sforzi che cia-scuno apporta all’equazione che costi-tuisce la salute dentale. Come scrisse Shelley molti anni fa, “Ieri può non essere mai uguale a domani. Niente è durevole se non la mutevolezza.”

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Il microscopio operatorioAmpliare i confini del possibile in odontoiatria

Richard Mounce, DDS

Nell’agosto del 1992, su Dentistry To-day apparve un mio articolo, dal titolo “Il microscopio operatorio: un salto di qualità per l’endodonzia”, in cui so-stenevo che il microscopio operatorio rappresentava per l’odontoiatria il più significativo passo avanti dall’avvento del manipolo ad alta velocità e prevede-vo che tale strumento avrebbe rivolu-zionato l’endodonzia. Queste mie affer-mazioni suscitarono molte perplessità, ma adesso sono più che mai convinto della validità della mia tesi e dell’im-portanza del microscopio operatorio. Oggi, dopo oltre 14 anni di studi sul-l’argomento, non soltanto il mio pen-siero è ampiamente condiviso e difeso ma probabilmente ad alcuni il mio ini-

ziale entusiasmo per questo strumento può apparire addirittura tiepido. Il mi-croscopio operatorio ha davvero rivolu-zionato l’endodonzia e si è guadagnato un consenso sempre più ampio presso i dentisti generici che lo ritengono pre-zioso per effettuare qualunque genere di trattamento (Tavole 1-3).Grazie alla visualizzazione offerta dal microscopio operatorio è possibile svolgere qualsiasi procedura in endo-donzia e in odontoiatria in maniera più accurata ed efficiente e con esiti eccellenti. La vera sfida per i clinici di tutto il mondo consiste nella scelta di trattare i propri pazienti con i miglio-ri strumenti a disposizione (il micro-scopio operatorio) al fine di ottenere i

1b

Figura 1a-1bIl microscopio operatorio ottimizza la visualizzazione in molte branche del-

l’odontoiatria clinica. Consente l’utilizzo di macchine fotografiche e/o videoregi-stratori per documentare i casi trattati (Per gentile concessione del Dr. Gary Carr.)

1a

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Vol. 10, Nr. 2 2007

L’Informatore Endodontico

Tavola 1Applicazioni parodontali del microscopio operatorio.1

1. Consente al chirurgo di minimizzare le dimensioni dell’area d’intervento, riducendo il disagio del paziente e il tempo di guarigione.

2. Aumenta l’accuratezza delle incisioni microchirurgiche e della sutura con suture da 6-0 a suture 8-0, consentendo una precisa approssimazione tessuto-tessuto e tessuto-dente per una guarigione della ferita per prima intenzione.

3. Agevola l’ispezione e la diagnosi di anormali lesioni dei tessuti molli della gengiva, del palato e della mucosa.

4. Migliora la visualizzazione della superficie radicolare e dei difetti infraossei adiacenti per una rimozio-ne definitiva del tartaro.

5. Aiuta a identificare una microinfiammazione durante la rivalutazione che segue una terapia non chirurgica.

6. Aiuta ad ispezionare la qualità dei restauri e dei tessuti marginali.

7. Consente una micro-chirurgia ossea facilitando la rimozione di osso senza intaccare la superficie radicolare. Rende inoltre possibile una migliore conservazione del legamento parodontale durante l’ostectomia.

8. Consente un’accurata collocazione sottoepiteliale e sutura di membrane e di innesti sottoepiteliali di tessuto connettivo.

9. Migliora la visualizzazione delle aree di impianto con uno spazio minimo tra i denti e aiuta a valutare il taglio esatto dei componenti protesici dell’impianto e la salute dei tessuti marginali intorno agli impianti.

10. Consente un preciso controllo della chirurgia laser su denti adiacenti senza danneggiare le superfici della radice o dell’impianto.

11. Facilita le amputazioni e l’emisezione della radice. È di aiuto anche nel caso di interventi chirurgici periapicali quando richiesti durante l’intervento parodontale.

12. Rende più facili e accurate le procedure di sollevamento del seno attraverso una visualizzazione diret-ta della membrana del seno durante la dissezione.

13. Permette un’efficace dissezione dei nervi mandibolare e mentoniero per uno spostamento laterale durante il posizionamento dell’impianto nella mandibola.

14. Consente la localizzazione del legamento parodontale per una rimozione atraumatica di radici e apici radicolari durante l’estrazione con concomitante conservazione/aumento della cresta.

15. Agevola la diagnosi e la valutazione di fratture e anomalie radicolari.

16. Consente al clinico di lavorare tenendo la schiena dritta così da alleviare eventuali problemi al collo, alla schiena e alle spalle.

17. Offre la possibilità di documentare con video ad alta risoluzione e scattare fotografie 35 mm da usare come documentazione legale/assicurativa, o come materiale da utilizzare per informare il paziente o per corsi pratici.

Tavole 1-3 usate con il permesso della Global Surgical Corporation.

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Profili dell’Autore. Il Dr. Mounce tiene lezioni e conferenze in tutto il mondo e vanta numerose pubblicazioni a livello internazionale. È titolare di uno studio in cui esercita l’atti-vità limitatamente all’endodonzia a Portland, Oregon. Ricopre vari incarichi, tra cui il ruolo di consulente in endodonzia per la Belau National Dental Clinic nella Repubblica di Palau, Koror, Micronesia. Può essere contattato scrivendo all’indirizzo e-mail [email protected].

Tavola 2Applicazioni endodontiche del microscopio operatorio chirurgico.2

1. Consente al chirurgo di minimizzare le dimensioni dell’area d’intervento, riducendo il disagio del paziente e il tempo di guarigione.

2. Aumenta l’accuratezza delle incisioni microchirurgiche e della sutura con suture da 6-0 a suture 8-0, consentendo una precisa approssimazione tessuto-tessuto e tessuto-dente per una guarigione della ferita per prima intenzione.

3. Migliora l’illuminazione e l’ingrandimento è di aiuto nella localizzazione dei canali sovrannumerari.

4. È di aiuto nel ritrattamento dei canali intasati e ostruiti.

5. Migliora la capacità di detergere a fondo i canali preparati.

6. Consente una valutazione più accurata della profondità dell’estensione della retropreparazione in endodonzia chirurgica.

7. Consente una micro-chirurgia ossea facilitando la rimozione di osso senza intaccare la superficie radicola-re. Rende inoltre possibile una migliore conservazione del legamento parodontale durante l’ostectomia.

8. Facilita e rende più accurate le amputazioni e l’emisezione della radice.

9. Agevola la diagnosi e la valutazione di fratture e anomalie radicolari.

10. Consente al clinico di lavorare tenendo la schiena dritta così da alleviare eventuali problemi al collo, alla schiena e alle spalle.

11. Offre la possibilità di documentare con video ad alta risoluzione e scattare fotografie 35 mm da usare come documentazione legale/assicurativa, o come materiale da utilizzare per informare il paziente o per corsi pratici.

Tavola 3Benefici del microscopio operatorio chirurgico nell’odontoiatria ricostruttiva.3

1. Consente di rifinire la preparazione del dente e dei margini.

2. Permette un’ispezione più ravvicinata dei restauri e dei tessuti marginali.

3. Migliora l’illuminazione e l’ingrandimento è di aiuto nel reperimento e nella rimozione della carie.

4. Agevola la diagnosi e la valutazione di fratture e anomalie radicolari.

5. Facilita il posizionamento della fibra per la retrazione gengivale.

6. Consente una migliore ispezione delle impronte.

7. È di aiuto nell’ispezione dell’adattamento marginale del restauro (corone, veneer, inlay, onlay, amalgama, composito).

8. Facilita la rifinitura e la lucidatura dei margini.

9. Agevola le procedure di modellazione o risagomatura della gengiva intorno a denti e impianti.

10. È di aiuto nella valutazione dopo la cementazione.

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L’Informatore Endodontico

migliori risultati clinici e ampliare i confini del possibile.

Inquadramento storicoHo conosciuto il Dr. Gary Carr a San Francisco nel 1992 in occasione di un convegno sull’odontoiatria. Due anni dopo ho assistito ad una delle sue pri-me lezioni sul microscopio operatorio a San Diego. È grazie al Dr. Carr che questo strumento oggi viene usato comunemente in odontoiatria e rico-pre il ruolo che merita in endodonzia, pur essendo spesso oggetto di un forte scetticismo. Non si può raccontare la storia del microscopio operatorio senza far riferimento al Dr. Carr: endodon-tista raffinato, inventore e insegnante, ha dato alla professione un contributo immenso, che non si limita al micro-scopio operatorio. Ha formato oltre 600 endodontisti e il loro staff in ma-teria di tecniche microchirurgiche e di ritrattamento ed è Direttore e Fon-datore della Pacific Endodontic Re-search Foundation. Il Dr. Carr ha an-che creato e sviluppato il TDO - The Digital Office, ovvero il software per

endodontisti ampiamente riconosciuto come lo standard ideale per la gestio-ne documentaria in endodonzia. Mol-ti di coloro che oggi sostengono l’uso del microscopio operatorio sono stati in qualche modo studenti del Dr. Carr, incluso il sottoscritto.Nei primi anni 90, quando il Dr. Carr ha reso popolare il microscopio opera-torio, gli strumenti rotanti al nickel-titanio non erano diffusi sul mercato né venivano usati comunemente. Di rado si faceva ricorso alle tecniche di otturazione a caldo e l’otturazione ade-siva non era possibile. L’impiego de-gli ultrasuoni era agli albori e l’MTA (Mineral Trioxide Aggregate) non era stato ancora inventato. Inoltre non ve-niva riconosciuta la giusta importan-za alla rimozione dello smear layer o all’irrigazione o al sigillo coronale. Le alternative ideali per rimediare al fal-limento di una terapia endodontica erano ancora molto poche. I denti non

Disclosure: il Dr. Mounce non ha alcun interesse di natura commerciale in alcuno dei prodotti menzionati in questo articolo.

2

3

Figura 2Incrinatura dello smalto ad alto rischio visualizzata con un ingran-dimento 16x. Una vasta incrinatura della dentina erodeva in modo grave la cuspide vestibolare (osservazione successiva alla rimozione dell’amal-gama). Il dente era asintomatico (Per gentile concessione del Dr. David Clark).

Figura 3Il Dr. David Clark, mentre usa un microscopio Global G-6 (Global) e gira un video in tempo reale. Mentre i pazienti osservano il trattamento nel suo svolgersi, valutano le condizioni del proprio apparato orale e acqui-siscono maggiore fiducia nel dentista (Per gentile concessione del Dr. David Clark).

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potevano essere smontati in maniera predicibile (né era facile rimuovere perni e strumenti fratturati) e non si poteva effettuare la riparazione di una perforazione con precisione. In endo-donzia, tutto questo è cambiato grazie all’avvento del microscopio operatorio: nuove procedure, fino ad allora impos-sibili, diventavano realtà.Ma la cosa più importante è che que-sto strumento si è dimostrato valido in tutte le fasi dell’odontoiatria. Non si tratta semplicemente di uno strumen-to endodontico: oltre a rivelarsi uti-lissimo nella pratica clinica, il micro-scopio chirurgico incarna una filosofia che potremmo definire “devozione al-l’eccellenza”. Valutare il microscopio operatorio esclusivamente alla luce dei costi e dei guadagni ottenuti grazie al-l’incremento della produzione signifi-ca vedere solo un minuscolo tassello di un puzzle. Sono convinto che, piutto-sto che consentire semplicemente una maggiore quantità di lavoro per unità

di tempo, l’utilizzo di questo strumen-to si rivelerà proficuo rendendo possi-bili trattamenti eccellenti che poi ver-ranno richiesti da un numero sempre maggiore di pazienti. Il rapporto costi-benefici non prende in considerazione il fatto che la procedura svolta con il microscopio operatorio viene eseguita sulla madre, il fratello o la sorella di qualcun altro. Il trattamento endo-dontico non dovrebbe forse avvalersi del miglior grado di visualizzazione e illuminazione possibile al fine di otte-nere risultati eccellenti? Per quanto mi riguarda, non accetterei di sottopormi ad un trattamento dei canali radicolari o ad un altro intervento di odontoia-tria generale se non venissero rispet-tate queste condizioni. Il microscopio operatorio è di gran lunga il migliore tra gli strumenti usati singolarmente per migliorare la qualità del risultato. Per colmo di ironia, a parità di costi, non esiste alcuno strumento usato sin-golarmente che eserciti una maggiore forza trainante per alzare il livello qua-litativo della cura. Se si vuole esercita-re la professione ai massimi livelli, il microscopio operatorio chirurgico non è un elemento opzionale dell’attrez-zatura. Questo strumento consente ai trattamenti odontoiatrici di passare da buoni a eccellenti. Se cerchi qualcosa, ma non riesci a vederlo, è poco proba-bile che tu lo trovi. Se puoi vederlo, probabilmente potrai farlo.Gli occhialini ingrandenti, anche quando funzionano bene e assicurano un buon ingrandimento, rappresenta-no un’alternativa inadeguata al micro-scopio operatorio. Grazie alla visualiz-zazione eccellente e all’elevato livello di ingrandimento, questo strumento rende possibile, in ciascuna fase del trattamento endodontico, e per esten-sione odontoiatrico, un significativo

4

Il microscopio operatorioAmpliare i confini del possibile in odontoiatria

Figura 4Il microscopio operatorio consente

l’accesso e la visualizzazione di uno stru-mento fratturato. Questa visualizzazione

in molti casi consente di rimuovere lo strumento (Per gentile concessione del Dr.

Eric Herbranson.)

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miglioramento della qualità della cura fornita ai pazienti. Negli interventi di endodonzia chirurgica, ad esempio, il microscopio operatorio chirurgico ha un valore inestimabile. Consente, in-fatti, di valutare con esattezza dove si trova la parte terminale della radice al-l’interno della corticale ossea, qual è la corretta quantità di osso da rimuovere per individuare l’apice, se è presente un istmo sulla parte terminale della radi-ce o se il dente è fratturato in qualche punto. Permette inoltre di individuare la fonte del sanguinamento nella cripta e di valutare l’asciugatura della cavità retrograda nonché il posizionamento dell’otturazione apicale. Allo stesso modo, nei ritrattamenti endodontici, non è un problema osservare la mi-croinfiltrazione coronale sotto una co-rona durante la preparazione della ca-vità d’accesso: è semplice individuare da dove proviene l’infiltrazione.Altri, e intangibili vantaggi del mi-croscopio operatorio chirurgico consi-stono nel puro piacere che si trae dal suo utilizzo e nell’intima e assoluta pa-dronanza che si avverte nel maneggiar-lo. Il microscopio operatorio è in grado di infondere entusiasmo ed energia in un dentista esaurito e demotivato. Il microscopio può davvero trasformare l’odontoiatria in un divertimento. La possibilità di osservare la preparazio-ne canalare prendere forma mediante l’utilizzo in sequenza degli strumen-ti rotanti K3 (SybronEndo) e valu-tare il quantitativo di detriti residui dopo l’irrigazione trasmette un senso di potere. Io eseguo le mie otturazio-ni adesive con RealSeal erogato dalla Elements Obturation Unit (entrambi SybronEndo). In fase di otturazione, il downpack eseguito secondo la tecnica SystemB (SybronEndo) e il back-pack effettuato con l’extruder dell’unità Ele-

ments dopo la strumentazione hanno un alto grado di predicibilità perché tutti i diversi passaggi possono essere visualizzati con chiarezza.Il Dr. Cliff Ruddle di Santa Barbara, California, amava dire: “Ci sono cose che sai, cose che non sai, e cose che non sai di non sapere.” Mi è capitato di par-lare con alcuni clinici che, non usando il microscopio operatorio, sostenevano di essere soddisfatti della visualizzazio-ne di cui si avvalevano aggiungendo che “per loro funzionava”. È evidente che costoro “non sanno quello che non sanno”. La stragrande maggioranza di questi individui non ha sperimentato le incredibili capacità del microsco-pio operatorio. La differenza tra que-sti clinici e i dentisti che si avvalgono del microscopio operatorio è simile alla differenza tra un sommozzatore equipaggiato con un autorespiratore e uno che si serve di un respiratore a tubo. Osservando le immagini ad alto ingrandimento scattate attraverso un microscopio operatorio, non si può non apprezzarne la chiarezza e la ricchezza di informazioni. Si tratta effettivamen-

5

Figura 5Il microscopio è molto utile per visualizzare incrinature o fratture dentali. È un importante strumento diagnostico dal momento che la pro-gnosi per i denti incrinati è general-mente scarsa (Per gentile concessione del Dr. Eric Herbranson.)

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te di un’esperienza in tutto simile a im-mergersi a 30 metri di profondità fino a trovarsi all’interno di un antico relit-to, tra banchi di corallo o di pesci, in mezzo a tartarughe e pescicani. Come istruttore di immersioni PADI e utente del microscopio operatorio da quasi 15 anni, ritengo fondata questa analogia.Possiedo un’abilitazione all’esercizio dell’odontoiatria nella Repubblica di Palau (Micronesia), dove svolgo la mia professione. Poiché l’ospedale naziona-le non possiede un microscopio ope-ratorio, eseguire passo dopo passo le varie procedure fino al completamento di una terapia canalare è per me una sfida assai ardua. Il grado di visualiz-zazione e di ingrandimento consentito dal microscopio operatorio non è asso-lutamente paragonabile a quello otte-nuto usando occhialini ingrandenti o addirittura l’occhio nudo; utilizzando questo strumento la qualità della cura si eleva considerevolmente. Tenendo lezioni di endodonzia in giro per il mondo, ho chiesto a molti dentisti se utilizzavano il microscopio operatorio e quasi tutti hanno risposto che non ci rinuncerebbero mai. Per i clinici dei paesi in via di sviluppo, questo stru-mento rappresenta un’aspirazione per adesso irrealizzabile: tali sono le sue attrattive e i vantaggi del suo utilizzo. Mi chiedo di quanto potrebbe elevarsi la qualità della cura standard sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo se il microscopio operatorio venisse usato di routine. Mi domando anche quanto stress sarebbe possibile evitare, sia per i clinici che per i pazienti, sul piano fisico e psicologico, se l’utilizzo del microscopio operatorio divenisse la norma a livello globale.Il successo della terapia sarebbe molto più frequente. Una visualizzazione in-grandita costituisce un vantaggio e non

ha controindicazioni: le conseguenze del suo utilizzo sono tutte positive e non ci sono rischi. Per quanti altri strumenti o materiali in odontoiatria, o in qualsiasi altro ambito, vale un’af-fermazione del genere? Da fonti affida-bili ho appreso che la saturazione del mercato per il microscopio operatorio negli Stati Uniti è inferiore al 5% dei dentisti generici mentre il numero si eleva di molto tra gli endodontisti (ol-tre il 70%). Perché, tra i primi, la sua diffusione è così scarsa? I motivi sono: apatia, indifferenza, inerzia, scarsa esperienza dei suoi bene-fici, paura dei costi, paura del cambia-mento e molte altre ragioni dello stesso tenore. È opinione diffusa che l’uso del microscopio rallenti il lavoro del cli-nico, e in questo senso rappresenti un ostacolo alla produzione. Inoltre, tra i dentisti generici sono ancora in mol-ti a considerare sufficienti gli attuali metodi di visualizzazione e a ritenere che non ci sia bisogno di metodi per-fezionati. Se i clinici provassero a chie-dersi se preferirebbero essere curati ad occhio nudo, con gli occhialini ingran-denti o con il microscopio operatorio, quale sarebbe la loro risposta? Poten-do scegliere, preferirebbero che le loro mogli o i loro mariti fossero curati sen-za l’ausilio di questo strumento? Ho il ragionevole sospetto che opterebbero per il microscopio operatorio. Attualmente, in Nordamerica, i princi-pali microscopi operatori disponibili sul mercato sono 3. La Global Surgical Cor-poration (globalsurgical.com), la Zeiss (zeiss.com) e la Seiler Precision Micro-scopes (seilerinst.com/micro) organizza-no corsi per imparare a usare il microsco-pio e a integrarlo nella pratica clinica; le relative informazioni sono riportate sui vari siti web, dove si trovano anche i link necessari per accedere ad altri siti con-

Il microscopio operatorioAmpliare i confini del possibile in odontoiatria

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tenenti informazioni specifiche, in parti-colare sul rapporto costi/benefici.Qui ci limiteremo a menzionare alcuni dettagli importanti. Prima di tutto, i clinici devono decidere se documenta-re o meno i casi trattati mediante una macchina fotografica e/o un videoregi-stratore. Secondo, occorre stabilire dove il microscopio operatorio verrà collo-cato nella sala operatoria, vale a dire se verrà montato a parete o a soffitto. Se il clinico non intende documentare con video o scattare foto, l’uso del microsco-pio operatorio è più semplice. Basterà scegliere il modello o la portata valu-tandone la qualità, il costo e le caratte-ristiche, e il microscopio operatorio chi-rurgico si inserirà facilmente nel corso della terapia, per visualizzare l’intero trattamento o solo alcune fasi. Fatta ec-cezione per l’iniezione, io eseguo l’inte-ro trattamento endodontico sotto il mi-croscopio operatorio e lo utilizzo anche come fonte di luce dall’alto. Scattare fotografie e girare video della massima qualità durante il trattamen-to, montare e archiviare il materiale per poi usarlo al meglio durante lezioni o conferenze o per informare il paziente è un processo che richiede tempo ed è potenzialmente molto costoso. Ma la stragrande maggioranza dei clinici che

gestiscono un ambulatorio privato non utilizzano il microscopio operatorio chirurgico a questi fini e la complessità sopra menzionata non rappresenta per loro un fattore rilevante.Montare il microscopio operatorio chi-rurgico in alcune sale operatorie può essere una difficile. Nella maggior par-te dei casi, tuttavia, è sufficiente con-sultare un tecnico per determinare la migliore configurazione di montaggio (parete, soffitto o pavimento) e poi fare installare il microscopio da un incarica-to dell’azienda produttrice. Eseguire il retrofitting del microscopio operatorio chirurgico nella maggior parte delle sale operatorie non è un’operazione difficile.

ConclusioneIn sintesi, qualsiasi procedura nel cam-po dell’endodonzia può essere effettua-ta in maniera più efficiente e accurata e con garanzia di migliore qualità grazie alla visualizzazione offerta dal micro-scopio operatorio chirurgico. La vera sfida per i clinici di tutto il mondo consiste nella scelta di trattare i propri pazienti con i migliori strumenti a di-sposizione (il microscopio operatorio) al fine di ottenere i migliori risultati clinici e allontanare i confini del possi-bile (Figure 1a - 1b e 2 - 6).

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Il microscopio operatorioAmpliare i confini del possibile in odontoiatria

Il dado è trattoDavid Clark, DDS

Nel corso di un’indagine C.R.A. del 2006, l’86% dei dentisti intervistati dichiarò di ricorrere all’ingrandimento. A poco a poco l’ingrandimento è divenuto una tecnica standard. Questa naturale evolu-zione sta portando l’odontoiatria, seppur lentamente, nell’era del microscopio ope-ratorio chirurgico. La Scuola di Odon-toiatria dell’Università di Washington è orgogliosa di aver formato gli studenti del corso di laurea del 2007 perché dive-nissero la prima classe di dentisti gene-rici esperti nell’utilizzo del microscopio operatorio della storia degli Stati Uniti. Altre scuole di Odontoiatria seguiranno presto questo esempio.Una delle funzioni principali cui il micro-scopio operatorio adempirà in futuro sarà aumentare considerevolmente la sensibi-lità diagnostica. Ad esempio, le diagnosi di denti incrinati in questo paese non sono mai andate oltre i primitivi test effettuati con le matite di ghiaccio e col morso al bastoncino. Fratture e incrinature costi-tuiscono la terza causa della perdita di denti nelle nazioni industrializzate.1 Set-tant’anni fa, prima dell’avvento delle ra-diografie, le carie venivano diagnosticate allo stesso modo. È venuto il momento di diagnosticare fratture recenti prima che esse diventino sintomatiche. Nella mo-derna prassi incentrata sul microscopio operatorio, cuspidi fratturate, denti frat-turati e pulpiti dovute a incrinature po-trebbero scomparire grazie ad un esame periodico eseguito con ingrandimento 16 x. Anche le diagnosi errate sono fonte di preoccupazione: vi invito a visitare il mio

sito web all’indirizzo lifetimedentistry.net dove troverete una guida clinica alle dia-gnosi visive di incrinature recenti.

Risposte alle domande più frequenti:

D: Come si può eseguire un intervento di ricostruzione su un paziente che si agita av-valendosi di un alto ingrandimento quando la profondità di campo è così ridotta?

R: In realtà ci sono due risposte pos-sibili: primo, i miei pazienti seguono il trattamento su un monitor in tempo reale, e quando si agitano, la qualità del “film” si rovina, così tendono a rimanere fermi. Secondo, per una buona quantità di tempo utilizzo ingrandimenti 3x o 6x. Uso 12x o 16x solo per brevi interval-li poi passo immediatamente ad un in-grandimento più basso. Non c’è bisogno di guidare una Maserati a 200 chilometri l’ora per tutto il tempo. Solo di tanto in tanto.

Tutto questo non rallenta il lavoro?

Prima di tutto, nessuno deve usare un microscopio operatorio nella pratica clinica finché non ha seguito un corso pratico. Generalmente i medici evitano i corsi di uno o due giorni che noi pre-sentiamo mesi o anni in anticipo rispet-to a coloro che imparano direttamente sui pazienti. Secondo, non dimenticate

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L’Informatore Endodontico

quanto lenti eravate il primo giorno che avete indossato delle lenti ingrandenti. Con un po’ di tempo e con una buona dose di pazienza, tornerete ad essere veloci come prima. In qualche modo, anzi, lo sarete di più, perché commet-terete meno errori e vi capiterà più raramente di dover ripetere qualche operazione.

Molte delle tecniche illustrate sulle rivi-ste specializzate in odontoiatria appaio-no brutali nei confronti dei denti e del parodonto quando vengono valutate con un alto grado di ingrandimento. Una vera biomimetica e un’odontoiatria minima-mente invasiva saranno finalmente realtà quando il microscopio operatorio verrà usato comunemente dalla maggior parte dei dentisti specializzati in odontoiatria ricostruttiva.

Bibliografia

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Traduzione dell’articolo originaleThe surgical operatine microscopePushing the boundaries of the possibile in dentistryDentistry Today 25(10): 109-115, 2006Copyright©Dentistry Today Inc.

Il Dr. David Clark è il fondatore del-la Academy of Microscope Enhanced Dentistry ed è redattore del Journal of Microscope Dentistry. È anche Course Director presso il Newport Coast Oral Facial Institute e presentatore dei corsi aggiornati CRA. Gestisce un ambulatorio di odontoiatria ricostruttiva incentrato sull’uso del microscopio operatorio a Tacoma, Washington, e può essere con-tattato al numero (253) 472-4292 o agli indirizzi web microscopedentistry.net, microscopedentistry.com, lifetimedenti-stry.net, ncofi.org e cranews.org.

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1

Figura 1Il sistema di strumenti rotanti in

nickel-titanio K3 (SybronEndo, Orange, CA).

Gli strumenti rotantiin nickel-titanio K3Una strumentazione predicibile dei canali radicolari

Dopo aver sperimentato tutti i sistemi rotanti in nickel-titanio (RNT) dispo-nibili sul mercato nel Nordamerica, ho scelto di affidarmi al sistema RNT K3 (SybronEndo, Orange, CA), che è di-venuto il mio strumentario preferito. La principale differenza tra uno stru-mento K3 e gli altri strumenti per la sagomatura dei canali radicolari è il suo design asimmetrico. L’asimmetria dello strumento K3 consente al clinico di azionarlo elettricamente muoven-dolo in direzione apicale. Per contro, il design della maggior parte degli altri sistemi presenta un significativo gra-do di simmetria che li induce a com-portarsi in modo simile a una vite da legno, nel senso che cercheranno ten-

teranno di impegnarsi maggiormente contro la dentina, a differenza di quan-to accadrebbe se fossero asimmetrici.

Molti sistemi possono eccellere nel-l’una o nell’altra delle loro proprietà (efficienza di taglio, resistenza alla rot-tura, ecc.) ma, con l’esperienza, sono giunto alla conclusione che il sistema K3 non ha rivali quanto a sicurezza ed efficacia. Il sistema K3 si distin-gue dagli altri perché è flessibile, ha un’ottima capacità di taglio, offre un eccellente controllo tattile, ha un’ele-vata resistenza alla rottura ed è poten-zialmente utilizzabile in qualsiasi tipo di anatomia canalare. Lo stesso non si può dire di tutte le varie marche at-tualmente disponibili sul mercato. Il sistema K3 è inoltre in grado di creare diametri apicali più larghi, il che si-gnifica canali detersi più efficacemente dopo la strumentazione. Questo arti-colo presenta il sistema K3 ponendo l’accento sui vantaggi che questo ap-porta nella pratica clinica.

Il sistema K3 comprende strumenti per la sagomatura dei canali e stru-menti per aprire l’orifizio noti come sagomatori. I sagomatori sono dispo-nibili in tre diverse conicità: .02, .04 e .06 e con una varietà di dimensioni in punta da 15 a 60. Gli strumenti per aprire gli orifizi sono disponibili in tre diverse conicità, .08, .10 e .12 e con il diametro in punta di 25. A seconda della dimensione in punta e della co-nicità le lunghezze sono comprese tra i 17 e i 30 mm (Fig. 1).

Il K3 ha:1. Tre “lame piatte”. La terza è posi-

zionata sullo strumento in modo da minimizzare l’impegno delle lame, stabilizzare lo strumento e mante-

Richard Mounce, DDS

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ta dalle conicità maggiori alle conici-tà minori e dalle punte di dimensioni maggiori a quelle di dimensioni mino-ri. La disposizione degli strumenti K3 nella confezione agevola tale sequenza di strumentazione. Gli strumenti sono disponibili in varie configurazioni che possono essere usate come confezio-ni indipendenti per la strumentazio-ne della stragrande maggioranza dei canali incontrati. Tali configurazioni - le confezioni G, Procedure e VTVT - sono tutte varianti sul medesimo tema che pone l’accento sulla sicurez-za e l’efficienza degli strumenti, nella sequenza d’uso dalle conicità maggiori

nerlo centrato nel canale (Fig. 2).2. Le lame piatte sono alleggerite per

ridurre il carico torsionale dello strumento.

3. L’aggiunta di metallo dietro la lama ne riduce l’intasamento e garantisce la massima efficienza di taglio.

4. L’inclinazione delle lame è variabile (Fig. 3).

5. La distanza tra le lame è variabile.6. Le scanalature tra le lame sono di

diversa larghezza.7. Le scanalature sono di diversa pro-

fondità. Tale caratteristica, insieme alla n° 6, consente di convoglia-re meglio i detriti fuori dal canale perché le ampiezze e le profondità maggiori delle scanalature pos-sono trattenerne un quantitativo maggiore di fango dentinale che di conseguenza non viene spinto api-calmente.

8. Una punta dall’estremità sicura (Fig. 4)

9. Un nucleo metallico di larghezza costante dalla punta dello strumen-to fino al manipolo.

10.Un angolo di taglio positivo (Fig. 5)

La sequenza d’uso degli strumenti K3 nella maggioranza dei casi viene usa-

Figura 2Le tre lame piatte del sistema K3.

Figura 3L’angolo elicoidale variabile del sistema K3.

Figura 4La punta tagliente con estremità sicura del sistema K3.

Figura 5L’angolo di taglio positivo.

2 3 4

5

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alle minori e dalle dimensioni in pun-ta maggiori alle minori.

La confezione G comprende: strumenti K3 12/25 da 17 mm, .10/25, .08/25, .06/25, .04/25, .02/25 nelle lunghezze di 21 e 25 mm. La confezione Proce-dure comprende: dimensioni in pun-ta 25 a conicità .10 e .08 e lunghezza 17 mm e dimensioni in punta 40-25 a conicità .06 e .04 e lunghezze pari a 21 e 25 mm. La confezione VTVT comprende: strumenti .10/25, .08/25, .06/35, .04/30, .06/25, .04/20 nelle lunghezze di 21 e 25 mm (tutti gli strumenti inclusi sono in sequenza).Altri sistemi di strumenti rotanti in nichel titanio vengono reclamizzati per la loro capacità di preparare i canali ra-dicolari usando un numero limitato di strumenti (3-6). Anche il sistema K3 comporta gli stessi benefici (per prepa-rare interi canali può bastare una con-fezione G, Procedure o VTVT) ma ha un comportamento più costante e una maggiore flessibilità: non solo il cana-le può essere allargato fino a raggiun-gere il diametro apicale massimo desi-derato, ma il sistema K3 non impone un limite arbitrario alla preparazione canalare basata su un numero ridot-to di strumenti. Oltre alle confezioni G, Procedure e VTVT, il sistema K3 comprende una varietà di strumenti da utilizzare in qualsiasi fase della stru-mentazione qualora ci fosse necessità di altre conicità e dimensioni in punta. Il K3 non è un sistema “taglia unica”: non è realistico aspettarsi che qualsiasi configurazione della confezione possa funzionare con qualunque anatomia canalare.

Per quanto riguarda l’applicazione pratica, nell’utilizzo clinico, ciascuna delle configurazioni della confezione

può andar bene per qualsiasi canale e, se s’incontra un’anatomia veramente eccezionale, è possibile modificare la sequenza utilizzata aggiungendo o to-gliendo degli strumenti. Le confezioni G, Procedure e VTVT comprendono solo 6 strumenti, ma accade spesso che un caso specifico non richieda di utiliz-zarli tutti. La decisione di quale confe-zione utilizzare è solo una questione di preferenza personale da parte del clini-co. Nessuna delle configurazioni della confezione è in sé migliore o più utile di qualunque altra; rappresentano sem-plicemente delle alternative a disposi-zione del clinico nel momento in cui esegue il trattamento su un dente co-mune. Offrono così una scelta che non è possibile con molti altri sistemi.

Fondamentale per il corretto funziona-mento di qualsiasi sistema rotante è il modo in cui questo viene usato, e il K3 non è diverso dagli altri. Alcune stra-tegie chiave riducono il rischio che si verifichi una rottura o un danno iatro-geno di qualsiasi genere e consentono di produrre sagomature canalari ideali prima delle fasi finali di irrigazione e otturazione. Le strategie comprendono:

1. Un tocco lento, delicato e passivo nell’utilizzo del sistema K3.

2. Lo strumento deve essere già in ro-tazione nel momento in cui entra nel canale.

3. Le scanalature vanno pulite dopo ogni inserimento.

4. L’obiettivo è sempre quello di sa-gomare prima il terzo coronale, poi il terzo medio e per ultimo il ter-zo apicale. Questa sequenza è nota come strumentazione “corono-api-cale”. Tale tecnica comporta una precoce rimozione dei detriti, un aumento del volume di irrigante,

Profili dell’Autore. Il Dr. Mounce tiene lezioni e conferenze in tutto il mondo e vanta numerose pubblicazioni a livello internazionale. È titolare di uno studio in cui esercita l’atti-vità limitatamente all’endodonzia a Portland, Oregon. Ricopre vari incarichi, tra cui il ruolo di consulente in endodonzia per la Belau National Dental Clinic nella Repubblica di Palau, Koror, Micronesia. Può essere contattato scrivendo all’indirizzo e-mail [email protected].

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un maggiore controllo tattile spe-cialmente nel terzo apicale, minori danni iatrogeni e una preparazione apicale più efficiente.

5. Un’abbondante irrigazione in qua-lunque fase del processo di stru-mentazione. L’irrigazione può essere effettuata con ipoclorito di sodio al 5,25 %, clorexidina al 2% (Vista Dental, Racine, WI), Sterilox o una combinazione di queste soluzioni.

6. Un agente chelante e lubrificante in gel come File-Eze (Ultradent, South Jordan, UT) deve essere inserito nel canale specialmente nel caso di den-ti vitali e in quei denti necrotici che presentano una quantità significati-va di detriti pulpari.

7. È sempre bene sondare il canale tra-mite lime manuali prima di intro-durre gli strumenti rotanti, a meno che il canale non sia chiaramente aperto, pervio e sondabile fino al termine in corrispondenza della costrizione apicale. Il sodaggio me-diante lime manuali deve essere ef-fettuato con piccole lime manuali K come le 06-10. Queste lime devono essere precurvate, specialmente nei loro 3-4 mm apicali, e tale curva-tura può essere ottenuta in 3 modi: con le pinzette, manualmente, o con uno strumento come l’EndoBender (SybronEndo, Orange, CA).

8. La creazione di un sentiero guida va sempre effettuata prima di inseri-re gli strumenti rotanti nel canale. Un sentiero guida esiste quando lo spazio canalare è stato aperto alme-no fino a un diametro equivalente a quello di una lima manuale di di-mensioni 15. Molti canali angusti, curvi e calcificati, spesso richiede-ranno l’utilizzo di una lima manuale K n° 06, che li attraversi e cominci ad aprirli finché raggiungeranno un

diametro minimo. Questo consenti-rà l’ingresso di una lima n° 08 cui seguirà una n° 10 e infine una n° 15 che potrà muoversi liberamente nel-lo spazio canalare. Allora, e soltanto allora, il canale sarà pronto ad ac-cogliere una sequenza di strumenti rotanti come quella descritta detta-gliatamente in questo articolo.

Queste strategie garantiscono il massi-mo grado di sicurezza ed efficienza con qualsiasi strumento rotante in nichel titanio e si raccomanda parimenti di utilizzarle con gli strumenti K3.

Sequenza di strumentazioneNella pratica clinica viene comune-mente usata qualche variante della sequenza tecnica sotto riportata. Po-sto che le radici non sono né estrema-mente curve né calcificate, un dentista generico che pratica l’endodonzia quo-tidianamente tratterà il dente nella maniera descritta qui sotto.

1. Prima di iniziare il trattamento, è essenziale determinare per il dente da trattare una lunghezza di lavoro stimata da usare come termine di pa-ragone per l’effettiva lunghezza di la-voro finale. Nel determinare quest’ul-tima, la lunghezza di lavoro stimata verrà usata come termine di paragone per il valore successivamente fornito da un localizzatore elettronico apicale e dal punto di sanguinamento.

2. Il tetto della camera pulpare sarà in-teramente rimosso al momento del-la preparazione della cavità d’accesso idealmente con l’aiuto della visualiz-zazione offerta dal microscopio ope-ratorio (ad esempio, il microscopio Global (Global Surgical, St. Louis,

Disclosure: il dottor Mounce non ha alcun interesse di natura commerciale nei confronti del sistema K3 o di altri prodotti per l’odontoiatria.

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golo acuto nei 2-3 mm apicali. Una volta raggiunta la lunghezza di la-voro stimata, è importante usare un localizzatore elettronico apicale per confermare la lunghezza di lavoro effettiva. Il localizzatore elettronico e la lunghezza di lavoro effettiva de-vono avere valori molto vicini, con un’approssimazione di solito com-presa tra 0,5 e 1,5 mm.

4. Prima di inserire gli strumenti rotan-ti, il canale viene portato ad assumere un diametro corrispondente a quello di una lima manuale 15 fino all’ef-fettiva lunghezza di lavoro irrigando tanto spesso quanto necessario.

5. Una volta determinata l’effettiva lun-ghezza di lavoro, si possono usare gli strumenti rotanti in nichel titanio dalle conicità maggiori alle minori e dalle dimensioni in punta maggiori alle minori, come sequenza di stru-mentazione finale nel terzo medio e nel terzo apicale. Le sequenze d’uso varieranno in base al tipo di confezio-ne utilizzata (G, Procedure o VTVT).

Per la confezione G, la sequenza è:.12 25.10 25.08 25.06 25.04 25.02 25

Per la confezione Procedure, la sequen-za è (posto che vengano usati strumen-ti a conicità .06):

.10 25

.08 25

.06 40

.06 35

.06 30

.06 25

MO). Una volta scoperchiata la ca-mera pulpare, si raccomanda l’ap-plicazione del File-Eze, specialmen-te se la polpa è vitale o se la camera è piena di tessuto necrotico. Dopo la rimozione del tessuto contenuto nella camera, occorre usare nuova-mente il File-Eze e posizionare una lima manuale K 06 nella metà coro-nale della radice per determinare se il canale è pervio o calcificato. Se il canale è aperto, pervio e se l’accesso è stato facile, il sagomatore .12 può essere inserito nel canale in maniera passiva e delicata come descritto so-pra. A questo punto si può irrigare il canale, applicare nuovamente il File Eze e inserire delicatamente il sagomatore .10 finché non incontra una resistenza. Poi si ripete l’irriga-zione del canale e l’applicazione del File Eze per finire con l’inserimento del sagomatore .08. Di solito questa sequenza, nel caso clinico descritto, consentirà l’inserimento dei sago-matori K3 .08 per raggiungere la metà della radice o l’inizio della sua porzione maggiormente curva.

3. Dopo un’abbondante irrigazione, si possono usare piccole lime ma-nuali (06-10) per determinare se il canale è pervio e sondabile fino alla lunghezza di lavoro stimata, deter-minata all’inizio del trattamento. Oltre a determinare la pervietà, da questa esplorazione con la lima ma-nuale il clinico può imparare mol-to sulla curvatura tridimensionale della radice, sul grado di calcifica-zione, sugli eventuali ostacoli, etc. Potrebbero occorrere molteplici in-serimenti e nuove lime manuali per attraversare il canale fino alla lun-ghezza di lavoro stimata, special-mente se è presente una curva ad an-

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Per la confezione VTVT, la sequenza è:.10 25.08 25.06 35.04 30.06 25.04 20

Per ciascun inserimento, occorre se-guire le raccomandazioni relative all’utilizzo tattile degli strumenti (inserimento delicato, lento, passi-vo, che riduce al minimo l’impegno, idealmente impegnando 1-2 mm di dentina per ogni inserimento). È bene, inoltre, che ciascun inseri-mento sia seguito dall’irrigazione e dalla ricapitolazione.

6. Va da sé che il clinico ripeterà cia-scuna di queste sequenze tante volte quante ne occorre al fine di consenti-re allo strumento desiderato di rag-giungere il livello apicale del canale come richiesto dal caso clinico. Quasi sempre occorreranno 2-3 ripetizioni della sequenza data dopo aver usa-to i sagomatori, per consentire agli strumenti di raggiungere l’effettiva lunghezza di lavoro. Questa, nella maggior parte dei casi, sarà verificata nuovamente in questa fase della stru-mentazione. Oltre che con i metodi radiografici, questa verifica viene ef-fettuata con un localizzatore elettro-nico apicale e mediante la determi-nazione del punto di sanguinamento. Il punto di sanguinamento è il punto che può essere segnato in maniera ri-producibile con una macchia di umi-dità o emorragia su una punta di car-ta al livello della costrizione apicale.

7. Dopo che il clinico è riuscito ad otte-nere un diametro minimo corrispon-dente a quello di una lima manuale

25 a conicità .06 in corrispondenza della costrizione apicale, è possibile calibrare il canale. Calibrare un cana-le significa determinare il diametro della minore costrizione del forame apicale. Si tratta di un’operazione che può essere descritta meglio tramite un esempio. Se una lima K 25 si im-pegna in corrispondenza della minore costrizione e resiste allo spostamento attraverso la costrizione stessa, quello è il diametro del forame apicale e for-nisce al clinico prove evidenti delle dimensioni ideali che il canale, una volta allargato, deve raggiungere.

8. Pur non essendo ancora comune, è sempre più diffusa la pratica di al-largare i canali fino a un diametro apicale massimo, che riflette le di-mensioni iniziali della minore co-strizione. Con gli strumenti K3 è possibile strumentare il terzo api-cale finché acquisisce il diametro di una lima 45 a conicità .02 e di una lima 60 a conicità .04 e .06. Secondo la letteratura endodontica, la creazione di tali diametri apicali maggiori comporta una più efficace detersione dei canali. La sequenza per creare tale diametro apicale ma-ster più largo può variare a seconda del grado di curvatura apicale. Ge-neralmente, se il clinico ha portato il canale a raggiungere le dimensio-ni di una lima .06 25, è possibile usare una sequenza di .02 30, 35, 40, 45 seguite da .04 40 e 45 e così via fino a raggiungere la lunghezza di lavoro effettiva e il diametro api-cale master desiderato, accertandosi di ricapitolare e irrigare dopo l’uti-lizzo di ciascuno strumento. Non c’è un accordo generale riguardo a quale sia il diametro apicale master ideale ma occorre tentare di ottenere

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Gli strumenti rotanti in nickel-titanio K3.Una strumentazione predicibile dei canali radicolari

i diametri apicali master maggiori possibili, tenendo conto della curva-tura del canale e di tutte le conside-razioni riguardanti l’utilizzo tattile del sistema K3. Per molti canali, il diametro apicale master sarà un 50.

9. Dopo la creazione del diametro api-cale master ideale, il clinico esegui-rà la prova del cono di guttaperca ed effettuerà l’otturazione. Anche se ciò va oltre gli scopi del presente ar-ticolo, tengo a precisare che l’autore esegue otturazioni canalari adesive con RealSeal erogato tramite la Ele-ments Obturation Unit e la tecnica SystemB (SybronEndo, Orange, CA). Una preparazione effettuata nella ma-niera descritta con il sistema K3 può portare alla creazione di forme eccel-lenti, così da facilitare l’adattamento del cono e l’otturazione tridimensio-nale degli spazi canalari (Figg. 6, 7).

La letteratura endodontica è pressoché unanime nel ritenere che il sistema K3 regge qualsiasi confronto. Leggere le pubblicazioni relative a qualunque prodotto spesso rappresenta una sfida perché, tra gli eventuali problemi che

possono essersi verificati, è possibile che le raccomandazioni dei produttori non siano state seguite, che l’analisi statisti-ca delle conclusioni sia influenzata da pregiudizi inconsapevoli, che le dimen-sioni prese ad esempio non siano ade-guate. Tenendo a mente questi limiti, dall’analisi di un campione della lette-ratura sul sistema K3 emerge che:

1. “Gli strumenti K3 erano molto più resistenti alla fatica ciclica rispetto ai ProFiles” (Dentsply Tulsa Dental, Tulsa, OK).1

2. “... i sistemi di strumenti in nickel-titanio che includono strumenti a conicità minore, più flessibili, come i K3 e i RaCe, devono essere usati nella preparazione apicale dei canali con una curvatura complessa.”2

3. “Nel terzo apicale, gli strumenti rotanti K3 erano più efficienti nella rimozione del materiale di riempi-mento a base di guttaperca rispetto alle altre tecniche...”3

4. Per quanto riguarda la resistenza alla frattura, a paragone dei ProTaper, “la

Figure 6-7Casi clinici trattati con gli strumenti

K3 e con l’otturazione adesiva RealSeal (SybronEndo, Orange, CA).

6 7

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percentuale degli strumenti rotti era pari al... 6% per il gruppo ProTaper, e al 2,1 % per il gruppo Endo K3.”4

5. “Il paragone tra il sistema RaCe e il sistema K3 ha messo in luce una dif-ferenza significativa che riguarda il rischio di deformazione e frattura de-gli strumenti di dimensioni 25 a co-nicità 0.04; gli strumenti K3 hanno prodotto risultati più favorevoli.”5

6. “Il sistema rotante K3 si è rivela-to più veloce del sistema Liberator nella rimozione sia della guttaperca che del Resilon (p<0.05). Il Resi-lon/Epiphany è stato effettivamente rimosso per mezzo di strumenti ro-tanti K3 o Liberator.”6

7. “...a paragone dei ProFile, la com-pressione dello smear layer residuo si riduce al minimo quando viene usato il sistema di strumenti rotanti al nickel-titanio K3.”7

È significativo che gli unici studi che esprimono un giudizio negativo a pro-posito degli strumenti K3 sono firmati dal medesimo autore. Effettuando sul sito web “pubmed” la ricerca di “K3 Rotary Nickel Titanium” si ottiene una lista esauriente di studi relativi al sistema K3 e, ovviamente, a strumenti di altre marche.

L’articolo ha presentato una descri-zione esaustiva del sistema rotante in nichel titanio K3. Il sistema, in base all’esperienza dell’autore, rappresen-ta, tra tutti gli strumenti disponibili sul mercato, la migliore combinazione di flessibilità, resistenza alla frattura, capacità di taglio e controllo tattile. Eventuali domande o commenti da parte dei lettori sono i benvenuti.

Traduzione dell’articolo originaleThe K3 Rotary Nickel Titanium FilePredictable root canal instrumentationOral Health, 12-18, December 2006

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Due radici palatinenei primi molari superiori

Yosi Nahmias, DDS, MScPaul Bery, DMD

Introduzione.Il successo di un trattamento endodon-tico dipende dalle procedure di localiz-zazione, detersione, sagomatura, disin-fezione ed otturazione tridimensionale del sistema dei canali radicolari.1 La co-noscenza dell’anatomia interna ed ester-na del dente da trattare è della massima importanza. I denti possono presentare svariate anomalie, come radici e canali radicolari supplementari, e l’incapacità di riconoscerle è spesso causa del falli-mento del trattamento endodontico.2 Si raccomanda di effettuare sempre due radiografie preoperatorie al fine di ot-tenere un’immagine tridimensionale del dente da trattare.3 Un attento esa-me di queste radiografie può evidenzia-re la presenza di radici supplementari. In particolare, immagini indistinte del lato palatale dei molari mascellari pos-sono indicare la presenza di una radice palatale supplementare.Stando alle descrizioni contenute in molti manuali di endodonzia, i primi molari mascellari hanno tre radici se-parate e tre o quattro canali radicola-ri.4,5 In base alla mia esperienza posso affermare che il 95% di questi denti possiede quattro canali. Nella lettera-tura endodontica si ritrovano inoltre descrizioni di altre anomalie anatomi-che come radici supplementari identi-ficate in vivo e in vitro.6,7,8 Un’indagi-ne radiografica condotta su 1200 denti ha evidenziato una percentuale molto bassa, pari allo 0,4%, di molari ma-scellari con 4 radici (due vestibolari e due palatine).9Questo studio è inoltre giunto alla conclusione che tale anomalia è ancora più rara nei primi molari mascellari. Il presente articolo si propone di descri-vere il trattamento endodontico di un primo molare mascellare con due radi-ci palatine separate.

Caso clinicoUna paziente di 58 anni fu indirizzata al mio studio per una valutazione en-dodontica. Principalmente la paziente accusava un leggero dolore durante la masticazione al primo e al secondo mo-lare superiore sinistro. L’area gengivale in corrispondenza di questi denti era sensibile alla palpazione ma non c’era alcuna sensibilità ai cambiamenti del-la temperatura. La paziente era stata visitata da un parodontologo, il quale aveva ritenuto che questi denti aves-sero una compromissione endodontica. L’esame clinico ha rivelato nel primo molare la presenza di una corona che era stata applicata circa cinque anni prima. Nel secondo molare mascellare è stata individuata una vasta ricostru-zione in amalgama. Inoltre si è con-statata la presenza di modeste tasche parodontali. Non era presente alcuna mobilità. Entrambi i denti erano sen-sibili alla percussione e alla palpazione e nessuno dei due rispondeva ai test di vitalità pulpare. Le radiografie preope-ratorie evidenziarono radiotrasparen-ze periapicali associate ad entrambi i denti. Queste radiografie dimostrava-no anche la presenza di una seconda radice palatina nel primo molare.

DiagnosiLa diagnosi finale fu: necrosi della pol-pa con parodontite apicale cronica. Era perciò necessario procedere con il trattamento dei canali radicolari in entrambi i denti. L’anamnesi medica della paziente era negativa.

TrattamentoPer prima cosa venne eseguito il trat-tamento endodontico del secondo molare superiore. Il tessuto pulpare si dimostrò necrotico confermando la diagnosi. Furono localizzati e trattati

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L’Informatore Endodontico

quattro canali, dopo di che la cavità d’accesso venne sigillata con un’ottu-razione temporanea adesiva.In occasione della seconda visita, fu intrapreso il trattamento del primo molare superiore. La cavità d’accesso attraverso la porcellana fu ottenuta utilizzando una piccola fresa diaman-tata rotonda ed effettuando un’abbon-dante irrigazione per impedire che la porcellana si scheggiasse o si incrinas-se. Una volta scoperta la porzione me-tallica della corona, è stata usata una fresa transmetallica. L’accesso alla ca-mera pulpare fu ottenuto con una fresa a fessura conica con punta rotonda. Il tessuto pulpare si dimostrò necrotico, confermando così la diagnosi iniziale.Le radiografie preoperatorie indicava-no la presenza di una seconda radice palatina e questo canale è stato poi localizzato nel lato mesiopalatino del dente. L’apertura è stata quindi allar-gata per ottenere un accesso diretto al canale. Sono stati inoltre scoperti due canali mesiovestibolari usando atten-tamente una punta da ultrasuoni Buc n° 1 (Obtura Spartan), portando a cin-que il totale dei canali localizzati. Mi preme sottolineare che in ogni fase del trattamento mi sono avvalso di un mi-croscopio endodontico a forte ingran-dimento.Dopo aver stabilito le lunghezze di lavoro mediante un localizzatore elet-tronico apicale, tutti i canali sono stati sagomati, detersi, asciugati ed ottura-ti, usando la tecnica di compattazione verticale a caldo.10 Le radiografie post-operatorie hanno quindi confermato la presenza di una seconda radice palatale divergente.

DiscussioneQuesto caso mostra l’anatomia insolita di un primo molare superiore. La mag-

gior parte dei testi di endodonzia at-tribuisce ai primi molari superiori tre radici con tre o quattro canali.11,12 Una morfologia anomala piuttosto rara, quale è la presenza di due radici palati-ne in un primo molare superiore, viene citata raramente. Slowey,2 nel 1974, è stato il primo a descrivere un tratta-mento endodontico effettuato su mo-lari superiori con due radici palatine.

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Figura 1Radiografia pre-operatoria. L’apparente sovrapposizione lascia supporre la presenza di una radice palatina doppia nel primo molare.

Figura 2Radiografia postoperatoria. Il tratta-mento portato a termine sul secon-do molare superiore conferma l’esi-stenza di una seconda radice palatina nel primo molare.

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Profilo dell’Autore. Il Dr. Nahmias è docente del corso di specializzazione postlaurea in endodonzia della Facoltà di Odontoiatria dell’Università di Toronto e gestisce uno studio pri-vato a Oakville, Ontario, dove esercita l’attività limitatamente alla Endodonzia. Può essere contattato al numero 905-849-7203.

Secondo Christie,13 i molari superiori con due radici palatine si incontrano una sola volta ogni tre anni di intensa pratica endodontica.Occorre sempre esaminare con atten-zione le radiografie preoperatorie e in-traoperatorie, dal momento che alcune immagini indistinte del lato palatino possono mascherare la presenza di una

radice palatina supplementare. Può es-sere necessaria una preparazione della cavità d’accesso più ampia, che consen-ta di identificare le due radici palatine. Cavità d’accesso disegnate e preparate in maniera adeguata consentiranno di ovviare a molti problemi durante la preparazione e l’otturazione dei cana-li. Un accesso ottimale, in casi come questo, deve essere più ampio del soli-to sul lato palatale e avere un contorno quadrato piuttosto che triangolare. In questi denti occorre che la forma del contorno rifletta l’anatomia della ca-mera. La prognosi per casi simili è la stessa di qualsiasi altro molare mascel-lare.13

ConclusioneQuesto caso clinico è stato utilizzato come esempio per descrivere il tratta-mento di un primo molare superiore con due radici palatine separate e di-vergenti. Anche se si tratta di un’ano-malia anatomica piuttosto rara, il cli-nico deve essere consapevole della sua esistenza. Una corretta interpretazione delle radiografie preoperatorie e in-traoperatorie ed un’attenta ispezione clinica del pavimento della camera pulpare possono rivelare la presenza di una seconda radice palatina. Poiché l’incapacità di localizzare e trattare tutti i canali è una causa frequente di fallimento in endodonzia,7 l’uso del-l’ingrandimento e di un’illuminazione adeguata, o, come in questo caso, di un microscopio odontoiatrico, riveste un’importanza cruciale.

Traduzione dell’articolo originaleDouble palatal rootsOntario Dentist, October 2006, 24-26

Figura 3Una foto digitale scattata tramite il

microscopio permette di localizzare l’orifizio del secondo canale palatino.

Figura 4Questa radiografia postoperatoria dimostra che le quattro radici del

primo molare mascellare sono separate e divergenti.

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Profilo dell’Autore. Il Dr. Bery ha completato il corso di laurea in odontoiatria a Città del Messico e in seguito ha ottenuto un diploma di specializzazione in Endodonzia all’Uni-versità dell’Illinois. Attualmente gestisce uno studio privato a Evanston, Illinois, dove esercita l’attività limitatamente alla Endodonzia.

1) - 1. Schilder, H.: Cleaning and shaping of the root canal. Dent Clin North Amer. 1074; 18: 269-96

2) - Slowey, R.R.: Radiographic aids in the detection of extra root canals. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1974; 37(5): 762-72

3) - Fava, L.R.G., Dummer, P.M.H.: Periapical radiographic techniques during diagnosis and treatment. Int Endod J 1997; 30(4): 250-61

4) - Fogel, L.R.G., Peikoff, M.D., Christie, W.H.: Canal configuration in the mesiobuccal root of the maxillary first molra: a clinical study. J Endod 1994;20(3): 135-37

5) - Eskoz, N., Wiene, F.S.: Canal configuration of the mesiobuccal root of the maxillary second molar. J Endod 1995; 21(1): 38-42

6) - Malagnino, V., Gallottini, L., Passariello, P.: Some unusual clinical cases on root anatomy of permanent maxillary molars. J Endod 1997; 23(2): 127-8

7) - Stone, L.H., Stroner, W.F.: Maxillary molars demonstrating more than one palatal root canal. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1981; 51(6): 649-52

8) - Silveira Bueno, C.E., Araujo, R.A., Fontana, C.E., Borges, L.C., Fava, L.R.G.: A double palatal-rooted maxillary second molar: a case report. 2006; 9(2): 35-37

9) - Libfield, H., Rotstein, I.: Incidence of four-rooted maxillary second molars: litera-ture review and radiographic survey of 1,200 teeth. J Endod 1989; 15(3): 129-31

10) - Nahmias, Y., Mah, T., Dovgan, J.S.: The thermo hydraulic condensation technique. 2001; 91(12): 11-15

11) - Weine, F.S.: Access cavity preparation and initiating treatment. Endodontic therapy. 4th edition Saint Louis (MO): C.V. Modby; 1989. 245-51

12) - Walker, R.T.: Pulp space anatomy and access. Harty’s endodontcs in clinical prac-tice. 4th edition Oxford (UK): Wright; 1998. 16-36

13) - Christie, W.H., Peikoff, M.D., Fogel, H.M.: Maxillary molars with two palatal roots: a retrospective clinical study. J Endod 1991; 17(2): 80-84

BIBLIOGRAFIA