La voce del trasporto - Novembre 2012

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N. 3 - Novembre 2012 EDITORIALE Un Paese da salvare T ornare a competere per crescere e superare quanto prima la cri- si. Le piccole e medie imprese ita- liane, il mondo artigiano, stanno oggi attraversando il momento più difficile dal secondo Dopoguerra. Una tassazione fuori misura, con un prelievo che prosciuga anche oltre il 60% delle entrate, un apparato buro- cratico lento e farraginoso, uno Stato che fatica a trovare la via del rispar- mio, della razionalizzazione, e come se tutto questo non bastasse, una pro- spettiva politica di totale confusione. >> CONTINUA A PAGINA 4 tempo, è davvero servito un po’ a tutti, ai suoi detrattori come ai suoi sostenitori. Difenderlo o avversar- lo è divenuto sport nazionale di politici e politicanti, ma nella realtà agli italiani non è mai stato spiega- to perché un collegamento stabile tra Calabria e Sicilia potrebbe rap- presentare un’importante occasio- ne di crescita e di riscatto della no- stra economia. >> CONTINUA A PAGINA 2 L’INTERVISTA Polillo: Lasceremo in eredi tà un Paese più stabile di Ivan Gabrielli I l sottosegretario all’Economia: Vo- lontà politica di andare nella dire- zione della riduzione del carico fiscale >> CONTINUA A PAGINA 5 FOCUS Ecobonus e business del mare di Andrea Aidala C os’è l’Ecobonus? Gli addetti ai lavo- ri risponderanno: è l’incentivo che lo Stato italiano ha elargito agli au- totrasportatori che in questi ultimi anni hanno investito sulle autostrade del mare. Ma in realtà, come testimoniato dal dos- sier realizzato dalla sezione siciliana del- la Federazione Autotrasportatori Italiani, il cui contenuto è stato anticipato a “La Voce del Trasporto”, il provvedimento ha rappresentato e rappresenta un elemento determinante per lo sviluppo dell’intero comparto marittimo italiano e quindi del- la ricchezza del Paese. >> CONTINUA A PAGINA 8 Non è un Paese per low cost La crisi di Windjet e delle altre compagnie italiane a basso costo di Alberto Maio >> CONTINUA A PAGINA 10 La rotta dell’alto Adriatico I porti Napa aprono ai grandi traffici mondiali di Antonella Prigioni >> CONTINUA A PAGINA 14 Una sfida chiamata logistica Intervista all’ex sottosegreta- rio ai Trasporti, Bartolomeo Giachino di Ivan Gabrielli >> CONTINUA A PAGINA 16 Operazione Ponte I soldi cinesi per salvare l’infrastruttura più discussa di sempre di Ivan Gabrielli T ra i due litiganti, il “terzo” potrebbe pagare, metten- do sul tavolo le risorse ne- cessari e per realizzare il proget- to infrastrutturale più discusso dal Dopoguerra ad oggi in Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina. Decenni di febbrili polemiche, di tesi contrapposte, di passi falsi e sgambetti, perché il Ponte, nel Supplemento di Siciliaway Direttore Responsabile Ivan Gabrielli Infrastrutture “low cost” contro la crisi Il caso della ferrovia Catania-Palermo di Andrea Treffiletti >> CONTINUA A PAGINA 18 Quinto Potere Social Network, business o costume? di Lisa Zanardo >> CONTINUA A PAGINA 20

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La voce del trasporto - Novembre 2012

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N. 3 - Novembre 2012

EDITORIALE

Un Paese da salvare

Tornare a competere per crescere e superare quanto prima la cri-

si. Le piccole e medie imprese ita-liane, il mondo artigiano, stanno oggi attraversando il momento più di" cile dal secondo Dopoguerra.Una tassazione fuori misura, con un prelievo che prosciuga anche oltre il 60% delle entrate, un apparato buro-cratico lento e farraginoso, uno Stato che fatica a trovare la via del rispar-mio, della razionalizzazione, e come se tutto questo non bastasse, una pro-spettiva politica di totale confusione.

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tempo, è davvero servito un po’ a tutti, ai suoi detrattori come ai suoi sostenitori. Difenderlo o avversar-lo è divenuto sport nazionale di politici e politicanti, ma nella realtà agli italiani non è mai stato spiega-to perché un collegamento stabile tra Calabria e Sicilia potrebbe rap-presentare un’importante occasio-ne di crescita e di riscatto della no-stra economia.

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L’INTERVISTA Polillo: Lasceremo in eredi

tà un Paese più stabile

di Ivan Gabrielli

Il sottosegretario all’Economia: Vo-lontà politica di andare nella dire-

zione della riduzione del carico ( scale

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FOCUS

Ecobonus e business del mare di Andrea Aidala

Cos’è l’Ecobonus? Gli addetti ai lavo-ri risponderanno: è l’incentivo che lo Stato italiano ha elargito agli au-

totrasportatori che in questi ultimi anni hanno investito sulle autostrade del mare. Ma in realtà, come testimoniato dal dos-sier realizzato dalla sezione siciliana del-la Federazione Autotrasportatori Italiani, il cui contenuto è stato anticipato a “La Voce del Trasporto”, il provvedimento ha rappresentato e rappresenta un elemento determinante per lo sviluppo dell’intero comparto marittimo italiano e quindi del-la ricchezza del Paese.

>> CONTINUA A PAGINA 8

Non è un Paese per low cost

La crisi di Windjet e delle altre compagnie italiane a basso costo di Alberto Maio

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La rotta dell’alto Adriatico

I porti Napa aprono ai grandi tra" ci mondiali

di Antonella Prigioni>> CONTINUA A PAGINA 14

Una s" da chiamata logistica

Intervista all’ex sottosegreta-rio ai Trasporti, Bartolomeo Giachino

di Ivan Gabrielli>> CONTINUA A PAGINA 16

Operazione Ponte I soldi cinesi per salvare l’infrastruttura più

discussa di sempre

di Ivan Gabrielli

Tra i due litiganti, il “terzo” potrebbe pagare, metten-do sul tavolo le risorse ne-

cessari e per realizzare il proget-to infrastrutturale più discusso dal Dopoguerra ad oggi in Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina. Decenni di febbrili polemiche, di tesi contrapposte, di passi falsi e sgambetti, perché il Ponte, nel

Supplemento di Siciliaway

Direttore ResponsabileIvan Gabrielli

Infrastrutture “low cost” contro la crisi

Il caso della ferrovia Catania-Palermo di Andrea Tre# letti

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Quinto Potere

Social Network, business o costume? di Lisa Zanardo

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Ponte sullo Stretto, la Cina lo salverà?

La s( da della “Stretto di Messina”. Due anni di tempo per trovare i ( nanziamenti privati o chiudere i battenti

In primo piano

in ogni angolo dell’Unione. Un business potenzialmente miliar-dario per il nostro Paese e per le grandi società armatrici, che evi-terebbero così di fare rotta, come invece oggi accade, sui porti del nord Europa attraverso Gibilterra, risparmiando almeno 3-4 giorni di viaggio. La Cina lo sa, e proprio per questo vuole puntare sull’Ita-lia. Ecco dunque tornare in gioco il nostro “terzo”, la Repubblica po-polare cinese, una delle più poten-ti economie mondiali. A dare con-ferma di voci che da tempo erano nell’aria, di qualcosa che è molto di più di una semplice idea, è stato, il 3 novembre scorso, il presiden-te del Cda della società Stretto di Messina, Giuseppe Zamberletti, in un’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia. “Ci sono capitali cinesi pronti a ( nanziare l’opera”, ha af-fermato l’uomo del Ponte, che ha citato il fondo China Investment Corporation (Cic). Zamberletti ha quindi parlato di “diverse società di costruzioni cinesi interessate”, fra queste anche il colosso industriale China Communication and Co-struction Company (Cccc) che ha partecipato alla costruzione di di-verse infrastrutture ciclopiche, pri-ma tra tutte il ponte di Hangzhou, che con i suoi 36 chilometri è il più lungo del mondo. Nell’autunno caldo del Ponte, nella stagione che ha visto il governo Monti prima rinnegare l’opera, inserendo addi-rittura il pagamento delle penali per lo stop de( nitivo all’interno della bozza della legge di stabilità, per poi salvarla, lasciando ai po-steri l’ardua sentenza, lo scenario potrebbe sensibilmente cambiare. Tra penali e rimborsi cancellare

di Ivan Gabrielli

Le ragioni sono quelle di una lo-gistica moderna

che vale punti di Pil, di una interconnes-sione rapida del sud e del nord dell’Euro-pa, ben note da sem-pre agli addetti ai la-vori, motivazioni che vanno ben oltre il raggiungimento del-la continuità territo-riale per i cittadini siciliani o l’elimina-zione delle code agli imbarchi di Villa San Giovanni e Messina nei giorni di Ferra-gosto.La costruzione del Ponte, unitamen-te ad un potenzia-mento signi( cativo dell’infrastruttura ferroviaria (alta ca-pacità), nell’ambito dei grandi corridoi europei, potrebbe fare concretamente della Sicilia la porta d’ingresso in Europa delle merci prove-nienti dall’Oriente, di centinaia e centina-ia di portacontainer che attraversando Suez condurrebbe-ro i propri prodotti nei grandi porti-hub siciliani, Augusta in primis, per poi di-stribuirli, via treno,

il progetto del nastro d’asfalto e di rotaie, pensato per unire sta-bilmente le due sponde, potrebbe costare quasi come costruirlo, so-prattutto se, come detto, a pagare la realizzazione non sarà lo Stato italiano ma uno o più ( nanziato-ri stranieri. Un intervento a co-sto zero per le ( nanze pubbliche? Quanto auspicato dagli ex ministri di centrodestra Pietro Lunardi e Altero Matteoli, fermi sostenito-ri del progetto, più volte bandie-ra elettorale dell’ex premier Silvio Berlusconi. Con il decreto legge approvato dal Consiglio dei mi-nistri pochi giorni or sono, il Go-verno ha indicato i tempi per la realizzazione del Ponte sullo Stret-to. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore del dl, la società Stretto di Messina dovrà presentare al Cipe i piani economico ( nanziari, per un primo esame in linea tecnica

del progetto de( -nitivo dell’opera. Il via libera al proget-to de( nitivo dovrà invece avvenire en-tro e non oltre i 540 giorni successivi alla prima approvazione tecnica del Comita-to interministeriale, contestualmente do-vranno essere indi-viduati i ( nanziatori privati. Se ciò non dovesse avvenire,se i tempi non doves-sero essere rispetta-ti, la società Stretto di Messina ( nirebbe in liquidazione e il Ponte direttamente negli abissi. Nell’Ita-lia in cui tutto è pos-sibile, a ridosso di

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l’impegno dei privati verrà messo nero su bianco, allora gli scettici potrebbero dimi-nuire, il timore che il Pon-te possa appesantire il debito pubblico svanire nel nulla. Lo stesso Antonio Di Pietro, mi-nistro delle Infrastrutture del secondo governo Prodi, in-tervistato dal nostro giornale ha sì a7 ermato che la situa-zione economica attuale non consente di pensare al Ponte, che pertanto non è da consi-derarsi prioritario, ma che in condizioni diverse, con la co-pertura dei costi da parte dei privati, l’opera potrebbe essere realizzata. Lo Stato pensi dun-que a razionalizzare e ridurre la spesa pubblica, ad investire in opere infrastrutturali im-mediatamente necessarie e realizzabili, ma nel contempo non manchi di raccogliere le energie, i capitali e l’entusia-smo dei privati. La s( da della crescita di un territorio passa attraverso investimenti infra-strutturali strategici, per i qua-li la ( nanza di progetto è oggi l’unica vera carta spendibile.

In primo piano

una campagna elet-torale che vedrà la politica impegnata in primo luogo ad auto-conservarsi, il Ponte ( nirà probabilmente ancora una volta ad essere strumento e non ( ne, ultimo tem-po di un’intermina-bile partita a tennis tra i governi che si sono susseguiti negli ultimi undici anni. La Stretto di Messina dia un colpo di reni, se non altro per non soccombere, e forni-sca quanto prima il piano di copertura ( -nanziaria dell’opera. Se il project ( nan-cing si mostrerà stra-da percorribile, se

Il progetto tecnico

- 3.300 metri lunghezza della campata centrale

- 3.666 metri lunghezza complessiva con campate laterali

- 60,4 metri larghezza dell’impalcato

- 399 metri altezza delle torri

- 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione

- 5.320 metri lunghezza complessiva dei cavi

- 1,26 metri diametro dei cavi di sospensione

- 44.323 " li di acciaio per cavo

- 70/65 metri di altezza di canale navigabile centrale

- 533.000 metri3 volume blocchi d’ancoraggio; impatto visivo minimo con solo il 17% costruito fuori terra

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Continua dalla prima pagina

Uno scenario depresso e altamente depressivo, per le tasche e per la mente, quello vissuto da chi crede nel fare impresa, operatori del mondo dei trasporti in primis. Confcommercio denuncia: le azien-de sono gravate da 120 adempimenti ( scali l’anno che sottraggono ben 36 giorni al loro lavoro, il 76% in più rispetto alla media euro-pea. E scusateci se è poco. Le sempli( cazioni operate dal governo Monti non hanno portato risultati signi( cativi, certo, sono state un inizio, ma bisogna fare di più. La parola chiave è senso di respon-sabilità. Responsabilità dell’attuale parlamento nel varare una legge elettorale capace di garantire piena governabilità negli anni a veni-re, responsabilità del prossimo esecutivo, che dovrà concludere in tempi rapidi il processo riformatore avviato dal governo tecnico. Gli italiani si chiedono se tutto questo possa essere possibile, se la classe politica (e quella anti-politica), siano adeguate al compito. Perché di senso di responsabilità, nel dibattito attuale, sembra es-sercene davvero poco. La casta teme di essere defenestrata, in seno ai partiti politici si discute di autoconservazione, i problemi veri, quelli della gente e delle imprese, rimangono altrove. La disa7 e-zione dell’elettorato, ampiamente e drammaticamente riscontrata con le amministrative della primavera e nelle recenti regionali sici-liane, non è stata letta dalla politica con adeguata attenzione. Non si è trattato di un campanello d’allarme, ma di una vera e propria dichiarazione di guerra. I grillini, depositari del vuoto di proposta, aspettano al varco chi si dimostra incapace di reagire, e mentre a Montecitorio e a Palazzo Madama, i nostri rappresentanti pensa-no a garantirsi un ruolo nella prossima legislatura, la piazza a7 a-mata cerca risposte e attenzioni che di" cilmente trova.Il ministro dell’Economia Grilli avverte: “Il peggio non è passato ma siamo sulla strada giusta”. Una strada da percorrere con un di7 uso senso di responsabilità, per un obiettivo che deve essere condiviso tra le parti sociali: salvare il Paese. Alla politica il compito di agire in modo virtuoso, non per il bene di pochi, ma della collettività.

Ivan Gabrielli

“La Voce del Trasporto”

MensileAnno I - N. 3Novembre 2012

SUPPLEMENTO DI “SICILIAWAY”Testata specializzata in Infrastrutture e Trasporti, registrata al N.8/2010 presso il Tribunale di Catania

DIRETTORE RESPONSABILEIvan Gabrielli

EDITORERecordor Media srlVia G. Carducci, 14Tremestieri Etneo (CT)

REDAZIONECorso Sicilia, 97Cataniawww.lavocedeltrasporto.itredazione@lavocedeltrasporto.it

Editoriale

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di Ivan Gabrielli

Per combattere la crisi è im-portante ras-

sicurare i mercati. Il governo Monti lo ha fatto e lo sta facendo tutt’ora, agli italiani è ben chiaro. Guardan-do invece ai prossi-mi mesi, al lasso di tempo che ci separa dalla " ne della legi-slatura, cosa c’è an-cora da fare, e quale eredità lascerete al prossimo governo?“Quello che stiamo facendo è un po’ sotto gli occhi di tut-ti, adesso abbiamo una coda legislativa molto importante, una serie di provve-dimenti che abbia-mo impostato e che dobbiamo chiude-re prima della ( ne della legislatura, tra questi la legge di stabilità, la legge sugli enti locali, la legge per lo svilup-po, che sono decre-ti legge particolar-mente impegnativi. La legge di stabilità, in particolare, mar-ca una discontinu-ità rispetto a quelle passate, perché ( -nalmente possiamo archiviare le parole manovra, stangata, e trasformare quel-la che era un po’ una legge di carattere ec-cezionale, negli anni passati, in una nor-male legge di manu-

dei medesimi at-traverso le tasse. E questo lo faremo già attraverso la legge di stabilità. Circa la luce in fondo al tun-nel, se le nostre pre-visioni sono esatte, avremo già una ri-presa nel prossimo anno. Perché è vero che prevediamo un -0,2% di decrescita del Pil, però questo -0,2 si compone da un e7 etto di trasci-namento dell’anno precedente che è 0,6. Se la prospettiva per l’anno futuro è di -0,2, allora signi( -ca che noi crescia-mo dello 0,4. Perché 0,4 meno 0.6 fa -0.2. Questi sono i dati che ci fanno dire che ci sono speranze che il 2013, facendo gli scongiuri, sia un po’ meno duro dell’an-no precedente”.

tenzione dei conti. Signi( ca che avendo raggiunto la stabilità del bilancio noi, ogni anno, dovre-mo modulare le singole entrate e le spese del bilancio dello Stato, per far fronte ai problemi nuo-vi che continuamente l’evolversi della realtà ci pone. Questo è im-pegnativo. Lasciamo in eredità un Paese più stabile da un punto di vista economico e ( nanziario, che grazie ad una medicina, di cui siamo assolutamente consa-pevoli, dura ed amara, ma neces-saria, ci farà evitare situazioni più di" cili, che si sarebbero ri= esse negativamente sui ceti più poveri del Paese. Chi ci accusa di essere insensibili al grido di dolore che proviene dalle famiglie, dalla par-te più povera dell’Italia, dai ter-ritori con meno risorse, sbaglia, noi siamo assolutamente consa-pevoli di quello che abbiamo fat-to ma l’abbiamo dovuto fare sul-la base di uno stato di necessità. Dobbiamo impegnarci a conti-nuare su questa strada, a dire ai mercati che questa linea di ri-gore non potrà essere abbando-nata, perché qualora ci fosse il semplice sospetto che l’attività, l’azione del governo Monti, sia stata una semplice parentesi per tornare alle politiche allegre degli anni passati, la reazione dei mercati sarebbe durissima.Voglio ricordare soltanto un dato oggettivo, noi abbiamo una valu-tazione da parte delle compagnie di rating che è di due punti supe-riore allo junk bond, che signi-( ca titoli spazzatura. Se ci fosse un downgrading da parte delle società di rating noi ci troverem-mo in una situazione drammatica per quanto riguarda l’evoluzione del Paese. Abbiamo superato la fase di emergenza ma non abbia-mo ancora portato il malato Italia in una zona di sicurezza. E’ ne-cessario che i semi che abbiamo piantato nel corso di questi mesi

di lavoro possano ( orire nella suc-cessiva legislatura”.

Quando i cittadini avranno un segnale tangibile del superamen-to della crisi? Il presidente del Consiglio ha accennato al 2013, la cancelliera Merkel al 2015.“C’è una volontà politica di andare nella direzione della riduzione del carico ( scale, eccessivo, che non corrisponde alla qualità dei ser-vizi che l’operatore pubblico do-vrebbe fornire come pagamento

Polillo: Emergenza superata

Il sottosegretarto all’Economia: Volontà politica di andare verso la riduzione del carico ( scale

Gianfranco Polillo, sottosegretario

all’Economia

L’intervista

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Accrescere la pro-duttività è il prin-cipale obiettivo di industrie e im-prese. Lo chiede il presidente di Con-" ndustria Squin-zi, lei, in passato lo sottolineò più volte, anche susci-tando polemiche.“Sembra che io abbia un triste destino nel suscitare polemiche, non è colpa mia. Cerco di dire le cose come le vedo, sen-za gli in( ngimenti del politichese, del dire e non dire: Su questo tema ho avu-to la soddisfazione che quelle tesi un

po’ eretiche che lanciai qualche tempo fa hanno poi prodotto conseguenze positive. La produt-tività rimane la bussola vera del-la ripresa dell’economia italiana, nella legge di stabilità stanziere-mo molte risorse per i contratti di produttività. Il governo sta facen-do la sua parte, nonostante le dif-( coltà, ci auguriamo che le parti sociali possano recepire in termi-ni positivi questo messaggio ed agire di conseguenza”.

Lavorare di più, ma quanto di più?“Più che lavorare di più si trat-ta di lavorare meglio, cioè di or-ganizzare i turni di lavoro per la piena utilizzazione degli im-pianti, ricorrere a meccanismi di = essibilità, coinvolgere i lavora-tori nella direzione dell’azienda.

Non penso alle cose vecchie di una volta, come accadeva ad esempio nel vecchio regime fasci-sta, in cui si parlava di compar-tecipazione nella gestione. Espe-rienze moderne che si chiamano economy sharing, utilizzate negli Stati Uniti, per esempio nella Sili-con Valley, patria della produzio-ne dei componenti d’elettronica, prevedono un sistema di relazioni industriali in cui i lavoratori stes-si, attraverso cessione di azioni della società, partecipano diret-tamente ai bene( ci dell’aumento di pro( tto. Siamo in una fase in cui è necessario mandare un po’ in so" tta il vecchio antagonismo ottocentesco capitale contro lavo-ro. Oggi abbiamo delle tecnolo-gie tali, che salvo in alcuni setto-ri ovviamente, hanno reso meno faticoso il processo lavorativo,

che implicano un maggior coinvolgi-mento dei lavora-tori nella realizza-zione del prodotto ( nale in termini di utilizzo di impian-ti tecnologicamente evoluti, di creatività. Dobbiamo passare da una fase di duro e ottocentesco anta-gonismo ad una fase in cui ci sia maggio-re collaborazione tra coloro che partecipa-no alla produzione”.

L’intervista

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N. 3 - Novembre 2012Focus

di Andrea Aidala

Secondo dati Eu-rostat elaborati da Con( tarma,

il commercio estero dell’Ue nel 2010 ha visto spostare mer-ci per 2.143 miliardi di tonnellate, di cui 1,6 miliardi circa, ovvero il 75,5% del totale, via mare. In vetta alla classi( ca europea dell’inter-scambio marittimo ci sono i Paesi Bassi con 233,6 miliardi di tonnellate, segui-ti subito dall’Italia con 232,5 miliardi di tonnellate. Secon-do i dati della Con-federazione Italiana Armatori, riferiti all’anno 2011, il 54% del commercio este-ro italiano avviene attraverso le vie blu. Ma non sono solo questi i numeri che fanno rilevare quan-to il comparto risulti al giorno d’oggi trai-nante per l’econo-mia italiana. Il Pro-dotto Interno Lordo generato dal sistema marittimo naziona-le, comprensivo sia della componente industriale-mani-fatturiera e terziaria che di quella istitu-zionale, è pari a cir-ca 39,5 miliardi di euro, il 2,6% del to-tale nazionale (fon-te Federazione del Mare 2011). All’in-terno di questo dato complessivo è pos-sibile evidenzia-re il contributo dei trasporti marittimi pari a 10,3 miliardi di euro, quello delle

l’economia italiana e quanto l’Ecobo-nus, incentivando gli autotrasportatori all’utilizzo delle au-tostrade del mare, possa aiutare a so-stenere la sua cre-scita. Ma in Europa, purtroppo, le ragioni economiche, seppur comprovate dai dati, sembrano soccom-bere dinnanzi alla politica “protezioni-sta” di ogni singolo Stato. I parlamentari italiani a Bruxelles dovrebbero difende-re con forza il prov-vedimento, il futuro del nostro Paese non si gioca solo in bor-sa, ma anche in mare.

attività portuali ausiliarie ai tra-sporti, 6,7 miliardi, e della can-tieristica, 4,3 miliardi di euro. La crescita del settore degli ultimi anni risulta lampante se si analiz-zano i dati relativi all’occupazio-ne. Nel 2004 la Federazione del Mare stimava per i settori pesca, trasporti marittimi, attività logi-stica portuale e ausiliare, nautica da diporto e cantieristica nava-le poco più di 122,3 mila unità di lavoro diretto. I dati relativi al 2009 riportano circa 45,2 mila occupati in più. Risulta eviden-te come gli e7 etti della crescita, che ha visto protagonista il com-parto marittimo nel suo insieme, abbia avuto risvolti importanti sulla sua capacità di fare reddito, e quindi di in= uire positivamen-te sul Pil nazionale e creare po-sti di lavoro. La Federazione del Mare ha stimato un e7 etto mol-tiplicativo del reddito pari a 2,49 e un moltiplicatore dell’occupa-zione pari a 1,81. Numeri che in un contesto economico piega-to dalla crisi sono di" cilmen-te rintracciabili in altri settori.È però guardando al commercio marittimo dell’Italia verso il resto del mondo che si evidenzia l’im-portanza del trasporto via mare per il nostro Paese. L’interscam-bio attraverso le vie blu infatti ha fruttato in termini di ricchez-za nel 2011 oltre 242 miliardi di euro, il 15,3% del totale del Pro-dotto Interno Lordo italiano. Nel 2009, anno di maggiore di" coltà, si sono stimati tra" ci per 171 mi-liardi, l’11,3% del Pil, e nel 2010 la percentuale d’incidenza sulla ricchezza nazionale è cresciuta di nuovo attestandosi al 13,9%. In sintesi, nel periodo 2008-2011, nonostante il nero 2009, i tra" ci marittimi nazionali complessivi sono aumentati per valore di oltre 10 miliardi di euro. Guardando invece al numero dei viaggi e7 et-tuati dal 2007 al 2010 è possibi-le osservare in modo ancora più evidente l’e7 etto che l’Ecobonus ha avuto nello sviluppo delle rot-te. Secondo i dati forniti da Ram

(Rete Autostrade del Mare) nel 2007, primo anno del contributo per le vie blu, sono stati e7 ettuati 461.849 viaggi, 489.128 nel 2008, e 479.313 nel 2009, una discreta ri-duzione dovuta alla crisi che im-perversava in Europa. Nel 2010 invece la svolta: sono stati infatti registrati 564.782 viaggi, un au-mento del 24% rispetto all’annua-lità precedente. Più mare, in questi anni, ha signi( cato meno strada. I dati Istat Coeweb 2012 dimostra-no come dal 2007 al 2011 si sia as-sistito ad una diminuzione dell’u-tilizzo del trasporto viario nella misura del 17,5%, e un aumento di quello marittimo del 4,3%. In particolare il peso del trasporto stradale sul totale dei tra" ci ha subìto una contrazione dell’8,9%, passando dal 39,8% al 31,7%, mentre quello degli scambi ma-rittimi è salito dal 30,9% al 31,2%.Numeri alla mano risulta evi-dente quanto il comparto ma-rittimo, pur gravato dall’inef-( cienza infrastrutturale di cui l’Italia so7 re, risulta trainante per

Ecobonus, non un semplice incentivoIl provvedimento fa volare il comparto marittimo che si conferma

volano per il Pil italiano

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N. 3 - Novembre 2012 N. 2 - Luglio 2012

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N. 2 - Luglio 2012Economia

di Alberto Maio

Centinaia di migliaia di v i a g g i a t o r i

ricorderanno l’esta-te appena trascorsa come quella nella quale il loro bigliet-to di andata e di ri-torno per le vacanze è improvvisamen-te diventato carta straccia. La compa-gnia che ha improv-visamente chiuso i battenti è la cata-nese “Wind Jet”, di proprietà dell’im-prenditore sicilia-no Antonino Pulvi-renti che l’11 agosto ha sospeso tutte le operazioni di volo costringendo circa 300 mila passegge-ri a districarsi tra rimborsi e voli di riprotezione. Anco-ra tutte da chiarire le responsabilità – la mancata fusione con Alitalia, l’anti-trust, l’intervento dell’Enac, l’ente na-zionale per l’aviazio-ne civile – di certo la disfatta di Wind Jet non è la prima nella storia dei voli low cost in Italia. Prima di Pulvirenti, che aveva dato av-vio all’avventura di Wind Jet nel 2003, ci avevano provato Volareweb che ha smesso di volare nel 2009 - dopo poco meno di sei anni di attività - e Myair che durò ancora meno: dal 2004 al 2009. Ep-pure gli italiani vo-lano sempre di più low cost. Secondo lo studio “Evoluzione

cercava di conqui-stare quote di mer-cato con delle tari7 e inferiori a quelle di un vettore tradizio-nale, ma senza ave-re una struttura dei costi adeguata». Se-condo Isabella Mori, responsabile consu-lenza e tutela con-sumatori di Cittadi-nanzattiva, si tratta di un problema che va a7 rontato in pri-mo luogo dall’Enac che «dovrebbe es-sere più tempestiva nelle proprie deci-sioni laddove ci sono situazioni partico-larmente critiche. Questo è il caso, per esempio di Wind Jet. Si è aspettato troppo tempo da quando si sapeva che Wind Jet era in una situazio-ne critica a quando Enac è intervenuta con le proprie deci-sioni. Probabilmen-te se fosse interve-nuta prima molti disagi si sarebbero potuti evitare”. Al tema centrale del-la solidità econo-mica si aggiungono

del tra" co low cost a livello eu-ropeo e nazionale”, commissio-nato da ENAC all’istituto Kpmg ed elaboratoin base ai dati rac-colti su un campione signi( ca-tivo di aeroporti su tutto il ter-ritorio nazionale, le compagnie aeree low cost, in Italia, tra il 2004 e il 2009 hanno fatto regi-strare un tasso di crescita passeg-geri dell’80% sulle rotte nazionali e del 53% sulle rotte internazio-nali. I tassi di crescita nel nostro Paese sono superiori a quelli re-gistrati in Germania (+12% voli nazionali, +10% voli internazio-nali), Spagna (+47% naziona-li, + 16% internazionali), Gran Bretagna (+7% nazionali, +11% internazionali) e Francia (+1,3% nazionali, +19% internazionali).Nonostante un tale livello di do-manda però o7 rire esclusivamen-te voli low cost sembra un’impre-sa ardua per gli operatori italiani. Fra i problemi principali ci sono la crisi economica e il prezzo del carburante in costante aumento ma anche la competizione inter-nazionale che ha portato i vetto-ri più grandi – tutti stranieri - a stringere alleanze sempre più dif-fuse con una tendenza alla con-centrazione del mercato. E’ sta-to il caso di Air France–KLM ma anche di Lu[ hansa che anche ac-quisendo vettori regionali come Air Dolomiti è arrivata a supera-re i 100 milioni di passeggeri an-nui nel 2011. Per questo lo spazio delle piccole compagnie è sempre più ristretto. Una situazione con risvolti drammatici per il mercato italiano, almeno stando a quanto il presidente dell’Enac, Vito Rig-gio, dichiarava al Messaggero in piena bufera Wind Jet: “L’intero sistema dell’aviazione civile italia-na è a rischio scomparsa, stretto dalla pressione competitiva che viene dalle compagnie low cost irlandesi e inglesi (che non paga-no lo stesso volume di tasse che paghiamo in Italia) e dalle com-pagnie dei Paesi arabi che non pagano il petrolio. In mezzo ci sono le compagnie italiane ed eu-

ropee, chi più chi meno in grande di" coltà. Io il campanello d’allar-me l’avevo già suonato”. Secondo Riggio non esisterebbero soluzioni al problema, anche a causa del di-vieto europeo per gli aiuti di Stato: “l’unica cosa da fare è migliorare l’e" cienza dei servizi e cercare di essere rigorosi. E’ ( nita la manìa della creazione continua delle compagnie aeree. Ormai in Italia ne sono rimaste tre e tutte e tre in di" coltà: Alitalia, Meridiana e Blue Panorama. Nel nostro Paese sono scomparse 12 compagnie ae-ree negli ultimi 10 anni. Il settore è in di" coltà e io stesso non ho la soluzione per venirne a capo». L’unico provvedimento proposto dal numero uno di Enac è di natu-ra ( scale: «forse – spiegava ancora in agosto al Messaggero - qualche provvedimento nei confronti di Ryanair si potrebbe prendere per spingerlo almeno a pagare le tasse in Italia”. Andrea Giurcin, docente di Finanza Pubblica presso l’Uni-versità Milano Bicocca, pone una questione di fondo: non è detto che tutte le compagnie aeree che si presentano al pubblico come “low cost” siano davvero tali. “Wind Jet non aveva una struttura di costo come quella di Ryanair o Easyjet. Anzi i costi erano simili a quelli di vettore tradizionale come Ali-talia. La compagnia siciliana po-teva dunque de( nirsi una low pri-ce, vale a dire una compagnia che

Non è un Paese per low costQuale forza di gravità costringe a terra sempre più compagnie aeree italiane?

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Economia

i dubbi sulla sicu-rezza degli aeromo-bili. All’inizio di set-tembre un volo di una compagnia ae-rea inglese, EasyJet, in viaggio da Mila-no a Palermo è stato costretto al rientro allo scalo di Mal-pensa a causa di una crepa sul cruscotto dell’aereo. Per que-sto Cittadinanzat-tiva ha invitato l’E-nac a convocare un tavolo di lavoro con tutte le parti in cau-sa, a iniziare da As-soLowcost. Nell’ul-timo rapporto “PiT Servizi” pubblicato a settembre dall’as-sociazione di con-sumatori si legge che nel 2011 in Ita-lia hanno viaggia-to in aereo quasi 148 milioni di pas-seggeri (9milioni in più rispetto al 2010), con un au-mento del 6,5%. I reclami dei cittadi-ni sono stati 3822, quasi 1300 in più del 2010. La casistica

Enac riguarda ritardi e cancella-zioni con il 90% delle lamentele; il resto ha riguardato l’overboo-king (7%), qualità dei servizi ae-roportuali, perdita o danni al ba-gaglio e pacchetti tutto compreso. Tuttavia un’informazione sottoli-neata dall’Enac è l’indice di sicu-rezza che posiziona il nostro Pa-ese tra i primi al mondo: con un indice di 0,0 incidenti l’Italia è al di sopra della media europea che è di 0,2. Secondo Andrea Cino-si, presidente di Assolowcost che tra le aziende associate annovera Ryanair, è convinto che sul tema sicurezza ci sia un allarmismo ec-cessivo. «il modello delle compa-gnie low cost – spiega – prevede la massima e" cienza degli aerei. E se consideriamo che il loro mo-dello di business prevede che deb-bano stare molto tempo in volo ci accorgiamo che compagnie come Ryanair o Easyjet registrano il più basso tasso di ritardi e di proble-matiche tecniche. Tuttavia noi siamo i primi a schierarci a ( anco dell’associazione dei consumato-ri e siamo pronti a fare la nostra parte ma – avverte – non bisogna demonizzare le compagnie low cost perché bisogna ricordare che se nel ’98 volavano in Italia circa 18milioni di persone ora siamo oltre i 140milioni”.

Wind Jet? E’ stata una sorpresa anche per noi”Parla Alessio Quaranta, direttore generale dell’Enac dal 2009. Non sono solo i vettori italiani ad avere problemi

economici. La sicurezza? Mai messa in discussione.

di Alberto Maio

Direttore, questa esta-te si è registrato l’en-nesimo tracollo di una low cost. Cosa sta ac-cadendo alle compa-gnie aeree italiane? Intanto bisogna dire che la questione non riguar-da solo il nostro paese. Situazioni di di" coltà simili ci sono anche in altri paesi della comuni-tà europea. Per esempio quest’anno abbiamo vi-sto 4-5 fallimenti. Uno di una compagnia spa-gnola, la Spanair, che era un vettore low cost; della compagnia di ban-diera ungherese, la Ma-lev e di due compagnie polacche, oltre a quello della Wind Jet. Purtrop-po si tratta di un trend che oggi in tutta Euro-pa sta mietendo vittime.

Come si colloca-no i vettori italia-

ni in questo quadro poco confortante?Da quello che vedo non è che negli altri paesi stia-no molto meglio che in Italia. Noi so7 riamo pro-babilmente di mali anti-chi. La crisi economica del 2008 da noi ha avuto nel trasporto aereo un ri-salto maggiore legato an-che alla crisi della vecchia Alitalia. I dati di tra" co vedono, a fronte di una crescita sia pure limitata dei voli verso l’estero, una = essione del tra" co do-mestico. Il che ci fa pen-sare che le compagnie italiane che trasportano passeggeri nel paese han-no qualche di" coltà in più. Allo stesso modo se tutti i vettori che operano nel Paese – sia italiani che stranieri – hanno avuto un miglior coe" ciente di riempimento nel sen-so che hanno volato con le macchine piene va an-che detto che è diminuito

Tassi di crescita dei viaggiatori sulle tratte nazionali e internazionali

tra il 2004 e il 2009

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il numero dei voli. Non siamo in un pe-riodo di crisi pro-fonda di tra" co ma le avvisaglie che non tutto vada bene nel settore ci sono. Com-plessivamente ab-biamo registrato dal 2010 al 2011 un in-cremento del tra" co e probabilmente regi-streremo lo stesso in-cremento dal 2011 al 2012 però con questa dinamica: una cresci-ta dell’internazionale e un calo del dome-stico.

Cosa impedisce alle compagnie italia-ne di competere? In una recente intervi-sta il presidente di Enac, Riggio ha par-lato di un problema di imposizione " -scale che avvantag-gerebbe gli stranieri.Questo è un dato di fatto oggettivo nel senso che alcune compagnie che ope-rano in Italia e che svi-luppano una buona parte delle loro attivi-tà tutta all’interno del Paese poi non sono soggette alle stesse norme - sia in ter-mini di imposizione ( scale che in termini di contratti di lavo-ro - alle stesse regole che devono osserva-re i vettori nazionali. Questo è un proble-ma di di7 erenti po-sizioni di partenza. Ma quello che ha in-ciso in maniera si-gni( cativa sui conti economici dei vettori – tutti – è stato l’in-cremento del costo del carburante che è cresciuto a un li-vello così elevato da incidere pesan-temente sui bilan-ci delle compagnie.

Passiamo al caso Wind Jet. E’ stato detto che non si trattava di una vera low cost ma solo di una compagnia low price nel senso che i prezzi che propo-neva ai viaggiatori erano trop-po bassi rispetto ai costi. E’ un genere di analisi che voi ese-guite sulle compagnie aeree?Noi facciamo una valutazione complessiva per comprendere la salute economica e ( nanziaria di un vettore, sul quale abbiamo doveri di vigilanza. Per quanto riguarda gli aspetti tari7 ari veri e propri, trattandosi di un libero mercato noi non possiamo inter-venire con l’imposizione di una tari7 a piuttosto che di un mec-canismo di de( nizione dei prezzi che non sia lasciato alla libera de-terminazione da parte dei vetto-ri. Quello che abbiamo fatto è se gnalare ai soggetti interessati che con questo tipo di politica tarif-faria, legata alla dinamica dei co-sti, probabilmente a una data “x” qualche problema ci potrà esse re. E’ chiaro che in casi di questo

tipo noi li chiamiamo e ci faccia-mo spiegare qual è il meccanismo che loro stanno adottando. L’uni-ca cosa che possiamo fare è avver-tirli che se quel tipo di trend por-ta a una situazione di ingestibilità saremo costretti a intervenire.

E’ successo anche per Wind Jet? Vi accusano di non es-sere intervenuti in tempo.Con la compagnia Wind Jet que-sto era noto. Noi da aprile aveva-mo perfettamente conoscenza di quello che era lo stato di salute precario della compagnia, non siamo intervenuti perché la stes-sa norma comunitaria ci sugge-riva di agevolare una trattativa pubblica allora in corso con un soggetto che intendeva rilevare il capitale assumendosi anche tutti i debiti e di fatto dando una ga-ranzia completa. Se fossimoin-tervenuti non solo avremmo im-pedito la possibilità di svolgere una trattativa che all’epoca sem-brava essere incanalata su buo-ni binari, avremmo accelerato

il processo di crisi della compagnia che già all’epoca co-noscevamo. Ag-giungo che inter-venendo all’epoca nemmeno avremmo avuto un e7 etto sui servizi che poi si sono aggravati per i passeggeri. Questo perché il meccani-smo di distribuzione delle low cost preve-de la prevendita e il pagamento in antici-po dei biglietti, il che signi( ca che al mese di aprile gran parte della capacità del-la stagione estiva era già stata venduta e quindi, anche se fos-simo intervenuti in quella data, comun-que avremmo avuto il problema di dover gestire un certo nu-mero di passeggeri

Economia

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Economia

che avevano acqui-stato il biglietto e non avevano la pos-sibilità di volare. Devo anche dire che ( no alla mattinata dell’8 agosto entram-be le parti ci avevano assicurato che erano vicinissime all’accor-do e che per la serata avrebbero ( rmato le intese mettendo ( ne a tutte le preoccupa- zioni. Alle 9 di sera ci hanno comunicato di aver interrotto le trat-tative. Anche per noi è stata una sorpresa.

Ci sono altri casi Wind Jet all’orizzon-te?Il monitoraggio che noi e7 ettuiamo sui

vettori è costante e devo dire che in tutta Europa la situazione non è rosea. Da qui a dire che ci sono altri vettori nella stessa situazio-ne di Wind Jet ovviamente ce ne corre e in questo momento non abbiamo notizie di quel tipo.

E’ vero che la compagnia ca-tanese potrebbe ripartire?Non abbiamo avuto nessuna ri-chiesta formale di ricomincia-re le operazioni. Né come Wind Jet in se stessa, né come creazio-ne di una possibile Newco in cui trasferire le attività. Le uniche notizie che abbiamo avuto sono quelle di un possibile interes-sa mento da parte della Regione siciliana che starebbe valutando la partecipazione in un’esperien-za di questo tipo. Niente di più.

Spesso la cronaca ripropone il problema della sicurezza dei

voli, in particolare di quelli low cost. Con un mercato dei voli che attraversa un perio-do “non roseo” esiste un pro-blema sicurezza degli aerei?La sicurezza non è mai stata in discussione. Noi interveniamo sulle compagnie aeree da questo punto di vista per far sì che loro –qualsiasi condizione economica abbiano – garantiscano la massi-ma sicurezza rispetto agli stan-dard. Talmente è ferreo il nostro intervento che uno dei problemi che ha avuto dal punto di vista operativo questa estate la Wind Jet è stato proprio legato al fatto che per carenza di risorse non avevano potuto rispettare alcu-ni programmi di manutenzione degli aeroplani, in particolareerano due macchine, e imme-diatamente li abbiamo messi a terra, fossero anche perfetti sotto il pro( lo della sicurezza.

Con le low cost ac-cade più spesso che vi troviate co-stretti a decisioni di questo genere?Se dovessi fare un ra-gionamento legato alla statistica i primi due aerei che abbia-mo messo a terra per questo tipo di pro-blema sono stati pro-prio quelli di Wind Jet. Non abbiamo mai avuto proble-mi di questo genere.

Compagnie aeree attualmente operanti in Italia (Fonte Enac)

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N. 2 - Luglio 2012

di Antonella Prigioni

C’è un’ Italia che cambia. E che l’Europa invi-

ta al cambiamento. E’ quella delle strade di mare, è quella che vedrà ben 4 dei 10 corridoi superprio-ritari per il trasporto trans europeo, pas-sare per il bel Paese: il Lisbona-Torino- Trieste-Budapest( il famoso corridoio 5), l’Helsinki-Bren-nero-Palermo-La Valletta, il Genova- Rotterdam e ,la vera novità, il corridoio Adriatico-Baltico. La nuova road map infrastrutturale per i prossimi 20 anni, che è stata indivi-duata dalla Com-missione Europea , prevede, su iniziati-va e regia comunita-ria, la realizzazione di corridoi destinati ad integrare ( sica-mente l’Europa, ma anche ad integrare l’Europa - questo è l’aspetto innovativo- nel resto del mondo, con pochi porti ed aeroporti priorita-ri. Sino al 2030, su questi assi saranno mobilitate le risorse disponibili e quelle da mobilitare, con l’emissione di euro project bond. “E’ proprio sugli euro project bond, la bat-taglia più di" cile da combattere- spie-ga l’europarlamen-tare, componente della Commissione Trasporti Antonio

i 30-40 del Mare del Nord, per essere ri-levanti dovremmo essere in grado di movimentarne dai 7 ai 10 milioni e gestire navi da 12 mila teu. E’ necessa-rio fare investimen-ti importanti. Pochi ma signi( cativi, di-smettendo le strut-ture fuori mercato e potenziando i cin-que sistemi. E non si può pensare ad investimenti pubbli-ci, unica possibilità coinvolgere investi-tori privati, creando incentivi ( scali per chi introduce in-novazione, gli euro project bond sono l’unica strada. Ve-nezia nell’ambito del Napa, mantiene il li-vello di 500 mila teu, un volume legato ai limiti di accessibilità nautica imposti dal-la difesa della laguna e dall’impossibilità di scavare canali più profondi di 12 me-tri. Il progetto del porto o7 shore, ci permetterà di gesti-re da uno a 3 milio-ni di teu. Un porto in mare aperto che ha il vantaggio, gra-zie all’informatizza-zione, di preselezio-nare i container in approdi diversi e ge-stire la distribuzione in molti punti a ter-ra utilizzando anche strutture non sfrut-tate. Oltre al porto di Venezia, c’è Chiog-gia, Porto Levante e Mantova grazie al porto interno sul

Cancian. Il Parlamento Europeo dovrà pronunciarsi a Gennaio su questa proposta della Commis-sione. Una proposta condivisa da tutti i paesi, ma sul ( nanziamen-to della road map c’è ritrosia da parte della Germania e degli Sta-ti del Nord Europa. Vorrebbero più sacri( ci e maggior sicurezza economica dagli Stati in so7 eren-za dell’Europa mediterranea. “Gli euro project bond, infatti, sono titoli sottoscrivibili da tutti, ma dovrebbe essere l’Europa a forni-re capitali di rischio alle società di progetto destinate a realizzare le opere superstratetigiche. Risorse pubbliche e private catalizzate da capitale di rischio europeo. “Del resto -evidenzia Cancian- la road map serve a rilanciare la cresci-ta dell’intera Europa e non solo di quella parte che va più lenta”.

Venezia e Trieste

“L’Italia assume un ruolo privi-legiato, l’Alto Adriatico è desti-nato a diventare la nuova rot-ta delle merci. Il Nordest sarà uno dei pivot- sottolinea Paolo Costa presidente dell’Autorità Portuale di Venezia- del siste-ma delle esportazioni europee, grazie allo spostamento ad est del baricentro dell’economia del vecchio continente, la continua

e forte crescita del far East asiati-co, sempre più mercato di desti-nazione dell’export occidentale e la crescita attesa della sponda nordafricana ed asiatica del Me-diterraneo. La novità del governo italiano, presentata anche nell’ul-timo dpef, è l’attenzione riservata alle infrastrutture che permettono di realizzare gli archi e i nodi di interconnessione tra i corridoi e lo sbocco al mare. Tutti i corridoi vanno in mare, l’Italia ha imma-ginato di identi( care gli sbocchi di questi corridoi in cinque gran-di sistemi portuali: alto Tirreno, alto adriatico, campano, pugliese, siciliano. Quello alto Adriatico ita-liano deve essere integrato con i porti Napa . Il Napa, (l’associazio-ne che raggruppa e rappresenta i porti di Venezia, Ravenna, Trieste, Capodistria e Fiume) diventa uno dei cinque sistemi portuali su cui si punta per diventare davvero con-correnti con i porti del mare del Nord. Utilizzando i cinque porti dell’alto Adriatico - spiega Costa-come se fossero banchine dello stesso porto, (ognuno è attrezzato a ricevere navi ( no a 12 mila ton-nellate di container) tutti insieme possano fare quei milioni di teu (ossia container) capaci di ren-dere la via Adriatica competitiva con Rotterdam. Oggi, in Adriati-co, passano 2 milioni di teu contro

La rotta dell’alto AdriaticoNei porti Napa prevista una crescita del volume di merci del 348%

Focus

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Focus

canale navigabile. Vanno implementati i raccordi ferroviari, ma non c’è molto da fare: sulla Ponteb-bana verso Tarvisio siamo a posto, an-che la rete stradale ha solo una strozza-tura a Verona, verso il Brennero, e" cien-ti anche le direttrici verso Bologna, verso Trieste attendiamo l’ alta capacità. Con piccolissimi raccor-di si sfruttano strut-ture già esistenti. La strategia dell’o7 sho-re è proprio fare in-vestimenti che con-sentano di mettere in valore aree enor-mi come Portomar-ghera e infrastrut-ture sotto utilizzate. La direzione della privatizzazione è an-che quella indicata da Marina Monassi presidente del Porto di Trieste, per essere più = essibili e rapidi nelle azioni di rilan-cio della portualità.

Ravenna

“NAPA ha già rag- giunto, col suo na-scere e con l’azio-ne ( n qui svolta,

un obiettivo fondamentale: af-fermare, per la prima volta da un secolo, il nord Adriatico come un ambito geogra( co e lo-gistico di primaria importan-za su scala europea, sia a livello di riconoscimenti (reti TEN-T, “core ports”) così come a livello di brand, dichiara il Presidente dell’Autorità Portuale di Raven-na Galliano Dimarco. Un risul-tato da non disperdere, ma dasviluppare nel prossimo futu-ro. Per farlo è ormai necessario un aggiornamento strategico, un vero e proprio Piano Strategico di NAPA che, nel riconoscimento dell’articolazione di questo insie-me (5 porti in 3 Paesi) sappia indi-care alcune direttrici fondamen-tali di questa associazione così innovativa e importante. Ci sono da ra7 orzare le nostre relazioni con Bruxelles per consolidare i ri-sultati ottenuti e per aprire nuovi tavoli di discussione, ad esempio sulle autostrade del mare allarga-te al sud-med, o sulla omogeneiz-zazione dei controlli pubblici, c’è da operare per una forte integra-zione telematica tra porti. C’è da ra7 orzare in una chiave nuova un disegno più e" cace di promozio-ne comune, pur consapevoli che siamo in “coopetition” e uno dei nostri porti (Koper) è ente re-golatore e impresa ad un tempo. Possiamo riuscirci se riconfer-miamo ogni giorno con le nostre azioni concrete l’assunto dal qua-le siamo partiti: insieme siamo più forti della semplice somma

di ciascuno”. Il Porto di Raven-na è in attesa della delibera del Cipe, di assegnazione de( nitiva dei 60 mln per la realizzazione del progetto dell’Hub che preve-de l’escavo dei fondali a -13,50 mt nella sua prima fase. L’anali-si costi bene( ci messa a punto dall’Autorità portuale, conferma che l’investimento pubblico e pri-vato per la realizzazione delle due fasi del progetto “Hub portuale di Ravenna” produrrebbe alme-no 350 milioni di euro diretta-mente nel settore della logistica e 1.100 milioni a livello di sistema

economico nazio-nale, considerando anche la ( liera a ser-vizio del settore, ge-nerando oltre 2.700 posti di lavoro.

I porti Napa

L’Associazione dei Porti del Nord Adriatico (NAPA) pro-muove il Nord Adriatico presso gli operatori internazio-nali e le Istituzioni europee. Sostiene lo sviluppo coor-dinato di infrastrutture marittime, stradali, ferroviarie e tecnologiche.

Il NAPA, Associazione dei Porti del Nord Adriatico (North Adriatic Ports Association) è stato fondato nel marzo 2010 dalle Autorità Portuali di Ravenna, Vene-zia, Trieste e Capodistria (Slovenia). Il Porto di Fiume è diventato membro a pieno titolo nel novembre 2010.

Il NAPA è stato creato per venire incontro a problemi comuni che i porti stanno a* rontando. I membri del NAPA cooperano in diversi campi, dal miglioramento delle connessioni terrestri (particolarmente quelle fer-roviarie) alla costruzione di un “Single Window System” integrato.

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N. 3 - Novembre 2012

di Ivan Gabrielli

Un anno fa la " ne del governo Ber-lusconi e della sua esperienza di sotto-segretario al mini-stero dei Trasporti.Quattro anni di la-voro, un’eredità im-portante lasciata al governo Monti, ai suoi successori. Ma con l’estate è acca-duto qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato, la cancel-lazione, da parte di Palazzo Chigi, della Consulta generale per l’Autotrasporto e la Logistica, da lei presieduta, sacri" -cata sotto l’ascia del-la spending review.“Senza volere sol-levare polemiche ritengo che la chiu-sura della Consulta sia stato un autogol, un errore al quale il governo non ha saputo porre rime-dio. È comprensibi-le che un esecutivo di tecnici abbia una certa inesperienza, si sono lasciati scap-pare anche il bloc-co dei tir a gennaio, prima in Sicilia, poi a livello nazionale. Il professor Mario Deaglio, noto eco-nomista, marito del ministro Fornero, dice che del previsto calo del Pil del 2,5% di quest’anno, alme-no lo 0,6%, ossia 9 miliardi di euro, di-pendono dalla gelata

non ha mandato avanti. Si tratta di un bel piano, inte-ressante, spero che il governo riesca a portare a casa qual-che risultato. Abbia-mo tutto l’interesse, come italiani, che le misure dell’esecutivo abbiano successo e che si trovi presto lo spazio per fare par-tire una nuova fase”.

Logistica e au-totrasporto, due elementi stret-tamente legati.“Il piano della lo-gistica interessa da vicino il mondo dei trasporti. Nel corso degli anni al mini-stero abbiamo la-vorato su tre livelli. Primo, all’autotra-sporto che era in crisi, nella crisi eco-nomica peggiore del Dopoguerra, abbia-mo dato ingenti ri-

in agricoltura e dal blocco dei tir di gennaio. Il blocco sarebbe in-fatti costato al Paese almeno 3 miliardi di euro. Capisco l’ine-sperienza, che ha fatto sì che scat-tasse quel blocco, ma se avessero utilizzato il dialogo, anche con i più piccoli, i protestatari, forse sarebbe andata diversamente. La Consulta è dunque stata sciolta, e pensare che Obama, negli Sta-ti Uniti, ha istituito recentemen-te un organismo che ha le stesse funzioni. Teniamo conto che nel documento di indirizzo sull’atti-vità del ministero, redatto a inizio anno e ( rmato dal ministro Pas-sera, si parla dell’importanza del-la Consulta, a pagina 7. A pagina 18 si dice invece che l’ine" cienza logistica costa tantissimo al Pae-se, 40-50 miliardi l’anno e che è necessario portare al Cipe il Pia-no nazionale da noi completato”.

Chi custodisce oggi il Piano nazionale della logistica 2012?“È passato al ministero, che ha di-rigenti competenti, che però han-no meno attitudine al rapporto con gli operatori logistici e con il territorio. In un anno e mezzo di lavoro dedicato al Piano del-la logistica abbiamo organizzato cento incontri, abbiamo parlato con 5 mila operatori, ascoltando i loro punti di vista, confrontan-doci. Il più importante mana-ger logistico italiano nel mondo, Roberto Rossi, mi ha scritto una mail incandescente. Rossi dice che il valore del nostro Piano sta nel fatto che al ( anco dell’analisi di quello che non va ci sono indi-cazioni precise sul da farsi, e che queste sono frutto di una concer-tazione. Prendiamo il Piano della logistica 2006, bello ma generico, e quello del 2012, si vede la dif-ferenza. Il Piano della logistica 2012 si può portare al Cipe e met-tere in moto. Lo si può fare par-tendo dalle azioni a costo zero,

come lo sportello unico doganale.Non capsico perché ci sia questo timore reverenziale da parte del ministero dei Trasporti rispetto alle dogane. Tutti gli operatori di-cono che la prima causa dell’ine" -cienza del Paese, che ci fa perdere tra" co trasportistico/logistico, è data dai controlli dentro i porti. I tempi, dicono gli operatori sviano il tra" co dai nostri porti a favore degli altri approdi d’Europa. Non so perché si voglia aspettare an-cora. Noi abbiamo proposto una norma a costo zero che il governo

Una buona logistica, benzina per il PaeseIncontro con l’ex sottosegretario ai Trasporti Bartolomeo Giachino.

L’uomo del Piano della logistica e dei costi minimi di sicurezza

Bartolomeo Giachino, ex sottosegre-tario ai Trasporti

Ipse dixit

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N. 3 - Novembre 2012Ipse dixit

sorse economiche, compresi l’Ecobo-nus, il fondo di ga-ranzia al credito, lo sconto sul bollo. Secondo, abbiamo aperto il tavolo con la committenza, un confronto a tre, an-che se poi, purtrop-po, da quel tavolo si è s( lata Con( n-dustria. In questo modo sono venuti fuori i costi minimi di sicurezza. Que-sti rappresentano il tentativo di riequi-librare il rapporto tra la committen-za e l’autotrasporto. Oggi il committente ha un potere note-vole mentre l’auto-trasporto è in condi-zione di debolezza, abbiamo cercato di riportare equilibrio, pensando alla sicu-rezza complessiva: i costi dell’autotra-sporto non possono andare sotto le mi-sure della sicurezza. Terzo elemento sul quale abbiamo lavo-rato è il Piano della logistica, consape-voli del fatto che se noi miglioriamo l’ef-( cienza logistica del Paese i primi che ci guadagnano sono gli autotrasporta-tori. Se riduciamo i tempi d’attesa, la congestione, il loro operare si sempli-( ca nettamente. Se poi lavoriamo sullo sportello dogana-le e diminuiamo la perdita di tra" ci a favore di altri porti, aumenta la doman-da di trasporti nei confronti dei nostri porti. Se a7 rontiamo il tema del franco fabbrica e del franco destino, recuperia-mo in( ne quote di trasporto che oggi

lasciamo nelle mani degli opera-tori stranieri. Per il mondo dell’au-totrasporto abbiamo avuto un approccio organico. Purtroppo la caduta del governo Berlusconi ha interrotto questo lavoro, e adesso, con lo scioglimento della Con-sulta, si rischia di vani( care un risultato positivo. Noi abbiamo dato importanti risorse, 800-900 milioni in più al mondo dell’au-totrasporto, abbiamo approvato i costi della sicurezza e abbiamo approvato il piano della logistica”.

Quella con la committen-za è una frattura sanabi-le? Dove nasce il problema?“Con( ndustria cerca di pagare il costo del trasporto più basso possibile, giocando sul fatto che arriva la concorrenza dei tra-sportatori dell’est, che hanno un costo del lavoro molto più bas-so. Con( ndustria vuole le con-dizioni del libero mercato, che però si scontrano con l’interesse nazionale che è determinato dal-la sicurezza. Le imprese di auto-trasporto italiane, per reggere la concorrenza di quelle straniere, dovrebbero o sottopagare i pro-pri trasportatori, o non versare i contributi, l’Iva, per mantenere i prezzi al di sotto delle condizio-ni minime. In ogni caso penso che si possano fare dei migliora-menti alla norma, anche con la disponibilità della committenza”.

In che modo migliorarla?“Va ricostituito un tavolo di con-fronto. Quello che è noto è che da oltre un anno la committen-za ha lanciato dei messaggi ad una parte del mondo dell’auto-trasporto, la Fita, per cercare di trovare delle risposte. Bisogna cercare il rapporto con la com-mittenza, alcune rigidità devono essere messe da parte, sono con-vinto che, a fronte di una dispo-nibilità della committenza, l’auto-trasporto dovrebbe essere pronto a trovare una soluzione alla nor-ma, che la renda accettabile da tutto il mercato nell’interesse del Paese. L’interesse dell’Italia è che i trasporti siano e" cienti, la lo-gistica altrettanto, che le azien-de italiane di trasporto guada-gnino, siano competitive e che ci sia più sicurezza sulle strade”.

Lei ha spesso parlato di Piano della logistica di vocazione eu-ropea.“L’UE grazie all’azione porta-ta avanti dal ministro Matteo-li e dal presidente Berlusconi, il 19 di ottobre del 2011 ha scelto i dieci corridoi strategici che col-legheranno e" cientemente l’Eu-ropa nel futuro, in modo tale da consentire un maggiore utilizzo del trasporto su rotaia delle mer-ci. Di quei dieci corridoi quattro passano per l’Italia, si incrocia-no in Italia e potenziano il ruolo logistico del nostro Paese. Questi incroci ra7 orzano i nostri porti, li rendono più vicini al mercato mondiale dei trasporto. Abbiamo una condizione di favore che si realizzerà tra 10 anni quando sa-ranno realizzate le infrastrutture. Noi nel Piano della logistica dicia-mo che in attesa che queste ope-re si realizzino, e che si arrivi alla situazione ideale, si deve comin-ciare a lavorare oggi, a migliorare l’e" cienza logistica di ciò che già c’è. Come farlo? Con le azioni che ci hanno indicato gli operatori. Se noi tagliamo ogni anno l’ine" -cienza logistica di 10 punti, come Paese ci guadagniamo 4-5 miliar-di all’anno di minore ine" cienza”.

Quale contributo possono dare le vie del mare? L’Eco-bonus è una parti-ta ancora aperta?“Le autostrade del mare sono anello centrale dell’inter-modalità, tassello fondamentale del Piano della logistica. In quanto all’Eco-bonus con( do che l’Europa alla ( ne ca-pisca. Se due anni fa i ministri dei Tra-sporti di tutta l’U-nione la de( nirono la miglior pratica intermodale, non vedo perché oggi debbano mettere in discussione il fat-to che l’Italia abbia prorogato il provve-dimento per il 2010 e il 2011. I soldi sono già stanziati per es-sere utilizzati, spero che alla ( ne preval-ga il buon senso”.

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di Andrea Tre# letti

La crisi econo-mica, l’impe-gno del gover-

no nell’arginarla, la necessità di favorire la crescita puntando sulla realizzazione di infrastrutture pos-sibili e necessarie. Sono i tasselli di uno scenario dal delicato equilibrio al quale Palazzo Chigi, con-sapevole di quanto lo sviluppo e l’infra-strutturazione siano tra loro strettamente legati,sta lavorando da tempo. All’esi-genza di non perde-re ulteriore prezioso tempo nella realiz-zazione, nell’imple-mentazione e nel completamento di strade, ferrovie, por-ti, interporti, oc-corre a" ancare una progettualità mirata che punti alla razio-nalizzazione delle ristrette risorse di-sponibili. Obiettivo, minor spesa e mas-sima resa, abbando-nando (al momento) i progetti faraonici e favorendo la costru-zione di opere eco-nomicamente so-stenibili, e che non portino a devastare ulteriormente i con-ti pubblici. Eloquen-te il caso della linea ferroviaria Catania-Palermo, la cui velo-cizzazione “lowcost” è da tempo sostenu-ta dal nostro gior-nale e, in modo bipartisan, dalla politica siciliana.

della velocità. La mancata realizza-zione di una varian-te non incide quin-di soltanto per la sua lunghezza, ma trascina a velocità piùbassa almeno i 2 Km ad essa adiacen-ti. In linea generale gli oneri da a7 ron-tare per la realizza-zione di un tratto in variante sono di gran lunga superio-ri rispetto a quelli necessari per i pic-coli spostamenti. L’unico modo per contenere le spese è quello di ridurre al minimo l’inciden-za dei tratti a nuo-vo rispetto al totale del percorso senza snaturare il ( ne ul-timo dell’interven-to. Questo obiettivo può essere ottenuto soltanto operando le modi( che non in modo isolato sul-la singola curva ma agendo sul tracciato nel suo complesso in maniera da generare spostamenti di7 usi di piccola entità ri-ducendo l’estesa dei grandi spostamenti.La tecnica è già sta-ta sperimentata con successo anche nel contesto dei lavo-ri di velocizzazione della linea Paler-mo–Agrigento dove varianti di proget-to con spostamenti rilevanti sono sta-te riportate entro la sede ferroviaria esistente ottenendo comunque il previ-sto miglioramento

Il caso della ferrovia Catania-Palermo.

Ridurre i tempi di percorrenza della tratta ferroviaria Catania – Palermo è argomento dibattu-to ormai da tempo.Idee e studi si sono succeduti per anni ma senza giungere a compimento. Ultima in ordine di tempo è la bretella che da Catenanuova, attraversando i Nebrodi dovrebbe congiungersi alla linea Palermo – Messina in corrispondenza di Castelbuono.

Oltre 5 miliardi di Euro i costi e 18/20 anni per la realizzazione.

E nel frattempo? Chi armato di coraggio volesse intraprendere il viaggio in treno metta in conto dalle quattro alle cinque ore per percorrere il tragitto. Per scon-giurare il ripetersi del fenome-no “ponte sullo stretto” si sono avanzate proposte alternative ed una di queste porta la ( rma del-la fondazione Sabir. Perché non sfruttare al massimo il traccia-to esistente velocizzandolo con la creazione di varianti in corri-spondenza dei punti più critici? Ispirandosi a questa ( loso( a lo studio di progettazione ferrovia-ria CLF Catania ha condotto uno

studio di fattibilità esaminando, a partire dai tabellini u" ciali delle curve in uso presso RFI, i 156 Km di linea che vanno dalla stazione di Lercara Diramazione alla stazione di Catania Bicocca. Sono stati in-tenzionalmente esclusi dalla trat-tazione i primi 77 Km (Palermo C.le–Lercara Diramazione) già in-teressati dai lavori di velocizzazio-ne della linea Palermo-Agrigento. L’intento è quello di ottenere il massimo in termini di prestazio-ni riducendo al minimo gli spo-stamenti del binario in modo da sfruttare la sede storica abbattendo l’incidenza dei costi legati all’espro-prio dei terreni ed alla realizzazio-ne di opere civili.La velocizzazione “low-cost” passa anche attraverso l’utilizzo di treni pendolino che consentono di attivare nel percor-so il rango P di velocità,ed attra-verso la razionalizzazione delle fermate riducendole a tre / quattro in tuttala linea. Il criterio seguito è quello di creare tratti con velo-cità omogenea di estesa superiore a 2 Km (come imposto dalle nor-me) modulando il nuovo tracciato con piccoli spostamenti (entro i 50 cm). Le varianti sono invece con-centrate in corrispondenza di quel-le curve che, per il raggio ridotto, interromperebbero la continuità

Opere “low cost” per modernizzare e velocizzare il Paese

Il caso della ferrovia Catania-Palermo

Progetti per l’Italia

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di velocità con no-tevole risparmio sui tempi di esecuzione e sui costi delle ope-re civili connesse.

Gli interventi pre-vistiGli interventi pro-gettati si posso-no suddividere in:

1. Piccoli spo-stamenti di entità non superiore a 15 cm che interessano l’88% del percorso per un’estesa com-plessiva di 137 Km.

2. Piccoli sposta-menti di entità com-presa tra 15 e 50 cm che interessano il 5% del percorso per un totale di 8 Km.

3. Varianti di trac-ciato con sposta-mento non supe-riore a 5m rispetto alla sede storica, per il 7% del per-corso con un’este-sa totale di 11 Km.Gran parte dei 14 interventi previ-sti possono essere realizzati senza al-cun intervento di esproprio con no-tevole risparmio sui tempi e sui costi di realizzazione.

4. Un unico inter-vento in corrispon-denza dell’imbocco della galleria Maria-nopoli che si rende necessario al ( ne di garantire omo-geneità di velocità a 140 Km/h in ran-go P per un’estesa di 10 Km. Si preve-de un allargamento di circa 70 cm del-la canna del tunnel per i primi 20÷30 m in modo da cre-are le condizioni per l’inserimento

del nuovo tracciato.

Lo studio prevede anche la valo-rizzazione della stazione di Bicoc-ca che presenta tutte le caratteri-stiche in termini di fruibilità, di raggiungibilità e di spazi per fun-gere da anello di congiunzione tra la città e la Sicilia occidentale. Tra-sformare questo scalo in un nodo intermodale con aree a parcheg-gio e collegamenti e" cienti verso l’aeroporto ed il centro città è un investimento che giova nell’im-mediato a ridurre i tempi per rag-giungere il capoluogo siciliano, ma può in futuro essere sfrutta-to per servire l’utenza che utiliz-za l’aeroporto “Vincenzo Bellini”.Facendo un bilancio globale dei lavori previsti sui 156 Km che vanno dalla stazione di Lercara Diramazione alla stazione di Bi-cocca si può notare come a fronte di interventi contenuti si acqui-siscono vantaggi notevoli in ter-mini di riduzione dei tempi di percorrenza. La velocità media si attesta sui 112 Km/h in rango C con un risparmio di tempo di ben 16 minuti, per arrivare a 130 Km/h di media in rango P con un risparmio di 27 minuti. Se a que-sti sommiamo i quasi 3 minuti

risparmiati in rango C, che sal-gono a quasi 5 in rango P, nei 34 Km che vanno da Fiumetorto a Lercara Diramazione in virtù dei lavori di velocizzazione in cor-so sulla linea Palermo–Agrigen-to, riusciamo a recuperare più di mezz’ora sulla tabella di marcia portando il tempo di percorren-za totale a 2h15’. In de( nitiva esistono tutti gli ingredienti per modernizzare, in poco meno di due anni e con una spesa preve-dibile intorno ai 300 Mln€, una linea ferroviaria destinata ad es-sere sempre più inutilizzata ed inutilizzabile perché obsoleta ri-spetto alle esigenze dell’utenza.Occorre sottolineare che più del 50% del tratto esaminato è sta-to oggetto di lavori di rinnova-mento negli ultimi 10 anni per cui in questo caso gli interven-ti all’armamento (eccezion fatta per i tratti ricadenti in variante) sono limitati solo alla correzio-ne della geometria con notevole risparmio sui costi dei materiali.Con la redazione di questo pro-getto di massima CLF Catania ha fornito alla politica ed alle isti-tuzioni un elemento concreto su cui basare gli investimenti a breve termine tamponando nel giro di

un paio di anni la grave carenza infra-strutturale in atto. Percorrere la tratta ferroviaria Catania – Palermo in 2h15’ signi( ca renderla utilizzabile ed uti-lizzata liberandola dall’abbandono in cui attualmente ver-sa.Nulla vieta nel contempo di perse-guire un progetto di lungo termine e di più ampio respiro che porti nell’isola anche l’alta velocità.

Progetti per l’Italia

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di Lisa Zanardo

“L’arte della guerra” è il più antico testo di arte militare, risale in-fatti al VI secolo a.C. L’origine antica non deve tuttavia trarre in inganno: questo compendio, scritto da un generale cinese, ha avuto grande in-= uenza nella strategia militare europea, ed i suoi principi pos-sono essere applicati a molti aspetti della vita e dell’economia. Mi è accaduto di ve-dere copia di questo libro sulla scrivania di noti manager azien-dali, che assicurano la validità e la stra-ordinaria attualità di quegli insegnamenti.Fra i tanti, mi colpi-sce quello che a7 er-ma: “In ogni con= itto le manovre regolari portano allo scontro, quelle imprevedibili alla vittoria”. La natura umana ci porta infatti a restare nella nostra “zona di comfort”, ripercorrendo stra-de note e già battute, diminuendo l’ansia e lo stress di nuovi incogniti percorsi. Ma così oggi non si

Quinto potere “Social network: opportunità di business o fenomeno di costume?”

L’angolo dell’ingegnere“Da qualche mese sono entrato a far parte della squadra commerciale di un’azienda di trasporti con sede nel Bresciano. Siamo una azienda di me-die dimensioni, circa 15 milioni di € di fatturato, distribuito su un’ottanti-na di clienti. Tra le mie responsabilità, lo sviluppo della clientela in Italia e nei Paesi dell’Est Europeo.Quali strumenti di promozione commerciale possono essere più e8 caci, considerando anche il particolare momento storico, la < essione dell’indu-stria e di ri< esso del nostro settore?” Giulio A., responsabile commerciale

Il tema del “ritorno sull’investimento” della promozione è dibattuto da anni, e molto complesso da misurare direttamente. Solitamente è un complesso di azioni commerciali ad incrementare il fatturato aziendale, accrescere la “brand awareness”, ampliare la clientela. L’abilità del venditore nel sviluppare la propria rete è indubbia; si possono comunque individuare modalità e stru-menti operativi interessanti:-Dialogo con i clienti esistenti, cui presentare periodicamente (una/due volte l’anno) l’insieme del propri servizi. Spesso i clienti acquistano da un fornitore lo stesso prodotto/servizio, per consuetudine, e per mancata informazione sulla gamma completa o7 erta dall’azienda partner. E’ un po’ la “sindrome del cattivo” nei ( lm: un attore rischia di incatenarsi sempre nello stesso personag-gio, se non propone al pubblico anche altre sfaccettature del proprio talento artistico!E’ importante tenere vivo il legame con i clienti, al di là dell’attività operativa, inviando loro newsletter settimanali, segnalando iniziative e novità aziendali, proponendo occasioni di intrattenimento e confronto quali convegni a tema ed eventi.-Ricerca di prospect e nuovi clienti: qualche anno fa, era di moda l’acquisto di mailing list e contatti da database istituzionali; il bombardamento di proposte commerciale a mezzo mail/sms/telefono ha reso meno e" cace questo canale di comunicazione. E’ da preferire il contatto diretto, che faccia leva su argo-mentazioni quali la conoscenza di settore (ed eventuali referenze di aziende del comparto o di aree di business a" ni) o l’o7 erta-test di un servizio speci( co (ad es. una tratta di trasporto particolare o di una consegna urgente) a prezzi concorrenziali.-In( ne…credibilità e sorriso: tanto meno quanti( cabili, quanto più di valore.

Consigli d’impresa

vince, né si vinceva in Oriente qualche secolo prima di Cristo. L’innovazione dirompente cam-bia il Mondo, e spezza le catene della crisi, consentendoci quel-lo che era inimmaginabile solo qualche decennio fa: comunicare con chiunque, dovunque, senza ( li, con l’ausilio di un “minimal device” di qualche centimetro quadrato, e a costi irrisori. L’estre-ma rivoluzione dell’Web parte da qui, ed è rappresentata dai So-cial Network: hanno surclassato la comunicazione tradizionale, UNO A UNO, tipica del dialogo e della missiva, e la comunicazione UNO A MOLTI, caratteristica dei mass media, radio, TV, giornali.I social network lavorano infatti MOLTI A MOLTI, consentendo la replica in tempo reale, come in alcune modalità dell’UNO A UNO, ed il capillare contatto con una pluralità di soggetti, come nell’UNO A MOLTI. Nati meno di dieci anni fa, la loro progres-siva di7 usione è stata più che esponenziale. Le reti sociali onli-ne consentono di relazionarsi con amici, conoscenti, contatti media-ti, o addirittura con persone sco-nosciute, il cui pro( lo pubblico o semi-pubblico risulti inserito in quel sistema. Fra i Social Network più noti e frequentati vi sono Lin-kedIn, dedicato a contatti profes-sionali, Facebook e Twitter, reti dai contenuti amicali, informa-tivi, di evasione. Dall’ “Arte del-la Guerra” all’ “Arte della Rete”… Social Network fondamentali per il reperimento di informa-zioni, il patrimonio di contatti apre la strada a tante applicazio-ni vincenti nel mondo degli a7 a-ri: la prima campagna elettorale di Obama pare debba gran parte del suo successo ad un aggressi-vo tam-tam sui social network; il 34% delle aziende europee di chiara l’utilizzo delle reti Web per contattare istantaneamente

clienti e partners e riceverne gliaggiornamenti, minimizzando tempi e costi del customer care. Per un’attività imprenditoriale, è quindi importante esserci, ed è oramai impensabile non esserci: fra i manager italiani, il 62% ritie-ne i Social Network fondamentali per il reperimento di informazio-ni, persone, competenze, per ac-crescere la visibilità del brand, per aggregare idee di team geogra( -camente dispersi; oltre alle op-portunità di crescita ed espazione commerciale, si segnala anche un positivo impatto sull’e" cienza, con la riduzione di meeting e tra-sferte ed il conseguente miglio-ramento della qualità del lavoro. Tutti ‘Pro’? Certamente no! La co-municazione virtuale non sosti-tuisce la vecchia “stretta di mano”, il classico “guardarsi negli occhi”, e sicuramen te esaspera l’indivi-dualismo e la macchinosità delle relazioni interpersonali odierne.

E’ molto più sempli-ce, ma meno carico di sana ed e" cace emo-tività, mandare una mail o un “tweet” per esprimere un’attitudi-ne, uno stato d’animo, sia esso di disappunto o di entusiasmo. La tecnologia ha azzera-to i con( ni ma sen-za dubbio ha diluito le emozioni, di cui si nutre la nostra anima, e di cui anche il mon-do dell’imprenditoria e delle professioni è inevitabilmente per-meato, soprattutto nei periodi più turbo-lenti. Queste dunque le nuove praterie su cui combattere e vin-cere: l’innovazione genera innovazione.

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N. 2 - Luglio 2012