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Giustizia Ambientale / 6 L’ACCAPARRAMENTO IDRICO NELL’HIMALAYA INDIANO Water grabbing sul tetto del mondo soprattutto dighe per la produ- zione di energia. Il governo indiano e cinese si sfi- dano nello sfruttamento non solo delle acque del proprio territorio, ma anche di quelle dei paesi con- finanti come il Nepal e il Bhutan. Un vero water grabbing (accapar- ramento idrico) fatto a colpi di trattati internazionali. Da un lato ci sono i rappresen- tanti dei governi, dall’altro grandi imprese private o pubbliche co- struttrici di infrastrutture idriche. Il tutto con la supervisione e il be- neplacito delle istituzioni finan- ziarie nazionali e internazionali per lo «sviluppo», tra queste ul- time la Banca Mondiale e la Banca Asiatica per lo Sviluppo. E normi riserve idriche, ghiacciai, fiumi d’acqua abbondante e limpida, scarsa popolazione e poca industria: una ricetta per- fetta per alimentare il nuovo grande gioco dell’Asia sulle ri- sorse idriche. Cina e India si con- tendono uno dei beni più preziosi su quello che viene chiamato il «tetto del mondo», le montagne himalayane. Qui si concentrano le riserve di acqua dolce più vaste del globo terrestre e vi sgorgano i fiumi più importanti dell’Asia, il Brahmaputra, il Mekong, l’Indo e il Gange. Fiumi le cui acque, flora e fauna sono minacciate da inqui- namento industriale, pesca sre- golata, deforestazione e dalla co- struzione di grandi infrastrutture, Gli stati himalayani sono determinati a sfruttare tutto il loro enorme potenziale idrico. Risulta infatti esponenziale l’au- mento di richieste di sfruttamento della ri- sorsa, sia da parte di imprese pubbliche (che ricevono fondi dalle grandi banche interna- zionali), che di imprese private. E le dighe, con il loro devastante im- patto ambientale e so- ciale, si moltiplicano. Utsav Verma/Flickr com INDIA di DANIELA DEL BENE MC A

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Page 1: L’ACCAPARRAMENTO IDRICO NELL’HIMALAYA INDIANO … · dionale e il Sudest Asiatico». Nelle parole di Rachel Kyte, la vi-cepresidente della Banca per lo ... ghi artificiali. Tuttavia,

Giustizia Ambientale / 6L’ACCAPARRAMENTO IDRICO NELL’HIMALAYA INDIANO

Water grabbingsul tetto del mondo

soprattutto dighe per la produ-zione di energia.Il governo indiano e cinese si sfi-dano nello sfruttamento non solodelle acque del proprio territorio,ma anche di quelle dei paesi con-finanti come il Nepal e il Bhutan.Un vero water grabbing (accapar-ramento idrico) fatto a colpi ditrattati internazionali.Da un lato ci sono i rappresen-tanti dei governi, dall’altro grandiimprese private o pubbliche co-struttrici di infrastrutture idriche.Il tutto con la supervisione e il be-neplacito delle istituzioni finan-ziarie nazionali e internazionaliper lo «sviluppo», tra queste ul-time la Banca Mondiale e laBanca Asiatica per lo Sviluppo.

Enormi riserve idriche,ghiacciai, fiumi d’acquaabbondante e limpida,scarsa popolazione e

poca industria: una ricetta per-fetta per alimentare il nuovogrande gioco dell’Asia sulle ri-sorse idriche. Cina e India si con-tendono uno dei beni più preziosisu quello che viene chiamato il«tetto del mondo», le montagnehimalayane. Qui si concentrano leriserve di acqua dolce più vastedel globo terrestre e vi sgorgano ifiumi più importanti dell’Asia, ilBrahmaputra, il Mekong, l’Indo eil Gange. Fiumi le cui acque, florae fauna sono minacciate da inqui-namento industriale, pesca sre-golata, deforestazione e dalla co-struzione di grandi infrastrutture,

Gli stati himalayanisono determinati asfruttare tutto il loroenorme potenzialeidrico. Risulta infattiesponenziale l’au-mento di richieste disfruttamento della ri-sorsa, sia da parte diimprese pubbliche (chericevono fondi dallegrandi banche interna-zionali), che di impreseprivate. E le dighe, conil loro devastante im-patto ambientale e so-ciale, si moltiplicano.

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In nome della sostenibilitàIl Rapporto Morse era stato il ri-sultato di una lunga lotta da partedi movimenti sociali, in primis ilNarmada Bachao Andolan (Movi-mento per la Salvezza della Nar-mada), e aveva portato la BancaMondiale a ritirarsi dagli investi-menti sulle grandi dighe.Ora però il colosso finanziario fafinta di aver dimenticato e tornasui suoi passi. Nel 2013 ha rilan-ciato il water grab delle grandi di-ghe durante il «Fragility Forum»tenutosi a Washington, dichia-rando che «l’idroelettrico agrande scala rappresenta una so-luzione [al cambio climatico e allapovertà] per l’Africa, l’Asia Meri-dionale e il Sudest Asiatico».

Nelle parole di Rachel Kyte, la vi-cepresidente della Banca per losviluppo sostenibile e influentevoce dell’istituzione, «la sceltadegli anni ’90 fu un errore»2.I paesi «fragili» da soccorrere, incui consolidare le economie ga-rantendo generose infrastrutture,questa volta in nome della soste-nibilità, sono tanti. Fra questi l’In-dia, che gode di fondi diretti dellaBanca Mondiale e della suabranca asiatica, la Banca Asiaticaper lo Sviluppo (Adb).Il governo indiano appoggia pie-namente il piano e non vede dibuon occhio obiezioni in merito.Per lo studioso indiano Rama-chanda Guha, la lobby pro-idroe-lettrico ha avuto successo nell’eli-

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Il ritorno di Banca MondialeLe priorità della finanza interna-zionale sembrano cambiate, dun-que, dagli anni ’90, quando laBanca Mondiale aveva dimo-strato interesse per le istanze deidiritti ambientali. Nel 1991, in-fatti, era stata la stessa BancaMondiale a commissionare unavalutazione sulla diga Sardar Sa-rovar sul fiume Narmada, ascol-tando le proteste locali e la soli-darietà internazionale.L’ex membro del congresso Usa ealto funzionario dell’Onu,Bradford Morse, insieme all’avvo-cato canadese per i diritti umaniThomas Berger, viaggiarononell’area per valutare l’impattodella diga sugli abitanti locali.Il rapporto scritto dai due, notocome Morse Report, pubblicatonel 19921, rivolse pesanti critichealla diga, promossa nel nomedello sviluppo e della riduzionedella povertà. Puntò il dito suimaltrattamenti delle comunità in-digene e sul fatto che i beneficieconomici attesi erano stati solomomentanei e non avevano favo-rito le comunità locali, mentre gliimpatti ambientali e la frammen-tazione sociale cadevano sullespalle dei soggetti più vulnerabili.Anche gli aiuti stanziati per «com-pensare» le famiglie danneggiatedalla diga erano risultati esseresolo palliativi e avevano creato di-pendenza economica tra coloroche prima potevano contare sullapropria terra e beni comuni ge-stiti dalla collettività.

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In queste pagine: paesaggi himalayani. Inbasso a sinistra: fiume nei pressi della cittàdi Dhaluwala, nello stato Uttarakhand, In-dia. Qui a sinistra: una donna al lavoro sul-l’impervio dorso dei monti himalayani.Qui sotto: Nepal, un mustang, cavallo sel-vatico, beve. L’acqua himalayana è un ele-mento essenziale anche per la vita deglianimali che abitano le montagne.

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• Dighe | Water grabbing | Energia | Diritti umani •

Nitesh Raj Shah/FAO/Flickr.com

Tilak Neupane/FAO

/Flickrcom

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minare le voci contrarie, inclusigli studi ambientali scientifici esi-stenti, pur di non mettere a ri-schio lucrosi progetti3.

Sfruttare il più possibileGli stati himalayani, soprattuttoHimachal Pradesh, Uttarakhand,Sikkim e Arunachal, sono deter-minati a sfruttare tutto il poten-ziale individuato. Risulta infattiesponenziale l’aumento di richie-ste di sfruttamento della risorsaidrica, sia da parte di impresepubbliche (che ricevono fondidalle grandi banche internazio-nali), che di imprese privategrosse e piccole.Per la geomorfologia delle strettevalli himalayane, sono pochi iprogetti che prevedono grandi la-ghi artificiali. Tuttavia, i cosiddettiprogetti Run-of-River, cioè im-pianti a pompaggio o ad accumu-lazione, comportano lo scavo dinumerose gallerie per le deriva-zioni d’acqua. Per scavarle, si ri-corre, soprattutto nelle ore not-turne, alla dinamite, e si sono re-gistrati smottamenti sismici, in-numerevoli crepe nelle case, pro-sciugamento di fonti d’acqua eimportanti perdite nell’agricolura(soprattutto alberi da frutta) do-vute alle polveri che si accumu-lano sulla terra e sulle foglie.I nuovi progetti spesso non hannoun solido studio di fattibilità allespalle. Secondo una fonte gover-nativa, mentre una volta in Hima-chal Pradesh l’individuazione diun sito per un progetto idroelet-

trico prevedeva una visita in locoper considerare diverse variabili,ora si avvale della tecnologia re-mote sensing, attraverso satellitie applicazioni cartografiche, perindividuare i salti d’acqua. Moltospesso poi i permessi vengonoconcessi senza una visita sulluogo, che può essere ad esempiouna vallata lontana e dalle stradenon facilmente percorribili.

Il caso delle inondazioni dell’UttarakhandPer la fatalità della storia, nellostesso anno in cui la Banca Mon-diale annunciava il suo ritorno nelgrande giro d’affari delle dighe,una pesante pioggia di più giornicadde sulla regione occidentaledell’Himalaya. Nello stato dell’Ut-tarakhand causò violente inonda-zioni e smottamenti del terreno.Fu il disastro «ambientale» piùgrave nel paese dopo lo tsunamidel 2004. Era giugno, piena sta-gione turistica per i numerosi sitidi pellegrinaggio hindu presentinella zona. Ci volle molto tempoal governo per fare una stimadelle vittime, che si aggira pocosotto le 6.000 e di cui si sono tro-vati pochissimi corpi.Gli esperti climatologi ammiseroche l’entità delle piogge era fuoridalla media stagionale, ma affer-marono che il colpevole non sipoteva cercare nel meteo. «Avetesentito alcuni arrivare a dire che èstato un omicidio. Ma io lochiamo ecocidio», affermò Devin-der Sharma del Forum for Biote-

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In queste pagine, dall’alto a sinistra: giugno2013, inondazioni a Uttarkashi, India. Circa400 villaggi tra le regioni di Uttarkashi, Ru-draprayag, Chamoli e Tehri sono stati colpitida inondazioni. La stima governativa dellevittime è di poco meno di 6.000 persone. |La diga di Tehri, nello stato di Uttaranchal(Nord dell’India), si trova nel punto di con-fluenza dei fiumi Bhilangna e Bhagirathi(che più a valle confluisce nel Gange). Finitanel 2006, è una delle più alte del mondocon i suoi 260 metri. Ha sommerso l’anticacittà di Theri, i cui abitanti, circa 24mila,sono stati trasferiti nella New Theri. L’Ejatlascalcola che in tutto sono stati sfollati 125villaggi, interessando un totale di circa100mila persone. | Uno dei volti più noti trai molti degli oppositori dello sviluppo inso-stenibile nell’India di oggi: Medha Patkar(Cfr. MC luglio 2015, p. 59), tra le altrecose, leader del movimento contro la digaSardar Sarovar sul fiume Narmada. | La digaKarchham Wangtoo. | Lo screenshot dellamappa proposta dalla scheda dell’Ejatlas ri-guardante la diga Karchham Wangtoo.

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chnology and Food Security allaCnn. «La copertura forestale èstata ridotta terribilmente [perfare spazio a strade, linee di tra-smissione e altre infrastruttureper le dighe], c’è una considere-vole attività mineraria nella re-gione [soprattutto di estrazionedi sabbie per cemento], e lestrade sono costruite senza unpiano ragionato. In più, i grandiprogetti idroelettrici in varie fasidi costruzione sono nell’ordinedelle centinaia, con i loro tunnelche sfregiano le montagne».Vimal Bhai dell’organizzazioneMatu Jan Sanghatan denunciò lasituazione intorno alla diga diTehri, la più alta di tutta la re-gione. Mentre ai tempi il governoe l’impresa pubblica che la gesti-sce, la Thdc, ne difendeva l’utilitàper controllare inondazioni im-provvise, ora si trovano con unainfrastruttura danneggiata cherappresenta un rischio per la po-polazione. In più, nei mesi imme-diatamente successivi al disastro,Thdc non volle diminuire l’altezzadell’acqua del lago e anzi chiese ilpermesso per aumentarne il li-vello e generare così maggioreelettricità.

L’urgenza di rivedere l’interapolitica energeticaDopo il disastro, la Corte Su-prema dette immediatamentel’indicazione al Ministero del-l’Ambiente di istituire una com-missione d’inchiesta. Il docu-mento finale dell’Expert Body(Eb) diretto dal Dr. Ravi Chopra epubblicato nell’aprile successivoriconobbe la relazione diretta tral’instabilità del terreno, le allu-

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vioni e i progetti idroelettrici, edichiarò chiaramente l’urgenzaassoluta di fermare almeno 23progetti e di rivedere profonda-mente l’intera politica energeticanella regione. Il collettivo India Climate Justiceribadì che le cause erano statemolteplici: eccessiva deforesta-zione che aveva creato instabilitàdel terreno e non permetteval’assorbimento dell’acqua, turi-smo di montagna e traffico sustrada sregolati, estrazione disabbie dai letti dei fiumi, costru-zioni inadatte senza regolari per-messi e studi di hotel e altri edi-fici4.Un concetto non condiviso e sel-vaggio di «sviluppo» per questaregione porta dunque inevitabil-mente a politiche irresponsabili ecomplici. Il collettivo riaffermòche «questa tragedia è un cri-mine, perché i nostri legislatori eamministratori sono parte dellagrande ingiustizia climatica suscala globale, che minaccia, sfollae uccide coloro che si trovano piùimpoveriti e marginalizzati».

La sconcertante perseveranzaDopo la grande commozione edolore provocati dalla tragedia,ciò che sconcerta è la perseve-ranza nelle stesse politiche ener-getiche e di gestione del territo-rio. E che non si limitano all’Utta-rakhand.Il vicino stato dell’Himachal Pra-desh ha fatto dell’idroelettrico ilfiore all’occhiello della sua pro-mozione come green state, conuna economia verde e con esclu-siva produzione di energia rinno-vabile. Tuttavia, anche qui si parla

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di centinaia di progetti in fase dipianificazione o costruzione, tracui la più grande diga privata delpaese, la Karchham Wangtoo5dalla capacità installata di 1.200Mw e di proprietà del colosso in-diano Jindal Group.Il vice chancellor dell’Universitàdell’Himachal Pradesh, prof. A. D.N. Bajpai ha messo in allerta per ilrischio enorme a cui è espostol’intero distretto del Kinnaur nelmalaugurato caso di un terre-moto nella regione, che è per al-tro dichiarata ad alto rischio si-smico6.

Energia che non serveQuesto scenario risulta ancorapiù difficile da comprendere se siconsultano i dati ufficiali, come ri-cordano organizzazioni quali San-drp e il Manthan Centre. L’elettri-cità prodotta da queste grandi di-ghe non trova facilmente un ac-quirente, per il prezzo troppo altoo per l’eccessiva offerta, a se-conda della stagione7.Gli abitanti locali, soprattutto inKinnaur, hanno lanciato lo slogandi una «no-go zone» per l’idroe-lettrico e difendono orgogliosa-mente la loro economia basatasull’agricoltura e sulla produzionedi frutta. Si organizzano in comi-tati di supporto e in più occasionile loro domande si sono unite aquelle dei lavoratori del cantiere,quando hanno incrociato le brac-cia per le condizioni di lavoro el’insicurezza nell’escavazione deitunnel, già costata la vita a un nu-mero non registrato di lavoratori.

Nonostante in molti casi gli sforzidella resistenza non siano statisufficienti, hanno alimentato unasempre maggiore coscienza dellanecessità di un cambio non solonella tecnologia dei progetti.Poco a poco si diffonde una do-manda più di fondo: per cosaviene usata questa energia e chine risulta beneficiato? Quali sonole altre tecnologie che si potreb-bero utilizzare? Su quale scala?Quali sono le infrastrutture di cuidavvero la gente locale ha biso-gno, in un’ottica di decentralizza-zione?Anche se le risposte e le propostealternative sembrano ancora lon-tane, spesso è proprio all’internodella resistenza che si schiudonole prime sementi di qualcosa didiverso, e la presa di coscienza neè il primo fertilizzante.

Daniela Del BeneCoeditrice di Ejatlas

NOTE1- Bradford Morse & Thomas R. Berger,Sardar Sarovar - Report of the Indepen-dent Review, reperibile in formato pdfnel sito ielrc.org.

2- Howard Schneider, World Bank turns tohydropower to square developmentwith climate change, «The WashingtonPost», 08-05-2013.

3- Ramachandra Guha: Expediency trumpsexpertise, «The Gulf Today», 13-07-13.

4- La dichiarazione si può leggere in Cli-mate justice statement on the Utta-rakhand catastrophe, «Sandrp. SouthAsia Network on Dams, Rivers and Peo-ple», sandrp.wordpress.com, 25-06-2013.

5- Il progetto Karchham-Wangtoo è la piùgrande infrastruttura idroelettrica del-

l’India in mano privata, del JindalGroup. Il gruppo austriaco Andritz hapartecipato con alcune componenti. Almomento 800 abitanti della zonahanno avviato un’azione legale per ot-tenere le compensazioni pattuite chenon vengono rispettate.

6- Rakhee Thakur, Mega projects endan-gering Himachal Pradesh, «The Times ofIndia», 07-11-2015.

7- Per informazioni più dettagliate: AnkurPaliwal, Drowned in power, «Down ToEarth», downtoearth.org.in, 15-04-2014;e Hydropower in Himachal: Do we evenknow the costs?, «Sandrp. South AsiaNetwork on Dams, Rivers and People»,sandrp.wordpress.com, 04-10-2014.

INDIA

ATLANTE DELLA GIUSTIZIAAMBIENTALE

Questo è il sestoarti-colo di una colla-

borazione fra MissioniConsolata e l’Ejatlas(Environmental Ju-stice Atlas).Nei prossimi numeriverranno pubblicate altre storie e ana-lisi regionali di alcuni dei conflitti am-bientali che compaiono nell’Atlante. Per tutti i casi menzionati nell’articolosono disponibili nell’Atlas le relativeschede informative.

• www.ejatlas.org• www.ejolt.org• http://atlanteitaliano.cdca.it

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Kalpa, villaggio rurale nel Kinnaur,Himachal Pradesh. | Acqua e montagnein Nepal.

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