La Voce - 2/2015

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Bollettino bimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n o 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Anno LIX • Marzo-Aprile n. 2/2015 delle Figlie di S. Maria della Provvidenza Opera Femminile Don Guanella Anno Santo apriamo le porte del cuore alla divina misericordia

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delle Figlie di S. Maria della Provvidenza, Opera Femminile Don Guanella

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Anno LIX • Marzo-Aprile • n. 2/2015

delle Figliedi S. Maria della ProvvidenzaOpera Femminile Don Guanella

Anno Santoapriamo le porte del cuore

alla divina misericordia

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In copertina: Angolo Svizzera del Canton Grigioni.Foto di suor Kim Adrian fsmp

Periodico bimestraledelle Figlie di S. Maria della Provvidenza

Opera Femminile Don Guanella•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••CASA GENERALIZIA DELLA CONGREGAZIONEDELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA PROVVIDENZAPiazza S. Pancrazio, 9 - 00152 RomaTel. 06.58.82.082 - Fax 06.58.16.392 - www.cgfsmp.org

Direzione: Suor GIUSTINA VALICENTI

Amministrazione: Suor LETIZIA [email protected]

Redazione: Suor MARIA TERESA NOCELLATel. 06.58.09.361 - 06.58.99.043 - [email protected]

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Finito di stampare nel mese di aprile 2015

ANNO LIX - N. 2 MARZO-APRILE 2015

1 Francesco indice l’Anno Santo della Misericordia

CHIESA NOSTRA MADREPapa Francesco 2 La Chiesa senza Maria è orfanaP. François-Marie Léthel ocd 4 I Dottori carmelitani e la Sponsalità cristologicaDon Dolindo Ruotolo 7 Atto di abbandono a Gesù

FAMIGLIA GUANELLIANA

Michela Carrozzino fsmp 9 «Come fieno sotto la falce». Don Guanella fra i terremotati della Marsica (1915•2015)Prof. Carlo Laudazi ocd 16 Il Cuore di Gesù nella spiritualità di don Luigi GuanellaDon U. Brugnoni sdc 19 Venerabile mons. Aurelio BacciariniP. Alfonso Crippa sdc 24 Seguendo la beata Chiara Bosatta. Suor Chiara: occhi coraggiosi alla scoperta del volto di Dio e della provvidenza del Padre

FINESTRE SUL MONDOFrancesco Sapio 28 Maggiore fiducia ai giovaniSuor F. Vendramin fsmp 31 Nuovo Museo Africano di Verona

VOCI DAL SILENZIOUna lettrice mamma 35 Negli occhi dei nostri figli

VIVERE LA FESTAA cura di suor M.T. Nocella 37 Mamme mamme mamme

TESTIMONIANZEGiovanni Paolo II 44 Gianna Beretta MollaS. Todeschini cdb 46 Le mamme dei nostri SantiA cura della Redazione 51 Mamma Rosa (Beata Eurosia Barban)PP. Dehoniani 53 Le mamme di Lu Monferrato

VOCE FAMIGLIAPapa Francesco 55 Comunicare: la famiglia ambiente privilegiato

dell’incontro nella gratuità dell’amorePapa Francesco 57 Il matrimonio e la crisi di fedeAA.VV. 58 Per voi sposi 61 Per i più piccoli da colorarePapa Francesco 63 La pagina dei ragazzi. È importante e bello

andare a Messa la domenica 65 La pagina dei ragazzi. Martiri oggi nel nome

di Gesù

PROPOSTE GIOVANI 66 Giovanni Paolo II racconta la sua vocazione

VITA GUANELLIANALipomo (Casa Beato Luigi Guanella): 70• Roma (Casa S. Pio X): 71 • Roma (Reda -zione): 72 • Filippine (Manila, Case gua -nelliane): 77 • Gaeta (Santuario MontagnaSpaccata): 80 • USA (Syracuse, N.Y. - Daughters of St. Mary of Providence): 81 •Svizzera (Tesserete): 83 • Belgioioso (CasaSan Giuseppe): 85 • Fratta Polesine (CasaSacra Famiglia): 87 • Loreto (Casa Beato Lui-gi Guanella): 89 • Trecenta (Casa Sant’Anto-nio): 90

NELLA CASA DEL PADRESuor Carmela Marano: 91 • Suor Antonia Ma-nera: 92 • Suor Gertrude Erne: 93 • Suor An-gela Gina Cappelletto: 94 • Suor FranchinaMarchese: 94 • Suor Maria Borrelli: 95 • Si-gnora Piera Butti: 95

Sommario

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1La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2015

FRANCESCOindice l’Anno Santodella Misericordia8 dicembre 2015 - 20 novembre 2016

Ai lettori

Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chie-sa possa rendere più evidente la sua missione di esseretestimone della misericordia. È un cammino che iniziacon una conversione spirituale; e dobbiamo fare que-sto cammino. Per questo ho deciso di indire un Giubi-

leo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio.Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere allaluce della parola del Signore: «Siate misericordiosi come il Padre» (cfr. Lc 6,36). E questo specialmente per i confessori!Tanta misericordia!

Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Im -macolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e voltovivo della misericordia del Padre. Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione dellaNuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia.

Sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ri -cevere misericordia, perché siamo peccatori, potrà trovare inquesto Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la mi -sericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare con-solazione ad ogni uomo e ad ogni donna del nostro tempo. Nondimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre.Non ci stanchiamo di chiedere perdono. Affidiamo fin d’ora questo Anno alla Madre della Misericordia, perché rivolga anoi il suo sguardo e vegli sul nostro cammino: il nostro cam -mino penitenziale, il nostro cammino con il cuore aperto, durante un anno, per ricevere l’indulgenza di Dio, per ricevere lamisericordia di Dio.

Venerdì, 13 marzo 2015

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CHIESA NOSTRA MADRE

Papa Francesco

M

«Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,Santa Madre di Dio...».

La Chiesa senza Mariaè orfana

aria è colei che sa trasformareuna stalla per animali nella casadi Gesù, con poche fasce e una

montagna di tenerezza. Ed è anche capace difar saltare un bambino nel seno di sua ma-dre, come ascoltiamo nel Vangelo che rac-conta la visita di Maria ad Elisabetta.È capace di darci l’allegria di Gesù. Maria èfondamentalmente madre. «Ma, Madre è po-ca cosa; no, Maria è Regina, è Signora...».

Il cristiano non è orfano:ha una Madre!

Perché? Perché ti ha portato Gesù. Vi raccon-to un aneddoto molto doloroso per me. Saràstato negli anni ’80, in Belgio, dove ero anda-to per una riunione. Buoni cattolici, lavorato-ri. Mi invitarono a cena per un matrimonio.Vari figli. Cattolici. Erano professori di teolo-gia, studiavano molto, e per il tanto studiare,avevano un po’ di febbre in testa...E allora, ad un certo punto della conversazio-ne parlavano di Gesù – molto bene, eh? Vera-mente una teologia, una cristologia, moltoben fatta – e alla fine mi dissero: «Noi, cono-scendo già Gesù così, non abbiamo bisognodi Maria, per questo non abbiamo devozionemariana».Io rimasi gelato, questo mi rese triste, mi fecestare male. Come a dire che il demonio sottouna forma «migliore» toglie ciò che è meglio.Paolo dice che si traveste da angelo della lu-ce. Ed è una Maria senza maternità.Maria è Madre. Primo, non si può concepirenessun altro titolo di Maria che non sia «laMadre». Lei è Madre, perché genera Gesù eci aiuta con la forza dello Spirito Santo, per-ché Gesù nasca e cresca in noi.È colei che continuamente ci sta dando la vi-ta. È Madre della Chiesa. È maternità. Non

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abbiamo il diritto – e se lo faccia-mo, ci sbagliamo – ad avere unapsicologia da orfani. Ossia il cri-stiano non ha diritto di essere or-fano.Ha una Madre! Abbiamo unaMadre!Un anziano predicatore, congrande vivacità, parlando a que-sti tipi con psicologia da orfani,terminò il suo sermone dicendo:«Bene, quello che non vuole Ma-ria come Madre, l’abbia comesuocera!».Madre. È una madre, che non so-lo ci dà la vita, ma che ci educanella fede. È diverso cercare dicrescere nella fede senza l’aiutodi Maria. È un’altra cosa.È come crescere nella fede, sì,nella Chiesa sì, ma in una Chiesaorfanotrofio, no? Una Chiesasenza Maria è un orfanotrofio.

Un devoto di Maria non si condanna

Quindi Maria ci educa, ci fa cre-scere, ci accompagna, tocca lecoscienze. Come sa toccare la co-scienza per il pentimento.A me piace – ancora oggi lo fac-cio, quando ho un po’ di tempo –leggere le storie di sant’ Alfonso

Maria de’ Liguori – sono cose dialtri tempi: il modo di racconta-re... ma sono verità – dove rac-conta, dopo ogni capitolo, unastoria edificante di Maria...Nel Sud d’Italia – non so se inCalabria o in Sicilia – c’è la devo-zione alla Vergine dei mandarini,in una zona dove ci sono moltimandarini. E sono devoti dellaVergine dei mandarini i cialtroni,i ladri. Questi sono devoti.E dicono che la Vergine dei man-darini li ama e la pregano, per-ché quando andranno in Cielo –Lei guarda la coda della genteche arriva... e quando vedrà unodi loro, gli farà così con la manoe dirà loro di non passare e dinascondersi. E nella notte, quan-do sarà buio e non ci sarà sanPietro gli aprirà la porta!È un modo molto folcloristico emolto popolare, di una veritàmolto grande, di una teologiamolto grande: una madre siprende cura di suo figlio fino allafine e cerca di salvargli la vita fi-no alla fine. Da qui la tesi disant’Alfonso Maria de’ Liguoriche un devoto di Maria non sicondanna.La prima Antifona mariana occi-dentale è copiata da una orienta-le che dice: «Sotto la tua prote-zione, cerchiamo rifugio SantaMadre di Dio». È la prima, la piùantica di Occidente.Questa però viene da una vecchiatradizione, che i mistici russi, imonaci russi, esprimono così:«Nei momenti di turbolenza spi-rituale, non ci resta altro che cer-care rifugio sotto il manto dellaSanta Madre di Dio», quella cheprotegge, quella che difende.Ricordiamo l’Apocalisse: «Quellache esce con il bimbo in braccio,correndo, perché il drago non di-vori il bambino».Per tanto che conosciamo Gesù,nessuno può dire di essere tantomaturo da prescindere da Maria.Nessuno può prescindere dallasua Madre... Il cristiano non puòessere un orfano, perché ha Ma-ria come Madre.

A Schoenstatt,25 ottobre 2014

MARIA MISTERODI DONO

Maria è il canale misterioso,l’acquedotto attraversoil quale egli fa passaredolcementee abbondantementele sue misericordie.

Maria, la sola creaturacoinvolta intimamentecon il Mistero di Gesù,Figlio di Dio, mandatodal Padre nel mondoa portare a termineil progetto di salvezzauniversale.

I fiori che adornavanoil Paradiso sono il simbolodelle virtù che adornavanol’anima di Maria.

L’arca ordinata da Dioe costruita da Noè per salvareil genere umano.Maria, predestinata da Dioper essere Corredentricedegli uomini.

La colomba col ramoscellod’ulivo simboleggia Maria:in lei si incontranoi tratti caratteristici:il candore, la tenerezza,la solitudine.

La torre di Davidche rende forti è Maria.Maria è il roveto ardente.Fornace ardentedi continua carità.

Torre di David.Maria, mistica torre di DavidTorre bellissima,torre altissima,torre fortissima,sicuro rifugio.

A. A. Tozzi scic

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Il cristiano non può essere un orfano,perché ha Maria come Madre.

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lenza i Dottori della Sponsalitàcristologica, e mi sembra moltoimportante insistere oggi su que-sto punto. Infatti, il «sospetto»radicale che ha caratterizzato lagrande crisi del ’68 ha messo nel-l’ombra la paternità e la materni-tà, e ancora di più la sponsalità.Anche nel nostro ambiente car-melitano, si vede spesso la ten-denza a minimizzare questo sim-bolo sponsale tanto presente neinostri Dottori, come se non fossepiù attuale e proponibile oggi.Penso che è proprio il contrario.Più che mai ne abbiamo bisogno.Dopo san Giovanni Paolo II, pa-pa Benedetto XVI ci ha invitato ariscoprire tutta la bellezza del-l’Amore sponsale, in tutte le suedimensioni, sia nel matrimonio,sia nella vita consacrata, a parti-re dal suo centro che è CristoSposo. È molto significativo ilfatto che nella sua prima encicli-ca Deus Caritas est, il Papa eme-

rito ha superato la falsa opposi-zione tra eros e agape, osando af-fermare con Dionigi Areopagita,che «l’eros di Dio per l’uomo è to-talmente agape» (nn. 9 e 10). Equesto Dio così innamoratodell’uomo è al centro dell’espe-rienza e dell’insegnamento deinostri tre Dottori.Teresa d’Avila ha osato scrivereun commento sul Cantico deiCantici, intitolato Pensieri sul-l’amore di Dio, e lo stesso testobiblico sarà fondamentale perGiovanni della Croce e Teresa diLisieux. Al momento della suamorte, Giovanni della Crocechiede ai suoi fratelli di rileggereper lui il Cantico dei Cantici, il te-sto che ha illuminato tutta la suavita e tutti i suoi scritti. Dal pun-to di vista teologico, è lui che cioffre la più completa spiegazionedi questo grande simbolo dell’Al-leanza. Basti ricordare le sue dueprime e più lunghe poesie, nate

I Dottori carmelitanie la Sponsalità cristologica

NP. François-MarieLéthel ocd

Avila, Monasterodell’Incarnazione.

Anonimo (secolo XVII),Lo sposalizio

di Santa Teresa.

el testo delle VII Man-sioni citato sopra, Tere-sa usava la grande sim-bolica biblica del Matri-monio per esprimere la

piena unione con il Signore.

Il grande simbolodello Sposo e della Sposa

Per Teresa come per san Giovan-ni della Croce, la santità consistenell’Unione trasformante espres-sa simbolicamente come Matri-monio spirituale. È un tema clas-sico della mistica medioevale,ma che i nostri tre Dottori car-melitani riprendono e approfon-discono in modo originale, sem-pre da questo punto di vistadell’Orazione. L’Amore di CristoSposo è anche al centro delladottrina di Teresa di Lisieux. Inostri tre Dottori sono per eccel-

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Cristo Gesù. È proprio la santitàcome perfezione della carità, co-me Unione trasformante nel-l’Amore.E come tutti sono chiamati allasantità, tutti sono ugualmentechiamati a questo Matrimoniospirituale, uomini e donne, per-sone sposate e persone consacra-te. Per Teresa d’Avila come perGiovanni della Croce, tutto ilcammino spirituale in Cristo viaè la progressiva realizzazione diquesto Matrimonio spirituale, trail «già» e il «non ancora».Ogni anima è «già» sposata daCristo nel Mistero della Reden-zione e nella Grazia del Battesi-mo, ma «non ancora» pienamen-te sua sposa finche non è arriva-ta alle VII Mansioni!

nel carcere di Toledo, cioè le Ro-manze e il Cantico spirituale. Neidue testi, lo Sposo è sempre Cri-sto e la Sposa è la Chiesa.Ma nelle Romanze, la stessa Spo-sa è dilatata a tutte dimensionidel Cosmo e della Storia, mentrenel Cantico è concentrata nellasingola persona umana, signifi-cata simbolicamente al femmini-le come «l’anima».In fondo è tutta la Storia dellaSalvezza che viene ricapitolata eriassunta nella Storia di un’ani-ma. Sarà il grande tema di Tere-sa di Lisieux, che mostrerà comenella santità, l’anima più piccoladiventa più grande dell’universo:«Io sarò l’Amore, e così sarò Tut-to»! (Ms B, 3v).

Gesù ha sposato ogni anima sulla Croce

Alla luce della Sacra Scrittura edella teologia dei Padri e di sanTommaso, Giovanni della Crocecontempla il fondamento del Ma-trimonio spirituale nei Misteridell’Incarnazione e della Reden-zione.Secondo la bella espressione disan Tommaso, l’Incarnazione eracome «un matrimonio spiritualetra il Figlio di Dio e la Naturaumana» (III q. 30 art. 1).Ed è proprio questo matrimoniospirituale che Giovanni dellaCroce contempla nelle Romanze.Nel Cantico spirituale, lo stessomatrimonio tra Cristo e l’Umani-tà è contemplato nella Redenzio-ne. Commentando la sua poesia,il santo ci offre questa splendidaaffermazione teologica:

All’ombra del melo. Per melointende l’albero della Croce,sul quale il Figlio di Dio ha re-dento, e di conseguenza hasposato la natura umana, e diconseguenza ogni anima, do-nandole sulla Croce la sua gra-zia e i suoi favori, per i meritidella sua Passione (Cant. A, str.28, 1-2).

Nel commento del Cantico B, ilnostro Santo spiega che se Gesù,

S. Teresa di Gesù, riformatrice delCarmelo e dottore della Chiesa.

Tuaa sono, ché mi creasti,tua, ché mi riscattasti,tua, ché mi sopportasti,tua, ché mi chiamasti,tua, perché mi attendesti,tua, ché non andaiin perdizione.

Che vuoi far di me?

Ecco qui il mio cuore, te lo pongonelle mani,

il mio corpo, la mia vita e anima,le mie viscere e i miei affetti;dolce Sposo e Redentore,ché a te mi sono offerta.

Che vuoi far di me?

Dammi ricchezza o povertà,consolazione o desolazione,allegria o tristezza,inferno o il cielo,vita dolce, sol fulgente,poiché intera è la mia resa.

Che vuoi far di me?

Stia in silenzio oppure parliporti frutto o non lo porti,sia la legge per me durao il Vangelo sia dolcezza;stia penando o stia gioiendo,solo tu vivi in me.

Santa Teresadi Gesù

PER TE SONO NATA

Tua sono, per te nacqui,che vuoi far di me?O sovrana Maestà,o sapienza senza fine,bontà ben dell’anima mia;Dio supremo, unico e buono,guarda chi a te in sua viltàoggi canta a te il suo amore.

Che vuoi far di me?

da parte sua, ha sposato ognianima una volta per tutte sullaCroce, invece da parte di ciascu-na anima, questo matrimonio,già realmente contenuto nellagrazia del battesimo, si realizzaprogressivamente «per via di per-fezione, e si compie poco a poco,nei suoi gradi.Anche se si tratta, in fondo, dellastessa cosa, la differenza tra idue consiste nel fatto che uno sirealizza secondo il passo dell’ani-ma e quindi procede lentamente;l’altro, invece, secondo il passo diDio, e quindi si realizza in unasola volta» (Cant B, str. 23, 6).Così, nel Cantico spirituale comenel Castello interiore, il Matrimo-nio spirituale è il grande simbolodella piena unione con Dio in

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L’amore di Cristo abbraccia tutti

Teresa di Lisieux, come san Francesco d’Assisi,insiste sul «già» di questo matrimonio spiritua-le con Cristo. Per san Francesco, nella sua Let-tera ai Fedeli, ogni persona che vive nella caritàè già realmente sposa di Cristo, che sia un uo-mo o una donna, una persona sposata o consa-crata; e non solo sposa, ma anche sorella e ma-dre (Lettera ai Fedeli, Prima Recensione). Teresadi Lisieux mette soprattutto in luce l’aspettosponsale specifico della vita consacrata, viven-do la sua professione religiosa come un veromatrimonio con Cristo. Ciò che lei vive, lo dicealle sorelle e anche al suo fratello spirituale, ilseminarista Maurice Bellière, scrivendogli chela sua anima è «la fidanzata di Gesù» e divente-rà «la sua sposa» al momento del suddiaconato,cioè quando si consacrerà per sempre al Signo-re nel celibato (cfr. LT 220).La bellissima preghiera che Teresa scrive nelgiorno della sua professione è tutta ispirata asan Giovanni della Croce. Chiamando Gesù perla prima volta «mio Sposo divino», Teresa glidice: «Che io non cerchi e non trovi mai che tesolo; che le creature non siano niente per me eio non sia niente per loro, ma tu Gesù, sii Tut-to» (Pr 2). Poi, gli chiede l’Amore infinito,l’estrema piccolezza e alla fine della preghierala salvezza di tutti gli uomini, senza nessunaeccezione. Questa breve preghiera è un vero«manifesto» dell’Orazione teresiana nel suo piùgrande paradosso: è l’amore sponsale di Cristopiù personale, più geloso ed esclusivo; ma è allostesso tempo l’amore più grande, più aperto,che, in Cristo, abbraccia tutti gli uomini salvatida lui. Così nella piccola Teresa come nella

aspettando di contemplarlo ungiorno faccia a faccia» (LT 122).In queste poche parole vieneriassunta, in chiave sponsale, tut-ta la realtà più profonda del-l’Orazione teresiana come vita difede, speranza e carità. È la cari-tà che opera questo «cuore acuore» tra lo Sposo e la Sposa,nella piena reciprocità del donodel cuore, già in questa vita. In-vece la fede non dà ancora il«faccia a faccia» della chiara vi-sione, che è l’oggetto della spe-ranza. n

S. Teresa scrittrice.Celebre quadro di Diego Velasquez

(particolare).

Cristo di sanGiovanni

della Croce(interpretatoda Salvator

Dalì).

Firma autografa della Santa.

grande Teresa, l’Orazione è unformidabile dinamismo missio-nario.Conosciamo tutti la definizioneche la Madre ci offre dell’Orazio-ne nel capitolo 8 della sua Vita:«È un rapporto d’amicizia, untrovarsi frequentemente da soli asoli con chi sappiamo che ciama» (n. 5). Nello stesso senso,la piccola Teresa scrive: «Pensoche il Cuore del mio Sposo è soloper me, come il mio è solo perLui, e gli parlo nella solitudine diquesto delizioso cuore a cuore,

«Cristo ha sposatoogni anima sulla

Croce».

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Atto di abbandonoa GesùDon Dolindo Ruotolo

G

Angolo della preghiera

esù alle anime:Perché vi confondete agitandovi?Lasciate a me la cura delle vostrecose e tutto si calmerà. Vi dico in

verità che ogni atto di vero, cieco, completoabbandono in me, produce l’effetto che de-siderate e risolve le situazioni spinose.Abbandonarsi a me non significa arrovellar-si, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi ame una preghiera agitata perché io seguavoi, e cambiare così l’agitazione in preghie-ra. Abbandonarsi significa chiudere placi-damente gli occhi dell’anima, stornare ilpensiero dalla tribolazione, e rimettersi ame perché io solo vi faccia trovare, comebimbi addormentati nelle braccia materne,nell’altra riva.Quello che vi sconvolge e vi fa un male im-menso è il vostro ragionamento, il vostropensiero, il vostro assillo ed il volere ad ognicosto provvedere voi a ciò che vi affligge.Quante cose io opero quando l’anima, tantonelle sue necessità spirituali quanto in quel-le materiali, si volge a me, mi guarda, e di-cendomi: «Pensaci tu», chiude gli occhi e ri-posa! Avete poche grazie quando vi assillateper produrle, ne avete moltissime quando lapreghiera è affidamento pieno a me. Voi neldolore pregate perché io operi, ma perchéio operi come voi credete... Non vi rivolgetea me, ma volete voi che io mi adatti alle vo-stre idee; non siete infermi che domandanoal medico la cura, ma, che gliela suggerisco-no. Non fate così, ma pregate come vi ho in-segnato nel Pater: «Sia santificato il tuo no-me», cioè sii glorificato in questa mia neces-sità; «Venga il tuo regno», cioè tutto concor-ra al tuo regno in noi e nel mondo; «sia fat-ta la tua volontà», ossia PENSACI TU.Se mi dite davvero: «Sia fatta la tua volon-tà», che è lo stesso che dire: «Pensaci tu», iointervengo con tutta la mia onnipotenza, erisolvo le situazioni più chiuse. Ecco, tu ve-di che il malanno incalza invece di decade-

Chiesa del Gesù,Genova, PP. Gesuiti. Il Sacro Cuore,opera di MattiaTraverso(Genova, 1885-1956).

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re? Non ti agitare, chiudi gli oc-chi e dimmi con fiducia: «Sia fat-ta la tua volontà, pensaci tu». Tidico che io ci penso, che inter-vengo come medico, e compioanche un miracolo quando oc-corre. Tu vedi che l’infermo peg-giora? Non ti sconvolgere, machiudi gli occhi e di’: «Pensacitu». Ti dico che io ci penso.È contro l’abbandono la preoccu-pazione, l’agitazione e il volerpensare alle conseguenze di unfatto. Ci penso solo quando chiu-dete gli occhi. Voi siete insonni,voi volete tutto valutare, tuttoscrutare, a tutto pensare, e vi ab-bandonate così alle forze umane,o peggio agli uomini, confidandonel loro intervento. È questo cheintralcia le mie parole e le mievedute. Oh, come io desidero davoi questo abbandono per bene-ficarvi, e come mi accoro nel ve-dervi agitati! Satana tende pro-prio a questo: ad agitarvi per sot-trarvi alla mia azione e gettarviin preda delle iniziative umane.Confidate perciò in me solo, ri-posate in me, abbandonatevi ame in tutto. Io faccio miracoli inproporzione del pieno abbando-no in me, e del nessun pensierodi voi; io spargo tesori di graziequando voi siete nella piena po-vertà! Se avete vostre risorse, an-che in poco o, se le cercate, sietenel campo naturale, e seguitequindi il percorso naturale dellecose, che è spesso intralciato dasatana. Nessun ragionatore oponderatore ha fatto miracoli,neppure fra i Santi. Opera divinamente chi si abban-dona a Dio.Quando vedi che le cose si com-plicano, di’ con gli occhi dell’ani-ma chiusi: «Gesù, pensaci tu». E distràiti, perché la tua mente èacuta... e per te è difficile vedereil male. Confida in me spesso, di-straendoti da te stesso. Fa’ cosìper tutte le tue necessità. Fatecosì tutti, e vedrete grandi, conti-nui e silenziosi miracoli. Ve logiuro per il mio amore. Io ci pen-serò, ve lo assicuro. Pregate sem-pre con questa disposizione diabbandono, e ne avrete grandepace e grande frutto, anche

rai il mio nome umiliandoti. Mil-le preghiere non valgono un attosolo di fiducioso abbandono: ri-cordatelo bene. Non c’è novenapiù efficace di questa:O Gesù, m’abbandono in te, pen-saci tu! n

quando io vi faccio la graziadell’immolazione di riparazionee di amore che impone la soffe-renza. Ti sembra impossibile?Chiudi gli occhi e di’ con tuttal’anima: «Gesù, pensaci tu». Nontemere, ci penso io. E tu benedi-

LE PROMESSEDI NOSTRO SIGNORE

per i devotidel suo Sacro Cuore

1. Io darò loro tutte le grazie ne-cessarie al loro stato.

2. Metterò e conserverò la pacenelle loro famiglie.

3. Li consolerò in tutte le loro pene.

4. Sarò loro sicuro rifugio in vitae specialmente in punto dimorte.

5. Spanderò copiose benedizionisu di ogni loro impresa.

6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la sorgente e l’oceano infinitodella misericordia.

7. Le anime tiepide si infervoreranno.8. Le anime fervorose giungeranno in breve tempo a grande perfe-

zione.9. La mia benedizione poserà anche sulle case dove sarà esposta ed

onorata l’immagine del mio Cuore.10. Ai sacerdoti io darò la grazia di commuovere i cuori più induriti.11. Le persone che propagheranno questa devozione, avranno il loro

nome scritto nel mio Cuore e non ne sarà cancellato mai.12. A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al

primo venerdì d’ogni mese, io prometto la grazia della perseve-ranza finale: essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno isanti Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuroasilo in quel momento estremo.

La dodicesima promessa è detta «grande», perché rivela la divina mi-sericordia del Sacro Cuore verso l’uma nità.Per rendersi degni della grande Promessa è necessario:

1. Accostarsi alla Comunione. La Comunione va fatta bene, cioè ingrazia di Dio; quindi, se si è in peccato mortale, bisogna premet-tere la confes sione.

2. Per nove mesi consecutivi. Quindi chi avesse incominciato le Co-munioni e poi per dimenticanza, malattia, ecc. ne avesse tralascia-ta anche una sola, deve incominciare da capo.

3. Ogni primo venerdì del mese. La pia pratica si può iniziare inqualsiasi mese dell’anno.

Queste promesse fatte da Gesù a santa Margherita Maria Alacoquesono state autenticate dall’autorità della Chiesa, in modo che ogni cri-stiano può credere con sicurezza alla fedeltà del Signore che ci vuoletutti salvi.

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Michela Carrozzino fsmp

«Flocalità scosse dal terremoto (cfr.Fondo Segreteria di Stato, rubrican. 36 «Disastri»).Uno spettacolo di apocalisse. Tuttii giornali non parlavano più dellevicende politiche mondiali dellegrandi potenze e della guerra contutte le polemiche annesse sulleposizioni del governo italiano, chein quel primo momento restavaneutrale. Le prime pagine eranopiene di racconti e immagini cheprovenivano dalla Marsica deva-stata dal terremoto, uno dei piùdisastrosi della storia italiana.La notizia arrivava nelle case gua-nelliane di Roma nella tarda sera-ta di quel mercoledì. Il terremotosi avvertì benissimo anche a Ro-ma, dove cadde una statua dellabasilica di San Giovanni, ma so-prattutto mise nel cuore della gen-te tanta paura.

Don Guanellafra i terremotati della Marsica

(1915•2015)

«Come fieno sotto la falce»

Storia Spiritualità CarismaF AMIGLIA GUANELLIANA

Avezzano, centro principale dellaMarsica, fu rasa totalmente al suo-lo e soltanto una casa rimase inpiedi. Ad Avezzano circa 9.500persone morirono su una popola-zione di 11.000 abitanti, circa il95%. Nella Marsica nel complessoi deceduti sono stati circa 30.000.L’area di azione del sisma fu mol-to estesa, più di quanto si traman-dò. La documentazione reperitapresso l’Archivio Segreto Vatica-no, che raccoglie la corrisponden-za dei Vescovi con le informazioniche a loro volta ricevevano daiparroci, e oltre 40 relazioni che se-gnalano danni ad edifici situati inpaesi distanti dall’epicentro, per-mette di ampliare il numero delle

ui ad Avezzano... paesie borgate rasi al suolocome fieno sotto la fal-ce» scrive don Guanella

il 18 gennaio del 1915. Con questafrase lapidaria don Guanella pre-senta subito il quadro della cata-strofe del terremoto che colpì laMarsica quella gelida mattina del13 gennaio 1915, alle ore 7,52. Eraproprio il momento in cui si eranogià accese le luci per preparare ibambini ad andare a scuola, qual-cuno si accingeva a tornare al la-voro quotidiano e altri erano giàfuori sul calesse o alla ferrovia perprendere il treno. Sembrava unagiornata come tutte le altre, in re-altà niente sarebbe stato più comeprima.Si trattava di un sisma dall’inten-sità pari a 11 gradi della scalaMCS (Mercalli-Cancani-Sieberg).

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Vedereper provvedere

Nel giorno della catastrofe donGuanella si trovava a Roma perquestioni che interessavano la suaCongregazione: ap-puntamenti, parteci-pazione al funeraledi un benefattoreamico dell’Opera eincontro con il Car-dinale protettore Fi-lippo Giustini.Per don Guanellaraggiungere i luoghicolpiti dal sisma nonera facile, ma nontanto per l’età, per-ché nonostante isuoi settantadue an-ni avrebbe potuto avere ancoraforza ed energia sufficiente. Lui,però, non aveva risparmiatonessun sacrificio al suo corpo:molti strapazzi fisici, mortifi-cazione corporale e qualcunodice anche fino al cilicio. DonGuanella aveva avuto già sinto-mi di troppo affaticamento, erasoggetto a fortissimi mal di go-la e quindi era arrivato ad avereuna salute davvero malferma,tanto che nello stesso anno mo-rirà.Con una catastrofe di quelle di-mensioni «si prevedevano per ilviaggio enormi ritardi dei treni.Il freddo era di eccezionale in-tensità in quell’anno, basti dire –testimonia chi era con lui – chequando noi potemmo cominciarea celebrare sugli altari portatili inAvezzano, il vino si congelava nelcalice della S. Messa». In questesituazioni i suoi non volevano chedon Guanella si mettesse in viag-gio. «Ma egli volle e partì» (cfr.Deposizione ai Processi beatifica-zione di Sac. A. Bacciarini). Que-sta volta non poggiò la sua valigiasull’uscio, come quando nel 1908gli fu imposto di non partire tra iterremotati di Messina.Durante il viaggio «brillò anche lasua carità» perché, essendoci per-sone che non avevano da mangia-re per la lunga giornata in treno,si condivideva con loro quello chesi aveva.

Un viaggio in treno difficile da di-menticare. Qualche giorno primaper la stessa linea ferroviaria eraarrivato sul posto il Re VittorioEmanuele III. «Viabilità da Romaagli Abruzzi interrotte e lentissi-

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zioni impossibili. Di qui a pochigiorni si passerà un lago di calcesopra la sventurata città, perchéle putrefazioni cadaveriche nonammorbano l’aere. Le persone su-perstiti dal terremoto inebetite.[...] Si dice che il lago prosciugatodal Torlonia a Fucino si sia riaper-to e villaggi all’ingiro sprofondati.Si prevedono altre scosse. Il gior-nale di stamane accennava allaborgata di Cellana che si rinvennepure atterrata. Si conoscono a tut-t’oggi le sciagure dei paesi vicinialla linea ferroviaria, ma ancora siignorano i disastri dei paesi e deivillaggi nascosti sulle grandi altu-re o dentro alle valli nascoste»(Lett. a Sac. L. Mazzucchi, 18 gen-naio 1915).Non sono stati risparmiati «nem-

«Vedere per provvedere»(don Aurelio Bacciarini sdc).

me, il cammino che ordinaria-mente si fa in due ore protrattoanche a dieci ore. Il percorso danoi da Tivoli ad Avezzano è fra di-rupi di valli, di monti brulli appe-na rischiarati da qualche tratto diprati o di campi coltivati [...]»(Lett. a Sac. L. Mazzucchi, 18 gen-naio 1915).Arrivati ad Avezzano, la descrizio-ne è di apocalisse: «Ad Avezzanomorti tutti, sacerdoti, suore, con-vitti maschili e femminili. Estra-

meno i casolari di campagna; dinotte qua e là luccicavano dei falòaccesi dagli atterriti fuggitivi perriscaldare le membra irrigidite.[...] Si va lamentando che negli al-ti monti e nelle valli recessi ci so-no paeselli scossi dal terribile fla-gello senza che tuttavia vi sia po-tuto arrivare soccorso umano»(Lett. a Sac. L. Mazzucchi, 20 gen-naio 1915).Ad Avezzano don Guanella era ar-rivato che era già notte. Lui non

Terremoto della Marsica, 13 gennaio 1915: la famiglia reale

visita i luoghi terremotati.

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sta bene. Naturalmente non c’èpossibilità in nessun luogo vicinoper farlo riposare e le poche forzefisiche che ha le spende a confor-tare e a segnalare le richieste diaiuto. Con don Bacciarini passanotra i moribondi per l’ultimo con-forto e tra i vivi per dare sollievo.Lui è cosciente che a causa dellasua poca salute sarebbe stato me-glio non fosse partito, ma egli vo-leva vedere con i suoi occhi perpoter dare un soccorso concreto.Don Guanella aveva bisogno di

all’arrivo in qualche stazione equando si offriva a loro ristoro dilatte, di acqua e di pane, levavanoil capo e le braccia a ricevere e poiricadevano assopiti. [...] Feriti gra-vi buttati sul pavimento dei trenimerci come merce. Si dispensava-no da noi quelle poche vivande, dipane, di salame, di zuccherini,pacchetti di immagini e di meda-glie di cui ci eravamo provvisti. Lestazioni spesse volte erano scoper-chiate con enormi fessure – si ve-devano in certi luoghi i terreni ab-

della guerra!”. Piaccia al Signoreche l’attuale flagello corregga ipubblici costumi! Piaccia al Cieloche tanti buoni plachino la giusti-zia di Dio di tante scelleragginiumane, e sia ricondotta una desi-derata e duratura prosperità»(Lett. a Sac. L. Mazzucchi, 20 gen-naio 1915).In più occasioni di fronte a cata-strofi naturali, don Guanella assu-me un atteggiamento di richiamoper un esame di coscienza del mo-do di vivere dell’uomo.(cfr. L. Gua-nella, Opere, Vol. III, p. 860). Que-sti eventi sono per don Guanella

un imperativo: l’uomo non siscordi di Dio. E tenerlo a men-te potrebbe essere utile ancoraoggi.

L’abbraccio delle case guanelliane a orfani e vecchi

La triste comitiva «all’arrivo inRoma, vedendo la città illumina-ta pareva di trasognare. Il senti-mento religioso certamente si ri-svegliava, ma anche quelli che sisarebbero detti molto buoni dice-vano che il Signore era stato trop-po rigoroso con loro» (Lett. a Sac.L. Mazzucchi, 18 gennaio 1915).Il manovale della provvidenza è su-bito all’opera. «La sua carità e lavisione del disastro misero indos-so a don Guanella una vera febbredi giovare ai sinistrati», testimoniadon Aurelio Bacciarini. Da subito«vengono inviate in una delle suecase romane “una mezza dozzina”di persone [...], mentre altre si in-dirizzano alla stazione Termini,nel locale di una scuola per ricove-rarle provvisoriamente dalle in-temperie notturne». A distanza diqualche settimana, don Guanellascrive ad uno dei suoi sacerdoti lasituazione che si è venuta a crea-re: «Nei nostri ospizi ne abbiamooltre 200, i piccini dai due ai 6 an-ni sono in mano alle suore diS. Pancrazio. Una madre col pettocopriva quattro piccini suoi deiquali uno morì e gli altri tre sononella casa Pio X. Fratelli e sorelledifficilmente si dividono: si ama-no strettamente; un cioccolatino o

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Sul campo del disastro ad amministrare i Sacramenti...

«farsi un’idea del disastro e dellagente abbandonata per provvede-re» (cfr. Deposizione ai Processibeatificazione di Sac. A. Bacciari-ni). Allora decide di ritornare alpiù presto a Roma per poter prov-vedere meglio ai bisogni. E cosìsarà. Il giorno seguente fa il viag-gio di ritorno di dieci ore trovandoposto «[...] sopra un treno di feriti.Nel nostro ritorno – lui stesso scri-verà – si aveva lo spettacolo di in-fermi e feriti buttati là in abitoquasi del tutto adamitico. Qualchecurante rispondeva: se è moribon-do costui perché mi chiamate. Ditanto in tanto si vedeva il serviziopietoso di qualche suora; un sacer-dote accorso per salvataggio ritor-nava pure tra i feriti. I terremotati

bassati formanti una specie di la-go. La ferrata attraversa montibrulli e vallate anguste [...]. Siascoltavano pietosissimi quadri dipietà nei salvataggi» (Lett. a Sac.L. Mazzucchi, 18 gennaio 1915).Durante le interminabili ore diviaggio, don Guanella ne approfit-tava per evangelizzare e per fareanche un richiamo salutare per-ché l’uomo non si dimentichi diDio e con umiltà ritorni a lui, ab-bia fede nella Provvidenza e lo im-plori per tenere lontano i flagellidelle calamità.Ritornerà sull’argomento anchenelle sue lettere: «Gli intelligentidicono: “Voglia il Cielo che il terri-bile flagello serva a togliere dalpensiero di tanti nostri il desiderio

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una noce che loro si dia se la divi-dono in due o tre. Gridano e pian-gono: mamma, mamma; e le suo-re accorrono e allora facilmente siacquietano. Giungono copertid’insetti e qualche volta di tigna ebisogna separarli mandando i ti-gnosi in ospedale a S. Gallicano»(Lett. a Sac. L. Mazzucchi, 1 feb-braio 1915).Arriva nelle sue case anche qual-che «visita di giornalista, il quale,vedendo – le suore – tutte intentea sollevare queste miserie, non po-té fare a meno di dire: “Questa è lavera democrazia che merita diriempire le colonne dei giornali!”»(Paolina Bertani, Piccola storiadella Fondazione di san Giuseppein Roma, NuoveFrontiere,Roma, 1992,pp. 113).Un’afferma-zione che bencorrisponde-va al donarsidelle suore, lequali scrivo-no: «Il lavoroera così esor-bitante che astento si trova-va il tempo daprendere unboccone, maera consolantedi potere fareun po’ di benea tanti disgra-ziati nostri fra-telli e di averecon noi donGuanella, cheera tutto con-tento quando, al mattino, ci face-va una piccola meditazione, sedu-to sulla stufa della cucina mentrenoi eravamo attorniate dai bambi-ni che chiedevano pane [...]. Si la-vorava da mattina a sera, per nondire da sera a mattina: sì, perchéanche il breve riposo che prende-vano le suore era preso sopra unasedia, accanto ai bambini, peraver ceduto il proprio letto ad es-si» (Paolina Bertani, Piccola storiadella Fondazione di san Giuseppein Roma, Nuove Frontiere Roma,1992, pp. 113).

I bambini e la gente ospitata«mancano di tutto e bisogna ricor-rere ai comitati per coprirli. Que-sti in vero si prestano ma i viaggi ei disturbi sono senza confine. Quisi misura la pazienza della suora odel Servo della Carità che vi accu-disce. I flagelli del terremoto pro-duce nei buoni il dono della fede edella rassegnazione, nei tristi poi isentimenti di rabbia di furore e didisperazione che poi sfogano conun vocabolario orribile di bestem-mie di turpiloquio, di fatti, di pra-tiche brutali che giorno a giornocrescono con forme sempre piùinfernali» (Lett. a Sac. L. Mazzuc-chi, 1 febbraio 1915).Le case romane di don Gua-

colarmente a Roma: Casa San PioX, colonia di Monte Mario e, nellaparrocchia San Giuseppe al Trion-fale, un piccolo esercito di mino-renni. Tra i profughi ci sono ado-lescenti, giovani, persone invalidee cieche e, soprattutto, «vecchi su-perstiti»; altri verranno inviati nel-la Casa di Como dei Servi dellaCarità e nella Casa delle suore aSanta Maria di Lora a Como. I no-mi delle persone ospitate riempio-no lunghe pagine di registri che laQuestura di Roma aggiorna pun-tualmente.Per dare loro medicine, pane etutto ciò di cui avevano bisogno,servono aiuti concreti.

Don Guanella pren-de carta e penna escrive ai suoi amicidi Milano: «Manca-no i mezzi per faredi più. Se fossepossibile destinarela colletta dellaConferenza dellepie signore del Co-mitato, farebbecosa grata» (Lett.a Sac. C. Brera, 26gennaio 1915).Mobilita gli entipubblici: «Si stacombinando colregio ministeroper il ricovero diqualche centina-io di questi infe-lici e si fannopratiche permandarne inparti varie d’Ita-

lia speriamo anche a Milano e al-trove nelle nostre case pure. Il re-gio governo pagherebbe 30 Liremensili e provvederebbe alle spesedei letti. Noi stiamo facendo prati-che anche per l’impianto di qual-che baraccone» (Lett. a Sac. L.Mazzucchi, 1 febbraio 1915).È sempre don Guanella l’anima diquanti si sono messi in moto perraccogliere indumenti. Le sue suo-re raccontano di questo girare perla città «ad elemosinare indumen-ti di ogni genere (era un invernorigidissimo) per vestire i profughigiunti a Roma e per spedirli ai si-nistrati rimasti sul luogo del terre-

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nella sono tra quelle che nella cit-tà ricoverano il numero più alto diterremotati. Questo è un dato sto-rico. Infatti la situazione dei pro-fughi, anche in riferimento alle ca-se guanelliane, si ricostruisce, ol-tre dalle notizie pubblicate sullastampa interna, dalla documenta-zione della Direzione generale del-l’Amministrazione civile del Mini-stero degli Interni, che si trovanell’Archivio di Stato di Roma.Sono lunghi gli elenchi di personeferite e da ristorare «con pane elatte» e centinaia sono quelle rico-verate nelle case guanelliane parti-

«Risparmiate su tutto per dare ai poveri (terremotati)»

(don Luigi Guanella).

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Giornali dell’epocaparlano del terremoto marsicano.

POESIA-PREGHIERA NEL CENTENARIODEL TERREMOTO DELLA MARSICA

Luce dall’alto tra le macerie vienie squarcia il buio che sopra vi ristagna:tutto è distrutto ed anche il cuore infrantotutto è distrutto ed anche il corpo spento.

Avevo avuto fede nel destinobenedetto dal cielo e dalla vita:ora è totale e cupo l’orizzonteperché pieno di morte e distruzione.

Ma Tu Luce dall’alto attenua il quadrodi corpi e vite nell’immensa morte:ma Tu Luce dall’alto allevia l’ariasenza respiro e senza vivo impulso.

Guida nella tua pace e nell’eterno cieloi tanti morti presi in sacrificio:e guida ancora sulla buona stradaognuno che ora vive il nuovo giorno.

Perché di nuovo giorno e nuova vitaha l’uomo ancor bisognoe Tu Luce dall’alto a vita inducianche la più tra le sciagure umane.

Don Angelo Piacente

moto» (Paolina Bertani, Piccolastoria della Fondazione di san Giu-seppe in Roma, Nuove FrontiereRoma, 1992, pp. 113).

Arrivano pacchi «di lingerie perbambine», e lui ringrazia (Lett. aM. Gianera, 9 marzo 1915).È don Guanella che manda gli in-

viti per radunare gente e farla par-tecipare a «splendidi concerti per inostri terremotati» (Lett. ai com-mendatori, 7 marzo 1915).

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Anche in questa circostanza maiperdere l’occasione di educare allasolidarietà. Vengono coinvolte lescuole. Quella «comunale “Adelai-de Cairoli”, accompagnate dalle lo-ro maestre, andarono in corpo aregalare ai loro piccoli sventuratifratelli indumenti, giocattoli ed al-tre piccole cose che fecero tornareil sorriso su quelle labbra strettedal dolore» (Corriere d’Italia, 26gennaio 2015). E dalle colonne delbollettino La Divina Provvidenzaun serio monito: «Non fate spesesuperflue per nulla e risparmiatesu tutto per dare ai poveri tuttoquello che potete. Non è lecitosprecare o accumulare, quando untozzo di pane, un po’ di denaropuò salvare un nostro fratello dallafame, dalla disperazione» (La Divi-na Provvidenza, marzo 1915, 47).

Con le maniche rimboccate

Don Guanella, seguendo le dispo-sizioni di Benedetto XV e dei ve-scovi, da una parte organizza edall’altra invia mani per aiutaresul campo. Si è cercato di indivi-duare anche per quale strada iguanelliani raggiungessero Avez-zano. Infatti per evitare l’eccessivointasamento dell’unico binariodella linea ferroviaria, era stataaperta al traffico, malgrado le dif-ficoltà del cattivo tempo, la stradadi collegamento tra la Conca delFucino e l’Agro Romano, passan-do per il valico del Monte Bove a1.444 metri di altezza. I suoi sacer-doti (don Bacciarini, don Anessi, ilchierico Ballini) partono «malgra-do il telegrafo annunciasse l’am-monticchiarsi della continua neve.Si temeva, anche perché, attraver-sando il monte Bove, si incontra-no talvolta lupi rabbiosi per fame.Percorrono monti e le valli degliAbruzzi dove non possono correreautomobili ricche e comode»(Lett. a Sac. C. Brera, 26 gennaio1915).Li ritroviamo sul «campo del disa-stro a confessare gli agonizzanti eamministrare gli ultimi Sacra-menti, a raccogliere feriti che dis-seppellivano dalle macerie». Dal-l’epistolario di don Guanella si ri-

leva che sono molti i viaggi di donBacciarini «tra le nevi degliAbruzzi». Al rientro «abiti sbran-dellati», ma forse ancora di più loera il cuore per «fatti che strazia-no e commuovono».I sacerdoti vanno e vengono daquella terra, guidati da don Bac-ciarini. Don Guanella, invece, in-

«Le suore vengono con buona vo-lontà: gliele raccomando per ani-ma e per corpo» (Lett. a don Orio-ne, 30 gennaio 1915).Don Orione alloggiò le suore didon Guanella in una baracca-cap-pella. Intorno alla baracca girano ilupi [...] ma «le suore mostranospeciale fortezza» (Lett. a Madre

Marcellina, 11 febbra-io 1915).Lavorano in tuttaumiltà dedicandosi«alla cucina e guarda-roba per l’Istituto Orfa-ni» (Lett. don Orione aSac. C. Sterpi, 20 feb-braio 1915) .Don Guanella il 10 feb-braio è in Abruzzo pervedere la situazione. Adistanza di un mesepoco è cambiato ad

Avezzano: «dove vi sono molte mi-serie» (Lett. a Madre Marcellina,11 febbraio 1915). Va a salutare lesue suore e al ritorno scrive: «Ierigiunsi da Avezzano terrorizzato –nostre suore ivi stanno bene e so-no forti al sacrificio. Nostri mino-renni ricoverati sorpassano 250[...]» ma a giorni si aspetta di sfol-larli poco a poco. (Lett. a Nobil-donna, 11 febbraio 1915). Infattiper i bambini appena possibiledon Guanella vuole una sistema-zione migliore. Intanto, al fine dirintracciare la famiglia, venivanoaffisse nelle stazioni ferroviarie,presso le stazioni dei carabinieri enei luoghi di passaggio le fotogra-fie dei bambini che erano statiportati a Roma e collocati nei varirifugi di accoglienza.Don Guanella è contento di averinviato le sue suore in quella terramartoriata, è tranquillo di averlemesse nelle mani di don Orione,rassicura Madre Marcellina che«sono ben collocate» e se potessecollocherebbe lì anche una sua ca-sa. L’opportunità l’avrebbe: «Unasignora di là pare che offra un va-sto locale con ampio podere perun ricovero, ma come si fa?»(Lett. a Madre Marcellina, 3 feb-braio 1915). L’opera che si sarebbevoluta realizzare era per accoglie-re «vecchi». Di fatto «non se ne fa-rà nulla». Però, credo si possa dire

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via le sue suore per fermarsi alme-no temporaneamente. In moltevorrebbero partire. Ma in realtànon si riesce bene a capire quantesiano state perché le fonti dannonumero diverso. Per loro «è dispo-sta una baracca con piccolo orato-rio per ricevere e confortare quellefiglie che, salve dal terremoto, simandano poi a Roma per salvarleanche dalla fame, dalla neve chevi è circa mezzo metro di altezza.Vi andrà pure l’indefesso nostrodon Bacciarini allo scopo altresìdi dare soccorso ai poveri vecchi iquali periscono pure di fame e difreddo» (Lett. a Sac. L. Mazzuc-chi, 1 febbraio 1915).Le affida a don Orione: «Le ac-compagno due suore d’intelligen-za. Una signorina che mi diconoassai buona si offrirebbe pure ve-nire nell’intento di salvare qualchepovera figlia ad Avezzano. [...] Iminorenni da noi raccolti toccanoormai i 200 [...]» (Lett. a don Orio-ne, 1 febbraio 1915).

Le famiglie religiose di don Orione(superiore generale p. Flavio Peloso)e di don Guanella (superiore generalep. Alfonso Crippa) nel centenariodel terremoto si unisconoalla celebrazione eucaristicadella Chiesa locale conmons. Pietro Santoro (presidente),il card. Edoardo Menichellie i numerosi Presuli intervenuti.

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ancora una volta alle sue iniziativeogni miglior avvenire» (Corrieredella Valtellina di Sondrio, 26 feb-braio 1915). E il suo prodigarsiviene definito «luminoso esempiodi carità» (Il Piccolo Giornaled’Italia di Roma, 10-11 febbraio1915). Riconoscimenti minimiquelli ricevuti rispetto alla grandesensibilizzazione messa in motoda don Guanella in tutta Italia esoprattutto a Roma per soccorrerei terremotati della Marsica. A taleriguardo notizie e particolari sivengono a sapere dalle sue letterenelle quali parla per più mesi, dal-le cronache dei suoi bollettini edal ricordo che ne fanno a tale ri-guardo anche dopo la morte.

che fu proprio questa voce di unapossibile presenza definitiva gua-nelliana, giunta al vescovo, forsein modo improprio, che fece sca-tenare attorno alla presenza dellesuore di don Guanella una piccolabufera. Il vescovo Mons. Bagnolisubito mise i paletti e si adombròanche per la semplice presenzatemporanea. A dire che le guanel-liane sul posto erano tutte intra-prendenti e dalle maniche rimboc-cate: «nei giorni difficili avevanospidocchiati gli orfani», e si dedi-cavano ai bisogni primi degli orfa-ni e della gente che aveva nulla.Ma questo non ebbe alcun peso ecome scrisse don Orione, «il Ve-scovo disse che in Avezzano non cidovevano essere suore di due qua-lità» (Lett. don Orione a Sac. C.

sua, occupato nel sistemare 200minorenni ed una stazione di suo-re ad Avezzano. Sto pur disponen-do alloggio per 100 altri. Ora ap-provo la proposta delle 10 orfanel-le e ringrazio tanto tanto» (Lett. aSac. E. Genovesi, 5 febbraio 1915).I giornali riportano anche il soc-corso dato da don Guanella ai ter-remotati della Marsica. Parlanodella sua «inesauribile carità cheancora una volta apparve in tuttala sua luce» (Vita del Popolo diComo, 27 febbraio 1915). Sonocompiaciuti gli abitanti della suaterra: «È orgoglio per noi il ricor-dare queste sante opere di cristia-na carità per le quali tanto si ono-ra anche il nome Valtellinese, ementre plaudiamo di gran cuore adon Luigi Guanella, auguriamo

Ma quello di don Guanella è un ri-conoscimento dei «vicini», di chil’ha visto agire con i propri occhi esentito con le proprie orecchieperché, di fatto, sulla scala nazio-nale poco si sa dei provvedimentida lui organizzati. Questo forseperché ufficialmente si decise diaffidare i soccorsi ai comitati cheavevano operato durante il terre-moto di Messina. E lui in Sicilianon era riuscito ad andare perchéla Santa Sede in quel periodo gliaveva chiesto di «moderare il suooperare». Non so se don Guanellaha mai saputo che anche il suoamico Pio X si sarebbe voluto re-care personalmente a Messina e ilsuo segretario di Stato e gli altricardinali glielo impedirono.In questa pagina di storia il puntoche brilla è sempre lo stesso: adon Guanella interessa che i pove-ri siano soccorsi. Egli è lontano daqualsiasi sentimento di umanacomparazione e gode quandoqualcuno ha occasione di fare piùdi lui. Lo ammira, se ne compiacee da parte sua continua a fare tut-to quello che può: «Il nostro donOrione Luigi, membro del Comi-tato “Regina Elena”, lavora inde-fesso e non cura pericoli. Noi gliveniamo in aiuto quando si può. ARoma non si trova più ricoveroper veruno. Il presente terremoto– ai suoi occhi – lascia orfani benpiù numerosi che a Reggio e Mes-sina» (Lett. a Sac. C. Brera, 26gennaio 1915). E don Orione face-va davvero tanto.Di quanto don Guanella aveva fat-to per gli Abruzzi se ne ricordaro-no anche alla sua morte. Ai fune-rali di don Guanella la Delegazio-ne Pontificia per gli orfani del ter-remoto della Marsica, volle essererappresentata ufficialmente. Ungesto di gratitudine per questoprete la cui missione in quella ter-ra spaccata dalla natura era statafortemente quella di «consolareferiti e raccogliere orfani».

La documentazione citata è re -peribile in: Archivio CentroStu di Gua nelliani; Archivio sto-rico Orionino; Archivio SegretoVa ticano; Archivio di Stato diRoma. n

Sterpi, 20 febbraio 1915), essen-doci già le suore Zelatrici del Sa-cro Cuore, una Pia Unione di fon-dazione diocesana. E così sarà.

Fare tutto quello che si può

L’impegno forte di don Guanellaandrà avanti per mesi. Tralasciaaltre cose per potersene occupare,come risulta da più lettere scrittetra gennaio, febbraio e marzo1915: «Tardai a rispondere alla

Avezzano. Suore e sacerdotiguanelliani alla commemorazione

del centenario del terremoto(13 gennaio 2015).

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Cuore di Cristo, Cuore di PadreIl fatto che (san Luigi) Guanellaattribuisca un significato e unruolo speciali al Cuore di Cristotrova la spiegazione non tantonel contenuto spirituale che la ri-flessione teologica è riuscita amettere in evidenza sulla devo-zione e il culto al Sacro Cuore diGesù, quanto, io penso, nel-l’espressivo e intenso dinamismovitale presente nell’intuizionespirituale circa la paternità diDio su tutti gli uomini.Nell’economia di questa visionespirituale della vita cristiana, secon la Persona divina dell’unige-nito Figlio di Dio congiunta allanatura umana si evidenzial’aspetto dottrinale e la via stori-ca dell’attuazione del progettodella paternità universale di Dio,con la realtà del Cuore di CristoFiglio unigenito si esalta piutto-sto l’aspetto operativo, dinamico,psicologico e antropologico. Ilcuore, qui, più che di simbolo,ha il significato di mostrare lacapacità di Dio di agire e sentire

La Voce • n. 2 - marzo-aprile 201516

Prof. Carlo Laudazi ocd

N

Il Cuore di Gesùnella spiritualità di don Luigi Guanella

come l’uomo, soprattutto di con-dividere la situazione di sofferen-za cui l’umanità storica è sotto-posta. Un brevissimo excursusbiblico-teologico ci aiuterà acomprendere la grande impor-tanza che il Guanella attribuiscealla spiritualità del cuore di Cristo.

Storia Spiritualità Carisma

«La riflessione teologicacoglie e vede il Cuore di Cristo

come manifestazionedell’amore di Dio in Cristo

suo Figlio incarnato».

ella concezione spiritua-le guanelliana, la cen-tralità di Cristo Figliounigenito di Dio, richie-

sta dall’economia stessa del pro-getto divino della paternità uni-versale, risalta in modo partico-lare anche attraverso la devozio-ne al Cuore di Cristo.

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Nella Bibbiae nella riflessione teologica

Nella Bibbia, il vocabolo «cuore»racchiude una gamma molto va-sta di significati, che va dalla psi-cologia, all’antropologia, alla vi-ta.Visto nell’angolazione psicologi-ca, il termine «cuore» indica ciòche è interiore, nascosto, profon-do, intimo, ciò che sfugge allosguardo anche più penetrantedell’uomo, ma non a quello diDio. Il cuore viene consideratoanche come sede dei sentimenti,di pensieri e progetti, come fontedella operazione intellettiva e, in-fine, come capacità di decisione.Dal punto di vista antropologico,la Bibbia considera il cuore so-prattutto come centro decisiona-le; in esso risiede la capacità diaccogliere o di rifiutare la paroladi Dio e l’appello alla conversio-ne; parla dell’indurimento e dellaperversione del cuore: l’induri-mento significa la chiusura tota-le al messaggio della salvezza, laperversione è il peccato d’idola-tria, cioè l’abbandono del vero edunico Dio per aderire ad altrefalse divinità. La Bibbia identifi-ca la conversione con il cambia-mento del cuore: vi darò un cuo-re nuovo (cfr. i profeti Geremiaed Ezechiele). Nella prospettivadella vita nuova in Cristo, il cuo-re significa il luogo dove vieneinfuso lo Spirito del Figlio di Dio(cfr. Rm 5, 5) e dove il dono delloSpirito opera la nostra santifica-zione, realizza una speciale inti-mità di comunione tra noi e Dioe fa risuonare il nome di Abbà,Padre (Gal 2, 20). Il cuore è an-che la sede dove lo Spirito ci ga-rantisce sulla nostra esistenza fi-liale in Cristo.La riflessione teologica ha cen-trato la devozione e il culto alCuore di Gesù «nell’agape reden-trice del Verbo incarnato», cioècoglie e vede il cuore di Cristocome manifestazione visibile delmistero della salvezza come mi-stero dell’amore di Dio in Cristosuo Figlio incarnato. Il Cuore diCristo, se per un verso ci rivelache il rapporto tra Padre e Figlio

con Cristo, fonte di quell’amoreche ci deve trasformare piena-mente fino a farci dire «non sonopiù io che vivo, ma è Cristo chevive in me» (Gal 2, 20).

Nel pensiero guanelliano

La giustificazione teologica delladevozione al Cuore di Cristo, in-dividuata nel quadro del misterodel Verbo incarnato come pienamanifestazione dell’amore di Dioper l’uomo, ci aiuta a capire per-ché (san Luigi) Guanella trovi nelcuore di Cristo la concretizzazio-ne della sua concezione spiritua-le della paternità universale diDio.Per il nostro autore, il ruolo es-senziale dell’amore al Cuore diCristo nella spiritualità cristianatrova la giustificazione nel miste-ro della paternità divina: il Cuoredi Cristo è la forma visibile del-l’amore di Dio per l’uomo. Nelquadro della spiritualità guanel-liana, la presenza del Cuore diCristo supera di gran lungal’aspetto devozionale e si confi-gura quasi come lo spazio in cuisi temporalizza l’amore di Dio edove, conseguentemente, si rea-lizza la divinizzazione dell’uomo.Nel quadro di una spiritualità ca-ratterizzata dall’amore di Dio co-me Padre di tutti gli uomini,

nella Trinità e il rapporto tra Dioin Cristo e noi è una relazioned’amore, per l’altro «è come ilpunto spazio-temporale nel qua-le s’incontra l’amore di Dio pergli uomini, e insieme l’amore de-gli uomini per Dio».Attraverso la spiritualità del Cuo-re di Cristo, il mistero del VerboIncarnato si manifesta semprepiù chiaramente come rivelazio-ne del mistero dell’amore di Dioper l’uomo; questo fatto deverenderci più consapevoli di doveraccogliere il mistero del Figlio diDio incarnato con profondo at-teggiamento d’amore: in CristoVerbo incarnato si fa presenteDio come amore, come bontà, di-sponibilità che ci sostiene e ci favivere. La spiritualità della devo-zione al Cuore di Cristo ci aiuta ascoprire che Dio ha veramenteun volto e un cuore d’uomo, cheama, soffre, piange, ride e gioiscecome noi, partecipa realmentealla nostra condizione, e puòcondividere in tutto la nostra si-tuazione umana.Poiché l’unico fondamento ditutta la vita cristiana, che è vitadi unione e comunione con Dioin Cristo, è l’amore, bisogna direche il suo sviluppo deve esserecaratterizzato dall’unione conDio e dalla comunione con Cri-sto, cioè dall’incontro personale

Se l’amore è così belloche cosa sarà Dio che ha creato l’amore?

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quale è quella guanelliana, ilCuore di Cristo riveste un signifi-cato molto più ricco di quello disimbolo dell’amore, poiché espri-me in modo visibile l’amore diPadre «tenero», «amante», che«indovina i bisogni del figlio di-letto», che «sa compatire» il fi-glio malato allontanatosi da Lui,che «sa gioire per il figlio ritrova-to». Per (san) Luigi Guanella, ilCuore di Cristo è la manifesta-zione della stessa carità di Dioche dona il suo affetto all’uomoper renderlo amorevole; egli difronte a questo gesto divino di te-nerezza esclama:

«Santissima carità del mioDio! Una stilla dell’affetto delCuore di Gesù sparsa nel cuoredi un cristiano lo rende cosìamorevole. Il vostro Cuore,Gesù, che è la fonte del santoamore, quanto è cuore diamante!».

Il Cuore di Cristo «è cuore di pa-dre che non può lasciare nellabrama il figlio suo», ma vuole«beneficarlo».Secondo la concezione spiritualeguanelliana, Dio in Cristo nonsolo prova gli stessi sentimentidell’uomo ma manifesta un cuo-re di Padre, per cui ama l’uomocome suo diletto figlio. Soprat-tutto Nel mese del fervore, ci s’im-batte molto spesso nell’espressio-ne: «il cuore di Gesù è cuore diPadre». Tali affermazioni attri-buiscono al Cuore di Cristo unsignificato molto più profondo diquello del simbolo dell’amore; es-se sono pregne di un forte reali-smo e vogliono esprimere non unamore generico di Dio, ma unaspetto salvifico: manifestazionedi quel mistero racchiuso nel-l’amore di Dio come Padre.Nell’intuizione spirituale del no-stro autore sulla paternità uni-versale di Dio, il Cuore di Cristonon rappresenta un simbolo cheinvita a immergersi nel misterodell’amore di Dio trascendendol’aspetto sensibile; al contrario,esso mostra l’abbassarsi, l’uma-nizzarsi, dell’amore di Dio e ilsuo inserirsi nel tempo e nellastoria umana: il Cuore di Cristo

LA CROCE DILAMPEDUSA NELLACHIESA PARROCCHIALEDI NUOVA OLONIO (SO)

Papa Francesco ha attirato forte-mente l’attenzione della Chiesa edel mondo sulla tragedia che datanto tempo si consuma a Lampe-dusa, quando ha compiuto il suoprimo viaggio apostolico proprioin quell’isola l’8 luglio 2013.Per prolungare il ricordo della vi-sita del Papa all’isola di Lampe-dusa, alcuni uomini di buona vo-lontà hanno costruito, con i restidi una «carretta del mare» affon-data, una croce, che papa France-sco ha benedetto e che ha racco-mandato di portare ovunque.Nel percorso che questa «Croce diLampedusa» ha fatto nella dioce-si di Como, una tappa si è realiz-zata anche nella chiesa parroc-chiale di Nuova Olonio lo scorso22 ottobre.La presenza della croce è statasoprattutto un richiamo di pre-ghiera per la popolazione dellaparrocchia di Nuova Olonio e uninvito ad accompagnare cordial-mente, con la simpatia e conogni possibile aiuto, i dieci ra-gazzi africani, accolti nella CasaMadonna del Lavoro e che ognidomenica condividono la liturgiadomenicale con la comunità.

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nel pensiero guanelliano non èun simbolo che spinge in alto,che rimanda al mistero dell’amo-re di Dio considerato in se stesso,ma un simbolo che rappresentauna realtà molto concreta, cioèdimostra che il cuore umano èdiventato vero cuore di Dio, cuo-re con il quale Dio ama come Pa-dre, partecipa, gioisce, piange...Per questo, il nostro autore diceche il Cuore di Gesù «è cuore dipadre amante», «pieno di tene-rezza», che dona «affetto», che siaddolora, che non sa stare senzail figlio: «non può un padre starlungi dal figlio diletto», che «èvenuto a cercare le anime dei fi-gli che erano periti; e si affannaper ritrovarli», che per amore af-fronta gli stenti della vita nasco-sta e si lascia nel Sacramentodell’Eucarestia, compie «il mini-stero della predicazione», guari-sce le infermità, opera riconcilia-zione e mostra piena «sollecitu-dine del buon pastore».

da La spiritualità di don LuigiGuanella, Saggi Storici - 5, NuoveFrontiere Editrice, 1992

Il cuore di Gesù«è venuto a cercare

le anime dei figli che erano periti;e si affanna per ritrovarli»

(san Luigi Guanella).

Don Anselmo Gandossini, sdc,presso la croce di Lampedusa.

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Lodovico all’età di 35 anni, colpi-to da apoplessia.Della sua vita in famiglia abbia-mo diverse testimonianze, speciedella sorella maggiore Filomena,ma vorrei citare la sua quando daVescovo ne ha fatto memoria:«Per grande misericordia del Si-gnore sono cresciuto accanto adun focolare povero, sì, ma doveogni sera si recitava il Rosariobenedetto pei vivi e pei morti. Lamia povera madre diceva, ognisera, a me, orfano di cinque anni,ed ai miei sei fratelli orfani comeme: «Inginocchiatevi pel santoRosario: il vostro povero padre vene ha dato e lasciato l’esempio».Quelle parole andavano al cuore.E vi assicuro che non ci sono an-ni che valgano a cancellare dalcuore tali ricordi, e non v’è tempoche valga a raschiare dall’animaquesti esempi del timor di Dio».Particolarissima la sua devozio-ne alla Madonna nei Santuari diRe, del Sasso, sopra a Locarno,della Cappellina sulla strada diAquino. La sua vocazione nasceproprio davanti all’altare dellaVergine Maria.

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Don Umberto Brugnoni sdc

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Venerabile mons.

AurelioBacciariniUn guanellianoun ascetaforgiato nel crogiuolodegli amanti

Se lo cerchi, sappi che qui riposa unita

una schiera di amici di Dio.I sepolcri degnidi venerazione

conservano i corpidei Santi,

ma la reggia del cieloha rapito per séle anime elette

(Carme di Papa DamasoCripta dei Papi

Catacombe San Callisto, Roma)

Storia Spiritualità Carisma

Cenni di biografia

Sacerdote a Lugano

asce ad Aquino, Laver-tezzo, l’otto novembre1873 da Lodovico e Ma-ria Sciarini; è battezzato

il giorno seguente dal prevostodon Pietro Vaghetti con i nomi diStefano Aurelio; settimo di ottofigli. L’ultima sorella nata nel1875 muore quasi immediata-mente.Il sei settembre 1876 improvvisa-mente viene a mancare il padre

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Con l’aiuto del caro prevosto donPietro Vaghetti, Aurelio si prepa-rò a maturare la scelta vocazio-nale, entrò nei seminari milanesiper il ginnasio e la teologia ripor-tando sempre ottimi risultati siascolastici che spirituali. Divennesacerdote nella chiesa di S. Ma-ria degli Angeli, a Lugano, il 12giugno 1897.È Parroco ad Arzo per i primi seianni, Direttore spirituale nel se-minario di Pollegio dal 1903 al1906.

Con don Guanella a Como

L’otto ottobre 1906 fa il suo in-gresso a Como nella Casa DivinaProvvidenza, per diventare Servodella Carità. Scrive a don Gua-nella il 7 marzo 1906, dopo averricevuto il placet del suo Vescovoa lasciare la Diocesi: «M.R. e Ve-nerato Padre nel Signore, Mi per-metta che La chiami per la primavolta con questo nome caro al-l’anima mia, perché mi sento digiorno in giorno avvicinare allaCongregazione, alla quale il Si-gnore misericordiosamente michiama... Nel darLe questo an-nuncio mi sento il cuore in gau-dio e benedico la misericordiadel Signore: in pari tempo Laprego caldamente a raccoman-darmi nella S. Messa e farmi rac-comandare alle preghiere di tuttii buoni, perché la grazia del Si-gnore mi assista in questi ultimimesi e mi disponga alla vita reli-giosa, grazia troppo grande per

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Nella Trappa a Roma

Nel 1911 la fuga di 15 giorni nel-la Trappa delle Tre Fontane inRoma; viene accolto, secondo laregola di san Benedetto, solo do-po aver atteso fuori dal conventoper tre giorni. Gli viene dato ilnome di Fratel Martino. Nessunaparola era lecito pronunciare adeccezione del saluto: «Mementomori», «ricorda che morirai!».Le motivazioni di questa fuga leesprime lui stesso: «Fui indotto aquesto passo perché io sono af-fatto avverso a trovarmi in mez-zo alla società e se, pur restandonella società cogli uomini, riescoa far qualche cosa, ciò avvienecontrastando incredibilmentecon la mia natura: io ho le quali-tà per essere davvero un Trappi-sta».Ma don Guanella non è dellostesso parere e con l’aiuto del segretario particolare di PapaPio X, mons. Attilio Bianchi, rie-sce a convincerlo a lasciare laTrappa e ad accogliere l’obbe-dienza a parroco di San Giusep-pe al Trionfale, la «Basilichetta».La nomina è firmata dal cardinalRespighi, vicario del Papa per laDiocesi di Roma e porta la datadel 24 maggio 1912.

Parroco al Trionfale

Il suo programma pastorale an-nunciato nella presa di possessoè di una densità e oblatività ecce-zionali (cfr. Emilio Cattori, Il Ve-

non sentirmene troppo indegno.La bontà del S. Cuore di Gesùpenso che non permetterà sorga-no ancora difficoltà o, sorte, ledisperderà: cosicché parmi di po-termi già felicemente considera-re come di Lei figlio nel Signo-re».Il 24 marzo del 1908 pronunciacon don Guanella, don Alippi ealtri 14 confratelli i voti religiosinel Santuario del Sacro Cuore.Diventa formatore dei primichierici e dei sacerdoti che pianpiano approdano alla Casa di Co-mo e, poi, direttore spirituale ditutta la Casa.

Chiesa parrocchiale di Lavertezzoin Val Verzasca (Svizzera - C.T.).

Casa natale del venerabile mons. Aurelio Bacciarini.

Don Aurelio Bacciarini giovane.

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scovo Aurelio Bacciarini, EditriceNuove Frontiere, 1996, pp. 282-284).Insieme alla febbrile e vasta ope-ra catechetica e assistenziale, co-me non si può ricordare quantoBacciarini insieme a don Guanel-la e alla comunità del Trionfalehanno messo in campo a favoredei terremotati della Marsica nelrigido gennaio del 1915? Non so-lo è riuscito a creare una solida-rietà encomiabile qui a Romatrasportando continuamente or-fani in Parrocchia, ma come rac-conta lo stesso don Guanella,don Bacciarini più volte si è re-cato in Abruzzo di persona perportare soccorso: «Fra le rovinedei paesi don Bacciarini cercavale vittime, alle quali un soccorsonon era possibile prestare: i pic-coli, i vecchi, i feriti, gli ammala-ti, gli affamati, i pezzenti o gliignudi; distribuiva a larga manoindumenti e viveri; predisponeval’indispensabile attrezzatura perfar venire sul posto le suore e co-sì aumentare il numero delle ma-ni a lavorare e soccorrere; racco-glieva gli orfani, gli abbandonatid’ogni genere per portarli a rico-verare a Roma. E perché in par-rocchia si potesse agire pronta-mente agli arrivi dei profughi,

Padre morisse, il Vicario nostrochiese la sua benedizione per tut-ti. Questa benedizione vi tra-smettiamo, come prezioso con-forto. E con questa benedizionecontinueremo tutti, sereni e forti,l’opera affidataci dal Signore,ereditata da sì buon Padre, sug-gellata dal nostro inalterabile at-taccamento all’Istituto, in cui vo-gliamo vivere, in cui vogliamomorire, ad esso consacrandoci,in esso immolandoci, come so-pra un altare».

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ogni ora anche della notte, egliaveva dato ordine al sagrestanoSilvestro Lombardi di vegliare dinotte, dormendo di giorno».È nominato vicario generale delFondatore nel Capitolo del 22maggio 1912 ed è proprio lui adamministrare a don Guanellal’ultima Comunione il 22 ottobre1915 e a raccomandare a Diol’anima benedetta. Scrive subitoai confratelli dopo la morte delFondatore (domenica 24 ottobre1915): «Il nostro santo Fondato-

Veduta panoramica della città di Lugano, sede della diocesidi cui mons. Bacciarini è stato Pastore.

L’attuale facciata della Basilicadi San Giuseppe al quartiere Trionfale

di Roma, di cui Bacciarinifu il primo parroco.

re, il nostro Padre amantissimonon è più! Il suo cuore, che hapalpitato di tanto affetto per noi,ha cessato di battere; i suoi dolciocchi, che guardavano a noi contenerezza paterna, si sono spentinella oscurità della morte, e gia-ce irrigidita quella mano santache ci benediceva ogni giorno!Fu un fascio di malanni chespinse implacabilmente alla dis-soluzione il suo organismo ada-mantino. Ha sofferto un misterodi dolori, non solamente nel cor-po, ma anche nello spirito, per-ché Iddio permise che fosse assa-lito da pene spirituali inenarrabi-li. Così il Signore purifica, santi-fica gli eroi del suo amore. Pocoprima che il caro e santo nostro

Vescovo a Lugano

Benedetto XV lo nomina Ammi-nistratore Apostolico della Dioce-si di Lugano il 1o gennaio 1917:un contemplativo che si trova ca-tapultato a organizzare la pasto-rale di una Diocesi. Suo pro-gramma particolare:– rinnovare la vita religiosa dellefamiglie della Diocesi;– educare con speciale attenzio-ne i giovani.Gli anni dell’Episcopato sono glianni dell’esperienza più sofferta,sia fisica che morale, ma sonoanche gli anni in cui la Diocesi diLugano conosce un salto di qua-lità esaltante. Mons. Eugenio Co-reco, suo successore, in occasio-

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ne del 75o anniversario della Or-dinazione Episcopale di Baccia-rini, ha affermato: «Penso cheBacciarini sia stato il vescovo piùdeterminante per la nostra Dio-cesi. Ha creato le strutture fon-damentali che non hanno persoassolutamente di attualità: l’Or-ganizzazione sindacale cristiano-sociale, “Il Giornale del Popolo”,l’Azione Cattolica e tante altreopere».Sono gli anni della malattia edelle prove più dolorose. L’ Epi-stolario guanelliano di AurelioBacciarini, secondo volume, pub-blicato nel 2000 dall’EditriceNuove Frontiere, è una fonte ric-chissima e precisa del drammavissuto con grandezza d’animoda mons. Bacciarini.Sono ancora gli anni di un fervo-re inarrestabile e coinvolgente diamore verso il Sacro Cuore diGesù e la Vergine Maria. Innu-merevoli i pellegrinaggi dellaDiocesi ai Santuari mariani (donCarrera nell’opuscolo «I Pellegri-naggi nella pastorale del Vescovoticinese» ne enumera ben 45 in17 anni). La morte lo chiama allaVita il 27 giugno 1935, alle ore16,45. Prima di morire, volle fir-mare la pergamena che annun-ciava la consacrazione ufficiale esolenne della Diocesi e del Can-ton Ticino al Sacro Cuore di Gesù.

Piacere a Dio

Il perno attorno al quale gira lasua vita è la preoccupazione dipiacere a Dio; l’inquietudine dichi nelle cose di Dio vuole essereperfetto, non mediocre.È impressionante la ricerca mes-sa in campo da don Aurelio lun-go il cammino della sua vita; par-te restata solo desiderio, partegustata in fretta in fretta, partevissuta in pienezza:– voleva essere un oblato di Rho;è diventato prete diocesano;poi religioso guanelliano;ha gustato per 15 giorni la vitadel monaco trappista;poi parroco;

e vescovo con nel cuore la bramadi ritornare presto nelle Case didon Guanella (cfr. Epistolarioguanelliano di Aurelio Bacciarini,vol. II).Potrebbe sembrare a prima vistaun uomo difficile, indeciso, pocostabile e invece questo continuoricercare, provare, tentare, espri-me la sua volontà risoluta di pia-cere a Dio sempre più e sempremeglio. È l’asceta che si rende di-sponibile per essere forgiato nel«crogiuolo degli amanti».Una frase del suo direttore spiri-tuale in teologia a Milano, mons.Pasquale Morganti, si è scolpitain modo così vivo nella sua men-te e nel suo cuore tanto da diven-tare «motore di ricerca»:

«Avete visto gli acini dell’uvaquando si levano dal tino, dovehanno fermentato? Sono ormaiappassiti, spremuti: eppure siportano al torchio, perché abbia-no a gemere e sanguinare e n’ab-bia ad uscire anche l’ultima stilladi mosto, sotto la pressione tre-menda del torchio. Così la vitadel sacerdote: non è mai spremu-ta abbastanza: deve restare sottoil torchio del lavoro fin tanto viha una fibra di energia».Quando a Como riveste il ruolodi formatore alla vita religiosadei giovani candidati guanelliani,la chiarezza sulle esigenze dellavocazione era sempre la primalezione impartita: «La vocazioneè una misteriosa chiamata diDio: ma per dove? Il Signore ciha condotti qui nella terra deisuoi poveri, dove vive il suo po-polo prediletto, che è il popoloformato dagli infelici, dagli sven-turati, dagli orfani, perché il Si-gnore ha voluto che noi avessimoil privilegio di servire a Lui nellapersona dei poveri! Oh se sapes-simo apprezzare questa grazia.Con la vocazione però egli do-manda lo spirito religioso: ritor-no spesso su questo concetto,perché dobbiamo piantarcelo nelcuore profondamente; se siamopersuasi di essere religiosi, cer-cheremo di metterci all’altezzadella perfezione religiosa; se nonsiamo persuasi di questo, siamogli uomini più miserabili, comenon ci sono essere più miserabiliche gli spostati, ossia quelli chedovendo vivere da religiosi nonne hanno lo spirito e non poten-do vivere da secolari, ne hannotuttavia la tendenza ed i difetti;miserabili noi saremmo, se cimancasse questa persuasione emiserabile la nostra casa, desti-nata a perire, perché opere comequeste non vivono se non hannoper base lo spirito religioso».E ancora prima che si facesseroscelte definitive per la vita reli-giosa, la sua parola era ancorapiù severa e precisa: «Voler aspi-rare alla vita di comunità, comela nostra, senza una umiltà gene-rosa, sarebbe un passo troppo te-merario; un chierico che non si

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sentisse di mettere in pratica ilprogramma dell’umiltà, oh quan-to è meglio che cerchi un’altravia; lo dovrebbe fare per nonmettere a troppo forte repenta-glio l’anima sua, e per non essereil tormento dei Superiori e ilmartirio dei confratelli. Per amordi Dio, non stiamo qui a cercarele nostre comodità. Partiamopiuttosto. Non dobbiamo maicrederci necessari in questa casa.Non è la casa che ha bisogno dinoi: siamo noi che abbiamo biso-gno di lei».

Un modello: santa Teresa di GesùBambino

Un progetto di vita consistentecostruito sulla falsariga di quellodi s. Teresa di Gesù Bambino.Basti ricordare quanto mons.Bacciarini scrive nel quadernospirituale al termine degli eserci-zi spirituali del 1928. Sono i suoipropositi segreti:«Ho fatto l’offerta mia, come vit-tima di olocausto, all’Amore mi-

sericordioso di Dio, ad imitazio-ne, in quanto mi è possibile conla divina grazia, di s. Teresa delBambino Gesù.Di conseguenza:

1. Proposito di amare Dio in gra-do altissimo.

2. Proposito di compiere tutte leazioni in unione con Gesù eper amor suo.

3. Proposito di praticare l’infan-zia spirituale, specie con l’ab-bandono completo al Signore.

4. Proposito di soffrire con gioiaquanto il Signore mi manderàdi patire.

5. Proposito di non avere vo -lontà mia, ma solo quella diGesù.

In questa offerta intendo sia in-clusa l’offerta mia di vittima per

le intenzioni del Papa, per il Re-gno di Gesù sulla terra e partico-larmente nella mia Diocesi, dive-nuta speciale bersaglio di satana.Questa offerta significa che io mimetto a disposizione del Signoreper patire, ai suoi esposti fini,quanto Lui vorrà da me!... So-prattutto per quanto riguarda ilpatire, conoscendo la mia assolu-ta impotenza, mi appoggio divolta in volta a una grazia che mivinca e mi porti completamente.In caso diverso non oserei mette-re ai piedi di Dio questi senti-menti. Ma «omnia possum in eoqui me confortat» (Tutto posso incolui che mi conforta). n

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Modello di vita per mons. Bacciariniè stata s. Teresa di Gesù Bambino,

carmelitana scalzae Dottore della Chiesa.

Venerabile mons. Aurelio Bacciarini80o DELLA SUA NASCITA AL CIELO

Era la vigilia della solennitàdel Sacro Cuore di Gesù, il27 giugno 1935, esattamen-te 80 anni fa, quando alleore 16.45 a Lugano, «serena-mente e silenziosamente»,spirava mons. Aurelio Baccia-rini. Era Vescovo, Amministra-tore Apostolico della Diocesidi Lugano dal 1917 e Supe-riore generale della nostraCongregazione dal 1915, co-me primo successore di donLuigi Guanella.È edificante rileggere gli ulti-mi istanti della sua vita chene fa il suo primo biografomons. Emilio Cattori: «Allasua richiesta se era prossimala fine, don Mazzucchi rispo-se: “Un momento ancora, pa-zienza!” e gli soggiunse: “Ec-cellenza, soffra ancora un po’per aumentare i suoi meriti...per un più bel Paradiso... peril Signore!”. Egli si acquietò.A un certo punto fece per al-

zarsi, nel supremo istintivobisogno di aria e di refrigerioe disse: “Andiamo!”. “È la vi-gilia del Sacro Cuore, – rispo-se don Mazzucchi – sarà inParadiso a cantare i primi Ve-spri!”. “Andiamo, dunque!” re-plicò il morente».Il suo ultimo atto fu quello difirmare la pergamena prepa-rata per il Congresso Dioce-sano con l’Atto di Consacra-zione della Diocesi e del Can-ton Ticino al Sacro Cuore diGesù.Ecco un brano del suo te -stamento spirituale: «Veglia,o Cuore santo di Gesù, sulla Congregazione dei Ser -vi della Carità, nella quale muoio, per grazia incompara-bile, felice di avere dedicatoqualche parte della mia vi-ta ai poveri di Gesù Cristo,a fianco del più dolce Padree Maestro, don Luigi Gua -nella».

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Accogliamo le confortanti paroledi Gesù ascoltate nella Liturgiadel Tempo pasquale: «Non siaturbato il vostro cuore. Abbiate fe-de in Dio e abbiate fede anche inme». «Io sono la via, la verità e lavita». Parole di vita perché sap-piamo che possono effettivamen-te trasmettere la gioia che tantiSanti e Sante hanno vissuto nellaloro vita concreta. In particolarepensiamo alla nostra consorellabeata Chiara, della quale il 20aprile di ogni anno ricorre la me-moria liturgica.Don Guanella considerò suorChiara come una grazia straordi-naria da parte di Dio per la suaOpera nascente.

Suor Chiara: un grandemistero del Signore

Nel seguirla spiritualmente, donGuanella ebbe la sensazione e lameraviglia di essere davanti adun grande mistero del Signore,che traccia per ogni persona uncammino personale di santità.Così egli definisce cammino spe-ciale: «Iddio la condusse per lavia delle anime forti, via aspra eper sé pericolosa, ma la guidò cosìche non ponesse piede in fallo. Edella non cadeva; perché si arrende-va con assoluta docilità alla manoche la guidava».

Semplicità e trasparenza

* Don Guanella apprezza insuor Chiara la semplicità e latrasparenza esterna, pur ren-

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P. Alfonso Crippa sdc

S

Suor Chiaraocchicoraggiosialla scopertadel volto di Dioe della provvidenzadel Padre

Storia Spiritualità CarismaSEGUENDO LA BEATA CHIARA

Vera foto della beata suor ChiaraBosatta.

uor Chiara: donna sem-plice eppure grande; umi-le ed eroica nella donazio-ne totale a Dio e ai fratel-

li. Il suo è stato uno sguardo acu-to e coraggioso nel quotidiano enel breve tratto di storia in cuiha vissuto.È lo sguardo dello Spirito cheDio concede in dono ai suoi ami-ci, ai Santi.È lo sguardo dell’amore: l’unicoche può trasformare il cuoredell’uomo e fare nuove tutte lecose. E noi?«Occhi coraggiosi quelli di suorChiara che, nella sua gioventùnon solo è stata capace di ammi-rare i gigli del campo o gli uccellidell’aria, ma ha anche saputoscoprire nella sua croce quotidia-na, nella prova e nella concretadedizione ai poveri, il volto diDio e la Provvidenza del Padre».

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dendosi conto della complessitàinteriore della sua anima.

Quando don Guanella seppe chesuor Chiara, davanti al giudice diDongo, che l’aveva chiamata peralcune dicerie sul conto del-l’Ospizio di Pianello, aveva risol-to favorevolmente la faccenda,esclamò: «Quanta ingenuità inquest’anima!... – aggiungendo –fu come quei nuvoloni primaveriliche minacciano uragani spaven-tosi e poi lasciano cadere spruzzid’acqua che ristorano la terra dal-la sua siccità». Aveva assimilatobene suor Chiara il messaggio diGesù: «Non sia turba-to il vostro cuore!».«Io sono la via», hadetto Gesù.

Preghiera assiduae fiduciosa

* Un’altra quali-tà essenziale chedon Guanella ve-de rifulgere insuor Chiara,ma anche intutte le sue pri-me suore, è lapreghiera as-sidua, fidu-ciosa, sicuradell’interven-to dellaProvviden-za.

«Che face-vano que-ste figlie? – sidomanda appunto don Gua-nella e risponde – Pregavano esuor Chiara, che ne era come lavita, disponeva che da mane a se-ra nella Casa fosse come una pre-ghiera continua». «Si commuove-vano con la preghiera e così intutto l’Ospizio spandevano unprofluvio di orazione e un confor-to soavissimo allo spirito delle ri-coverate».Don Guanella sperimentò visibil-mente l’efficacia di questa pre-ghiera. Ad essa attribuisce peresempio l’occasione favorevole diacquistare il terreno della suaprima Casa di Como...

Obbedienza fino al sacrificio

* Altro segreto interiore che cisvela il Fondatore di suor Chia-ra è la sua obbedienza costosa edifficile nel seguire la volontà diDio, attraverso la sua guida spi-rituale. Probabilmente sta quiuno dei punti essenziali nellasua vita che spiega come suorChiara, di carattere certamentenon facile, potesse arrivare adesperienze spirituali così ele -vate.

Anche don Guanella sembra con-vinto che suor Chiara ha potutocorrispondere totalmente alla

grazia del Signore, perché

sentire più conforme ai suoi sen-timenti e al suo desiderio di unavita più nascosta e contemplati-va, ella seppe integrare mirabil-mente la preghiera continua conle opere di carità, come le aveva-no proposto sia don Coppini siadon Guanella, ambedue convintiche suor Chiara sarebbe diventa-ta colonna e fondamento dellaloro Opera.Don Guanella commenta: «SuorChiara ascoltava e taceva, fin-ché un dì che ritornò ad insi -stere venne vinta e concluse: “eb-bene io non parlerò più di parti-re da Pianello e si faccia la volon-tà di Dio” e diede in uno scrosciodi pianto. E fu per me gran for -tuna, dice il Fondatore, perché

qui operò gran benefra di noi.

Iddio laaiutò emorendoconfessòche il sa-crificio diquell’obbe -dienza legiovò alta-mente alcospetto diDio e dellapropria co-scienza. Cosìil sacrificiodel suo cuorefu in larga mi-sura compen-sato».Tutti sappiamoqual è stataquesta ricom-pensa: la misticadella sofferenzae la perfezionedella carità.

Contemplazione, carità,patire

* La sua ascesa mistica

E anche qui è bello ricordare lestesse parole di don Guanella:«Tutto aveva dato a Dio e il Signo-re la ricompensò largamente. L’in-telletto di suor Chiara cominciò

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Pagine del notes di suor Chiara.

«ha imparato, obbedendo, cosa si-gnifica sacrificio».Don Guanella al riguardo scrive:«Or che vi penso, mi duole averledato sì cruda obbedienza, ma miconsola che morendo diceva: “Lapiù dura obbedienza fu andare aDongo, ma dopo quella Iddio co-minciò in me tutti quei favori chesento”».Attraverso l’obbedienza, rinun-ciando anche a quanto poteva

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ad essere illuminato di più vivaluce. Si sarebbe detto che losprazzo di luce interna si riflet-teva esternamente nel voltosuo... Ella voleva Dio: avrebbevoluto abbracciarlo sensibil-mente e vederlo faccia a facciae, non potendo, si abbracciavaalle creature... che meglio rap-presentavano Dio su questa ter-ra, i poveri». E Don Guanellaesclama: «Come è ammirabileil cuore di Dio che opera nelcuore dei suoi servi prodigi cosìammirabili!». Più avanti puòaffermare: «Suor Chiara erauna contemplativa, era colom-ba e quasi aquila, pochi ascen-devano fino a lei...».

* La sua carità educativa

Solo alcune frasi di don Gua-nella che svelano il cuore pie-no di carità di suor Chiara:«Faceva vedere il piacere che re-cavano le persone quando le ma-nifestavano i propri bisogni..., ellaascoltava e rispondeva poche pa-role ma sì ben aggiustate che le al-tre erano appieno soddisfatte. Eracome un prendere e dare del panedella vita». (definizione ammira-bile di carità vera e vissuta!).«Suor Chiara... era nella Casa lavita di tutte; la ruota dell’edificioche muoveva tante altre... Saltella-va come augello di ramo in ramo;poca di forza ma snella; una mo-nachella tutto spirito e forza diagilità... Che dolce spettacolo!».(Don Guanella ne era veramenteammirato!). Gesù aveva detto:«Io sono la vita!».La fonte di questa carità, lo sap-piamo bene, sta nel suo spiritocontemplativo, la sua preghiera.Nel «pregare e patire» propostocome ideale di spiritualità dalFondatore ella seppe trovare l’ali-mento e la forza per la sua dedi-zione incondizionata ai poveri,nella forma che tutti le ricono-scevano di carità educativa. Leiche aveva desiderato tanto essereeducatrice e maestra, ha potutoesserlo veramente non insegnan-do in una scuola normale, ma as-sumendo il difficile compito dimadre e sorella spirituale per le

sue consorelle e appassionata te-stimone della bontà del cuore diDio con le orfanelle.Alcune frasi di don Guanellamettono in risalto la concretezzadella sua capacità educativa, allostile di Dio: «Considerava uno aduno gli stenti di povertà e di lavo-ro indefesso delle consorelle e tut-ta ardeva di brama per sollevarle,vedeva e godeva...In mirare certi difetti o di carattereo di incompatibilità ne ardeva dicruccio vivo, ma tutto nascondevain cuor suo. E quando era(ne) in-caricata di parlarne, discor re -va(ne) con tanta foga di cuore, diforza e di soavità... che di subito lesorelle si arrendevano in tutto allasua discrezione; benché la più gio-vane per età e per servizio ella do-minava su tutte e intieramente...»– E al riguardo delle bambine –«Si guadagnava col sorriso... Vole-vano suor Chiara... le correvanoincontro... Era come don Bosco:un sorriso, una parolina, un servi-zio, ecco l’angioletto nostro. Con leorfanelle era tutta di tutte». «Allascuola era la madre, la maestra,l’angelo tute lare...».

* Il suo patire

Da ultimo un accenno al «suopatire» vissuto in forma misti-ca, straordinaria, che mise indifficoltà lo stesso don Guanel-la nel guidarla spiritualmente.Egli infatti ebbe a esclamare:«Poveretta l’anima che è agitatacosì. Le persone meno spiritualisi smarrirebbero...» e allora ri-manda all’esperienza dei santimistici con san Giovanni dellaCroce e santa Teresa d’Avila percapire almeno un po’ che cosastava operando Dio in quel-l’anima». Alla fine don Guanel-la intuisce: «Nessun legno è piùatto ad accendere in cuore ilfuoco della carità di Dio che illegno della Croce». Poi aggiun-ge quasi a dire di sentirsi im-potente davanti ad un misterocosì eccelso: «E qui facciamopunto e consoliamoci che suorChiara vergine e martire, anzimartire e perciò vergine, ne la-

scia preziosa eredità di virtù».Nella storia della nostra spiritua-lità – che parte dal Fondatore epassa per mons. Aurelio Bacciari-ni e tante consorelle e confratellinostri – trova un posto eminentesuor Chiara, a cui particolarmen-te potrebbero essere applicate leparole di Giobbe, il quale speri-mentò così fortemente il misterodel dolore e della sofferenza:«Prima ti conoscevo per sentito di-re, ora i miei occhi ti vedono».

Ritorni suor Chiara fra noi

«Occhi coraggiosi, quindi, anchequelli di suor Chiara che, nellasua gioventù, non solo è stata ca-pace di ammirare i gigli del cam-po o gli uccelli dell’aria, ma haanche saputo scoprire nella suacroce quotidiana, nella prova enella concreta dedizione ai pove-ri, il volto di Dio e la Provvidenzadel Padre».Termino allora con l’invito a dareuna risposta oggi a quella do-manda: «Non ritornerà più dun-que suor Chiara fra noi? (Letteradi suor Chiara alle orfanelle,Gravedona, 3-11-1881).

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Una stazione della Via Crucis su cui meditava suor Chiara.

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La miglior risposta mi sembraquella di impegnarci ad assimila-re vitalmente il senso che puòavere anche per noi oggi il suocammino di santità, per non la-sciarla dimenticata nel cielo del-la sua beatitudine mistica. Ognu-no di noi è chiamato a persona-lizzare questo cammino di santi-tà in risposta alla particolari gra-zie che il Signore offre a ciascu-no, adattandolo sì alla spirituali-tà attuale della Chiesa, ma nonannacquandolo conformandocialla mentalità del mondo.Al contrario, in un clima di effi-cientismo è ancora più necessa-rio riscoprire l’efficacia grandedella preghiera; in un clima di ri-cerca del benessere fisico a tutti icosti, siamo chiamati a valoriz-zare anche il dolore e i nostri li-miti umani, innanzitutto per tro-vare senso e serenità nel nostroconformarci a Cristo e anche peressere capaci di vero amore aisofferenti, perché l’amore, nella

pedagogia di Dio, non può esserevissuto in pienezza che nella Cro-ce. In questo senso suor Chiara èancora presente tra noi: e cioè inchi ne invoca la protezione e nesegue l’esempio...Ci accompagnino sempre sanLuigi e la beata Chiara che, sim-

bolicamente uniti nel Santuariodel Sacro Cuore a Como, rappre-sentano il fondamento di tuttal’Opera guanelliana. «Pietre vi-ve», che testimoniano con la lorovita spesa per il prossimo la for-za della Passione e della Risurre-zione di Cristo. n

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Suore guanelliane attente al servizio, come suor Chiara.

Suor Theresann e suor Anna Maria hanno voluto realizzare questi auguri, con il logo dell’Anno della VitaConsacrata, dedicandoli a tutte le consorelle, alle lettrici e ai lettori consacrati della rivista. Grazie!

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Chissà se nei millenni addietro cisi lamentava come oggi: la gio-ventù «non ascolta», «è facilmen-te influenzabile», «dà poco affi-damento», «usa linguaggi nuo-vi», «segue mode diverse», «hainteressi incomprensibili», «pre-ferisce il divertimento all’impe-gno», ecc. ecc.?Peccato non disporre delle cro-nache di qualche milione di annifa!Ma anche quelle più recenti nonci dicono molto dei giovani, senon di quelli che si distingueva-no nello sport, nel sapere, per in-gegno; quelli, cioè, che «si face-vano notare».E degli altri? Dei tanti altri?Io li immagino simili ai giovanidi oggi: ugualmente dotati di vizie virtù, spavaldi fino alla noncu-ranza, noncuranti fino a ferire,

superficiali all’apparenza, arditinegli slanci, capaci di estreme ri-nunce, entusiasti e idealisti finoall’incredibilità, distaccati o pas-sionali fino all’incredulità. Spes-so arroganti per insicurezza.

e se fosse colpa nostra?

Sono, cioè, i giovani!Sono esattamente come siamostati noi!Se fossero diversi sarebbero vec-chi!Piuttosto loro, i giovani, come civedono?Sicuramente indaffarati a procu-rarci il superfluo.Sicuramente disinformati sulreale contesto giovanile.Sicuramente poco propensi ad

n

Francesco Sapio

maggiore fiduciaai giovani

finestre sul mondo

ell’arco dei millenni, ge-nerazione dopo genera-zione, i genitori hannotrasmesso i propri ca-ratteri ereditari ai figli:

in ognuno di noi si ritrova ilDNA dei nostri padri.Ma dei nostri padri ci portiamodentro anche convincimenti edesperienze che entrano a far par-te di noi stessi nel corso degli an-ni, anche se non sono rintraccia-bili nel nostro DNA, ed è indub-bio che i figli si avvalgono diqueste esperienze, più o menoinconsciamente, nell’approcciarei problemi che si trovano ad af-frontare nel corso della vita; faparte del così detto «bagaglioculturale» che acquisiamo colcrescere in un determinato con-testo.Infatti, a ben guardare, prima diqualsiasi alfabetizzazione e pri-ma ancora che l’uomo divenisse«storico», soltanto l’esempio con-sentiva di sopravvivere in unmondo particolarmente violento:si imparava a difendersi, a pro-curarsi il cibo, a riconoscerel’ambiente, ecc.In sostanza: i giovani sono buo-na parte di noi adulti e il loro«sentire», o modo di essere, èquello che forse gli adulti dimen-ticano quando capita loro di direo scrivere dei giovani.

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accettare ciò che non siamo più.Sicuramente premurosi nell’elar-gire ciò che a loro non serve.Sicuramente resistenti ai cam-biamenti.Intendo dire: non dovremmo cer-care un diverso approccio? Chenon sia, però, lo scimmiottare iloro comportamenti (non abbia-mo più l’età...).E poi: perché non sottolineareciò che tanti ragazzi sono e fan-no; perché non trarne insegna-mento?La mia esperienza di padre (hotre figli e cinque nipoti) mi con-sente di affermare che tra i nostriparenti, amici e conoscenti (enon sono pochi) non ci sono ra-gazzi che si sono «persi», chehanno deluso.Ecco, giustappunto: le delusioni!Ma quante di queste nasconodalle nostre presunzioni o dallenostre aspirazioni...?I giovani non possono sempre es-

sere come li vogliamo noi geni -tori.E non sono peggiori di noi: mol-to spesso sono migliori.Come possiamo pensare che unamiriade di genitori e altrettantieducatori rimangano inascoltati,che tutti, o così tanti, falliscanonei propri compiti?Come immaginare che l’esempioquotidiano non trovi emuli nei fi-gli e nei discepoli?Perché se i giovani lasciano cosìtanto a desiderare forse è anchecolpa dei loro educatori!Come ignorare la miriade di ra-gazzi che accorre alla GiornataMondiale della Gioventù? (Fuun’intuizione geniale di un gran-de Papa, Giovanni Paolo II, an-che se non volle mai assumernela paternità preferendo dire e au-spicare che si credesse che si trat-tava di un fenomeno spontaneo).Quanto calore, quanta semplici-tà! Che gioia, che festa di popoli!

Arrivare alle loro anime

Quanto ci entusiasmano i tantis-simi ragazzi che partecipano alleolimpiadi o ad altre sane manife-stazioni sportive?Come non stupire al cospetto diuna «chiamata» che coinvolge, inmaniera radicale, un giovane perl’intera vita?Come non vedere le migliaia digiovani entusiasti che gremisco-no interi stadi per ascoltare buo-na musica?E se avessimo (e mostrassimo)più fiducia?E se ci impegnassimo a megliosostenerli?E se ci convincessimo che sottola «scorza» c’è buona polpa?Papa Francesco ha auspicatoche i giovani costituiscano nonsolo la nostra preoccupazione,ma la nostra principale occupa-zione.Come non concordare? Comenon riconoscere che il tempo de-dicato ai figli diminuisce sem-pre più? Come non capire che ilnon essere propositivi contribui-sce a far sì che i ragazzi cerchi-no fuori dal contesto familiaredi che riempire il proprio tem-po? Come non convincersi che ilcoinvolgimento è più efficace ditanti sermoni? Che il «parteci-pare» lascia fuori, automati -camente, le compagnie che te-miamo?E come non ricordare don Boscoe il suo continuo ripetere «Damihi animas, caetera tolle» («Si-gnore, datemi anime e prendete-vi tutte le altre cose»)?Verso Santiago de Compostela.

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Quanto era coinvolto don Bosco?Quanta parte della giornata dedi-cava ai suoi ragazzi?È certamente difficile, se non im-possibile, imitare il Santo nel-l’impegno, nell’equilibrio, nellafede, nell’amore, ma – almeno –potremmo trarne spunto e ispira-zione non soltanto per autenticicomportamenti pastorali ma peraltrettante metodologiche educa-tive, nonché concrete azioni poli-tiche di supporto avendo, però,sempre cura di rispettare le logi-che e giuste aspirazioni dei ra-gazzi e scoprire le singole voca-zioni, nella certezza di ricevernerisposte adeguate. E, qualoraqueste non lo fossero: insistere econtinuare a essere al loro fian-co. Con assiduità e convinzione.Perché non operare e pregare perarrivare alle anime a costo di tra-lasciare tutto il resto?Certamente esistono ragazzi dif-ficili, come esistono adulti diffi-

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cili, ma spesso tali difficoltà nonnascono soltanto dall’essere o es-sere giovani...Ecco: forse dovremmo impegnar-ci di più nel risolvere eventualiproblematiche, forse dovremmocambiare anche parte dei nostricomportamenti e – soprattutto –mostrare valori diversi che ispiri-no a livelli superiori.E perché non sforzarsi anche dicapire i loro sogni, i loro slanci?E perché non accettare il loromondo, che sarebbe molto più si-mile al nostro se soltanto neavessimo costruito almeno unaparte insieme? Mediante il dialo-go, come reciproco arricchimen-to; la convivenza, come parteci-pazione di vita; l’osservazione,attenta e scrupolosa per indivi-duare i riflessi di noi stessi; l’im-piego del tempo libero, comesvago comune. occasione pereducare; l’amore, manifestazioneche accompagni il nostro «dare»

e il nostro «dire»; l’ascolto, comemassima attenzione e sollecita-zione al dialogo; la catechesi, im-partita in famiglia e non soltantodemandata.E se restassero le inquietudininon consideriamole malattie;sforziamoci, invece, di meglioconoscerle, magari per arrivare ascoprire che si tratta di salutariinsoddisfazioni che possono pro-durre buoni stimoli a fare, a rea-lizzarsi e a edificare un contestopiù accettabile e sano.Un proponimento per ognuno dinoi, «francescanamente»: occu-piamocene, più che preoccupia-mocene!Una breve e ultima riflessione:davvero sono finiti gli ideali, dav-vero la Fede è sepolta, davverol’amore si è inaridito, davvero glislanci sono esauriti?Proprio non riesco a immaginareuna umanità senza né più Santiné eroi! n

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arricchite e che ci piace condividere, almeno inparte..., tramite il nostro giornale.In parte, perché in questa relazione ci soffermiamosulla realtà del Museo Africano. È auspicabile cheanche tramite la nostra testimonianza, altre conso-relle e amici si sentano stimolati a vivere questasingolare esperienza, ben definita dall’espressioneche appare immediatamente quando si apre il sitomuseale: «Una finestra aperta sull’Africa».Dunque..., lasciandosi alle spalle il centro storico diVerona, si arriva, attraverso una strada in salita, alcivico 1 di vicolo Pozzo. Qui, in un’oasi di quiete,sorge il Museo africano (Ma). Una storia, quelladell’esposizione, cominciata nel lontano 1882,quando i missionari comboniani iniziarono a rac-cogliere gli oggetti provenienti dal Continente neroe arrivata fino a noi, attraverso periodici aggiorna-menti.«L’ultima ristrutturazione nasce dall’esigenza di ri-volgere più attenzione alla cultura africana e all’atti-vità missionaria», spiega padre Venanzio Milani,direttore del Museo, che ci accoglie con l’abitualegiovialità. «Grazie al lavoro di revisione, durato al-cuni mesi, hanno trovato posto nelle sale anche brevifilmati e temi attuali, come la diaspora africana, il

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Q

Suor Franca Vendramin fsmp

nuovo museoAfricano di Verona

finestre sul mondo

una finestra aperta sull’Africa

Suore guanelliane in visita al Museo Africano.

uest’anno la nostra Comunità di S. Mar-cellina ha voluto realizzare un’uscita spe-ciale... siamo partite all’alba di sabato 24gennaio scorso per Verona. Tre gli obietti-vi da raggiungere: la visita al Museo Afri-

cano appena inaugurato nella sua versione rinno-vata, un’altra visita alla 31a Rassegna Internaziona-le del presepio all’Arena, una sosta al Santuariodella Madonna del Frassino, a Peschiera del Garda.Un percorso interessante e significativo che ci ha

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post-colonialismo, la globa-lizzazione, le guerre».Varcando la soglia, ci si ri-trova immersi in un mon-do dai molteplici volti, incui si mescolano le animedel continente. Un effettovoluto, leggiamo nellaspiegazione dell’antropolo-go Marco Aime: «Bisognadare l’idea di un’Africa plu-rale, che cambia, che non èstatica. Non un universounico e omogeneo, ma unarealtà ricca e multiforme,composta da costumi, et-nie, lingue diverse».La prima parte dell’esposi-zione tratta il tema dellavita, dalla nascita alla mor-te. Tra gli oggetti più cu-riosi, un perizoma di perli-ne per ragazze e degli or-namenti fallici tramandatidi padre in figlio. Pochipassi più avanti, alcune te-che dedicate ai mestieri eagli attrezzi da lavoro: lan-ce, trappole, zappe, pugna-li. Appese alle pareti ma-schere di tutti i tipi e perogni occorrenza: riti di ini-ziazione, danze per propi-ziare la pioggia, cerimoniefunebri.Nella sezione dedicata allareligione sono esposti og-getti vudù (che in linguafon-ewe significa «spiri-to»), cui si aggiungono ri-ferimenti ai culti cristianie musulmani. Una stanza aparte è riservata alla musi-ca: un ragazzo africano siaffaccia da un video perfarci conoscere alcunistrumenti tipici, comedjembè, balafon, kora. «Iritmi honky tonk, jazz,blues, samba, reggae ven-gono tutti dal cuore del-l’Africa, così come molteespressioni artistiche», ciricorda la guida AlbertaDal Cortivo.Al centro dello spazioespositivo una piazza otta-gonale con quattro ingres-si, una sorta di piccolocrocevia tra i vari ambienti

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del museo. «Abbiamo volu-to riprodurre il luogo cen-trale del villaggio, la capan-na di legno e paglia dove lagente si incontra, parla, vi-ve», ha spiegato il direttoreartistico Massimiliano Tro-iani. All’interno si possonotrovare informazioni suanimali e piante, sull’eco-nomia, sui numerosissimiproverbi che fanno partedi una saggezza antica. «Inquesto Museo gli oggetti di-ventano soggetti e racconta-no», dice Troiani, «il centronon è l’opera esposta, ma lapersona».Padre Venanzio che ci ac-compagna passo passo, ciaiuta a «leggere» la realtàmuseale in tutta la sua va-lenza storica, culturale, ar-tistica e spirituale. Affer-ma: «Nelle varie ristruttura-zioni, il Museo ha acquisitosempre maggiori significatie valenze non solo in rela-zione all’Africa, ma anche anoi ed è divenuto uno spa-zio aperto a chi desidera co-noscere l’Africa; uno stimo-

Museo Africano di Verona, nelle bacheche: maschere,ornamenti, religioni, nascita, strumenti musicali e artevaria.

Urna contenente i resti mortalidi s. Daniele Comboni.

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lo a studi etnoantropologicisull’Africa, collegandolocon la Biblioteca Nigrizia,ricca di oltre 20.000 volumie tenendo conto anche dellafrequentazione di centinaia– oggi diremmo migliaia distudenti, parecchi dei qualiuniversitari». Di conse-guenza, conclude: «L’ade-guamento alle nuove sensi-bilità e ai nuovi modi diporsi di fronte all’Africanon più stereotipata, fa sìche il Museo diventi ancheuno strumento di dialogointerculturale, offrendo atti-vità collaterali quali l’alle-stimento di mostre culturalimonotematiche, organizza-zione di percorsi e laborato-ri didattici di interculturali-tà e incontri/conferenze conaltre culture».Verso l’uscita del Museo, ilricordo di san DanieleComboni, fondatore deimissionari comboniani:una grande figura profeti-ca che ha saputo denun-ciare gli orrori perpetratiin Africa donando, fino infondo, la sua esistenza. Lasosta diviene per noi obbli-gatoria... Tramite un video,ripercorriamo le tappeprincipali della vita e del-l’opera eccezionale di que-sto vescovo missionario e

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INFORMAZIONI

Orari di aperturaMartedì-Venerdì: 9.00-12.30 / 14.00-17.00Sabato: 9.00-12.30I e III Domenica del mese: 14.00-18.00

Giorno di chiusura: Lunedì

Museo AfricanoVicolo Pozzo 1, 37129 VeronaTel. 045-8092199/100 • [email protected]@museoafricano.orgSeguici sulla pagina Facebook MuseoafricanoMa

martire per il riscatto delcontinente africano. Men-tre vediamo il filmato, lanostra mente corre allacappella interna della Casamadre dei comboniani incui siamo entrate appenaarrivate. Ai piedi dell’alta-re, in una tipica urna afri-cana, sono contenuti i restimortali di mons. Comboniche, dopo la morte avvenu-ta in Sudan, ha dovuto su-bire anche la profanazionedel sepolcro. È rimastodunque ben poco del suocorpo mortale, ma in quelMuseo appena visto «si re-spira» la straordinaria at-tualità e vitalità del suospirito e del suo carisma.Sono i prodigi dei santi!Prima di lasciarci, padreVenanzio ribadisce che lavisita al Museo è adatta atutti, anche ai bambini, iquali possono parteciparea laboratori e attività di-dattiche. Ci sentiamo dun-que di condividere piena-mente le affermazioni chela stampa locale ha diffu-so, in occasione della suarecente inaugurazione: «Ilnuovo Museo è un punto diriferimento sul territorio enell’ambiente multietnico emulticulturale, è un luogodi «convivialità delle diffe-renze»; è spazio e voce aiprocessi di modernizzazio-ne e sviluppo dell’Africa; of-fre l’opportunità di ammi-rare, studiare e valutare og-getti artistici ricchi di sto-ria, di vita».Nel viaggio di ritorno ilnostro commento è statounivoco: «Siamo state con-tente di esserci affacciate aquesta finestra aperta sul -l’Africa!». n

In alto a destra,altare di s. Daniele;nelle altre foto, la sala musica.

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Solo la gioia esce libera e scintil-lante per invadere il mio animoche è a loro vicino.Tondi, sgranati, come in conti-

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VOCI DAL SILENZIO

Negli occhidei nostri figli

N

tersa il fondo meraviglioso coisuoi coralli, coi suoi frutti, coigiochi marini.Ed a me è concesso di vedere ilfondo delle loro anime, i fruttidella loro mente, la fantasia deiloro giochi.Un giorno, dicevo, io vidi losguardo di mio figlio farsi incre-dulo, accendersi di luci improv-vise, guardare perplesso e sfug-girmi, così come il pesce si gira e

E mi pare di averli sempre avu -ti in me, se non in grembo, nel-l’anima.I miei figli!Sei e quattro anni.Sarebbero bimbi comuni, ugualia tanti altri che puoi incontrarenella strada, nella scuola e nellavita, se i loro occhi non li rendes-sero diversi.Sono quattro pupille azzurre chequando ti guardano ti parlano.È per questo che io, pur maneg-giando i pennelli, rifuggo dal co-piarli: non saprei dipingere la lu-ce di vita che si sprigiona da essi.E la vita è un dono divino, ed ioche sono stata l’umile strumentoche è servito a crearli potrei ripe-tere l’opera su tela o su carta, maquei riflessi di luce viva rimar-rebbero solo pennellate di zincobianco.Voler ripetere quell’opera incom-parabile e sublime sarebbe sola-mente presunzione umana ed in-

vece io sono, e devo rimanere,solo la madre che si specchia inquelle pupille lucenti di gioia oumide di pianto.Gli occhi dell’uno, frangiati dinero, che a prima vista paionosoffusi di tristezza, sono invece

velati da dolcezza infinita. E daessi il colore si sprigiona comeda due finestrine socchiuse versoil cielo.La gioia li apre, il dolore li chiu-de.

Se l’una li fa splendere, l’altrodalle ciglie unite fa sprizzare la-grime, come gocce che si stacca-no da bolle andate in frantumi.Ma il dolore, il dolore vero restanascosto dalle palpebre chine.

nua domanda, sono gli occhi del-l’altra e nulla nascondono.La gioia li invade pari al piantoche li riempie di lagrime sino alambire le ciglia; lagrime iride-scenti che precipitano lungo legote, come se traboccate da uncalice di fiori improvvisamentecolmo di rugiada.Così per anni io li ho visti inno-centi e puri, senza turbamenti.Ma quando non ho più visto cosìquelli di mio figlio? Un giorno diprimavera.Uno di quei giorni in cui l’azzur-ro del cielo si specchia nelle pu-pille, come nei fondi più lumino-si del mare.Così, grazie a quel riflesso, tupuoi scorgere nella profondità

Una lettrice mamma

on avete mai visto gliocchi dei miei figli?No? Peccato!I miei figli hanno un vi-so-occhi: uno di quei vi-

si dei quali puoi forse dimentica-re la linea dolce, il naso, la carno-sità della bocca, ma gli occhi no,gli occhi predominano in esso.Non hanno la stessa età, ma ame pare che siano nati assieme,perché non avevo ancora allevatoil primo, quando ho sentito pal-pitare la vita dell’altro.

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ritorna verso l’amo, guizza, so-sta, lambisce e fugge.Attaccato all’amo della vita stavaintuendo esche nuove, diverse daquelle che sempre aveva scorto, eche io avevo staccate per porgerea lui sotto forma di fate, favole ecicogne.Allora parlai, con dolcezza eamore infinito.Lui ora non accarezzava più fate,nanetti e cicogne, il suo sguardocolmo di riconoscenza e gioia midice però che io non li ho man-dati in frantumi.Sono rimasti in lui i giochi bellidella prima infanzia coperti sì daun velo di realtà, ma lui può an-cora, volendo, riportarveli vicinoin sogno.Lei no, lei crede ancora in tuttoquello che non è vita vera, ed io la-scio che la fantasia si sprigionicosì da essa, finché verrà il tempo.Ecco come io ricordo gli occhi

dei miei figli, ma dimenticavo didirvi che una volta li ho visti im-pazzire di terrore, quando anco-ra ero giovane.«Mamma, tu sei vecchia?», michiedevano. «Mamma, tu devimorire?».«Perché?» domandai sorpresa.«Oh mamma», continuarono,«oh mamma tu hai già i capellibianchi!».Non seppi resistere, il mio sorri-so si tramutò in riso e il loro ter-rore si trasformò in moderatapaura.«Oh sì, ho i capelli bianchi, maio non sono vecchia, è dall’adole-scenza che li porto così, primaqualche filo e poi sempre di più».«Allora, se tu li hai bianchi ora,non puoi più invecchiare, tu nonpuoi morire!».Nella semplicità dei loro pensierianche questo era vero. Allora ri-sposi: «Sì».

Si sprigionò da loro una gioiaimprovvisa pazzesca, travolgentecome lo era stato il terrore, chemi fece credere ciò che pensava-no: sì, io sarei rimasta così perloro, tutta la vita senza cambiare.Rimarrò così per le loro pupille,e nelle loro pupille io troverò illoro dono: la mia eterna giovi-nezza.Ma voi, avete mai visto gli occhidei miei figli? No!? Allora noncercateli, io sola vedo in essi que-ste meravigliose cose.Voi no, voi non potete, voi le troverete solo in quelli dei vostrifigli.Perché non le cercate? n

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VIVERE LA FESTAa cura di suor Maria Teresa Nocella

Mamme mammemamme

Son tutte belle le mamme del mondoquando un bambino si stringono al cuor.

Son le bellezze di un bene profondofatto di sogni, rinunce ed amor.È tanto bello quel volto di donna

che veglia un bimbo e riposo non ha;sembra l’immagine d’una Madonna,

sembra l’immagine della bontà.

Umberto Bertini

«Phlox», 1889.Gaston Latouche.Musée de la Ville,La Roche-sur-Yon, Francia.

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Chiesa c’è la Madre di Gesù. Forse le madri, pron-te a tanti sacrifici per i propri figli, e non di radoanche per quelli altrui, dovrebbero trovare piùascolto. Bisognerebbe comprendere di più la lorolotta quotidiana per essere efficienti al lavoro e at-tente e affettuose in famiglia; bisognerebbe capiremeglio a che cosa esse aspirano per esprimere ifrutti migliori e autentici della loro emancipazio-ne. Una madre con i figli ha sempre problemi,sempre lavoro. Io ricordo a casa, eravamo cinquefigli e mentre uno ne faceva una, l’altro pensava difarne un’altra, e la povera mamma andava da unaparte all’altra, ma era felice. Ci ha dato tanto.

Come soffre una madre!

Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare del-l’individualismo egoistico. «Individuo» vuol dire«che non si può dividere». Le madri invece si «di-vidono», a partire da quando ospitano un figlioper darlo al mondo e farlo crescere. Sono esse, lemadri, a odiare maggiormente la guerra, che ucci-de i loro figli. Tante volte ho pensato a quellemamme quando hanno ricevuto la lettera: «Le di-co che suo figlio è caduto in difesa della patria...».Povere donne! Come soffre una madre! Sono essea testimoniare la bellezza della vita. L’arcivescovoOscar Arnulfo Romero diceva che le mamme vivo-no un «martirio materno». Nell’omelia per il fune-rale di un prete assassinato dagli squadroni dellamorte, egli disse, riecheggiando il Concilio Vatica-no II: «Tutti dobbiamo essere disposti a morire perla nostra fede, anche se il Signore non ci concedequesto onore... Dare la vita non significa solo esse-re uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio, èdare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nelcompimento onesto del dovere; in quel silenziodella vita quotidiana; dare la vita a poco a poco?Sì, come la dà una madre, che senza timore, con lasemplicità del martirio materno, concepisce nelsuo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo facrescere e accudisce con affetto. È dare la vita. Èmartirio». Fino a qui la citazione. Sì, essere madrenon significa solo mettere al mondo un figlio, maè anche una scelta di vita. Cosa sceglie una madre,qual è la scelta di vita di una madre? La scelta divita di una madre è la scelta di dare la vita. E que-sto è grande, questo è bello.

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O

La parola di Francesco

«Io ricordo a casa, eravamo cinque figlie mentre uno ne faceva una,l’altro pensava di farne un’altra,e la povera mamma andava da una parte all’altra,ma era felice. Ci ha dato tanto» (Papa Francesco).

NELLA FAMIGLIAC’È LA MADRE

Non sempre tenutanel giusto conto

gni persona umana deve la vita a una ma-dre, e quasi sempre deve a lei molto dellapropria esistenza successiva, della forma-zione umana e spirituale. La madre, però,

pur essendo molto esaltata dal punto di vista sim-bolico – tante poesie, tante cose belle che si diconopoeticamente della madre –, viene poco ascoltata epoco aiutata nella vita quotidiana, poco considera-ta nel suo ruolo centrale nella società. Anzi, spessosi approfitta della disponibilità delle madri a sacri-ficarsi per i figli per «risparmiare» sulle spese so-ciali. Accade che anche nella comunità cristiana lamadre non sia sempre tenuta nel giusto conto, chesia poco ascoltata. Eppure al centro della vita della

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Non siamo orfani: siamo figli!

Una società senza madri sarebbe una società disu-mana, perché le madri sanno testimoniare sempre,anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedi-zione, la forza morale. Le madri trasmettono spes-so anche il senso più profondo della pratica religio-sa: nelle prime preghiere, nei primi gesti di devo-zione che un bambino impara, è inscritto il valoredella fede nella vita di un essere umano. È un mes-saggio che le madri credenti sanno trasmetteresenza tante spiegazioni: queste arriveranno dopo,ma il germe della fede sta in quei primi, preziosis-simi momenti. Senza le madri, non solo non ci sa-rebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buonaparte del suo calore semplice e profondo. E laChiesa è madre, con tutto questo, è nostra madre!Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Ma-donna, la madre Chiesa, e la nostra mamma. Nonsiamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figlidella Madonna, e siamo figli delle nostre madri.Carissime mamme, grazie, grazie per ciò che sie-te nella famiglia e per ciò che date alla Chiesa eal mondo. E a te, amata Chiesa, grazie, grazieper essere madre. E a te, Maria, madre di Dio,grazie per farci vedere Gesù. E grazie a tutte lemamme...: le salutiamo con un applauso!

Ud. gen., 7 gennaio 2015

«Noi non siamo orfani, abbiamo una madre!La Madonna, la madre Chiesa, e la nostra mamma.Non siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri» (Papa Francesco).

La parola dei poeti

L

DEDICATE ALLE MAMME

a toccante poesia che proponiamo dellapoetessa Ada Negri (1870-1945), trova as-sonanza con quanto detto da Papa France-sco durante l’omelia, in San Pietro, del 13

ottobre 2013: «Maria ha detto il suo sì a Dio, un sìche ha sconvolto la sua umile esistenza di Nazaret.Ma non è stato l’unico, anzi è stato solo il primodi tanti sì pronunciati nel suo cuore nei suoi mo-menti gioiosi, come pure in quelli di dolore, tantisì culminati in quello sotto la Croce.Oggi qui ci sono tante mamme; pensate fino a chepunto è arrivata la fedeltà di Maria a Dio: vedere ilsuo unico Figlio sulla Croce. La donna fedele, inpiedi, distrutta dentro, ma fedele e forte».

IL CALVARIO DELLA MADRE

Grembo materno straziato e forte,di tua fecondità l’invitto segnoin te impresso sarà fino a morte. Ave.

Bocca materna, non avrai più baciche non sien quelli di tuo figlio – comesigilli d’oro fulgidi e tenaci. Ave.

Occhi materni, voi vedrete il mondodietro un velo di lacrime, seguendoansiosi il folleggiar d’un bimbo biondo. Ave.

Mani materne, voi più non sapreteche blandire e sanar le rosse piaghedi colui che a la terra offerto avete. Ave.

Vita materna, non sarai più nullafuor che l’ombra vegliante ad ali aperte,con lunghe preci, a fianco di una culla. Ave.

Cuore materno, cuore crocifisso,cuor benedetto, cuore sanguinante,cuore pregante a l’orlo d’un abisso,non più per te, non più per te vivrai;ma pel figlio in mille formadi perdono e d’amor rinascerai. Ave.

Ada Negri

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Il 1928 conobbe la conversione di Giuseppe Unga-retti (1888-1970) ed egli ebbe a riconoscere: «Lamia poesia, interamente, sin da principio, è poesiadi fondo religioso. Avevo sempre meditato sui pro-blemi dell’uomo e sul suo rapporto con l’eterno,sui problemi dell’effimero e sui problemi della sto-ria...». Due anni dopo, Ungaretti scrisse la poesiadal titolo La Madre, «una delle più alte espressionidella letteratura del ’900»: il poeta sente di aver in-contrato il Signore, grazie all’intercessione dellasua mamma.

LA MADRE

E il cuore quando d’un ultimo battitoAvrà fatto cadere il muro d’ombra,Per condurmi, Madre, sino al Signore,Come una volta mi darai la mano.In ginocchio, decisa,Sarai una statua davanti all’Eterno,Come già ti vedevaQuando eri ancora in vita.Alzerai tremante le vecchie braccia,Come quando spirastiDicendo: Mio Dio, eccomi.E solo quando mi avrà perdonato,Ti verrà desiderio di guardarmi.Ricorderai d’avermi atteso tanto,E avrai negli occhi un rapido sospiro.

Giuseppe Ungaretti

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Cuore materno, cuore crocifisso,cuor benedetto, cuore sanguinante.

Ada Negri

La voce dei lettori

D

SOLO LA MAMMA

alla poesia che segue traspare tutta l’affet-tuosa nostalgia del nostro lettore italo-americano per la mamma e il suo delicatoamore.

Culla d’amore sono le tue braccia,quando ti stringi il figlioletto al cuore.Sei tu la mamma, lo stringi e l’abbracci,dono festoso pieno di calore.

Quel dolce fiore, il tuo pargoletto,si specchia nel tuo candido bel viso,lo rassicuri col tuo grande affettoe lo carezzi col dolce sorriso.

Quale mistero dolce, alma sublime,regina di natura alta e superbache fiamma ardente all’amor s’inchina.

E l’innocente, con forza speditaal tuo coraggio, vede il tuo vigore.Tu sei la mamma, la gioia infinita.

Pompeo Stillo

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La voce dei lettori La voce dei lettori

I È

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DAL BUIO ALLA LUCE

n questi versi si legge l’evoluzione di una per-sona da una situazione di conflitto ad unorizzonte di luce attraverso una sempre mag-giore presa di coscienza di sé.

Tutti gli uomini posseggonoqualcosa di cui non riescono a disfarsi:se tu la getti, ritorna a te,se la prendi a calci, sei tu che ti fai male,se la calpesti, non la distruggi,se la prendi a bastonate, il bastone si rompe;parolacce, maledizioni, odionon le fanno niente: è sempre lì.

Te ne potrai liberare soltanto ignorandola.Allora morirà.Si farà sempre più piccola,finché la conterrai nel pugno di una mano.Solo allora potrai gettarlae non tornerà più.

E solo dopo, guardando la tua mano vuotatu, che non hai mai pianto,verserai tutte le tue lacrime,solo allora ti renderai contodi aver gettatouna mamma.Ma guardando ancora la tua mano vuota,sotto il sole,vedi brillare luccicare qualcosa.Forse è la tua mamma, anche se non c’è più,ella sarà sempre con teed un sorriso di speranza si affaccerà sul tuo viso.

Rosy

UNA MAMMA CHE SOFFRE

la voce di una mamma che piange accantoal letto della sua bimba malata. Raccoglia-mo le sue lacrime e con tutte le lacrime del-le mamme che piangono le offriamo – per

le mani di Maria – al Padre di ogni consolazione.

26 maggio 1962

Sei sveglia e mi chiami.Non ho il coraggio di guardarti bambolina.Se tu fossi guarita stanotte?Un attimo ancora voglio sperare, un attimo solo,ma so che non sarà ciò che io penso,ciò che io spero più di ogni altra cosa al mondo.

Tu mi chiami, devo guardarli piccola e se...e se non sarà?Dio, Dio mio, dammi la forza.Mi giro e ti vedo.

Sei bella, tanto bella!Hai capelli spettinati che ti toccano le ciglia, haile guancine paffute, hai le manine che si allunga-no verso di me!... ma non sei guarita.Forse sarà domani.

Lo sai tesoro che le grazie grandi,le grazie vere Iddio le fa attendere?Dicono, e lo so, che sarebbe un miracolo.Ma se non li fa Dio i miracoli, chi può farli?

E io credo in Lui, forse sono presuntuosa, ma iocredo che Lui ti guarirà ed io lo griderò questo miracolo a tutti e tutti dovranno conoscerlo.Perché questo miracolo non sarà solo per noi,sarà anche per tutti coloro che non credono.

Vi sarà chi dirà: «La bimba forse aveva una cosada nulla, la bimba sarebbe guarita ugualmente».Noi invece sappiamo che solo un miracolo ti puòdare la guarigione e, se questo avverrà, sarà no-stra missione farlo accettare agli increduli.

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30 maggio 1962

Tutto è buio intorno a noi, Manuela.Le nostre preghiere supplicano con fede,con disperazione, con speranza,ma tu non ne hai beneficio.Il tuo pianto ci attanaglia il cuore.Perché non migliori?Solo tra le mie braccia ti calmi un poco.

Non sono capricci i tuoi,c’è qualcosa che ti opprime,che ti fa soffrire quasi in continuazione.E i tuoi occhi si atteggiano al pianto,il sorriso che a volte li socchiudecon grazia scompare.

Le tue manine si aggrappano,neppure fra le mie bracciavuoi rimanere sdraiata.Metti la tua testina vicino alla miae mi afferri i capelli.Così, io non sono mai pettinata.

Dalla mia nuca pian pianoi capelli che hai afferratisi sciolgono dallo chignone qualcuno strappato resta fra le tue dita.E coi miei capelli, quando tutto è passato,tu giochi come se fossero i fili dell’arpache ti donerò quando sarai grande.

G.M. C.

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Storie che girano in rete

Q

COME IL CREATOREDIEDE VITA ALLE DONNE

uando il Signore fece la donna era il suosesto giorno di lavoro, stava facendostraordinari.Apparve un angelo e disse: «Perché ci

metti tanto tempo per fare questo?»; ed il Signo-re rispose: «Hai visto il formulario delle specifi-che che possiede?».«Deve essere completamente lavabile ma non diplastica, ha 200 parti mobili tutte sostituibili,funziona a caffè e resti di pranzo, ha un grembonel quale stanno due bambini allo stesso tempo,possiede un bacio che può curare qualsiasi cosa,

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da un ginocchio sbucciato ad un cuore rotto, edha 6 paia di mani».L’angelo era sorpreso da tutti i requisiti che ladonna possedeva. «Sei paia di mani! Non è pos-sibile!», esclamò. «Il problema non sono le mani,sono i 3 paia di occhi che le madri devono ave-re», rispose il Signore. «Tutto questo nel modellostandard?» chiese l’Angelo. Il Signore assentì conil capo.«Sì, un paio di occhi servono affinché possa ve-dere attraverso una porta chiusa, chiedendo ai fi-gli cosa stanno facendo, nonostante lo sappia –spiegò –. Un altro paio sono nella parte posterio-re della testa per vedere cose che ha bisogno diconoscere, nonostante nessuno pensi che sia ne-cessario. Il terzo paio sono nella parte anterioredella testa. Questi cercano i figli smarriti e diceloro che li capisce e li ama comunque, senza bi-sogno di dire una parola».L’Angelo cercò di fermare il Signore: «Questo èun carico di lavoro troppo grande per la donna!».«Ascolta il resto delle specifiche!», protestò il Si-gnore. E aggiunse: «Si cura da sola quando è am-malata, può alimentare una famiglia con qualsia-si cosa e può far sì che un bambino di 9 anni re-sti sotto la doccia».L’Angelo si avvicinò e toccò la donna. «Però l’haifatta tanto morbida, Signore».«Lei è morbida e dolce – disse il Signore – peròallo stesso tempo l’ho fatta forte. Non hai alcunaidea di quanto possa essere resistente e di quan-to possa sopportare». «Potrà pensare?» chiesel’Angelo.Il Signore rispose: «Non solo sarà capace di pen-sare ma anche di ragionare e di negoziare».L’Angelo notò qualcosa, si stirò e toccò la guan-cia della donna. «Oh, sembra che questo modelloabbia una perdita. Glielo ho detto che stava cer-cando di metterci troppe cose!».«Questa non è una perdita – obiettò il Signore –questa è una lacrima!». «E a cosa servono le la-crime?», chiese l’Angelo.Il Signore disse: «Le lacrime sono la forma nellaquale esprime la sua allegria, il suo dolore, il di-sincanto, la solarità, il suo orgoglio». L’angeloera impressionato. «Sei un genio, Signore. Haidavvero pensato a tutto, visto che le donne sonoveramente meravigliose!». Ed aggiunse: «Le don-ne hanno una forza che meraviglia gli uomini.Crescono i figli, sopportano le difficoltà, portanocarichi pesanti, tacciono quando vorrebbero gri-dare. Cantano quando vorrebbero piangere.Piangono quando sono felici e ridono quando so-no nervose».E ancora. «Litigano per ciò in cui credono. Sisollevano contro le ingiustizie. Non accettano un

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NO come risposta, quando credono che esistauna soluzione migliore. Se sono in ristrettezze,comprano le scarpe nuove per i figli e non per sestesse.Accompagnano dal medico un amico spaventato.Amano incondizionatamente. Trionfano. Hannoil cuore rotto quando muore un amico. Soffronoquando perdono un membro della famiglia, mariescono ad essere forti quando non c’è più nullada cui trarre energia».Proseguì il Signore: «Sanno che un abbraccio edun bacio possono aggiustare un cuore rotto. Ledonne sono fatte di tutte le misure, le forme ed icolori. Amministrano, volano, camminano o timandano e-mails per dirti quanto ti amano. Ledonne fanno più che trasmettere luce, portanoallegria e speranza, compassione ed ideali. Ledonne hanno infinite cose da dire e da dare. Si, ilcuore delle donne è meraviglioso».

Zenit.org

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A MARIA

Stanca di navigar per aspro mare,volgo le vele verso il portodove la Madre attendee sta da tempo ad aspettare.

Accanto a lei mi sento sicuracontemplerò il suo dolce visolungi da’ rischi, attenderò paziente,e d’ogni persona avrò cura.

Canterò l’amore e la bellezza,a lei che d’ogni virtù fu colma,le narrerò ciò che porto in cuore,che sa di grazia e di purezza.

Angela Anna Tozzi scic

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TESTIMONIANZE

Giovanni Paolo II

G La Prima Comunione, all’età dicinque anni e mezzo, segna inGianna un momento importante,dando inizio ad un’assidua fre-quenza all’Eucaristia, che divienesostegno e luce della sua fanciul-lezza, adolescenza e giovinezza.In quegli anni non mancano diffi-coltà e sofferenze: cambiamento discuole, salute cagionevole, trasferi-menti della famiglia, malattia emorte dei genitori. Tutto questoperò non produce traumi o squili-bri in Gianna, data la ricchezza e

profondità della sua vita spirituale,anzi ne affina la sensibilità e nepotenzia la virtù.Negli anni del liceo e dell’universi-tà è giovane dolce, volitiva e riser-vata, e mentre si dedica con dili-genza agli studi, traduce la sua fe-de in un impegno generoso di apo-stolato tra le giovani di Azione Cat-tolica e di carità verso gli anziani ei bisognosi nelle Conferenze di SanVincenzo. Laureata in Medicina eChirurgia nel 1949 all’Università diPavia, apre nel 1950 un ambulato-rio medico a Mesero (un comunedel Magentino); si specializza inPediatria nell’Università di Milano

GiannaBeretta Molla(4 ottobre 1922 • 28 aprile 1962)

Giovane dolce e volitiva

ianna Beretta nacque aMagenta (diocesi e provin-cia di Milano) il 4 ottobre1922, decima dei 13 figli

dei coniugi Alberto Beretta e Ma-ria De Micheli. Già dalla fanciul-lezza accoglie con piena adesioneil dono della fede e l’educazionelimpidamente cristiana, che ricevedagli ottimi genitori e che la porta-no a considerare la vita come undono meraviglioso di Dio, ad averefiducia nella Provvidenza, ad esse-re certa della necessità e dell’effica-cia della preghiera.

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Alcuni giorni prima del parto, purconfidando sempre nella Provvi-denza, è pronta a donare la sua vi-ta per salvare quella della sua crea-tura: «Se dovete decidere fra me eil bimbo, nessuna esitazione: sce-gliete – e lo esigo – il bimbo. Salva-te lui». Il mattino del 21 aprile1962, dà alla luce Gianna Emanue-la e il mattino del 28 aprile, nono-stante tutti gli sforzi e le cure persalvare entrambe le vite, tra indici-bili dolori, dopo aver ripetuto lapreghiera «Gesù ti amo, Gesù tiamo», muore santamente.Aveva 39 anni. I suoi funerali furo-no una grande manifestazioneunanime di commozione profon-da, di fede e di preghiera.Fu sepolta nel cimitero di Mesero,mentre rapidamente si diffondevala fama di santità per la sua vita eper il gesto di amore e di martirioche l’aveva coronata.«Meditata immolazione», così Pao-lo VI ha definito il gesto della bea-ta Gianna ricordandola all’Angelusdomenicale del 23 settembre 1973:«Una giovane madre della diocesidi Milano che, per dare la vita allasua bambina sacrificava, con me-ditata immolazione, la propria». n

nel 1952 e predilige, tra i suoi assi-stiti, mamme, bambini, anziani epoveri.

La scelta del matrimonioMentre compie la sua opera di me-dico, che sente e pratica come una«missione», accresce il suo impe-gno generoso nell’Azione Cattolica,prodigandosi per le «giovanissime»e, al tempo stesso, esprime con glisci e l’alpinismo la sua grande gioiadi vivere e di godersi l’incanto delcreato. Si interroga, pregando e fa-cendo pregare, sulla sua vocazioneche considera anch’essa un dono diDio. Scelta la vocazione al matri-monio, l’abbraccia con tutto l’entu-siasmo e s’impegna a donarsi total-mente «per formare una famigliaveramente cristiana».Si fidanza con l’ing. Pietro Molla evive il periodo del fidanzamento,nella gioia e nell’amore. Ringraziae prega il Signore. Si sposa il 24settembre 1955 nella basilica diSan Martino in Magenta ed è mo-glie felice. Nel novembre 1956 èmamma più che felice di Pierluigi;nel dicembre 1957, di Mariolina;nel luglio 1959, di Laura. Sa armo-nizzare, con semplicità ed equili-brio, i doveri di madre, di moglie,di medico, e la gran gioia di vivere.

Mamma nel mistero del doloreNel settembre 1961, verso il termi-ne del secondo mese di gravidan-za, è raggiunta dalla sofferenza edal mistero del dolore; insorge unfibroma all’utero. Prima del neces-

Foto in alto, Gianna con il figlio Pierluigi.

Proclamandola beata in Romail 24 aprile 1994 e santa

il 16 maggio 2004,Giovanni Paolo II (con Gianna

Emanuela nella foto al centro) havoluto esaltare, insieme all’eroismo

finale, la sua esistenza intera,l’insegnamento di tutta una vita.

Gianna con il marito ing. Pietro Mollain Val Veny, settembre 1958.

Limpida e graziosa. Così appare ladottoressa Gianna Beretta all’inge-gnere Pietro Molla nei primi incontri.Si conoscono nel 1954 e si sposanoa Magenta il 24 settembre 1955.Gianna, la penultima degli otto figlisopravvissuti della famiglia Beretta,nata a Magenta, è medico chirurgonel 1949 e specialista in pediatrianel 1952. Continua però a curare tut-ti, specialmente chi è vecchio e solo.«Chi tocca il corpo di un paziente –diceva – tocca il corpo di Cristo».Gianna ama lo sport (sci) e la musi-ca; dipinge, porta a teatro e ai con-certi il marito, grande dirigente indu-striale sempre occupato. Vivono aPonte Nuovo di Magenta, e lei arric-chisce di novità gioiose anche la vitadella locale Azione Cattolica femmini-le. Nascono i figli: Pierluigi nel 1956,Maria Rita (Mariolina) nel 1957, Lau-ra nel 1959. Settembre 1961, quartagravidanza, ed ecco la scoperta di unfibroma all’utero, con la prospettivadi rinuncia alla maternità per nonmorire. Mettendo al primo posto ildiritto alla vita, Gianna decide di farnascere Gianna Emanuela. La mam-ma morirà il 28 aprile 1962.

(Avvenire)

sario intervento operatorio, pur sa-pendo il rischio che avrebbe com-portato il continuare la gravidan-za, supplica il chirurgo di salvarela vita che porta in grembo e si af-fida alla preghiera e alla Provvi-denza. La vita è salva, ringrazia ilSignore e trascorre i sette mesi chela separano dal parto con impareg-giabile forza d’animo e con immu-tato impegno di madre e di medi-co. Trepida, teme che la creaturain seno possa nascere sofferente echiede a Dio che ciò non avvenga.

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le loro spalle i genitori pa’ Loren-zo e mamma Maria Bianchi, sor-ridenti, li osservano compiaciuti.Un episodio rappresentato inmodo naturalistico dallo scultoreprof. Alfredo Vismara; un fattoche ci fa comprendere come gliinsegnamenti di pa’ Lorenzo e dimamma Maria avevano colpitocosì tanto la sensibilità dei duebimbi che volevano anch’essipreparare, attraverso il gioco,una minestra da dare ai poveri;un piatto che i genitori mai nega-vano a quanti talvolta bussavanoalla porta. Episodi di carità cri-stiana e di altruismo che condi-zionarono per sempre l’indoledei due fanciulli.Tutti sappiamo come l’esempiodei genitori sia incisivo negli an-ni dell’infanzia e lo fu in modostraordinario anche per Luiginoe per sua sorella Caterina. Loren-zo e Maria inculcavano ai due eai numerosi altri loro figli il valo-re del bene gratuito e della caritàcristiana, educandoli nelle sereinvernali anche con la letturadella vita dei Santi e della paroladi Dio, con la recita del santo Ro-sario.Ma sono numerosi i sacerdotiche nelle loro memorie d’infan-zia ci parlano dei valori umani espirituali ricevuti dai genitori.Per don Bosco, mamma Marghe-rita ebbe il merito di far apprez-zare al piccolo Giovannino le bel-lezze del creato e l’amore versogli ultimi. Gli fu sempre accantonella preghiera, accompagnando-lo negli anni difficili ma esaltantiche l’avrebbero condotto al sa-cerdozio. Infine, standogli vicinanegli anni tribolati degli inizidell’opera oratoriana, che il figliosacerdote stava faticosamenteimpiantando a Torino. Don Gua-nella non ebbe modo di conosce-re mamma Margherita, perchénel 1875, quando fu da don Bo-sco e vi rimase per tre anni, laprima cooperatrice dei salesianiera già da parecchi anni manca-ta. Ma sicuramente nelle confi-denze che i due amici si scam-biavano, i ricordi dei genitori edei loro insegnamenti aprivanouna dolcissima e nostalgica pa-

Sergio Todeschini cdb

A

Le mammedei nostri Santi

TESTIMONIANZE

Fraciscio (Sondrio). Mamma Mariae pa’ Lorenzo Guanellaguardano il gioco dei figliLuigino e Caterina.Gruppo bronzeo di A. Vismara.

I genitoridi Luigino Guanella

ll’esterno della casa delGuanella a Fraciscio, fan-no bella mostra un gruppodi statue: il piccolo Luigi-

no con la sorellina Caterina stan-no preparando la minestra per ipoveri, impastando del fango. Al-

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per ultimo, nel 1793, la sorellinaLucia. In Capriglio non vi erauna scuola elementare; così Mar-gherita crebbe analfabeta, com-pensando questa mancanza, as-sai diffusa tra i contadini deltempo, con una crescita spiritua-le continua, alimentata nella fre-quenza alle celebrazioni liturgi-che e nell’ascolto della Parola. ADio affidava tutta la sua vita etutta la sua vita era rivolta a lui.Ma i disegni del Cielo sono mi-steriosi e a quella ragazza chenon pensava certo al matrimo-nio, un giorno Dio mandò ungiovane di Castelnuovo d’Astiche, rimasto da poco vedovo econ un bambino da crescere, dinome Antonio, di soli 3 anni euna mamma da accudire, perchéparalizzata, sentiva urgente por-tare nella sua famiglia una nuovamamma. Margherita, non dopoaver sentito il parere dei genitori,accettò. Così il 6 giugno 1812sposò il giovane Francesco Boscodi 27 anni e andò ad abitare nellacascina Biglione, nella frazionedetta dei «Becchi», poco distanteda Castelnuovo. I giovani sposiebbero due figli: il primo, Giu-seppe, nacque nel 1813 e il se-condo, Giovanni Melchiorre,venne alla luce il 16 agosto 1815.Giovannino aveva due anniquando il padre incautamente

entrò sudato nella cantina di ca-sa, prendendosi una polmoniteche lo portò rapidamente allatomba. Mamma Margherita do-vette così farsi coraggio e, aiuta-ta da due garzoni, portò avanti illavoro faticoso dei campi, occu-pandosi dei figli e della vecchianonna. Scaduto il contratto chela teneva legata alla cascina Bi-glione, si portò ad abitare in unapiccola casetta, poco più avanti,acquistata e sistemata a suo tem-po dal marito. In seguito la sicci-tà e i debiti portarono anche lafamiglia Bosco, come tante altrefamiglie della zona, alla fame;tanto che per non morire si do-vette uccidere il vitello, unica ric-chezza che possedevano. I figli,mentre crescevano in salute, era-no alimentati dagli insegnamentimaterni, che ponevano tutte lecose in Dio e nella fervente devo-zione verso la Madonna.

rentesi alle preoccupazioni delquotidiano.

Ricordando Mamma Margherita

Don Bosco celebrò nella chiesaparrocchiale di Castelnuovod’Asti la S. Messa il giorno se-guente alla sua consacrazione sa-cerdotale, che avvenne la dome-nica 6 giugno 1841. Terminata lacelebrazione, sua mamma Mar-gherita, che allora aveva 53 anni,gli raccomandò con fermezza:«Giovanni, sei prete, dici la Mes-sa, da qui in avanti sei dunquepiù vicino a Gesù Cristo. Ricorda-ti però che cominciare a dir Messavuol dire cominciare a patire (...)Tu da qui in avanti pensa sola-mente alla salute delle anime...».Margherita era nata a Capriglio,un piccolo borgo in provincia diAsti il 1o aprile 1788. La sua fa-miglia era ritenuta agiata, perchépossidenti di terre e di un’abita-zione. La mamma DomenicaBossone e il padre MelchiorreOcchiena avevano messo al mon-do altri figli, purtroppo quasi tut-ti scomparsi. Risparmiata dallamorte per malattia, rimaneva so-lamente la piccola Marianna. Poiarrivò Margherita e in seguito al-tri fratelli: Francesco e Michele e

Margherita Occhiena,la mamma di don Bosco.

Casa natale di san Giovanni Boscoa Castelnuovo d’Asti.

(segue a pag. 50) ➠

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«Il Cuore di Mariaè fiamma d’amore.Ci ama perchéè nostra madre.Ci ama perchésiamo i suoi figli».

San Luigi Guanella

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Lipomo (Como) - Villa FulviaCasa Beato Luigi Guanellaex Noviziato FSMPChiesa del Cuore Immacolato di MariaPresbiterio con dipinti dell’artistaTorildo Conconi

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Margherita insegnò a loro ancheil senso del dovere e del sacrifi-cio; il vivere onestamente, la gio-ia del dono della vita e la sensibi-lità verso i più deboli ed emargi-nati. Col passare degli anni i treragazzi si formarono anche nelcarattere, assai diverso l’unodall’altro. I de-sideri di Gio-vannino di stu-diare incontra-rono le ostilitàdel fratello An-tonio, il qualegli rimprovera-va i momenti distudio che, giàmaturando unavita sacerdota-le, Giovanninoandava semprepiù prediligen-do; non trala-sciando ugual-mente quelli le-gati al lavorodei campi e alpascolo di unamucca. La sto-ria di don Bo-sco ci ricorda lasua partenzadai Becchi e il lavoro come gar-zone di stalla presso la cascinaMoglia. Poi gli espedienti per po-tersi mantenere come studente aChieri e l’entrata nel SeminarioDiocesano cittadino... Un cam-mino difficile, sempre spronatodalle sagge parole di mammaMargherita e illuminato dall’in-contro di figure esemplari. Quan-do nel 1835 vestirà l’abito sacer-dotale, ella gli raccomanderà«...non è l’abito che onora il tuostato, è la fatica della virtù: se maitu venissi a dubitare della tua vo-cazione. Ah! Per carità non diso-norare questo abito», aggiungen-do poi: «Amo meglio di avere unpovero contadino, che un figlioprete trascurato nei suoi doveri».

Quella mamma che non avevano

Arrivò così la data del sospiratosacerdozio e in seguito la scelta

serie di tentativi, il suo oratorioper raccogliere tanti giovani; da-re a questi una formazione cri-stiana, una casa e non per ulti-mo l’affetto paterno che a loromancava. Dinanzi alle numerosedifficoltà di ordine pratico chie-se a mamma Margherita di rag-giungerlo per aiutarlo e per dareai suoi ragazzi quella mammache non avevano, che non aveva-no mai conosciuto o che era lon-tana. Per Margherita significavalasciare il suo piccolo e sicuromondo per affrontare i disagi diuna vita incerta. Ma non esiteràal richiamo del figlio; così il 3novembre 1846, a 58 anni, ac-compagnata da don Bosco, scen-derà a piedi verso Torino, por-tando con sé poche cose raccoltein un cesto; che poi in parte ven-derà per far fronte alle primespese. Margherita, anzi: mammaMargherita, che tutti i ragazziaffettuosamente inizieranno achiamare, rimarrà nell’oratorio

di Valdocco per 10 anni. Seguirànell’ombra anche il camminonormativo che porterà pochi an-ni dopo la sua morte alla nascitadella Congregazione Salesiana.Non furono certamente anni fa-cili quelli di Valdocco: i disagi ela mole di lavoro, il comporta-

mento scalma-nato dei ragazziportarono lapovera donna adesiderare il ri-torno ai suoiBecchi. Furonoallora le paroledi don Bosco afar rientrarequesto suocomprensibiledesiderio. Mar-gherita, e poi lealtre «mamme»che col temposi aggiunsero adarle una ma-no, furono leprime Coopera-trici salesiane.Il suo incessan-te lavoro per iragazzi semprepiù numerosi

durò sino al novembre del 1856.Si ammalò di polmonite dopouna breve vacanza ai Becchi e,sentendo prossima la fine, volleaccanto il suoi figli. Dirà a Gio-vanni: «Dio sa quanto ti ho ama-to; ma lassù sarà ancora meglio:ho fatto tutto ciò che ho potuto...Addio, Giovanni mio. Ti salutoper l’ultima volta» e vedendoquanto soffriva don Bosco, glidisse: «Ritirati nella tua camera apregare per me. Soffri molto e mifai soffrire. Va’».Oggi la Chiesa riconosce le virtùspecifiche che fanno di mammaMargherita una figura degna divenerazione; ma da sempre ilmondo legato alla salesianità laconsidera come la mamma ter -rena dell’Opera voluta da donBosco. n

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La congregazione dei Salesiani è nata sulle ginocchiadi mamma Margherita. Tavola di Nino Musio.

definitiva di don Bosco di dedi-carsi totalmente alla povera gio-ventù di Torino. Una scelta diffi-cile, fatta di delusioni, incom-prensioni e privazioni. Nella po-vera casetta di Valdocco, alloraai margini cittadini, don Boscoaveva fondato, dopo una lunga

➠ (segue da pag. 47)

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diale. Rosa era molto generosa,faceva da balia spesso a bambinile cui madri non potevano allat-tarli.Accoglieva pastori o pellegrini dipassaggio; una volta una donnapartorì anche un bambino nellastalla e i coniugi Barban accolse-ro quella famiglia per tre giorninella loro casa.Realizzava, con massima fedeltà,i suoi programmi di vita coniu-gale: profonda comunione con ilmarito, del quale era consiglierae consolatrice; tenero amore pertutti i figli; capacità lavorativa aldi fuori della norma; attenzionea farsi carico di ogni esigenza al-trui; intensa vita di preghiera,amore a Dio, devozione all’Euca-ristia e alla Vergine Maria.Eurosia era per la famiglia un ve-

ro tesoro, la donna forte di cuiparla la S. Scrittura. Seppe farquadrare il bilancio familiare,molto magro, pur esercitandoun’intensa carità verso i povericon i quali condivideva il panequotidiano; carità e cura versogli ammalati con assistenza con-tinua e prolungata; insegnamen-to del catechismo alle fanciulle ealle giovani che frequentavano lasua casa, per apprendere l’artedel taglio e del cucito; fortezzaeroica nel corso della malattiache condusse alla morte suo ma-rito Carlo Barban, il 31 maggio1930, dopo 44 anni di matrimo-nio.

Le vocazioni religiose nella sua casaRicchezza di vocazioni: della suanumerosa famiglia, tra figli suoie adottati, due morirono in tene-ra età, sei scelsero la via del ma-trimonio, altri due scelsero il sa-cerdozio, don Giuseppe e donSecondo, un altro, Angelo Mat-teo, fu francescano con il nomedi padre Bernardino; Chiara An-gela, la prima adottata, entrò frale Suore della Misericordia di Ve-rona; un altro morì seminarista eun altro fu francescano con il no-me di frate Giorgio.Le vocazioni dei figli sono state ilfrutto più bello e fecondo dellafede e dell’amore che univa nelmatrimonio i due sposi e la lorofamiglia. Per mamma Rosa la

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A cura della Redazione

L

Mamma RosaTESTIMONIANZE

(Beata Eurosia Barban)

Beata EurosiaFabris Barban(«Mamma Rosa»).Madre di famiglia,terziariafrancescana(1866-1932).

Mamma

a giovane Eurosia il 5 mag -gio 1886 celebrò il matri-monio con Carlo Barbannella chiesa parrocchiale

di Marola, in Torri di Quartesolo(Vicenza).Era nata a Quinto Vicentino il 27settembre 1866, in una famigliadi modesti contadini.Con il matrimonio Rosina diven-ne anche mamma: mamma didue orfanelle; in seguito, anchemamma di nove figli propri, cosìcome le aveva preannunciato laMadonna, apparendole nel San-tuario di Monte Berico.A loro si aggiunsero nel 1917 al-tri tre orfani di una nipote, Sabi-na, morta mentre il marito era alfronte nella prima Guerra Mon-

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gioia di vedere i figli incammina-ti sulla via della vita consacrataper aderire con tutto il cuore aCristo era motivo di consolazio-ne, come lo era il vedere gli altrifigli percorrere la vocazione ma-trimoniale, formando buone esane famiglie cristiane.Ringraziamo il Signore e chie-diamo l’intercessione della Bea-ta, affinché le famiglie ritrovinoil coraggio e l’orgoglio di donareun figlio o una figlia alla Chiesa.Come mamma Rosa insegna, va-le di più l’esempio e l’ambiente divita che tanti discorsi. La testi-monianza dei genitori, dei sacer-doti ed educatori e l’ambientericco di spiritualità e di fraterni-tà della propria casa e parroc-chia favoriscono lo sbocciare diautentiche vocazioni al sacerdo-zio, alla vita consacrata e al ma-trimonio cristiano.

Un grande amore ai sacerdoti

La beata Eurosia Barban avevaun grande amore verso il sacer-dozio e quest’amore lo comuni-cava anche agli altri. Scrive unasua amica maestra che, dal gior-no in cui la conobbe, si sentìsempre più attratta verso i mini-stri di Dio. Imparò da lei ad aver-ne una grande stima e incomin-ciò a pregare sempre per i biso-gni spirituali dei sacerdoti.Con quanta carità e compassioneparlava di qualche sacerdote in-degno e con quanta gioia di quel-li buoni! E osservava: «È meglioun buon secolare, che un cattivoprete! Se sapesse quanto male fauno che sia poco zelante: quantobene, un vero sacerdote! Ancheloro sono soggetti alle tentazioni,come noi e anche più di noi; han-no, perciò, bisogno del continuoaiuto del Signore! Bisogna prega-re tanto tanto per loro».E soggiungeva, con un senso dicompiacenza materna: «Io pregosempre, sempre per i miei figlisacerdoti... Tutti mi dicono chefanno bene. Sono proprio tantocontenta; e ringrazio Dio con tut-

to il cuore e lo prego che li man-tenga sempre buoni e che possa-no fare tanto del bene in mezzoalle anime!».In questa missione di madre cri-stiana, «Mamma Rosa» si è sacri-ficata e consumata con un lentocontinuo logorio, giorno pergiorno, come una lampada sul-l’altare della carità.

Confidò al figlio, don Giuseppe,che il Signore le aveva rivelato ilgiorno della morte per il quale sipreparò sempre più, intensifican-do la preghiera; il suo pensieroera sempre rivolto al paradiso.La data di culto per la Chiesauniversale è l’8 gennaio, mentrela Diocesi di Vicenza la ricorda il9 gennaio. n

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Marola di Vicenza.Parrocchia dove si venera la beata Mamma Rosa.

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pace e di devozione gioiosa, chepermise ai loro figli di discerneremolto più facilmente la loro chia-mata. Quando il Signore ha detto:«Molti sono chiamati, ma pochieletti» (Mt 22, 14), bisogna com-prenderlo in questo modo: moltisaranno chiamati, ma pochi ri-sponderanno. Nessuno avrebbepensato che il Signore avrebbeesaudito così largamente la pre-ghiera di queste mamme.Da questo piccolo paese sonouscite 323 vocazioni alla vita con-sacrata (all’inizio del secolo scor-so): 152 sacerdoti (e religiosi) e171 religiose appartenenti a 41 di-verse congregazioni. In alcune fa-miglie ci sono state qualche voltaanche tre o quattro vocazioni.L’esempio più conosciuto è quellodella famiglia Rinaldi. Il Signorechiamò sette figli di questa fami-glia. Due figlie entrarono tra lesuore salesiane e, mandate a San-to Domingo, furono delle corag-

giose pioniere e missionarie. Tra imaschi, cinque diventarono sacer-doti salesiani. Il più conosciutodei cinque fratelli, Filippo Rinaldi,fu il terzo successore di don Bo-sco, beatificato da Giovanni PaoloII il 29 aprile 1990.In effetti, molti giovani entraronotra i salesiani. Non è un caso dalmomento che don Bosco nella suavita si recò quattro volte a Lu. Ilsanto partecipò alla prima Messadi Filippo Rinaldi, suo figlio spiri-tuale, nel suo paese natio. Filippoamava molto ricordare la fede del-le famiglie di Lu: «Una fede che fa-ceva dire ai nostri genitori: il Signo-re ci ha donato dei figli e se Egli lichiama noi non possiamo certo di-re di no!».Luigi Borghina e Pietro Rota vis-sero la spiritualità di don Bosco inmodo così fedele che furono chia-mati l’uno «il don Bosco del Brasi-le» e l’altro «il don Bosco dellaValtellina». Anche Mons. EvasioColli, arcivescovo di Parma, veni-va da Lu (Alessandria). Di lui dis-se Giovanni XXIII: «Lui sarebbedovuto diventare papa, non io.Aveva tutto per diventare un gran-de papa».

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PP. Dehoniani

Le mammedi LU Monferrato

TESTIMONIANZE

C Foto storica del 1946,anno in cui si incontrarono

la maggior parte dei consacratidel paese.

i rechiamo nel piccolo pae -se di Lu nell’Italia delnord, una località che con-ta poche migliaia di abi-

tanti e che si trova in una regionerurale a 90 km ad est di Torino.Questo piccolo paese sarebbe ri-masto sconosciuto se nel 1881 al-cune madri di famiglia non aves-sero preso una decisione cheavrebbe avuto delle «grandi riper-cussioni».Molte di queste mamme avevanonel cuore il desiderio di vedereuno dei loro figli diventare sacer-dote o una delle loro figlie impe-gnarsi totalmente al servizio delSignore. Presero dunque a riunirsitutti i martedì per l’adorazione delSantissimo Sacramento, sotto laguida del loro parroco, MonsignorAlessandro Canora, e a pregareper le vocazioni. Tutte le primedomeniche del mese ricevevano laComunione con questa intenzio-ne. Dopo la Messa tutte le mam-me pregavano insieme per chiede-re delle vocazioni sacerdotali.Grazie alla preghiera piena di fi-ducia di queste madri e all’apertu-ra di cuore di questi genitori, lefamiglie vivevano in un clima di

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Ogni 10 anni, tutti i sacerdoti e lereligiose ancora in vita si raduna-vano nel loro paese di originegiungendo da tutto il mondo. DonMario Meda, per lunghi anni par-roco a Lu, ha raccontato comequesto incontro sia in realtà unavera e propria festa, una festa diringraziamento a Dio per aver fat-to grandi cose a Lu.La preghiera che le madri di fami-glia recitavano a Lu, era breve,semplice e profonda: «Signore, fache uno dei miei figli diventi sacer-dote! Io stessa voglio vivere da buo-na cristiana e voglio portare i mieifigli al bene per attenere la grazia dipoterti offrire, Signore, un sacerdo-te santo».Dal 1o al 4 settembre 1946 unagran parte dei 323 sacerdoti, reli-giosi e religiose provenienti da Lusi ritrovarono nel loro paese. n

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Lu Monferrato (Alessandria).

VITAMINA “C” DECALOGO DEGLI ESPERTI

«La vitamina C è un micronutrien-te molto importante e con molte-plici funzioni», ha spiegato Mi-chela Barichella, del Comitatoscientifico dell’Osservatorio Nu-trizionale Grana Padano e re-sponsabile dell’Unità Operativadi Dietetica e Nutrizione Clinicadegli Istituti Clinici di Perfeziona-mento di Milano, «ha un’azioneantiossidante e antinvecchia-mento e stimola il sistema immu-nitario. Inoltre contribuisce acombattere l’anemia sideropeni-ca (causata dalla mancanza diferro) e migliora il tono dell’umo-re. La vitamina C è indispensabi-le per il nostro organismo, chenon è in grado di produrla auto-nomamente, per questo è moltoimportante assumerne una quan-tità adeguata dagli alimenti».A tale scopo gli esperti hannostilato il seguente decalogo.1) La vitamina C si trova mag-giormente nella frutta (soprattut-to in agrumi, kiwi, fragole, ribesnero) e nelle verdure (pomodori,peperoni, broccoli, rucola, cavol-fiori, cavolo, spinaci).

2) Consumare circa tre frutti freschial giorno variandone il tipo e prefe-rendo gli agrumi, che possono esse-re mangiati a fine pasto, comespuntini e a colazione. Possono es-sere utilizzati anche spremuti o ag-giunti a macedonie e insalate.3) A pranzo e a cena, consumareverdura fresca di stagione, varian-done il tipo e il colore.4) La verdura e la frutta che sonoconservate per lungo tempo posso-no subire perdite di vitamine, quin-di è bene consumare frutta e verdu-ra fresche.5) La vitamina C è sensibile alla lu-ce e all’ossigeno, per cui una voltasbucciata o spremuta è bene consu-marla immediatamente. Altrettantoper la verdura appena mondata ocentrifugata.6) La vitaminaC è idrosolubi-le e subiscedegrada-zioneper in-stabilitàal calore:se

frutta e verdurasonobollitein ac-qua lavita-mina siperde. Se neperde meno se le verdure sonocotte a microonde, al vapore, al-la piastra.7) Per assumere tutta la vitami-na è meglio mangiare la frutta ela verdura crude, preparandocondimenti di verdure crude, frul-late o a pezzetti. Sono buoni epreservano tutti i micronutrienti.8) Aggiungere limone al tè, allacarne, al pesce e alle insalate,permette di limitare l’aggiunta dicondimenti grassi e favoriscel’assorbimento del ferro contenu-to nelle verdure.9) La vitamina C è particolar-mente consigliata ai bambini e achi soffre di infezioni ricorrenti.10) Una sigaretta elimina circa20 mg di vitamina C: i fumatori(oltre che a smettere di fumare)devono pensare ad assumeremolta più vitamina per raggiun-gere il fabbisogno giornalieroconsigliato.

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senso l’archetipo e il simbolo di ogni altra co-municazione, che impariamo ancora prima divenire al mondo. Il grembo che ci ospita è laprima «scuola» di comunicazione, fatta diascolto e di contatto corporeo, dove comincia-mo a familiarizzare col mondo esterno in unambiente protetto e al suono rassicurante delbattito del cuore della mamma. Questo incon-tro tra due esseri insieme così intimi e ancoracosì estranei l’uno all’altra, un incontro pienodi promesse, è la nostra prima esperienza dicomunicazione. Ed è un’esperienza che ci acco-muna tutti, perché ciascuno di noi è nato dauna madre.

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VOCE FAMIGLIA

P

la famiglia ambiente privilegiato dell’incontronella gratuità dell’amore

Papa Francesco

COMUNICAREAin Karen, la Visitazione.

Nel grembo materno

ossiamo lasciarci ispirare dall’iconaevangelica della visita di Maria ad Elisa-betta (Lc 1, 39-56). «Appena Elisabettaebbe udito il saluto di Maria, il bambinosussultò nel suo grembo. Elisabetta fu

colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran vo-ce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto ilfrutto del tuo grembo!”» (vv. 41-42).Anzitutto, questo episodio ci mostra la comuni-cazione come un dialogo che si intreccia con illinguaggio del corpo. La prima risposta al salu-to di Maria la dà infatti il bambino, sussultan-do gioiosamente nel grembo di Elisabetta.Esultare per la gioia dell’incontro è in un certo

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Nel grembo familiareAnche dopo essere venuti al mondo restiamo in uncerto senso in un «grembo», che è la famiglia. Ungrembo fatto di persone diverse, in relazione: la fa-miglia è il «luogo dove si impara a convivere nelladifferenza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 66). Diffe-renze di generi e di generazioni, che comunicanoprima di tutto perché si accolgono a vicenda, perchétra loro esiste un vincolo. E più largo è il ventaglio diqueste relazioni, più sono diverse le età, e più ricco èil nostro ambiente di vita. È il legame che sta a fon-damento della parola, che a sua volta rinsalda il le-game. Le parole non le inventiamo: le possiamousare perché le abbiamo ricevute. È in famiglia chesi impara a parlare nella «lingua materna», cioè lalingua dei nostri antenati (cfr. 2 Mac 7, 25.27). In fa-miglia si percepisce che altri ci hanno preceduto, cihanno messo nella condizione di esistere e di poterea nostra volta generare vita e fare qualcosa di buonoe di bello. Possiamo dare perché abbiamo ricevuto,e questo circuito virtuoso sta al cuore della capacitàdella famiglia di comunicarsi e di comunicare; e, piùin generale, è il paradigma di ogni comunicazione.

Famiglia luogo di preghiera...L’esperienza del legame che ci «precede» fa sì che lafamiglia sia anche il contesto in cui si trasmettequella forma fondamentale di comunicazione che èla preghiera. Quando la mamma e il papà fanno ad-dormentare i loro bambini appena nati, molto spessoli affidano a Dio, perché vegli su di essi; e quandosono un po’ più grandi recitano insieme con lorosemplici preghiere, ricordando con affetto anchealtre persone, i nonni, altri parenti, i malati e i soffe-renti, tutti coloro che hanno più bisogno dell’aiutodi Dio. Così, in famiglia, la maggior parte di noi haimparato la dimensione religiosa della comunicazione,che nel cristianesimo è tutta impregnata di amore,l’amore di Dio che si dona a noi e che noi offriamoagli altri.

... e di amoreNella famiglia è soprattutto la capacità di abbrac-ciarsi, sostenersi, accompagnarsi, decifrare glisguardi e i silenzi, ridere e piangere insieme, trapersone che non si sono scelte e tuttavia sono cosìimportanti l’una per l’altra, a farci capire che cosa èveramente la comunicazione come scoperta e co-struzione di prossimità... La famiglia è viva se respi-ra aprendosi oltre se stessa, e le famiglie che fannoquesto possono comunicare il loro messaggio di vi-ta e di comunione, possono dare conforto e speran-za alle famiglie più ferite, e far crescere la Chiesastessa, che è famiglia di famiglie.La famiglia è più di ogni altro il luogo in cui, viven-do insieme nella quotidianità, si sperimentano i li-miti propri e altrui, i piccoli e grandi problemi dellacoesistenza, dell’andare d’accordo. Non esiste la fa-miglia perfetta, ma non bisogna avere paura del -l’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflit-ti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera co-struttiva. Per questo la famiglia in cui, con i proprilimiti e peccati, ci si vuole bene, diventa una scuoladi perdono. Il perdono è una dinamica di comuni-cazione, una comunicazione che si logora, che sispezza e che, attraverso il pentimento espresso e ac-colto, si può riannodare e far crescere. Un bambinoche in famiglia impara ad ascoltare gli altri, a parla-re in modo rispettoso, esprimendo il proprio puntodi vista senza negare quello altrui, sarà nella societàun costruttore di dialogo e di riconciliazione.A proposito di limiti e comunicazione, hanno tantoda insegnarci le famiglie con figli segnati da una opiù disabilità. Il deficit motorio, sensoriale o intellettivoè sempre una tentazione a chiudersi; ma può diventare,grazie all’amore dei genitori, dei fratelli e di altrepersone amiche, uno stimolo ad aprirsi, a condividere,a comunicare in modo inclusivo; e può aiutare lascuola, la parrocchia, le associazioni a diventarepiù accoglienti verso tutti, a non escludere nessuno.

Dal Messaggio per la 49ª Giornata Mondialedelle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2015

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valida intenzione, sia per grave deficit nella com-prensione del matrimonio stesso tale da determi-nare la volontà (cfr. can. 1099). La crisi del matri-monio, infatti, è non di rado nella sua radice crisidi conoscenza illuminata dalla fede, cioè dal-l’adesione a Dio e al suo disegno d’amore realiz-zato in Gesù Cristo.

Al Tribunale della Rota Romana, 23 gennaio 1915

IL MATRIMONIO

L Papa Francesco

e la crisi di fede

a crisi dei valori nella società non è certoun fenomeno recente. Il beato Paolo VI,già quaranta anni fa, proprio rivolgendosialla Rota Romana, stigmatizzava le malat-tie dell’uomo moderno «talora vulnerato

da un relativismo sistematico, che lo piega allescelte più facili della situazione, della demago-gia, della moda, della passione, dell’edonismo,dell’egoismo, così che esteriormente tenta di im-pugnare la «maestà della legge», e interiormente,quasi senza avvedersi, sostituisce all’impero dellacoscienza morale il capriccio della coscienza psi-cologica» (Allocuzione del 31 gennaio 1974). Ineffetti, l’abbandono di una prospettiva di fedesfocia inesorabilmente in una falsa conoscenzadel matrimonio, che non rimane priva di conse-guenze nella maturazione della volontà nuziale.Certamente il Signore, nella sua bontà, concedealla Chiesa di gioire per le tante e tante famiglieche, sostenute e alimentate da una fede sincera,realizzano nella fatica e nella gioia del quotidia-no i beni del matrimonio, assunti con sincerità almomento delle nozze e perseguiti con fedeltà etenacia. La Chiesa conosce però anche la soffe-renza di molti nuclei familiari che si disgregano,lasciando dietro di sé le macerie di relazioni af-fettive, di progetti, di aspettative comuni. Il giu-dice è chiamato ad operare la sua analisi giudi-ziale quando c’è il dubbio sulla validità del ma-trimonio, per accertare se ci sia un vizio d’origi-ne del consenso, sia direttamente per difetto di

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A DUE SPOSII Dalla lettera

Dietrich Bonhoeffer

PER VOI SPOSIl matrimonio è piùdel vostro amore reciproco,ha maggiore dignitàe maggior potere.

Finché siete solo voiad amarvi,il vostro sguardo si limitanel riquadro isolatodella vostra coppia.Entrando nel matrimoniosiete invece un anellodella catena di generazioniche Dio fa andare e veniree chiama al suo regno.Nel vostro sentimentogodete solo il cielo privatodella vostra felicità.Nel matrimonio, invece,venite collocati attivamentenel mondoe ne divenite responsabili.Il sentimento del vostro amoreappartiene a voi soli.Il matrimonio, invece,è un’investitura e un ufficio.Per fare un re non basta che luine abbia voglia,occorre che gli riconoscanol’incarico di regnare.Così non è la voglia di amarvi,che vi stabiliscecome strumento della vita.È il matrimonioche ve ne rende atti.Non è il vostro amoreche sostiene il matrimonio:è il matrimonio che d’ora in poi,porta sulle spalle il vostro amore.Dio vi unisce in matrimonio:non lo fate voi, è Dio che lo fa.Dio proteggela vostra unità indissolubiledi fronte ad ogni pericoloche la minaccia dall’internoe dall’esterno.Dio è il garantedell’indissolubilità.È una gioiosa certezza sapereche nessuna potenza terrena,nessuna tentazione,nessuna debolezzapotranno sciogliereciò che Dio ha unito. n

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Anzi, i giovani di oggi pensano addirittura che i fi-gli siano la più bella realizzazione della vita».

Perché, non è così?

«Neanche per sogno. I figli sono prima di tuttouna cosa a cui nessuno pensa più: un sacrificio. Èun sacrificio crescerli, un sacrificio educarli, è un

sacrificio prepa-rarli ad affrontareil mondo. Poi cer-to, è anche un pia-cere immenso. Maprima è un sacrifi-cio. Perché tirarlisu beneducati, au-tonomi e serenicosta una faticapazzesca».

E quando sembrache vadatutto male?

«Concentriamocisu quello che vabene. È la regoladel rinforzo positi-vo, come per ibambini: mio ma-rito è distratto,non fa mai la spe-sa, però ci fa ride-re tutti. Mia mo-glie vuole decideresempre tutto, mi

lascia poco spazio, ma non dimentica mai di appa-recchiare con cura lo tavola. Ripartiamo da qui.L’uno con l’altro, e davanti ai figli. Dire: «Hai vistocome è divertente tuo papà?» o «Ragazzi, quanto ètenera vostra mamma?», vale più di qualsiasi tera-pia di coppia».

La famiglia che funziona, in pillole.

«Voglia di stare insieme, tanta allegria. E una buo-na dose di olio di gomito». n

GENITORI

Rsostenetevi a vicenda! Parola di tata

PER VOI SPOSI

iportiamo uno stralcio di intervista a tataLucia Rizzi di Sos Tata tratta dal settima-nale Oggi.

«(...) Fare famiglia, essere una famiglia, non signi-fica vivere sotto lo stesso tetto e avere dei bambini.Significa avere un progetto condiviso. E possederedei requisiti indispensabili».

Quali?

«Primo, rispetto perse stessi e per gli altri. Se io non ri -conosco i miei biso-gni e non accettoquelli dell’altro, è im-possibile stare insie-me. Secondo, il sen-so di responsabilità.Niente alibi: la fa-miglia deve veni-re prima di ogni al -tra cosa. Sempre».

Bello, ma un po’astratto

«No. Sono valoriche si possonomettere in praticatutti i giorni, inogni piccolo gestoquotidiano. Oggiho detto qualcosaper far sentire amia moglie che sono felice di stare con lei? Ho so-stenuto mio marito con quel problema di lavoro?Abbiamo fatto una piccola cosa bella insieme con inostri figli? Dovremmo chiedercelo tutte le sere».

Non è quello che vogliono tutti?Stare bene, essere felici?

«Che lo desiderino non c’è dubbio. Il problema èche pensano che avvenga da sé. Che basti amarsi,sposarsi, avere dei figli per diventare una famiglia.

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Lo sbucciatore vi ricordi che sotto la «buccia»delle cose ordinarie da fare ogni giorno ci pos-sono essere mille opportunità per dire ai propricari: «Vi voglio bene!».L’apriscatole vi inviti ad aprire il cuore e lamente all’Amore che Dio ha per voi, perché lavostra famiglia sia una eloquente testimonian-za di vita cristiana.Quando usate lo schiaccianoci, pensate che«dentro» a situazioni difficili e a momenti didifficoltà c’è sempre il Signore che può rompe-re ogni «durezza» e farci sperimentare l’aiutodella divina Provvidenza.Usando lo spremitoio per rendere saporite levivande, riflettete che anche la vita di famigliaha bisogno di essere «insaporita» con «pizzi-chi» di tolleranza, di comprensione, di perdo-no, di sano umorismo...Ed infine, il cavatappi sia usato per ogni mo-mento di festa in famiglia, perché la gioia vis-suta e condivisa in ogni lieta ricorrenza offral’opportunità di neutralizzare stanchezza e pre-occupazioni e possa far ritornare il sorriso sututti i membri della famiglia.Questo augurio, in apparenza un po’ scherzoso,sia un piccolo «vademecum» per la vita che viattende... con la benedizione del Signore.

da «La Fiaccola dell’Opus Mariae Reginae, 3/2013

Un simpatico auguriocon… UN SET DA CUCINA

E per tutta la famigliaFRITTELLE DI NESPOLE

Suor Maria Grazia Tosetto

Ingredienti per 6-8 persone:

500 g di nespole • 200 g di farina • 2 dl di vinobianco secco • 2 cucchiai di Limoncello • 30g di burro • 25 g di zucchero • un pizzico disale • abbondante olio di oliva per friggere •zucchero a velo.

1. Preparare la pastella: setacciare la farina inuna terrina capiente, cospargerla con il salee disporla a fontana, mettervi al centro leuova sgusciate, il burro, fuso in un tegaminoa parte, lo zucchero e il Limoncello.

2. Mescolare con un cucchiaio di legno, ini-ziando dal centro, versarvi, poco alla volta ilvino e far riposare la pastella per almenoun’ora.

3. Nel frattempo, lavare le nespole, sbucciarle,dividerle a metà ed eliminare i noccioli.

4. Al momento d’utilizzare la pastella, immer-gervi le nespole, poche alla volta e mescolaredelicatamente, facendole avvolgere comple-tamente; friggerle in abbondante olio caldo,immergendole una alla volta, finché sarannoleggermente dorate.

5. Scolare le frittelle sopra un foglio di cartaassorbente da cucina e disporle sul piatto diportata; spolverizzarle con lo zucchero a ve-lo e servirle calde.

PER VOI SPOSI

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Ti offro questi fioried il mio piccolo cuore,Maria, madre di Gesù

e madre d’amore

per i più piccoli da colorare e per pregare

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La pagina dei ragazzi

È importantee belloandarea Messala domenicaPapa Francesco

che parla mediante le Sacre Scritture, e dunqueil cibo che si riceve è anche la sua Pa rola.Parola e Pane nella Messa diventano un tut-t’uno, come nell’Ultima Cena, quando tutte leparole di Gesù, tutti i segni che aveva fatto, sicondensarono nel gesto di spezzare il pane e dioffrire il calice, anticipo del sacrificio della cro-ce, e in quelle parole: «Prendete, mangiate,questo è il mio corpo... Prendete, bevete, que-sto è il mio sangue».

Eucaristia = RingraziamentoIl gesto di Gesù compiuto nell’Ultima Cena èl’estremo ringraziamento al Padre per il suoamore, per la sua misericordia. «Ringrazia-

L’Oggi vi parlerò dell’Eucaristia, la Messa

Eucaristia si colloca nel cuore dell’«ini-ziazione cristiana», insieme al Battesimoe alla Confermazione, e costituisce la sor-gente della vita stessa della Chiesa. Da

questo Sacramento dell’amore, infatti, scaturi-sce ogni autentico cammino di fede, di comu-nione e di testimonianza.

L’altare, la Croce, l’amboneQuello che vediamo quando ci raduniamo percelebrare l’Eucaristia, la Messa, ci fa già intui-re che cosa stiamo per vivere.Al centro dello spazio destinato alla celebrazio-ne si trova l’altare, che è una mensa, ricopertada una tovaglia, e questo ci fa pensare ad unbanchetto.Sulla mensa c’è una croce, ad indicare che suquell’altare si offre il sacrificio di Cristo: è Luiil cibo spirituale che lì si riceve, sotto i segnidel pane e del vino.Accanto alla mensa c’è l’ambone, cioè il luogoda cui si proclama la Parola di Dio: e questo in-dica che lì ci si raduna per ascoltare il Signore

Celebrazione della Eucaristia, cioè della Messa.A) Altare (la Mensa dove si celebra il banchettoeucaristico).

B) Croce (indica che sull’altare si offre il sacrificio diGesù Cristo).

C) Ambone (il luogo da cui si proclama la Parola diDio).

D) Tabernacolo (dove si conserva il SS.mo Sacramentodopo la celebrazione della Messa).

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mento» in greco si dice «eucaristia». E per que-sto il Sacramento si chiama Eucaristia: è il su-premo ringraziamento al Padre, che ci ha amatotanto da darci il suo Figlio per amore...

La Messa è Memoriale: cosa vuol dire?

La celebrazione eucaristica è ben più di un sem-plice banchetto: è proprio il memoriale della Pa-squa di Gesù, il mistero centrale della salvezza.«Memoriale» non significa solo un ricordo, unsemplice ricordo, ma vuol dire che ogni voltache celebriamo questo Sacramento partecipia-mo al mistero della passione, morte e risurre-zione di Cristo.

Fare «la Comunione»L’Eucaristia costituisce il vertice dell’azione disalvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi panespezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta lasua misericordia e il suo amore, così da rinnova-re il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostromodo di relazionarci con Lui e con i fratelli.È per questo che comunemente, quando ci si ac-costa a questo Sacramento, si dice di «riceverela Comunione», di «fare la Comunione»: questosignifica che nella potenza dello Spirito Santo, la

partecipazione alla mensa eucaristica ci confor-ma in modo unico e profondo a Cristo, facendo-ci pregustare già ora la piena comunione col Pa-dre che caratterizzerà il banchetto celeste, dovecon tutti i Santi avremo la gioia di contemplareDio faccia a faccia.

È importante, è bello andare a Messa la domenica!

Cari amici, non ringrazieremo mai abbastanza ilSignore per il dono che ci ha fatto con l’Eucari-stia! È un dono tanto grande e per questo è tan-to importante andare a Messa la domenica. An-dare a Messa non solo per pregare, ma per rice-vere la Comunione, questo pane che è il corpodi Gesù Cristo che ci salva, ci perdona, ci unisceal Padre.È bello fare questo! E tutte le domeniche andia-mo a Messa, perché è il giorno proprio della ri-surrezione del Signore. Per questo la domenica ètanto importante per noi.E con l’Eucaristia sentiamo questa appartenenzaproprio alla Chiesa, al Popolo di Dio, al Corpo diDio, a Gesù Cristo.Non finiremo mai di coglierne tutto il valore e laricchezza. Chiediamogli allora che questo Sacra-mento possa continuare a mantenere viva nellaChiesa la sua presenza e a plasmare le nostre co-munità nella carità e nella comunione, secondo ilcuore del Padre.E questo si fa durante tutta la vita, ma si co-mincia a farlo il giorno della prima Comunione.È importante che i bambini si preparino bene al-la prima Comunione e che ogni bambino la fac-cia, perché è il primo passo di questa apparte-nenza forte a Gesù Cristo, dopo il Battesimo e laCresima. n

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La pagina dei ragazzi

MARTIRIogginel nome di Gesù

Oggi si muore ancora nel Nome santo delSignore Gesù. Sono migliaia i martiri cri-stiani di questi tempi, più numerosi cheagli inizi del cristianesimo e, come allora,si muore per la propria fede cristiana atutte le età e in ogni condizione.Ma anche oggi è vero quanto asseriva Ter-tulliano: il sangue dei martiri è seme dinuovi cristiani.Forse questo livido tramonto di sangue èforiero di un’alba luminosa di un cristiane-simo più diffuso, più vero e più convintosia nella nostra vecchia Europa sia nelnuovo mondo. Il sacrificio di questi nuovimartiri ci invita ad essere anche noi nellaquotidianità del nostro tempo testimonidella bellezza, della verità e della luce diGesù Cristo e del suo Vangelo.Quattro ragazzi cristiani irakeni sono mor-ti martiri, immolati per la loro fedeltà allafede cristiana, mantenuta anche a costodella vita. A rivelare l’orribile storia è statoCannon Andrew White, religioso britanni-co residente a Baghdad.Molti cristiani irakeni sono stati posti difronte alla terribile alternativa tra la con-versione e la morte. «Un adulto mi ha chia-mato – racconta White – e mi ha chiesto seGesù avrebbe smesso di amarlo se avessepronunciato la formula di abiura. Gli ho ri-sposto che Gesù lo avrebbe amato per sem-pre».I quattro bambini, tutti di età inferiore ai quindici anni, hanno risposto di no, cheavrebbero seguito Cristo fino alla morte.

E per questo hanno pagato con la vita.Migliaia sono i martiri oggi per la fede nelSignore Gesù: adulti e bambini, giovani eanziani ancora soffrono e muoiono per Cri-sto, fiduciosi che ad attenderli oltre la vitaterrena c’è il volto sorridente di Dio, che liama da sempre.Anche i copti trucidati dai jihadisti del se-dicente Stato Islamico in Libia sono mortipronunciando il nome di Cristo. Lo confer-ma all’Agenzia Fides Anba Antonios AzizMina, Vescovo copto cattolico di Giuzeh:«Il video che ritrae la loro esecuzione èstato costruito come un’agghiacciante mes-sinscena cinematografica, con l’intento dispargere terrore.Eppure, in quel prodotto diabolico dellafinzione e dell’orrore sanguinario, si vedeche alcuni dei martiri, nel momento dellaloro barbara esecuzione, ripetono “SignoreGesù Cristo”. Il nome di Gesù è stata l’ulti-ma parola affiorata sulle loro labbra. Comenella passione dei primi martiri, si sono af-fidati a Colui che poco dopo li avrebbe ac-colti.E così hanno celebrato la loro vittoria, lavittoria che nessun carnefice potrà loro to-gliere. Quel nome sussurrato nell’ultimoistante è stato come il sigillo del loro mar-tirio».Martiri di Cristo, pregate per noi, così de-boli nella fede; intercedete per noi perchénon soccombiamo alle diaboliche insinua-zioni che ci vogliono allontanare dalla Ve-rità evangelica e dalla Chiesa. n

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PROPOSTE GIOVANI

GIOVANNIPAOLO IIraccontala sua vocazione

L

Niegowici. Don Karol vicario parrocchiale.

Karol è ordinato sacerdote il 1o novembre 1946alla cattedrale del Wawel, a Cracovia (Polonia).

Dinamico e brillante, viene prescelto dall’ArcivescovoSapieha per perfezionare gli studi a Roma,

conoscere gli ambienti del Vaticano e i paesi esteri.Nel 1948, dopo due anni di soggiorno romano,

si laurea in etica all’«Angelicum».Intanto apprende, oltre all’italiano,

lo spagnolo e il francese.Viaggia in Francia e in Belgio.

Agli inizi... il mistero!

a storia della mia vocazione sacerdotale?La conosce soprattutto Dio. Nel suo stratopiù profondo, ogni vocazione sacerdotale èun grande mistero...La vocazione è il mistero dell’elezione divi-

na: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voie vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto eil vostro frutto rimanga» (Gv 15, 16). «E nessunopuò attribuirsi questo onore, se non chi è chia-mato da Dio, come Aronne» (Eb 5, 4). «Prima diformarti nel grembo materno, ti conoscevo; pri-ma che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato; tiho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1, 5). Que-ste parole ispirate non possono non scuotere conun profondo tremore ogni anima sacerdotale.

I primi segni della vocazione

L’Arcivescovo Metropolita di Cracovia, PrincipeAdam Stefan Sapieha, visitò la parrocchia di Wa-dowice quando ero studente di ginnasio. Il mioinsegnante di religione, p. Edward Zacher, mi af-fidò il compito di porgergli il benvenuto. Ebbi al-lora per la prima volta l’occasione di trovarmi difronte a quell’uomo molto venerato da tutti. Soche, dopo il mio discorso, l’Arcivescovo domandòall’insegnante di religione quale facoltà avrei scel-to dopo la maturità. P. Zacher rispose: «StudieràFilologia polacca». Il Presule avrebbe risposto:«Peccato che non sia la teologia».In quel periodo della mia vita la vocazione sacer-dotale non era ancora matura, anche se intorno ame non pochi erano del parere che dovessi entra-re in seminario. E forse qualcuno avrà suppostoche, se un giovane con così chiare inclinazioni re-ligiose non entrava in seminario, era segno che in

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gioco v’erano altri amori o predi-lezioni. Di fatto, a scuola avevomolte colleghe e, impegnato co-m’ero nel circolo teatrale scola-stico, avevo svariate possibilità diincontri con ragazzi e ragazze. Ilproblema tuttavia non era que-sto. In quel periodo ero preso so-prattutto dalla passione per laletteratura, in particolare perquella drammatica, e per il tea-tro...

Università e lavoro alla Solvay

Nel maggio 1938, superato l’esa-me di maturità, mi iscrissi al-

l’Università per seguire i corsi diFilologia polacca. Per questo mo-tivo mi trasferii insieme con miopadre da Wadowice a Cracovia.Ci sistemammo a via Tyniecka10, nel quartiere di Debniki. Lacasa apparteneva ai parenti dimia madre. Intrapresi gli studialla Facoltà di Filosofia dell’Uni-versità Jaghellonica, seguendo icorsi di Filologia polacca, mariuscii a finire soltanto il primoanno, perché il 1o settembre 1939scoppiò la seconda guerra mon-diale... Lo scoppio della guerracambiò in modo piuttosto radi-cale l’andamento della mia vita.In verità i professori dell’Univer-sità Jaghellonica tentarono di av-

viare ugualmente il nuovo annoaccademico, ma le lezioni dura-rono soltanto fino al 6 novembre1939. In quel giorno le autoritàtedesche convocarono tutti i pro-fessori in un’assemblea che siconcluse con la deportazione diquei rispettabili uomini di scien-za nel campo di concentramentodi Sachsenhausen.Per evitare la deportazione ai la-vori forzati in Germania, nell’au-tunno del 1940 cominciai a lavo-rare come operaio in una cava dipietra collegata con la fabbricachimica Solvay..., ogni giorno viandavo a piedi... I responsabilidella cava, che erano polacchi,cercavano di risparmiare a noistudenti i lavori più pesanti. Ame, per esempio, assegnarono ilcompito di aiutante del cosiddet-

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Wadowice.Lolek ela sua culla.

Karol Wojtyla con i genitori a Wadowice.

Karol Wojtyla nel giornodella prima Comunione.

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to brillatore: si chiamava Franci-szek Labus. Lo ricordo perché,qualche volta, si rivolgeva a mecon parole di questo genere: «Ka-rol, tu dovresti fare il prete. Can-terai bene, perché hai una bellavoce e starai bene...». Lo dicevacon tutta semplicità, esprimendocosì una convinzione abbastanzadiffusa nella società circa la con-dizione del sacerdote. Le paroledel vecchio operaio mi si sonoimpresse nella memoria.

repressioni daparte delle au-torità tede-sche. Soggior-nai in questosingolare se-minario, pres-so l’a ma toPrincipe Me-tropolita, dals e t t e m b r e1944 e lì po-tei restare in-sieme ai mieicolleghi finoal 18 gennaio1945, il gior-no – o me-glio la not-

te – della liberazione. Fu infattidi notte che l’Armata Rossa rag-giunse i dintorni di Cracovia. I te-deschi in ritirata fecero esplodereil ponte Debnicki. Ricordo quellaterribile detonazione: lo sposta-mento d’aria infranse tutti i vetridelle finestre della residenza arci-vescovile. In quel momento citrovavamo in cappella per unafunzione alla quale partecipaval’Arcivescovo. Il giorno seguenteci affrettammo a riparare i danni.

Influssi sulla mia vocazione

a) La famiglia

La preparazione al sacerdozio,ricevuta in seminario, era statain qualche modo preceduta da

quella offertami con la vita el’esempio dai genitori in fami-glia. La mia riconoscenza va so-prattutto a mio padre, rimastoprecocemente vedovo. Non avevoancora fatto la Prima Comunio-ne quando perdetti la mamma:avevo appena nove anni. Non hoperciò chiara consapevolezza delcontributo, sicuramente grande,che ella dette alla mia educazio-ne religiosa. Dopo la sua morte e,in seguito, dopo la scomparsa delmio fratello maggiore, rimasi so-lo con mio padre, uomo profon-damente religioso. Potevo quoti-dianamente osservare la sua vita,che era austera. Di professioneera militare e, quando restò ve-dovo, la sua divenne una vita dipreghiera costante. Mi capitavadi svegliarmi di notte e di trovaremio padre in ginocchio, così co-me in ginocchio lo vedevo sem-pre nella chiesa parrocchiale. Tranoi non si parlava di vocazioneal sacerdozio, ma il suo esempiofu per me in qualche modo il pri-mo seminario, una sorta di semi-nario domestico.

b) La parrocchia

Non posso omettere di ricordareun ambiente e, in esso, un perso-naggio da cui in quel periodo ri-cevetti veramente molto. L’am-biente era quello della mia par-rocchia, intitolata a San Stani-slao Kostka, a Debniki in Craco-via. La parrocchia era diretta daiPadri Salesiani, che un giorno

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Niegowici. Don Karol con i comunicandi

della sua prima parrocchia.

Cracovia (Polonia), cattedrale del Wawel.

Al seminario

Nell’autunno del 1942 presi ladecisione definitiva di entrarenel seminario di Cracovia, chefunzionava clandestinamente. Miaccolse il Rettore, p. Jan Piwo-warczyk. La cosa doveva rimane-re nel più stretto riserbo, anchenei confronti delle persone care.Iniziai gli studi presso la Facoltàteologica dell’Università Jaghel-lonica, anch’essa clandestina,continuando intanto a lavorarecome operaio alla Solvay.Durante il periodo dell’occupa-zione l’Arcivescovo Metropolitasistemò il seminario, sempre informa clandestina, presso la suaresidenza. Ciò poteva provocarein ogni momento, sia per i supe-riori che per i seminaristi, severe

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2015 69

furono deportati dai nazisti nelcampo di concentramento...Nell’ambito della parrocchiac’era una persona che si distin-gueva tra le altre: parlo di Jan Tyranowski. Di professione eraimpiegato, anche se aveva sceltodi lavorare nella sartoria di suopadre. Affermava che il lavoro disarto gli rendeva più facile la vitainteriore. Era un uomo di unaspiritualità particolarmente pro-fonda. I Padri Salesiani, che inquel difficile periodo avevano ri-preso con coraggio ad animare lapastorale giovanile, gli avevanoaffidato il compito di intesserecontatti con i giovani nell’ambitodel cosiddetto «Rosario vivo».Jan Tyranowski assolse questoincarico non limitandosi al-l’aspetto organizzativo, ma pre-occupandosi anche della forma-zione spirituale dei giovani cheentravano in rapporto con lui.Imparai così i metodi elementaridi autoformazione che avrebberopoi trovato conferma e svilupponell’itinerario educativo del se-

furono risolti dall’ArcivescovoCardinale Sapieha, il quale – se-condo lo stile che gli era pro-prio – disse brevemente: «Biso-gna prima finire quello che si ècominciato». E così avvenne.

c) La mia guida spirituale

Nel corso di quegli anni mio confessore e guida spirituale fup. Kazimierz Figlewicz. Lo avevoincontrato per la prima voltaquando frequentavo la primaginnasiale a Wadowice. Padre Fi-glewicz, che era vicario della par-rocchia, ci insegnava religione.Grazie a lui mi avvicinai alla par-rocchia, diventai chierichetto ein qualche modo organizzai ilgruppo dei chierichetti. Quandoegli lasciò Wadowice per la catte-drale del Wawel, continuai amantenere i contatti con lui...Quando, dopo la maturità, mitrasferii con mio padre a Craco-via, intensificai i miei rapporticol p. Figlewicz, che svolgeva lafunzione di sottocustode della

Hans Frank. Padre Figlewicz eral’unico sacerdote che poteva cele-brare la Santa Messa, due voltealla settimana, nella cattedralechiusa e sotto la vigilanza di poli-ziotti tedeschi. In quei tempi dif-ficili diventò ancora più chiaroche cosa significassero per lui lacattedrale, le tombe reali, l’altaredi san Stanislao vescovo e marti-re. Fino alla morte p. Figlewiczrimase fedele custode di quelparticolare santuario della Chie-sa e della Nazione, inculcandomiun grande amore per il tempiodel Wawel, che un giorno dovevadiventare la mia cattedrale ve-scovile.

Sacerdote!

Il 1o novembre 1946 fui ordinatosacerdote..., un giorno insolitoper tali celebrazioni: la solennitàdi Tutti i Santi, quando la litur-gia della Chiesa è tutta rivolta acelebrare il mistero della comu-nione dei santi e s’appresta a farememoria dei fedeli defunti. L’Ar-civescovo scelse questa data, per-ché dovevo partire per Roma perproseguire gli studi. Ero stato or-dinato suddiacono e diacono inottobre. Fu un mese di intensapreghiera, scandito dagli EserciziSpirituali con i quali mi preparaia ricevere gli Ordini sacri... Fuiordinato da solo, nella cappellaprivata degli Arcivescovi di Cra-covia..., in via Franciszkanska 3.Alla cerimonia partecipava unpiccolo gruppo di parenti e diamici. Il giorno dopo, per la «pri-ma Santa Messa», celebrata incattedrale nella cripta di SanLeonardo, padre Figlewicz eraaccanto a me e mi faceva da gui-da. Il pio sacerdote è ormai mor-to da alcuni anni. Soltanto il Si-gnore può ricambiargli tutto ilbene che ho da lui ricevuto.

Da «Dono e mistero - Nel 50o delmio sacerdozio, Giovanni Paolo II- Libr. Ed. Vaticana, 1996

minario. Tyranowski, che era ve-nuto formandosi sugli scritti disan Giovanni della Croce e disanta Teresa d’Avila, mi introdus-se nella lettura, straordinaria perla mia età, delle loro opere.Ciò accrebbe in me l’interesseper la spiritualità carmelitana. ACracovia, in via Rakowicka, c’eraun monastero di Padri Carmeli-tani Scalzi. Li frequentavo e...per un certo periodo presi anchein considerazione la possibilitàdi entrare nel Carmelo. I dubbi

cattedrale. Andavo a confessarmida lui e, durante l’occupazionetedesca, spesse volte gli facevovisita.Quel 1o settembre 1939 non sicancellerà mai più dalla mia me-moria: era il primo venerdì delmese. Mi ero recato al Wawel perconfessarmi. La cattedrale eravuota. Fu, forse, l’ultima volta incui potei liberamente entrare neltempio. Esso fu poi chiuso e ilcastello reale del Wawel diventòla sede del governatore generale

Visitapastorale in Sicilia(1993).

A 10 anni dalla sua nascita al cielo(2 aprile 2005), abbiamo voluto ri-percorrere la sua storia vocazionale.

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VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA

Villa Fulvia ha ancorala sua splendida chiesa

LIPOMO • Casa Beato Luigi Guanella - Villa Fulvia

carestia e sotto lo sguardoamorevole di Maria, han-no rafforzato la loro voca-zione e missione di consa-crate guanelliane.Nell’anno 2008 il Novizia-to venne chiuso e, in se-guito, ebbe inizio la nuo-va costruzione per la resi-denza delle persone an-ziane.La chiesa rimase la stes-sa, ma fu chiusa al cultoe rimase così per ben 5anni.Dopo così lunga attesa, ilsogno di poter pregarenella chiesa rinnovata siè realizzato. La chiesa sipresenta ora in tutta lasua bellezza di semplici-tà, di armonia nelle suelinee architettoniche enei dipinti sacri. Ci sem-

bra ancora più ampia, ecosì resta aperta ad acco-gliere quanti intendonopregare con noi.Nell’abside, in alto, si ele-va la figura di Maria Im-

macolata, circondata daun volo d’angeli, il suocuore si presenta lumino-so, il suo atteggiamento èdi chi desidera accoglierecon dolcezza.Ai lati vi sono il dipintodel Sacro Cuore con donGuanella e di san Giusep-pe (nella bottega di fale-gname) con Gesù.Un posto speciale lo oc-cupano il santo taberna-colo e l’ambone per laproclamazione della pa-rola di Dio.Le pareti sono decoratecon vetrate artistiche raf-figuranti simboli sacri re-lativi alle invocazioni lita-niche mariane. Questevetrate, così ben lavoratea vetri policromi, creanoun’atmosfera di raccogli-mento.La chiesa è riuscita bel-lissima in tutti i suoiaspetti. Nell’entrata appa-re brillante, ricamata inoro su velluto rosso, lascritta voluta dal Fonda-tore per le sue chiese:«Il nostro Paradiso in ter-ra».Troviamo poi sul lato si-nistro la bellissima statuain legno della nostra Ma-donna Madre della Divi-na Provvidenza e un qua-dro della beata ChiaraBosatta.

D Lipomo, Villa Fulvia.Panoramica della chiesa

Angolo del parco di Villa Fulvia.

esideriamo ren-dere tutti parteci-pi di una bellanotizia: la chiesa

annessa alla Casa «BeatoLuigi Guanella», di Lipo-mo è stata riaperta al cul-to proprio il 19 dicembre2014, giorno commemo-rativo della nascita delnostro santo fondatoresan Luigi Guanella.Questa chiesa può rac-contare una bellissimastoria segnata dalla divi-na Provvidenza.È stata benedetta e inau-gurata nell’agosto del1961, dedicata al Cuoreimmacolato di Maria eannessa al Noviziato del-le Figlie di S. Maria dellaProvvidenza.In questa chiesa sono so-state in preghiera centina-ia e centinaia di Novizie equi, davanti alla santa Eu-

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2015

VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA

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Invecchiamentoe disabilità

piedi due scarponi sim-bolo del tanto camminofatto da don Guanella perrealizzare la carità: «Tut-to il mondo è patria vo-stra!». Alla celebrazione,oltre alle suore, ospiti e iloro parenti, erano pre-senti un gruppo di opera-tori e di volontari. La su-periora, all’inizio dellasanta Messa, ha illustratoe spiegato il significatodel nostro ritrovarci in-sieme, per rendere grazieal Signore e alla suaProvvidenza per aver do-nato don Guanella allaChiesa e al mondo intero.Un’agape fraterna hachiuso una così grande ememorabile giornata.

Suor Elena Salarici

ROMA • Casa San Pio X

La seconda porta di que-sta chiesa è lavorata suvetro trasparente per cuipassando dall’esterno sipuò ammirare l’interachiesa. È confortanteconstatare che sia glioperatori sia i parenti,persone qualsiasi, pas-sando, entrino a fare unsaluto al Signore.La celebrazione dellasanta Messa interconti-nentale ha quindi inaugu-rato ufficialmente la chie-sa con un rito semplice,ma carico di tanta gioiaed emozione. Abbiamogoduto nel sentire e vede-re le espressioni delle no-stre signore residenti:«Che bella... che grande...che luminosa... che dipin-ti..!L’altare era ben decoratoper la circostanza: davan-ti un mappamondo e ai

l suggestivo dipintodell’artista Torildo Conconi.

di ogni essere umano,qualunque sia la sua età,il suo stato di salute, lasua condizione esisten-ziale.2. Si prende atto dell’esi-stenza, purtroppo, di unasempre più diffusa «cul-tura dello scarto», comesottolinea Papa France-sco, cultura che può es-sere contrastata con effi-cacia solo da un atteggia-mento di reciproca acco-glienza.3. È necessario in primoluogo promuovere e so-stenere le relazioni diaiuto intrafamiliari sup-portando, secondo unprincipio di sussidiarietà,i bisogni che ciascuna fa-miglia manifesta in rela-

Anna Maria Salvatori, nostra ospite da quando era bambina, con la signora Vera Luisi,

che l’ha seguita con affetto per tanti anni.Ora la signora Vera è stata chiamata in Paradisodal Signore Gesù, che ha detto: «A chi avrà dato un bicchiere d’acqua ad uno di questi miei piccoli

riceverà la sua ricompensa».

Dichiarazioneconclusivadella XX AssembleaGenerale PontificiaAccademia pro Vita28 marzo 2014

A l termine del work -shop e dei lavori digruppo su «Invec-chiamento e disa-

bilità», svoltisi in occa-sione della XX Assem-blea Generale della Pon-tificia Accademia per laVita, sono state presenta-te le seguenti riflessioniconclusive.

1. Si riafferma l’intrinse-ca e inalienabile dignità

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zione all’assistenza dellapersona anziana disabile.4. Ciò si tradurrà in soli-darietà reale solo se saràcapace di trovare rispo-ste sociali e istituzionaliper spazi e tempi di vi -cinanza, sollievo e con-forto.5. In particolare, si inco-raggia l’impegno dei me-dici e tutti gli altri opera-tori sanitari, di coloroche operano nell’areadella bioetica e dei legi-slatori, per trovare rispo-ste appropriate all’urgen-te problema dell’abban-dono delle persone an-ziane disabili, special-mente nelle società delbenessere e dell’opulenzama anche nelle altre so-cietà.6. Si riafferma il dove-re etico-deontologico daparte dei medici e delle

istituzioni sanitarie dinon privare le personeanziane delle cure ne -cessarie, ma di offriresempre loro i trattamen-ti ritenuti appropriati secondo un criterio diproporzionalità etico-cli-nica.7. È urgente favorire unacultura dell’accettazionee della preparazione allamorte, non come fine,ma come compimentodell’esistenza e di cuil’anzianità può rappre-sentare la preparazionepiù matura.8. La luce della Fede aiu-ta a comprendere la real-tà della disabilità, pertrovare senso e speranza,sostenendo l’impegno ele risposte di cura e assi-stenza da parte delle fa-miglie e delle istituzionisanitarie. n

della storia sconvolsel’area della Marsica inAbruzzo, preannunciatonei giorni precedenti dastrani fenomeni, che nonvennero compresi dallapopolazione locale: gasinfiammabili che fuo ri -usci va no dai terreni e leacque degli stagni e deipozzi divenute improvvi-samente bollenti nei din-torni del piccolo comunedi Trasacco.Alle 7,52 e 48 sec. delmattino del 13 gennaio1915 la prima intermina-bile scossa – magnitudo7 della scala Richter e11° grado della scalaMercalli – colpì Avezza-no, con epicentro nellavalle fucense, Ortucchio,Pescina, propagandosipoi verso la Valle Rovetoe verso la conca di Rieti.Devastazione e vittime,terrore e angoscia. Il si-sma provocò novemila

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La signora Carmen interpreta il 3o mistero gaudioso:la nascita di Gesù da Maria ss.ma. Accanto a lei suor Janet.

100 anni fail terremoto dellaMarsica

ROMA • Redazione

Commemorazioniad Avezzano

13

13 gennaio 2015: ad Avezzano si fa memoria del terremoto, per dire all’Italia che al primo posto ci deve essere la prevenzione.

gennaio 2015.Un sole splendi-do che brillavain un azzurro

cielo, un’a riet ta fresca –non gelida per esseregennaio – e tanti gonfalo-ni, una folla quieta mavivace, alpini e bersaglie-ri con altre forze di sicu-rezza, don Angelo, unprete diocesano ma chesi sente guanelliano finnel profondo, e alcunicordiali confratelli cihanno accolte in una se-rena Avezzano, felice diessere risorta dopo tantelacrime, lutti e distru -zioni.Sono passati 100 anni, èvero, ma certe ferite sonoinguaribili.Cent’anni fa uno dei ter-remoti più devastanti

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morti solo ad Avezzano,su un totale di oltre 30mila, di cui 5.000 bambi-ni in tutta l’area colpita.A cento anni dalla terri-bile catastrofe che deva-stò la conca del Fucino,questa mattina alle 7,52le campane dei 37 comu-ni della Marsica coinvoltihanno suonato per com-memorare le oltre 32 mi-la vittime. È una delleiniziative in occasionedel centenario per risco-prire il dramma di unterritorio che fece faticaa tornare a vivere, anchea causa dell’ingresso del -l’Italia nella grande guer-ra.Tra i primi a portare soc-corso fu don Luigi Orio-ne che in quei giorni, resipiù temibili anche dallaneve e dai lupi, requisìun’auto al re VittorioEmanuele III – giunto invisita nei luoghi della tra-gedia – per trasportare ibambini rimasti senzafamiglia verso luoghi piùsicuri; testimone dell’epi-sodio fu un adolescenteillustre, Ignazio Silone,che lo riferì in Uscita disicurezza (1965).Subito lo seguì san LuigiGuanella, accompagnatoda don Aurelio Bacciari-ni. Don Luigi aveva 72anni ed era malandato insalute, ma gli alboridell’ultimo anno dellasua vita – sarebbe infattimorto l’ottobre successi-vo – sperimentarono laprofondità del suo amo-re, che ormai non si po-teva più sondare.

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Cento anni fa, il 13 gennario 1915, uno dei terremoti più devastanti della storia sconvolse l’area della Marsica in Abruzzo.

13 gennaio 2015: ad Avezzano si fa memoria del terremoto, per dire all’Italia che al primo posto ci deve essere la prevenzione.

Suore e sacerdotiguanelliani alla commemorazionecentenaria (Avezzano, 13 gennaio 2015).

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Fare memoria

Oggi si è dato il via uffi-ciale alle commemorazio-ni del 2015. Siamo inmolti radunati ai piedidel Memorial del MonteSalviano. Il terremoto:una lezione per il presen-te e per il futuro. Mai piùL’Aquila, mai più l’Emi-lia, mai più Comuni e ge-nerazioni polverizzate.Del sisma della Marsica,per dire all’Italia che alprimo posto ci deve esse-re la prevenzione: «L’Ita-lia deve imparare la lezio-ne della prevenzione». Lohanno sottolineato intanti modi le autorità ci-vili e politiche cui è statadata la parola.Alla commemorazione,infatti, hanno partecipatoi Sindaci dei paesi colpitie tante autorità militari,civili, politiche, nonché ilvescovo dei Marsi, mons.Pietro Santoro, che haaperto la manifestazionericordando quei 34 inter-minabili secondi – che se-gnarono irrimediabil-mente la storia di questopopolo – attraverso unapreghiera. Un plauso atutti coloro che hannoparlato dal palco sistema-to ai piedi del Memorial,per i discorsi da loro te-nuti dai contenuti intelli-genti e concreti, nonchéespressi in modo com-prensibile dai tanti e stili-sticamente eleganti. «Ilcentenario – ha detto ilpresidente del Comitatod’onore del centenario,Gianni Letta – assume ungrande significato perl’oggi e per il domani. Ri-troviamo il nostro nomee il nostro impegno a pre-parare il futuro dei nostrifigli. La memoria è la li-turgia attraverso la qualela comunità ritrova laconvivenza». Incisiva an-

che questa osservazione(purtroppo non ricordofatta da chi) che fare me-moria è importante pernon perdere la memoriadi quanto è avvenuto. AL’Aquila, infatti, al terre-moto del 2009, le case co-struite subito dopo il si-sma di Avezzano hannoresistito, quelle costruitepiù di recente sono crol-late, perché si era persala memoria di quanto erasuccesso e nella costru-zione non si era tenutoconto dei giusti accorgi-menti. edilizi.Subito dopo, presso ilTeatro dei Marsi, la ceri-monia di presentazionedel primo francobollo del2015, dedicato al terre-moto del 1915. Il franco-bollo ordinario, emessoda Poste Italiane in occa-sione del centenario delterremoto della Marsica estampato dall’Istituto Po-ligrafico e Zecca delloStato S.p.A., appartiene

alla serie tematica «ilSenso civico», dedicataallo spirito di coesionenazionale nelle emergen-ze. La vignetta, creata daLuca Vanelli, raffigura,entro un’ideale fotomon-taggio, due diverse pro-spettive della chiesa diSan Bartolomeo di Avez-zano, rispettivamente pri-ma e dopo il sisma che il13 gennaio 1915 colpì laMarsica. Completano il

francobollo le leggende«Spirito di coesione na-zionale nelle emergenze»,e «1915 - terremoto dellaMarsica» la scritta «Ita-lia» e il valore «€ 0,80».L’Assemblea era costitui-ta da numerosissimi gio-vani studenti dell scuolesuperiori di Avezzano,che hanno posto delle do-mande alle personalitàpresenti sul palco delTeatro dei Marsi; al gior-

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Durante la messa in cattedrale, il vescovo ha acceso

un cero che ardeva nella medioevale chiesa

di San Nicola di Alba Fucens, 100 anni fa.

Venne travolto dal crollo dell’edificio sacro e per quasi

un secolo è rimasto sotterrato tra i detriti e i calcinacci,

fino a quando Aldo Cianfarani e consorte, nel 2008,

durante una passeggiata domenicale sui ruderi

della chiesa di San Nicola, non l’hanno ritrovato.

Avezzano. Al Teatrodei Marsi, la cerimoniadi presentazione del primofrancobollo 2015 dedicatoal terremoto del 1915.Moderatore Bruno Vespa.

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nalista Bruno Vespa, te-stimonial d’eccezione del-l’evento, è stato affidato ilruolo di moderatore.Bruno Vespa ha ricordatoil tragico terremoto cheha colpito L’Aquila nel2009: «Tante vite sonostate spezzate per sem-pre. La vera tragedia deL’Aquila, oggi, è il rischiod’avere cittadini privi di

un’importante vetrina perla Marsica ed una signifi-cativa opportunità perpromuovere nel mondonon solo la storia, ma an-che la ricca ed antica cul-tura del coraggioso popo-lo marso».E dal sindaco de L’Aquila,Massimo Cialente, unaprovocazione: «Per ogniedificio un libretto di cir-

Chiesa cosa ha fatto inquel frangente?». Emons. Santoro ha rispo-sto che tra i soccorritori iprimi ad intervenire sonostati il Vescovo Bagnoli,san Luigi Orione e sanLuigi Guanella, nonché imembri dell’Azione Cat-tolica e alcune suore. Duenostre consorelle sonostate mandate sul posto

partecipato alla Messasolenne di commemora-zione nella Cattedrale diAvezzano, presieduta dalvescovo della diocesi deiMarsi, mons. Pietro San-toro, e concelebrata dalcard. Edoardo Menichellie dagli Arcivescovi e daiVescovi dell’Abruzzo e delMolise, di Ascoli Piceno,di Rieti, di Sora. Centina-ia i sacerdoti concele-branti, la cattedrale gre-mita da fedeli venuti daogni dove; folta la presen-za delle religiose. Conce-lebravano anche i supe-riori generali degli Orio-nini (don Flavio Peloso) edei Guanelliani (don Al-fonso Crippa), successoridei loro fondatori, donAdelio Antonelli di Ta-gliacozzo ed altri confra-telli. In rappresentanzadelle nostre suore, la vi-caria generale suor Giu-stina Valicenti e alcuneconsorelle.Riportiamo alcuni passidell’omelia del vescovo diAvezzano per i 100 annidel terremoto nella Marsi-ca, mons. Pietro Santoro.«13 gennaio 1915. Unafredda e gelida mattinad’inverno. Nelle case i ge-sti e le parole di sempre.Nelle chiese si celebral’Eucaristia. Alle 7,52 unboato scuote la terra.Una scossa di terremotodevastante: undicesimogrado della scala Mercal-li. 7,52: l’orologio scandi-sce la notte dei morti,delle rovine, delle mace-rie. La Marsica, un’im-mensa tomba.Antonio Scarfoglio vide escrisse su «Il Mattino» diNapoli del 15 gennaio1915: «Tutta la Terra deiMarsi è morta per sem-pre, con la sua gente fierae nobile [...] Pallidi e livi-di vagano sulle maceriegli ultimi superstiti. Pian-

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senso d’appartenenza eun centro storico ristrut-turato, ma, ahimé, vuoto.La recente esperienzaaquilana insegna chel’unico efficace antidotoal ripetersi di altre trage-die è la diffusione capilla-re della cultura della pre-venzione». «Il Centenariodel terremoto – ha di-chiarato Gianni Letta –costituisce una grandeoccasione non solo perrinsaldare i legami tratutte le municipalità col-pite dal sisma, ma ancheper riscoprire radici edidentità, fattori su cui farleva oggi per ridare slan-cio al territorio marsica-no. Il francobollo com-memorativo costituisce

colazione che contengaun tagliando per la sicu-rezza antisismica».«Il Centenario del terre-moto – ha sottolineato ilsindaco Di Pangrazio –va oltre la memoria, e sipropone di raccontareuna terra dinamica, tena-ce, che nella storia hasempre trovato le energieper risorgere. Il centena-rio deve essere ancheun’occasione per ripensa-re le politiche della sicu-rezza, visto che l’Abruzzoè una delle regioni più arischio sismico d’Italia».Interessante la prima do-manda rivolta da unostudente al Vescovo: «La

da don Guanella e affida-te a don Orione – respon-sabile in primis dei soc-corsi, «anima spirituale ecentro operativo della ri-costruzione». Di loro sidice che facevano moltobene e sono state le pri-me a ricevere Gesù Euca-ristia quando è stato ri-pristinato, come si pote-va, il culto liturgico.

L’omelia del Vescovo

Dopo il pranzo, consu-mato da noi guanellianipresso il Seminario ve-scovile e offertoci moltogentilmente dal comitatoorganizzatore, abbiamo

Mostra al Teatro dei Marsi.

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gono e gridano e si dispe-rano. Si gettano a terra,grattando con le unghienel terriccio e nelle rovi-ne [...] Hanno un’ariaebete e stordita, come digente che non abbia piùla forza di soffrire. Sottopovere lenzuola le donnehanno negli occhi unospaventoso orrore, com-pongono sui cuscini sven-trati le teste dei morti edei feriti che hannostrappato con le unghiealle macerie. Accendonoai loro piedi grandi falòdi paglia e se li abbrac-ciano e li stringono, can-tando nenie dolci, chia-mandoli coi nomi caridella vita di ieri».Quei nomi, carissimi,vorrei pronunciare unoper uno, per non rimane-

re dentro la fredda stati-stica dei trentamila mor-ti. Dare voci alle storie divita non vissuta perchésono le nostre storie, ap-partengono alla nostrastoria. Li deponiamo sul -l’altare quei nomi e queivolti, mentre chiediamo aDio il dono delle lacrime,il dolore dell’anima cheassume il dolore delle vit-time del sisma e non leaffida al vento dell’oblio.Ogni lacrima viene rac-colta nell’otre di Dio emescolata alle lacrime diDio dinanzi e dentro lasofferenza dei suoi figli.Sono le parole del Salmo:«Nel tuo otre, Signore,raccogli le mie lacrime:non sono forse scritte neltuo libro?» (Salmo 56, 9).Un libro che ha il suo ca-

pitolo riassuntivo nellaCroce di Cristo... Se Dioci salva soffrendo è per-ché non si può amare chesoffrendo quando l’altrosoffre. «La speranza chenon si fa carico del dolo-re del mondo e di Dionon è vera speranza per-ché spera poco, ama po-co, non sa più cos’è la fe-de che le permette di credere nell’impossibile»(Daniele Garota).Questa speranza si incar-nò nel volto del mio pre-decessore, Pio MarcelloBagnoli, dentro una Chie-sa che piangeva i suoi fi-gli morti e, tra questi, 24sacerdoti diocesani, 4chierici, 3 missionari, 6frati Cappuccini, 5 suore.Nel volto di san LuigiOrione, di san Luigi Gua-nella, delle prime quattroreligiose..., dei preti su-perstiti, dei giovani diAzione Cattolica. Nei vol-ti solidali dei sopravvis-suti, nei piccoli e grandigesti che appartengonoalla cronaca feriale delleBeatitudini. Come il ge-sto della piccola Cateri-na, di nove anni (da leistessa, ottantenne, rac-contata). Scampata alcrollo della chiesa, incon-tra Vincenzo, suo compa-gno di 11 anni, sporco,nudo, uscito dalla sua ca-

sa dov’erano morti i suoigenitori. l’unica cosa chepoté fare fu dare a luiuna pesante maglia di la-na che lei aveva addosso,ne aveva indossate due,una sull’altra, per via delforte freddo» (Il giornoche non vide mai l’alba, diAntonio Socciarelli).(...) La Marsica è terra diun popolo dal cuoregrande, semplice e appas-sionato, un popolo cheoggi vuole riscoprire eriaffermare la sua piùprofonda identità, erededi una storia che le vieneaffidata come compito disperanza. E vuole farlodentro le ferite di un si-sma silenzioso ma nonmeno sanguinante: lamancanza di lavoro (...)Negli scavi effettuati mol-ti anni dopo il grandebuio del 13 gennaio 1915,tra i ruderi della chiesacrollata di San Nicola inAlba Fucens, è stata ritro-vata una candela, quellache vediamo davanti al-l’altare. Riaccenderò que-sta candela, la riaccende-remo dopo 100 anni,chiedendo a Maria San-tissima, con le parole del-la Lumen Fidei che sia leia orientare il camminodella nostra terra illumi-nata dalla speranza ritro-vata». n

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AD AVEZZANO DURANTE IL 2015 SI ONORERÀSAN LUIGI GUANELLA

• Domenica 19.4.2015Nella Cattedrale di Avezzano collocazione dellaStele Marmorea raffigurante s. Luigi Guanella.Partecipazione del Corpo della Polizia di Statocon picchetto d’onore in divise storiche e con Ban-da Musicale.

• Sabato 1.8.2015In mattinata, a Civitella Roveto, festa centenariaper s. Luigi Guanella, con Messa solenne concele-brata dal Vescovo di Sora e dai Sacerdoti dellaValle Roveto, con servizio delle Bande Musicali diCivitella Roveto e di Avezzano.

• Domenica 2.8.2015In mattinata, ad Avezzano centro, festa centenariaper s. Luigi Guanella con Messa solenne.

• Sabato 24.10.2015Festa Liturgica di s. Luigi Guanella.Un contributo come nella Canonizzazione del 2011,per riportare la gente della Marsica e della ValleRoveto a ravvivare la memoria e la riconoscenzaper un Santo ieri benefattore ed oggi amico.

La vicaria generale suor Giustina Valicenti con unadelegazione di suore guanelliane alla celebrazione

eucaristica della Chiesa locale.

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Il viaggio di Francesco èstato «un forte invito acooperare per promuove-re una autentica culturadell’incontro, fatta diascolto, dialogo, premu-ra, per generare pace ericonciliazione in tutti gliambienti, attraverso la

testimonianza personalein primis e tutte le operepoi». Dal Santo Padre ègiunto «un incoraggia-mento a custodire unostile permanente “inuscita”, in ascolto dei bi-sogni dell’uomo, teso adoffrire risposte di vita au-

tentica. È un viaggio checi ha interpellato nel pro-fondo invitandoci a dareconcretezza al sogno dioltrepassare l’oceano perallargare la tenda dellacarità» (padre Luigi DeGiambattista).Noi guanelliane e guanel-liani, presenti oggi in In-dia e in Karnataka, TamilNadu e Andrha Pradesh –da circa 30 anni fa i con-fratelli, dal 1993, quindi25 anni, noi Figlie diS. Maria della Provviden-za – siamo attualmenteoperanti in diverse mis-sioni – seminari, casa perorfani, disabili e personeanziane, nonché parroc-chie e servizi pastorali.Molti confratelli e conso-relle nativi del Tamil sen-tono profondamente ildesiderio di estenderel’Opera guanelliana nellavicina isola dello Sri Lan-ka, che ha accolto il Papacon tanto calore.

Da 25 anni nelle Filippine

Il primo guanelliano atoccare l’arcipelago delleFilippine è stato padreLuigi De Giambattista,giunto per la prima voltaa Manila il 19 giugno1989, ospitato dai france-scani fino al 1993, quan-do avrà inizio la loromissione con una costru-zione inaugurata il 19 di-cembre 1992, a 150 annidalla nascita di don Lui-gi, nella baraccopoli diTandag Sora, Manila.Oggi, dopo 26 anni, sullapiccola collina, i guanel-liani hanno aperto unagrande Tenda della Cari-tà: il Centro pastorale peraiutare i bambini denu-triti, fornire assistenzascolastica con una mae-stra specializzata anche

VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA•VITA GUANELLIANA

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Oltrepassare l’oceanoper allargare la tenda della carità

FILIPPINE • Manila, Case guanelliane

Le guanelliane e i guanelliani accolgono con gioia l’arrivo di papa Francesco a Manila

L

Don LuigiDe Giambattista,suor Alzira Bongiornoe suor Elda Sosciaai primi tempidella missioneguanelliananelle isole Filippine.

«I poveri sono al centro del Vangelo,sono al cuoredel Vangelo; se togliamo i poveri dal Vangelonon possiamo capirepienamente il messaggio di GesùCristo» (Papa Francesco).

a visita di papaFrancesco nelloSri Lanka e nelleFilippine ha susci-

tato commenti entusiastitra noi missionari del-l’Opera Don Guanellaimpegnati nel continenteasiatico.

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nel linguaggio dei segni,accoglienza a disabili ebuoni figli, cappella do-menicale e catechesi.Nello stesso 1993, il 20aprile, memoria liturgicadella Beata Chiara Bosat-ta, anche noi Figlie diS. Maria della Provviden-za, nelle consorelle suorElda Soscia e suor AlziraBongiorno, abbiamo toc-cato la lontana e bellissi-ma terra dell’arcipelagodelle Filippine. Eranopartite il giorno primaaccompagnate da MadreImelda Malovan.Sfogliando le pagine del-la rivista, al n. 4-5 del1993, alle pagine 34-35,abbiamo riletto con emo-zione quanto ci scriveva-no suor Elda e suor Alzi-ra, raccontando le loroprime esperienze nelleisole Filippine.Ne riproponiamo la let-tura anche a voi e vedre-mo come le nostre con-sorelle in terra filippinaabbiano da sempre mes-so in pratica le esortazio-ni di Papa Francesco sul -l’amore ai poveri e allapovertà.

Una lettera dalle Filippine

... eccoci a dirvi qualcosadella nostra esperienzaqui a Manila, ma a dire ilvero ci siamo sentite inimbarazzo.Infatti cosa potremmomai dire noi di questaimmensa città, la cuigente ci affascina, ma dicui sappiamo quasi nul-la, dopo meno di quattromesi di permanenza?Siamo proprio all’iniziodi un dialogo, che si pro-mette vivo, interessante,arricchente. Sono solo leprime battute, tuttavia cisiamo sentite accolte con

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Suore guanelliane, giovani e ragazzi con disabilità all’incontro e alla celebrazioneeucaristica presieduta da Papa Francesco:

«Per noi sacerdoti e persone consacrate, la conversione alla novità del Vangelocomporta un quotidiano incontro col Signore nella preghiera.

I santi ci insegnano che questa è la sorgente di ogni zelo apostolico!La cultura filippina, infatti, è stata plasmata dalla creatività della fede.

I filippini sono dovunque conosciuti per il loro amore a Dio, per la loro fervente pietàe la loro calorosa e cordiale devozione alla Madonna e al suo Rosario».

un affetto ed una «vene-razione» che, più che allanostra persona, va al-l’abito che indossiamo edal Cristo di cui siamo se-gno, là dove andiamo.Per quanto ci riguarda,siamo davvero molto feli-ci di trovarci qui, traquesti «ultimi» e «picco-li», che Gesù ha procla-mato beati. Ti potremodire che per le vie di Ma-nila, stiamo facendo tuttii giorni esperienza dellamorte e risurrezione di

Gesù. Non abbiamo an-cora una casa «guanellia-na» nostra perché, lo sai,siamo in affitto. Tuttavia,ogni giorno ci mettiamoin cammino, alla ricercadi quei fratelli e sorelleche non «hanno nessu-no». Così al lunedì ed algiovedì siamo con gli an-ziani (280 di ambo i ses-si) di un ricovero per vec-chi abbandonati. Se ve-dessi lo squallore del luo-go e delle persone! Nonuna sedia, non un mate-

rasso, non un lenzuolo,non un capo di bianche-ria propri... Il cuore vuo-le spezzarsi mentre aiu-tiamo queste poverecreature a prendere il ba-gno e mormoriamo: «Tiadoro, o Gesù spogliato,umiliato, abbandonato!».Quando poi qualcuno timette la testa sulle spallee piange e geme «non honessuno! Né marito, nésorella, né fratello, néamico, né nipote...» tuche non sai trovare in ta-

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galog le parole adatte,non fai altro che piange-re anche tu, risentendo leparole del Cristo ago -nizzante nell’orto: «Nonavete potuto farmi com-pagnia almeno perun’ora!».Per suor Alzira, che ognisabato va al lebbrosario,la figura di Gesù flagella-to è viva, palpitante, con-creta. Quando poi uncorpo che sembra unafiamma viva per la faseacuta della malattia, sasorridere e cantare conuna dolcezza senza limitiuna canzone che parla diCristo «Kaibigan» (ami-co), come non sentireche pur nella corruzionedella carne, lo spiritopermane anelante alla ri-surrezione.Alla domenica siamo nel-la «squatter area» (cosìsono chiamati qui glislum, le immense barac-copoli). Lo squallore delluogo, le condizioni diterribile privazione par-lano di morte, ma i bim-bi che sanno divertirsicon un nulla, e le mam-me che vanno orgogliosedella bellezza dei lorobambini e gli uomini chenon entrano nella piccolacappella, ma partecipano

sedendo a distanza, ciparlano di un fermentodi risurrezione che giàora pervade la vita e latrasforma. Siamo andatealla «smokey mountain»(montagna fumigante)mentre partecipavamoad un corso di studio sul-la realtà filippina. Non sodirti cosa abbiamo pro-vato, giungendo in quelluogo dove la gente, unpopolo di cenciaioli, vivesu cumuli di spazzaturatraendo il sostegno per lapropria vita dal riciclag-gio dei rifiuti. Appenagiunti, un tanfo terribileti percuote con un pugnolo stomaco, ma poi vi en-tri là, in mezzo alla spaz-zatura ed al ferro vec-chio, i Sacerdoti del Ver-bo Divino, che condivi-dono in tutto la vita diquella gente... sembranoautentici cenciaioli pureloro. Il Sacro Cuore diGesù è stato fatto conplastica fusa ed è anchelui un cenciaiolo... A que-sto punto tu ti vergognidelle bizze del tuo stoma-co! Ti accingi a scalare lafamosa montagna, men-tre la pioggia che cade larende più insidiosa e dif-ficile. Ti vergogni delletue scarpe, quando tutti

vanno scalzi... C’è unagrande folla davanti aduna casa. Ci avviciniamo.È la veglia funebre perun bimbo di due anni,morto per diarrea. Sicco-me la famiglia non puòaffrontare il pagamentodelle spese funebri, i vici-ni, gli amici sono accorsi.Grandi e piccini giocanoalle carte con piccolemonete, e chi vince de-volve la somma per lespese del funerale... Tusenti che la morte là èvinta dall’amore ed unasperanza di risurrezioneè ancorata a quell’amoreche ti è possibile coglie-re, in quel gioco che perte europea è davverostrano.Arrampicati sul pendiodella montagna, quantibambini con il loro bravouncino di ferro a scavare

nella spazzatura alla ri-cerca di chiodi, pezzettidi vetro, plastica, ecc.Tutto sembra dirti chequella non è vita ma...quale sorpresa! I bimbi(sembrano tali ma qual-cuno ha anche 15 anni)pur senza deflettere dallaloro instancabile ricerca,sono contenti, giocanotra loro ed uno di essi, lacui gamba ha terribili ci-catrici di ustioni, si met-te a cantare allegramentee ti sorride biricchino.Allora davvero senti chela RISURREZIONE è giàqui e che quei bimbi pos-seggono la meravigliosalibertà dei FIGLI DI DIO.(Suor Elda e suor Al -zira)

A cura di suor MariaTeresa Nocella

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Suor Eleanor con i ragazzi del Centro all’incontrocon Papa Francesco.

Rovito (Cosenza)La foto di questo candido altarino,

dedicato alla Madre della Divina Provvidenza,ci è stato inviato dai novelli lettori de La Voce

Giampaolo Caracciolo e Gianluca Nocella.Essi hanno costituito un Cenacolo di preghiera

familiare e, periodicamente, si radunano con altri fedelidavanti alla cara immagine della nostra Madonna.

Uniti nel sentimento di amore filiale a Maria,auguriamo una larga diffusione dell’iniziativa che,

sicuramente, attirerà benedizioni dal Cielo.

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Suore da Romain pellegrinaggioa Gaeta

di consacrate. Hanno re-so interessante la suaomelia spunti sulla paro-la di Dio presi della litur-gia del giorno e ricordi divita missionaria.Subito dopo, il Rettorep. Pasquale Simone haguidato il gruppo lungo ilcorridoio della Via Cru-cis, con maioliche di Rai-mondo Bruno, fino allacappella del Crocifisso,dove si è pregato incan-tati davanti alla sculturalignea del Crocifisso risa-lente al 1400. Il giro-visi-ta ha toccato le altre tap-pe interessanti, come ladiscesa nella grotta del

GAETA • Santuario Montagna Spaccata

L’

re e ai fratelli sparsi peril mondo.P. Salvatore Di Serio, 40anni missionario in Ban-gladesh, ha celebrato laMessa per loro, felice divedere il Santuario pieno

turco e la terrazza che af-faccia sulla spiaggia diSerapo.Con piacere abbiamoscorto tra le gradite ospi-ti suor Anna Maria Cise-rani, che ha assistito il

Gaeta, Montagna Spaccata. Suore guanelliane (con suorAnna Maria Ciserani, al centro) nella cappella del Crocifisso.

Gaeta, Montagna Spaccata. Si percorre il corridoio della Via Crucis,

meditando sui versi di Metastasio.

La Montagna Spaccatavista dal mare ela Grotta del turco.

USMI (Unione Su -pe riore Maggiorid’Italia), che ha lasede principale a

Roma, il 6 ottobre 2014ha realizzato il «Pellegri-naggio trimestre Sabbati-co», che ha avuto comemeta il santuario dellaSS. Trinità alla Monta-gna Spaccata di Gaeta,affidato ai missionari delPIME.E Gaeta è stato il luogoideale per chi, staccandola spina dell’ordinario,alterna studio e preghie-ra nel trimestre, per poiriprendere il cammino diuna vita donata al Signo-

P. Domenico Ciserani,missionario del PIME,

fratello di suor Anna Maria e di Madre Serena.

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compianto fratello Do-menico, missionario delPIME in Giappone e inBrasile, 5 Missionariedell’Immacolata, unasuora del Cottolengo diTorino che ha lavorato aKabul (Afganistan), unasuora della Sacra Fami-glia di Spoleto che, neglianni ’60, è stata a Ducen-ta per diversi incarichi, afavore del seminario delPIME, che allora contavaun centinaio di alunni.Abbiamo ringraziato legradite ospiti, le qualiverso le 14,00 hanno ri-preso il pullman diretto aNettuno, per pregare sul-la tomba di santa MariaGoretti.

P. PasqualeSimone

DC. I giovani provenivanodalle diverse parrocchiedella diocesi di SyracuseNY ed eravamo accompa-gnati dal vescovo, mons.Robert J. Cunningham.Siamo partiti mercoledì 21gennaio alle 6 della matti-

na, 37 giovani e 7 adulti,per partecipare alla marciadella vita, che viene orga-nizzata ogni anno nell’an-niversario in cui la Cortesuprema ha dichiaratol’aborto un diritto costitu-zionale (1973).

A Washingtonper la marcia della vita

USA • Syracuse, N.Y. - Daughters of St. Mary of Providence

M

Ed eccoci tutti a salutarvi.Evviva la vita!

Il nostro viaggio è statoun pellegrinaggio di pre-ghiera, ma anche di gioiafraterna, in un viaggio inbus della durata di più di10 ore, comprese le soste.La prima sosta l’abbiamofatta al Seminario St. Ma-ria della diocesi di Wil-mington, dove il nostroparroco e il vice parrocohanno studiato. Ci è statoofferto un buon pranzo,poi un tour del seminarioe la celebrazione eucari-stica. Al vedere i nostri

i piace condivi-dere con voil’esperienza fat-ta con i giovani

della mia parrocchia San-ta Famiglia e cioè la par-tecipazione alla marciadella vita, a Washington

Ricordo di mio fratello

In questo momento mimancano le parole, per-ché la sofferenza è sta-ta molto grande, madevo dire che lui è statoun uomo di tanta fede.Ha passato la sua vitafacendo del bene a tut-ti, un vero padre di fa-miglia, ha vissuto unavita di sacrificio, masempre nella gioia, per-ché sapeva che il Si-gnore è un Padre Prov-vidente. La sua fami-glia era tutto per lui.Le consorelle che lohanno conosciuto pos-sono dire dire di più,ma penso che non c’èbisogno di tante paroleper manifestare il gran-de amore e la fraterni-tà che abbiamo creatonella nostra semplice, ma amata famiglia. Il Signore lo ha preso con séil giorno 6 febbraio 2015, una dura prova, ma la grazia di Dio non cimancherà. Chiedo una preghiera per lui e per la mia famiglia. Grazie.

Suor Georgina

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giovani che pregavano epartecipavano con atten-zione e affetto, mi èvenuto spontaneodire un grazieal Signore perla loro fede.Di nuovo sulbus, direttialla basilicadi Baltimore,la prima catte-drale dell’Ameri-ca del Nord. Qui èvenuto pellegrino anche ilnostro fondatore san Lui-gi Guanella e sull’altare èposta la sua reliquia. Do-po una preghiera e anco-ra un tour, di nuovo nelbus verso Washington,dove migliaia di giovanisi sono riuniti per prega-re, cantare e adorare Ge-sù nel santissimo Sacra-mento. Tutto è durato fi-no alle 11 di sera; stanchi,ma contenti, finalmenteabbiamo raggiunto l’hotelper la notte. Tutti prontiper le 7,00 del giorno se-guente per la Messa con ilnostro Vescovo, presso laBasilica del Santuario na-

zionale dell’Immacolata.In questo santuario vi so-no venerate le immaginidi Maria dei santuari piùimportanti del mondo.Anche noi Figlie di SantaMaria della Provvidenzapossiamo venerare l’im-magine della nostra Ma-donna nella bella statuain marmo bianco che po-tete ammirare nella foto-grafia di gruppo, fatta in-torno a lei.Alle 13,00 abbiamo parte-cipato alla marcia dellavita, pacifica, durante laquale abbiamo testimo-niato il nostro amore allavita con canti, slogans,preghiere. Non ho mai vi-sto nulla di simile in tuttala mia esistenza: migliaiae migliaia di giovani,

bambini, adulti,ma per la mag-

gioranza gio-vani, che te-stimoniava-no il loroamore e ri-

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Suor Anna Bilotta alla sostapresso la Basilica diBaltimora, dove e� statoanche don Guanella.

Washington. La marcia per la vita 2015.

Suor Anna MariaBilotta con i giovanidella sua parrocchiadi Syracuse NY.

Alla celebrazioneeucaristicadel nostro vescovo,mons. Cunningam.

Giovaniamanti

della vita.

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spetto alla vita dal mo-mento della concezionealla morte naturale.Una marea di bus, venutida tutte le parti degli StatiUniti, ce n’erano di quelli

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che, per raggiungere Wa-shington, hanno viaggiatopiù di 24 ore, ma nonhanno avuto timore e so-no venuti lo stesso.In marcia, abbiamo di nuo-vo raggiunto il nostro pul-lman per il ritorno a casa.Si palpava la gioia e la sod-disfazione dei giovani,quando, nel viaggio di ri-torno, venivano chiamatial microfono del bus percondividere la loro espe-rienza e come essa abbiatoccato il loro cuore.Senza aver perduto nes-suno per la strada, ringra-ziando il Signore, siamoarrivati stanchi, ma con-tenti a casa, alle 23,30. Ilparroco era lì ad aspet -tarci.Evviva la vita!

Suor Anna Maria Bilotta fsmp

Mons. Robert J. Cunningamposa con noi.

Alcuni adulti del gruppopartecipante alla marcia

per la vita.

Festa per l’80o

della Casa San Giuseppe

SVIZZERA • Tesserete

giorno della Festa. Ringraziamo l’ani-matrice Giovanna per aver immortala-to ogni momento saliente dell’evento.I

Fotoracconton questa pagina e nella seguente viraccontiamo con alcune immagini leemozioni che abbiamo vissuto il

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loro simpatia formulan-doci i loro auguri. È cosìalla Casa San Giuseppee... per questo, grazie alservizio animazione, di-cembre è sempre un me-

se fitto di appuntamentiper la gioia di molti.Ci spiace non averlo potu-to pubblicare prima, male esperienze che raccon-tate sono interessanti egradevoli. Grazie.

3 Giovedì 11 dicem-bre: arriva la «Scuo-

la Statale d’Infanzia», in-titolata a «Don Leo Cera-bolini», il sacerdote che a

Belgioioso operò in par-rocchia ma soprattuttolegò il suo nome alla«Casa di Accoglienza allaVita», aperta nel 1994per aiutare le ragazzemadri in difficoltà.I bimbi sono numerosi,sono la voce del cambia-mento sociale avvenutoin questi anni un po’ intutto il nostro paese.La loro sorprendente

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Insieme per far festaBELGIOIOSO • Casa San Giuseppe

P

spontaneità è tanto gra-dita agli ospiti che ascol-tano con piacere i lorocanti e ricambiano dicuore i loro auguri.

3 Venerdì 12 dicem-bre: è la volta della

«Scuola Materna Gari-baldi», quella privata.Insieme alle loro canzonii bambini offrono man-darini, a richiamare unprofumo ben noto nelgiorno di Natale di tantianni fa. Qualche ospitene approfitta subito econ piacere gusta il frut-

Cico Cico Liston.

Con le amichedel Roggiolo.

repararsi al Nataleè anche condivide-re parte della gior-nata con le perso-

ne che desiderano mani-festarci il loro affetto, la

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to, ricordo della sua in-fanzia.

3 Mercoledì 17 di-cembre: il gruppo

«Cico Cico Liston» pre-senta un’esibizione diballo.L’associazione nasce nel2011 e vi aderiscono nu-merosi amanti del ballo,che si ritrovano due voltealla settimana in una sa-la concessa dal Comuneper divertirsi, migliorarsie... tramandare.«Cico Cico» è il nome delballo che li rappresenta;«Liston» è chiamata laparte antistante il castel-lo dove l’associazione hail suo centro ricreativo.I ballerini, in maglietta

bianca, divertono il pub-blico con il loro spettaco-lo e deliziano gli ospiticon una variegata meren-da: sul carrello comparesia il dolce sia il salatopoiché le signore sonoanche ottime amanti del-la cucina.

3 Lunedì 22 dicem-bre: i Cooperatori

presentano i loro auguriagli ospiti, omaggiandociascuno con una copioladi spugna beige.A rendere più allegro ilpomeriggio ci pensa lasempre apprezzata «Pa-narot Hurchestra».Il salone è gremito, glianziani divertiti.Per la merenda i volonta-ri offrono pizza fumante,ma ci sono anche i bi-scotti natalizi preparatidalle «Amiche del Rog-giolo» e le loro caramelleconfezionate con cura eamore in simpatici sac-chettini.

3 Mercoledì 31 di-cembre: come da

tradizione, si tiene lagrande tombola. C’è unprimo e secondo premio,ma alla fine tutti hannoqualcosa.Si brinda insieme al nuo-vo anno con uno spu-mante legato ai ricordi: è

Grazia e Franco.

Scuola di danza«Spazio Danza».

I nipotini fanno festaalle nonne.

Generazionia confronto.

Panarot Hurchestra.

Regali dei Cooperatori.

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il moscato dell’Oltrepo, ilvino che nelle grandi ri-correnze compariva sem-pre accanto al dolce sulletavole di una volta nellanostra zona.

3 Lunedì 5 gennaio:ad intrattenere il

numeroso pubblico è laScuola «Spazio Danza»,di Filighera, che presentauna moderna rivisitazio-ne del racconto «A Chri-stmas Carol», di CharlesDickens, in due atti.Sono danze e recitazioni,per un messaggio elo-quente: il trionfo dellagenerosità sull’egoismo,il ritorno al Natale nelsuo vero significato.

3 Venerdì 13 gennaio:si ritorna alla con-

suetudine e si festeggianoi compleanni del mese.Maria Grazia torna aproporre le sue musichee, questa volta, alla suavoce si unisce quella diFranco. Ci sono anche gliamici del «Cico Cico Li-ston» e, facilmente indi-viduabili dalla loro ma-glietta bianca, e le «Ami-che del Roggiolo», chesono venuti apposta a fardivertire gli anziani cheamano ballare.

E così desideriamo conti-nuare per dar voce al bi-glietto di auguri 2014 incui gli ospiti della CasaSan Giuseppe recitano:

«Il Natale è l’amorein azione.Ogni volta che amiamo,ogni volta che doniamoè Natale!»

Un grazie a tutti.

Per i Cooperatori della Casa San Giuseppe

di Belgioioso

Pinuccia Mazzi

Benvenuto, don Vincenzo!FRATTA POLESINE • Casa Sacra Famiglia

3 Dove è nato e quan-ti anni ha?

Sono nato a Marghera,nel comune di Venezia,ai bordi della laguna.Quel pezzettino di Mar-ghera si chiamava Ca’Emiliani ed ora al postodi quelle molte casettecomunali sono sorte del-le aziende, centri vari fracui «La Nave de Vero».Sono rimaste poche caseprivate, come la mia.Quando sono nato c’eraancora la malaria.

3 Ci racconta qualco-sa della sua fami-

glia? Ha fratelli o sorel-le? Dove vivono? Li vedespesso?

Sono l’ottavo di 9 fratelli,5 maschi e 4 femmine.

Quando ero piccolo sia-mo dovuti scappare vici-no ad Asolo, perché aMarghera bombardavanoe venivano colpite anchele case. I miei fratelli vi-vono a Marghera, TrevisoCavallino e uno, guanel-

liano, in Sicilia. Ho unsacco di simpatici nipotie pronipoti. Li vedo ap-pena posso.

3 Come è stata la suainfanzia? Cosa le

piaceva fare?

È stata un’infanzia nor-male fra scuola, giochi,aiutare un po’ la mammaquasi sempre con mia so-rella più piccola. Appenapotevo facevo dei girettiin bicicletta, mi piacevada matti e volevo correreforte come Bartali. Dice-vo che volevo fare il mec-canico. La quinta ele-mentare l’ho fatta a Vel-lai di Feltre in un colle-gio guanelliano, perché ilmedico aveva detto chedovevo cambiare aria. Inquel collegio c’erano statiprima due miei fratelliperché lì, sfollati da Mar-ghera, potevamo andarea scuola.Dopo i miei genitori sonomorti tre fratelli. Mia

Intervistaa don Vincenzo,arrivato da pocofra noi

Don Vincenzo Simion.

Fratta Polesine. Chiesadedicata alla Famiglia

di Nazaret. Don Vincenzovi esercita il suo ministero

sacerdotale.

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madre, quando è manca-ta, aveva 104 anni ed èstata bene fino agli ulti-mi mesi di vita. A 101 an-ni abbiamo fatto un pic-nic seduti sull’erba a2.000 metri di altitudine.

3 Quando ha inco-minciato a capire

che quella del sacerdo-zio era la sua vocazione?

Improvvisamente. Du-rante gli esami ho scrittoa casa che sarei entratoin seminario. Dopo tantianni di studio in semina-rio sono diventato pretenel 1970.

3 Ci parli un po’ dilei. In quali e quan-

ti posti è stato prima diarrivare qui da noi?

Subito dopo l’ordinazio-ne a sacerdote sono an-dato in Spagna dovec’era un collegio. A pochecentinaia di metri c’erauna residenza delle suoreGuanelliane. Lì ho cono-sciuto suor Santina, di

Sono stato anche in pro-vincia di Milano, in unaCasa per Anziani.

3 Ha passioni o hob-by particolari?

Quando ero giovane mipiaceva tanto fare lunghecamminate sulle vette.Le mie giornate le passa-vo prima con i ragazzi epoi con gli anziani. Hofatto migliaia di foto manon per passione. Le hofatte perché agli anzia-

ni piaceva vedersi sulloschermo.

3 Conosceva già Frat-ta Polesine? Era

mai passato da questeparti?

Solo attraverso la vita didon Guanella. Ne hosempre sentito parlarebene. Circa 14 anni fa cisono stato quattro o cin-que ore.

3 Ci racconti la primaimpressione avuta

quando è arrivato e ci haun po’ conosciute.

Mamma mia! Come faròa imparare i nomi di tut-te! Sono molto lontanoancora, con la mia me-moria sempre più arrug-ginita. Mi sono detto cheper fortuna la «Sacra Fa-miglia» è un po’ similealla «Madonna del Lavo-ro». La gente, le ospiti,gli operatori, le suore so-no molto simpatici e poimi ritrovo improvvisa-mente fra gente che parlail mio dialetto che pensa-vo quasi sparito.

A cura di Rosanna Giotto

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Fratta. Sono stato inSpagna 12 anni. Ho fattoquasi sempre l’educatoreed ho insegnato il latinoper quattro anni. NellaCastiglia abbiamo apertoanche un bel centro perdisabili. Sono stato an-che in provincia di Mila-no, in una Casa per An-ziani.Poi sono stato come edu-catore, per tre anni, aVellai di Feltre. A Voghe-ra invece ho trascorso 9anni, in una casa coloni-ca che un po’ alla volta siè trasformata in un belcentro per disabili. Vengoda Nuova Olonio, doves’incrociano la Valtellinae la Valchiavenna, appe-na sopra il bel e grandelago di Como. Come laCasa Sacra Famiglia, èstata fondata direttamen-te da don Guanella, an -ch’es sa nel 1900 ed è de-dicata alla Madonna delLavoro, come il santuariocostruito da don Guanel-la. È una bella Casa, mol-to grande con tanti alberifra grandi montagne.

«Sono nato a Marghera, nelcomune di Venezia, ai bordidella laguna».

«Quand’ero giovane mipiaceva tanto fare lunghe

camminate sulle vette».

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il significato dell’evento ela scelta dell’orario: inquello stesso momento sistava celebrando unaMessa in tutte le Caseguanelliane.Nella sua omelia il vesco-vo di Loreto mons. Gio-vanni Tonucci ha descrit-to la figura del Santo,vissuto in un periodo e inuna zona molto fertile diuomini caritatevoli e ca-rismatici come don Bo-sco e Cottolengo.

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Pane e RosarioLORETO • Casa Beato Luigi Guanella

no del suo compleanno.Alle ore 15 ha avuto luo-go la Santa Messa nellaBasilica della Madonnadi Loreto, in cui si sonoriuniti numerosi parteci-panti: suore, sacerdoti,ospiti, dipendenti, fami-liari, amici e volontari.Presente anche il Supe-riore provinciale dei«Servi della Carità», donMarco Grega, che ha in-trodotto il rito spiegando

Durante la sua formazio-ne, don Guanella ha cer-cato costantemente ilsenso della propria vitache ha trovato, poi, nel-l’aiuto alle persone piùbisognose, ai suoi «buonifigli».

Santuario della Madonna di Loreto. San Luigi Guanella il festeggiato.

Basilica Santuario Madonna di Loreto.Concelebrazione eucaristica presieduta da

mons. Giovanni Tonucci.

La superiora provincialesuor Teresa Gatti

consegna le nuoveCostituzioni FSMP.

I l 24 ottobre 2014 èstata la data di aper-tura di un anno chesarà contraddistinto

da numerose iniziative intutto il mondo, per com-memorare il centenariodella nascita al cielo disan Luigi Guanella.Le suore delle Case di Loreto e Recanati hannodeciso di rendere omag-gio al proprio fondatorecon una grande festa aLoreto il 19.12.2014, gior-

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• BellezzaPrima di depilarsi è benepassare il rasoio su del sa-pone di Marsiglia: la pelleresterà più morbida ed evi-terete le irritazioni.Per ottenere un trucco na-turale il consiglio è quellodi mescolare il fondotintasul palmo della mano conqualche goccia di tonicoanalcolico, prima di appli-carlo sul viso.Per eliminare dal proprioviso le tracce del maquilla-ge è possibile utilizzare unbatuffolo di cotone imbe-vuto d’olio. Per far acqui-stare vigore ai capelli emantenere più a lungo lapiega anziché applicare ilsolito balsamo dopo loshampoo, applicatevi delsucco di mele renette.

• Rimedi contro l’insonnia

Possono giovare un buonthe caldo ottenuto con 2 o3 cucchiaini di erba inuna tazza di acqua caldaè anche un ottimo digesti-vo (si può dolcificare conun po’ di miele).Oppure due cucchiaini dimiele con il succo di unlimone e un arancio ag-giunti ad una tazza di ac-qua calda bevuta prima dicoricarsi.Ancora. Far bollire a fuo-co lento tre o quattro fo-glie di lattuga, tagliarle apezzettini e lasciarle per

venti minuti in una tazzae mezzo di acqua calda,filtrare e bere prima diandare a letto.Tre cucchiaini di aceto disidro in una tazza di mie-le, mescolare e prenderne2 cucchiaini ogni sera pri-ma di coricarsi. Funzio-na!Un semplice esercizio chedà un senso di benesseree rilassamento consistenell’espirare profonda-mente e lentamente ariadalla bocca per poi espel-lerla dal naso. Ripetereper qualche minuto.

• Piedi, calli, duroni,ecc...

Prima di ogni applicazio-ne bisogna immergere ipiedi in acqua ben caldain cui sia stata sciolta 1/2tazza di sale (oppure bi-carbonato di sodio). Stro-finare il callo con una cer-ta assiduità usando lo ste-lo del dente di leone (Ta-rassaco) e risolverete ilvostro problema. La pian-ta miracolosa per questoproblema resta e rimanel’aloe vera.Altra antica ricetta, in cuisi appoggia al durone unfetta di limone che poi siterrà per tutta la notte.Anche uno spicchio diaglio a metà, se applicatosul callo per tutta la notte,in poco tempo risolverà ilvostro problema. n

I consigli della nonnaTRECENTA • Casa Sant’ Antonio

Al termine dell’omelia, laSuperiora provinciale,suor Teresa Gatti, haconsegnato alle suoredelle Comunità di Loretoe Recanati le nuove Co-stituzioni della Congre-gazione.La celebrazione si è con-clusa con l’offerta di panee rosario, gesto simbolicoin ricordo di una bellissi-ma frase del Santo: «Bi-sogna dare a tutti Pane eSignore».Alla fine della santa Mes-sa, ci siamo tutti ritrovatiin una sala del PalazzoApostolico, per continua-re la festa con un rinfre-sco offerto dalle Case diLoreto e Recanati; l’otti-ma torta era un omaggiodalla pasticceria «Pic-chio» di Loreto.Quest’evento è stato an-che l’occasione per in-staurare una nuova ami-cizia con i ragazzi della«Comunità Cenacolo» di

Montorso, che hannoprestato il loro aiuto du-rante la celebrazione,mostrando disponibilitàe affetto nei confrontidelle ospiti.Successivamente, sonovenuti nella nostra Casaper condurre l’ora diadorazione con preghieree canti festosi, coinvol-gendo l’intera comunità;questi giovani, attraversoil loro modo di pregare,sono riusciti a creare unclima di entusiasmo edallegria, con la promessadi ritornare a farci visita.

Sara MelatiniEducatrice «Casa San-ta Maria della Provvi-denza» - Loreto (AN)

Ai superiori provinciali suor Teresa Gatti e don Marco Gregal’onore del taglio della torta.

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NELLA CASA DEL PADRE

SuorCARMELAMARANO

Nata aPedace (Cosenza)

il 26 settembre 1931.Si è consacrata al Signore tra le Figlie di S. Maria della Provvidenza il 21 giugno 1951.

Ha svoltola sua attività nelleCase guanelliane diLaureana di Borrello,

Roma «S. Maria della Provvidenza»,Milano, Cordignano,

Como-Lora, Olgiate comasco, Roma «S. Pio X»,

Belgioioso,Cordignano.

È deceduta pressol’ospedale civile di

Cordignano (Treviso) il 28 gennaio 2015.

In attesa della risurrezione,riposa nel cimitero di Cordignano(Treviso).

Un messaggio per noi

Suor Carmela ci ha lasciati.Con questa celebrazionenoi vogliamo prendere con-gedo da una sorella cheha condiviso le gioie e idolori, le fatiche e le spe-ranze della Comunità Cri-stiana e, in particolarmodo, della Comunità delleSuore di san Luigi Gua-nella nei molti luoghi doveha svolto un generoso egioioso servizio. Le sue ri-sorse, le sue capacità, lesue doti di intelligenza edi cuore non le ha tenuteper sé, ma ne ha fatto unregalo che ha raggiuntotante persone.Ci sentiamo in questomomento vicini al fratel-lo, alle sorelle e ai nipotidi suor Carmela.Anche il nostro VescovoCorrado mi ha detto cheè vicino a tutti voi e allaComunità delle Suoredella Casa di riposoS. Pio X e mi ha incarica-to di farvi le condoglian-ze, accompagnate dallapreghiera.Suor Carmela, nata in unpaesino di nome Pedacenella provincia di Cosen-za, aveva scelto di diven-tare religiosa guanellianada molto giovane, se-guendo le orme della suacugina suor Franca.Aveva fatto il corso d’in-fermiera generica e intutte le case dove ha svol-to il proprio servizio sem-pre le sono state affidatepersone anziane.Lei diceva con orgoglio,quando ormai era a ripo-so, che aveva trascorsoquasi 60 anni della vitainsieme alle malate. Le

piaceva molto l’aspettosanitario del lavoro e lofaceva con competenza ededizione.Era molto semplice emolto cordiale. Sapevaascoltare e consigliare lepersone. Con alcune per-sone ha mantenuto rap-porti di amicizia per an-ni.Da quando si era frattu-rato il polso e poi il femo-re era a riposo e ha sem-pre saputo lasciarsi aiuta-re, accettando ogni cosacon docilità e umiltà.Amava la preghiera e dipreghiera viveva. RadioMaria e la corona del ro-sario erano le sue grandi«amiche» e poi godeva nelraccontare a tavola alleconsorelle le «belle trasmis-sioni» che aveva ascoltato.Ben voluta da tutti, sape-va ricambiare l’affettoche le veniva offerto.Ecco allora perché ho vo-luto proclamare le beati-tudini dal Vangelo diMatteo. In un momentodi tristezza come la mor-te, può sembrare, a pri-mo acchito, paradossalee forse anche offensivo.Eppure Paolo affermache la Parola di Dio deveessere proclamata anchea tempo inopportuno.Parlare di felicità quandoc’è tristezza, e di mitezzaquando si subisce la mor-te, non è fuori posto, néoffensivo. È operare al vi-vo nella realtà del mon-do, come quando il bistu-ri del chirurgo estrae iltumore maligno. (...)Suor Carmela ci ha lasciati,ma ha misteriosamente rag-giunto la beatitudine deimiti, la beatitudine di chimette in Dio il proprio ap-poggio e la propria fiducia.

Noi preghiamo Dio di rea-lizzare per suor Carmela lasua promessa, e di intro-durla nella terra dei viventiin cui tutto è serenità, pacee gioia. Glielo chiediamoin nome del battesimo peril quale suor Carmela fuidentificata a Colui che havinto la morte. Questa iden-tificazione non è pura fin-zione né semplice spro -loquio, ma realtà di fede.Gesù parla al presente.(...)Di essi è il regno dei cieli.Questo regno dei cieli nonè ancora il cielo, la vitafutura; è l’appartenenza alregno di Gesù Cristo checomincia quaggiù median-te la fede e la vita secondoil Vangelo.Quando incontravo suorCarmela, a me sembravache lei già vivesse la di-mensione del cielo, e lofaceva con la sua parolabuona, con il suo sorriso,con quella carica di otti-mismo che ti faceva guar-dare oltre il momentopresente. Del resto Gesùrivela a quanti lo voglio-no seguire che questo re-gno è già alla loro porta-ta. Non è questa una lietanotizia e, per i poveri inspirito, un efficace moti-vo di conforto?Ma la più grande dellepromesse fatte da Gesù èquella riservata ai puri dicuore: essi vedranno Diofaccia a faccia, sarannoassolutamente colmatidalla visione, si potrebbedire altrettanto bene, dalcontatto della sua bellez-za, del suo amore, dellasua infinita felicità.Forse, adesso che ci halasciati, possiamo capiredi più il volto di suor Car-mela che, nel servire i po-

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Nata a Como il 9 luglio 1927.Si è consacrata al Signore tra

le Figlie di S. Maria della Provvidenza il 5 gennaio 1960.

Ha svolto la sua attivitànelle Scuoledell’Infanziadi Piazza S. Stefano,Lora, Olgiate Comasco e nelle Case di Roma

«S. Giuseppe Ricovero»,Nuova Olonio, Barzio,

Berbenno, Como «S. Marcellina».

È deceduta all’ospedaledi Valduce (Como) il 6 dicembre 2014.

In attesa della risurrezione, riposa nel cimitero di Albese (Como).

ca, e arriva a svolgere perdiversi anni il ruolo di di-rigente propagandista. Inquesto ruolo di anima-zione, viene a contattocon la realtà della mis-sione caritativa guanel-liana e ne rimane attrat-ta.Appena libera dagli im-pegni di cura della suamadre adottiva, che tan-to amore ha ricevuto dalei, decide di entrare nel-la Congregazione Gua-nelliana delle FSMP, an-che se un po’ avanti neglianni. Compiuto il suo pe-riodo di prova, emette laProfessione religiosa il 5gennaio del 1960: aveva33 anni. Da allora iniziala sua avventura nel-l’esercizio delle opere dimisericordia. Nel dise-gno di Dio suor Antoniadoveva operare in lungoe in largo nelle diverserealtà della missioneguanelliana. Inizia il suoservizio nella scuola d’in-fanzia di Piana S. Stefa-no e di Lora nella zonadi Como. Passa poi nelleopere per anziani Olgia-te, Barzio, Berbenno.Opera per diversi annianche nelle opere deiconfratelli Servi della Carità, al Seminario teo-logico internazionaleMons. Bacciarini a Ro-ma, al ricovero S. Giu-seppe e a Nuova Olonio.L’ultima sua tappa è statanella Casa Santa Marcel-lina a Como, accanto alSantuario Sacro Cuore eai nostri Santi, san LuigiGuanella e beata ChiaraBosatta. Si è spenta al-l’Ospedale Valduce il 6dicembre 2014, all’età di87 anni, e ora riposa inattesa di Risurrezionenel cimitero di Albese.I maestri di spirito dico-no che la santità nonconsiste nel fare moltecose o farne di grandi,ma nel fare ciò che Diochiede ogni giorno e ac-

tutto ne beneficiavano leospiti e quanti avevano lapossibilità di contattarla.Trovava sempre le parolegiuste al momento giu-sto. Ne ho fatta anch’iol’esperienza in un mo-mento di travaglio. Le pa-role di suor Carmela e isuoi consigli mi solleva-rono e diedero pace almio cuore. Non trovo pa-role per ringraziarla, pre-gherò per lei. Si unisconoal mio ringraziamento ealle mie preghiere i Coo-peratori Guanelliani diBelgioioso e quanti l’hanno conosciuta. Halasciato nella comunitàun modello da imitare.Grazie, suor Carmela!Da lassù, interceda pertutti noi presso Gesù eMaria.

Maria Marino

veri, ha sempre fatto in-travvedere un cuore pu-ro, un cuore bello.Ora suor Carmela ha var-cato la frontiera di questavita donata totalmente aDio nel servizio silenzio-so e gioioso ai fratelli piùpoveri.Se ciò deve già placare lanostra sofferenza facen-doci sperare e implorarela felicità – la beatitudine– per colei la cui partenzaci affligge, deve anche es-sere di conforto per noistessi, che seguiamo ilmedesimo cammino.Suor Carmela ci invita acogliere in tutti i momen-ti della nostra vita la bel-lezza delle beatitudiniche il Signore ci donacontinuamente.Spetta a noi dire quel -l’«eccomi» che suor Car-mela ha detto tante voltee con tanta generositànelle varie tappe della suavita.

Mons. Piergiorgio Sanson

v v v

Sono una Cooperatriceguanelliana, ex dipendentedella Casa S. Giuseppe diBelgioioso, dove ho pre-stato il mio umile servizioper ben 34 anni. Una carapersona mi ha avvertitodella morte di suor Car-mela Marano. Quanto di-spiacere nell’apprendere lanotizia! Desidero dedicarlequesto scritto.Ho avuto il piacere di co-noscere suor Carmelapresso la Casa S. Giusep-pe di Belgioioso, dove erastata inviata dalle supe-riore per il servizio di in-fermiera generica. L’hovista arrivare: un corpocosì esile e delicato, maun cuore grande come ilmare. Eseguiva il suo ser-vizio-missione con pro-fessionalità e con gran-dissima umanità, soprat-

SuorANTONIAMANERA

Un messaggio per noi

Suor Antonia nasce nellacittà di Como il 9 lugliodel 1927, ma trascorre lasua infanzia e adolescen-za in un paesello del lagodi Como. Partecipa convivacità ed entusiasmoalla vita della Comunitàparrocchiale, percorre ilsuo cammino di fede trale file dell’Azione Cattoli-

Ricordiamo alle vostrepreghiere i familiaridelle nostre Consorelle:

◆ Sig.ra Antonietta,sorella di suor Iolanda Colozzo.

◆ Sig. Petre, padre disuor Maricica Tamas.

◆ Sig. Franco, fratellodi suor GiuliettaLuppi.

◆ Sig.ra AnnunziataLeporale, zia di suorMargherita Cito.

◆ Sig. Luigi, cuginodi suor Maria Simeone.

◆ Sig.ra Gabriela,mamma di suor Miguelina Jara.

◆ Sig. Eddis, cugino disuor Isidora Favre.

◆ Sig.ra Maria, sorel la di suor Teresa Marra.

Alle nostre Consorellee a tutti i familiari deicari defunti giunga lavoce del nostro affettoe la solidarietà dellanostra preghiera.

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La Voce • n. 2 - marzo-aprile 2015 93

quentò la Loyola Universi-ty per conseguire i suoiBachelors of Science eMaster in Education. Altriincarichi li ha eseguiti inSanta Maria della Provvi-denza di Elverson, Pen-nsylvania; Nostra Signoradella Provvidenza di Nor-thville, Michigan; DonGuanella di Springfield,Pennsylvania; St. LouisCenter a Chelsea, Michi-gan e presso l’ospedaleSan Bernardo in Milbank,Sud Dakota. Il 3 agosto1996, suor Gertrude si riti-rò a Regina della Pace, La-ke Zurich, Illinois.Tutti ricordiamo suor Ger-trude come una suoramolto intelligente, signori-le e molto attiva. Lei erasempre felice, anche neisuoi ultimi anni. Anche senella tarda età rivelava unpo’ di confusione mentale,le relazioni con lei eranogradevoli perché il suocuore era nella pace.Si dice che «un insegnanteresta sempre un maestro».Questo detto calza a pen-nello per suor Gertrude.Nei suoi giorni a Reginadella Pace, aveva semprepresenti i suoi alunni, cheavrebbe desiderato educa-re e istruire continuamen-te.Aveva alcune sue espres-sioni così personali che re-steranno indimenticabili,come ad esempio quellache disse all’infermiera ne-gli ultimi suoi giorni: «Hodavvero bisogno di rega-larti un po’ delle mie mi -serie».È sopravvissuta a suorGertrude una sorella, Ha-zel, di 95 anni, che si trovain una casa di cura nelloStato di Washington; re-stano della sua numerosafamiglia tanti nipoti e tan-tissimi cugini.Suor Gertrude è morta se-renamente il 20 gennaio2015 al «Regina della PaceRetirement Center», LakeZurich, Illinois. n

Un messaggio per noi

Suor Gertrude Erne è natada Giuseppe e JosephineTillemans il 15 marzo1915, in Marsh Grove,Minnesota. Era la terza didodici figli.La famiglia viveva in Erne

Milbank, South Dakota,allo scopo di poter far fre-quentare ai figli la scuolacattolica delle Suore dellaPresentazione. Una dellesue sorelle, Louise, è dive-nuta religiosa di questaCongregazione.In quel periodo, noi Figliedi S. Maria della Provvi-denza stavamo appenainiziando la nostra missio-ne nella Comunità di Mil-bank, all’ospedale SanBernardo. I giovani dellafamiglia Erne venivano danoi come volontari.La gentilezza delle suoreconquistò i membri dellafamiglia Erne, le vocazioniiniziarono a fiorire; nonpassò molto tempo infattiche la figlia maggiore,Frances, chiese di aderirealla nostra Congregazionereligiosa. Quando Francesfece il suo ingresso in po-stulandato a Chicago, inquell’occasione, ancheGertrude fu presa dalla vi-ta delle suore guanellianee manifestò il desiderio dientrare in postulandato,ma era troppo giovane –aveva solo tredici anni! –per un passo simile. Si fer-mò presso la Casa comeaspirante e a Chicago ter-minò i suoi studi fino alcompimento delle scuolesuperiori. È poi entrata inpostulandato il 12 settem-bre 1932, fu ricevuta innoviziato il 21 giugno1933, e fece la sua primaProfessione religiosa, con-sacrandosi al Signore trale Figlie di S. Maria dellaProvvidenza, il 14 agosto1935. Ha emesso la Pro-fessione perpetua il 14agosto 1940. Suor Gertru-de ha servito la Congrega-zione come insegnante inSt. John Bosco School(1936-1938), presso l’ala«vecchia» S. Rosa (1938-1943); in Santa Maria del-la Provvidenza Chicago(1943-1945); all’Addolora-ta (1945-1960). Durante leestati di questi anni fre-

coglierle con pazienza eamore. Suor Antonia nelcorso della sua vita si èimpegnata a vivere così ilsuo quotidiano. Pur neilimiti umani presenti inogni creatura, lei ha sa-puto operare in semplici-tà e gioia nelle realtà va-rie nelle quali è statachiamata ad esercitare ilministero della carità.Aperta all’accoglienzadelle persone, attenta al-le loro necessità, premu-rosa nel servizio, ha mes-so così a buon frutto tut-te le sue energie e dotipersonali.Cara suor Antonia, gra-zie per la tua bella testi-monianza di vita consa-crata guanelliana. Oradal Cielo continua ad in-tercedere da Dio graziespeciali per il nostrocammino incontro al Si-gnore, il dono di nuovevocazioni per la Chiesa eper la nostra famiglia re-ligiosa.Grazie,

le tue consorelle

v v v

Partecipo al dolore dellaCongregazione per lamorte di suor AntoniaManera. L’avevo incon-trata dopo tanti anni ne-gli Esercizi spirituali diAlbese di quest’anno e in-sieme abbiamo ricordatoi preziosi e gioiosi annivissuti insieme nel semi-nario teologico di Roma.Quanta collaborazione ededizione abbiamo potu-to leggere in lei in queglianni| Pregherò con affet-to e gratitudine per lei.Offro la Santa Messa inquesto giorno della Im-macolata in suo suffragioe perché continui sempretra noi questa relazionedi fraternità e di collabo-razione. Condoglianze.

Don Umberto Brugnoni sdc

Nata aMarsh Grove,

Minnesota, USA il 15 marzo 1915.Si è consacrata al Signore fra le Figlie di S. Maria della Provvidenza

il 14 agosto del 1935.Ha svolto

la sua attivitànelle Case di Chicago«St John Bosco», St Rose, St Mary’s, St M. Addolorata,

Elverson, Northville,Springfield,

Milbank, Lake Zurich «Queen Peace»,

dove poi è deceduta il 20 gennaio 2015.

In attesa della risurrezione,riposa nel cimitero di Mount St Joseph,

Lake Zurich,Ill. USA.

SuorGERTRUDE

ERNE

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Prega per noi, per la no-stra Congregazione, per laChiesa. Con affetto,

la tua comunità

v v v

In questa Celebrazione,condividiamo con affettoil disagio della famiglia disangue e di quella delle Fi-glie di S. Maria della Prov-videnza per la morte disuor Franchina Marchese.Mentre accompagniamocon la preghiera la suaanima sino al Paradiso,percorriamo una strada il-luminata dal grande amo-re dello Sposo divino:«Egli mi ha scelta e mi hafatto dono della povertà...Tutto è tuo, Signore, per-ché tutto tu sei... non hobisogno di nulla perchésposata a te, tu provveditutto: tu sei la Provviden-za... e allora, libera dalleangustie e dalle preoccu-pazioni della ricchezza,mi sono fidata di te (Beatii poveri in spirito) e tu mihai resa beata.Tu mi hai chiamata perdarmi il dono dell’obbe-dienza ed io, lasciandomisedurre, mi sono abban-donata in te... Tu hai deci-so ogni cosa ed io ho se-guito i tuoi insegnamentianche quando non capivo.Mi sono abbandonata a teche mi illuminavi ancheattraverso la voce dei mieisuperiori e... mi hai resolibera, beata... (Beati i mi-ti...), perciò ti appartengo.Poi mi hai chiesto tuttonella consacrazione vergi-nale, e nell’offerta dellacroce, mi sono data a te eTu mi hai reso libera, bea-ta... (Beati i puri di cuo-re). E mi sono accorta chegiorno dopo giorno mirendevi madre... di tutti ibimbi che ho incontratonella Congregazione didon Guanella e questamaternità me l’hai conces-sa perché mi ami...Tutti questi doni me li hai

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Un messaggio per noi

Suor Franchina,il Signore ti ha voluto ac-canto a Lui accompagna-ta dalla Mamma Celeste.Difatti sei tornata alla Ca-sa del Padre nella nottetra l’11 febbraio, in cui sicelebra la Madonna diLourdes, e il 12, giorno difesta per Cosenza che hacome Patrona «la Ma -donna del Pilerio». Siamosicure che lei, Maria, tiha preso per mano e tiha condotto nella gioiaeterna.Hai vissuto la tua dona-zione al Signore in cuci-na, in modo particolarenegli asili, dove hai prepa-rato il cibo per tante per-sone e... tanti bimbi, chehai amato dal profondodel cuore.Durante la tua lunga ma-lattia, sebbene inconsape-vole, spesso ripetevi: «De-vo andare a preparare, ègià ora!».Questo manifestava l’a -mo re che provavi per loroe tutte le premure chemettevi per rendere piace-vole e soddisfacente il mo-mento del pranzo, sempreattenta ai bisogni di cia-scuno. Ora sei tu che par-tecipi al banchetto eterno.

Nata aCamposampiero

(Padova) il 12 maggio 1924.Si è consacrata

al Signore tra le Figlie di S. Maria

della Provvidenza il 21 giugno 1054.

Ha svolto la sua attivitànelle Case

di Belgioioso,Como-Lora «S. Maria» e Como «S. Cuore»,Berbenno, Gozzano,

Cordignano, Albese S. Chiara.

Nel 2009 si è ammalataed è rimasta ad Albese.

È decedutaall’ospedale di Erba

(Como) il 9 febbraio 2015.

In attesa della risurrezione,riposa nel cimitero di Albese (Como).

Nata aRende (Cosenza)

il 19 settembre 1932.Si è consacrata

al Signore tra le Figlie di S. Maria

della Provvidenza il 5 gennaio 1957.

Proprio il giorno primadella Madonna di Lour-des, la Madonna ti ha pre-sa fra le sue braccia, perportarti nel Paradiso.Grazie, suor Angela, pertutto il bene che haisvolto a Cordignano e aComo, nei guardarobadei sacerdoti. Poi sei ve-nuta a Santa Chiara giàammalata: finché la sa-lute ti ha permesso haisvolto il tuo lavoro in re-fettorio e in guardaroba.Sebbene mostrassi untemperamento forte, iltuo cuore era grande: seuna consorella stava po-co bene il tuo interes -samento e la promessaerano sempre forti.Suor Angela, il Signoreti accolga nella pace delParadiso. Nelle suore diSanta Chiara il tuo ri -cordo rimarrà vivo nelcuore. La Comunità

di Albese

Ha svolto la sua attivitànelle Case di Lipomo,

Cosenza, Roma S. Maria,

Roma S. Giuseppe,Cosenza,

Cupramarittima, Roma S. Maria,

Laureana di Borrello,Lago, Castiglione

Cosentino, Cosenza.È deceduta

nella Casa DivinaProvvidenza di Cosenza il 12 febbraio 2015.

In attesa della risurrezione,riposa nel cimitero

di Cosenza.

SuorFRANCHINAMARCHESE

SuorANGELA GINACAPPELLETTO

Un messaggio per noi

Cara suor Angela, noi,qui tutte della Casa San-ta Chiara, siamo rimasteun po’ sorprese per latua dipartita inaspettata.La tua lampada era ac-cesa perché il tuo Sposoti ha chiamata.

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concessi in un corpo fragi-le, quasi come se mi avessi“generato in catene”, pri-gioniera di un corpo mala-to. Ora sono qui dinanzi ate, liberami ancora e fam-mi beata. Amen».

Il tuo Cappellano

di suor Maria, in partico-lare.In quegli anni nascevaCorrado, il primo deimiei 3 figli. La vitalità, ditono molto vivace, eraun tutt’uno con il fare el’esprimersi del mio pic-cino. Suor Maria, di ca-rattere sereno e riserva-to, intimamente gioioso,lo intratteneva con gio-chi, contenendone leesuberanze.In quell’epoca insegnavoed ero dedito, con ritmointenso, agli studi chechiamano a raccolta le ri-flessioni sulle dinamichesocio-comportamentali,ordinando quadri di pe-dagogia che osserva coninsistenza la linea marcatadei valori, distesi sull’oriz-zonte esistenziale.Quanta capacità, in suorMaria, di saper compor-re e proporre modellieducativi di sicura effica-cia. Essi puntano all’es-senziale, prediligono lasobrietà, discreta e pen-sosa, si affidano alla gio-ia dell’esistere, intreccia-no relazioni vissute neldiscernimento dei valoriche albergano negli altri,sapendoli riconoscere,volendoli rispettare. Èevidente una saggezzache alimenta azioni divera forza formativa.Il tempo ha diradato lafrequentazione delle suo-re guanelliane, impegna-te in altri luoghi di mis-sione, ma l’affetto e lastima per loro non si so-no mai assopiti. Rivedoil tuo sorriso, suor Ma-ria, e mi dà pace e mi dàsostegno. Conoscono iltuo sorriso, suora, tutti etre i miei figli, per comeglielo abbiamo racconta-to io e mia moglie e percome è piena confermain Belvedere tutta, dovesi trattengono gelosa-mente i tesori ricevuti.Grazie,

Lillino Biondo

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Nata aDonnici Inferiore

(Cosenza) il 3 marzo 1921.Si è consacrata

al Signore tra le Figlie di Santa Maria della

Provvidenza il 21 giugno 1943.

Ha svolto la sua attivitànelle Scuole

dell’Infanzia di S. Bellino, Fratta

Polesine, Camnago,Rende, S. Vincenzo La Costa, Pedace,

Marina di Belvedere,Lago; e nella Casadi Cosenza, dove è

rimasta fino a quando nel 2008 si è ammalata.È deceduta in CasaDivina Provvidenza

di Cosenza il 21 febbraio 2015.

In attesa della risurrezione,riposa nel cimitero

di Cosenza.

SignoraPIERA BUTTI

Una testimonianzadi grande fede

Giovedì 22 gennaio 2015,alle ore 10.30, si sonosvolti, nella chiesa parroc-chiale di Olgiate Comasco(Como), i funerali di Pie-ra Butti, sorella di suorMarina Butti, già missio-naria e attualmente supe-riora della Casa S. Giu-seppe di Belgioioso.Avevo avuto occasione diconoscere la signora Pierae, da quel breve incontro,avevo tratto l’impressionedi trovarmi di fronte aduna persona ricca di virtùumane e cristiane. L’ome-lia del nipote sacerdote,durante i funerali, ha ri-velato alcuni tratti dellasua figura, che in tantihanno mostrato di ap-prezzare, ed ha reso notoun fatto singolare: la si-gnora Piera teneva rego-larmente un diario in cuiannotava le vicende e leriflessioni delle sue gior-nate e della sua famiglia.Riportiamo qui di seguitole parole di don RossanoQuercini:

«Cara zia Piera,quante volte hai pregatocon l’Ave Maria e haichiesto, con fede, di esse-

SuorMARIA

BORRELLI

Un messaggio per noi

La dipartita di suor Ma-ria Borrelli muove il miocuore ad un forte racco-glimento, mentre si de-stano ricordi mai tra-montati.Marina di Belvedere Ma-rittimo, nell’arco deglianni ’80, ha goduto delprivilegio della presenzadelle suore guanelliane...mi riferisco in particola-re a: suor Maria Scala,che ha raggiunto, da piùtempo, la patria celeste;a suor Maria Borrelli; asuor Rosetta Piccolo.Esse si sono collocate,nella nostra cittadina tir-renica, parlando con unavoce propria, non discor-dante, bensì in sintoniacon le altre voci della vi-ta parrocchiale.Hanno decisamente inci-so i gesti delle Suore,profusi con operosa at-tenzione ai bisogni, spes-so nascosti, che la lorosensibilità sapeva scor-gere nel contesto am-bientale ed a cui hannointeso corrispondere conoculata ed efficace misu-ra. Al centro di tuttoDIO, intorno a cui si co-stituivano momenti ri-correnti e intensi di pre-ghiera... ne ero parte an-ch’io e sentivo salire glieffetti di crescita, risulta-ti poi decisivi, sul pianomorale e religioso.Ogni suora sapeva re -galare un suo sorriso,che spronava a vivere laquotidianità, accoglien-dosi nella propria realtà,riconoscendo ed incre-mentando i doni che lamano generosa di Diodeposita nella mentee nel cuore di ognuno.Non trovo le parole peresprimere la gratitudine,mia personale e dellamia famiglia, verso lesuore di don Guanella e

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re pronta nell’ora dellamorte... Non so se questaora era come la volevi el’immaginavi.La tua serenità, la tuasconfinata fiducia nel Si-gnore e nella VergineMaria e nella volontà diDio mi fanno sussurrareche a te è andata benecosì. Ora sei dove contutta le tue forze e in tut-ta la tua vita hai sempreguardato e ci hai semprefatto guardare, indican-doci la strada...Sono le parole che abbia-mo ascoltato nella secondalettera di San Paolo apo-stolo ai Corinti che oggici aiuta a pregare, a ricor-dare, a guardare alla vita,alla tua vita e alla nostra...“Fratelli, siamo convintiche colui che ha risusci-tato il Signore Gesù, ri-susciterà anche noi conGesù e ci porrà accanto alui insieme con voi”.Noi oggi diciamo: “Si-gnore, aumenta la nostrafede”.Con te crediamo convin-ti, come lo eri tu e comesempre ci hai fatto vede-re, che la vita eterna è ve-ra, è per noi, che il Signo-re Gesù è risorto e che ciporrà, risorti, con lui econ tutti nella sua vitaeterna, nella sua dimoraeterna, in quell’abitazio-ne preparata non da ma-ni di uomo ma da Dio.Tu con grande fede haisempre guardato alla vi-ta, alla storia, ai fatti del-la tua vita, della tua e no-stra famiglia, della tuaparrocchia, della Chiesae del mondo con occhi difede, occhi di Dio.Continua san Paolo:“Non ci scoraggiamo, mase anche il nostro uomoesteriore si va disfacen-do, quello interiore si rin-nova di giorno in giorno”.Tu hai cercato sempre divivere così, non lascian-do spazio allo scoraggia-mento, alla sfiducia ma

facendo prevalere sem-pre, a volte anche in mo-do molto forte e radicale,la fiducia nella provvi-denza di Dio, la fede nel-la sua presenza e l’amorealla sua volontà.Lui sa quale è il mio bene: questo ci hai fattocapire fino all’ultimogiorno in cui sei riuscitaa parlare, prima chel’ischemia ti portassesempre più in un comairreversibile.Le parole di Paolo ci in-dicano di guardare nonall’apparenza ma all’inte-riorità, a ciò che è den-tro, è intimo, è prezioso eche ha la capacità di rin-novarci di giorno in gior-no, cioè di farci uomininuovi ogni giorno sem-pre di più.Tu ci hai lasciato unblock notes dove ad uncerto punto hai iniziato ascrivere alcuni pensierisulla vita, su ciò che ac-cadeva... Li custodiamogelosamente come parolepreziose, come un testa-mento che con la tua vitaci hai consegnato.Ma le cose preziose, purcustodendole, possonoessere un dono per gli al-tri e allora leggo qualcheriga: “Gesù, ti ringrazioper la vita, aiutami, sevuoi, a comunicare alprossimo come è diversala vita insieme a te. Tiringrazio per la tua pre-senza interiore in me. Tusai quanta è la fiduciache ho in te, illimitata...”.E con questa fiducia, ziaPiera, sei stata vicino anoi e a tante persone.Tu ci hai sempre incorag-giati a credere che “il mo-mentaneo, leggero peso del-la nostra tribolazione ciprocura una quantità smi-surata ed eterna di gloria”.Con la tua vita, semplice,umile, determinata, co-raggiosa e, finché hai po-tuto, libera e indipenden-te, hai mostrato che la

prova, la croce, il dolore(che fa paura – come cidicevi sempre –, sorpren-de, sconvolge) non è tut-to..., è sì tribolazione, macon fede – dicevi – ... èmomentaneo, è leggero...Chiediamo al Signore diguardare oltre, lontano.Chiediamo al Signore, di-cevi e ci ricordavi, diguardare con fede, quasia dire “Non fissiamo losguardo sulle cose visibi-li, ma su quelle invisibi-li”, convinta e convintiche le cose visibili sonod’un momento, quelle in-visibili sono eterne.A te interessavano sem-pre le cose eterne, losguardo sull’eternità, lavita piena, la vita di Dio eci hai sempre stimolati eaiutati a vivere la vitaogni giorno, in ogni si-tuazione, desiderando escegliendo con forza e fi-ducia la vera Vita, quellache Gesù ci ha donato emostrato nel suo amoretotale e gratuito.Leggo dai tuoi appunti:“Gesù, tu conosci profon-damente il mio poverocuore, che desidera di fa-re tante cose per esserevicina a chi soffre. Fa’che io possa fare tesorodi questa sofferenza percapire il prossimo. La vi-ta è aiutare soprattuttonelle cose anche piccole,nelle necessità quotidia-ne, senza lamentarsi enon facendo pesare...”.Grazie, Signore, per il do-no di zia Piera. Piena deltuo amore, ha cercato dimettersi a servizio delprossimo, del più picco-lo, come ci ricorda oggi ilvangelo di Matteo: “Per-ché io ho avuto fame e miavete dato da mangiare,ho avuto sete e mi avetedato da bere; ero forestie-ro e mi avete ospitato,nudo e mi avete vestito,malato e mi avete visita-to, carcerato e siete venu-ti a trovarmi. Ogni volta

che avete fatto queste co-se a uno solo di questimiei fratelli più piccoli,l’avete fatto a me”.È la parola che ha segna-to la tua vita, cara ziaPiera, e che ti ha datoforza e speranza e cheora è per tutti noi e perte consolazione...Tu hai cercato di dare damangiare e da bere a noituoi familiari e nipoti co-me pure a chi accoglievie accompagnavi e aiuta-vi, da sola o nel gruppodella San Vincenzo.Tu hai cercato – anche conil tuo lavoro e volontariatocome sarta – di vestire, dicucire vestiti, di metteretoppe ai pantaloni, cucirestrappi o fare modificheai vestiti di clienti comedi poveri, di persone cheavevano bisogno.Ora tu sei nell’amore eter-no di Dio, il tuo Signoreti tiene nel suo abbracciodi misericordia infinita.Insieme con la VergineMaria a te cara, ti stannocucendo il vestito più bello:un vestito di luce splen-dente, di una bellezza chenon ha mai fine e che nonsi deteriora più.E con questo vestito po-trai correre e danzare digioia piena come haisempre desiderato e so-gnato per te e che solo iltuo “limite” fisico te loha impedito... Quellamusica dolce che sentivinel cuore e che animavae motivava la tua vita, fa-cendo nascere amoregiorno dopo giorno comedono di lui e del suo im-menso amore, ora sia perte, come il tuo caro sanFrancesco diceva: “Per-fetta letizia e beatitudineeterna”. Così sia».

È sempre, davvero, un do-no del Signore poter in-contrare testimonianze dicosì grande fede!

Rosella Callegari

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La Congregazionedelle Figlie di S. Maria

della DivinaProvvidenza,

Opera femminileDon Guanella,si può aiutare in tanti modi:

con la preghieracon le offerte

col far conoscere l’Istituzione

a persone buonee benefiche

le quali possano cooperare

al bene che compie.

Come si può aiutarel’Opera Femminile Don Guanella

L’Istituto è ENTE GIURIDICO(R.D. 29 Luglio 1937, n. 1663, registrato alla Cortedei Conti il 21-9-1937 al Registro n. 389, foglio 88);

può quindi ricevere:DONAZIONI E LASCITI TESTAMENTARI

Per evitare possibili contestazioni si consiglia:

• Per le DONAZIONI di denaro o di beni mobili e immobili: rivolgersi direttamente alla Curia Generalizia della CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZA Piazza S. Pancrazio, 9 - 00152 ROMA Tel. 06.5882082 - Fax 06.5816392

• Per i TESTAMENTI: se trattasi di LEGATI si può usare la seguente formula:

«Lascio alla Congregazione delle Figlie di S. Mariadella Divina Provvidenza - Opere Femminili Don Luigi Guanella

a titolo di LEGATO, la somma di € ........................................ o l’immobile oppure gli immobili ............................................ siti in Via .........................................................................................................».

• Se si vuole nominare la Congregazione EREDE UNIVERSALE, scrivere: «Annullando ogni mia precedente disposizione, nomino mio erede universale la CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DI S. MARIA DELLA DIVINA PROVVIDENZA - OPERE FEMMINILI DON LUIGI GUANELLA».

N.B. Si consiglia che il testamento venga depositato presso un notaio di loro fiducia.

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