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Pag. - 16 Quali sono le implicazioni di un’otturazione “corta” in una terapia endodontica? Richard Mounce, DDS Per contenere le riflessioni sollevate da questa domanda potrebbe bastare un libro di dimensioni modeste, ma la rela- tiva risposta ha implicazioni enormi per il successo a lungo termine di una tera- pia endodontica. In generale, maggiore è la quantità di spazio canalare rimasto non deterso e non riempito in seguito al trattamento di un canale radicolare, più alto è il rischio di un fallimento della terapia. D’altra parte, se il tratta- mento endodontico simula un’estrazio- ne, le probabilità di guarigione saranno maggiori. L’estrazione funziona poiché al paziente viene rimossa l’intera polpa. La vera difficoltà per il clinico sta nel decidere fino a che punto, in una data terapia, l’otturazione endodontica debba essere spinta nel canale. Come già accen- nato, il livello dell’otturazione canalare è fondamentale per il successo a lungo ter- mine della terapia. Detergere, sagomare e otturare una porzione incompleta dello spazio del canale radicolare comporta la probabilità e, talora, la certezza che una parte dello spazio canalare rimanga non detersa e non riempita, specie se il livel- lo dell’otturazione è stato determinato sulla base di medie anatomiche arbitra- rie piuttosto che tenendo conto dell’ef- fettiva sede del forame apicale. Per introdurre questo argomento è importante soffermarsi sull’anatomia apicale, poiché la complessità del forame apicale è variabile e talvolta un forame vero e proprio o una costrizione minore possono non essere presenti. Ne conse- gue che non sempre è facile stabilire in che punto debba terminare l’otturazione del canale radicolare in una data terapia. Per esempio le radiografie possono essere imprecise a causa di errori di angola- zione o di sviluppo, mentre i localizza- tori apicali in certe condizioni posso- no non essere del tutto affidabili, ecc... Complica ulteriormente la situazione la mancanza di accordo nella comuni- tà endodontica riguardo al livello di otturazione ottimale. Alcuni ritengono auspicabile ottenere e mantenere la per- vietà apicale mentre altri sostengono che l’otturazione debba arrivare fino ad un punto localizzato arbitrariamente prima dell’apice radiografico del dente. In generale, la terminazione ideale nei trattamenti endodontici è la sede del minore diametro (costrizione) del forame apicale e qualsiasi materiale da otturazio- ne (guttaperca o materiali adesivi soft- core quali Resilon, (Resilon Research, Madison, CT) o RealSeal, (SybronEndo, Orange, CA) dovrebbe essere contenuto al di sopra di questo livello. Una discus- sione più proficua circa il livello da rag- giungere con l’otturazione dovrebbe proporsi di individuare con precisione un punto di arrivo valido e riproduci- bile per qualunque caso che consenta di massimizzare il successo a lungo termine della terapia e al contempo di ridurre l’estrusione dei materiali da otturazione e il rischio di danni iatrogeni. Tenendo ben presente questo obietti- vo, durante l’esplorazione iniziale di un canale, in certi casi è possibile avverti- re, tramite percezione tattile, un “clic” in corrispondenza del forame apicale. Il canale può essere pervio oppure può presentare gravi calcificazioni oppure il forame può uscire ad ogni angolo pos- sibile dal canale principale che non per- tanto risulta in alcun modo sondabi- le. Perciò è importante utilizzare lime precurvate per esplorare il terzo apicale nonché praticare un’abbondante irri- gazione seguita da ricapitolazioni per accertarsi che il canale sia costantemente strumentabile nel corso di tutta la tera- pia. In media, il forame si trova a 0,26- 0,99 mm dall’apice anatomico. Mentre questa media anatomica potreb- be rivelarsi preziosa come linea guida,

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    Quali sono le implicazioni di un’otturazione “corta” in una terapia endodontica?

    Richard Mounce, DDS

    Per contenere le riflessioni sollevate da questa domanda potrebbe bastare un libro di dimensioni modeste, ma la rela-tiva risposta ha implicazioni enormi per il successo a lungo termine di una tera-pia endodontica. In generale, maggiore è la quantità di spazio canalare rimasto non deterso e non riempito in seguito al trattamento di un canale radicolare, più alto è il rischio di un fallimento della terapia. D’altra parte, se il tratta-mento endodontico simula un’estrazio-ne, le probabilità di guarigione saranno maggiori. L’estrazione funziona poiché al paziente viene rimossa l’intera polpa. La vera difficoltà per il clinico sta nel decidere fino a che punto, in una data terapia, l’otturazione endodontica debba essere spinta nel canale. Come già accen-nato, il livello dell’otturazione canalare è fondamentale per il successo a lungo ter-mine della terapia. Detergere, sagomare e otturare una porzione incompleta dello spazio del canale radicolare comporta la probabilità e, talora, la certezza che una parte dello spazio canalare rimanga non detersa e non riempita, specie se il livel-lo dell’otturazione è stato determinato sulla base di medie anatomiche arbitra-rie piuttosto che tenendo conto dell’ef-fettiva sede del forame apicale. Per introdurre questo argomento è importante soffermarsi sull’anatomia apicale, poiché la complessità del forame apicale è variabile e talvolta un forame vero e proprio o una costrizione minore possono non essere presenti. Ne conse-gue che non sempre è facile stabilire in che punto debba terminare l’otturazione del canale radicolare in una data terapia. Per esempio le radiografie possono essere imprecise a causa di errori di angola-zione o di sviluppo, mentre i localizza-tori apicali in certe condizioni posso-no non essere del tutto affidabili, ecc... Complica ulteriormente la situazione

    la mancanza di accordo nella comuni-tà endodontica riguardo al livello di otturazione ottimale. Alcuni ritengono auspicabile ottenere e mantenere la per-vietà apicale mentre altri sostengono che l’otturazione debba arrivare fino ad un punto localizzato arbitrariamente prima dell’apice radiografico del dente.In generale, la terminazione ideale nei trattamenti endodontici è la sede del minore diametro (costrizione) del forame apicale e qualsiasi materiale da otturazio-ne (guttaperca o materiali adesivi soft-core quali Resilon, (Resilon Research, Madison, CT) o RealSeal, (SybronEndo, Orange, CA) dovrebbe essere contenuto al di sopra di questo livello. Una discus-sione più proficua circa il livello da rag-giungere con l’otturazione dovrebbe proporsi di individuare con precisione un punto di arrivo valido e riproduci-bile per qualunque caso che consenta di massimizzare il successo a lungo termine della terapia e al contempo di ridurre l’estrusione dei materiali da otturazione e il rischio di danni iatrogeni. Tenendo ben presente questo obietti-vo, durante l’esplorazione iniziale di un canale, in certi casi è possibile avverti-re, tramite percezione tattile, un “clic” in corrispondenza del forame apicale. Il canale può essere pervio oppure può presentare gravi calcificazioni oppure il forame può uscire ad ogni angolo pos-sibile dal canale principale che non per-tanto risulta in alcun modo sondabi-le. Perciò è importante utilizzare lime precurvate per esplorare il terzo apicale nonché praticare un’abbondante irri-gazione seguita da ricapitolazioni per accertarsi che il canale sia costantemente strumentabile nel corso di tutta la tera-pia. In media, il forame si trova a 0,26-0,99 mm dall’apice anatomico.Mentre questa media anatomica potreb-be rivelarsi preziosa come linea guida,

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    L’Informatore Endodontico

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    Figura 1Una porzione significativa di spazio canalare rimane non detersa e non riempita dopo l’otturazione del canale radicolare nei vari canali del delta api-cale. Anche se l’otturazione del canale radicolare visualizzato nella radiografia sembra corta di circa 2 mm, in realtà la distanza è molto maggiore tenendo conto dell’anatomia canalare non trattata (Courtesy of Dr. Gary Carr, EIE II, Pacific Endodontic Research Foundation and The Digital Office Program for Endodontists).

    non è molto utile per determinare l’ef-fettiva lunghezza di lavoro nel caso par-ticolare che il clinico sta trattando. A tal proposito, molti sistemi canalari pre-sentano dei delta apicali che dovrebbe-ro essere immersi negli irriganti quali l’ipoclorito di sodio al fine di dissolverne i contenuti per quanto possibile clinica-mente. È un dato di fatto che strumenti di qualsiasi tipo, lime K o strumen-ti rotanti, non possano essere ripetuta-mente collocati nei canali laterali, la cui detersione dipende quindi unicamente dall’irrigazione. Muovendosi in direzione apicale, la varietà e il numero dei canali laterali e dei delta apicali divengono più comples-si e variegati. Ne consegue che, mag-giore è la distanza dall’apice anatomico di una data otturazione, maggiore è la quantità di anatomia laterale che rimane non riempita, specie in presenza di fora-mi multipli. Nella figura 1, l’effettiva otturazione del canale radicolare può trovarsi a solo 2 mm di distanza dal-l’apice anatomico. Se però consideriamo i forami multipli, appare evidente che l’accumulo di fango dentinale ha creato un blocco apicale, lasciando circa 5-7 mm di spazio non deterso e non riempi-to nel terzo apicale. Spesso questi fora-mi sono visibili solo dopo l’otturazione eseguita con tecniche a caldo quali il System B o la compattazione verticale di guttaperca calda. È importante renderci conto che questo può essere evitato in vari modi:1) Precurvando tutti gli strumenti

    manuali da inserire nei canali.2) Irrigando in abbondanza con ipoclori-

    to di sodio.3) Ottenendo la pervietà apicale.4) Mantenendo la pervietà apicale trami-

    te le ricapitolazioni.5) Cercando attivamente di percepire

    il “clic” quando la lima K esce dalla

    costrizione apicale.6) Usando l’EDTA per i casi vitali spe-

    cialmente in forma di gel, così da emulsionare la polpa e tenerla in sospensione fino ad effettuarne la rimozione tramite irrigazione di ipo-clorito di sodio.

    In breve, le implicazioni cliniche di otturazioni “corte” sono molto signifi-cative. Più lontano dall’apice anatomico viene completata l’otturazione del canale radicolare, maggiore è la quantità di spazio non deterso e non riempito che rimane nel sistema dei canali radicolari, comportando il rischio di un futuro fal-limento.

    Il Dr. Mounce desidera ringraziare il Dr. Gary Carr, EIE2, PERF e il Digital Office Program for Endodontists per l’immagine riprodotta in figura 1.

    Crediti fotografici: Dr. Carr, EIE II (Excel lence in Endodontics ) , PERF (Pacific Endodontics Research Foundation) e il Digital office Program for Endodontists.

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    Clifford J. Ruddle, DDSRichard E. Mounce, DDS Gary D. Glassman, DDS

    Il ritrattamento ortogrado di un falli-mento endodontico non è comune nella pratica di un dentista generico. Alcuni ritrattamenti complessi richiedono natu-ralmente una formazione specialistica, uno strumentario adeguato e molta espe-rienza se si vuole che la terapia sia anche remunerativa. Per eseguire un ritratta-mento complesso sarà necessario avva-lersi del microscopio e di strumenti ad ultrasuoni nonché sapere far fronte a una vasta gamma di danni iatrogeni, come ad esempio la riparazione di perforazio-ni, la rimozione di oggetti metallici di ogni genere (lime K, perni, allargacana-li, lime di Hedstroem, coni d’argento, lentuli, strumenti rotanti in nichel-tita-nio, ecc…), il superamento di gradini o di intasamenti canalari.Ciò detto, in alcuni casi di fallimento della terapia endodontica, il ritrattamen-to può essere eseguito con successo anche dal dentista generico. Si tratta di casi in cui il fallimento può essere dovuto a un

    fattore di minore entità che ha avuto però conseguenze notevoli sul risultato finale. In sostanza, la ragione del falli-mento si identifica con un problema la cui soluzione non comporta difficoltà alcuna. È importante ricordare che le ragioni del fallimento di un trattamento endodontico sono sostanzialmente tre:- spazio non deterso e non riempito con

    il materiale per otturazione all’interno del sistema dei canali radicolari

    - microinfiltrazioni coronali successive al trattamento

    - fratture verticali della radice (Figg. 1a, 1b e 2).

    Mentre queste ultime richiedono l’estra-zione del dente e non è facile ripara-re gravi danni iatrogeni, una microin-filtrazione coronale (che contamina il sistema dei canali radicolari pur detersi e sagomati adeguatamente al momen-to del trattamento) è un problema che può essere risolto facilmente. Inoltre, se la presenza di spazio non deterso e non riempito è il risultato di sagomatu-ra e detersione inadeguate in mancan-za di una grave danno iatrogeno, con ogni probabilità la rimozione della sola guttaperca e un’eccellente detersione biomeccanica agevoleranno il processo di guarigione. In molti casi, una volta che i precedenti materiali da otturazione sono stati rimossi e si è stabilita la per-vietà canalare, il trattamento può essere portato a termine con facilità come se si 1a

    Figure 1a e 1bFallimento dovuto a uno spazio signi-

    ficativo rimasto non deterso e non otturato all’interno del sistema dei

    canali radicolari, e suo ritrattamento. Nelle 2 radici erano presenti tre lime

    fratturate.

    Figura 2Fallimento dovuto a microinfiltrazione

    coronale che ha compromesso un risultato clinico altrimenti eccellente.

    Il ritrattamento endodontico per il dentista generico

    1b 2

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    L’Informatore Endodontico

    trattasse di una normale terapia endo-dontica.Questo articolo descrive passo passo i metodi più efficaci per la rimozione della guttaperca, onde aiutare i denti-sti non specialisti a determinare quali casi siano alla loro portata, vale a dire a riconoscere se le loro competenze e gli strumenti che hanno a disposizione consentano di portare a termine il ritrat-tamento con risultati eccellenti.

    Il punto di partenza Il punto di partenza consiste nel valu-tare attentamente il fallimento del pre-cedente trattamento. Il dentista deve giudicare con onestà se è all’altezza o meno del caso che gli si presenta, ovve-ro se possiede la necessaria formazione, attrezzatura e competenza per fornire un eccellente servizio al paziente, tenendo conto della situazione clinica. Le condi-zioni del dente devono essere valutate in dettaglio per stabilire se è possibile restaurarlo, valutare la sua funzionalità, individuare gli eventuali danni iatrogeni e/o l’origine del fallimento (se visibile) e le condizioni parodontali. Fondamentale è inoltre determinare quali benefici comportino il ritrattamento e il nuovo restauro rispetto alle possibili alternati-ve.Il punto di partenza ideale consiste nel-l’effettuare molteplici radiografie del dente da varie angolazioni: ortoradiale, mesiale e distale. Come minimo, tale valutazione preliminare richiederà anche il test di percussione, palpazione e con-trollo della mobilità del dente nonché i sondaggi parodontali. Occorrerà valutare la possibile esistenza di frattura verticale della radice, anche qualora non appaia immediatamente evidente (Figura 3). Del resto, non è raro che si verifichino fratture verticali di radice dovute spe-cialmente a perni male inseriti (soprat-

    tutto del tipo attivo) e il successo di una terapia endodontica bene eseguita può essere compromesso da una successiva frattura verticale.Tale valutazione, qualunque sia il suo grado di accuratezza, non garantisce che non si presenteranno problemi. Per esempio, la frattura di lime K dalla n° 6 alla n° 10 spesso non è riscontrabile in radiografia e accade di frequente che l’impossibilità di sondare i canali sia dovuta alla presenza di uno di questi strumenti fratturati e non abbia niente a che vedere con la presenza di calcifica-zioni. Una esaustiva discussione dell’ac-cesso nel ritrattamento endodontico va oltre gli obiettivi del presente articolo, ma è importante notare che nei casi di ritrattamento sono spesso presenti per-forazioni antiche o recenti non visibi-li nelle radiografie perché oscurate dai margini coronali. Si raccomanda la mas-sima attenzione.

    Rimozione della guttapercaIn molti casi, la rimozione della gut-taperca nei terzi coronale e medio può essere eseguita tramite il calore, pro-veniente ad esempio dalle sorgenti di calore System B, Elements Obturation Unit o Touch’n Heat. La sequenza da utilizzare per la rimozione della gut-taperca è simile a quella che si usa nella fase di “down-packing” con il System B. L’uso del calore comporta il considerevo-

    Figura 3Significativi danni iatrogeni che neces-siterebbero di una visualizzazione al microscopio e l’utilizzo di ultrasuoni. Il ritrattamento, che richiede una formazione avanzata e specifiche com-petenze, deve essere eseguito da uno specialista in endodonzia3

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    le vantaggio di fare a meno del solvente, così da non sporcare inutilmente di gut-taperca la camera pulpare. Per effettuare la rimozione della guttaperca con queste sorgenti di calore, il System B deve esse-re utilizzato come descritto di seguito.Premendo il pulsante di attivazio-ne omnidirezionale sul manipolo del System B, si spinge il plugger nel cen-tro del cono con un singolo movimento (circa un secondo) fino a una distanza di circa 3-4 mm dal punto di impegno apicale. Mantenendo la pressione sul plugger, si rilascia il pulsante. Il plug-ger rallenta il suo movimento in dire-zione apicale man mano che la punta si raffredda (circa un secondo) fino ad arrivare a 2 mm dal punto di impegno apicale. Dopo che il plugger si è ferma-to in questo punto, la pressione apicale su di esso viene mantenuta per 5-10 secondi. Una volta raggiunta la massa apicale della guttaperca, il pulsante viene di nuovo premuto per ottenere un’emissione di calore della durata di un secondo. Dopo questo riscaldamento di separazione occorre fare una pausa di 1 secondo, dopodiché si rimuove il plug-ger e la guttaperca in eccesso. Poiché

    questi plugger emettono calore dalle punte, il riscaldamento di separazione consente una rapida e sicura separazio-ne del plugger dalla massa apicale di guttaperca già compattata e indurita (Figure 4a-4c) (adattato da: Mounce R. Glassman G. Otturazione endodontica adesiva: un altro salto di qualità per l’endodonzia. Oral Health. Luglio 2004. Questo articolo è disponibile all’indi-rizzo: http://www.oralhealthjournal.com/issues/ISarticle.asp?id=152890&story_id=2366915135).In mancanza di queste fonti di calo-re, una strategia alternativa può consi-stere nell’uso di strumenti Shaper K3 (SybronEndo) aumentandone la velocità da 1000 a 1800 rotazioni al minuto per rimuovere adeguatamente la guttaperca nei terzi coronale e medio. Gli Shaper K3 possono essere usati normalmen-te per allargare gli orifizi e sagomare i canali ma sono anche eccellenti per la rimozione della guttaperca. Anche se lo scopo può essere raggiunto con pari efficacia con altri sistemi di strumenti rotanti, gli autori del presente articolo preferiscono gli Shaper K3 per la piace-vole sensazione tattile che comunicano e

    PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Mounce ha uno studio endodontico privato a Portland, Oregon. Ha realizzato un esauriente DVD sulla detersione, la sagomatura e l’otturazione del sistema dei canali radicolari a beneficio del dentista generico. Il materiale è anche disponibile sotto forma di CD audio e come Web cast pay-per-view. Per ulteriori informazioni, inviate un email all’indirizzo [email protected]. Il dottor Mounce può essere contattato al numero (503) 222 2111 o all’indirizzo email [email protected].

    4a 4b 4c

    Figura 4Utilizzo del System B (compattazione

    corono-apicale e riscaldamento di separazione) per la rimozione della

    guttaperca.

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    per la buona resistenza alla frattura. In questa fase qualsiasi strumento si stia utilizzando (Shaper o altro), questo deve rimanere passivamente al centro della guttaperca, senza tentare di strumen-tare la parete canalare. Poiché il pre-cedente trattamento ha già allargato il canale, può essere presente una parete dentinale laterale sottile come un foglio di carta (soprattutto in corrispondenza della biforcazione) (ciò accade special-mente nell’aspetto distale della radi-ce mesiale dei molari inferiori e nella mesiovestibolare dei molari superiori). Con questo movimento, il clinico cerca solo di rimuovere il vecchio materiale da otturazione, operazione per la quale è sufficiente inserire delicatamente lo strumento, senza spingerlo oltre quando incontra una resistenza. Non si insi-sterà mai troppo sull’importanza della rimozione passiva della guttaperca. Una pressione apicale vigorosa o una forza eccessiva possono facilmente causare uno stripping della radice.Quando lo Shaper K3 trova difficoltà ad avanzare, si possono collocare poche gocce di un solvente come il cloroformio nella camera pulpare. Usando piccole lime K a partire da una n° 10 o da una n° 15, il clinico può lentamente inizia-re a sciogliere la guttaperca nel terzo medio per collocare il solvente dove necessario per sciogliere la guttaper-ca. La rimozione della guttaperca con mezzi chimici avviene lentamente, con delicatezza e decisione al tempo stesso. Una volta ammorbidita chimicamente, la guttaperca deve essere rimossa usando punte di carta che assorbono l’impasto di guttaperca e cloroformio. L’inserimento delle punte di carta avviene in modo passivo così da non far fuoriuscire il materiale apicalmente man mano che il clinico avanza. Queste punte di carta permettono inoltre al clinico di accertar-

    si con maggiore esattezza di quanta gut-taperca è rimasta nel canale. La sequenza che prevede il collocamento del cloro-formio nella camera pulpare cui segue l’inserimento nel canale di lime K viene ripetuta in moda da riempire il canale di cloroformio senza fuoriuscite e porta-re avanti una lima K precurvata finché questa scende passivamente dal canale. Continuando ad utilizzare il solvente nella camera e le lime K e continuando ad immergere le punte di carta nell’im-pasto di guttaperca disciolta nel cloro-formio, il clinico avanza apicalmente per ottenere la pervietà canalare e di conse-guenza determinare la totale lunghezza di lavoro. Questa può essere inizialmen-te determinata tramite radiografie, loca-lizzazione apicale elettronica, attraverso la sensibilità tattile, o utilizzando tutte e tre le procedure. Più tardi sarà possibile controllare con i coni di carta il punto di sanguinamento o di asciugatura e questo servirà a controllare sia la lunghezza di lavoro sia la pervietà del forame apica-le. Più verifiche verranno effettuate per confermare la lunghezza di lavoro, più sicuro sarà il clinico che il canale è stato deterso e sagomato adeguatamente. Una volta determinata la lunghezza di lavoro, la strumentazione può procedere secondo il protocollo che il clinico è abi-tuato a seguire. Per quanto riguarda la detersione e la sagomatura in uno scena-rio come quello appena descritto, occorre soffermarsi su alcuni punti essenziali.È importante stabilire un sentiero guida (glide path) per gli strumenti rotanti in nichel-titanio prima di strumentare il terzo apicale. La quantità di detriti presenti nel canale aumenta se rimangono dei residui di guttaperca del precedente trattamento canalare.Creare un sentiero guida ben definito per gli strumenti rotanti è essenziale per

    PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Glassman è Fellow del Royal College of Dental Surgeons in Canada, collabora con la rivista Oral Health Dental Journal come consultente per l’endodon-zia e fa parte di uno studio endodontico associato a Toronto, Ontario. Può essere contattato al numero (416) 963 9988 o all’indirizzo email [email protected]

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    ridurre il rischio di una frattura dello strumento.La presenza di guttaperca può esercitare un maggiore carico torsionale sugli stru-menti e deviare la lima dalla reale traiet-toria canalare, causando una perforazione o il trasporto del canale.Un’abbondante irrigazione con ipoclo-

    Figure 5a e 5bUn caso clinico trattato secondo

    quanto descritto nel testo. La gut-taperca è stata rimossa e la pervietà nuovamente ottenuta utilizzando sia

    fonti di calore che mezzi chimici.

    Traduzione dell’articolo originale:Bread and Butter Endodontic Retreatment for the General Practitioner.Dentistry Today 2005 (8):70-73Copyright © Dentistry Today Inc.

    rito di sodio gioca un ruolo essenziale una volta che è stata aperta la traiettoria canalare e serve a rimuovere dal cana-le tutti i detriti che possono facilmen-te essere portati in sospensione (polpa necrotica, trucioli dentinali, guttaperca, ecc…).L’ottenimento e il mantenimento della pervietà canalare durante questo pro-cesso possono comportare altre compli-cazioni, come la presenza di fango den-tinale, che durante il ritrattamento può depositarsi nel terzo apicale e divenire causa di danni iatrogeni quali la frattura dello strumento o l’intasamento oppure il trasporto del canale (Figg. 5a e 5b).

    ConclusioneIn molti casi di fallimento di una prece-dente terapia canalare, la semplice rimo-zione della guttaperca effettuata come descritto, in assenza di un danno iatro-geno significativo, consente un tratta-mento ottimale del dente.

    Per commentare questo articolo, potete visitare il forum di discussione all’indirizzo www.dentistrytoday.com

    Il ritrattamento endodontico per il dentista generico

    5a

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    L’Endodonzia e l’Odontoiatria Restau-rativa sono strettamente correlate tra loro. La terapia endodontica non può avere successo se il trattamento restau-rativo non è stato attentamente pro-grammato e tempestivamente esegui-to. L’Odontoiatria Restaurativa preve-de la diagnosi, il piano di trattamento, l’esecuzione clinica e il mantenimento. Ognuna di queste fasi influenza l’esito della terapia endodontica.Questo articolo ha lo scopo di descrivere il rapporto esistente tra Endodonzia e Odontoiatria Restaurativa e prendere in esame in quale maniera il processo restaurativo influenza a lungo termine il successo o il fallimento dell’Endodonzia.È ampiamente accettato il fatto che i batteri sono la causa primaria della periodontite apicale 1 e dei fallimenti in endodonzia.2 Lo scopo primario della terapia endodontica consiste nella elimi-nazione dei batteri dal sistema dei canali radicolari. Uno degli scopi basilari del restauro dei denti trattati endodontica-mente deve essere la prevenzione della reinfezione del sistema dei canali radico-lari.3 La terapia canalare non si può con-siderare completata finché il dente non è stato restaurato e finché la contamina-zione batterica non è stata prevenuta.Numerosi sono gli studi che hanno riportato le varie percentuali di successo e fallimento delle terapie endodonti-che. Lo studio che forse è più spesso citato è quello fatto presso l’Università di Washington che riportava il 94% di successi.4 Tuttavia, altri studi tra-sversali, longitudinali, fatti sulla popo-lazione, riportano una percentuale di successi oscillante tra il 40 ed il 60%.5,6 Perché esiste una tale ampia variabilità di risultati? Si devono prendere in con-siderazione numerose varianti, come ad esempio la selezione dei casi, la diagnosi preoperatoria, l’isolamento e la tecnica

    Richard Schwartz, DDS

    Il ruolo dell’Odontoiatria Restaurativa nel determinare il successo o il fallimento in Endodonzia

    operativa.7 Un’altra variante che spesso è sottovalutata ma che comunque è molto importante, è il tempo che è trascorso tra il completamento della terapia endo-dontica e l’esecuzione del restauro.Questo articolo ha lo scopo di discutere la filosofia che sta alla base e i vari pas-saggi critici del processo endodontico/restaurativo e di descrivere il ruolo dello specialista in Odontoiatria Restaurativa nel determinare il successo o il fallimen-to della terapia endodontica.

    Diagnosi e prognosiPrima di iniziare qualsiasi procedura clinica si deve sempre eseguire un’at-tenta valutazione sia clinica che radio-grafica. Tale valutazione deve compren-dere anche un esame delle condizioni pulpari dei vari denti. Recenti studi hanno dimostrato che dal 3 al 22% dei denti ricoperti da corone hanno la polpa necrotica.6-8 Senza dubbio, alcune di queste polpe erano già necrotiche prima che la terapia restaurativa venisse ini-ziata. Durante la prima visita, pertan-to, è sempre consigliabile eseguire dei test di vitalità pulpare su tutti i denti con ampi restauri o con vitalità dubbia. Nella maggior parte dei pazienti anche il semplice test al freddo fornisce delle risposte attendibili. Si deve poi eseguire il test della percussione, della pressione e la palpazione della zona apicale. In questa maniera occasionalmente si può scoprire che un dente peraltro asintoma-tico necessita in realtà di terapia endo-dontica. Karlsson 9 in una sua ricerca ha valutato che la percentuale di denti con corone e polpe necrotiche sale dell’1% ogni anno dopo che la corona è stata cementata. Per questo motivo, è consi-gliabile eseguire periodicamente dei test di vitalità pulpare ai denti ricoperti da corone o con grossi restauri.6

    Solitamente l’endodonzia viene eseguita

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    L’Informatore Endodontico

    passando attraverso precedenti restauri. Uno studio condotto da Abbott 10 ha dimostrato che la presenza di carie o di incrinature può essere valutata meglio se tutti i vecchi restauri sono stati fin dall’inizio rimossi. Lo studio confronta-va denti che avevano ricevuto la terapia canalare con e senza la rimozione dei precedenti restauri e ha dimostrato che quando questi erano stati rimossi, era poi possibile identificare un maggior numero di denti con potenziali proble-mi. Laddove possibile, è consigliabile rimuovere tutti i vecchi restauri come amalgame e compositi prima di iniziare la terapia endodontica. Quando ciò non è possibile, si deve applicare un carie detector su tutta la struttura dentale esposta della cavità d’accesso per miglio-rare la visualizzazione di infiltrazioni, carie o incrinature (Fig. 1).Le fratture corono-radicolari sono un grosso problema in endodonzia e la loro diagnosi deve essere fatta precocemente. Le fratture più importanti si instaurano a livello della cresta marginale mesiale o distale e si propagano poi apicalmen-te. Molti fallimenti endodontici deri-vano dalla mancata diagnosi di fratture che erano già presenti al momento di iniziare la terapia. Prima della terapia canalare, i denti posteriori devono sem-pre essere esaminati attentamente sotto ingrandimento, con una buona illumina-zione e con la transilluminazione (Figg. 2, 3). Se viene diagnosticata la presenza di una frattura, è consigliabile usare un colorante come il blu di metilene per determinare la sua estensione apicale. Se l’incrinatura si estende apicalmente al di là della giunzione amelo-cementizia o attraversa il pavimento della camera pulpare, la prognosi a lungo termine diventa dubbia. Se poi esiste anche una perdita di osso adiacente all’incrinatura visibile in radiografia e confermata dal

    sondaggio, la prognosi diventa infau-sta.11 La chiave del successo sta nella diagnosi precoce, nel determinare la sua prognosi e, dopo aver spiegato il proble-

    1

    Figura 1Accanto al “builup” in composito è visibile della carie. (Per gentile con-cessione del Dr. Gary Carr, San Diego, California).

    Figura 3Un dente con una frattura verticale che arriva fino al lume canalare ha una prognosi infausta. Nella maggioranza dei casi è indicata l’estrazione. (Per gentile concessione del Dr. Gary Carr, San Diego, California).

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    Figura 2Le fratture verticali possono compro-mettere la prognosi del trattamento. (Per gentile concessione del Dr. Sashi Nallapati, Ocho Rios, Jamaica).

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    PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Richard Schwartz ha esercitato l’attività come dentista gene-rico per diciassette anni. Si è quindi specializzato all’Università di San Antonio, Texas, e oggi nella stessa città ha il suo studio privato. Ha insegnato per otto anni al corso di Laurea dell’Università di San Antonio. Ha al suo attivo più di cento pubblicazioni ed è il primo autore di un testo di Operative Dentistry.

    ma al paziente, decidere se eseguire il trattamento o procedere all’estrazione.E’ importante distinguere tra le fratture corono-radicolari che si estendono api-calmente nella radice e le fratture oriz-zontali che attraversano la base di una cuspide. Esse possono sembrare uguali quando si osserva una cresta marginale, ma con una buona illuminazione e sotto ingrandimento è facile distinguerle una dall’altra una volta rimosso il vecchio restauro (Fig. 4). Un dente con una frat-tura orizzontale ha una buona prognosi e in molti casi al suo interno ha una polpa normale, che non necessita di terapia endodontica. Il clinico deve sospettare la presenza di una frattura corono-radicolare quando il dente si presenta con i segni o sintomi di una pulpite o di una periodon-tite apicale senza motivi chiari che giusti-fichino la patologia presente (Fig. 5).

    Piano di trattamentoSpetta allo specialista in odontoia-tria restaurativa preparare un corretto piano di trattamento prima di iniziare una terapia endodontica o di inviare il paziente all’endodontista. Questo com-porta la valutazione della possibilità di restaurare il dente in questione, delle condizioni parodontali, dell’eventuale necessità di eseguire un allungamento di corona clinica e decidere se la cura del dente rientra nel piano di trattamento generale. Talvolta, fino a che non si è rimossa completamente la carie e/o si è eseguito l’allungamento di corona, è difficile decidere se il dente è restau-rabile o meno. D’altra parte, è ovvio che il clinico restauratore deve valutare attentamente tutti questi fattori prima di iniziare il trattamento. Capita troppo spesso che il trattamento viene iniziato e poi il dente viene estratto per problemi parodontali o perché non è restaurabile. Se il restauro non rappresenta un pro-blema e il dente può essere tranquilla-mente isolato, è consigliabile eseguire il trattamento endodontico come prima fase della terapia. Con una buona illu-minazione ed un buon ingrandimen-to, si possono identificare le fratture e determinare la loro estensione ed il loro significato, si può accertare la presenza di carie e rimuoverla completamente. Si può facilmente prevedere il successo della terapia endodontica. Se si vede che la prognosi è incerta o infausta, si può modificare il piano di trattamento prima di intraprendere altre terapie costose, come l’allungamento di corona o l’in-nesto osseo. La periodontite apicale può causare il fallimento della terapia paro-dontale. Può infatti fare fallire l’innesto osseo, compromettere l’osteointegrazio-ne degli impianti o, una volta osteointe-grati, causare il fallimento degli impian-ti stessi. Nella maggioranza dei casi,

    Figura 4Si noti la presenza di una frattura

    orizzontale che si estende al di sotto della cuspide. (Per gentile concessione

    del Dr. Sashi Nallapati, Ocho Rios, Jamaica).

    Figura 5In questo secondo molare inferiore

    di sinistra sintomatico si sospettava la presenza di una frattura verticale. Si è iniziata la terapia canalare ed è stato possibile evidenziare un’incrinatura che si estendeva all’interno di uno

    dei canali. La perdita di osso distale ha reso il dente non recuperabile,

    ed esso è stato quindi sezionato ed estratto.

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    questi interventi devono essere eseguiti dopo che l’endodonzia è stata fatta.Quale sia il miglior metodo per rico-struire i denti trattati endodonticamen-te è stato un argomento dibattuto per molti anni e se ne discute ancora oggi. Alcuni principi generali sono comunque accettati da tutti e devono quindi essere presi in considerazione nella preparazio-ne del piano di trattamento.1. Ogni volta che sia possibile, si deve

    cercare di conservare la struttura den-tale sana esistente.12,13 La rimozione di dentina radicolare per l’alloggiamento del perno deve essere minima 14 ed è auspicabile avere un buon effetto ferula.15

    2. I denti posteriori devono avere la protezione delle cuspidi. Uno stu-dio classico condotto da Sorensen e Martinoff 16 ha studiato l’effetto di numerose varianti restaurative sulla sopravvivenza dei denti dopo tera-pia endodontica. L’unica variante che faceva qualche differenza era rappre-sentata dalla copertura delle cuspidi. Uno studio retrospettivo condotto da Cheung e Chan 12 ha riportato risulta-ti simili. Un altro studio retrospettivo condotto da Aquilino e Caplan 17 ha dimostrato che la sopravvivenza dei denti trattati endodonticamente era sei volte superiori se era stata eseguita la protezione delle cuspidi.

    3. Dal punto di vista strutturale e fun-zionale, un dente anteriore integro con restauri minimi e una cavità d’accesso conservativa richiede solo il restauro della cavità d’accesso stessa.14 Eventualmente, questi denti possono anche essere restaurati con corone o faccette, ma questo per altri motivi.

    Al dentista che esegue la terapia endo-dontica è molto utile conoscere il piano di trattamento ricostruttivo. Quando un paziente viene inviato all’endodontista o

    a chi per esso per una terapia endodon-tica, il clinico deve anche inviare una copia del piano di trattamento. Questo, infatti, fornisce allo specialista una migliore comprensione del paziente e lo aiuta nel prendere determinate decisio-ni. In molti casi, lo specialista stesso può avere dei suggerimenti o dei consigli per il piano di trattamento e può aiutare nel prendere determinate decisioni.

    Infiltrazione coronaleLa contaminazione dello spazio canalare da parte della saliva, detta anche “infil-trazione coronale” o “microinfiltrazione coronale”, è una causa universalmente accettata di fallimento endodontico.18 Le carie ricorrenti o i restauri fratturati possono portare alla ricontaminazione dello spazio endodontico. Anche nelle migliori circostanze, l’ambiente orale è ostile e i restauri dentali devono sop-portare stress fisici, chimici e termici. In tale ambiente non è facile mantenere il sistema esente da infiltrazione. Studi condotti in vitro hanno dimostrato che l’esposizione della guttaperca coronale alla contaminazione batterica può porta-re alla migrazione di batteri fino all’api-ce in soli pochi giorni.19,20 Addirittura i prodotti derivanti dalla lisi batterica e le loro tossine possono arrivare all’apice in tempi anche minori rispetto ai batteri.21 Una volta poi che lo spazio canalare è stato grossolanamente contaminato, si deve prendere in considerazione il ritrat-tamento. Questo diventa ancora più vero se la contaminazione è durata per più giorni.3 Recenti studi clinici condotti da Ricucci e coll.22,23 hanno messo in dub-bio l’importanza della microinfiltrazione coronale come responsabile di fallimenti endodontici. Ciononostante, è ovvio che dalla microinfiltrazione coronale non possono certo derivare dei vantaggi ma solo dei potenziali effetti negativi.

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    Durante l’esecuzione del trattamento endodontico si deve evitare la contami-nazione batterica impiegando tecniche cliniche sicuramente asettiche, che devo-no sempre comprendere l’uso della diga di gomma. Questa è caldamente consi-gliata anche per gli interventi restaura-tivi. Una volta poi completata la terapia endodontica, è consigliato il restauro immediato tutte le volte che questo sia possibile, dato che ovviamente il restau-ro definitivo si lascia infiltrare sicura-mente meno rispetto al restauro prov-visorio.24 Quando ciò non è possibile, lo spazio canalare deve essere protetto uti-lizzando delle barriere intracoronali ed un corretto restauro provvisorio. Lo spa-zio canalare deve essere sigillato median-te l’uso di restauri adesivi.25 La qualità del restauro eseguito dopo la terapia endodontica influisce direttamente sul successo della terapia stessa.26-28

    Il sigillo degli imbocchi canalariIl migliore sistema per prevenire la con-taminazione dopo aver terminato la tera-pia endodontica consiste nell’esecuzio-ne immediata del restauro del dente. Quando però il restauro del dente deve essere posticipato, gli orifizi canalari e il pavimento della camera pulpare devono essere sigillati. Questo rappresenta un passaggio a parte rispetto alla prepara-zione della ricostruzione provvisoria, specialmente se la maggior parte della camera pulpare viene riempita da una pallina di cotone. E’ preferibile utiliz-zare una barriera adesiva a livello degli orifizi canalare, tipo resina composita 29 o cemento vetroionomero.30 Se si usa un composito, si possono utilizzare le tecniche adesive standard ed è consi-gliabile far uso di una resina trasparen-te, in maniera che la sottostante gut-taperca resti visibile. Questo consente al restauratore di vedere la guttaperca e

    di utilizzarla come guida se, per motivi di restauro, si presenta la necessità di rientrare nei canali radicolari. Se inve-ce si usa un cemento vetroionomero, si consiglia di utilizzare un colore che lo renda facilmente distinguibile dalla dentina del pavimento della camera pul-pare. Qualcuno si preoccupa della ade-sione del composito alla dentina che è stata esposta ad un cemento contenen-te eugenolo. Questo, d’altra parte, non è un problema se si usa la tecnica del “total-etch”.29 Il sigillo del pavimento camerale, inoltre, garantisce un’ulteriore protezione al sistema canalare durante la fase del restauro provvisorio e le varie fasi di preparazione del restauro defini-tivo, soprattutto se queste sono esegui-te senza l’aiuto della diga di gomma. Infine, comporta solo una piccola spesa in termini di tempo e denaro.Dopo che la terapia endodontica è stata completata, gli orifizi canalari devono essere leggermente smussati con una fresa rotonda e la camera pulpare deve essere detersa completamente con una combinazione di micro-sabbiatura (air abrasion), detergente e/o alcool per rimuovere tutti i detriti e l’eccesso di cemento (Fig. 6). Se si decide di usare la resina adesiva, si dovrà mordenza-re la dentina, preparare il sistema di adesivo dentinale (alcuni sono “self-etching”), posizionare la resina traspa-rente e polimerizzarla con la luce (Fig. 7). Numerose resine composite “flow” sono disponibili e si possono usare anche sigillanti trasparenti.

    Il restauro provvisorio o “Temporization”Una ricerca superficiale della letteratura ha portato a trovare 29 articoli che si occupavano di valutare le capacità sigil-lanti di materiali per restauri provvisori per le cavità d’accesso endodontiche. Gli

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    L’Informatore Endodontico

    studi erano stati condotti con l’aiuto di coloranti, radioisotopi, penetrazione di fluidi, batteri e con tecniche elettrochi-miche. Si erano fatti studi sia in vitro che in vivo su denti precedentemente restaurati e non restaurati. I materiali testati comprendevano preparati a base di ossido di zinco-eugenolo, cementi all’ossifosfato, cementi vetroionomeri e resine composite. Basandoci sulla ricerca della letteratura, si può affermare che ognuno di questi materiali può essere usato con successo nella fase del restauro provvisorio. Comunque, qualsiasi sia il tipo di materiale usato, è necessario seguire alcune ben precise linee guida.1. Se in previsione di un rientro, per ren-

    derlo più semplice si lascia in camera pulpare una pallina di cotone o una piccola spugna, queste devono essere di spessore minimo mentre il cemen-to provvisorio deve essere di spessore massimo.31

    2. Se si prevede una “temporization” abbastanza prolungata, ad esempio 1 o 2 mesi, si consideri il posiziona-mento di cemento provvisorio anche all’imbocco di ciascun canale oltre che nella cavità d’accesso, per garantire una doppia barriera.

    3. Se si necessita di un sigillo di lunga durata, come ad esempio durante una

    terapia di apecificazione con idrossido di calcio, si prenda in considerazione l’utilizzo di un materiale per restauri permanenti, come un adesivo denti-nale o un cemento monomero modifi-cato con resina.

    I denti che richiedono l’utilizzo di un perno presentano delle particolari dif-ficoltà al momento della loro “tempo-rization”. Fox e Gutteridge 32 hanno dimostrato che il grado di contamina-zione di uno spazio per un perno era più o meno il medesimo sia che vi venis-se alloggiato un perno provvisorio sia che venisse lasciato vuoto. Demarchi e Stato 33 hanno riportato risultati simi-li. Pertanto, quando c’è la necessità di alloggiare un perno e lo spazio non viene utilizzato immediatamente, è necessario fare qualcosa in più per la “temporiza-tion”. Se abbiamo a disposizione un’ade-guata lunghezza radicolare, si può met-tere al di sopra della guttaperca alcuni millimetri di materiale “self-curing” per formare una barriera (Fig. 8). Si posso-no usare allo scopo sia cementi vetroio-nomeri “self-curing” che i tradizionali cementi provvisori. Se al contrario non c’è un’adeguata lunghezza radicolare e c’è bisogno di un perno per alloggiare la corona provvisoria, come alternativa si può compattare i 3 o 4 millimetri

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    Figura 6Quando si sigillano gli orifizi canalari si rimuove la guttaperca in eccesso e si deterge il pavimento della camera pulpare. (Per gentile concessione del Dr. Bill Watson, Wichita, Kansas).

    Figura 7Il pavimento della camera pulpare è stato mordenzato e sigillato con uno strato di resina trasparente adesiva. La guttaperca è ancora visibile attraverso lo strato di resina. (Per gentile con-cessione del Dr. Bill Watson, Wichita, Kansas).

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    apicali con MTA (un cemento che sigil-la bene) anziché guttaperca. Il dente comunque deve essere restaurato con un perno il prima possibile.Studi hanno dimostrato che i batteri si moltiplicano rapidamente all’inter-no di spazi rimasti vuoti dopo il com-pletamento della terapia endodontica.34 Pertanto, quando si lascia lo spazio per un perno e questo non viene posizionato immediatamente, è consigliabile riempi-re quello spazio con idrossido di calcio o con qualche altro materiale antimicrobi-co prima della “temporization”. Infine, prima della cementazione del perno, lo spazio deve essere irrigato con una solu-zione antimicrobica.3

    Il restauro della cavità d’accessoIl momento ideale per eseguire il restau-ro della cavità d’accesso è immediata-mente dopo aver completato la terapia endodontica. Nella maggioranza dei casi è indicato l’uso di un restauro adesivo per ridurre al minimo il rischio dell’in-filtrazione. Trautmann e coll.35 hanno dimostrato che nessuno dei materiali attuali è in grado di garantire un sigillo

    perfetto, anche se nel loro studio sem-brava che i risultati migliori si otteneva-no quando la porcellana occlusale veniva mordenzata prima della sua cementa-zione adesiva. Gli autori hanno anche dimostrato che l’infiltrazione avveniva a livello dei margini della corona, soprat-tutto con le ceramiche integrali. Il loro studio sottolinea l’importanza di valu-tare attentamente i restauri preesisten-ti quando si esegue una terapia endo-dontica nonché i vantaggi che derivano dalla loro completa rimozione, quando possibile, prima di iniziare la terapia canalare.Una volta restaurata la cavità d’acces-so, si deve mordenzare tutta la restante struttura dentale che andrà restaurata con un materiale adesivo. I materiali attualmente disponibili per i restauri devono essere sabbiati, detersi e se possi-bile anche mordenzati. I materiali cera-mici devono essere mordenzati con acido idrofluoridrico o con altri mordenzanti adeguati. Nei denti con pareti dentinali sottili, il materiale restaurativo adesivo deve essere spinto, se possibile, apical-mente al di là della cresta ossea, allo scopo di aumentare la resistenza della rimanente struttura dentale 36 (Fig. 9).

    Posizionamento e rimozionedel pernoIl tema dei perni è stato dibattuto a lungo per anni ed è sicuramente un argomento molto complesso. In questo articolo, la sua discussione verrà limitata all’aspetto endodontico.E’ largamente accettato che la funzio-ne primaria del perno è quella di dare ritenzione al moncone. 37 Se il moncone può essere rappresentato dalla struttura dentale coronale o da ritenzioni anato-miche della camera pulpare o dei canali, in questo caso non c’è alcun bisogno di perni.38 Il posizionamento del perno,

    Il ruolo dell’Odontoiatria Restaurativa nel determinare il successo o il fallimento in Endodonzia

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    Figura 8I perni e le corone provvisorie non sono molto efficaci nel prevenire la

    contaminazione del sistema canalare. Per proteggere il materiale da ottu-razione è consigliabile metterci al di

    sopra una barriera.

    Figura 9Le radici immature con pareti dentina-li sottili devono essere restaurate con composito adesivo che apicalmente si estenda al di sotto della cresta ossea. Ciò garantisce un’ulteriore resistenza

    alla frattura. (Per gentile concessio-ne del Dr. Gary Glassman, Toronto,

    Ontario).

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    infatti, non fa altro che aggiungere un fattore di rischio al restauro. In molti casi, il canale viene allargato per potervi alloggiare il perno e con molti sistemi di perni viene creato un canale a pareti parallele là dove la radice ha una forma conica. Questo porta al rischio di per-forazioni a livello dell’estremità apicale del perno o di “stripping” nelle conca-vità radicolari. Per alloggiare il perno, spesso viene rimossa dentina sana, con conseguente indebolimento della radice. Per tutti questi motivi, i perni devono essere utilizzati solo quando servono a dare ritenzione al moncone.Dal punto di vista endodontico, la do-manda più importante che ci dobbiamo porre parlando di perni è: “Se diventa necessario il ritrattamento, la presenza del perno lo rende fattibile o no?” Per esempio, i perni fatti di materiale cera-mico devono essere evitati, in quanto sono spesso impossibili da rimuovere. Al contrario, la maggior parte dei perni metallici e quelli in fibra possono essere rimossi.Il momento ideale per preparare lo spa-zio per un perno è quando è appena stata eseguita la terapia canalare. Il clinico che ha completato la terapia endodontica conosce perfettamente l’anatomia dello spazio canalare e uno studio recente 39 ha dimostrato che attorno alla guttaperca si verifica una maggiore infiltrazione se la preparazione dello spazio per il perno viene posticipata.

    ConclusioniL’Endodonzia e l’Odontoiatria Restaura-tiva sono un tutt’uno. Il trattamento endodontico non può avere successo senza un corretto piano di trattamento e un costante follow-up da parte del restauratore. Il successo si raggiunge attraverso una buona terapia endodon-tica, un efficace “temporization” ed iso-

    lamento e dopo una terapia restaurati-va eseguita tempestivamente. Con gli attuali materiali endodontici, la con-taminazione dello spazio canalare può portare al fallimento della terapia e alla necessità di eseguire un ritrattamento, la chirurgia o l’estrazione.Attualmente stanno entrando nel mer-cato dei nuovi materiali con migliori capacità sigillanti, che nei prossimi anni potrebbero rimpiazzare la tradizionale guttaperca e i vari cementi. Oggi sono già disponibili alcuni cementi resinosi idrofili e altri ancora sono allo studio. Alcuni di questi cementi aderiscono alla dentina, cosa che non era finora possibile con i cementi tradizionali. Nessuno dei nuovi cementi darà un sigillo perfetto, esente da infiltrazione, ma sicuramente saranno migliori degli attuali cementi a base di ossido di zinco-eugenolo e del-l’idrossido di calcio. I materiali da ottu-razione resinosi consentono una certa adesione tra la dentina, il cemento ed il materiale stesso. Questi materiali resino-si devono essere termoplasticizzabili e, per consentire il ritrattamento, devono essere solubili nei solventi. Tuttavia, anche con questi nuovi materiali dalle migliori capacità sigillanti resta sempre importante eseguire una corretta pre-parazione e disinfezione del sistema dei canali radicolari e mettere in atto tutte le manovre per prevenire l’infiltrazione coronale.

    Traduzione dell’articolo originale:The role of the restorative dentist in thesuccess or failure of Endodontics.Contemporary EndodonticsVol. 1, n° 2:9-14, 2004

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    Il ruolo dell’Odontoiatria Restaurativa nel determinare il successo o il fallimento in Endodonzia

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    Il successo della terapia endodontica dipende essenzialmente dalla possibilità di ottenere il sigillo del/dei forami api-cali, attraverso l’introduzione nel canale radicolare di un materiale da otturazio-ne che possa esservi ben compattato. È altresì ben noto come il primo requi-sito che il canale radicolare deve avere per consentire un’otturazione adeguata è rappresentato dalla forma conica o tron-co conica con diametri via via decre-scenti in senso corono-apicale. Questo è facilmente ottenibile nei denti perma-nenti maturi nei quali esiste di natura una costrizione apicale ed il canale tende ad essere più ampio coronalmente di quanto non lo sia apicalmente.Al contrario, nei denti ad apice imma-turo manca la costrizione apicale e l’api-ce è molto largo. Le pareti del canale possono essere parallele o addirittura divergenti in direzione corono-apicale, a seconda dello stadio di maturità. In questo secondo caso, il canale è detto “a trombone” e l’apice è addirittura più largo della porzione più larga del canale, per cui presenta una forma esattamente opposta a quella richiesta.È ovvio che di fronte ad un’anatomia endodontica del genere è impossibile compattare qualsiasi materiale da ottura-zione canalare senza avere dei grossolani eccessi di materiale oltre apice: sarebbe come pretendere di eseguire un’ottu-razione in una cavità di seconda classe senza l’aiuto delle matrici!Pertanto, quando in seguito a carie o a trauma si rende necessaria la terapia endodontica di un dente ad apice imma-turo, sarà necessario fare qualcosa prima di intraprendere la terapia routinaria, allo scopo di stimolare la maturazione dell’apice o comunque la formazione di una “matrice” contro la quale poter compattare nella maniera tradizionale il materiale da otturazione.

    La tecnica della barriera apicale in un caso di “Dens in Dente”

    Dr. Arnaldo Castellucci

    Nel caso di denti ad apice immaturo e polpa necrotica, il trattaemnto si chiama “apecificazione” ed ha lo scopo di indur-re la formazione di una barriera calcifica a livello dell’apice aperto, in maniera da consentire l’ottenimento di uno stop apicale contro il quale condensare i tra-dizionali materiali da otturazione, senza avere dei sovrariempimenti.26

    La tecnica è stata per la prima volta descritta da Frank 13 nel 1966 e racco-mandava di ridurre il più possibile gli agenti contaminanti presenti all’inter-no del canale radicolare con un’accura-ta strumentazione e lavaggi canalari e di riempire temporaneamente lo spa-zio endodontico con l’uso di una pasta riassorbibile, tipo l’idrossido di calcio. Una volta formatasi la barriera apicale, il canale poteva essere otturato con le tecniche convenzionali.

    Sebbene la tecnica di apecificazione con idrossido di calcio abbia avuto un gran-de successo da quando è stata descritta fino ad oggi, è innegabile che essa pre-senta anche degli svantaggi.17 Non si ha sempre lo stesso tipo di chiusura apicale e il tipo che si formerà non è prevedi-bile. Il tempo richiesto per ottenere la maturazione dell’apice è talvolta molto lungo. Uno studio recente ha dimostrato che in media il tempo necessario affin-ché si formi la barriera calcifica apicale può variare da 2 a 54 mesi,46 mentre secondo un altro studio la formazione della barriera apicale può richiedere fino a 24 mesi.44 Inoltre, se si sta trattando un paziente adulto questa chiusura può anche non verificarsi mai. Sono richieste più sedute per cambiare o comunque controllare la medicazione ed ogni sedu-ta dista almeno tre mesi dalla preceden-te, con la possibilità che venga perduto il sigillo coronale e che si abbia quindi una contaminazione del canale con con-

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    L’Informatore Endodontico

    seguente esposizione ai batteri dei tessu-ti, riacutizzazione e ritardo nella guari-gione.13 Per questi motivi si è sentita da alcuni anni l’esigenza di poter otturare i canali dei denti ad apice immaturo senza dover prima stimolare la formazione di una barriera apicale naturale. L’idea di otturare i denti con apice immatu-ro senza l’ottenimento della barriera naturale, in effetti, non è una novità: numerosi investigatori 11,14,22,30 avevano da tempo indicato che si poteva ottenere il successo anche senza dover ricorrere alle numerose medicazioni con idrossido di calcio per indurre la formazione della barriera apicale. D’altra parte, utilizzan-do la tecnica tradizionale descritta pre-cedentemente, non è possibile prevedere quale sarà il tempo necessario per porta-re a termine la terapia.9,25

    L’apice deve essere visto come una strut-tura dinamica, capace di autoriparazio-ne.22,47 La crescita radicolare e la matura-zione apicale che talvolta si osservano in presenza di una radiotrasparenza apicale si spiegano con la presenza di residui tissutali ancora vitali.5 Una tecnica che richiede numerosi appuntamenti e che comporta frequenti rinnovi del medica-mento e della strumentazione può cau-sare un insulto a quel tessuto, anziché portare a guarigione. Il tessuto rimasto all’interno della barriera calcifica o coro-nale ad essa sembra destinato a soccom-bere sotto l’irritazione causata da questi rinnovi della medicazione o dall’ottura-zione finale.42,43

    Pertanto, tenendo conto di tutto ciò e delle precedenti esperienze di Koenigs 19 e di Roberts e coll.25 del 1974, Coviello e Brilliant 10 nel 1979 hanno suggeri-to una tecnica per otturare in una sola visita i denti permanenti con polpa necrotica ed apice immaturo: essi sug-gerivano l’uso di fosfato tricalcico da utilizzare come barriera apicale contro

    cui poter condensare immediatamente la guttaperca. Nei casi da loro trattati notarono la stessa percentuale di successi rispetto alla terapia tradizionale, con la differenza che non ebbero mai sovra-riempimenti, la metodica era estrema-mente più rapida, comportava un mino-re numero di radiografie, minore disagio per i pazienti e dava risultati sempre prevedibili.10

    Buchanan 6 in un suo articolo del 1996 suggeriva l’uso di osso liofilizzato demi-neralizzato da condensare al termine di un canale radicolare immaturo, per crea-re in un’unica visita una matrice apicale biocompatibile. In questi casi l’uso del microscopio operatorio era di estremo aiuto, se non addirittura indispensabile, per vedere letteralmente all’interno del canale i tessuti periapicali e controllare il posizionamento della matrice fatta dall’innesto osseo.Più recentemente un nuovo materiale (Fig. 1) è stato indicato come materiale ideale per eseguire in un’unica seduta la formazione di una barriera apicale: il Mineral Trioxide Aggregate (ProRoot MTA, Dentsply Tulsa Dental).32 Secondo recenti ricerche, esso infatti paragona-to all’idrossido di calcio e alla proteina osteogenica (OP-1) produce la stessa quantità apicale di tessuto duro calcifi-co senza la minima infiammazione.28 E’ stata inoltre dimostrata la neoformazio-ne di osso, cemento e legamento paro-

    1

    Figura 1Il ProRoot MTA bianco (Dentsply Tulsa Dental).

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    dontale privo di infiammazione a diretto contatto con l’MTA.33,38 Pertanto, viste le sue buone capacità di sigillo (supe-riori a quelle dell’amalgama, dell’IRM e del SuperEBA),1,4,12,24,31,33,39-41,45 le sue capacità antibatteriche,36 la sua elevata biocompatibilità 18,20,21,34-38 e soprattutto la sua idrofilia, visti i numerosi casi cli-nici già riportati in letteratura,7,8,15,27,32,44

    per tutti questi motivi l’MTA è da con-siderarsi oggi senza ombra di dubbio il materiale di elezione per la tecnica della barriera apicale nella terapia degli apici immaturi con polpa necrotica.

    Procedura clinicaDopo aver applicato la diga di gomma ed aver eseguito una corretta cavità d’ac-cesso, si deterge il canale radicolare con lavaggi di ipoclorito di sodio, meglio se attivato dall’azione degli ultrasuo-ni.2,16 Questi canali richiedono infatti una strumentazione minima e date le loro dimensioni e lo spessore delle pareti dentinali, devono essere detersi più che sagomati, per non indebolirli ulterior-mente. Per migliorare la loro disinfe-zione, Torabinejad 32 suggerisce anche una medicazione con idrossido di calcio per una settimana. Dopo aver rimosso l’idrossido con lavaggi di ipoclorito ed aver asciugato il canale con coni di carta sterile, si miscela la polvere di MTA con soluzione fisiologica o acqua steri-

    le e si posiziona nella zona apicale con gli appositi carrier di Dovgan (Quality Aspirators, Duncanville, Texas) prece-dentemente tarati allo scopo (Fig. 2). Il posizionamento dell’MTA deve avvenire esattamente al forame apicale, in quanto il materiale deve venire a contatto con i tessuti periapicali, senza debordare. In genere la resistenza opposta dai tessuti stessi è sufficiente a prevenire l’estru-sione, ma se si teme ciò, non c’è alcuna controindicazione all’uso di una matri-ce di materiale riassorbibile (Collacote, Calcitek) contro cui condensare l’MTA. La sua condensazione può essere ese-guita con i tradizionali plugger di Schilder (Dentsply Maillefer, Ballaigues, Switzerland) o con dei coni di carta e lo spessore del materiale posizionato deve raggiungere i 3-4 mm. Per evitare l’in-corporamento di bolle d’aria, si consiglia di appoggiare una punta da ultrasuoni al plugger mentre questo sta delicata-mente condensando l’MTA in direzione apicale. Si esegue quindi una radiografia per controllare l’esattezza della profon-dità e dello spessore raggiunti. Se la bar-riera apicale da noi costruita non appare soddisfacente al nostro primo tentati-vo, si rimuove l’MTA con un semplice lavaggio fatto con soluzione fisiologica e si ripetono i vari passaggi. Quando l’aspetto radiografico è soddisfacente, si posiziona a contatto con l’MTA un cono di carta bagnato e si sigilla la cavi-tà d’accesso con un cemento provviso-rio, affinché il materiale indurisca nelle successive 3-4 ore. All’appuntamento successivo (il giorno seguente o la set-timana seguente) si rimette la diga, si rimuove il cemento provvisorio e il cono di carta, si controlla l’avvenuto induri-mento del materiale prima con un cono di carta e successivamente con una sonda endodontica e quindi si può procedere al completamento della terapia, otturando

    PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Arnaldo Castellucci dal 1979 esercita la professione limitatamente all’Endodonzia. Attualmente è Professore a Contratto di Endodonzia Clinica presso il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi dell’Università di Firenze. Past President dell’ IFEA e della SIE, è anche Active Member della American Association of Endodontists (AAE) e della European Society of Endodontology

    2

    Figura 2I carrier di Dovgan, appositamente

    disegnati per posizionare l’MTA (Quality Aspirators, Duncanville,

    Texas).

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    L’Informatore Endodontico

    (ESE). Relatore di fama internazionale, è autore del testo “Endodonzia”, è direttore responsabile del Giornale Italiano di Endodonzia, è Direttore Responsabile e Scientifico della rivista “L’Informatore Endodontico”, è fondatore del Centro per l’Insegnamento della Micro-Endodonzia, con sede in Firenze, dove insegna e tiene corsi teorico-pratici di Endodonzia Clinica e Chirurgica al microscopio.

    il resto del canale con guttaperca calda secondo le metodiche tradizionali.Nel caso di pareti canalari particolar-mente sottili e fragili, alcuni autori sug-geriscono di riempire il resto del canale anziché con guttaperca, con una resina composita adesiva, allo scopo di rinfor-zare la radice,17 o con il nuovo mate-riale adesivo Resilon (Resilon Research LLCC).3,23,29

    Come già accennato in precedenza, per una corretta esecuzione di questa terapia il microscopio operatorio è, secondo il parere dell’autore, indispensabile. Per facilitare il posizionamento del mate-riale, inoltre, secondo l’esperienza del-l’autore, è preferibile posizionare solo la polvere e non il materiale già miscelato, per poi andarlo a toccare con un cono di carta bagnato: per capillarità l’MTA assorbirà l’umidità che gli è necessaria.La terapia della barriera apicale con MTA è sicuramente indicata nei denti ad apice immaturo di pazienti adulti, nei quali la terapia con idrossido di cal-cio rappresenterebbe solo una perdita di tempo, in quanto dopo i 15-18 anni non si forma alcuna barriera calcifica apicale. Tali pazienti hanno spesso anche problemi di tempo e giuste richieste estetiche, per cui la terapia tradizionale con idrossido di calcio sarebbe ancora di più controindicata. Caso clinicoUna giovane paziente di 9 anni fu invita alla mia attenzione con in atto un asces-so alveolare acuto a carico dell’incisivo centrale superiore di destra. La paziente presentava una notevole tumefazione nella zona periapicale e l’ispezione cli-nica rivelava la presenza di un’anatomia insolita della corona dentale (Fig. 3). All’esame radiografico il dente mostrava essere un “dens in dente” con un apice immaturo e la polpa necrotica (Fig. 4).

    Nel corso della prima visita il cana-le principale del dente veniva aperto e veniva preparata una corretta cavità d’accesso. Il dente veniva quindi lasciato aperto per motivi di drenaggio.Dopo tre giorni i sintomi e la tumefa-zione erano scomparsi e il dente veniva medicato provvisoriamente con idrossido di calcio (Fig. 5). Dopo una settimana l’idrossido veniva rimosso e veniva fatto un tentativo di detergere e sagomare i sottili canali mesiale e distale, a lato del canale principale. Dando per scontato che la polpa fosse completamente necro-tica, la ricerca di tali canali veniva ese-guita senza l’utilizzo di alcuna anestesia.

    Figura 3Aspetto clinico della corona dell’incisi-vo centrale superiore di destra.

    Figura 4Radiografia preoperatoria. Si noti la radiotrasparenza periapicale, la bizzar-ra anatomia e l’apice immaturo.

    Figura 5Il canale principale al centro è stato medicato con idrossido di calcio.

    3

    4 5

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    Veniva così esposto l’orifizio del canale distale e la giovane paziente avverti-va dolore mentre diventava visibile un leggerissimo sanguinamento: la fresa aveva creato un’esposizione della polpa vitale. Dopo irrigazione con soluzione fisiologica il sanguinamento si arrestava e l’esposizione pulpare veniva trattata con incappoucciamento diretto esegui-to mediante un sottile strato di MTA (Fig. 6), come suggerito da Torabinejad e Chivian.32

    Nel corso della medesima visita veniva-no posizionati 3 mm di MTA al forame apicale (Figg. 7-9) con l’utilizzo dei car-rier di Dovgan precedentemente tarati, e successivamente veniva sigillato all’in-terno del canale un frammento di cono di carta bagnato (Figg. 10, 11).Due giorni dopo il cono di carta bagna-to veniva rimosso e veniva controlla-to l’avvenuto indurimento del mate-riale, prima con un cono di carta asciutto e successivamente con una

    La tecnica della barriera apicale in un caso di “Dens in Dente”

    sonda endodontica (Figg. 12, 13).Le pareti canalari venivano quindi spal-mate con un sottile strato di cemen-to endodontico Kerr Pulp Canal Sealer EWT (Fig. 14) e il canale veniva poi otturato con la guttaperca termoplastica della siringa Obtura II (Figg. 15, 16).Al controllo dopo due anni (Fig. 17) la radiografia mostrava la perfetta gua-rigione: la lesione era scomparsa com-pletamente, l’apice immaturo era ora circondato dalla lamina dura e la polpa dei canali mesiale e distale era rimasta vitale. Il dente rispondeva normalmente ai test termici ed elettrico.

    ConclusioniL’uso dell’MTA può essere oggi consi-derato il trattamento di elezione sia per l’incappucciamento pulpare diretto che per la terapia dei denti ad apice imma-turo con polpa necrotica. I risultati sono predicibili 28 e l’intera terapia può esse-re portata a termine in due sole visi-

    Figura 6L’idrossido di calcio è stato rimosso

    ed è stato posizionato un sottile strato di MTA per l’incappucciamento

    diretto dell’esposizione pulpare del canale distale.

    Figura 7Il forame apicale come appare attra-

    verso il microscopio operatorio (20x).

    Figura 8Tre millimetri di MTA sono stati posi-

    zionati nel terzo apicale.

    7

    86

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    Vol. 8, Nr. 3 2005

    L’Informatore Endodontico

    Figura 9Radiografia intraoperatoria. Si noti lo spessore dell’MTA e la mancanza di sovraotturazione.

    Figura 10Un frammento di cono di carta bagna-to è stato posizionato a contatto con l’MTA.

    Figura 11Una pallina di cotone bagnata viene posizionata in camera pulpare prima di sigillare la cavità d’accesso con Cavit.

    10

    119

    12a 12b

    13 14a 14b

    Figura 12Al successivo appuntamento si con-trolla l’indurimento dell’MTA con un cono di carta (a) e con una sonda endodontica (b).

    Figura 13L’aspetto dell’MTA dopo il suo induri-mento (20x).

    Figura 14 a, bLe pareti canalari vengono spalmate di cemento Kerr Pulp Canal Sealer EWT con l’aiuto di un cono di carta sterile.

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    La tecnica della barriera apicale in un caso di “Dens in Dente”

    Figura 15 a-eIl canale viene otturato con la guttaperca termopla-stica della siringa Obtura II, compattata con i plugger di Schilder.

    15a 15b

    15c 15d

    15e

    te. L’utilizzo del microscopio operatorio rende la procedura molto più facile e precisa, dal momento che l’operatore ha

    costantemente il perfetto controllo del suo operato.

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    Vol. 8, Nr. 3 2005

    L’Informatore Endodontico

    16 17

    Traduzione dell’articolo originale:The apical barrier technique in a “Dens in Dente”Literature review and endodontic case reportDentistry Today 24(9):48-52, 2005Copyright © Dentistry Today Inc.

    Figura 16Radiografia postoperatoria.

    Figura 17Radiografia di controllodopo due anni.

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    Parlando di ciò che oggi è generalmente considerato lo stato dell’arte in tema di sagomatura endodontica, l’utilizzo degli strumenti rotanti in nichel titanio mon-tati su manipoli riduttori rappresenta sicuramente il meglio. Il loro utilizzo ha senz’altro migliorato i risultati rispetto a quello che si otteneva prima, con il tra-dizionale uso degli strumenti manuali in acciaio. Non solo le sagomature por-tano più facilmente ad un’otturazione migliore, ma esse vengono raggiunte senza alcuna fatica manuale da parte dell’operatore, un ulteriore vantaggio questo se si pensa alla fatica che si faceva per preparare a mano i canali curvi.Gli strumenti rotanti in nichel titanio hanno rappresentato un salto di qualità mentre hanno ridotto i nostri sforzi per raggiungere quella qualità. Possiamo dire che gli strumenti in nichel titanio hanno messo alla portata di tutti uno standard elevato che prima apparteneva ad un numero limitato di endodontisti che impiegavano una grande quantità di tempo per raggiungerlo.Il motivo per cui gli strumenti in nichel titanio funzionano così bene è dovuto al fatto che essi hanno una flessibilità molto maggiore rispetto alle lime in acciaio. Essi inoltre lavorano bene per-

    ché, pur chiamandosi lime, hanno in realtà la configurazione degli allargaca-nali. Le lame delle lime in nichel titanio sono infatti orientate più verticalmente come nei k-reamer (Fig. 1). E questo ha senso, perché le lame più orizzontali dei k-file sarebbero molto inefficaci se utilizzate con un movimento rotatorio. Le lame orizzontali tendono a scavare dei solchi nella dentina piuttosto che a rimuoverla mentre levigano le pareti in maniera inefficiente. Rimane ancora un mistero perché tutti gli strumenti rotan-ti in nichel titanio hanno la configura-zione dei reamer mentre gli strumenti manuali utilizzati per stabilire l’impor-tantissimo “sentiero di percorribilità” hanno la configurazione dei file. Se ciò è vero come è vero, perché non utilizzare inizialmente reamer manuali?Un altro problema sorge a seguito del-l’efficace disegno delle lime (che in real-tà sono degli allargacanali) in nichel titanio. Una volta collegati ad un moto-re rotante, queste lime hanno la capacità di impegnarsi aggressivamente contro le pareti canalari lungo tutta la loro lun-ghezza. Tuttavia, l’impegno nella zona apicale potenzialmente porta ad un accu-mulo di stress torsionale, fattore questo che rende il nichel titanio molto vulne-rabile. Coloro che sviluppano tecniche di utilizzo di strumenti rotanti in nichel titanio sono ben consapevoli di questa debolezza e per questo hanno stabilito e consigliato un utilizzo con approc-cio crown-down proprio per ridurre al minimo l’accumulo di stress torsionale. Il nichel titanio è anche sensibile alla fatica ciclica, intesa come cicli ripetu-ti di compressione e tensione assorbiti dal gambo degli strumenti mentre essi ruotano all’interno di una curva (Fig. 2). Un’eccessiva fatica ciclica porta alla frat-tura degli strumenti anche se lo stress torsionale è stato completamente elimi-

    Un approfondimento della meccanica applicata all’Endodonzia

    Barry L. Musikant, DMD

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    Figura 1Confronto tra le lame orizzontali di

    un file e le lame verticali di un reamer.

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    Vol. 8, Nr. 3 2005

    L’Informatore Endodontico

    nato, cosa che in pratica è impossibile.La riduzione della fatica ciclica in qual-siasi strumento in nichel titanio è pos-sibile solo con la loro frequente sostitu-zione con strumenti nuovi. Negli ultimi due decenni si è capito che i fattori che portano alla frattura degli strumenti rotanti comprendono il diretto rapporto con l’entità ed il grado di curvatura del canale, il calibro e la conicità degli stru-menti e la velocità di rotazione.L’eliminazione delle cause delle fratture degli strumenti rotanti in nichel titanio è diventato lo scopo di coloro che li rac-comandano e delle case costruttrici che li fabbricano. Tale scopo è diventato così dominante, che ha sostituito le necessità biologiche del denti che vengono prepa-rati. Mentre 20 anni fa il Dr. Schilder 1 raccomandava di sagomare i canali fino ad un calibro minimo di 35 con una conicità .08 o maggiore per soddisfare gli obiettivi biologici della detersio-ne canalare, oggi un canale mesiove-stibolare viene molto frequentemente sagomato fino ad un calibro 20 o 25 con una conicità .04 o .06 non perché questa sagomatura sia sufficiente, ma perché sagomare fino ad un diametro minore con strumenti meno conici porta ad una minore incidenza di fratture. Esistono a questo proposito delle tabelle che mostrano chiaramente i diametri medi dei canali radicolari a 1, 2 e 5 mil-limetri dall’apice. Ad 1 mm dall’apice, il diametro mesio-distale di un canale mesiovestibolare di un primo molare è più di 0,40 mm e ciò significa che la preparazione eseguita fino ad un calibro 20 o 25 è inadeguata. La preparazione eseguita fino a questa misura può sem-brare corretta nella radiografia quando i canali sono stati otturati con un mezzo radiopaco, ma le pareti che circondano quell’otturazione non sono state adegua-tamente deterse se teniamo conto delle

    dimensioni originale di quel canale. In altre parole, le otturazioni eseguite in questa maniera ricordano quelle fatte due generazioni fa con i coni d’argento. A quei tempi, sembravano belle nella radiografia, ma spesso non funzionavano e non servivano al loro vero scopo.Gli strumenti rotanti in nichel tita-nio non solo sono più flessibili rispetto all’acciaio, ma hanno anche la memoria di forma (Fig. 3). Anche dopo che hanno subito una notevole piegatura, essi cer-cano di tornare alla loro forma originale diritta. Sono molto resistenti alla defor-mazione plastica ma una volta deformati sono molto più propensi a fratturarsi se esposti ad ulteriore stresss torsionale e

    Figura 3La figura mostra la memoria di forma degli strumenti rotanti in nichel titanio.

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    Figura 2Il grafico mostra la fatica ciclica cui va incontro lo strumento quando, ruo-tando all’interno di una curva, è sot-toposto a forze alternate e ripetute di tensione e compressione.

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    a fatica ciclica. Mentre la flessibilità è una qualità eccellente in uno strumento endodontico, la sua memoria di forma non lo è affatto. A mano a mano che aumenta la sezione e la conicità degli strumenti, la loro memoria di forma fa sì che essi taglino di più contro la parete esterna dei canali, aumentando la possi-bilità di trasporto canalare nel terzo api-cale e di stiramento del forame all’apice. Il rischio di trasporto del canale a causa della memoria di forma insieme alla paura di frattura per accumulo di stress torsionale e fatica ciclica hanno limitato l’uso degli strumenti rotanti in nichel titanio e ciò come risultato della mag-giore comprensione delle loro proprietà.La rotazione del nichel titanio inoltre aumenta la debolezza di questa lega. Se si potesse sostituire la rotazione con un movimento orizzontale alternato di 45°, in teoria avremmo eliminato lo stress torsionale e la fatica ciclica. Ciono