La Rassegna d’Ischia n. 1/1983 2 -...

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Descritto da don Paulo Monti parroco del Casal di Lacco

Lo Scoppio della rivolta di Masaniello

di Giovanni Castagna

Don Paulo Monti, parocho della SSma Nunziata del Casal del Lacco, come egli stesso scrive, è stato reso celebre da un suo viaggio a Roma, in Alma Urbe, se-condo l’espressione del suo economo che, per ben due volte, annota nel re-gistro parrocchiale: “.....Io don Barto-lomeo Monte, econimo del molto Re-verendo don Paulo Monti, essendo in Alma Urbe, ho battezato....’”, lasciando trasparire la sua ammirazione per un viaggio che, in quei tempi, doveva appa-rire un sogno proibito per gli abitanti del Casale. (1)

Don Paulo partì per Roma nel 1650 per sottoporre, come scrive Amedeo Ma-iuri che stranamente lo chiama Antonio, “ai giudizi dei competenti un’iscrizione incisa su un grosso macigno ancorato sul più pauroso strapiombo dei dirupi di Montevico, scritta, come si ritenne in “frigiche note”, dalla cui spiegazione ci si riprometteva di poter avere il docu-mento irrefutabile dello sbarco di Enea a Lacco prima che a Cuma e la giustifi-cazione del nome Aenaria dato dai Lati-ni all’isola greca di Pithecusae. Ma con non poco disappunto le “frigiche note” si riconobbero per greche, l’etimologia di Aenaria non parve convenientemen-te suffragata..”. (2)

Il testoDomenica sei d. luglio 1647. Io D. Paulo

Mōti ritrouãdomi in Nap. 1. pezolani por-tauano l. frutti nel mercato d. detta cita et essendo põte Tista Noclerio grassero seu El(etto) del populo il quale haueua pro-messo cõgionto cō il Viceré d. Nap. duca d. arco leuar l. gabella su l. frutti et cosi essendo uenuto meno, detto popolo hane pigliate l. fiche, et bottatecele m’ faccia et fece uiolenza p. darli morte et essēdo uno capitano nominato Barbaro l’ saluo (ne) la Zabattaria et portate lo nel castel-lo Nouo il detto popolo abrusciarno tutti li lochi dell. gabelle et andatosene al Pa-lazzo Reale pigliorno il Viceré p per doue il detto viceré fece buttar grã quantità d. zechini et il popolo recuso pigliarle ma sempre andaua dicendo che nō uoleua-no denari ma che si leuassero l. gabel-le et esso promittendo di si, et cosi p l. ponte del arcenale fugendo in S.to Fran.co dell Croce d. Palazzo, et si saluo, et il Populo hane fracassato l. palazzo Rea-le cō gran opprobrio, et scossate tutte l. carcere d. Nap. excepta l. Vicaria. Lunedi hanno abrusciato l. palazzo d. felice basile d. Giōmo dalizi a porta noua l. palazo d. Tonno d. agnilo all Spirito S.to l. palazzo di tista Noclero et fatto l. piaza d. arme all Mercato cō rouolutione d. tutto l. popolo all. Sellaria portato 6 cannoni quali erano dētro S.ta Catarina dell. maestri Martedì hanno piglito l. cannoni dentro St Lorēzo et hãno abrusciato l. palazzo d. Carlo maz-zella et d. Meo d. Aquino sempre gridãdo viua Iddio et Redispagna et volemo gras-sa senza gabelle, et tutta l. Cita all. arme.

(Archivio Parrocchiale della SS. Annunzia-ta - Lacco Ameno, vol. I dei battezzati, pag. 293-retro).

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Interpretazione del Testo

Domenica sei di luglio 1647 Io Don Paulo Monti, ritrovandomi a Napoli, i pozzolani portavano la frutta al merca-to di detta città dove era presente Tista Noclerio, grasciere ossia Eletto del po-polo, il quale aveva promesso, insieme al Viceré di Napoli, di togliere la gabella sulla frutta. Ma essendo venuti meno, detto popolo prese i fichi, glieli lanciò al viso e fece violenza per ammazzarlo, ma essendovi un capitano di nome Barba-ro lo mise in salvo nella Zabatteria e lo condusse in Castel Nuovo. Il detto po-polo mise il fuoco a tutti i casotti delle gabelle e recatosi a Palazzo Reale asse-diarono il Viceré proprio dove questi fece lanciare gran quantità di zecchini. Il popolo rifiutò prenderli e gridava che non voleva denari, ma che si togliessero le gabelle. Egli promise e su per il ponte dell’arsenale si rifugiò in San Francesco della Croce di Palazzo e il popolo fracas-sò il Palazzo Reale con grande obbro-brio e scardinò le carceri, salvo quella della Vicaria.

Il lunedì hanno appiccato il fuoco al palazzo di Felice Basile, di Girolamo Letizia a Porta Nova, il palazzo di An-tonio De Angelis allo Spirito Santo, il palazzo di Tista Noclero ed hanno fatto del Mercato piazza d’armi con rivoluzio-ne di tutto il popolo. Alla Sellaria hanno portato 6 cannoni che erano in S. Ca-terina dei Maestri. Martedì hanno pre-so i cannoni in San Lorenzo ed hanno messo il fuoco al palazzo di Carlo Maz-zella e di Bartolomeo D’Aquino, sempre gridando Viva Iddio e il Re di Spagna e Vogliamo grascia senza gabelle e tutta la città in armi.

È più che probabile, però, che le ricerche del Parroco, per rivendicare al Casal del Lacco lo sbarco della flotta di Enea, continuassero per-ché ritornò a Roma tre anni dopo (aprile del 1653). (3)

Abbiamo sempre pensato, con simpatia ed ammirazione, a questo parroco lacchese che dopo esser riuscito a ricopiare, incurante di ogni pericolo su quel ‘pauroso strapiombo’ che tanti lamenti in latino farà esalare all’Ignarra, l’iscri-zione incisa sul macigno, parte per Roma senza frapporre indugi. Chissà quale fu la sua delusio-ne durante il viaggio di ritorno!

Nel corso di una ricerca sulla popolazione lac-chese del ‘600, non nascondiamo che ci sorride-va la speranza di trovare, fra una trascrizione di battesimo, di matrimonio o di morte, qualche noterella, un qualsiasi minimo accenno. Niente. Un po’ delusi, cominciammo ad abituarci alla grafia dei suoi successori (Don Marzio e Don Ambrosio), quando nel voltar pagina ci trovam-mo di fronte ancora una volta alla tipica grafia di Don Paulo ed iniziammo a leggere: Domenica sei di luglio 1647. Io don Paulo Monti... e interessati continuammo la lettura del testo che riportiamo a parte (4).

In questo testo il parroco Monti ci ha lasciato la sua testimonianza oculare dello scoppio della rivolta antifiscale detta di Masaniello. Fatti pre-cisi, descrizione di luoghi, anche se vi è qualche confusione nei nomi, dimostrano chiaramente ch’egli si è trovato sul posto al momento dell’ini-zio della rivolta. Commette, tuttavia, un errore di datazione. Dobbiamo infatti leggere: Domenica 7 luglio 1647. Il 6, se si deve prestar fede al calen-dario perpetuo, era sabato.

Una cosa è certa: il parroco Monti dovette tro-varsi o alloggiare in Piazza del Mercato, detta an-che Foro Magno, allora celebre perché fu il luogo in cui “una bipenne”, come cantò Aleardo Ale-ardi, calò sul ceppo, ove posava un capo/ colla pupilla del color del mare / Pallido e altero e con la chioma d’oro, cioè il luogo ove avvenne la de-capitazione di Corradino di Svevia. La descrizio-ne, inoltre, della scena svoltasi a Palazzo Reale e i particolari della fuga del Viceré, lasciano suppor-re che Don Paulo abbia anch’egli seguito la folla dei rivoltosi, che giunse al Palazzo Reale alle cin-que del pomeriggio. Ma ciò che il testo mette in risalto è la profonda impressione, quasi trauma, che il bagliore degli incendi provocò in lui.

Don Paulo scrive: ritrovandomi in Napoli e probabilmente fa riferimento al suo ultimo viag-gio, quello del marzo dello stesso anno (1647). Il parroco infatti è un gran viaggiatore. Oltre ai suoi due viaggi a Roma, di cui si è parlato, nell’a-prile del 1644 era stato a Loreto (visita della san-ta casa) ed i viaggi in Napoli avvenivano con una

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certa frequenza (1645 - 1647, due volte - 1648 - 1653- 1654).

Mentre tutti gli storici parlano d’una lapida-zione a base di frutta fresca, Don Paulo specifica l’identità dei fruttaioli, li pezolani (i pozzolani) e il tipo di frutta: i fichi. Giovanni Artieri scrive: La storia del sottoproletariato napoletano nei vecchi tempi, ma specie nei secoli viceregnali. si confonde con quella delle sue lotte per il cibo. La rivolta di Masaniello nasce dalla gabella sui fi-chi, nutrimento principale del popolo; ed è que-sto piccolo nobile, inquietante frutto — traslato del genio popolare all’immagine e all’immagi-nazione più intima dell’amore e della donna - che piglia posto in quei secoli al centro della vita popolare. (5 )

Esatto il nome dei Viceré, Duca d’Arco, tra-scritto nell’originale tra due righi, al di sopra di Nap. - Si tratta di Rodrigo Ponce de Leon, quarto duca di Arcos, celebre per la sua esosa pressio-ne fiscale. Doveva esserne conscio lui stesso se risponde a verità il fatto che, quando partì, ab-bia detto: a Napoli quattro famiglie nobili mes-se insieme difficilmente sarebbero riuscite, per mancanza di denaro, a mettere a cuocere “na pignata”, cioè zuppa di fagioli condita con coten-ne di maiale. (6)

Confusione invece esiste per quanto riguarda-Tista Noclerio grassero seu Eletto del populo.

Giuseppe Coniglio indica come l’eletto, in quel tempo, Andrea Nauclcrio dal 1642 al 1647; men-tre il fratello di questi, Giambattista Nauclerio, lo fu nel 1631, per quindici giorni, e dai 1637 al 1642. Ma, per quanto riguarda il nome, per lo stesso periodo, Luigi de Lutio di Castelguidone parla di Salvatore Naclerio. D altra parte Raffae-le Colapietra indica, al momento dello scoppio della rivolta, come grassiero Zufia e come eletto Naclerio (senza precisare il nome) (7). E’ proba-bile che il parroco Monti abbia fatto confusione tra l’Eletto alla grassa e il grassiere-gabellotto e abbia parlato di Gianbattista Nauclerio forse più celebre (Tista : Giambattista). E’ certo, però, che Nauclerio subì la lapidazione a base di frutta fresca, a base di fichi, secondo don Paulo. Anzi gli storici, specialmente quelli che propendono per una rivoluzione pilotata da una determinata parte del patriziato, si meravigliano dell’estre-ma facilità con cui Nauclerio sfuggì alla folla. Il parroco Monti ci parla di un capitano nominato Barbaro, forse presente lì per assolvere un tale compito, che mise in salvo Nauclerio prima nel-la Zabatteria e poi in Castel Novo. La Zabatteria

generalmente è la strada dei fabbricanti di cal-zature. Nel caso specifico, stando alle parole del parroco Monti, deve trattarsi di una fabbrica. Ed infatti Gabriele Monaco scrive:

La Conceria occupava non piccola parte del suolo che, dall’angolo sudoccidentale di Piazza Mercato, giunge fin quasi alla parte terminale di via Duomo, verso il mare. Ivi sorse anche la Zabatteria, dal termine arabo spagnolo zabat, che significa scarpa (donde l’italiano ciabatta). (8)

L’esatta conoscenza dei luoghi da parte del parroco Monti si nota anche nella descrizione della fuga del Viceré da Palazzo Reale. Il Palazzo Reale è quello incominciato dal Viceré conte di Lentos nel 1600 e terminato sotto l’altro Vice-ré conte di Benavente, su disegno di Domenico Fontana. Secondo il Galanti: Dalla parte di mez-zogiorno il real palazzo guarda il vicino mare ed ha sottoposta la Darsena, con la quale comu-nicava per mezzo di un ponte coperto.

Il parroco Monti parla del ponte dell’arcenale. Questo ponte fu demolito nel 1838. Per quanto concerne San Francesco della Croce di Palazzo, il Galanti ci fa sapere che quando nel 1810 si co-minciò la magnifica Piazza del regal Palazzo (oggi Piazza Plebiscito), si distrussero quattro conventi per costruire due grandi palazzi sim-metrici e, di fronte al Palazzo Reale, un tempio dedicato a S. Francesco di Paola: Dove è il Pa-lazzo sulla strada del Gigante (oggi via Cesario Console) erano i conventi di Francescani, detti la Croce di Palazzo e la Trinità di Palazzo. Dove è l’altro gran palazzo esisteva un convento di Domenicani detti di S. Spirito e rimpetto al real palazzo sorgerà il convento dei Minimi. (9 )

L’elenco dei palazzi bruciati il lunedì 8 e il martedì 9. dato dal parroco Monti, è abbastanza preciso pur se si nota qualche confusione di loca-lizzazione, comprensibile per un non-residente, e il solito scambio di nomi tra Andrea e Giambat-tista Nauclerio.

Nessuna notizia, invece, abbiamo trovato per quanto concerno il palazzo di Carlo Mazzella. Il palazzo di Felice Basile, ex eletto, è allo Spirito Santo. Giomo Delizi corrisponde forse al palaz-zo di Gerolamo Letizia, assendatore della farina presso Palazzo Mormile. Tonno d’Aquino deve corrispondere ad Antonio De Angelis: Meo d’A-quino a Bartolomeo d’Aquino, mercante, princi-pe di Caramanico.

Per quanto concerne Santa Caterina delli maestri (precisando che la lezione delli maestri

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è dubbia, anche se la riteniamo possibile), deve trattarsi di Santa Caterina in Foro Magno dei Ma-estri cuoiai, ma non siamo in grado di stabilire se vi fossero cannoni. Potrebbe anche darsi che il parroco Monti si riferisca alla Chiesa di San-ta Caterina a Chiaia ove, attigua al convento dei monaci, c’era la caserma del corpo dei Reali Ala-bardieri, i celebri Appoia-Libarda, ma ci sembra improbabile che questi si facessero portar via i cannoni.

Come abbiamo detto all’inizio, quello che tra-spare nitidamente dal testo è la profonda im-pressione, il trauma, provocato nell’animo del parroco Monti dagli incendi dei palazzi. Messo da parte hane fracassato, riferito al Palazzo Reale, Don Paulo non usa mai verbi del tipo saccheggia-re - depredare, ma sempre abrusciare, bruciare, incendiare. E fu questa, infatti, la caratteristica principale di quella rivolta, anche perché nelle costruzioni di quei palazzi il legno era stato lar-gamente usato. E la folla dei rivoltosi si accanisce ad appiccare il fuoco ai legnami dei portali e delle finestre. Gerard Labrot ha dimostrato che Al li-mite, il portale è esso stesso il palazzo, indirizzo del grande ed immagine trasmissibile, contem-poraneamente arco di trionfo e tabernacolo. Nel senso più completo dei due termini esso presenta e rappresenta (...). E l’ultima conferma del signi-ficato quasi magico si ha durante i moti: il furore popolare si scatena per primo su di esso (...). Ac-cecare le finestre, distruggere il portale significa mutilare l’aristocrazia. (10)

Abbiamo anche accennato che la descrizio-ne dello scoppio della rivolta fatta da Don Paulo Monti lascia supporre che si trovasse sul posto. Secondo noi, ipotesi tutta da verificare, era for-se ospite dei Carmelitani, probabilmente invita-to dal Maestro Padre Scipione Pironti, priore del convento di Santa Restituta nel Casal del Lac-co per assistere alla festa del Carmine in Piazza Mercato. Fra il parroco Monti e il Priore del con-vento non c’erano contrasti del tipo di quelli che opponevano il parroco al rettore della Chiesa del SSmo Rosario. Prova ne sia anche il fatto che il 5 febbraio 1646 il Priore aveva battezzato in Par-rocchia Salvatore Monti, mentre Don Paulo tenne l’ufficio di padrino. I rapporti, inoltre, fra il Priore e i Monti dovevano essere ottimi: nel 1651 egli fa da “compadre” a David Monti. (11)

Ma questa ipotesi, tuttavia, sembra contraddet-ta dal fatto che Don Paulo Monti non parla mai di Masaniello, che pur avrebbe dovuto conoscere, se veramente fosse stato ospite dei Carmelitani.

Masaniello, infatti, nelle ore libere della sua giornata di pescivendolo, si prestava per delle commissioni per i religiosi del Carmine. Inoltre, fu lo stesso Masaniello che sembra comprasse cannucce da servire come armi a 400 ragazzi per dare saccheggio ad un finto castello, costrui-to a bella posta in P.za Mercato come inizio della festa del Carmine. (12)

Comunque siano andate le cose, non si può ne-gare che Don Paulo Monti ritornò traumatizzato da quella rivolta, soprattutto dal bagliore di tutti quegli incendi, a tal punto che sentì il bisogno di riportare gli avvenimenti cui aveva assistito nel registro della sua Parrocchia, come se ne sentisse la gravità e l’importanza storica.

Giovanni Castagna

RIFERIMENTI -Note

] ) Archivio Parrocchiale della SSma Annunzia-ta di Lacco Ameno, voi. I sez. Battezzati, foglio 24.

2) Amedeo Maiuri - Passeggiate Campane, Sansoni ed. 1982, pag. 429.

3) Archivio Parrocchiale - vol. citato - sez. Ma-trimoni, foglio 141, retro.

4) Archivio Parrocchiale, vol. citato - sezione Morti, foglio 293, retro.

5) Giovanni Artieri - Napoli, punto e basta? - A. Mondadori ed., 1980, pag. 642.

6) Luigi de Lutio di Castelguidone - I sedili di Napoli, Morano ed., 1973, pagg. 164, 165.

7) Giuseppe Coniglio - L’Annona in Storia di Napoli -1976, III pag. 249. - Raffaele Colapietra - La Mente di Masaniello in Storia di Napoli, op. cit. - pag. 203 - Luigi de Lutio di Castelguidone, op. cit. - pag. 106

8) Gabriele Monaco - Piazza Mercato, sette se-coli di storia - Athena Mediterranea, Napoli 1970, pag. 58.

9) Giuseppe Maria Galanti - Nuova guida di Na-poli e suoi contorni - Napoli 1845 - pag. 29 e 31 n.

10) Gerard Labrot - Baroni in città. Residenze e comportamenti dell’aristocrazia napoletana 1530 - 1734 - Soc. Editrice Napoletana 1979 - pagg. 73, 75.

11) Archivio Parrocchiale, vol. cit. sez. Battez-zati, foglio 18; sez. Confirmati, anno 165] n. 136 foglio 220.

12) Gabriele Monaco op. cit. pag. 86 ; pag. 84.

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Fiorente nel secondo dopoguerra, ma privo di riscontro e di seguito da alcuni anni per l’interesse rivolto verso nuove attività

L’ARTIGIANATO DI FORIOdi Geppino Fiorentino

Dopo l’8 settembre del 1943 Forio, impaurita e

sconvolta da un bombardamento, appariva incapa-ce di riprendersi.

Già la guerra l’aveva stremata nel morale per la sottrazione di giovani, i quali gradatamente veni-vano chiamati alle armi e quindi tolti al lavoro di aiuto nelle campagne, unica risorsa del tempo.

Le circostanze di quel periodo resero Forio uno dei paesi più poveri dell’isola. Mancava tutto: i ge-neri alimentari erano una favola; nulla si trovava da mettere sotto i denti, si ricorreva anche alle erbe per nutrirsi. Non c’era soprattutto lavoro (i primi cantieri sarebbero stati allestiti soltanto dopo anni dalla fine della guerra).

Moltissime famiglie non videro più tornare a casa i figli, i mariti, i parenti.

La guerra aveva inoltre condizionato un po’ tutti a vivere in un mondo apatico, in un mondo senza speranze.

Il ritorno ad una vita laboriosa si presentava ge-neralmente difficile, ma il carattere, l’estrosità, la creatività del foriano furono le basi di un rinnova-mento e di un ragionamento logico e costruttivo: bisognava a tutti i costi superare la crisi, innan-zitutto economica, che era evidente negli aspetti esteriori, come nell’animo di ciascuno.

Incominciarono a muoversi i primi uomini (con-trabbandieri) : partivano per terre lontane in cui sapevano che era possibile comprare determinati prodotti; sotto il pericolo anche di arresto ritorna-vano a Forio e rivendevano, per lo più a prezzi esa-gerati, quei generi di prima necessità, come pasta, farina, o-lio, grassi in genere, riso.... Questi “bene-meriti” del mercato nero portarono il primo sollie-vo e respiro alla popolazione.

Ma ciò, sebbene risolvesse difficoltà momenta-nee, non costituiva una prospettiva sicura per il futuro. Si prendeva coscienza di due esigenze fon-damentali: ritrovare la forza di vivere e crearsi le condizioni a-datte per tale scopo.

I Foriani seppero veramente ideare quello che avrebbe permesso il miglioramento del paese che aveva dimenticato l’arte del lavoro, non per negli-

genza, ma per mancanza di prospettive utili a sol-levare lo stato di depressione legato ad una guerra distruttrice e inconcepibile.

La rafia ed il cestino

Già Lacco Ameno era considerata, prima della guerra, la madre della borsa e del cappello di pa-glia; borse e cappelli che dettero merito ai lacchesi, i quali seppero esportare questo artigianato anche oltre Oceano.

A Forio nacque il cestino di paglia. La Signora Titina Calise in Capuano ideò,

quasi per scherzo, con il ferro filato di 13 miti una forma di cestino che, lavorato ad uncinetto con la rafia, potesse servire da portapane. Non le fu diffici-le, essendo già brava cucitrice, dare squisita fattura a questa forma di ferro che si presentò così adattis-simo a comparire su tavole imbandite. Altre forme furono composte per usi vari. Occorreva, a questo punto, insegnare l’arte della lavorazione a chi ne sembrava interessato non soltanto a scopo di hob-by, ma più propriamente a titolo di occupazione ri-ormale e di guadagno.

La cosa cominciò a divulgarsi e moltissimi si in-dirizzarono verso tale settore.

La Sig.ra Capuano diventò popolarissima, perché aveva saputo creare un tipo di artigianato che cer-tamente col tempo avrebbe dato i suoi frutti. Dal cestino fatto a decine si passò ad una produzione sempre più consistente, assicurando lavoro a nu-merose famiglie.

Era ancora necessario pensare al modo Come poter creare nel mercato nazionale credibilità sui prodotti artigianali: se ne interessò con successo sempre la Sig.ra Capuano. A Napoli ampi furono i consensi e i grossisti accettarono con piacere l’ar-ticolo.

La notizia ben presto si diffuse in tutta l’isola e non poche donne affluirono a Forio per apprendere i metodi di lavorazione ed accaparrarsi quel lavoro che permetteva di guadagnare restando in casa. In pochi anni nel paese esplose la lavorazione del ce-stino.

Si fece ricorso ad altre applicazioni, ad altre for-me e tutte venivano prima sottoposte al giudizio e

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all’approvazione della Sig.ra Capuano; nacquero cosi modelli per tutti gli usi: borse comode per le compere, fantasiosi cestini per contenere cioccolat-tini, biscotti, corredini di neonati; magnifiche gon-dole....La Sig.ra Capuano con l’aiuto del marito e di altre conoscenze riuscì a stabilire contatti con varie città italiane, allestendo stand nelle fiere di Milano, Bari, Napoli; fu questa l’esatta mossa vincente di un arti-gianato che prendeva modi e tempi di esportazione anche oltre Atlantico.Negli anni che vanno dal ‘46 al ‘50 corsi artigianali furono allestiti nei centri isolani più interessati, al

Il tramonto di un’ arteColloquio con Crescenzo Capuano

Con il marito della scomparsa Sig.ra Capuano è possibile rivivere alcune circostanze di un aspet-to significativo che fa parte della storia locale. — Crescenzo, che cosa è stata per Forio la lavo-razione del cestino? — Mia moglie Titina (possa stare alla gloria del Paradiso!) è stata quella donna capace di in-ventare ciò che dette, non solo ai Foriani, tantis-simo lavoro e proprio in un periodo in cui non sussistevano altre risorse di guadagno. — Sei l’unico nell’isola ad insistere per evitare la sconfitta del cestino? — Non sono il solo, anche a Lacco Ameno c’è qualcuno che lotta per la sopravvivenza di tale artigianato.— E con quali risultati?— Con risultati certamente fallimentari.— Lavori anche con l’estero? — E’ praticamente impossibile; molti sono ri-masti affezionati al prodotto e continuamente mi arrivano richieste dall’estero e dall’Italia, richieste che non posso prendere in considera-zione, perché la manodopera manca. Ho infatti un ordine per migliaia di cestini che dovrei con-segnare a dicembre, ma sono costretto a rinun-ciare per impossibilità di lavorazione e devo dire che mi piange il cuore non per un probabile guadagno, ma perchè vedo morire quell’arti-gianato foriano che mia moglie aveva saputo creare; se ho continuato fino ad oggi, è stato solo nel suo ricordo. — Un ripristino del lavoro tipico si deve ritenere utopistico? — E’ umanamente impossibile pensare ad un ritorno del cestino; le donne che prima lavora-vano si sono date ad altri impieghi, forse anche

con profitti maggiori, e quindi non ritornereb-bero al passato. E’ un peccato! Però sono con-tento di una cosa: abbiamo fatto conoscere Fo-rio nel mondo, e questo è un merito esclusivo di mia moglie Titina. Nessuna autorità peraltro ha dato peso a tale fatto e io credo che sia un errore non riconoscere questo merito a mia mo-glie anche da parte dei Foriani. — Tu pensi che le autorità di Forio avrebbero dovuto dare un giusto riconoscimento a tua mo-glie? — Certamente. Sarebbe stato il minimo che avrebbero potuto fare. Lo hanno fatto gli altri, come dimostrano i tantissimi diplomi, le meda-glie d’oro e d’argento, ricevuti non certo dalle autorità di Forio (mi riferisco alle autorità di quell’epoca). — Se la lavorazione del cestino non fosse stata trascurata, tu pensi che l’economia foriana sa-rebbe migliore di quella di oggi? — Non lo penso affatto; oggi Forio vive in agia-tezza; non esiste più persona povera e il lavoro c’è per chi vuole lavorare, sono contento di que-sto; quel periodo brutto è passato. Sono però dispiaciuto perché vedo morire un artigianato che a suo tempo dette a Forio il benessere. — Nessuno dei tuoi figli ha pensato di portare avanti quel discorso aperto da tua moglie e da te? — I miei figli piangono con me il tramonto di quest’arte; di certo chi lavorava il cestino era un artista: alcune lavoranti erano capaci di elabo-rare servizi in rafia di una squisitezza massima. I miei figli hanno preferito seguire una strada diversa, anche se a malincuore: si erano resi conto che la lavorazione del cestino con l’andare degli anni sarebbe tramontata. Sono contento perciò che nessuno dei tre abbia intrapreso que-sto lavoro che oggi è fallimentare.

*fine di soddisfare le richieste provenienti da paesi europei ed americani.La Sig.ra Capuano Concetta, conosciuta come Titi-na, aveva saputo in pochi anni dare a Forio e all’iso-la un lavoro artigianale e propagandare nel mondo un prodotto che ancora oggi potrebbe tenere il pas-so con altri generi consimili, se il sopraggiungere di nuove idee non avesse distolto del tutto le popo-lazioni da questo indirizzo, essendosi concretizzate altre possibilità di lavoro, di guadagno, soprattutto nello sviluppo edilizio, pubblico e privato, nel turi-smo e nelle attività complementari.

Geppino Fiorentino

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di Giuseppe Amalfitano

Casamiccipla ha risolto la crisi amministrativa con l’accordo DC-PSI; ne resta guida il dott. Giu-seppe. Iacono, già sindaco con l’amministrazione di sinistra,, scaturita da una campagna elettora-le (1981) imperniata soprattutto nell’unione degli sforzi tendenti a mettere la DC all’opposizione.

All’indomani del voto, infatti, le forze di sinistra si unirono e con una esile maggioranza, che si ba-sava solo su 11 unità, cominciarono a governare il paese nel segno del rinnovamento.

I primi passi- furono molto vistosi (pulizia del-le strade da parte di assessori e consiglieri nonché da parte di cittadini, efficienza burocratica ), ma a mano a mano 1-accordo andò logorandosi fino ad arrivare alle ben note vicende che portarono alle di-missioni di alcuni assessori e al disimpegno di altri.

Ora, dunque, Casamicciola ha una nuova am-ministrazione presieduta, come dicevo prima, dal dott. Giuseppe Iacono ed è allo stesso che ho voluto chiedere lumi sulla situazione amministrativa del Comune e sul futuro di Casamicciola.

Lei è stato il primo e, tino a questo momento, unico sindaco di una amministrazione di sinistra a Casamicciola. .Quali indicazioni ha tratto da quella esperienza?

Bisogna anzitutto dire che nel 1980 alle elezioni amministrative il PSI presentò una lista indipen-dente con un programma di alternativa e senza il proprio simbolo. Non avemmo però il consenso sperato. Nel 1981 presentammo una lista di par-tito col proprio simbolo e in campagna elettorale insistemmo sul tema della “governabilità” e, pro-prio in base a tale governabilità, ci accordammo con i partiti di sinistra per dare una amministra-zione diversa al paese; per cui, è bene precisare che, se c’è stata un’amministrazione di sinistra a Casamicciola, essa è stata voluta e sostenuta dal

Sindaco della coalizione DC-PSI dopo l’esperienza di sinistra

Iacono

la “Governabilità” soprattutto

per Casamicciola

PSI. Ha avuto una vita di circa due anni in cui ha svolto attività in tutti i campi dando un notevole sviluppo al paese.

E allora, perché è caduta quell’amministrazione?Non è caduta sui problemi, ma su divergenze di

varia natura. Si è parlato di metodo, ma anche chi ha con continuità portato avanti il problema non ne ha mai esplicitato il significato. Ed è per questo che, pur rispettando le idee degli altri, mi permetto di non condividere. Una delle note negative della passata esperienza amministrativa è stata il nu-mero esiguo e “risicato” della maggioranza.

Rifarebbe, anche se potesse contare su un nume-ro più ampio di consiglieri di maggioranza, quell’e-sperienza di sinistra?

Noi avevamo puntato su quanto la maggior par-te degli uomini di quella amministrazione aveva

La nuova amministrazione

il porto

il P. M. della Misericordia

l’Osservatorio geofisico

la protezione civile

gli impianti sportivi

il cimitero

la nuova casa comunale

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pubblicamente manifestato e certo non è dipeso da noi la caduta dell’amministrazione stessa.

Molte sono state le voci e tante le versioni sul fal-limento dell’amministrazione di sinistra. Ci vuole dare la sua versione dei fatti?

Quando un’amministrazione composita perde la collaborazione diretta di una parte politica, perde pure la sua ragione di esistere e tutti sanno che gli indipendenti di sinistra rassegnarono le dimissio-ni, pur promettendo l’appoggio per cui si continuò ad andare avanti anche per cercare di portare in porto alcune iniziative importanti che stavano per essere concluse.

Il porto, una struttura mai sfruttata del tutto e comunque fonte di vita e di benessere, oggi versa in condizioni di inefficienza. Quali progetti ha in cantiere la nuova maggioranza per il porto stesso? Prima di rispondere alla domanda, il sindaco mi fa notare che è importante chiarire che il porto non appartiene al Comune, anzi aggiunge che tutti i porti non appartengono ai Comuni, in quanto sono sotto la diretta dipendenza del Ministero della Ma-rina Mercantile. Ed aggiunge:

Comunque il nostro porto non è stato ancora completato. Ma allo stato attuale necessita di esse-re organizzato. Se volessimo prenderlo in gestione non ci basterebbero ottanta milioni all’anno. Noi non abbiamo né la possibilità economica per farlo né abbiamo l’organizzazione necessaria.

E l’affare Impreinvest-Fiat come è andato a fini-re?

Le trattative sono arenate allo stato attuale. Si potrebbero riaprire ma sono venuto a conoscenza che i comuni di Ischia, Lacco Ameno e Forio offro-no le proprie strutture alla Impreinvest-Fiat, cosi che è diventato più difficile trattare. Nel program-ma della nuova amministrazione il problema è te-nuto nel dovuto conto.

Qual è la situazione del Pio Monte della Miseri-cordia?

Dopo il porto, il problema principale è questo. Allo stato attuale c’è una delibera dello stesso Pio Monte della Misericordia per una vendita del di-ritto di proprietà ad un privato. Il Comune ha inviato un telegramma al P.M.M. impegnandosi a fare proposta migliorativa. Ora cercheremo di affrontare al più presto il problema per dare una soluzione definitiva allo stesso.

Cosa vuole fare la nuova amministrazione per l’Osservatorio Geofisico della Sentinella?

I locali sono stati presi in affitto dal Comune. Il Ministero dell’Agricoltura e Foreste, che ne è pro-prietario, percepirà cinque centomila lire al mese. Lo destineremo a quelle funzioni che gli sono pro-prie in collaborazione con l’Università di Napoli, l’Osservatorio Vesuviano, la Regione Campania, l’Amministrazione provinciale di Napoli, l’Azienda di cura, soggiorno e turismo di Ischia e Procida.

Ma una cosa voglio far notare: l’Intendenza di Finanza era sul punto di consegnare i locali, ma non ha potuto farlo, in quanto, adiacente la sala della vasca sismica, vi è un porcile con cinque ma-iali e un pollaio con decine di capi di bestiame.

Verrà creata a Casamicciola la struttura di prote-zione civile?

Sì, certamente. Dobbiamo tener presente l’esi-genza di un paese sismico. In questo senso ci siamo anche mossi organizzando un congresso interna-zionale ed altri incontri sul tema.

Quali sono i programmi dell’amministrazione da lei presieduta in tema di sport?

Il campo sportivo è stato realizzato. Certo esso non deve essere fine a se stesso per cui occorre co-struire, nella depressione a monte del campo spor-tivo, almeno una palestra e campi di tennis.

Abbiamo sistemato le palestre delle scuole media ed elementare (plesso di Peno ne). In questi ultimi giorni abbiamo avuto richieste da associazioni per Io sfruttamento delle stesse

A che punto è l’esproprio dell’ex Hotel Bellavista per destinarlo a casa comunale?

L’unico Comune isolano a non avere ancora la casa comunale propria è il nostro. La stasi am-ministrativa ha frenato l’iter dell’esproprio, ma è nostro vivo e fermo intendimento superare gli ostar coli per dare a Casamicciola il “suo” Palazzo di Città.

La vecchia struttura del Bellavista sarà ristrut-turata (il sindaco con orgoglio mi mostra il pro-getto - ndr) e servirà ad insediarvi gli uffici, men-tre adiacente sorgerà una sala per la riunione del consiglio.

Quali sono i programmi a proposito del turismo?Il turismo è la principale attività del paese. Il

nostro primo interesse è quello di evitare che gli alberghi cambino “destinazione” con i facili pas-saggi da attività alberghiera ad attività; di “resi-dence”.

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Quali le prospettive per il Cimitero?Abbiamo in progetto di realizzare l’ampliamento

dell’attuale cimitero verso Ischia. La Commissione provinciale ci ha imposto di fare un progetto che rispecchi le reali esigenze del paese. Al più presto verrà realizzato il primo dei tre lotti progettati.

E’ vero che siete interessati all’acquisto della Bi-blioteca “Camerini”?

Il sindaco non accusa il colpo, segno che qualco-sa di vero c’è nella voce che ho raccolto e risponde deciso:

Credo che sia il sogno di tutti i cittadini e di tutti gli uomini di cultura di Casamicciola.

Cosa si aspetta dalla coalizione DC - PSI ?Molto! Anche perché prima la rappresentanza

esterna della vecchia amministrazione nei centri di potere era portata avanti solo dal PSI, mentre invece oggi è portata avanti da due partiti che a livello provinciale, regionale e nazionale ammini-strano insieme la nazione.

Durerà l’attuale amministrazione fino alle prossi-me elezioni amministrative?

Il PSI ha accettato le critiche non sempre veritie-re per garantire al paese la “governabilità” e farà ogni sforzo per realizzare il programma concor-dato con la DC e per portare l’attuale amministra-zione fino alla conclusione della legislatura.

Ha termine qui la chiacchierata, lunga e ricca di ghiotte notizie, con il sindaco dott. Giuseppe Ia-cono, socialista, che presiede una Giunta bicolore DC-PSI. A sentire lui tutto si dovrebbe risolvere in bene. La speranza dei cittadini è che effettivamente tutto vada per il verso positivo, affinché la derelitta Casamicciola possa incamminarsi verso la strada giusta che porta al turismo soprattutto e che passa attraverso lo specchio d’acqua del porto.

Giuseppe Amalfitano

Il 28 luglio 1883, l’isola d’Ischia e soprattutto Casamicciola furono colpite da un terribile terre-moto.

Momenti, giorni, anni pieni di sconforto!Da ogni parte d’Italia, da Paesi esteri, si rivolse

attenzione verso questa terra. In genere i centenari si pongono come momenti

di celebrazione. In proposito non si può stare nel filone di certe abitudini, ma è utile ricordare per-ché siano riprese alcune iniziative e realizzazioni, come l’Osservatorio geofisico, che troppo presto sono state abbandonate.

Ricordare quindi per avviare un discorso nuovo sullo studio del nostro territorio!

La Rassegna d’Ischia

continua in questo numero la pubblicazione di di ricordi e testimonianze, già avviata sui numeri 2 e 3 del c.a.

Ricerche e coordinamento a cura di Giovanni e Raffaele Castagna

Riferimenti Bibliografici

- M. De Ciutiis - Casamicciola - Tip. Carluccio, De Biasio, Napoli 1883

- A. M. Zappoli - Sul fatale terremoto di Casa-micciola, canti VI in terza rima - Tip. Pont. Mareg-giarli, Bologna 1884

- Giovanni De Angelis - Casamicciola e le sue rovine -Editrice Carluccio, De Biasio, Napoli 1883

- Carlo Del Balzo - Cronaca del tremuoto di Ca-samicciola - Tip. Carluccio, Napoli 1883

- Giustino Fortunato - Pagine e ricordi parla-mentari vol. I (Il terremoto di Casamicciola e le autorità -pp. 39-59) - Vallecchi editore, Firenze

- R. Siesto - Album Casamicciola - Ricordo del 28 luglio 1883 - Tip. S. Marchese, Napoli 1883

- Luigi De Paolis - Casamicciola- Disinfezione: cenno sui fatti occorsi - 1883

- A. Lupetti - Casamicciola: versi - F. Mariotti editore, Pisa 1883

- AA. VV. - Paris - Ischia: Journal publié au pro-fit des victimes d’Ischia sous la direction du Co-mité de

la Presse.

Omaggio a LUIGI DE ANGELIS Nel centenario della nascita, Ischia ha vo-

luto ricordare la figura artistica di Luigi De Angelis (1883 - 1983): nel Castello aragone-se sono state esposte le sue opere dall’8.10 al 10.11 c.a.

E’ stato così possibile rivivere la leggenda - realtà del barbiere-pittore, capostipite di una famiglia di artisti.

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LA VISITA DEL RE

Come altre tristi circostanze, anche la catastro-fe di Casamicciola trovò Sua Maestà Umberto I ( il ‘”re buono” come lo presentò la stampa agiografica) pronto ad accorrere ove la gente soffriva.

‘ ‘La sua non era partecipazione formale e uffi-ciale, ma intervento diretto e risoluto” (G. Artieri in Cronaca del Regno d’Italia, v.I - Mondadori ed.). La Regina Margherita così si espresse: “E’ peggio che Pompei ed Percolano: che strano paese estremo in tutto! Sembra che il suolo istesso partecipi della na-tura dei suoi abitanti. Laggiù tutto è straordinario, tutto eccessivo!,,

Il re si trovava a Monza, il 29 luglio, quando ebbe notizia del terremoto e subito diede disposizioni perchè si preparasse il viaggio fino a Casamicciola. La paura della polizia e le varie preoccupazioni cir-ca eventuali pericoli rallentarono alquanto l’adem-pimento dei desideri del sovrano.

Seguiamo i riferimenti riportati da Giovanni De Angelis in Casamicciola e le sue rovine:

- Alle 6 e mezzo poni di martedì 31 luglio tutti i Ministri presenti in Roma, e cioè gli onorevoli De-pretis, Maglioni, Berti, Giannuzzi-Savellì, Acton e Baccelli, nonché i segretari generali Correale, Lo-vito, Solidati Tiburzi, Vacchelli, Marazio e Pelloux si trovavano alla stazione. V’erano pure l’onore-vole Valsecchi, direttore generale delle strade fer-rate, il senatore Trocchi, assessore municipale in rappresentanza del ff. di sindaco di Roma (... ), in attesa di S. M. il Re che con treno speciale arrivava alle ore 6 e 45, accompagnato dal primo aiutante di campo generale Pasi e dagli ufficiali della sua casa civile e militare.

Sua Maestà lo si vedeva in ottimo stato di salute, ma l’aspetto di lui mestissimo rivelava l’impressio-ne dolorosa prodottagli dalle notizie del disastro di Casamicciola.

Il Re, ossequiato dai Ministri e dalle altre auto-rità è sceso dal vagone ed è entrato nella sala rea-le, dove si è trattenuto venti minuti parlando con ciascuno dei suoi consiglieri e ad ognuno doman-dando i pili minuti particolari del funestissimo av-venimento.

Alle le 25 Sua Maestà è uscito dalla sala ed è montato in vagone, accompagnato dal Pres. del Consiglio e dal Ministro della Marina, coi quali è partito alla volta di Napoli. Dentro la stazione vi era molta gente che al momento della partenza ha applaudito fragorosamente il Re. Egli giunge a Napoli a tarda notte; non prende un istante di

riposo e vuol subito occuparsi della sventurata isola. –

Quale suo primo provvedimento si ricorda l’an-nullamento del progetto di coprire tutta Casamic-ciola con uno strato di calce.

L’Esploratore che conduce il Re approda a Ca-samicciola alle cinque antimeridiane di mercoledì 1 agosto.

Seguiamo l’esposizione di Carlo Del Balzo in Cro-naca del tremuoto di Casamicciola:

Il Re ha un soprabito nero, calzoni turchini, cap-pello a staio e guanti color rame; e porta in mano un piccolo bambù con pomo d’argento. Sceso a terra, saluta il gen. Guarasci ed il sotto-prefetto di Pozzuoli e le altre autorità, mentre che i pochi superstiti gli si stringono intorno, piangenti, im-plorando soccorso. Il Re dice al ministro Genala :Voglio veder tutto! Al Ministro che gli fa notare che la via è lunga, o meglio che non vi son vie, che vi sono molti pericoli, il Re risponde: Debbo veder tutto. Si avvia, accompagnato da tutto il seguito (...) Le macerie sono ancora accumulate: alcuni punti poco praticabili, sebbene da tre giorni gli zappatori del Genio abbiano lavorato per mettere a nudo la traccia delle strade. Qua e là, al di so-pra dei rottami, si vede qualche cadavere a mezzo dissotterrato, una mano irrigidita, insanguinata, una gamba spezzata, un omero sfracellato, stac-cato dal capo, delle braccia contorte doll’agonia atroce. A misura che il corteo si allontana dalla marina, il puzzo dei cadaveri aumenta. Si offre al Re una bottiglina di aceto inglese, lui ringrazia e non la prende.

Il Re, arrivato al crocevia, di là dall’uffizio te-legrafico, piglia la via degli alberghi, che è resa alquanto sgombra. Si offre di nuovo a lui della canfora per odorare; il puzzo presso la Piccole Sentinella è insoffribile. Il Re piglia la canfora, ma distratto, commosso dallo spettacolo straziante, dice: E’ orribile, non immaginavo tanto strazio! e si lascia cadere la canfora di mano. Sale ancora, passa dinanzi a villa Verde, a villa Pisani, a villa Sauvet. Si arriva alla Gran Sentinella, fino a vil-la Zavota, poi si scende. Il Re è accompagnato nei pressi della piazza parrocchiale, indi alla piazza dei Bagni e, qua e là, alcune donne piangenti, af-facciate sugli usci a pianterreno delle poche case lesionate ancora ritte, protendono le braccia e in-vocano soccorsi. Il Re risponde: Provvederemo, avrete ciò che desiderate. E passa lentamente, fermandosi, di passo in passo, a contemplare le rovine, a parlare coi deputati e coi generali, e si fa dare le più minute notizie dall’On. Genala. Pian

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piano si ritorna sulla banchina, dove sono ad at-tendere il Re il Depretis, il Mancini, il Sandonato ed altri molti. Quivi si riapre il discorso intorno alle escavazioni; il De Zerbi, il Sandonato ed altri discutono con l’On Cenala, sostenendo che si possa e si debba dare il permesso di escavare i cadaveri II Re è di questo avviso, e parte ordinando che sie-no proseguiti i lavori di scavo, che u nessuno sia proibito il dissotterrare il cadavere di una persona cara, salvo a gettar cloruro di calce sul cadavere appena scoperto.

L’Esploratore fa rotta per Forio. Sono sulla Ma-rina di Forio, ad attendere il Re, la duchessa di Ravaschieri, con molti rappresentanti della Cro-ce Rossa, il cav. Maltese deputato provinciale, il cav. Buonaventura Verde, sindaco, il cav. D’Ascia, il consigliere Monti, il colonnello Nascimbene co-mandante le truppe distaccate a Forio, il capitano del Genio signor Vitagliano, molti ufficiali e circa duemila persone.

Il Re, ponendo piede a terra, stringe la mano alla duchessa di Ravaschieri, e ringrazia ed enco-mia tutti i rappresentami della Croce Rossa Subito visita i luoghi colpiti dal disastro, poi, dopo aver promesso il largo aiuto del Governo, s’imbarca di nuovo sull’Esploratore che fa rotta per Lacco Ameno. Colà molti pescatori, marinai e contadini si gettano nell’acqua e vanno incontro alla lancia

reale, con l’acqua fino al ginocchio. Il Re è com-mosso. Riceve il sindaco, il quale ha perduto nel-la catastrofe la moglie e un figlio. Il Re stringe la mano al sindaco e loda altamente la filantropia del Nesbitt, inglese, pronto a coadiuvare nell’ope-ra di soccorso. Si visitano le rovine del paesello. Si lodano i soldati. Anche qui i bersaglieri del 6’ reggimento hanno fatto e fanno prodigi di valore: sono intrepidissimi, quasi imprudenti. E mentre passa il Re e si parla di loro, una vecchierello bi-sbiglia: chilli là songo aneme de cane. E vuol dire nello espressivo e figurato vernacolo del paese che essi non hanno mai paura, e sono rotti a tutte le fatiche.

Finito il giro delle rovine, l’Esploratore alle due pomeridiane fa rotta per Napoli.

A Napoli il Re fece visita ai feriti ricoverati nei vari ospedali (Pellegrini - Gesù e Maria - Incurabili - Pace - S. Eligio - Loreto).

Al S. Eligio promettendo ad una donna soccorso, da lei ebbe questa risposta: Maestà, notate i nostri nomi, perché se il denaro non lo mandate a noi, non avremo niente. Il Re, scambiate poche parole col dott. Romanelli, chiamò il Ministro Acton e gli disse: Senta, senta l’inferma. Ella dice che i sussidi non si distribuiscono equamente.

La sera partiva per Roma.

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L’AFFAIRE CENALA

Il ministro Francesco Genala arrivò a Casamic-ciola alle cinque del mattino di lunedì 30 luglio, a bordo dell’ORETO, accompagnato dal suo segreta-rio particolare, sig. Lampugnani.

“La piazzetta della marina presenta la medesi-ma confusione della domenica. La fragile baracca dell’Ambulanza è ancora lì e pare che debba crol-lare ad ogni colpo di vento. Sono giunte alcune casse mortuarie e si vedono tra un sacco di pane e una cesta di formaggio. C’è un formicolio d’operai (...); molti si dondolano sulla piazza sfaccendati e si notano non poche facce equivoche..”

Il ministro rimase sgomento in mezzo a tanta confusione e prese in mano la direzione e la respon-sabilità di tutte le operazioni. Ma appena il sole co-minciò a scottare , il puzzo dei cadaveri crebbe ed anche “sui piroscafi in rada facevasi sentire l’esala-zione, tanto che tutti a ragione temettero lo scoppio di un’epidemia”.

Non bisogna dimenticare che in quel periodo in-fieriva il colera in Egitto, a Marsiglia, a Londra e, non lontano, si lamentavano casi di colera sui ba-stimenti ancorati a Nisida.

“Il ministro Genala si spaventò. L’enorme massa di carne umana buttata fra quelle macerie, squar-ciata, pesta, tagliuzzata nella catastrofe, col calore grande, presto cominciò a putrefare (...) produzio-ne colossale di miasmi che minacciavano la salute pubblica”.

Il ministro Genala convocò allora tutte le auto-rità nell’ufficio daziario, una meschina botteguc-cia, sulla piazzetta: il generale Mezzacapo, coman-dante la divisione militare di Napoli, l’ammiraglio Acton, l’on. Vigna, comandante del genio navale, il comandante Casamarte, il generale Guarasci, il procuratore generale comm. Borgnini, l’on. Duca Gennaro di S. Donato, Rocco de Zerbi e il sindaco di Napoli, conte Girolamo Russo. Questi ultimi tre non approvarono le decisioni prese. Si decise infatti di tumulare i cadaveri sul posto, dove era possibile, coprendoli di calce, di bruciare nei luoghi più mia-smatici grandi cataste di catrame, di spargere qua e là cofanetti di cloruro di calce.

Nel frattempo, tuttavia, l’opera di salvataggio continuava e da ogni parte del mondo si risponde-va all’appello di aiuti. Nella notte tra lunedì 30 e martedì 31 luglio, dopo inauditi sforzi, una giova-netta viva, illesa, la sedicenne Concettina Gigante, è tratta dalle macerie nel luogo detto Muoio.

In mattinata l’Agenzia Stefani comunica ai gior-nali la notizia seguente:

Casamicciola, 31 (ore 7,38 ant.) Stante il dub-bio di poter seppellire lo straordinario numero di cadaveri, per gravi difficoltà del dissotterramento di essi dille macerie, forse si coprirà tutta Casamic-ciola con uno strato di calce, trasformando l’intero paese in cimitero per evitare le conseguenze dovu-te alla inoltrata putrefazione della maggior par-te dei cadaveri. Oggi giungeranno all’uopo 1500 quintali di calce.

Come si vede, il redattore del comunicato stam-pa sembra un po’ spaventato della notizia costretto a diffondere e tenta di attenuarla, forse si coprirà, ma subito rincara trasformando l’intero paese in cimitero. Volendo poi dimostrare di essere ben in-formato, aggiunge con disinvoltura quella frase fi-nale senza rendersi conto ch’era troppo ostentata e quasi beffarda. .

Verso le dieci il ministro Cenala spedisce al suo segretario generale, on. Correale, il dispaccio se-guente :

Casamicciola 31 (ore 9,4 7 ant.) Ieri fu conti-nuato energicamente fino a notte avanzata estrar-re di sotto le macerie persone vive e cadaveri Di questi ultimi furono sepolti nel cimitero a Casa-micciola 280, Lacco Ameno 90, Forio 60 circa. I feriti vengono medicati prontamente qui, poi man-dati subito a Napoli. Alla popolazione distribuisco viveri, provveduto tende, baracche. Oltre truppe, mi valgo centinaia operai venuti da Napoli e ne a-spetto altri 300.

Oggi non essendo più possibile per lo stato di corruzione dei cadaveri trasportarti cimitero, incapace contenerne altri, faccio scavare fosse profonde per seppellire cadaveri estratti durante la notte e questa mattina; ma per estrarre tutti i cadaveri, e poi seppellirli, come ho fatto finora, diecimila uomini non basterebbero. Si esporrebbe a gravi pericoli la vita dei soldati lavoranti sotto case crollanti e la vita di tutti, essendo impossibi-le resistere fetore pestilenziale, che emana cada-veri stato avanzatissimo di putrefazione. Perciò raccolti a consiglio prefetto, generali, medici, ho deliberato per evitare imminente pericolo della pubblica salute, vietare i disseppellimenti e spar-gere copiosamente calce liquida sulle macerie che coprono ì cadaveri agglomerati a decine a decine lungo dieci chilometri sicché abbiano la sepoltura là dove sono caduti. Già si sta eseguendo l’ordine con la massima alacrità. Impossibile pensare alla ricostruzione delle case.

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Tralasciando l’analisi di un simile dispaccio, ci-tiamo cosa ne disse fon. De Zerbi alla Camera dei Deputati nella 1” tornata del 4 febbraio 1884, pren-dendo la difesa del ministro:

-Si, o signori, si tratta di una questione di forma; il telegramma ebbe una forma iperbolica, oscura, che si prestava alle false interpretazioni...

L’Agenzia Stefani, infatti, diffuse il comunicato seguente:

Casamìcciola 31 (ore 10 ant.) Ieri si continuò ad estrarre persone vive e cadaveri durante tutta la notte. Alle 11 una famiglia intera, seppellita in una cantina, venne estratta, dopo circa 36 ore dacché si trovava sotto le macerie. Difficoltà grandissima di seppellire i cadaveri. Al camposanto di Casamiccio-la ne sono stati sepolti 300, a Lacco Ameno 100, a Forio 70. È impossibile seppellirne altri. Il ministro Cenala che dirige tutte le operazioni fece pratica-re grandi fosse per la sepoltura dei cadaveri tro-

vati stanotte e stamane; ma considerando che per estrarre e seppellire tutti i morti non basterebbero diecimila uomini, esponendo la vita di tutti per lo stato avanzatissimo di putrefazione dei cadaveri, che emanano fetore pestilenziale in tutta l’atmo-sfera, per evitare ogni pericolo alla salute pubblica, l’On. Genala deliberò di spargere copiosamente la calce sulle macerie che coprono i morti, in alcuni punti agglomerati a cinquanta e a sessanta, specie negli alberghi. Casamicciola diverrà tutta un cimi-tero!

L’ultima frase. Casamicciola diverrà tutta Un cimitero, che con spietata crudeltà singolarizzava l’espressione del dispaccio ministeriale abbiano sepoltura là dove sono caduti, sollevò un grido di orrore.

La proposta parve mostruosa, selvaggia, crudele; parve suggerita o da un cuore di ferro o da un cer-vello di sciocco e sì gridò alla barbarie inaudita.

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Il CORRIERE DEL MATTINO proclamò:

A Casamicciola, sotto le pietre si viveva ancora ieri, si vive ancora oggi, si vivrà ancora fra una settimana. Un ministro vuole sotterrare non i morti di Casamicciola, ma Casamicciola (...). Get-tate sopra l’isola tutti i disinfettanti che la scienza offre alla salute pubblica, ma salvate chi non mor-to soffre in una tomba. Una nazione civile deve poter conciliare questi due estremi: quel che non si può fare in un giorno con mille braccia, certo si può con duemila, con diecimila, se occorre.

Altri proclamarono: Tutta la gente salvata dopo la visita del Re può

benedire il nome di Umberto di Savoia. La morte è nulla se si paragona al lungo, straziante, orribile martirio sotterraneo da cui la parola del Re bene-detto ha salvato quelle vittime.

Ed infine venne il Re! Al suo seguito una folla di dignitari. Molti furono i peana per il suo arrivo, ma a dire il vero ci sembra più giusto, più corrispon-dente alla verità ciò che scrisse De Ciutiis, senza tanti fronzoli retorici:

Che cosa poteva fare il Re innanzi a quella ca-

tastrofe immane, innanzi a quella desolazione, a quelle mine, ove par che fosse piombata tutta l’i-ra del Dio vendicatore? Incoraggiare, confortare quei miseri superstiti, commuoversi e piangere. E questo fece.

Resta comunque il fatto che per l’opinione pub-blica il Re apparve come il salvatore dell’onore dell’umanità compromesso dal Ministro, mentre Cenala venne dipinto, come ebbe a deplorare De Zerbi alla Camera, nuovo Mezenzio che colpiva contemporaneamente, insieme, morti e vivi, get-tando su di essi un vasto lenzuolo di calce.

La decisione di Cenala era scaturita dal timore di un’epidemia. E subito dopo il dispaccio gli uomi-ni di scienza, gli specialisti, iniziarono la disputa e cominciarono a battagliarsi, con citazioni e riferi-menti storici, sui veleni cadaverici, specialmente i volatili e i gas nelle loro proprietà chimiche e nella loro azione fisiologica sull’organismo.

Ci furono quelli che ritenevano innocue le esala-zioni cadaveriche e quelli che le ritenevano nocive.

Le interferenze politiche, inoltre, avvelenarono ancor di più il clima ed a coloro i quali osannavano l’intervento del Re, altri fecero notare che, mentre

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- La Rassegna d’Ischia n. 1/1983 19 -

si esigeva, quel che Genala stesso aveva da sempre richiesto, l’intervento cioè delle diecimila braccia, migliaia e migliaia di soldati erano schierati lungo il cammino percorso dal Re per ispezionare ogni centimetro quadrato. Questo attrito tra monarchici e governo si nota chiaramente negli interventi alla Camera:

Si è parlato di un suo (di Genala) crudele prov-

vedimento, mercé cui e vivi e morti venivano ad essere coperti sotto uno strato di calce, e Casa-micciola ridotta un cimitero; e si è alluso a non so quanti sepolti vivi, uccisi dalla fame e dall’asfissia; e si è sussurrato dell’intervento provvidenziale di non so chi, al quale va dovuto se una tale minac-cia restò mezzo per aria, se non fu fatta una tanta onta alla nostra buona fama di popolo civile (On. G. Fortunato).

Concludiamo con le parole di Del Balzo: Talvolta una frase fa la fortuna di un uomo, e tale

altra una frase può uccidere un uomo. Ed è stato un peccato. Il Genala, che per circa venti giorni, ministro, è restato sopra il luogo del disastro, sa-crificandosi come un sorvegliante, forse non rac-

coglierà che assai scarsamente il frutto delle sue fatiche. I suoi avversari, ingiustamente, ma più volte tenteranno di seppellirlo sotto la sua calce viva.

Il Comitato della stampa francese curò la pub-blicazione di un giornale (PARIS - ISCHIA), allo scopo di procurare aiuti a favore delle vittime del terremoto.

Riportiamo alcuni articoli, tradotti da Giovanni Castagna:

Marnes, presso Ville-d’Avray 15 agosto 1883A l Sig. Edouard HubertDelegato del Comitato della stampa francese per

“Paris-Ischia”Caro Signore, Lei mi fa l’onore di chiedermi un articolo di fon-

do sulla carità. Il tempo mi manca e poi non si fanno articoli di fondo su cose così poco discutibili. La carità è la sola cosa chiara, la sola su cui non ci sia dubbio. E quale occasione migliore per eser-citarla se non a favore della sventurata isola d’I-schia! Ho trascorso, in tre circostanze diverse, in questa terra adesso così desolata quattro o cinque dei più felici mesi della mia vita. La conobbi nel 1875, in seguito ad un viaggio in Sicilia che mi ave-va estenuato. Vi trovai tanto diletto che vi ritornai poi altre due volte; là ho scritto la maggior parte dei miei SOUVENIRS. Ciò che caratterizzava la cara Ischia era la calma assoluta. La razza è mite e sorridente. Non una goccia d’acqua corrente, eppur tutto è fresco e verde come in Normandia. La perfidia della natura è sotterranea. Le acque, attaccando dall’interno quest’ammasso di cenere, vi scavano vuoti che provocano sprofondamenti. Una lettera che ho ricevuto dall’illustre pittore Sig. Pa-luzzi, con il quale ho trascorso ore tanto felici a Ischia, m’informa che nessuno dei nostri ospiti e a-mici è perito. Ma la casa in cui mi sono così piacevolmente riposato non è più che un cumulo di macerie, “è tutta diroccata”. Dominava Lacco quasi a perpendìcolo. Sentivamo, durante l’intera notte, il canto degli abitanti di Lacco, riuniti nel-le chiese o sul tetto delle case. Nelle ore calde del giorno, invece, non sentivamo che il canto delle ci-cale. Povera Ischia! Chiedo a chiunque voglia fare un ‘opera buona di dare ciò che può a questo popo-lo così crudelmente colpito.

Voglia gradire, caro Signore, l’espressione dei miei più distinti e devoti sentimenti.

ERNEST RENANFrontespizio del volume di Giovani De AngelisCasamicciola e le sue rovine

Editrice Bideri - Napoli 1883

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La loro isola

Perché vanno affermando che sono pazzi ad ostinarsi a restare nella loro isola e a ricostruire sulle macerie? Amano quel pezzo di terra, là sono nati, là son cresciuti, là riposano i loro genitori. E’ la loro patria, per questa brava gente; e la patria è come la mamma: ne abbiamo una sola e non la cambiamo. L’amiamo cosi com’è. Si abbandona forse una madre sol perché è malata, vecchia e sventurata.

Sì, Ischia non è più che un cumulo di macerie, u-na vasta necropoli, ma fra un anno o due ri-tornerà come prima. Sarà ancora ISCHIA-LA-BELLA come la chiamano; era veramente bella, infatti, prima del disastro, con le sue case dalle bianche colonne, su cui si arrampicavano ì tral-ci, inghirlandandole con i loro pampini verdi; con il suo Epomeo dalla fronte altera ove piccole nubi d’oro si affacciano al mattino; con il suo cielo di zaffiro e il suo mare di smeraldo, quel mare che la bacia tutta in un bacio perenne; soprattutto con le sue fanciulle, le sorelle di Graziella, vere e proprie Orientali del Sud, brune e rosee come le pesche del loro frutteto che maturano nell’ardente carezza del sole. Esse preferiscono una capanna sulla loro isola ad una dimora nella grande città. Non le bia-simate.

Riflettete .... sull’altra sponda del golfo, ai piedi del Vesuvio, c’è un paese sette volte seppellito dalla lava e sette volte ricostruito. Se si costringesse la popolazione ad abbandonarlo, si sentirebbe esilia-ta. Come MIGNON del Poeta è là che vuol vivere, amare e morire; proprio là! Ed è là che muore!

A. DE LAUZIERES – THEMINES

BRIVIDO CHE PASSA Quando, il cuore infranto e l’animo angosciato

per una delle catastrofi più spaventose dei tempi moderni, apriamo un dizionario per cercarvi il nome di Ischia, e questa la suprema ironia che vi troviamo:

“Ischia, cantata dai poeti, uno dei più deliziosi soggiorni d’Europa. Il cielo è sempre terso, l’aria salubre, la vegetazione lussureggiante. In ogni angolo ci si imbatte in moreti, mirti, melograni e aranci in fiore,,-

Quell’incantevole soggiorno non è più che un ci-mitero ed anche a me tocca pronunciarne l’elogio funebre.

Accadde in un giardino pubblico di Napoli, in

u-na di quelle sere opache in cui la volta del cielo sembra un globo di vetro azzurro poggiato stilla luna.

Il conte Angeli era seduto sotto un frascato in-sieme a sua figlia e prendeva bevande fresche pur prestando attenzione alle sinfonie musicali che, d’abitudine, rallegrano i luoghi di convegno di un ‘oziosa e indolente popolazione.

Giulietta non aveva ancora 18 anni. Eppure la celebrazione del suo matrimonio con Sir Eward Berthus, nipote ed erede di Lord Glenarvon, era fissata per la fine della settimana. Berthus era un compito cavaliere, alto e dall’aspetto seducente. Quanto a Giulietta, Raffaello le avrebbe sacrifica-to la sua Fornarina, Dante la sua Beatrice.

- Cosa avete - domandò d’un trailo il conte An-geli - Quale la ragione del vostro impallidire. Giu-lietta?

- Non so proprio dirlo, babbo; un brivido im-provviso, involontario, che non so spiegarmi.

Berthus, che si era appena avvicinato alla fidan-zata, colse queste ultime parole.

- So che cos’è - disse con la sua voce dolce – Si prova a volte, la sera, una sensazione singolare e inspiegabile. Il sangue si agghiaccia per un istante e l’occhio si smarrisce, Immaginiamo clic ci capiti qualcosa di soprannaturale. L’incanto, di colpo, si rompe e ridiamo della nostra debolezza.

E proprio ciò che ho provato Berthus,Secondo una delle superstizioni del mio paese -

continuò il giovane - nel momento in cui provia-mo questo senso di malessere, qualcuno calpesta il luogo dove saremo sepolti.

Ogni paese - intervenne il conte Angeli - in-terpreta a suo modo questo fenomeno. I selvaggi della costa africana credono che lo spirito del male li tiri per i capelli in quel preciso istante.

- Donde deriva allora - domandò Giulietta - che tutte le nazioni, civili o selvagge, vedano in questa sensazione un presentimento nero, un segno sini-stro, foriero di catastrofe?

- Credo - rispose Berthus - che sia la conseguen-za dell’orrore che solleva l’umanità contro qualco-sa di invisibile e d’inviso alla nostra natura.

- Credete agli spiriti? - chiese il conte Angeli. - Non affermo questo. Ma perché non dovreb-

bero esistere esseri materiali d’una natura così impercettibile, come gli animaletti che popolano l’aria che respiriamo, spiriti malefici di forma tan-to trasparente e tenue quanto l’atmosfera stessa? Eppure esistono di sicuro mostri che nascono, vi-vono e muoiono in una goccia d’acqua, mostri vo-raci, insaziabili che vediamo nutrirsi di creature ancora più piccole..... -

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A questo punto i suonatori si avvicinarono Un tenore accompagnato da un flauto e un tamburel-lo, intonò una canzone d’amore su toni languidi. A proposito - domandò il conte Angeli - dove andrete in viaggio di nozze? -

Amiamo questi luoghi - rispose Berthus - e, se Giulietta è d’accordo, non ce ne allontaneremo. -

E dove volete andare?A Ischia

Ed erano là, poveri sventurati, a scambiarsi il primo bacio sotto gli aranci in fiore, quando un sussulto del suolo inghiottì una giovinetta così bel-la ed un amore così grande.

I loro corpi furono ritrovati avvinti sotto una la-stra di marmo, tomba apertasi da sola!

Il conte Angrli piange sua figlia e fra le lacrime va mormorando: I presentimenti sono per aria.

Aupelien SCHOLL

Erezione di una lapide commemorativa a S. M. il re

( Dal registro delle delibere consiliari del comune di Lacco Ameno)

L’anno 1883 il giorno 27 del mese di novembre nella sala delle adunanze municipali - convocato il

consiglio comunale in seduta straordinaria per autorizzazione avutane dal Signor Sotto Prefetto del

Circondario: sono intervenuti i Signori consiglie-ri:

1) Monti Gaetani sindaco - 2) Buonocore Mattia - 3) Calise Aniello - 4) Calise Pasquale - 5) Calise Tommaso - 6) Climaco Giovanni - 7) De Siano Fi-lippantonio - 8) De Siano Scipione - 9) Frisecchia Sergio - 10) Monti Raffaele – 11) Napolione Vincen-zo - 12) Pascale Tobia- 13) Patalano Gaetano -14) Patalano Raffaele - 15) Patalano Vincenzo.

Trovandosi il consiglio legalmente costituito, il Sindaco nell’assumere la presidenza, dichiara aper-ta la seduta, coll’assistenza del segretario Signor Castagna Elia.

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Il Presidente invita li consiglio a deliberare l’in-nalzamento ili una lapide commemorativa nel luo-go dove Sua Maestà Umberto Primo Re d’Italia sbarcava, per visitare i luoghi danneggiati dalla terribile catastrofe del terremoto del 28 luglio in questo Comune.

Il consiglio, udita la proposta del lodato sindaco presidente, concordemente si è alzato e vi ha fatto plauso, accogliendola con animo lieto; ciò stante, delibera all’unanimità di allocarsi nel bilancio di questo Comune per l’anno 1884 la somma di lire 500 per innalzare la lapide commemorativa a Sua Maestà l’Augusto nostro Sovrano Umberto Primo Re d’Italia, giusta la proposta del lodato sindaco presidente.

Colla medesima seduta, il Presidente propone al consiglio, come, in segno di riconoscenza e di gratitudine verso coloro che maggiormente si ado-perarono in sollievo di questa infelice popolazione nell’infausta catastrofe del terremoto del 28 luglio ultimo, conviene conferirsi la cittadinanza di que-sto Comune a Sua Eccellenza il Ministro Genala, all’Il.mo Signor Prefetto della Provincia di Napoli

conte Alfonso Sanseverino, al Signor Sotto Prefetto del Circondario di Pozzuoli Cav. Camillo Battista e all’On. Cav. Lampugnani, i quali spiegarono tanto zelo ed abnegazione nel procurare tutti i sollievi possibili a questa popolazione.

Il consiglio, udita, la proposta del Presidente, de-libera all’unanimità di conferire come coll’atto pre-sente conferisce la cittadinanza di questo Comune a S. E. Genala, Ministro dei Lavori Pubblici, all’Ill.mo conte Sanseverino, prefetto della provincia di Napoli, all’On Cav. Camillo Battista, sotto prefetto del Circondario di Pozzuoli, e all’On. Cav. Lampu-gnani in missione di segretario per i lavori pubblici in Casamicciola, e ciò in segno di somma ricono-scenza e gratitudine per tutto quello che hanno at-tuato in beneficio di questa popolazione.

La lapide che si trova sul lato destro del palazzo Pisani al Corso A. Rizzoli contiene il seguente testo:

Umberto I di SavoiaRe d’Italia

Principe valoroso benefico pietosoil 2 agosto 1883

accorreva su questi lidia sollevare le vittime

della terribile commozione telluricache il 28 luglio 1883

la distruzione e la mortenell’isola disseminava.

Perché fosse ai posteri tramandatol’atto generoso del sovrano

che la virtù ereditòdall’illustre stirpe sabauda

questa lapide decretavail municipio riconoscente

Pagina tratta dal volume Benedetto Croce di Fau-sto Nicolini, Utet 1976

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di Loreto Amalfitano

Il IV corso di aggiornamento in ECOLOGIA CO-STIERA, tenutosi presso l’Hotel Parco Maria di Fo-rio, ha suscitato, per merito dei valenti relatori av-vicendatisi durante la settimana dei lavori, un vivo interesse nei corsisti e negli uditori verso i problemi ecologici del nostro tempo.

Bisogna dare atto alla Società di Ecologia costie-ra • ed in particolar modo ai proff. Cari H. Oppen-heimer dell’Università del Texas e Roberto Blundo di averne fortemente voluto lo svolgimento nell’i-sola d’Ischia, ed inoltre all’impegno del presidente dell’USL nonché sindaco di Forio, dott. Gaetano Co-Iella, che ha permesso concretamente la realiz-zazione del corso.

Alla inaugurazione (sabato 22 settembre) sono intervenuti autorità politiche, presidi e docenti del-le varie scuole isolane, e nientemeno il nuovo mini-stro all’Ecologia On. Biondi.

Il sindaco, nel dare il benvenuto al ministro e 1’ augurio di concreta riuscita dei lavori agli organiz-zatori, ha auspicato in un prossimo futuro la crea-zione di un centro di studi e di ricerche di ecologia marina da realizzarsi nell’attuale villa “La Colom-baia” di Luchino Visconti, del cui esproprio si sta adoperando l’amministrazione comunale di Forio.

Il ministro ha successivamente replicato, affer-mando che i tempi di assestamento e di funziona-mento di un ministero di nuova istituzione sono inevitabilmente lunghi, anche a causa delle diffi-coltà connesse alla conflittualità di competenze con altri ministeri (ad es. Marina mercantile) e per ca-denza di fondi; ha fatto peraltro intendere che per ora sono da evitare certi programmi dispendiosi, pur importanti ed interessanti.

Ritornando sul programma del corso, la settima-na di lavori si è articolata secondo due linee di svi-luppo: la prima, mattutina, in cui si sono svolte os-servazioni e descrizione di parametri fisico-chimici delle acque con conseguenti prelievi ed analisi di ? campioni; la seconda, pomeridiana, in cui si sono tenute relazioni e conferenze da parte dei docenti invitati e degli stessi organizzatori del corso.

Già domenica mattina (23 settembre) con il prof. Oppenheimer è stato compiuto il giro costiero dell’ isela, per una prima valutazione delle caratteri-stiche geologiche e della dinamica delle acque. Il pomeriggio è intervenuto il prof. A. Pana, docente di virologia marina presso l’università di Roma, il quale si è soffermato sulla pericolosità d’inquina-mento di natura virale legata principalmente alla presenza del virus viscerotropo dell’epatite virale (tipo A). Inoltre anche la costante presenza dei tre ceppi di virus poliomelitici nelle feci può benissimo rappresentare indici di inquinamento. Per tali mo-tivi alcuni ricercatori moderni hanno sostituito le “attuali” colimetrie con la virusmetria.

(La colimetria è un metodo che si fonda sul numero dei batteri fecali per indicare la presenza di inquina-mento )

Nei giorni di lunedì e martedì (24 e 25 settem-bre), le ore mattutine sono state impegnate nella osservazione di alcuni punti dell’isola, in cui il prof. Carl Oppenheimer si è trattenuto per descrivere i caratteri geofisici modellati nel tempo dalla energia dinamica del vento e delle acque; nelle ore pomeri-diane il prof. Oppenheimer, con l’ausilio di films e diapositive, ha tenuto delle relazioni prima sul si-stema oceanografico mondiale e poi in modo esteso sul mare Mediterraneo.

A riguardo del Mediterraneo la scuola americana, di cui fa parte Oppenheimer, a differenza di quella francese, di cui il rappresentante più illustre è Jac-ques Cousteau, afferma che esso è privo di sostanze nutrienti, dato che i fiumi che vi si riversano sono scarsi di numero e non possono quindi garantire un gettito adeguato di nutrienti. Inoltre per upwel-ling queste sostanze nutrienti si spostano dalla costa e, a causa della maggiore densità per l’eccessiva eva-porazione delle acque superficiali, vanno verso il fondo del mare, e non possono essere quindi utiliz-zate come nutrimento dei batteri e delle alghe.

(upwelling - movimento verticale dello strato superficiale delle acque, dovuto al suo allontana-mento dalla costa per azione dei venti continenta-

A Forio dal 24 settembre al 2 ottobre 1983

La S.I.D.E.C. (Società italiana di ecologia co-stiera) ha tenuto un corso di aggiornamento riservato ai laureati in scienze di tutte le se-zioni e branche, ma aperto ad altri interessati , ammessi in qualità di uditori.

Ecologia costiera

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li con conseguente risalita compensante di acque profonde e più fredde)

L’eutrofizzazione (crescita delle alghe), presente in prossimità delle coste, specie nel mare Adriatico, è dovuta invece al cosiddetto “effetto Venturi” per il quale si formano controcorrenti verso le prossimità distali dalle coste che non permettono l’allontanar-si dei nutrienti i quali naturalmente si accumulano dando origine ad una folta vegetazione algale.

La mattina di mercoledì sono stati prelevati cam-pioni di acqua marina nello specchio portuale di Forio ed in prossimità di una condotta di scarico fognario nel porto di Casamicciola; subito dopo, nel laboratorio ECOBIOS, sono state approntate dal prof. Blundo le tecniche di analisi microbica, successivamente utilizzate per la ricerca microbio-logica dei campioni.

Nelle ore pomeridiane sono intervenuti il prof. A. Paoletti, titolare della cattedra di igiene dell’U-niversità di Napoli, ed il prof. De Maio, rettore dell’ Istituto Universitario Navale di Napoli.

Mentre il prof. De Maio ha illustrato il movimen-to delle correnti oceaniche e di quelle del Mediter-raneo, con particolare riferimento al golfo di Napo-li, il prof. Paoletti si è soffermato prevalentemente sull’inquinamento marino costiero. Com’è noto, nel nostro intestino sono presenti in notevole quantità microrganismi sapròfiti (Escheridia coli), che ven-gono emessi con le feci raggiungendo il mare attra-verso gli sbocchi fognari. Naturalmente , per effetto della diluizione, in prossimità degli sbocchi fognari troviamo un addensamento notevole di batteri e di sostanze organiche che però diminuisce progressi-vamente verso il largo.

(sapròfiti - cioè privi di clorofilla e che vivono a spese di organismi morti o di sostanze organiche in decom-posizione)

L’elevata concentrazione dei batteri e delle so-stanze organiche influisce negativamente sull’eco-sistema costiero. Dal punto di vista fisico si nota una minore trasparenza dell’acqua e quindi minore penetrazione della luce in essa. Ciò comporta una riduzione dell’attività di fotosintesi delle alghe, mi-nore sviluppo di ossigeno diminuzione o scompar-sa dei batteri aerobici (bisognosi di aria per vivere) e notevole proliferazione di quelli anaerobici (atti a vivere in assenza di aria). Conseguentemente si ha un accumulo di materie organiche ed una notevole proliferazione di alghe (Eutrofìa).

L’aumento sproporzionato di alghe in un am-biente povero di luce, produce poco ossigeno per la diminuita attività fotosintetica, consumando pro-gressivamente quello disponibile per la loro cresci-ta. Si potrebbe ovviare a questo inconveniente se vi

fosse un continuo ricambio e successiva diluizione ad opera delle correnti. Ciò potrebbe rappresentare un fenomeno sicuramente positivo, in quanto una sufficiente diluizione dei liquami comporterebbe una maggiore penetrazione della luce e una mag-giore proliferazione dei batteri aerobici, i quali ri-durrebbero la materia organica in nitrati e fosfati. Tale situazione ottimale si riscontra in prossimità del collettore di Cuma, si è formata una zona detta “macchia di sofferenza” in cui si è creato un eviden-te equilibrio tra apporto di materia organica e cre-scita di batteri degradatosi.

Enterovirus

(virus eliminati con le feci)

virus Polisvirus Coxachie

virus Echovirus Hepatitis

virus Adenovirusvirus Reovirusvirus Rotavirus

In questa “macchia” non possono crescere ani-mali superiori (pesci), in quanto l’ossigeno a di-sposizione è consumato dai batteri. Possono però vivere alcuni protozoi, organismi unicellulari con minori esigenze di ossigeno. Nella zona periferica della zona di sofferenza si moltiplicano le alghe che si cibano dei prodotti di degradazione prima cita-ti, producendo anche ossigeno per attività fotosin-tetica. La presenza di ossigeno alla periferia della macchia permette la vita ai pesci che si nutrono di organismi microscopici, quali copepodi, policheti, crostacei........

Il mare rappresenta quindi un ambiente di auto-depurazione. Sono noti alcuni fattori di autodepu-razione:

1) fattori di autobiosi: produzione di antibiotici prodotti dalle alghe e da batteri;

2) batteriófagi (virus) che distruggono i batteri patogeni: delovibriofago, che fagocitano il vibrione del colera;

3) protozoi che divorano batteri (parameci). Il problema dell’inquinamento batterico diventa

invece critico nelle zone costiere, in cui è frequente la balneazione. La grande concentrazione di mate-

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riale fecale rivela anche la presenza di bacilli pato-geni con il rischio di contrarre malattie gravi, quali la salmonellosi e l’epatite virale.

Pertanto la legge italiana ha stabilito che nelle zone balneari la concentrazione di colibatteri deve essere di 100 colifecali su 100 mi e in assenza di batteri patogeni. Si può intervenire per evitare l’ad-densamento di materiale fecale con vari metodi :

1) il primo consiste nella costruzione di impianti di depurazione, da cui l’acqua, anche se non micro-biologicamente pura, esce liberata dalle sostanze organiche per cui i batteri, in essa contenuti, muo-iono rapidamente sia per l’assenza di sostanza or-ganica per il loro nutrimento, sia per le ostili condi-zioni ambientali marine;

2) il secondo è quello di riversare i liquami me-diante condotta sottomarina al di sotto della zona termoclina (zona a temperatura costante che sepa-ra due strati a diversa temperatura). Generalmente le condotte vengono immesse ad una profondità che è il doppio dello spessore della termoclina.

L’aspetto più inquietante dell’inquinamento co-stiero è quello causato da sostanze di natura inor-ganica ed organica cosiddette non biodegradabili. Tali composti vengono prevalentemente riversati in mare dalle industrie, causando in tal modo una progressiva concentrazione nell’ambiente marino. E’ chiaro che questi prodotti, non potendo essere degradati, vengono fissati negli organismi più pic-coli e cosi via via in tutti quelli della catena alimen-tare fino all’uomo. Si ricordi al riguardo la tragedia di Minamota (Giappone), in cui molte persone mo-rirono per avvelenamento da metilmercurio, che si fissa nel sistema nervoso.

Il metilmercurio provenne dai cetrioli di mare, di cui i giapponesi sono ghiotti e probabilmente esso è stato trasportato all’uomo.

Ogni giorno viene sintetizzato almeno un milione di molecole organiche, di cui una parte viene river-sata nelle acque. Di queste molecole spesso non si conoscono gli effetti dannosi, mentre per altre sono noti i danni procurati nell’uomo e nell’ambiente co-stiero.

Giovedì mattina, i corsisti hanno fatto un’escur-sione con la motonave Venus nell’isola di Capri, dove hanno osservato la struttura dei tre colletto-ri fognari e nelle ore pomeridiane hanno assistito alla relazione del prof. G. Cortellessa, vice diretto-re dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha riferito sulla “non brillante” situazione sanitaria del nostro paese. Ha destato inoltre un certo interesse la con-ferenza del prof. R. Blundo riguardante la discus-

sione dei risultati microbiologici eseguiti (si veda la tabella).

Alla luce di tali risultati il prof. Cortellessa ha affermato che la situazione, almeno per l’isola d’I-schia, è da ritenersi allarmante e dovrebbe far ri-flettere i nostri amministratori (latitanti per pro-pria scelta al corso).

Il dott. Blundo, nel fare l’analisi dei risultati, ha affermato che nella popolazione di Casamicciola c’è un discreto numero di portatori sani di salmonello-si (tifo, paratifo), a Forio meno.

Si rammenti che tali risultati rappresentano so-lamente una ricerca didattica e non si è voluto fare del terrorismo ecologico o dello sciacallaggio poli-tico.

Il corso è terminato con l’intervento del prof. P. Arata dell’istituto centrale per le ricerche scientifi-che e tecnologiche applicate alla pesca marittima, il quale ha fatto una disamina della situazione della pesca marittima in Italia.

Anche nel discorso della pesca si inserisce il pro-blema dell’inquinamento costiero di tipo industria-

Tabella dei risultati microbiologici

Casamicciola (porto: imboccatura fogna) colifecali 800.000/100ml streptococco 580.000/100ml salmonelle 80.000/100mlForio (di fronte al Torrione) colifecali 4.000/100ml streptococco 26.000/100ml salmonelle 2.000/100mlForio (all’inizio del nuovo braccio del porto) colifecali 0 streptococco 18.000/100ml salmonelle 0Ischia (zona fuori del porto, a 20 metri diprofondità) colifecali 6.000/10mlIschia (nel porto: a 5 metri di profondità) colifecali 320.000/100mlProcida (entrata del porto, a 15 metri di profondità) colifecali 40.000/100mlProcida (nel porto, a 6 metri di profondità) colifecali 280.000/100mlCuma (a 700 metri dalla costa e a 8 metri diprofondità) colifecali 5.000/100ml

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le che rende infetti gli organismi marini (lamelli-branchi, pesci…). Oltre all’inquinamento, anche la pesca condotta con l’uso di reti a strascico, di esplo-sivi e senza il rispetto dei vari periodi di riprodu-zione, provoca la distruzione delle uova e degli ele-menti nutritivi di base con conseguente progressiva riduzione della pescosità dei nostri mari. Inoltre si è arrivato all’assurdo che un paese come

il nostro importa pesce per circa un miliardo di lire al giorno, quando una corretta politica nazio-nale potrebbe valorizzare con un maggior rispetto delle norme vigenti una attività economica di estre-ma importanza per la nazione.

Loreto Amalfitano

300 numeri del Settimanale d’Ischia/ Lo Sport Isolano

Con il numero pubblicato mercoledì 19 ottobre il Settimanale d’Ischia/Lo Sport Isolano ha raggiunto il traguardo dei 300 numeri; da nove anni si va sviluppando un’attività di informazione e di partecipa-zione (diretta ed aperta a tutti) per quanto concerne la vita isolana nei suoi vari aspetti.

Elementi significativi possono essere considerati sia la periodicità (settimanale) sia la puntualità di pubblicazione (prima esperienza nell’ambito isolano); essi avvici-nano i lettori al giornale, poiché trova sod-disfazione l’esigenza nuova di non restare assenti verso la realtà e i problemi che il territorio presenta e sviluppa.

La Rassegna d’Ischia intende unirsi alle felicitazioni già da molte parti espresse nei riguardi del Direttore Domenico Di Meglio, delle componenti redazionale ed ammini-strativa.

PREMIO GIORNALISTICO VINCENZO TELESE

(quarta edizione)

Il Premio giornalistico Vincenzo Telese, organizzato dal periodico Ischia Oggi di Giu-seppe Valentino, con la collaborazione del Comune di Ischia, ha avuto nella sua quarta edizione i seguenti vincitori: Sezione quoti-diani italiani: Vittorio Presicci (Osservatore Romano) — Rosario Mazzitelli (Avvenire).

Sezione quotidiani esteri: Joan Lewis (The Washington Times) - Von Karl Schneider (Rhein Neckar Zeitung e Konstanzer Run-dschau) — Liliane Paletta (Living Sudan Ex-press).

Sezione stampa periodica: Domenico Fari-na (Napoli Oggi).

Sezione stampa turistica: Maurizio Spagni (Turismo ed attualità).

Sezione radiotelevisiva: Mario Accolti (Gr 3) — Italo Khune (Tg 3) — Fiorella Ricci (Te-lemare).

Premi speciali al dipartimento cronaca del Mattino e alla redazione napoletana di Paese sera.

Una nuova casa comunale a SERRARA FONTANA

Con la presenza del ministro On. Claudio Signorile, dell’assessore provinciale Franco Iacono, delle autorità isolane e di larga rappresentanza della popolazione, è stata inaugurata a Serrara Fontana la nuova casa comunale; con la fascia tricolore ed in veste di anfitrione il sindaco Arturo Trofa. In essa troveranno più adeguata sistemazione i vari uffici e più confortevole possibilità di lavoro impiegati ed amministratori. Lo stesso cittadino ne trarrà vantaggio.

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Dal prossimo anno scolastico (84/85) po-tranno essere istituite nelle scuole medie classi a tempo prolungato, pur continuando ad esse-re assicurato il funzionamento di classi a tem-po normale. Il nuovo sistema prevede l’aboli-zione delle specifiche e distinte categorie, note come scuole a tempo pieno, doposcuola, libe-re attività complementari (LAC), in quanto le congloba tutte e ne fa quindi un istituto unita-rio rappresentato appunto dalla classe a tempo prolungato. L’aspetto unitario è maggiormente sensibile, se si considera che i vari momenti di insegnamento vedranno impegnato il medesi-mo docente per le singole discipline.

Naturalmente bisogna tener presente che si avrà un diverso carico orario settimanale per gli alunni, distribuito in ore antimeridiane ed ore pomeridiane (in totale un numero minimo di 36 ed uno massimo di 40), così come un ora-rio di servizio per gli insegnanti eguale quanti-tativamente, ma differentemente collocato nel-la giornata. La programmazione di utilizzo del tempo scolastico spetta al Collegio dei docenti.

Sempre, restando nelle linee generali (si rinvia ai prossimi numeri per un esame più ampio, aperto ad interventi specifici e rivolto all’ambiente isolano e comunale), si indicano le condizioni necessarie per istituire classi a tempo prolungato (art. 3 D.M. 22 luglio 1983):

a) disponibilità di adeguate strutture edili-zie e delle attrezzature idonee, nonché – ove il tempo prolungato esiga l’organizzazione della mensa - esplicito impegno dell’Ente locale ad assicurarla;

b) richiesta delle famiglie - da esercitare at-traverso opzioni al momento delle preiscrizio-ni - il cui numero consenta la formazione di una o più classi secondo la vigente normativa.

Si fa quindi un discorso soprattutto di at-trezzature, di strutture capaci di assicurare a) lo studio sussidiario, avente sia il fine di

svolgere una funzione di sostegno nei riguar-di di alunni che presentano lacune sul piano dell’apprendimento anche mediante inter-venti individualizzati, sia il fine di uno studio individuale assistito per tutti gli alunni della classe; b) libere attività complementari, aven-ti il fine di ampliare il campo degli interessi culturali ed espressivi degli alunni, anche con attività a carattere interdisciplinare, organiz-zate per gruppi della stessa c/asse a di classi diverse (art. 1, O.M. 22 luglio 1983).

Altra premessa indispensabile è costituita dalla meditata scelta della famiglia, non su-scettibile di revoca nel corso dell’anno scolasti-co (od anche del ciclo di scuola media).

C’è l’esigenza di regolare la vita familiare in modo da permettere il ritorno a scuola; c’è l’impegno di regolare diversamente le attività di studio da parte dei ragazzi.

r. c.

Scuole mediecon classi a tempo prolungato

Orario settimanale delle lezioni

Classi I II III

Religione 1 1 1Lettere 15 15 15Lingua straniera 5 5 5Scienze matem. 8 8 8Educaz. tecnuca 3 3 3Educaz. artistica 2 3 3Educaz. musicale 3 2 3Educaz. fisica 3 3 2

Totale 40 40 40

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Unanime solidarietà per i lavoratori dell’azienda isolana - L’ampia partecipazione positiva premessa per la soluzione del problema?

La D’Ambra Vinidi Raffaele Castagna

I lavoratori della D’AMBRA VINI sono in agita-zione ed intendono contrastare le decisioni dell’A-zienda di licenziare, a partire dall’1.2.1984, tredici dei diciassette dipendenti. Si teme peraltro che la Winefood, multinazionale svizzera azionista di maggioranza, persegua l’intento di interrompere 1’ attività specifica e utilizzare così lo stabilimento per altre finalità.

— La lotta dei lavoratori - si legge in un comunica-to del 19.10.1983 - ha come scopo non solo la difesa del proprio posto di lavoro, ma anche la salvaguar-dia dei diritti degli agricoltori, costretti, altrimenti, ad abbandonare completamente la campagna e la viticultura in particolare, e la destinazione attuale dell’immobile aziendale costruito per i due terzi con i soldi dello Stato (Casmez e Isveimer). —

In effetti la questione è sul tappeto da qualche anno e la stampa nazionale e locale ne ha trattato in varie riprese; citiamo, per esempio, un titolo di Ischia Mondo del luglio/agosto 1981 : Colpo gros-so della Winefood ai danni della nota casa vinicola isolana / la D’AMBRA VINI CHIUDE.

Eppure non è trascorso neppure un decennio da quando si avviava la realizzazione della grande azienda nel tenimento di Panza (1974), considerata come la necessaria premessa per mantenere viva l’economia vitivinicola; allo stato attuale - si legge su Ischia Oggi (marzo 1974) ) - il costo dell’opera supera il miliardo e 500 milioni. Non per niente l’azienda è sorta nella zona classica dei vigneti po-sti sotto la tutela della denominazione di origine controllata, ciò allo scopo evidente di costituire un mercato vinicolo in loco per favorire gli agricoltori del luogo e lo smercio rapido del prodotto.

Ora la situazione si presenta del tutto diversa e limitate sono le possibilità di sopravvivenza; vero è che gli impegni dei politici tendono verso altre so-luzioni.

L’assessore provinciale all’agricoltura, Luca Scotti, ha proposto la costituzione di un ente con-sortile tra Provincia, Ente di sviluppo agricolo, ed i Comuni dell’isola d’Ischia, per unificare le strutture della D’Ambra Vini e della Cantina Sociale.

Da parte sua il sindaco di Forio, Gaetano Colella,

è riuscito ad impegnare l’assessore all’agricoltura della Regione Campania, De Rosa, il quale ha pro-messo uno stanziamento a fondo perduto per una costituenda cooperativa di produttori che andreb-be ad acquistare l’azienda D’Ambra (comunicato del 9.11.83 n. 8). Per evitare i licenziamenti ed in attesa che si concretizzi la citata iniziativa, sempre secondo le proposte di Colella, le amministrazio-ni comunali dovrebbero impegnarsi a mantenere temporaneamente occupate e con un contratto ad opera n. 2 unità lavorative per comune.

Siamo naturalmente allo stato di proposte, di promesse, a volte di posizioni difensive od offensi-ve; il concreto manca ancora, come peraltro nulla si è fatto dal momento in cui è sorto il problema specifico.

Queste considerazioni si possono ricavare dalla lettura degli attestati di solidarietà . Intanto i la-voratori sono senza stipendio; agli agricoltori non sono state pagate le spettanze per le uve conferite in occasione della vendemmia 1983.

Occorre sperare che l’ampia partecipazione e sensibilità diventino realmente il fondamento per trovare una soluzione sicura e non lontana nel tem-po, tale da soddisfare le esigenze dei lavoratori, da salvaguardare la produzione tipica isolana, da evi-tare un diverso profitto con la differente utilizzazio-ne del complesso.

I messaggi di solidarietà Allo scopo di dare la giusta dimensione al proble-

ma, che non solo investe in modo diretto i lavora-tori, ma tocca anche vari aspetti della vita isolana, diamo cenno di dichiarazioni e messaggi con cui le forze amministrative, politiche, sociali, sindacali... hanno voluto manifestare la propria solidarietà e posizione.

L’amministrazione comunale di Forio già nel passa-to ha dato dimostrazione di essere sensibile al proble-ma della D’Ambra Vini che è l’unico grande complesso vinicolo sul territorio ischitano e che è situato nel nostro comune. Con varie delibere consiliari già nel passato, allorquando si ventilava la possibilità di un cambio di destinazione, la amministrazione comunale di Forio ha fatto conoscere il suo pensiero.

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1) L’amministrazione comunale di Forio non permet-terà mai un cambio di destinazione dello stabilimento che fu costruito per avere uno stabilimento enologico modernamente attrezzato che andasse incontro sem-pre più alle esigenze degli agricoltori dell’intera isola d’Ischia.

2) Se si dovesse giungere ad uno scontro con pro-prietari dell’Azienda, l’amministrazione comunale è in-tenzionata alla requisizione dello stabile onde evitare qualsiasi tipo di speculazione.

Nel passato presente qualche amministrazione a guida socialista ha preso delle iniziative che possono avere solo del demagogico. Secondo noi iniziative sul problema sono di competenza dell’amministrazione co-munale di Forio.

(Antonio Trofa, segretario DC di Forio e assessore co-munale)

Preoccupato per il proditorio attacco ai livelli oc-cupazionali, Vi esprimo la mia piena solidarietà perla Vs. giusta lotta e Vi assicuro che sarà mia cura chiede-re la immediata convocazione del Consiglio comunale d’Ischia, di cui mi onoro di far parte, per dibattere il problema della D’ Ambra Vini e ricercare una valida soluzione sia per i Vostri specifici immediati interessi che perla soluzione della crisi che attanaglia l’intera at-tività agricola dell’isola.

( G. Giuseppe Onorato, consigliere comunale al Comu-ne di Ischia)

Una struttura come la D’Ambra Vini, uno dei più grandi e moderni complessi enologici del Sud Italia, non può essere distrutto. Sarà mio impegno, nel mio piccolo, far si che la vertenza D’Ambra Vini giunga ad immediata e giusta soluzione, sia per i lavoratori di-pendenti che per l’intera agricoltura isolana.

( Corrado D’Ambra)

La D’Ambra Vini è una struttura produttiva impor-tante non solo per l’agricoltura ischitana ma anche per tutta la economia turistica dell’isola. La sua crisi è anche la crisi di tutto il settore vinicolo, perché la più impor-tante casa vinicola ischitana acquista sempre meno e a prezzi sempre più bassi l’uva dei produttori locali che necessariamente debbono abbandonare la coltivazione della terra per inserirsi in settori più remunerativi.

Nel 1983 l’Amministrazione comunale di Forio a gui-da socialista fu fermamente decisa ad assicurare al più esteso comune dell’isola un grande stabilimento enolo-gico come quello della D’Ambra Vini che avrebbe dovu-to costituire una azienda pilota nel settore vinicolo non solo di Ischia ma di tutta la Campania.

( Franco Iacono, segretario di zona del PSI. membro del Comitato centrale del PSI, assessore provinciale, consigliere comunale)

Il PCI esprime perplessità e preoccupazione e si di-chiara disponibile a collaborare in difesa dei lavoratori

dipendenti D’Ambra Vini e tale situazione sarà oggetto di immediata discussione ed interrogazione nonché con-fronto con tutte le forze politiche e sociali.

( Sezione PCI di Forio)

L’impegno solidale non permetterà mai che la più ri-nomata casa vinicola dell’isola d’Ischia venga smantel-lata con gravi conseguenze per il livello occupazionale e per l’ulteriore crisi della già carente viticultura isolana.

( 11 Consiglio dei delegati Sepsa - Ischia)

Esprimiamo solidarietà lavoratori D’Ambra Vini cui lotta coincide con obiettivi fissati da organizzazione agricola coltivatori diretti per tutela et valorizzazione settore vitivinicolo territorio ischitano.

At scopo coordinare lotta intrapresa questa federa-zione est disponibile per confronto programmi rilancio settore produttivo agricolo.

( Giuseppe Mottola - direttore della Confederazione coltivatori diretti- i-’ed. prov. di Napoli)

At nome mio et amministrazione tutta esprimo so-lidarietà at lavoratori D’Ambra Vini per loro lotta at difesa livelli occupazionali et salvaguardia stabilimen-to enologico fondamentale per sviluppo agricoltura isolana.

( Arturo Trofa, sindaco di Serrara Fontana)

La sezione del MSI-DN di Forio, perdurando l’agita-zione dei dipendenti della D’Ambra Vini, e nel constata-re l’assoluta mancanza in tempi brevi della risoluzione del problema, esprime la piena solidarietà ai lavorato-ri e comuni a il proprio interessamento, coinvolgendo tutta la struttura del partito, affinchè vengano difesi i diritti occupazionali e venga evitato ogni eventuale speculazione da parte della Società proprietaria.

( Vincenzo Savarese segretario sezione MSI-DN di Fo-rio)

I Repubblicani di Ischia esprimono la loro preoccu-pazione per le sorti delle principali aziende enologiche isolane D Ambra Vini e Cantina sociale e più in genera-le per tutta l’agricoltura isolana.

Appare perfino inutile sottolineare il pericolo dell’ab-bandono definitivo delle residue attività economiche non legate al turismo e di lasciare scomparire senza traccia la tradizione di prestigio del vino di Ischia.

Auspichiamo pertanto una soluzione organica del problema che, fuori da ogni logica esistenziale, ma in un’ottica di recupero della professionalità e di oculata economia di gestione, consenta ad una azienda enolo-gica isolana di tornare sul mercato col prestigio di un tempo assicurando agli agricoltori ischitani una valida prospettiva per il loro lavoro.

( De Laurentis, membro del Comitato centrale del PRI)

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I lavoratori dell’ENEL: — ritengono che l’attacco ai livelli occupazionali esi-

stenti, senza alcuna ipotesi di mobilità, sia una provo-cazione che aggrava il fenomeno della stagionalità del lavoro;

— sollecitano le organizzazioni contadine a prendere posizione e a lottare insieme al movimento operaio per vincere una battaglia che vede nel rilancio dell’agricol-tura isolana l’obiettivo meno contingente.

( I Delegati di Reparto dell’Enel)

Due aziende di notevole peso nell’economia isolana hanno deciso di chiudere i battenti nel periodo inverna-le con licenziamento dei lavoratori addetti e restrizione della base produttiva.

In entrambi i casi, le decisioni sono state prese dai cervelli del grande capitale del nord senza tenere in al-cun conto gli interessi delle comunità locali.

Le amministrazioni comunali di Ischia e Iorio ver-sano oggi le stesse lacrime di coccodrillo che in passato ha pianto il sindaco di Lacco Ameno per la vicenda del gruppo Rizzoli e della società Augusto.

( PSI - sezione di Ischia)

Mi pare logica la proposta dell’amministrazione pro-

vinciale avanzata dall’assessore al ramo, perchè delle due strutture isolane, D’Ambra Vini e Cantina Sociale, si prenda il meglio e si metta insieme valorizzandolo con adeguamento alle esigenze di una moderna agri-coltura.

Ciò sarà possibile, se si terrà realisticamente conto di ciò che si può e si deve fare, senza enfatizzazioni ana-cronistiche, con la consapevole partecipazione degli addetti ai lavori del settore, agricoltori, operai e tecni-ci, nonché delle tante Case vinicole isolane, utilizzando anche capitali pubblici o privati, produttivisticamente impegnati.

( Vincenzo Mennella, sindaco di Lacco Ameno)

At nome consiglio amministrazione et mio persona-le esprimo viva solidarietà lavoratori D’Ambra Vini, in lotta per proprio posto di lavoro et difesa prestigiosa struttura produttiva legata at tradizioni et a interessi turistici isolani. Auspico sollecita soluzione vertenza dichiarando disponibilità per ogni possibile iniziativa et in ogni sede a sostegno lavoratori et economia isola d’Ischia.

( Umberto Di Meglio, presidente Azienda turismo Ischia e Procida)

PREMIO LETTERARIO M. F. IACONO (seconda edizione)

Per la seconda edizione del Premio letterario Maria Francesca Iacono, organizzato dal periodico Rivista let-teraria di Giuseppe Amalfitano, sono risultati vincitori:

sezione poesia1) Anna Teresa Vichi Albanesi di Pesaro con la poesia “Io so di un paese che muore” 2) Fryda Rota di Vercelli (“La porta chiusa”) - 3) Cosimo Nicola Resta di Taranto (“Dopo il campo da tennis”).Tra i segnalati Giovanni Tesoro di Ischia (“Dettagli”).

sezione racconto breve1) Nunzio Dolce di Roma (“La voce del mare”) -2) Cosimo Nicola Resta di Taranto (“Il mistero di Via Di Palma”) – 3) Anna Teresa Vichi Albanesi di Pesaro (“Menco”).

C. A. P. IS. Centro di addestramento professionale Isola d’Ischia Sede: Lacco Arreno

Si è aperto a Lacco Ameno (via IV novembre) un centro di perfezionamento professionale, il cui scopo precipuo è quello di fare apprendere in modo efficiente e qualifi-cato l’uso delle macchine moderne in uso presso tutti gli uffici ed enti di ogni ordine e grado. In effetti questi corsi

sono diretti sia al giovane che si avvicina per la prima volta al settore delle macchine per scrivere e contabili, sia a colui il quale vuole specializzarsi in detto settore servendosi di macchine elettroniche modernissime e di computers.

Oltre ai corsi relativi alle macchine.si tengono anche corsi tecnici professionali per coloro che hanno già con-seguito un diploma ed hanno ambizioni di inserirsi nel mondo del lavoro con una professionalità qualificata che spesso la scuola non dà.

Le lezioni pratiche e teoriche sono tenute da professori specializzati.

Corsi

Dattilografia (anche con impiego di macchine per scrive-re elettroniche e con l’ausilio di sistemi di video scrittura - Calcolo Elettronico (in applicazione alla computisteria, alla tecnica commerciale, alla matematica) — Stenogra-fia - Operatori di computers — Contabilità IVA — Pratica fiscale e tributaria - Contabilità commerciale - Ammini-strazione del personale - Pratica di segretariato - Prepa-razione a concorsi pubblici.

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