LA RIFORMA DELL’ART.111 COST-1999

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1 CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA LA RIFORMA DELL’ART. 111 DELLA COSTITUZIONE NEI SUOI RIFLESSI SUL SISTEMA PENALE INCONTRO DI STUDIO - ROMA, 6-8 SETTEMBRE 2001 LA TERZIETA’ DEL GIUDICE Relazione di Ignazio Patrone 1 1. “…. davanti a giudice terzo e imparziale”: un’operazione di manipolazione testuale Come risulta evidente dall’esame dei deludenti lavori preparatori, l’introduzione in Costituzione dei principi del “giusto processo”, attraverso la novellazione dell’art. 111, lungi dall’aver rappresentato l’occasione per una approfondita discussione sullo stato dei diversi sistemi processuali (civile, penale, amministrativo, tributario, contabile) n Italia, sulle garanzie da riconoscere alle parti in ciascuno di essi, al di là del formalismo e tenute in debito conto le loro differenti funzioni, e sul recupero di un minimo comun denominatore di effettività ed efficienza del processo. Il dibattito svoltosi in Parlamento è stato infatti frettoloso e di bassa qualità 2 , esso è stato dichiaratamente e volutamente appiattito sulla “volontà di reazione” del legislatore alle ritenute “invasioni di campo” della Corte costituzionale in materia di formazione e valutazione della prova nel processo penale; è stato assunto acriticamente, quale documento base, il non esaltante testo che era stato licenziato dalla abortita Commissione bicamerale per le riforme costituzionali e il Parlamento non ha infine considerato necessario alcun contributo della dottrina processualistica italiana. Nel corso del dibattito parlamentare, e prima ancora nelle Relazioni che hanno accompagnato i diversi d.d.l. di riforma costituzionale poi confluiti nella novella, l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali 3 è stato ampiamente citato quale fonte ispiratrice della legge, ma il riferimento a quel testo normativo è sempre stato fatto senza l’approfondimento critico, che pure sarebbe stato necessario, sulla portata delle diverse norme contenute in quella ed in altre disposizioni della Convenzione e sul “diritto vivente” formatosi in un quarantennio di giurisprudenza della 1 La presente relazione costituisce una rielaborazione, con i necessari adattamenti, dell’articolo pubblicato sul n. 2/2001 di Questione giustizia dal titolo L’imparzialità difficile: appunti sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. 2 P. Ferrua, Il processo penale dopo la riforma dell’art. 111 della Costituzione, in Questione giustizia, 2000, pag. 49, definisce gli enunciati dei primi due commi della norma novellata “regole confusamente affastellate, …… destinate a suscitare più che a risolvere problemi”. In senso fortemente critico riguardo alle modalità con le quali si è svolta la discussione in Parlamento v. anche M. Pivetti, Per un processo civile giusto e ragionevole, in Il nuovo art. 111 della Costituzione e il giusto processo civile, Atti del Convegno dell’Elba (9-10 giugno 2000), a cura di M.G. Civinini e C. Verardi, Milano 2001, pag. 55. In seguito, per brevità, il volume verrà citato come “Atti Elba”. 3 D’ora in poi, per brevità, citata nel testo come “ Convenzione”.

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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

LA RIFORMA DELL’ART. 111 DELLA COSTITUZIONE NEI SUOI RIFLESSI SUL SISTEMA

PENALE

INCONTRO DI STUDIO - ROMA, 6-8 SETTEMBRE 2001

LA TERZIETA’ DEL GIUDICE

Relazione di Ignazio Patrone 1 1. “…. davanti a giudice terzo e imparziale”: un’operazione di

manipolazione testuale Come risulta evidente dall’esame dei deludenti lavori preparatori,

l’introduzione in Costituzione dei principi del “giusto processo”, attraverso la novellazione dell’art. 111, lungi dall’aver rappresentato l’occasione per una approfondita discussione sullo stato dei diversi sistemi processuali (civile, penale, amministrativo, tributario, contabile) n Italia, sulle garanzie da riconoscere alle parti in ciascuno di essi, al di là del formalismo e tenute in debito conto le loro differenti funzioni, e sul recupero di un minimo comun denominatore di effettività ed efficienza del processo. Il dibattito svoltosi in Parlamento è stato infatti frettoloso e di bassa qualità 2, esso è stato dichiaratamente e volutamente appiattito sulla “volontà di reazione” del legislatore alle ritenute “invasioni di campo” della Corte costituzionale in materia di formazione e valutazione della prova nel processo penale; è stato assunto acriticamente, quale documento base, il non esaltante testo che era stato licenziato dalla abortita Commissione bicamerale per le riforme costituzionali e il Parlamento non ha infine considerato necessario alcun contributo della dottrina processualistica italiana.

Nel corso del dibattito parlamentare, e prima ancora nelle Relazioni

che hanno accompagnato i diversi d.d.l. di riforma costituzionale poi confluiti nella novella, l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali 3 è stato ampiamente citato quale fonte ispiratrice della legge, ma il riferimento a quel testo normativo è sempre stato fatto senza l’approfondimento critico, che pure sarebbe stato necessario, sulla portata delle diverse norme contenute in quella ed in altre disposizioni della Convenzione e sul “diritto vivente” formatosi in un quarantennio di giurisprudenza della

1 La presente relazione costituisce una rielaborazione, con i necessari adattamenti, dell’articolo

pubblicato sul n. 2/2001 di Questione giustizia dal titolo L’imparzialità difficile: appunti sulla

giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. 2 P. Ferrua, Il processo penale dopo la riforma dell’art. 111 della Costituzione, in Questione

giustizia, 2000, pag. 49, definisce gli enunciati dei primi due commi della norma novellata “regole

confusamente affastellate, …… destinate a suscitare più che a risolvere problemi”. In senso fortemente

critico riguardo alle modalità con le quali si è svolta la discussione in Parlamento v. anche M. Pivetti,

Per un processo civile giusto e ragionevole, in Il nuovo art. 111 della Costituzione e il giusto

processo civile, Atti del Convegno dell’Elba (9-10 giugno 2000), a cura di M.G. Civinini e C.

Verardi, Milano 2001, pag. 55. In seguito, per brevità, il volume verrà citato come “Atti Elba”. 3 D’ora in poi, per brevità, citata nel testo come “ Convenzione”.

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Corte europea dei diritti dell’uomo 4; le disposizioni dell’art. 6 sono state così decontestualizzate e si ha la sensazione che le frequenti citazioni de l testo della Convenzione siano state fatte allo scopo di dare una patente di necessità “europea” ad un’operazione che è stata in realtà dapprima voluta e quindi rapidamente perseguita in vista di esigenze squisitamente nazionali 5.

Alla sensazione di una non dichiarata e neppure troppo raffinata

manipolazione del testo dell’art. 6 della Convenzione non si sottrae certo l’endiadi “giudice terzo e imparziale” ora contenuta nel primo comma dell’art. 111, maldestra (o callida ? 6) trasposizione nel nostro testo costituzionale dell’espressione independent and impartial tribunal - tribunal indépendant et impartial, una disposizione che conferma un dato di comune esperienza sul quale non vi era mai stata alcuna discussione; e cioè che la giurisdizione, per essere qualificata tale e per essere credibile agli occhi del cittadino, deve essere esercitata da organi che non siano dipendenti da altri poteri, pubblici o privati, e nei quali operano persone fisiche che, sole o riunite in collegio, non abbiano né un interesse personale nella controversia, né una posizione, soggettiva o oggettiva, tale da giustificare il sospetto di un loro pre-giudizio 7. Tutte

4 Di seguito, in sintesi, “la Corte europea”. tutti i testi delle decisioni sono stati scaricati dal sito web

ufficiale - www.echr.coe.int/ - della Corte di Strasburgo; nelle note, ove disponibile, è stato usato

il testo in francese. 5 Sulla manipolazione dell’art. 6 della Convenzione, sia pure con riferimento all’analogo testo dell’art.

130 della proposta di revisione costituzionale della Commissione bicamerale, si vedano le acute

osservazioni di V. Grevi, Garanzie soggettive e garanzie oggettive nel processo penale secondo il

progetto di revisione costituzionale, in Riv. it. dir. proc. pen, 1998, pag. 736: “Di fronte alla

prospettiva di un puro e semplice ‘‘trapianto’’ nel tessuto della Costituzione di un complesso di

previsioni di garanzia così specifiche e dettagliate, quali sono quelle ricalcate sull’art. 6, terzo comma,

Conv. eur., non si possono sottacere diverse perplessità, soprattutto a causa del valore di assolutezza

che le medesime previsioni (estrapolate in modo meccanico dalla sede di provenienza, senza alcun

riguardo per gli equilibri interni dell’originario quadro convenzionale) verrebbero ad assumere una

volta trasfuse tout court nel testo costituzionale. Esse, infatti, finirebbero per tradursi in princìpi di

carattere assoluto, che dovrebbero valere come tali, in quanto caratterizzati da un notevole tasso di

rigidezza. Quindi, praticamente, senza possibilità di adattamento alle peculiarità delle diverse fasi e dei

diversi modelli processuali, e nel contempo senza possibilità di un ragionevole contemperamento con

altri valori (ad esempio quelli espressi attraverso la formula della “efficienza del processo”) meritevoli

di tutela anche a livello costituzionale, ma non riconducibili a previsioni altrettanto specifiche e

puntuali. Con il pericolo, dunque, di precostituire nel seno della Costituzione delle barriere rigide,

idonee a configurarsi come preclusive rispetto a soluzioni di mediazione tra opposte esigenze (di

garanzie individuali e, rispettivamente, di accertamento dei fatti) tipiche della sfera di discrezionalità

del legislatore processuale penale”. In termini analoghi v. anche M. Chiavario, Nelle carte europee

garanzie più equilibrate e un freno agli abusi, in Diritto & Giustizia, n. 1/2000, pag.5 e segg. Sia

consentito anche richiamare sul punto I. Patrone, Il nuovo art. 111 della Costituzione e la

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in Atti

Elba, cit., p. 153 segg. 6 L’operazione manipolatoria potrebbe infatti qui nascondere altri intendimenti, che poco hanno a che

fare col “giusto processo” e molto con le prospettiva di una futura riforma dell’ordinamento

giudiziario; attraverso l’introduzione (apparentemente pleonastica) della terzietà del giudice quale

attributo che si aggiunge all’imparzialità, si è forse voluto aprire la strada “costituzionale” ad una

possibile futura separazione delle carriere dei magistrati tra giudici e pubblici ministeri; sul punto, in

senso marcatamente critico, v. S. Chiarloni, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo civile, Relazione

introduttiva svolta dall’Autore al Convegno dell’Elba, Atti cit., pag. 13 segg. Negli stessi termini v.

anche P. Ferrua, Rischio di contraddizione sul neo-contraddittorio. Troppi dettagli nel “111”, in

Diritto & Giustizia, n. 1/2000, pag. 4, il quale parla di una “malizia dell’endiadi”. 7 Sullo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, ed. 2001, si legge: “Imparziale: Detto di chi

opera o giudica in modo obiettivo ed equanime, senza favorire nessuna delle parti: giudice, critico,

storico imparziale. Sinonimi. Giusto, equo, spassionato”.

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cose che, come vedremo, sono semplici da dire ma difficili da tradurre in norme operanti nei diversi sistemi processuali.

Il legislatore costituzionale, senza che negli atti parlamentari sia

possibile rinvenirne una qualche valida ragione, ha abbinato inscindibilmente la terzietà all’imparzialità (concetto molto simile al primo, se non coincidente con lo stesso 8), mentre non ha mostrato alcuna attenzione per l’indipendenza, attributo della giurisdizione anch’esso assente dal primitivo testo della Costituzione e che per questo motivo (già che si era deciso di utilizzare per la novella costituzionale l’art. 6 della Convenzione) avrebbe potuto a buon titolo essere espressamente inserito: omissione che non può essere considerata neutra e così passare sotto silenzio, nel contesto di una nozione enfatica e retorica di “giusto processo” quale quella adottata e che potrebbe lasciar intendere che possa esservi un “processo giusto” purché il giudice sia imparziale e terzo tra le parti anche se non indipendente, prescindendo cioè dai suoi rapporti con gli altri poteri dello Stato; è come sottolineare una giurisdizionalità dell’organo definita solo all’interno del processo e non nel quadro di un rinnovato disegno degli equilibri tra i poteri dello Stato. L’omissione appare infine particolarmente significativa (sia pure in negativo) dal momento che la disposizione sulla terzietà del giudice è tra quelle contenute nei primi due commi del nuovo art. 111 ed è così destinata non solo allo specifico campo del processo penale, come i commi successivi, ma a tutta l’attività giurisdizionale. In una situazione nella quale l’indipendenza dei componenti le giurisdizioni amministrativa, contabile e tributaria appare tutt’altro che garantita dalle possibili intromissioni del potere politico ed era stata oggetto di attenzione del Parlamento ai tempi della Commissione bicamerale, la previsione dell’indipendenza quale attributo generale di ogni attività giurisdizionale avrebbe potuto avere effetti (positivi) non marginali.

2. L’introduzione in costituzione del principio di terzietà e

imparzialità era davvero necessaria ? L’intenzione dichiarata a tutte lettera dei proponenti e dai Relatori era

dunque quella di portare chiarezza, efficienza e maggiori garanzie nel processo italiano mediante l’innesto nel tessuto dello stesso – ritenuto evidentemente carente - di istituti e discipline di derivazione sovranazionale, e segnatamente europea; tali istituti e discipline sono stati assunti come: (a) esistenti e facilmente individuabili nel loro contenuto normativo; (b) vincolanti per l’Italia in virtù di trattati e di accordi vigenti, che avrebbero addirittura “imposto” la modifica del testo della Costituzione; (c) tali da consentire di risolvere difficoltà ed aporie derivanti da una presunta insufficienza delle garanzie processuali

8 V. ampiamente sul punto R. Sabato, L’imparzialità del giudice civile alla luce della

giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Atti Elba, cit., pag. 167; in particolare

sub nota (1).Per la verità la Corte costituzionale, nella motivazione della sentenza n. 131 del 1996,

pres. Ferri, est. Zagrebelsky, è parsa avvalorare l’idea che l’imparzialità sia solo uno degli aspetti della

terzietà: si veda il punto 3.1 del Considerato in diritto: “Il "giusto processo" - formula in cui si

compendiano i principi che la Costituzione detta in ordine tanto ai caratteri della giurisdizione, sotto

il profilo soggettivo e oggettivo, quanto ai diritti di azione e difesa in giudizio - comprende

l'esigenza di imparzialita' del giudice: imparzialita' che non e' che un aspetto di quel carattere di

"terzieta'" che connota nell'essenziale tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del

giudice, distinguendola da quella di tutti gli altri soggetti pubblici, e condiziona l'effettivita' del diritto

di azione e di difesa in giudizio. Le norme sulla incompatibilita' del giudice sono funzionali al

principio di imparzialita'-terzieta' della giurisdizione e cio' ne chiarisce il rilievo costituzionale.”

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previste dalla Costituzione e dall’interpretazione alle stesse data dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.

Orbene possiamo dire che proprio sul terreno della “imparzialità e

terzietà” del giudice la revisione costituzionale così rapidamente approvata dal Parlamento è tale da suscitare nell’interprete i più ampi dubbi circa la sua reale utilità, al di là delle contingenti motivazioni ideologiche che l’hanno ispirata e che sono da ricercare nella risalente polemica sulla presunta contiguità dei giudici ai PM e su asseriti atteggiamenti di loro acquiescenza alle loro richieste e segnatamente a quelle cautelari.

Ciò va detto, anzitutto, in ordine alla necessità di inserire una disposizione di tal fatta nel testo della carta fondamentale, dal momento che proprio la questione dell’imparzialità del giudice era, e da tempo, una delle più arate dalla giurisprudenza costituzionale e che la Corte aveva ripetutamente affermato trattarsi di un principio costituzionale già pienamente vigente perché ricavabile dalle norme già vigenti sulla giurisdizione e dal principio di eguaglianza, non bisognevole perciò di ulteriore esplicitazione 9: anzi, se un principio costituzionale di derivazione giurisprudenziale si era dimostrato, nei fatti, “ingombrante”, esso era proprio quello dell’imparzialità del giudice (in specie di quello penale), tanto che nessuna norma del codice del 1989 aveva ed ha subito tante pronunce di illegittimità costituzionale quanto l’art. 34 e nessuna vicenda giurisprudenziale ha provocato tanti sconquassi nell’organizzazione giudiziaria 10 durante l’intera storia repubblicana.

Paradossalmente al momento della riforma costituzionale la lunga stagione delle pronunce di illegittimità costituzionale dell’art. 34 cod.proc.pen. sembrava stesse volgendo al termine, un po’ perché “consumatasi” per effetto delle stesse sentenze della Corte (che ormai avevano vagliato in dettaglio una casistica molto dettagliata), un po’ perché l’introduzione del riesame distrettuale e (soprattutto) l’unificazione degli uffici di primo grado stavano avendo gli effetti voluti sul piano dell’organizzazione degli uffici nel senso di evitare, con la creazione della “filiera” cautelare e la automatica creazione di organici più ampi anche in tribunali di dimensione medio -piccola, l’emergere di problemi nella formazione dei collegi e nell’assegnazione dei processi.

Che si tratti di una esperienza in qualche modo in via di esaurimento è dimostrato dal pur lento rarefarsi delle ordinanze di rimessione e dei provvedimenti della Corte 11, pur dopo la modifica dell’art. 111, e dalla sentenza n. 283 del 2000 della Corte, che ha quasi “chiuso il cerchio”

9 Si veda in particolare la sent. n. 131 del 1996, cit. supra, nota 8. Il passo della motivazione trova

peraltro diretto riscontro in numerosissime altre pronunzie della Corte di questi anni. 10

Dal 1990 al 31 dicembre 2000 la Corte risulta essere intervenuta ben 106 volte (tra sentenze ed

ordinanze) sull’art. 34 cod. proc. pen., mentre 5 sono i provvedimenti riguardanti l’art. 36 e 12 quelli

che hanno esaminato l’art. 37. A sua volta il legislatore ha riformulato la disposizione in numerose

occasioni. Gli interventi della Corte in tema di incompatibilità del giudice penale sono stati motivo non

ultimo della riforma del giudice unico di cui al d. lgs. N. 51 del 1998 e prima ancora hanno quasi

“obbligato” il legislatore, al fine di impedire la paralisi dei processi, ad introdurre la competenza

distrettuale per il riesame dei provvedimenti cautelari e gli appelli sui provvedimenti del Gip. La

letteratura sulle sentenze della Corte in questa materia è smisurata; basti qui riassuntivamente

richiamare due recenti e documentate relazioni svolte in questi incontri di studio organizzati dal CSM

e segnatamente: P.P. Rivello, Incompatibilità, astensione e ricusazione nel processo penale:

delimitazione delle fattispecie; nuove norme in tema di giudice unico; effetti processuali derivanti

dalla violazione della disciplina, relazione svolta il 2 marzo 1999, pubblicata con integrazioni su

Riv. It. Dir. Proc. Pen., 1999, 1359; e V. Rotundo, La terzietà del giudice penale: incompatibilità,

astensione e ricusazione, relazione svolta il 20 ottobre 2000, a quanto consta sino ad oggi inedita. 11

Negli anni 2000 e 2001 (da gennaio a luglio) si contano “solo” 13 sentenze ed ordinanze

riguardanti la materia, a fronte delle almeno 37 del biennio 1998/99.

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della propria precedente giurisprudenza in materia, attribuendo alle parti il potere di chiedere la ricusazione del giudice che abbia già “legittimamente” manifestato la propria opinione in un procedimento penale “diverso” ma avente ad oggetto i medesimi fatti 12; quasi una “ultima Thule” del giudice imparziale, al di là della quale si potrebbero collocare, forse, solo i casi del giudice che abbia già manifestato la propria opinione - magari intervenendo in convegni o scrivendo articoli su riviste giuridiche - su questioni di diritto, sostanziale o processuale, analoghe a quelle che deve affrontare nel giudizio di cui si tratta, o che abbia delle opinioni derivanti da manifestazioni del pensiero, o che abbia già comunque giudicato lo stesso imputato, sia pure per fatti diversi 13.

Riguardo invece ad un presunto “obbligo europeo” da adempiere, cui

sarebbe seguita, per effetto immediato, una maggior chiarezza del diritto nazionale sul punto, sembra che nessuno tra i parlamentari che sono intervenuti nel dibattito abbia considerato che dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo - che esamina in dettaglio una grande varietà di casi provenienti dai più diversi ordinamenti processuali e giudiziari – non emergono certezze assolute e soluzioni già pronte, apparendo al contrario evidente l’estrema difficoltà di elaborare un concetto unitario di giudice imparziale (o terzo che dir si voglia).

Difficoltà che in particolare si possono riscontrare ogni qual volta si esce dalla patologia del singolo processo (il giudice che non si astiene davanti ad un caso palese di proprio interesse, diretto o mediato, nella causa, o il giudice che fa successivamente parte del collegio di primo e di secondo grado, e così via) e si deve valu tare l’imparzialità di fronte alla fisiologica presenza, nel procedere verso la decisione definitiva di merito, di più momenti nei quali, sia pure con diverso approfondimento e con variabili effetti sul prosieguo della causa, il giudice deve assumere un giudizio, una valutazione, una decisione che sono sì preliminari, ma sono anche suscettibili di influenzare la decisione della fase o del grado processuale di cui si tratta. Si sarebbe allora potuto verificare come le medesime difficoltà siano presenti anche in altri ordinamenti (si potrebbe dire: in tutti) e si manifestino negli stessi variabili orientamenti della Corte europea, che presentano una serie veramente notevole di analogie con le questioni affrontate (e variamente risolte) dalla nostra Corte costituzionale ante riforma dell’art. 111; difficoltà derivanti tutte da quella medesima esigenza di fissare una regola che consenta di

12

Sulla importante sentenza v. le note di G. Di Chiara, Appunti in tema di imparzialità del giudice

penale, ricusabilità per invasione e previa manifestazione non indebita di convincimento sui fatti di

causa, Cass. Pen., 2001, 527, e Giurisprudenza manipolativa della Corte costituzionale e tutela

dell’imparzialità del giudice: appunti in tema di rapporti tra astensione e ricusazione della iudex

suspectus, in Giur. Cost., 2000, pag. 3386.

13 La previsione di questi “sviluppi” in tema di imparzialità è solo apparentemente paradossale e non

si tratta di “fantadiritto”: nel corso della appena trascorsa XIII legislatura è stato presentato da parte

dell’attuale Presidente del Senato, prof. Pera, ed altri, in data 23 maggio 2000, il ddl n. 4621 avente

ad oggetto “Norme di attuazione del principio costituzionale dell’imparzialità dei magistrati”; nella

Relazione che accompagna il ddl si legge: “……..appare consono alla nuova enfasi posta sul principio

della imparzialità dall’articolo 111 della Costituzione, estendere, nell’articolo 37, primo comma, del

codice di procedura penale, la possibilità della ricusazione anche ai casi contemplati nella lettera h

dell’articolo 36, primo comma, del codice di procedura penale e prevedere, nell’uno e nell’altro

articolo, anche il caso del pregiudizio che derivi da manifestazioni del pensiero o adesioni a partiti,

movimenti o associazioni politiche avversi a quelli dell’imputato”; l’art. 1 del ddl conseguentemente

così recita: 1. La lettera b) del comma 1 dell’articolo 36 del codice di procedura penale è sostituita

dalla seguente: «omissis».. 3. La lettera h) del comma 1 dell’articolo 36 del codice di procedura penale

è sostituita dalla seguente: «h) se esistono gravi ragioni di convenienza, determinate anche da

comportamenti o manifestazioni del pensiero ovvero da adesioni a movimenti o associazioni, che

possono far sorgere il fondato sospetto di pregiudizio all’imparzialità del giudice».

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“previamente organizzare la terzietà” nella grande ed imprevedibile varietà delle relazioni che possono instaurarsi tra procedimenti distinti o tra giudizi resi nel medesimo processo, e nella molteplicità dei contenuti che i relativi atti sono suscettibili di assumere sempre avendo presente il rischio di arrivare ad una “casistica senza fine 14” che, in quanto tale, è la negazione stessa della possibilità di individuare una norma che sia ragionevole e che consenta di conoscere preventivamente quando un giudice – persona fisica si troverà in una situazione di difetto di imparzialità, allo scopo di apprestare un meccanismo predeterminato per la sua sostituzione.

3. Gli orientamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo in

tema di imparzialità del giudice La Corte europea dei diritti dell’uomo, quando deve esaminare un

ricorso col quale si lamenta la violazione dell’art. 6.1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sotto il profilo dell’imparzialità del giudice 15, distingue tra un significato "soggettivo" ed uno "oggettivo" della norma; l'approccio "soggettivo" si riferisce alla posizione personale dei membri del tribunale e, secondo la Corte, deve ritenersi presunta sino a prova contraria. Esso non dà luogo ad un gran numero di casi, probabilmente (ma è una supposizione) perché si tratta di profili di evidente difetto di imparzialità, che trovano facilmente il loro naturale rimedio nelle norme di diritto interno dei singoli Stati in materia di astensione e di ricusazione dei giudici.16.

Al contrario, la giurisprudenza della Corte che riguarda le asserite violazioni del principio di imparzialità sotto il profilo "oggettivo" risulta essere più vasta e la casistica affrontata sembra in aumento negli ultimi anni; segno forse (ma anche questa è una congettura) della difficoltà che ogni sistema processuale del continente incontra nel fissare preventivamente regole generali in tema di incompatibilità del giudice che riguardino (non situazioni personali dei singoli componenti l’ordine giudiziario rispetto ad una determinata causa civile o penale, ma) “l’esigenza che il giudice non sia né appaia condizionato da precedenti valutazioni compiute nei confronti delle parti, tali da far risultare pregiudicata la sua posizione di terzietà”, con particolare riferimento agli “atti compiuti nel procedimento” 17; difficoltà che, possiamo anticipare,

14 Corte costituzionale, sent. n. 307 del 1997, presidente Granata, estensore Mezzanotte

15 l’art. 6.1 della Convenzione, nel testo ufficiale in francese, recita : “Toute personne a droit à ce que

sa cause soit entendue équitablement, publiquement et dans un délai raisonnable, par un tribunal

indépendant et impartial, établi par la loi, qui décidera, soit des contestations sur ses droits et

obligations de caractère civil, soit du bien-fondé de toute accusation en matière pénale dirigée contre

elle. ….. “

16 Tale profilo soggettivo presenta minor rilievo e non verrà ulteriormente trattato. Per una decisione

riguardante l’Italia e concernente un caso di “parzialità soggettiva” determinata dall’avere un

componente del collegio (nel caso di specie il presidente di un tribunale minorile) espresso la propria

opinione sull’oggetto del processo in dichiarazioni rese alla stampa, vedi la sentenza Buscemi c. Italia

del 16 settembre 1999, § 68: “Avec la Commission, la Cour estime que le fait que le président du

tribunal ait employé publiquement des expressions sous-entendant un jugement défavorable au

requérant avant de présider l'organe judiciaire appelé à trancher l'affaire, ne semble à l'évidence

pas compatible avec les exigences d'impartialité de tout tribunal, consacrées à l'article 6 § 1 de la

Convention. En effet, les déclarations du président du tribunal étaient de nature à justifier

objectivement les craintes du requérant à l'égard de son impartialité (voir, mutatis mutandis,

l’arrêt Ferrantelli et Santangelo c. Italie du 7 août 1996, Recueil 1996-III, p. 952, §§ 59 et 60). 69.

Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention. “

17 Come precisamente indica la sent. Corte cost. n. 307 del 1997, pres. Granata, rel. Mezzanotte.

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fa apparire la giurisprudenza della Corte ondivaga e sempre alla ricerca del punto di equilibrio tra l’esigenza che il giudice non appaia preventivamente orientato e la necessità che i sistemi processuali rispondano ad un minimo criterio di concentrazione, se non altro per garantire che il processo - come richiede lo stesso art. 6.1 della Convenzione - si svolga in un tempo ragionevole; ciò che diverrebbe impossibile qualora venisse previsto che ogni qual volta un giudice assume un qualunque provvedimento interinale atto ad incidere sul giudizio finale, anche una semplice decisione sulla ammissibilità sui mezzi di prova, egli debba essere sostituito, creandosi in tal modo una catena senza fine e senza utilità.

La Corte europea è solita nelle sue motivazioni inserire alcune affermazioni generali, che potremmo definire “di principio”; ritiene infatti che occorre aver riguardo al modo come il tribunale è costituto e organizzato e se vi sia stata, nello stesso processo, per taluno dei suoi componenti, una successione di funzioni tale da minare - anche solo sotto l’aspetto dell'apparenza - la fiducia che il giudice, in una società democratica, deve ispirare ai cittadini. Il timore che il tribunale, o uno dei suoi componenti, possa non essere imparziale deve essere oggettivamente giustificato e quindi il punto di vista dell'imputato (e delle parti in genere) al riguardo, pur se importante, non è decisivo 18. Sempre secondo il giudice europeo, il timore del pregiudizio del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla circostanza che questi abbia in precedenza assunto decisioni nello stesso processo (solitamente quindi prima della fase dibattimentale); in particolare esso non può essere fondato sulla mera circostanza che il giudice abbia preso, prima del dibattimento, decisioni in ordine alla custodia cautelare 19, escludendosi però sempre la possibilità che al giudizio possano partecipare magistrati che hanno svolto nel procedimento le loro funzioni quali pubblico ministero o giudice istruttore 20. La Corte si è talvolta sbilanciata nel senso di ritenere che la conoscenza approfondita del fascicolo da parte del giudice (per avere lo stesso già assunto decisioni nel corso della causa) non solo

18 Affermazioni ricorrenti nella giurisprudenza della Corte; v. ad es. le sentenze: Piersack c. Belgio, 1

ottobre 1982; De Cubber c. Belgio, 26 ottobre 1984; Hauschildt c. Danimarca, 24 maggio 1989; Fey

c. Austria, 24 febbraio 1993; Padovani c. Italia, 26 febbraio 1993; Saraiva de Carvalho c. Portogallo,

22 aprile 1994; Academy Trading Ltd and others c. Grecia, 4 aprile 2000.

19 v. sentenze nei casi: Sainte-Marie c. Francia, 16 dicembre 1992; Nortier c. Olanda, 24 agosto

1993; Bulut c. Austria, 22 febbraio 1996; Thomann c. Svizzera, 10 giugno 1996 e le sentt. Hauschildt

e Saraiva de Carvalho, citt.

20 vedi sentenze Piersack e De Cubber, citt.

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non implica, ex se, pregiudizio per le parti 21, ma costituisce al contrario una garanzia per il rispetto del “délai raisonnable” 22 del processo.

4. Le difficoltà della Corte europea di fronte alla varietà dei casi

sottoposti al suo esame Fin qui, come si vede, affermazioni ragionevoli ed assai moderate, che

appaiono ben al di sotto dei requisiti richiesti, in ambito penale, dalla nostra Corte costituzionale 23 per l’accertamento di una situazione di incompatibilità derivante dal previo giudizio su aspetti rilevanti del medesimo “fatto”; constatazione questa che oltretutto ha un ben scarso valore pratico, esistendo nel diritto della Convenzione il principio di cui all’art. 53 24 secondo il quale tra una disposizione della stessa ed una di diritto nazionale che riconosce una maggiore ampiezza al diritto dell’uomo, prevale comunque quella più favorevole.

La Corte europea, però, è solita anche affermare che circostanze particolari, relative al caso di specie, possono portare ad una differente conclusione; col che si comprende che il giudice di Strasburgo ritiene opportuno avere mano libera nell’esaminare ogni singola questione, e ciò nella consapevolezza della difficoltà, se non dell’impossibilità, di stabilire una norma unitaria, o anche solo dei criteri generali che guidino l’interprete nel labirinto del pregiudizio da prevenzione.

Si prenda ad esempio la sentenza emessa nel caso De Haan c. Paesi Bassi del 26 agosto 1997, decisione sofferta essendo stata presa per sei voti a tre, con i tre giudici rimasti in minoranza che hanno depositato le proprie motivazioni dissenzienti 25. La Corte, prima di arrivare la

21 V., ad esempio, l’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza Morel c. Francia del 6

giugno 2000, riguardante una procedura di amministrazione controllata di una società, di competenza

del Tribunale di commercio, nella quale era stato sollevato un dubbio sull’imparzialità del "juge-

commissaire" per avere lo stesso una conoscenza del caso determinata dall’avere assunto delle

decisioni nella fase "d'observation", e nel quale la Corte ha ritenuto l’insussistenza della violazione:

“De plus, le simple fait, pour un juge, d’avoir déjà pris des décisions avant le procès ne peut

passer pour justifier en soi des appréhensions relativement à son impartialité. Ce qui compte est

l’étendue des mesures adoptées par le juge avant le procès. De même, la connaissance

approfondie du dossier par le juge n’implique pas un préjugé empêchant de le considérer comme

impartial au moment du jugement sur le fond. Enfin, l’appréciation préliminaire des données

disponibles ne saurait non plus passer comme préjugeant l’appréciation finale. Il importe que

cette appréciation intervienne avec le jugement et s’appuie sur les éléments produits et débattus à

l’audience (voir, notamment, mutatis mutandis, arrêts Hauschildt c. Danemark du 24 mai 1989,

série A n° 154, p. 22, § 50 ; Nortier c. Pays-Bas du 24 août 1993, série A n° 267, p. 15, § 33 ;

Saraiva de Carvalho c. Portugal du 22 avril 1994, série A n° 286-B, p. 38, § 35).

22 vedi in questo senso, esplicitamente, la sentenza Thomann c. Svizzera del 10 giugno 1996; “si une

juridiction devait modifier sa composition chaque fois qu'elle fait droit au recours d'un condamné

absent, celui-ci se verrait avantagé par rapport aux prévenus qui comparaissent dès l'ouverture de

leur procès, car il obtiendrait ainsi que d'autres magistrats le jugent une seconde fois dans la

même instance. Cela contribuerait de surcroît à ralentir le travail de la justice, obligeant un plus

grand nombre de juges à étudier un même dossier, ce qui paraît peu compatible avec le respect du

"délai raisonnable".

23 R. Sabato, L’imparzialità del giudice civile cit., pag. 175 e nota 23.

24 Sauvegarde des droits de l'homme reconnus - Aucune des dispositions de la présente

Convention ne sera interprétée comme limitant ou portant atteinte aux droits de l'homme et aux

libertés fondamentales qui pourraient être reconnus conformément aux lois de toute Partie

contractante ou à toute autre Convention à laquelle cette Partie contractante est partie

25 Il caso, molto in breve, era il seguente; una lavoratrice aveva subito una malattia, probabilmente

causata dalle sostanze chimiche utilizzate sul lavoro (si trattava di una lavanderia); essendo stata

licenziata, aveva impugnato l’atto davanti al tribunale di appello di Groninga, che aveva seguito la

procedura semplificata denominata nella sentenza “permanent medical expert procedure”; si tratta di

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nocciolo duro della sua decisione (esservi stata, nel caso di specie, una violazione del principio di imparzialità determinata dalla circostanza che lo stesso giudice /persona fisica aveva emesso la prima decisione, fondata esclusivamente su una consulenza tecnica, quindi presieduto il collegio che aveva deciso la successiva fase, a contraddittorio pieno, di impugnazione del primo provvedimento), sente il bisogno, per cercare di restituire una almeno apparente coerenza alla sua giurisprudenza, di citare un gran numero di propri precedenti, alcuni pertinenti, altri meno; quindi, con un salto logico che non appare facilmente comprensibile, non esamina approfonditamente la questione di diritto sottoposta al suo esame (che era data dalla legittimità o meno di una procedura che prevedeva una fase sommaria ed una successiva fase contraddittoria, davanti a due organi incardinati nel medesimo ufficio giudiziario e, nel caso, composti in parte dalla stessa persona fisica) ma fa consistere la violazione nella circostanza che la decisione del tribunale di appello, pur se soggetta ad un controllo effettivo da parte di una istanza superiore, come nel caso era avvenuto, non era stata annullata con rinvio ad un diverso collegio. Hanno allora avuto buon gioco i giudici De Meyer, Van Dijk e Matscher a motivare le loro dissenting opinions nel sostenere che la procedura di diritto olandese contestata prevedeva in realtà due diverse fasi nello stesso primo grado di giudizio, la prima caratterizzata da un contraddittorio limitato alla consulenza medica, la seconda al contrario con un contraddittorio pieno, davanti ad un collegio, su tutti i punti della controversia, ivi comprese le risultanze della consulenza, e che in tale situazione il timore di parzialità del giudice espresso dalla parte non era fondato; in particolare la opinion del giudice Van Dijk, cui il giudice Matscher ha aderito, sottolinea come l’approccio in generale tenuto dalla Corte europea sul tema sia diventato “too casuistic” e come tale non possa fornire alcuna guida né alle Corti né ai legislatori nazionali.

Ma i casi dubbi o contrastati, nell’ultima giurisprudenza di Strasburgo, non si fermano qui; con la sentenza Rojas Morales c. Italia del 16 novembre 2000 la Corte europea, sulle tracce (in motivazione non dichiarate) di alcune pronunce della Corte costituzionale, ha ritenuto la violazione del principio di imparzialità nel caso di un tribunale penale che aveva condannato un imputato di traffico di stupefacenti, dopo che due componenti del collegio avevano, tempo prima, condannato alcuni altri concorrenti nello stesso fatto reato, avendo rilevato che la prima sentenza conteneva numerosi passi che si riferivano alla responsabilità del Rojas Morales 26. Peccato che la stessa Corte europea, solo quattro anni prima,

un giudizio affidato ad un perito nominato dal Tribunale di appello, nel corso del quale il

contraddittorio si svolge solo fra gli esperti medici; in particolare non si tiene alcuna udienza; in base

alla perizia medica la domanda era stata respinta con una motivazione scritta dal giudice professionale

facente parte del collegio utilizzando un modulo prestampato; l’interessata impugnava la decisione

presa nella procedura semplificata davanti alo stesso Tribunale di appello, come previsto dalla legge,

chiedendo espressamente che del caso non si occupasse il giudice estensore della prima sentenza, ma la

richiesta veniva respinta e, nel merito, l’impugnazione era rigettata; a questo punto la ricorrente si

rivolgeva al Tribunale centrale di appello sia per motivi di merito che di rito, chiedendo

l’invalidazione della seconda sentenza per mancanza di oggettiva imparzialità del collegio, avendone

fatto parte lo stesso giudice estensore della prima. Anche questo estremo ricorso era respinto e

l’interessata proponeva allora ricorso alla Corte europea, sostenendo che era stato violato il principio

dell’imparzialità del giudice di cui all’art. 6.1 della Convenzione. La procedura semplificata potrebbe

probabilmente essere definita, secondo i nostri schemi, come un procedimento di accertamento

sommario, a contenuto essenzialmente tecnico, le cui risultanze possono essere contestate con una

successiva fase contenziosa, che spetta alla parte attivare.

26 “………… plusieurs passages se réfèrent au requérant comme étant l’organisateur ou le

promoteur d’un trafic de stupéfiants entre l’Italie et l’Amérique latine (voir paragraphe 12 ci-

dessus). Deux des juges ayant prononcé le jugement du 6 juillet 1993 - notamment Mmes M. et B. -

ont ensuite été appelées à décider sur le bien-fondé des accusations portées à l’encontre du

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con la sentenza nel caso Thomann c. Svizzera del 10 giugno 1996, avesse “salvato” un processo elvetico nel quale lo stesso identico collegio aveva dapprima condannato un imputato in contumacia, quindi l’aveva ri-processato quando questi si era costituito; la Corte in questo caso aveva infatti sostenuto che nel secondo processo i giudici non fossero, né apparissero, in alcun modo legati alla loro prima decisione dal momento che la comparizione personale dell’imputato avrebbe loro fornito “una informazione più completa” 27, il che francamente appare singolare.

Contraddittorie appaiono ancora le due decisioni nei casi Diennet c. Francia e Procola c. Lussemburgo, rispettivamente del 26 e del 28 settembre del 1995, coi quali la Corte ha da un lato ritenuto la non sussistenza della violazione dell’art. 6.1 nel caso (francese) di un giudizio di rinvio, in una procedura disciplinare, davanti ad un collegio composto in parte da giudici che avevano fatto parte del collegio che aveva emesso la decisione poi annullata; dall’altro ha ritenuto la violazione nel caso (lussemburghese) di un giudizio giurisdizionale amministrativo svoltosi davanti ad una sezione del Consiglio di stato composta (in parte) da consiglieri che avevano esercitato, sul medesimo oggetto, funzioni consultive; qui la Corte ha ritenuto, contrariamente ad altre sue pronunce, che fosse sufficiente anche il semplice dubbio di parzialità per alterare il principio di terzietà richiesto dalla Convenzione.

Ed ancora, anche sul delicatissimo terreno della situazione “pregiudicante” determinata dall’avere il giudice assunto decisioni sulla custodia cautelare dell’imputato che si trova poi a processare nel dibattimento, emergono le evidenti incertezze della Corte europea nello stabilire dei principi di fondo per la sua giurisprudenza, come appare evidente dalla lettura delle sentenze Saraiva de Carvalho c. Portogallo del 22 aprile 1994, nella quale è stato ritenuto imparziale, anche quanto alle apparenze, un tribunale penale del quale faceva parte un giudice che aveva assunto decisioni sulla libertà dell’imputato sulla base di “indici sufficienti di colpevolezza”, e Hauschild c. Danimarca del 24 maggio 1989, quando la Corte europea ha ritenuto, al contrario, la sussistenza della violazione dell’apparenza della terzietà in base alla circostanza che, secondo il diritto danese, la decisione sulla custodia in carcere si fonda su di un “sospetto particolarmente confermato”; distinzione, quella operata dal giudice dei diritti dell’uomo, che appare, all’interprete di un paese terzo, più nominalistica che idonea a dettare una regola generale in materia, specie se si considera che in altre sentenze si sono valutati elementi del tutto intrinseci ai casi specie; ad esempio in Sainte-Marie c. Francia del 16 dicembre 1992 è stato ritenuto decisivo (nel senso della infondatezza del dubbio di parzialità) il fatto che le decisioni sulla detention provisoire fossero fondate anche su dichiarazioni di colpevolezza rese dallo stesso imputato, così come in Nor tier c. Paesi Bassi del 24 agosto 1993.

5. Spunti per la possibile ricostruzione di un sistema e prospettive

dopo il nuovo art. 111.

requérant, qui concernaient, au moins en partie, les mêmes faits qui étaient à la base de la

condamnation de M. A. 27

“…… les juges qui réexaminent en présence de l'intéressé une affaire qu'ils ont dû d'abord juger

par défaut, sur la base des éléments dont ils pouvaient alors disposer, ne sont en aucune manière

liés par leur première décision; ils reprennent à son point de départ l'ensemble de l'affaire, toutes

les questions soulevées par celle-ci restant ouvertes et faisant cette fois l'objet d'un débat

contradictoire à la lumière de l'information plus complète que peut leur fournir la comparution

personnelle de l'accusé. C'est aussi ce qui s'est passé en l'espèce.

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Come si è visto (ma altri esempi potrebbero essere fatti) ci troviamo di fronte ad una serie quasi inestricabile di pronunce fra loro contraddittorie, tanto che la giurisprudenza di Strasburgo sembra priva di qualsivoglia indirizzo unitario; ciò suscita le perplessità dell’interprete che, nonostante ogni sforzo, non riesce a ricavarne alcuna utile linea guida. Verrebbe quasi da pensare che i giudici europei dei diritti dell’uomo decidano in realtà caso per caso, secondo i criteri di un minimalismo giudiziario condizionato dall’esame degli atti relativi ad ogni singolo ricorso e perciò dalla condotta tenuta dai giudici nazionali nel processo concreto.

Ciò in parte è l’effetto della struttura del giudizio demandato dalla Convenzione alla Corte, che è sempre costituito, a seguito di un ricorso dell’interessato, da un caso concreto, il più delle volte già esaminato dalle giurisdizioni nazionali, visto che l’esaurimento delle vie interne di ricorso è una delle condizioni per poter adire la Corte 28 Le sentenze del giudice di Strasburgo contengono sempre, oltre ad una trattazione dettagliata dell’iter processuale svoltosi davanti ai giudici del Paese a quo, anche la (non sempre sommaria) illustrazione delle norme di diritto interno applicate (o applicabili) dal giudice nazionale al caso di specie, a volte accompagnata anche dalla illustrazione del c.d. diritto vivente, e cioè dall'interpretazione prevalente adottata dalle supreme magistrature nazionali; il giudizio sulla conformità della soluzione data dal giudice nazionale al caso secondo le norme della Convenzione si svolge perciò su un duplice, anche se non sempre evidente, piano: da un lato si tratta di un giudizio di conformità della norma nazionale raffrontata con quella pattizia, dall’altro si tratta di una sorta di “revisione” dell’applicazione concreta della norma interna fatta dal giudice nazionale.

Se il nostro Parlamento pensava di poter ricavare dall’art. 6.1 della

Convenzione (e dalla manipolazione del suo testo) principi e criteri direttivi derivanti da fonti sovranazionali vincolanti, capaci di risolvere i problemi nostrani - tra i quali certamente vi è quello del difficile equilibrio tra l’imparzialità del giudice e l’efficienza del processo 29 - dobbiamo prevedere che nessun aiuto verrà da Strasburgo all’interprete italiano e che il dibattito sviluppatosi a seguito delle sentenze della Corte costituzionale in tema di incompatibilità del giudice è ancora lontano dal trovare un punto di equilibrio generalmente accettato; infatti, se le fonti europee sono esistenti, esse non sono sempre facilmente individuabili nel loro contenuto normativo e tali quindi da consentire di risolvere, almeno sul terreno della terzietà, le difficoltà emerse nella giurisprudenza nazionale.

La decisione, poi, di utilizzare la fonte sovranazionale (peraltro già vigente in Italia a seguito della legge che ha dato esecuzione alla Convenzione del ’50) per “ricavarne materiali” testuali da inserire nel testo del novellato art. 111, senza risolvere il problema del rango da attribuire direttamente alla Convenzione nel sistema delle fonti 30 rischia di creare problemi al legislatore ordinario ed ai giudici, ordinari e costituzionali; ad oggi, infatti, l’enunciato dell’art. 6.1 della Convenzione in ordine alla imparzialità del giudice è inserito, contemporaneamente, nelle seguenti fonti normative:

28 art. 35 – Conditions de recevabilité - 1 La Cour ne peut être saisie qu'après l'épuisement des

voies de recours internes, tel qu'il est entendu selon les principes de droit international généralement

reconnus, et dans un délai de six mois à partir de la date de la décision interne définitive. 29 Sui rapporti tra garanzie processuali ed efficienza del sistema v., con grande chiarezza, M.

Chiavario, Garanzie individuali ed efficienze del processo, in Cass. Pen., 1998, 940. 30 Problema da tempo aperto, anche a seguito di alcune sentenze della Corte costituzionale (ad es. la n.

10 del 1995 e la n. 388 del 1999)

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a. nella Costituzione, art. 111 novellato, sia pure con le manipolazioni cui si è fatto riferimento;

b. nel Trattato dell’Unione europea, all’art. 6, nel quale è contenuto un espresso rinvio alla Convenzione: “L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario”. Si tratta di una fonte che nel diritto interno ha rango di legge ordinaria, pur godendo della particolare forza vincolante e “di resistenza” dei Trattati europei.

c. nella legge – ordinaria - che ha dato esecuzione alla Convenzione, legge 4 agosto 1955, n. 848;

d. ora anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che pur non essendo ancora una fonte del diritto in senso stretto, costituisce certamente un documento solennemente proclamato dalle tre principali istituzioni comunitarie (Parlamento, Commissione e Consiglio) ed un qualche valore potrebbe presto assumere per via di interpretazione giurisprudenziale da parte della Corte di giustizia, che qualche “scorribanda” sul terreno dei diritti fondamentali usa compiere da un certo tempo.

Ce n’è abbastanza da “far girare la testa” all’interprete nazionale, anche perché, come è stato autorevolmente sottolineato 31, la tecnica seguita dal legislatore costituzionale non ha considerato che ogni enunciato resta inserito nel testo complessivo di cui fa parte, potendo in tal modo assumere, a lessico invariato, significati normativi non coincidenti fra loro 32.

Ciò che possiamo dare come certo (risultato in sé insoddisfacente, ma

che costituisce una pur utile base per iniziare un’analisi critica) è un maggiore interesse che sembra affacciarsi per le problematiche emergenti dalla giurisprudenza della Corte europea, che ci insegna, prima di tutto, che ogni sistema processuale del continente si trova di fronte ai medesimi problemi; essi sono riassumibili nella necessità, così bene individuata dalla nostra Corte costituzionale, di “organizzare la terzietà”, essendo chiaro che da un lato non è possibile prevedere che il giudice cambi ogni qual volta si debba prendere una decisione interlocutoria, così come è necessario che vi siano situazioni nelle quali, al contrario, una rivalutazione degli elementi di giudizio già acquisiti venga proposta davanti a giudici /persone fisiche diversi da quelli che hanno già partecipato al giudizio, assumendo decisioni di importanza e “profondità” tale da implicare un venir meno della loro imparzialità, o anche solo dell’apparenza della stessa.

Ed è proprio la questione dell’apparenza dell’imparzialità, sotto il profilo che la Corte europea definisce “oggettivo”, a suscitare i maggiori problemi; come è stato esattamente sottolineato 33, essa rischia di

31 S. Bartole, Implicazioni costituzionali (a altro) nell’adozione del « giusto processo », in Studium

juris, 2000, pag. 751. 32 Sia detto incidenter tantum che il problema, serio, della lingua delle fonti sovranazionale non è stato

neppure considerato nei lavori preparatory del nuovo 111; si veda in proposito quanto scrivono F.G.

Jacobs – R. C.A. White, The European Convention on Human Rights, 2nd ed. Oxford, 1996: p. 123;

“una ulteriore difficoltà che concerne particolarmente l’art. 6 (1) è che ci sono differenze nella sintassi

e nella struttura tra i testi inglese e francese della norma. Queste differenze hanno accentuato la

difficoltà di interpretazione.” (trad. di chi scrive). 33

P. Martens, La tyrannie de l'apparance, in Revue Trimestrielle des droits de l'homme, 1996, p.

640, che parla di un “assouplissement de la jurisprudence” della Corte europea. L’articolo, scritto a

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diventare “una tirannia” e di alimentarsi di continui sospetti verso la terzietà del giudice, fondati sulla sola circostanza che egli abbia già reso decisioni interlocutorie nel processo; sospetti che al contrario potrebbero apparire infondati se si compisse un esame più attento dei valori che sono ogni volta in discussione e delle strutture e funzioni dei diversi modelli processuali.

Per provare a tracciare una linea di confine che sia da un lato attenta

al principio in discussione (l’imparzialità del giudice non è certo una “nuova” esigenza introdotta dal novellato art. 111 Cost., costituendo essa un prerequisito della stessa attività giurisdizionale), ma che dall’altro non insegua la chimera del “giudice vergine”, figura che mai è esistita e che nessuno si augura in buona fede di incontrare 34, si potrebbe cominciare a dire, sulla falsariga della motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 326 del 1997 35, che i processi non sono, sotto questo particolare profilo, tutti uguali. La materia penale, per la sua funzione, la sua struttura, i principi (anche nel sistema della Convenzione) che la reggono, è diversa dalle altre perché non è meccanicamente assimilabile al processo civile così come a quelli amministrati vo, tributario, contabile o disciplinare. Il processo penale, infatti, è “essenzialmente finalizzato all’accertamento del fatto ascritto all’imputato, la cui posizione è costantemente assistita dal favor rei” ed inoltre vede l’obbligatoria iniziativa di una parte pubblica che non dispone dell’azione che esercita e non può rinunciarvi; è quindi ragionevole prevedere, per il processo penale, regole a maglie più strette, tanto più che è intuitivamente diverso avere già giudicato della libertà personale dell’imputato o avere concesso alla parte di un processo civile una misura cautelare.

Il processo civile, al contrario, è informato al principio dispositivo, si

svolge nel contraddittorio, su un piano di parità delle parti e in esso il convincimento del giudice subisce, di regola, la mediazione dell’impulso delle domande e delle eccezioni delle parti. Qui dunque l’esigenza di terzietà, effettiva o apparente, va verificata sulla diversa posizione che assume il giudice rispetto ai poteri delle parti e va garantita, piuttosto che con regole rigide di incompatibilità, con l’effettività del contraddittorio e con l’esistenza di gradi ulteriori di giudizio nei quali sia possibile rimettere ragionevolmente in discussione le decisioni previamente assunte.

Prevedere oggi quale sarà l’impatto sulla giurisprudenza della Corte

costituzionale dell’introduzione espressa in Costituzione del principio di terzietà e imparzialità del giudice non appare possibile; le pronunce successive alla riforma costituzionale sono troppo poche per poterne desumere un qualche orientamento del giudice delle leggi e soprattutto per poter dire se la nuova disposizione verrà utilizzata per operazioni interpretative che si discostino da quelle sino ad oggi fatte proprie dalla Corte; neppure è dato sapere se il richiamo insistito alle disposizioni della Convenzione europea, che ha caratterizzato i lavori preparatori della nuova disposizione, darà o meno luogo ad una più diretta utilizzazione da parte della Corte della giurisprudenza di Strasburgo, ad oggi quasi totalmente ignorata.

commento della decisione del caso Bulut c. Austria del 22 febbraio 1996, si segnala per la

completezza dell’esame della giurisprudenza di Strasburgo in tema di imparzialità del giudice. 34

P. Gaeta – G. Tei, I pregiudizi sul pregiudizio ovvero il falso mito della verginità del giudice di

merito, Foro it., 1996, I, 411. Il mito del “giudice vergine” sembra essersi alimentato da riferimenti,

per “hearsay” , al diritto nordamericano, dimenticando che lì il giudice del dibattimento è, di regola,

una giuria, non tenuta a motivare le sue decisioni. 35

Presidente Granata, estensore Ruperto.

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APPENDICE

IL GIUDICE IMPARZIALE NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

A) L'IMPARZIALITÀ DEL GIUDICE, IN GENERALE 1.) Per stabilire se il giudice sia imparziale, nel senso indicato dall'art. 6.1 della Convenzione, occorre distinguere tra un significato "soggettivo" ed uno "oggettivo" della norma; l'approccio "soggettivo" si riferisce alla imparzialità personale dei membri del tribunale o della corte e deve ritenersi presunta sino a prova contraria. Sotto il profilo "oggettivo", occorre aver riguardo al modo come il tribunale è costituto e organizzato e se vi sia stata, nello stesso processo, per taluno dei suoi componenti, una successione di funzioni tale da minare - anche solo sotto il profilo dell'apparenza - la fiducia che il giudice, in una società democratica, deve ispirare ai cittadini. Il timore che il tribunale, o uno dei suoi componenti, possa non essere imparziale deve essere "oggettivamente giustificato" e il punto di vista dell'imputato al riguardo, pur se importante, non è decisivo.

♦ Piersack, 1 ottobre 1982 .......................................................................................................... ♦ De Cubber, 26 ottobre 1984 .................................................................................................... ♦ Hauschildt, 24 maggio 1989 .................................................................................................... ♦ Fey, 24 febbraio 1993 .............................................................................................................. ♦ Padovani, 26 febbraio 1993 ..................................................................................................... ♦ Saraiva de Carvalho, 22 aprile 1994 ....................................................................................... ♦ Academy Trading Ltd and others c. Grecia, 21 marzo 2000

2.) Il timore del pregiudizio del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla circostanza che questi abbia in precedenza assunto decisioni nello stesso processo (solitamente prima della fase dibattimentale, o "trial" in senso stretto); in particolare esso non può essere giustificato dalla mera circostanza che il giudice abbia preso, prima del dibattimento, decisioni in ordine alla durata della custodia cautelare ("detention on remand"); solo circostanze particolari, relative al caso di specie, possono portare ad una differente conclusione. La conoscenza approfondita del fascicolo da parte del giudice (per avere lo stesso già assunto decisioni nel corso della causa) non implica, ex se, pregiudizio per le parti.

♦ Hauschildt, 24 maggio 1989 .................................................................................................... 50. (………………..) In the Court's view, therefore, the mere fact that a trial judge or an appeal judge, in a system like the Danish, has also made pre-trial decisions in the case, including those concerning detention on remand, cannot be held as in itself justifying fears as to his impartiality. 51. Nevertheless, special circumstances may in a given case be such as to warrant a different conclusion. In the instant case, the Court cannot but attach particular importance to the fact that in nine of the decisions continuing Mr Hauschildt's detention on remand, Judge Larsen relied specifically on section 762(2) of the Act (see paragraph 20 above). Similarly, when deciding, before the opening of the trial on appeal, to prolong the applicant's detention on remand, the judges who eventually took part in deciding the case on appeal relied specifically on the same provision on a number of occasions (see paragraphs 26-27 above). 52. The application of section 762(2) of the Act requires, inter alia, that the judge be satisfied that there is a "particularly confirmed suspicion" that the accused has committed the crime(s) with which he is charged. This wording has been officially explained as meaning that the judge has to be convinced that there is "a very high degree of clarity" as to the question of guilt (see paragraphs 34-35 above). Thus the difference between the

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issue the judge has to settle when applying this section and the issue he will have to settle when giving judgment at the trial becomes tenuous. The Court is therefore of the view that in the circumstances of the case the impartiality of the said tribunals was capable of appearing to be open to doubt and that the applicant's fears in this respect can be considered objectively justified. 53. The Court thus concludes that there has been a violation of Article 6 para. 1 (art. 6-1) of the Convention.

♦ Sainte-Marie, 16 dicembre 1992 32. L'essentiel de la thèse du requérant - avoir statué sur la détention provisoire entraînerait nécessairement un défaut d'impartialité objective - va à l'encontre de la jurisprudence de la Cour. D'après l'arrêt Hauschildt du 24 mai 1989, qui selon ses propres termes vise d'ailleurs uniquement les décisions d'un juge non chargé de préparer le dossier en vue du procès au fond, le simple fait qu'un tel juge ait déjà pris des décisions avant ledit procès, notamment au sujet de la détention provisoire, ne peut justifier en soi des appréhensions quant à son impartialité (série A n° 154, p. 22, paras. 50-51). Seules des circonstances particulières peuvent, comme dans l'affaire Hauschildt, autoriser une autre conclusion (même arrêt, pp. 22-23, par. 52). 33. Avec la Commission, la Cour n'aperçoit rien de semblable en l'occurrence. Le 8 août 1985, la chambre d'accusation déclara se "référer expressément" aux faits déjà examinés par elle dans l'arrêt du 5 avril 1985. Or ce dernier, rendu dans une composition largement différente (paragraphe 13 ci-dessus), renfermait des constatations fort précises: M. Sainte-Marie "se disait membre d'Iparretarrak, revendiquait la propriété des armes, munitions et objets répréhensibles ou suspects découverts dans les voitures et à son domicile", et "reconnaissait même avoir participé en tant que chauffeur à l'expédition de la nuit du 24 au 25 novembre 1984" contre la gendarmerie de Lecumberry; "l'arme et les munitions saisies [étaient] du type de celles utilisées habituellement par le groupe révolutionnaire basque Iparretarrak" (paragraphe 12 ci-dessus). Les juges de la détention fondèrent ainsi leur arrêt du 8 août 1985 sur les propres declarations de l'intéressé, qui ne revint pas sur elles et ne prétendit jamais qu'elles lui eussent été extorquées, déclarations corroborées de surcroît par des preuves matérielles non contestées. Ils se bornèrent à apprécier sommairement les données disponibles pour déterminer si de prime abord les soupçons de la gendarmerie avaient quelque consistance et laissaient craindre un risque de fuite. 34. En conclusion, la participation des conseillers Bataille et Biecher à l'adoption de l'arrêt du 29 octobre 1985 n'a pas porté atteinte à l'impartialité de la chambre des appels correctionnels, les appréhensions du requérant ne pouvant passer pour objectivement justifiées. Il n'y a donc pas eu violation de l'article 6 par. 1 (art. 6-1).

♦ Nortier, 24 agosto 1993 ........................................................................................................... 35. Quant à ses ordonnances relatives à la détention provisoire, elles n'auraient pu légitimer des appréhensions concernant son impartialité que dans des circonstances spéciales du genre de celles de l'affaire Hauschildt (arrêts Hauschildt c. Danemark du 24 mai 1989, série A n° 154, p. 22, par. 51, et Sainte-Marie c. France du 16 décembre 1992, série A n° 253-A, p. 16, par. 32). Or rien de tel en l'espèce. Nonobstant la thèse contraire du requérant, les questions à trancher par M. Meulenbroek aux fins desdites décisions ne coïncidaient pas avec celles qu'il dut traiter en se prononçant sur le fond. Pour constater l'existence d'"indices sérieux" contre M. Nortier, il lui suffisait de vérifier que de prime abord l'accusation portée par le ministère public reposait sur des données valables (paragraphe 27 ci-dessus). L'intéressé l'avait du reste admise et à l'époque déjà d'autres éléments de preuve la corroboraient.

♦ Saraiva de Carvalho c. Portogallo, 22 aprile 1994 38. Le présent litige se distingue des affaires Piersack c. Belgique (arrêt du 1er octobre 1982, série A n° 53) et De Cubber c. Belgique (arrêt du 26 octobre 1984, série A n° 86) par la nature des tâches que les juges qui siégèrent dans lesdites espèces exécutèrent avant d'examiner le fond. En élaborant le despacho, M. Salvado agissait dans le cadre de ses fonctions de juge à la quatrième chambre; il n'accomplit aucun acte d'instruction ou d'accusation. Sa connaissance approfondie du dossier n'impliquait pas un préjugé empêchant de le considérer comme impartial au moment du jugement sur le fond. Son rôle, au stade initial de la procédure, consistait à s'assurer de l'existence non de "soupçons particulièrement renforcés" (arrêt Hauschildt précité, p.

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22, par. 52), mais d'indices suffisants (comparer avec les indices sérieux mentionnés dans l'affaire Nortier précitée, p. 16, par. 35). L'appréciation préliminaire, par M. Salvado, des données disponibles ne saurait non plus passer pour un constat formel de culpabilité. Celui-ci n'intervint qu'avec le jugement du 20 mai 1987; il s'appuyait sur les éléments produits et débattus au cours de 263 séances, lesquels amenèrent la chambre présidée par ledit magistrat à condamner le requérant. 39. Quant à la décision de laisser un accusé en détention provisoire, elle ne pourrait légitimer des appréhensions concernant l'impartialité d'un juge que dans des circonstances spéciales. Or, à l'époque, M. Salvado ne se livra à aucune appréciation nouvelle de nature à exercer une influence décisive sur son opinion quant au fond: il procéda sans plus à un examen sommaire, lequel ne révéla pas d'éléments militant pour l'élargissement de M. Saraiva de Carvalho. 40. En conclusion, la participation du juge Salvado à l'adoption du jugement du 20 mai 1987 n'a pas porté atteinte à l'impartialité de la quatrième chambre du tribunal criminel, les appréhensions du requérant ne pouvant passer pour objectivement justifiées. Il n'y a donc pas eu violation de l'article 6 par. 1 (art. 6-1).

♦ Bulut, 22 febbraio 1996 33. In the instant case the fear that the trial court might not be impartial was based on the fact that one of its members had questioned witnesses during the preliminary investigation. Undoubtedly, this kind of situation may give rise to misgivings on the part of the accused as to the impartiality of the judge. However, whether these misgivings should be treated as objectively justified depends on the circumstances of each particular case; the mere fact that a trial judge has also dealt with the case at the pre-trial stage cannot be held as in itself justifying fears as to his impartiality (see, mutatis mutandis, the Hauschildt v. Denmark judgment of 24 May 1989, Series A no. 154, pp. 21-22, paras. 49-50, and the Nortier v. the Netherlands judgment of 24 August 1993, Series A no. 267, p. 15, para. 33). 34. In contrast to the facts of the Hauschildt case (cited above), it has not been suggested that Judge Schaumburger was responsible for preparing the case for trial or for deciding whether the accused should be brought to trial. In fact, it has not been established that he had to take any procedural decisions at all. His role was limited in time and consisted of questioning two witnesses. It did not entail any assessment of the evidence by him nor did it require him to reach any kind of conclusion as to the applicant's involvement. In this limited context, the applicant's fear that the Innsbruck Regional Court lacked impartiality cannot be regarded as objectively justified (see, mutatis mutandis, the Nortier judgment cited above, p. 16, para. 37). In any event, it is not open to the applicant to complain that he had legitimate reasons to doubt the impartiality of the court which tried him, when he had the right to challenge its composition but refrained from doing so. There has therefore been no violation of Article 6 para. 1 (art. 6-1) of the Convention as far as the applicant's first complaint is concerned.

♦ Thomann c. Svizzera, 21 maggio 1996 Processo contumaciale svizzero - rinnovazione del dibattimento nel caso in cui il latitante successivamente compaia - processo rinnovatao davanti agli stessi componenti della corte che ha condannato in contumacia - timore di pregiudizio nei confronti dei componenti il collegio giudicante per avere gli stessi già esaminato lo stesso identico fatto "in absentia" - non sussistenza della violazione - bilanciamento del principio dell'imparzialità con l'esigenza del "tempo ragionevole" della decisione richiesto dalla stessa norma della Convenzione. 35. Ces considérations ne sont pas de nature à convaincre la Cour. Comme l'a expliqué le Tribunal fédéral (paragraphe 13 ci-dessus), les juges qui réexaminent en présence de l'intéressé une affaire qu'ils ont dû d'abord juger par défaut, sur la base des éléments dont ils pouvaient alors disposer, ne sont en aucune manière liés par leur première décision; ils reprennent à son point de départ l'ensemble de l'affaire, toutes les questions soulevées par celle-ci restant ouvertes et faisant cette fois l'objet d'un débat contradictoire à la lumière de l'information plus complète que peut leur fournir la comparution personnelle de l'accusé. C'est aussi ce qui s'est passé en l'espèce. Une telle situation ne suffit pas à mettre en doute l'impartialité des juges dont il s'agit. 36. Du reste, si une juridiction devait modifier sa composition chaque fois qu'elle fait droit au recours d'un condamné absent, celui-ci se verrait avantagé par rapport aux prévenus qui comparaissent dès l'ouverture de

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leur procès, car il obtiendrait ainsi que d'autres magistrats le jugent une seconde fois dans la même instance. Cela contribuerait de surcroît à ralentir le travail de la justice, obligeant un plus grand nombre de juges à étudier un même dossier, ce qui paraît peu compatible avec le respect du "délai raisonnable". 37. En conclusion, il n'y a pas eu violation de l'article 6 par. 1 de la Convention (art. 6-1). 4.) Il timore di pregiudizio risulta peraltro fondato quando del tribunale o della corte faccia parte un giudice che ha conosciuto precedentemente il caso quale pubblico ministero, o quale "juge d'instruction (investigating judge)".

♦ Piersack, 1 ottobre 1982 .......................................................................................................... 30. d) Pour que les tribunaux inspirent au public la confiance indispensable, il faut de surcroît tenir compte de considérations de caractère organique. Si un juge, après avoir occupé au parquet une charge de nature à l'amener à traiter un certain dossier dans le cadre de ses attributions, se trouve saisi de la même affaire comme magistrat du siège, les justiciables sont en droit de craindre qu'il n'offre pas assez de garanties d'impartialité.

♦ De Cubber 26 ottobre 1984 ..................................................................................................... 30. In conclusion, the impartiality of the Oudenaarde court was capable of appearing to the applicant to be open to doubt. Although the Court itself has no reason to doubt the impartiality of the member of the judiciary who had conducted the preliminary investigation (see paragraph 25 above), it recognises, having regard to the various factors discussed above, that his presence on the bench provided grounds for some legitimate misgivings on the applicant's part. Without underestimating the force of the Government's arguments and without adopting a subjective approach (see paragraphs 25 and 28 above), the Court recalls that a restrictive interpretation of Article 6 para. 1 (art. 6-1) - notably in regard to observance of the fundamental principle of the impartiality of the courts - would not be consonant with the object and purpose of the provision, bearing in mind the prominent place which the right to a fair trial holds in a democratic society within the meaning of the Convention (see the above-mentioned Delcourt judgment, Series A no. 11, pp. 14-15, para. 25 in fine). B) DECISIONI RELATIVE ALL'IMPARZIALITÀ DI GIUDICI INVESTITI DI PROCEDIMENTI CIVILI, DISCIPLINARI O AMMINISTRATIVI

♦ Albert e Le Compte c. Belgio, 28 gennaio 1983 ..................................................................... Non sussiste fondato timore di pregiudizio nei confronti dei componenti il collegio giudicante in materia disciplinare istituito presso gli Ordini dei medici del Belgio, quanto alle modalità di composizione del "tribunale" (la Corte ha preliminarmente ritenuto la natura giurisdizionale della procedura prevista dalla legge belga in materia; vedi sul punto anche la decisione nel caso Le Compte, Van Leuven e De Meyere, c. Belgio, 27 maggio 1981 che pure si allega).

♦ Diennet c. Francia, 31 agosto 1995 ......................................................................................... Annullamento con rinvio, per mero vizio di forma, da parte del Consiglio di Stato francese di una decisione disciplinare dell'Ordine dei Medici francese - nuovo esame del caso da parte di un collegio di cui fanno parte tre (su sette) professionisti che hanno contribuito a prendere la decisione annullata - non sussiste fondato timore di pregiudizio, pur nella (parziale) identità delle due decisioni prese dai diversi collegi. 36. Le requérant ne conteste pas l'impartialité personnelle des membres de la section disciplinaire du conseil national de l'ordre des médecins dans sa formation de renvoi. En revanche, il affirme que la conjonction de plusieurs éléments fait objectivement peser un très fort doute sur l'impartialité de ladite section en tant que telle: non seulement trois de ses sept membres - dont le rapporteur - avaient déjà connu de l'affaire en appel, mais en plus la seconde décision est identique à la première, à l'exception de l'ajout d'un paragraphe prenant en considération la loi d'amnistie intervenue entre temps.

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Il soutient que des suppléants auraient dû remplacer les trois titulaires en cause. A cet égard, on ne saurait lui reprocher de ne pas avoir récusé ces derniers: d'une part, une telle procédure - exceptionnelle en droit français - eût été vouée à l'échec et, d'autre part, le vice relatif à la motivation de la seconde décision de la section disciplinaire ne lui fut révélé que le jour de la notification de ladite décision, lorsqu'il put constater qu'elle était identique à la première. 37. Le Gouvernement et la Commission rappellent l'arrêt Ringeisen c. Autriche du 16 juillet 1971, d'après lequel "(...) on ne saurait poser en principe général découlant du devoir d'impartialité qu'une juridiction de recours annulant une décision administrative ou judiciaire a l'obligation de renvoyer l'affaire à une autre autorité juridictionnelle ou à un organe autrement constitué de cette autorité" (série A n° 13, p. 40, par. 97). Le premier précise à cet égard que l'article 11 de la loi du 31 décembre 1987 portant réforme du contentieux administratif prévoit expressément que si le Conseil d'Etat renvoie une affaire devant la même juridiction, celle-ci doit statuer dans une autre formation, sauf impossibilité tenant à la nature de celle-ci (paragraphe 17 ci-dessus); or en raison de l'unicité de la section disciplinaire du conseil national de l'ordre des médecins, il y aurait en l'espèce une telle impossibilité. Au sujet du grief tenant à la motivation, le Gouvernement souligne que la première décision n'a été annulée que pour vice de forme, et qu'aucun fait nouveau n'a été invoqué après le renvoi, si bien que la similitude des textes des deux décisions, même rapprochée de la composition de la section disciplinaire dans sa formation de renvoi, ne permet pas plus de douter objectivement de l'impartialité de cette dernière. 38. Selon la Cour, on ne peut voir un motif de suspicion légitime dans la circonstance que trois des sept membres de la section disciplinaire ont pris part à la première décision (voir l'arrêt Ringeisen précité, loc. cit.; paragraphe 12 ci-dessus). En outre, même avec une rédaction différente, la seconde décision aurait eu nécessairement le même fondement puisqu'il n'y avait pas d'éléments nouveaux. Les appréhensions de l'intéressé ne peuvent donc passer pour objectivement justifiées. 39. Partant, il n'y a pas eu violation de l'article 6 par. 1 (art. 6-1) de ce chef.

♦ Procola c. Lussemburgo, 28 settembre 1995 con nota di D. Spielmann, "Le Conseil d'Etat luxemburgeois aprés l'arret Procola de la Cour européen des droits de l'homme" ...................... Sussiste fondato timore di pregiudizio qualora del collegio giudicante facciano parte giudici che hanno già espresso il loro parere sullo stesso oggetto della causa quali componenti di un organo consultivo (caso concernente le funzioni giurisdizionali e consultive del Consiglio di Stato del Granducato del Lussemburgo) 45. La Cour constate qu'il y a eu confusion, dans le chef de quatre conseillers d'Etat, de fonctions consultatives et de fonctions juridictionnelles. Dans le cadre d'une institution telle que le Conseil d'Etat luxembourgeois, le seul fait que certaines personnes exercent successivement, à propos des mêmes décisions, les deux types de fonctions est de nature à mettre en cause l'impartialité structurelle de ladite institution. En l'espèce, Procola a pu légitimement craindre que les membres du comité du contentieux ne se sentissent liés par l'avis donné précédemment. Ce simple doute, aussi peu justifié soit-il, suffit à altérer l'impartialité du tribunal en question, ce qui dispense la Cour d'examiner les autres aspects du grief. Partant, il y a eu violation de l'article 6 par. 1 (art. 6-1).

♦ British American Tobacco Company Ltd. c. Olanda 23 ottobre 1995 ................................... Ufficio olandese dei brevetti - decisione di rigetto di una domanda di brevetto - ritenuto dubbio di parzialità nei componenti l'Ufficio - possibilità di impugnare la decisione davanti al giudice civile ordinario - inammissibilità della questione relativa alla indipendenza ed imparzialità dei componenti il collegio amministrativo. 85. Il n'appartient pas à la Cour de spéculer sur le point de savoir si les tribunaux civils néerlandais auraient estimé que la division des recours ne remplissait pas les critères de l'article 6 par. 1 (art. 6-1), ce qui leur eût conféré plénitude de juridiction sur le fond. Si les tribunaux civils s'étaient prononcés en ce sens, la société requérante aurait eu à sa disposition un recours judiciaire du type classique présentant les garanties requises par l'article 6 par. 1 (art. 6-1), même si elle aurait dû, conformément à la condition mise par le droit néerlandais, saisir d'abord la division des recours avant de porter sa cause devant les tribunaux civils. 86. Alors que, partant, la société requérante aurait pu soumettre sa prétention aux tribunaux civils pour examen, elle a choisi, pour une raison quelconque, de ne pas le faire. Dans ces conditions, la Cour ne saurait considérer, dans l'abstrait, que les recours que le droit néerlandais offrait à la société requérante pour

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revendiquer son prétendu droit à un brevet ne satisfaisaient pas aux exigences de l'article 6 par. 1 (art. 6-1) (voir, mutatis mutandis, l'arrêt Air Canada c. Royaume-Uni du 5 mai 1995, série A n° 316-A, p. 21, par. 62). 87. Dès lors, il n'y a pas eu violation de l'article 6 par. 1.

♦ per un caso parzialmente analogo, conclusosi nel senso della ritenuta violazione dell'art. 6.1 della Convenzione, v. Kingsley c. Regno Unito, 7 novembre 2000 ....................................................... Gaming Board for Great Britain (autorità che sovrintende sul gioco d'azzardo) - decisione di rigetto di una domanda di autorizzazione - ritenuto dubbio di parzialità nei componenti l'Ufficio - possibilità di impugnare la decisione davanti al giudice ordinario - insufficienza del rimedio giurisdizionale quanto alla possibilità di annullare, con rinvio ad una autorità indipendente, la decisione del Board - sussistenza della violazione dell'art. 6.1.

♦ De Haan c. Olanda, 30 giugno 1997 Ricorso alle procedure previste dalla legge olandese in materia di diritti sociali (nella specie diritto a percepire indennità di malattia) - decisione di rigetto da parte dell'Appeal Tribunal - opposizione davanti alla Chamber of Appeal presieduta dal giudice che ha preso la decisione del Tribunal - sussistenza della violazione del principio di imparzialità con opinione dissenziente sul punto 1. The Court observes the following features of the permanent-medical-expert procedure under the Appeals Act. Firstly, the sole responsibility for taking the decision falls to the president (or acting president) of the Appeals Tribunal, even when – as in the instant case – he does no more than ratify the opinion of the permanent medical expert (see the above-mentioned Feldbrugge judgment, p. 17, § 44). Secondly, unlike the Government, the Court takes the view that the permanent-medical-expert procedure is not comparable to criminal proceedings in absentia in which the accused is neither present nor represented, such as were considered in the above-mentioned Thomann judgment. The procedure here in issue involved a medical examination of the applicant. She was in a position to make any comments she considered appropriate, albeit to a medical expert and not to a judge. She was thus actively involved in the establishment of the expert's opinion which was to be the basis of the acting president's decision. 2. In the present case, unlike in the Feldbrugge case (loc. cit., pp. 17 –18, § 44), it is undisputed that the applicant had unlimited access to the Appeals Tribunal (see paragraph 30 above). It must accordingly be decided whether that tribunal offered the guarantees required by Article 6 § 1, in particular that of “impartiality”. 3. The Court recalls that, when the impartiality of a tribunal for the purposes of Article 6 § 1 is being determined, regard must be had not only to the personal conviction and behaviour of a particular judge in a given case – the subjective approach – but also to whether it afforded sufficient guarantees to exclude any legitimate doubt in this respect (see, among other authorities, the above-mentioned Thomann judgment, p. 815, § 30). 4. As regards the subjective aspect of such impartiality, there was nothing to indicate in the present case any prejudice or bias on the part of Judge S., and indeed the applicant did not suggest otherwise. There thus remains the objective test. 5. The decisive feature of the case is that Judge S. presided over a tribunal called upon to decide on an objection against a decision for which he himself was responsible (see paragraph 47 above). It is also significant that the tribunal was composed of a professional judge assisted by two lay judges. Unlike in the Diennet case, there had been no intervening decision by a higher body. The situation is more akin to that obtaining in the case of Oberschlick v. Austria (no. 1) (judgment of 23 May 1991, Series A no. 204), in which a judge who had participated in the judgment at first instance also participated in the hearing of an appeal against the same judgment. Against this background the Court finds that the applicant's fears in this regard were objectively justified. 6. Nonetheless no violation of Article 6 § 1 could be found if the decision of the Appeals Tribunal was subject to subsequent control by a judicial body that had full jurisdiction and did provide the guarantees of Article 6 (see, inter alia and mutatis mutandis, the Albert and Le Compte v. Belgium judgment of 10 February 1983, Series A no. 58, p. 16, § 29; more recently, the British-American Tobacco Company Ltd v. the Netherlands judgment of 20 November 1995, Series A no. 331, pp. 25–26, § 78).

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7. In its Feldbrugge judgment the Court noted that decisions of an Appeals Tribunal in proceedings such as those here in issue were not subject to appeal save, as had been held in the case-law of the Central Appeals Tribunal, in the event of non-observance of rules of a formal nature. The scope of review of the latter tribunal was held by the Court to be insufficient to make up for the failings of the procedure before the Appeals Tribunal (loc. cit., p. 18, §§ 45-46). It does not appear that this situation had changed substantially by the time the Central Appeals Tribunal was called upon to consider the appeal brought by the applicant (see paragraph 37 above). In particular, the Central Appeals Tribunal was not able to reassess the medical evidence and thus to decide itself the issue in dispute. 8. However, the possibility exists that a higher or the highest tribunal may, in some circumstances, make reparation for an initial violation of one of the Convention's provisions (see the De Cubber v. Belgium judgment of 26 October 1984, Series A no. 86, p. 19, § 33). The Central Appeals Tribunal had the power to quash the decision appealed against on the ground that the composition of the Appeals Tribunal had not been such as to guarantee its impartiality and to refer the case back to the Appeals Tribunal for rehearing if necessary (see paragraphs 36 and 37 above). However, it declined to do so and, as a consequence, did not cure the failing in question. 9. In conclusion, there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention. Opinione dissenziente dei giudici VAN DIJK e MATSCHER Neither the efforts of the Delegate of the Commission to distinguish the two procedures nor the arguments given by the majority to underline the distinction made have convinced me. In both cases the judge who gives the first decision does so on the basis of all available information and evidence, but at the same time he is fully aware that he may be called upon to reconsider his decision if that decision is objected against on the ground that the person concerned was not heard at a trial. If that is the case, the examination of the case will start afresh and in the presence of the person concerned, and a new decision will be taken on the basis of not only the information and evidence which was already available but also any new information or evidence that may emerge. Accordingly, the main aspects which distinguish the present case and the Diennet, Thomann and Ringeisen cases from the cases in which the Court reached the conclusion that prior involvement of a judge impaired his impartiality in an objective sense are precisely that (a) here the previous decision did not have irreversible consequences and could be reconsidered by the same judicial authority at the same instance; (b) the judge was aware of that when he took his decision; and (c) the second decision was not in the nature of an appeal or revision, but of a continuation or reopening of the examination of the case at the same instance: “a fresh consideration of the whole case” (Thomann judgment cited above, p. 816, § 35). Although it would certainly have been preferable had the judge who took the first decision not sat in the Chamber dealing with the case after the hearing, the applicant had, in my opinion, no reasonable ground for questioning Judge S.'s impartiality. In this case, too, “one must ... look beyond the appearances ... and concentrate on the realities of the situation” (De Jong, Baljet and Van den Brink v. the Netherlands judgment of 22 May 1984, Series A no. 77, p. 23, § 48). Of course, Judge S. had formed an opinion about the case before the hearing and had made it known to the applicant. That does not imply that he no longer offered sufficient guarantees that in participating in the Chamber he based his opinion solely on the law and the facts; foreknowledge is not the same as bias.

♦ sulla natura giurisdizionale della procedura olandese in tema di diritto sociali, v. anche Feldbrugge c. Olanda, 23 aprile 1986, ampiamente richiamata nella decisione sopra riportata ..........................

♦ Academy Trading Ltd and others c. Grecia, 21 marzo 2000 Corte di Cassazione greca - modalità di formazione del collegio - dubbio sulla imparzialità determinata dalle modalità di scelta dei componenti il collegio - insussistenza della violazione

♦ Morel c. Francia 6 giugno 2000 Amministrazione controllata di società in Francia - Tribunale di commercio - dubbio sulla imparzialità del juge-commissaire - conoscenza del caso per aver preso delle decisioni nella fase "d'observation" - insussistenza della violazione.

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10. (…………….) De plus, le simple fait, pour un juge, d’avoir déjà pris des décisions avant le procès ne peut passer pour justifier en soi des appréhensions relativement à son impartialité. Ce qui compte est l’étendue des mesures adoptées par le juge avant le procès. De même, la connaissance approfondie du dossier par le juge n’implique pas un préjugé empêchant de le considérer comme impartial au moment du jugement sur le fond. Enfin, l’appréciation préliminaire des données disponibles ne saurait non plus passer comme préjugeant l’appréciation finale. Il importe que cette appréciation intervienne avec le jugement et s’appuie sur les éléments produits et débattus à l’audience (voir, notamment, mutatis mutandis, arrêts Hauschildt c. Danemark du 24 mai 1989, série A n° 154, p. 22, § 50 ; Nortier c. Pays-Bas du 24 août 1993, série A n° 267, p. 15, § 33 ; Saraiva de Carvalho c. Portugal du 22 avril 1994, série A n° 286-B, p. 38, § 35).

11. Au vu de ces principes, la Cour estime que les appréhensions du requérant ne peuvent se justifier en elles-mêmes par le fait que le juge-commissaire a pris certaines décisions durant la phase d’observation (ordonnances de gestion des sociétés, de licenciement et de mesures conservatoires). Sa connaissance du dossier ne fut pas non plus en soi déterminante. Quant à l’influence alléguée par le requérant du juge-commissaire au sein de la formation collégiale, elle n’est pas ici l’objet du débat.

12. La Cour est simplement appelée à décider si, compte tenu de la nature et de l’étendue des fonctions du juge-commissaire durant la phase d’observation et des mesures adoptées, ce dernier fit preuve d’un parti pris quant à la décision à rendre par le tribunal. Ce serait le cas si les questions traitées par le juge-commissaire durant la phase d’observation avaient été analogues à celles sur lesquelles il statua au sein du tribunal (arrêt Saraiva de Carvalho précité, p. 39, § 38).

13. Or il ne ressort pas du dossier que tel est le cas ici. Le dossier indique que le juge-commissaire traita par voie d’ordonnance des questions relatives à la gestion de la survie économique et financière des sociétés et à la gestion du personnel des sociétés au cours de la phase d’observation. Selon le droit interne applicable, son rôle était de veiller au déroulement rapide de la procédure et à la protection des intérêts en présence.

Saisi ensuite sur la base de l’article 61 de la loi du 25 janvier 1985 (soit contrairement à ce que soutient le requérant sans rapport écrit du juge-commissaire), le tribunal qu’il présidait était chargé d’apprécier la viabilité à plus ou moins long terme du plan de continuation proposé par le requérant à la fin de la phase d’observation. A cet égard, le tribunal devait examiner les garanties financières et autres éléments produits par le requérant à l’audience ainsi que l’état de ses sociétés à cette date (personnel, actif immobilier, secteur d’activité en difficulté). Il se fondait également sur les éléments fournis par l’administrateur.

Cette appréciation se fit sur la base des éléments produits et débattus à l’audience. En atteste le fait que le tribunal ne statua définitivement qu’après avoir demandé et obtenu du requérant des documents complémentaires prouvant la crédibilité des garanties qu’il avait produites.

La Cour relève donc que le juge-commissaire fut confronté à deux questions bien distinctes. Si du fait de son rôle durant la phase d’observation, il disposa d’une connaissance privilégiée de l’état des sociétés, soit l’un des éléments pris en compte par le tribunal pour trancher, il ne pouvait pour autant avoir déjà adopté un point de vue sur le plan de continuation proposé par le requérant à l’audience devant le tribunal et dont le tribunal apprécia la viabilité au regard des garanties fournies et examinées à l’audience (voir, mutatis mutandis, les arrêts précités Saraiva de Carvalho, p. 39, § 38 in fine, et, a contrario, Hauschildt).

14. La Cour ne trouve donc, en l’espèce, aucun motif objectif de croire que la nature et l’étendue des tâches du juge-commissaire durant la phase d’observation – destinée à assurer la gestion courante des sociétés – impliquaient un préjugé sur la question – distincte – à trancher au sein du tribunal concernant l’appréciation de la viabilité du plan de continuation proposé par le requérant à la fin de la période d’observation et des garanties financières produites à l’audience.

15. Au vu des circonstances particulières de la présente affaire, la Cour conclut que les appréhensions du requérant ne se trouvent pas, en l’espèce, objectivement justifiées.

Partant, il n’y a pas eu violation de l’article 6 § 1 en tant qu’il garantit le droit à un tribunal impartial.

♦ Wettstein c. Svizzera, 21 dicembre 2000 Corti amministrative cantonali di diritto elvetico - composizione mista di giudici professionali e giudici onorari, scelti tra gli appartenenti alle categorie forensi - sussistenza della violazione dell'art. 6.1 per sospetto di carenza di imparzialità nel caso in cui alcuni dei giudici onorari avessero trattato altre questioni, quali avvocati, nei confronti del ricorrente.

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C) DECISIONI RELATIVE A RICORSI CONTRO L'ITALIA IN TEMA DI IMPARZIALITÀ DEL GIUDICE

♦ Padovani c. Italia, 26 febbraio 1993 (La Corte ha ritenuto l'insussistenza della violazione dell'art. 6.1 in un caso di giudizio direttissimo tenuto dal pretore e svoltosi nelle forme del codice di procedura penale previgente, quando tale giudice assommava in se le competenze del PM e del giudicante; la Corte ha operato un bilanciamento dell'esigenza di imparzialità con quella, richiesta dalla stessa norma della Convenzione, del "tempo ragionevole") 28. En l'espèce, la crainte d'un défaut d'impartialité tenait au fait que le pretore, avant la procédure de jugement, avait interrogé le requérant, avait pris des mesures restreignant sa liberté et l'avait cité à comparaître devant lui (paragraphes 10-11 ci-dessus). Or si pareille situation pouvait susciter des doutes chez l'intéressé, on ne saurait pour autant les considérer comme objectivement justifiés. Des renseignements recueillis par la Cour (paragraphe 8 ci-dessus), il ressort en effet que les actes d'instruction sommaire mentionnés au paragraphe 16 du rapport de la Commission se limitèrent en l'espèce à l'audition des trois inculpés, alors que le juge d'instance aurait pu en accomplir davantage en vertu de l'article 231 du code de procédure pénale (paragraphe 14 in fine ci-dessus). Il appert en outre qu'en délivrant le mandat d'arrêt du 26 février 1987, ledit magistrat se fondait notamment sur les propres déclarations de M. Padovani (paragraphes 11-12 ci-dessus et arrêt Sainte-Marie c. France du 16 décembre 1992, série A n° 253-A, p. 16, par. 33). La Cour note de surcroît que le pretore obéissait à des dispositions précises applicables aux cas de flagrant délit relevant de sa compétence. Le giudizio direttissimo est une procédure souple qui cherche à répondre à l'exigence du respect du "délai raisonnable". 29. Il n'y a donc pas eu violation de l'article 6 par. 1 (art. 6-1).

♦ v. però, in senso contrario, la più recente decisione nel caso Tierce e altri c. San Marino, 25 luglio 2000 (Funzioni del "Commissario della legge" della Repubblica di San Marino, organo che nella "procedura

sommaria" assomma in se le funzioni di giudice istruttore e di giudice del dibattimento, similmente al pretore italiano secondo il vecchio rito - ritenuta violazione dell'art. 6.1. per difetto di imparzialità - interpretazione della decisione nel caso Padovani nel senso che nel caso allora esaminato si trattava di un giudizio direttissimo fondato anche sulle ammissioni del condannato e non di una vera e propria istruttoria penale)

♦ Ferrantelli e Santangelo c. Italia, 26 giugno 1996

(Situazione ritenuta pregiudicante: presidente di una corte di assise che ha emesso una sentenza di condanna nei riguardi di imputati maggiorenni per un reato commesso in concorso con minorenni. Situazione pregiudicata; la presenza dello stesso presidente della corte in funzione di presidente del collegio minorile che ha giudicato in epoca successiva gli imputati minorenni concorrenti nel reato - identità del fatto - ritenuta violazione dell'art. 6.1) .......................................................................... 58. Under the second, it must be determined whether, quite apart from the judge's conduct, there are ascertainable facts which may raise doubts as to his impartiality. In this respect even appearances may be of a certain importance. What is at stake is the confidence which the courts in a democratic society must inspire in the public. This implies that in deciding whether in a given case there is a legitimate reason to fear that a particular judge lacks impartiality, the standpoint of the accused is important but not decisive. What is decisive is whether this fear can be held objectively justified (see the Hauschildt judgment, cited above, p. 21, para. 48, and, mutatis mutandis, the Fey v. Austria judgment of 24 February 1993, Series A no. 255-A, p. 12, para. 30). 59. Like the Commission, the Court notes that in the instant case the fear of a lack of impartiality derived from a double circumstance. In the first place, the judgment of 2 June 1988 of the Caltanisetta Assize Court of Appeal, presided over by Judge S.P. (see paragraph 26 above) contained numerous references to the applicants and their respective roles in the attack on the barracks. In particular, mention was made of the "co-perpetrators" of the double crime and of "the precise statement by G.V. that G.G. together with Santangelo had been responsible for physically

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carrying out the murders", and it was affirmed that Mr Ferrantelli had helped to search the barracks and to transport material belonging to the carabinieri. Secondly, the judgment of the Juvenile Section of the Caltanisetta Court of Appeal of 6 April 1991 (see paragraph 30 above) convicting the applicants cited numerous extracts from the decision of the Assize Court of Appeal concerning G.G. In the Juvenile Section it was once again Judge S.P. who presided and indeed he was the reporting judge. 60. These circumstances are sufficient to hold the applicants' fears as to the lack of impartiality of the Juvenile Section of the Caltanisetta Court of Appeal to be objectively justified. There has accordingly been a breach of Article 6 para. 1 (art. 6-1) on this point.

♦ Buscemi, 16 settembre 1999, (Caso di parzialità soggettiva determinato da dichiarazioni rese alla stampa dal Presidente del tribunale per i minorenni sui criteri adottai per la trattazione di un procedimento civile in corso - dovere di riservatezza del giudice - ritenuta violazione dell'art. 6.1) 67. La Cour souligne avant tout que la plus grande discrétion s'impose aux autorités Judiciaires lorsqu’elles sont appelées à juger, afin de garantir leur image de juges impartiaux. Cette discrétion doit les amener à ne pas utiliser la presse, même pour répondre à des provocations. Ainsi le veulent les impératifs supérieurs de la justice et la grandeur de la fonction judiciaire. 68. Avec la Commission, la Cour estime que le fait que le président du tribunal ait employé publiquement des expressions sous-entendant un jugement défavorable au requérant avant de présider l'organe judiciaire appelé à trancher l'affaire, ne semble à l'évidence pas compatible avec les exigences d'impartialité de tout tribunal, consacrées à l'article 6 § 1 de la Convention. En effet, les déclarations du président du tribunal étaient de nature à justifier objectivement les craintes du requérant à l'égard de son impartialité (voir, mutatis mutandis, l’arrêt Ferrantelli et Santangelo c. Italie du 7 août 1996, Recueil 1996-III, p. 952, §§ 59 et 60). 69. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.

♦ Rojas Morales, 16 novembre 2000 (Situazione ritenuta pregiudicante: due componenti del tribunale che hanno svolto funzioni di presidente e di giudice nel collegio che ha emesso la sentenza di condanna nei riguardi di un coimputato - situazione pregiudicata: il giudizio sugli stessi fatti a carico del coimputato, la cui posizione era stata all'epoca stralciata - valutazioni contenute nella prima sentenza riguardo alla penale responsabilità del coautore del reato - ritenuta violazione dell'art. 6.1)

16. La Cour note qu'en l'occurrence la crainte d'un manque d'impartialité tient du fait que le jugement du tribunal de Milan du 6 juillet 1993, prononcé à l’encontre de M. A., contenait de nombreuses références au requérant et à son rôle au sein de l’organisation criminelle de laquelle il était soupçonné faire partie. En particulier, plusieurs passages se réfèrent au requérant comme étant l’organisateur ou le promoteur d’un trafic de stupéfiants entre l’Italie et l’Amérique latine (voir paragraphe 12 ci-dessus). Deux des juges ayant prononcé le jugement du 6 juillet 1993 - notamment Mmes M. et B. - ont ensuite été appelées à décider sur le bien-fondé des accusations portées à l’encontre du requérant, qui concernaient, au moins en partie, les mêmes faits qui étaient à la base de la condamnation de M. A.

17. La Cour considère que ces éléments suffisent pour considérer comme objectivement justifiées les craintes du requérant à l'égard de l'impartialité du tribunal de Milan.

18. Par conséquent, il y a eu violation de l'article 6 § 1. D) CASI PARTICOLARI DECISI DALLA CORTE

♦ Castillo Algar c. Spagna, 28 ottobre 1998 Sulla imparzialità delle Corti militari spagnole

♦ Gregory c. Regno Unito, 25 febbraio 1997 ♦ Sander c. Regno Unito, 9 maggio 2000

Entrambe sul pregiudizio razziale e l'imparzialità delle giurie di diritto anglosassone

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♦ Remli c. Francia, 30 marzo 1996 Sul pregiudizio razziale e l'imparzialità delle giurie nelle Corti d'assise francesi

♦ Pullar c. Regno Unito, 20 maggio 1996 Ancora sulle delle giurie di diritto anglosassone e sui criteri di valutazione dell'imparzialità dei "jurors".

♦ Oberschlick c. Austria, 25 aprile 1991 Processo penale in Austria - mancato rispetto delle norme interne sull'incompatibilità - sussistenza della violazione.