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8 luglio 2015 GIORNALE DI SICILIA Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 LA REPUBBLICA Pagina 1 di 2

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8 luglio 2015 GAZZETTA DEL SUD Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 ITALIA OGGI Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 GIORNALE D'ITALIA Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 GIORNALE DI SICILIA Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 IL SOLE 24 ORE Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 IL SOLE 24 ORE Pagina 1 di 1

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8 luglio 2015 EDILIZIA E TERRITORIO Pagina 1 di 2

Lavori Pubblici

Delrio: «Sbloccare opere per 20 miliardi nei

prossimi 18-24 mesi, molte al Sud»

Brunella Giugliano

Contratti Anas e Rfi, opere dei Provveditori, cantieri dello Sblocca Italia, e altro - Ma resta il nodo della spesa 2015 dei vecchi piani Ue

Sbloccare 20 miliardi nei prossimi 18-24 mesi da destinare a opere pubbliche. A dirlo è il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, a Napoli per la presentazione del progetto di ricostruzione dello Science Centre di Città della Scienza. «Ci sono tantissime opere in giro - ha aggiunto- Recuperare queste risorse significa sbloccare lavori, per esempio i dragaggi per i porti, ma anche i sistemi fognari e i risanamenti». Lunedì all'incontro con il premier Renzi e il gruppo parlamentare del Pd il ministro Delrio aveva parlato di 19 miliardi di euro da sbloccare: all'edilizia scolastica 1,220 miliardi, per lo sblocca Italia sono previsti 3,2 miliardi e per il dissesto idrogeologico altri 3 miliardi. Per Rfi sono previsti 4 miliardi e per il contratto di programma Anas 1,115. In opere dei provveditorati dovrebbero essere investiti 4,5 miliardi, mentre agli aeroporti dovrebbero andare 228 milioni, 468 milioni al piano casa e 900 milioni ai porti; in ambito locale sono previsti 260 milioni per Tpl e 500 milioni di interventi nei comuni. A Napoli Delrio ha parlato di un Piano che darà un forte impulso anche al Meridione, alla competitività del sistema industriale e che determinerà quello che definisce uno «sviluppo autopropulsivo non assistito». «Noi sappiamo che i soldi investiti qui a Città della Scienza - ha spiegato - non necessiteranno di ulteriori investimenti perchè genereranno ricchezza, culturale, di capitale sociale e umano. Sappiamo che sbloccare i lavori al porto di Napoli vuol dire creare lavoro a lungo termine. Abbiamo bisogno di fare opere che diano competitività nel lungo periodo». Non manca un riferimento anche ai fondi europei. «Abbiamo buone notizie dal Sud - afferma Delrio - L'anno scorso, grazie all'azione puntuale sulle risorse comunitarie, abbiamo aumentato del 44% i bandi pubblici nel Mezzogiorno e abbiamo ottime risposte sulle startup giovanili. Abbiamo un investimento massiccio sulla Napoli-Bari di oltre 4 miliardi, sulla Messina-Catania-Palermo per portare l'alta velocita anche al Sud». Ed proprio sui fondi europei per i Programmi 2007-2013 che il Governo gioca la partita più difficile. Per il 2015, infatti, l'Italia deve spendere 13,6 miliardi (ultimo dato disponibile del 31 dicembre 2014), il 29,2% del totale, pena la revoca dei fondi da parte della Commissione europea. Il Governo, in realtà, a partire dal 2011, ha impresso una forte accelerazione all'utilizzo dei finanziamenti comunitari per recuperare i forti ritardi dei primi anni. La percentuale di spesa sui programmi europei Fesr-Fse è così salita dal 25% di fine 2011 al 36% del 2012, al 52,7% del 2013 e ad oltre il 70% al 31 dicembre 2014. Tuttavia, la missione dell'ultimo anno si presenta ancora ardua, soprattutto se si considera che nel 2013 la spesa italiana per i fondi strutturali è stata di 5,7 miliardi, nel 2014 è salita a 7,5, e che ora, nell'ultimo anno, deve quasi raddoppiare.

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8 luglio 2015 EDILIZIA E TERRITORIO Pagina 2 di 2 I programmi con quota residua di spesa più alta sono il Pon Reti (Infrastrutture) e i Por di Campania, Sicilia e Calabria. Il dato peggiore è quello del Pon Reti, i progetti di opere pubbliche gestiti dal Ministero delle Infrastrutture, fermo a fine 2014 al 51% della spesa: nonostante il valore del programma sia stato ridotto dai 2,75 miliardi iniziali agli 1,8 attuali, dovrà certificare entro il 31 dicembre prossimo 897 milioni. In forte ritardo anche il Por Campania, dove su 4.576 milioni totali ne restano da spendere entro l'anno 2.025 (il 44%). Male anche il Por Sicilia (da spendere 1.895 milioni su 4.359 pari al 43,5%) e il Por Calabria, dove mancano 806 milioni di spesa su 1.998. Le Autorità di gestione responsabili dei Programmi stanno tentando un rush finale con l'accelerazione sui grandi cantieri in corso e con una incessante attività di riprogrammazione che prevede lo spostamento di fondi da progetti incagliati ad altre opere a cantierizzazione più veloce. Restano meno di sei mesi di tempo. Non sono ancora stati approvati, inoltre, quasi tutti i Piani relativi alla nuova programmazione 2014-

2020, dal valore complessivo di 31,7 miliardi. Al momento, il disco verde della Commissione Europea è arrivato per 11 dei 13 Por Fesr delle Regioni più sviluppate (restano fuori il Veneto e il Friuli Venezia Giulia), per il Pon Cultura, il Pon Imprese e Competitività e il Pon Istruzione, mentre si attende il via libera per i Por delle cinque Regioni meno sviluppate (Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria), delle tre regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) e per quattro Piani nazionali (Pon Infrastrutture e Reti, Ricerca e Innovazione, Città Metropolitane e Legalità).

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8 luglio 2015 EDILIZIA E TERRITORIO Pagina 1 di 2

Città e Urbanistica

Dissesto idrogeologico, ecco i 600 milioni

per il Piano stralcio «grandi aree urbane»,

a giorni il Dpcm Alessandro Arona

In Gazzetta la delibera Cipe del 20 febbraio, sbloccato anche il fondo progettazione da 110 milioni - «In un anno sbloccate 800 opere per 1,1 miliardi»

Sbloccati, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nei giorni scorsi della delibera Cipe n. 153 del 20 febbraio scorso i 600 milioni di euro (più volte annunciati) per il piano stralcio anti dissesto idrogeologico sulle città metropolitane (560 milioni dai fondi sviluppo e coesione 2014-20, 150 individuati dal Cipe da risorse esistenti) e 110 milioni per il fondo progettazione.

«Entro metà luglio – può annunciare a questo punto Mauro Grassi, direttore della struttura di

missione #italiasicura – avremo la lista degli interventi e il relativo Dpcm per approvarla». Il piano

stralcio per le città metropolitane sarà di 1.250 milioni di euro, con una prima lista da 600 milioni finanziata e una seconda da 650 da finanziare (Palazzo Chigi punta sulla prossima legge di Stabilità). Le città interessate saranno tra le altre Genova (almeno 350 milioni), Torino, Milano, Bologna, Firenze, Padova, Roma, Napoli, Catania, Reggio Calabria, Olbia.

Dopo la firma del Dpcm (da parte di Renzi o del sottosegretario De Vincenti) sarà poi necessaria la firma di accordi di programma Regine per Regione con il Ministero dell'Ambiente, con il coordinamento dell'Unità di missione. «Contiamo di fare gli accordi - spiega Grassi - entro l'estate». La delibera Cipe in Gazzetta, come si accennava poc'anzi, ha sbloccato anche i 110 milioni di euro per i

fondo di progettazione, che andranno a finanziare gli enti locali ai fini dell'elaborazione dei progetti da inserire poi nel Piano anti-dissesto da 7 miliardi di euro in sei anni, che rispetto agli annunci del dicembre scorso è ancora sostanzialmente al "caro amico". Gli interventi per 22 miliardi di euro presentati dalle Regioni nel dicembre scorso, infatti, «erano al 90% ancora da progettare», spiega Grassi.

Nell'ambito dei 22 miliardi, però, l'Unità di missione un pacchetto di opere "avanzate", con progetto definitivo o esecutivo, con le quali Palazzo Chigi sta definendo un nuovo piano stralcio anti-dissesto

per il contrasto ai fenomeni franosi e all'erosione costiere, che dovrebbe contare un elenco di progetti (definitivi ed esecutivi) per 1.365 milioni di euro (1.071 anti-frana e 294 anti-erosione), anch'essi da finanziare nell'ambito della prossima legge di stabilità.

Oltre ai 600 milioni sbloccati dal Cipe, dunque, Padoan si troverà una lista di altre richieste per circa due miliardi da inserire nella legge di Stabilità 2016. Se gli interventi saranno davvero cantierabili il pacchetto di progetti potrebbe allettare il premier Renzi, che più volte in questi giorni ha detto di voler sbloccare l'edilizia.

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Nel frattempo Grassi, in audizione alle commissioni congiunte Bilancio e Ambiente della Camera, ha anche fatto il punto sullo stato delle vecchie opere anti-dissesto monitorate dall'Unità di missione, spiegando che in un anno di lavoro sono stati riavviati 800 interventi per un valore di 1.071 milioni

di euro. I progetti da sbloccare, finanziati prima del 2013 e fermi per vari intoppi, quantificati dall'Unità di missione in 2.219 milioni nel giugno 2014, «erano probabilmente molti di più», spiega Grassi. «Da allora infatti - continua - sono stati riavviati 800 interventi per 1.071 milioni, e altre opere per circa due

miliardi di euro sono ancora ferme. Il monitoraggio ufficiale rileva opere per 2.481 milioni, ma ci sono doppioni, stiamo verificando, credo che alla fine saranno meno».

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Gestionale

Casse edili, sentenza del Consiglio di Stato: niente

Durc da quelle non rappresentative

Giuseppe Latour

Con lo stop alle «casse anomale» i giudici danno ragione all'Ance: per poter erogare servizi devono essere davvero «enti bilaterali»

Le Casse edili sono enti bilaterali. E, come tali, devono garantire un livello minimo di rappresentatività delle associazioni che vi aderiscono, per poter svolgere le loro funzioni, come l'emissione del Durc. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che, con lasentenza n. 2985 del 2015 , assesta un colpo durissimo alle Casse edili "anomale", andando nella direzione da sempre indicata dall'Ance: quelle che non sono in grado di rispettare i requisiti minimi di legge non possono operare.

Alla base della questione c'è il ricorso della Cassa edile nazionale artigianato e industria – Cenai, contro la sentenza del Tar Lazio n. 5004/2014. I giudici di primo grado avevano negato all'ente la possibilità di stipulare la convenzione necessaria per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva. La Cenai ha impugnato questa decisione lamentando che non ci fosse nessuna norma in grado di giustificarla. Il Consiglio di Stato, per rispondere al ricorso, parte dalla definizione dell'attività delle Casse edili: si tratta di enti bilaterali, nel senso che la loro gestione è affidata a rappresentanti delle categorie dei datori di lavoro e dei lavoratori. Quindi, quando si parla di una Cassa edile bisogna verificare che ci sia un certo grado di rappresentatività in capo alle associazioni che vi aderiscono.

Più nello specifico, in base alle norme in vigore, per potersi definire ente bilaterale una Cassa edile deve essere stata contemplata da un contratto collettivo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Inoltre, il requisito della rappresentatività deve coniugarsi con quello della reciprocità. In altre parole, i lavoratori iscritti in una Cassa devono avere la possibilità di far valere presso quell'ente contributi, accantonamenti e anzianità maturati altrove. Sul punto la legge n. 109/1994 ha esplicitamente escluso che il requisito della reciprocità valga per tutti. Serve anche in questo caso il collegamento dell'ente a un accordo tra le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori. Fatte tutte queste premesse, per Palazzo Spada la Cenai non possiede i requisiti in questione. Questo ente, infatti, è costituito da organizzazioni che, nel settore, non detengono il requisito della rappresentatività e che non hanno mai sottoscritto accordi che impegnino al rispetto della reciprocità. Quindi, c'è una carenza totale delle prerogative che possono consentire l'emissione del Durc.

Questi requisiti vanno valutati in maniera analitica, dal momento che il rilascio del documento unico di regolarità contributiva è una funzione certificativa di grande importanza. Non vale nemmeno l'argomentazione per la quale le Casse edili legittime abuserebbero di una posizione dominante rispetto alle altre. Secondo i giudici, quella di rilascio del Durc è un'attività non economica svolta «a titolo gratuito in favore di ciascuna società richiedente». Per questo non sono ravvisabili i presupposti giuridico-fattuali per l'applicazione della disciplina antitrust.