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Giustizia Ambientale / 6L’ACCAPARRAMENTO IDRICO NELL’HIMALAYA INDIANO

Water grabbingsul tetto del mondo

soprattutto dighe per la produ-zione di energia.Il governo indiano e cinese si sfi-dano nello sfruttamento non solodelle acque del proprio territorio,ma anche di quelle dei paesi con-finanti come il Nepal e il Bhutan.Un vero water grabbing (accapar-ramento idrico) fatto a colpi ditrattati internazionali.Da un lato ci sono i rappresen-tanti dei governi, dall’altro grandiimprese private o pubbliche co-struttrici di infrastrutture idriche.Il tutto con la supervisione e il be-neplacito delle istituzioni finan-ziarie nazionali e internazionaliper lo «sviluppo», tra queste ul-time la Banca Mondiale e laBanca Asiatica per lo Sviluppo.

Enormi riserve idriche,ghiacciai, fiumi d’acquaabbondante e limpida,scarsa popolazione e

poca industria: una ricetta per-fetta per alimentare il nuovogrande gioco dell’Asia sulle ri-sorse idriche. Cina e India si con-tendono uno dei beni più preziosisu quello che viene chiamato il«tetto del mondo», le montagnehimalayane. Qui si concentrano leriserve di acqua dolce più vastedel globo terrestre e vi sgorgano ifiumi più importanti dell’Asia, ilBrahmaputra, il Mekong, l’Indo eil Gange. Fiumi le cui acque, florae fauna sono minacciate da inqui-namento industriale, pesca sre-golata, deforestazione e dalla co-struzione di grandi infrastrutture,

Gli stati himalayanisono determinati asfruttare tutto il loroenorme potenzialeidrico. Risulta infattiesponenziale l’au-mento di richieste disfruttamento della ri-sorsa, sia da parte diimprese pubbliche (chericevono fondi dallegrandi banche interna-zionali), che di impreseprivate. E le dighe, conil loro devastante im-patto ambientale e so-ciale, si moltiplicano.

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In nome della sostenibilitàIl Rapporto Morse era stato il ri-sultato di una lunga lotta da partedi movimenti sociali, in primis ilNarmada Bachao Andolan (Movi-mento per la Salvezza della Nar-mada), e aveva portato la BancaMondiale a ritirarsi dagli investi-menti sulle grandi dighe.Ora però il colosso finanziario fafinta di aver dimenticato e tornasui suoi passi. Nel 2013 ha rilan-ciato il water grab delle grandi di-ghe durante il «Fragility Forum»tenutosi a Washington, dichia-rando che «l’idroelettrico agrande scala rappresenta una so-luzione [al cambio climatico e allapovertà] per l’Africa, l’Asia Meri-dionale e il Sudest Asiatico».

Nelle parole di Rachel Kyte, la vi-cepresidente della Banca per losviluppo sostenibile e influentevoce dell’istituzione, «la sceltadegli anni ’90 fu un errore»2.I paesi «fragili» da soccorrere, incui consolidare le economie ga-rantendo generose infrastrutture,questa volta in nome della soste-nibilità, sono tanti. Fra questi l’In-dia, che gode di fondi diretti dellaBanca Mondiale e della suabranca asiatica, la Banca Asiaticaper lo Sviluppo (Adb).Il governo indiano appoggia pie-namente il piano e non vede dibuon occhio obiezioni in merito.Per lo studioso indiano Rama-chanda Guha, la lobby pro-idroe-lettrico ha avuto successo nell’eli-

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Il ritorno di Banca MondialeLe priorità della finanza interna-zionale sembrano cambiate, dun-que, dagli anni ’90, quando laBanca Mondiale aveva dimo-strato interesse per le istanze deidiritti ambientali. Nel 1991, in-fatti, era stata la stessa BancaMondiale a commissionare unavalutazione sulla diga Sardar Sa-rovar sul fiume Narmada, ascol-tando le proteste locali e la soli-darietà internazionale.L’ex membro del congresso Usa ealto funzionario dell’Onu,Bradford Morse, insieme all’avvo-cato canadese per i diritti umaniThomas Berger, viaggiarononell’area per valutare l’impattodella diga sugli abitanti locali.Il rapporto scritto dai due, notocome Morse Report, pubblicatonel 19921, rivolse pesanti critichealla diga, promossa nel nomedello sviluppo e della riduzionedella povertà. Puntò il dito suimaltrattamenti delle comunità in-digene e sul fatto che i beneficieconomici attesi erano stati solomomentanei e non avevano favo-rito le comunità locali, mentre gliimpatti ambientali e la frammen-tazione sociale cadevano sullespalle dei soggetti più vulnerabili.Anche gli aiuti stanziati per «com-pensare» le famiglie danneggiatedalla diga erano risultati esseresolo palliativi e avevano creato di-pendenza economica tra coloroche prima potevano contare sullapropria terra e beni comuni ge-stiti dalla collettività.

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In queste pagine: paesaggi himalayani. Inbasso a sinistra: fiume nei pressi della cittàdi Dhaluwala, nello stato Uttarakhand, In-dia. Qui a sinistra: una donna al lavoro sul-l’impervio dorso dei monti himalayani.Qui sotto: Nepal, un mustang, cavallo sel-vatico, beve. L’acqua himalayana è un ele-mento essenziale anche per la vita deglianimali che abitano le montagne.

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• Dighe | Water grabbing | Energia | Diritti umani •

Nitesh Raj Shah/FAO/Flickr.com

Tilak Neupane/FAO

/Flickrcom

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minare le voci contrarie, inclusigli studi ambientali scientifici esi-stenti, pur di non mettere a ri-schio lucrosi progetti3.

Sfruttare il più possibileGli stati himalayani, soprattuttoHimachal Pradesh, Uttarakhand,Sikkim e Arunachal, sono deter-minati a sfruttare tutto il poten-ziale individuato. Risulta infattiesponenziale l’aumento di richie-ste di sfruttamento della risorsaidrica, sia da parte di impresepubbliche (che ricevono fondidalle grandi banche internazio-nali), che di imprese privategrosse e piccole.Per la geomorfologia delle strettevalli himalayane, sono pochi iprogetti che prevedono grandi la-ghi artificiali. Tuttavia, i cosiddettiprogetti Run-of-River, cioè im-pianti a pompaggio o ad accumu-lazione, comportano lo scavo dinumerose gallerie per le deriva-zioni d’acqua. Per scavarle, si ri-corre, soprattutto nelle ore not-turne, alla dinamite, e si sono re-gistrati smottamenti sismici, in-numerevoli crepe nelle case, pro-sciugamento di fonti d’acqua eimportanti perdite nell’agricolura(soprattutto alberi da frutta) do-vute alle polveri che si accumu-lano sulla terra e sulle foglie.I nuovi progetti spesso non hannoun solido studio di fattibilità allespalle. Secondo una fonte gover-nativa, mentre una volta in Hima-chal Pradesh l’individuazione diun sito per un progetto idroelet-

trico prevedeva una visita in locoper considerare diverse variabili,ora si avvale della tecnologia re-mote sensing, attraverso satellitie applicazioni cartografiche, perindividuare i salti d’acqua. Moltospesso poi i permessi vengonoconcessi senza una visita sulluogo, che può essere ad esempiouna vallata lontana e dalle stradenon facilmente percorribili.

Il caso delle inondazioni dell’UttarakhandPer la fatalità della storia, nellostesso anno in cui la Banca Mon-diale annunciava il suo ritorno nelgrande giro d’affari delle dighe,una pesante pioggia di più giornicadde sulla regione occidentaledell’Himalaya. Nello stato dell’Ut-tarakhand causò violente inonda-zioni e smottamenti del terreno.Fu il disastro «ambientale» piùgrave nel paese dopo lo tsunamidel 2004. Era giugno, piena sta-gione turistica per i numerosi sitidi pellegrinaggio hindu presentinella zona. Ci volle molto tempoal governo per fare una stimadelle vittime, che si aggira pocosotto le 6.000 e di cui si sono tro-vati pochissimi corpi.Gli esperti climatologi ammiseroche l’entità delle piogge era fuoridalla media stagionale, ma affer-marono che il colpevole non sipoteva cercare nel meteo. «Avetesentito alcuni arrivare a dire che èstato un omicidio. Ma io lochiamo ecocidio», affermò Devin-der Sharma del Forum for Biote-

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In queste pagine, dall’alto a sinistra: giugno2013, inondazioni a Uttarkashi, India. Circa400 villaggi tra le regioni di Uttarkashi, Ru-draprayag, Chamoli e Tehri sono stati colpitida inondazioni. La stima governativa dellevittime è di poco meno di 6.000 persone. |La diga di Tehri, nello stato di Uttaranchal(Nord dell’India), si trova nel punto di con-fluenza dei fiumi Bhilangna e Bhagirathi(che più a valle confluisce nel Gange). Finitanel 2006, è una delle più alte del mondocon i suoi 260 metri. Ha sommerso l’anticacittà di Theri, i cui abitanti, circa 24mila,sono stati trasferiti nella New Theri. L’Ejatlascalcola che in tutto sono stati sfollati 125villaggi, interessando un totale di circa100mila persone. | Uno dei volti più noti trai molti degli oppositori dello sviluppo inso-stenibile nell’India di oggi: Medha Patkar(Cfr. MC luglio 2015, p. 59), tra le altrecose, leader del movimento contro la digaSardar Sarovar sul fiume Narmada. | La digaKarchham Wangtoo. | Lo screenshot dellamappa proposta dalla scheda dell’Ejatlas ri-guardante la diga Karchham Wangtoo.

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chnology and Food Security allaCnn. «La copertura forestale èstata ridotta terribilmente [perfare spazio a strade, linee di tra-smissione e altre infrastruttureper le dighe], c’è una considere-vole attività mineraria nella re-gione [soprattutto di estrazionedi sabbie per cemento], e lestrade sono costruite senza unpiano ragionato. In più, i grandiprogetti idroelettrici in varie fasidi costruzione sono nell’ordinedelle centinaia, con i loro tunnelche sfregiano le montagne».Vimal Bhai dell’organizzazioneMatu Jan Sanghatan denunciò lasituazione intorno alla diga diTehri, la più alta di tutta la re-gione. Mentre ai tempi il governoe l’impresa pubblica che la gesti-sce, la Thdc, ne difendeva l’utilitàper controllare inondazioni im-provvise, ora si trovano con unainfrastruttura danneggiata cherappresenta un rischio per la po-polazione. In più, nei mesi imme-diatamente successivi al disastro,Thdc non volle diminuire l’altezzadell’acqua del lago e anzi chiese ilpermesso per aumentarne il li-vello e generare così maggioreelettricità.

L’urgenza di rivedere l’interapolitica energeticaDopo il disastro, la Corte Su-prema dette immediatamentel’indicazione al Ministero del-l’Ambiente di istituire una com-missione d’inchiesta. Il docu-mento finale dell’Expert Body(Eb) diretto dal Dr. Ravi Chopra epubblicato nell’aprile successivoriconobbe la relazione diretta tral’instabilità del terreno, le allu-

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vioni e i progetti idroelettrici, edichiarò chiaramente l’urgenzaassoluta di fermare almeno 23progetti e di rivedere profonda-mente l’intera politica energeticanella regione. Il collettivo India Climate Justiceribadì che le cause erano statemolteplici: eccessiva deforesta-zione che aveva creato instabilitàdel terreno e non permetteval’assorbimento dell’acqua, turi-smo di montagna e traffico sustrada sregolati, estrazione disabbie dai letti dei fiumi, costru-zioni inadatte senza regolari per-messi e studi di hotel e altri edi-fici4.Un concetto non condiviso e sel-vaggio di «sviluppo» per questaregione porta dunque inevitabil-mente a politiche irresponsabili ecomplici. Il collettivo riaffermòche «questa tragedia è un cri-mine, perché i nostri legislatori eamministratori sono parte dellagrande ingiustizia climatica suscala globale, che minaccia, sfollae uccide coloro che si trovano piùimpoveriti e marginalizzati».

La sconcertante perseveranzaDopo la grande commozione edolore provocati dalla tragedia,ciò che sconcerta è la perseve-ranza nelle stesse politiche ener-getiche e di gestione del territo-rio. E che non si limitano all’Utta-rakhand.Il vicino stato dell’Himachal Pra-desh ha fatto dell’idroelettrico ilfiore all’occhiello della sua pro-mozione come green state, conuna economia verde e con esclu-siva produzione di energia rinno-vabile. Tuttavia, anche qui si parla

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di centinaia di progetti in fase dipianificazione o costruzione, tracui la più grande diga privata delpaese, la Karchham Wangtoo5dalla capacità installata di 1.200Mw e di proprietà del colosso in-diano Jindal Group.Il vice chancellor dell’Universitàdell’Himachal Pradesh, prof. A. D.N. Bajpai ha messo in allerta per ilrischio enorme a cui è espostol’intero distretto del Kinnaur nelmalaugurato caso di un terre-moto nella regione, che è per al-tro dichiarata ad alto rischio si-smico6.

Energia che non serveQuesto scenario risulta ancorapiù difficile da comprendere se siconsultano i dati ufficiali, come ri-cordano organizzazioni quali San-drp e il Manthan Centre. L’elettri-cità prodotta da queste grandi di-ghe non trova facilmente un ac-quirente, per il prezzo troppo altoo per l’eccessiva offerta, a se-conda della stagione7.Gli abitanti locali, soprattutto inKinnaur, hanno lanciato lo slogandi una «no-go zone» per l’idroe-lettrico e difendono orgogliosa-mente la loro economia basatasull’agricoltura e sulla produzionedi frutta. Si organizzano in comi-tati di supporto e in più occasionile loro domande si sono unite aquelle dei lavoratori del cantiere,quando hanno incrociato le brac-cia per le condizioni di lavoro el’insicurezza nell’escavazione deitunnel, già costata la vita a un nu-mero non registrato di lavoratori.

Nonostante in molti casi gli sforzidella resistenza non siano statisufficienti, hanno alimentato unasempre maggiore coscienza dellanecessità di un cambio non solonella tecnologia dei progetti.Poco a poco si diffonde una do-manda più di fondo: per cosaviene usata questa energia e chine risulta beneficiato? Quali sonole altre tecnologie che si potreb-bero utilizzare? Su quale scala?Quali sono le infrastrutture di cuidavvero la gente locale ha biso-gno, in un’ottica di decentralizza-zione?Anche se le risposte e le propostealternative sembrano ancora lon-tane, spesso è proprio all’internodella resistenza che si schiudonole prime sementi di qualcosa didiverso, e la presa di coscienza neè il primo fertilizzante.

Daniela Del BeneCoeditrice di Ejatlas

NOTE1- Bradford Morse & Thomas R. Berger,Sardar Sarovar - Report of the Indepen-dent Review, reperibile in formato pdfnel sito ielrc.org.

2- Howard Schneider, World Bank turns tohydropower to square developmentwith climate change, «The WashingtonPost», 08-05-2013.

3- Ramachandra Guha: Expediency trumpsexpertise, «The Gulf Today», 13-07-13.

4- La dichiarazione si può leggere in Cli-mate justice statement on the Utta-rakhand catastrophe, «Sandrp. SouthAsia Network on Dams, Rivers and Peo-ple», sandrp.wordpress.com, 25-06-2013.

5- Il progetto Karchham-Wangtoo è la piùgrande infrastruttura idroelettrica del-

l’India in mano privata, del JindalGroup. Il gruppo austriaco Andritz hapartecipato con alcune componenti. Almomento 800 abitanti della zonahanno avviato un’azione legale per ot-tenere le compensazioni pattuite chenon vengono rispettate.

6- Rakhee Thakur, Mega projects endan-gering Himachal Pradesh, «The Times ofIndia», 07-11-2015.

7- Per informazioni più dettagliate: AnkurPaliwal, Drowned in power, «Down ToEarth», downtoearth.org.in, 15-04-2014;e Hydropower in Himachal: Do we evenknow the costs?, «Sandrp. South AsiaNetwork on Dams, Rivers and People»,sandrp.wordpress.com, 04-10-2014.

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ATLANTE DELLA GIUSTIZIAAMBIENTALE

Questo è il sestoarti-colo di una colla-

borazione fra MissioniConsolata e l’Ejatlas(Environmental Ju-stice Atlas).Nei prossimi numeriverranno pubblicate altre storie e ana-lisi regionali di alcuni dei conflitti am-bientali che compaiono nell’Atlante. Per tutti i casi menzionati nell’articolosono disponibili nell’Atlas le relativeschede informative.

• www.ejatlas.org• www.ejolt.org• http://atlanteitaliano.cdca.it

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Kalpa, villaggio rurale nel Kinnaur,Himachal Pradesh. | Acqua e montagnein Nepal.

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