La Rassegna d’Ischia 4/1985...

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4 La Rassegna d’Ischia 4/1985

Inarime o

i Bagni di

Pithecusa

Nel 1726 fu stampato a Napoli, con i tipi di Fe-lice Mosca, il poema INARIME, seu DE BAL-NEIS PITHECUSA RUM libri VI: l’autore, il ge-suita Camillo Eucherio de Quintiis ( o Quinzi ), nato all’Aquila degli Abruzzi il 14 gennaio 1675, voleva così ringraziare l’isola, ove aveva potuto guarire da una malattia di nervi alle mani con le acque di Casamicciola. toto Orbe locatis Primus ego in Thermis admisi e Phocide Musas; Primus aquas, aegrisque tuam subeuntibus oram Ausonio Victor potui praescribere plectro, Inarime, medicas (si qua est ea gloria) leges.(p. 318)

(per primo portai le Muse dalla Focide nelle Ter-me che sono in tutto il mondo; per primo, vitto-rioso, potei cantare nella poesia italica le acque e le leggi della medicina (se tal gloria conta), a favore degli infermi che si recano ai tuoi lidi, o Inarime).

La materia è tratta principalmente dal libro di Giulio Iasolino: De’ rimedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa, hoggi detta Ischia, pub-blicato nel 1588;

di fatti lo segue fedelmente in ogni par-ticolare - scrive Paolo Buchner nel testo “Giulio Iasolino” (Rizzoli Editore, 1958) - ma dà, secondo il gusto della sua epoca, a tutto una veste mitologica, arricchisce i suoi racconti con una fiorente fantasia e non lascia nessuna occasione senza dimo-strare la sua vasta erudizione geografica e naturalistica.

Sono circa ottomila esametri latini, divisi in sei libri, dedicati a Giovanni V, re di Spagna.

Accompagnano il testo otto incisioni di Antonio Baldi che rappresentano in generale allegorie barocche delle virtù dei bagni.

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La Rassegna d’Ischia offre la prima dispensa della traduzione del poema ( libro I pp. 1/20 ), per avvicinare i lettori ad un’opera che, sia perché scritta in latino, sia perché rara e dif-ficile da trovare nelle biblioteche isolane, re-sta, nella migliore delle ipotesi, un semplice riferimento. E nella speranza di conservare l’entusia-smo per completare il lavoro sull’intera ope-ra, sarà possibile anche parlare più ampia-mente dell’autore e del modo come venne accolto il suo poema.

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Il voto

SVOLTA (a sinistra ) nel comune di LACCO AMENO

Poco cambia negli altri Comuni

IACONO (PSI) e MAZZELLA ( DC ) alla Regione

COLELLA (DC) e GAUDIOSO (PSI) alla Provincia

Il voto del 12/13 maggio 1985 non ha provocato grandi e diffusi mutamenti nel quadro politico amministrativo dell’isola d’Ischia: fa testo uni-camente la sconfitta, pesante, della DC a Lacco Ameno, dopo anni di assoluto e incontrastato predominio. Significativo emerge anche il grande successo che hanno ottenuto i candidati isolani per tra-guardi più rappresentativi rispetto a quelli locali e comunali: Enzo Mazzella (DC) e Franco Iaco-no (PSI), entrati con largo numero di consensi, scaturiti anche al di fuori dell’isola, nel consiglio regionale della Campania; Gaetano Colella (DC) e Giuseppe Gaudioso (PSI), nuovi consiglieri provinciali. Il fatto che i consensi popolari si sono riversati, nell’uno e nell’altro caso (Regione e Provincia), sui due partiti maggiormente seguiti a livello isolano, e cioè PCI e PSI, ha precluso la possibili-tà di favorire anche candidati di partiti minori: il PLI non ha potuto riportare alla Provincia Luca Scotti; Nino d’ Ambra si è trovato con i soli voti del PSDI, partito peraltro in declino a Ischia, come in campo nazionale. La DC conserva la maggioranza assoluta sol-tanto in due Comuni: appena sufficiente (11 su 20) a Folio, rafforzata ad Ischia; a Casamicciola maggioranza relativa. Barano, Serrara Fontana e Lacco Ameno saranno amministrati dai socia-listi, da soli o in alleanza con i comunisti. In linea di massima si può dire che ci troviamo di fronte a conferme rispetto al passato; il che al-meno consente di vedere una linea di continuità nel futuro. Come si diceva, la svolta più notevole si è avu-ta a Lacco Ameno, e ne hanno tratto vantaggio comunisti e socialisti, uniti sotto il simbolo del Fungo, 1’ emblema che aveva caratterizzato an-che la prima vittoria del prof. Vincenzo Mennel-la nel 1946, sempre a danno della DC ufficiale. Gli eventi dell’ultimo periodo di vita ammini-

strativa, la spaccatura del partito democristiano, la presenza di una lista civica, sono gli elementi che possono essere riportati alla fonte della nuo-va situazione. E’ stato sufficiente che socialisti e comunisti, già ben organizzati a livello locale, migliorassero, di poco, le proprie posizioni per aver ragione delle altre forze politiche e degli altri gruppi, e per assicurarsi , grazie anche al sistema maggioritario, la maggioranza assoluta (16 seggi su 20). Ci si potrebbe chiedere: perché la popolazione ha preferito questa soluzione, tra altre possibili-tà di alternativa? Considerate le espressioni di voto in campo re-gionale e provinciale, dove la DC ha conservato il suo elettorato, ci si convince che un peso de-terminante ha avuto non tanto l’appartenenza a questo o a quel partito, quanto la volontà di la-sciar operare per il paese gente che è stata den-tro i problemi, che ha cercato di tenerne sempre viva la loro gravità, al fine di richiamare i più di-retti responsabili a maturarne il superamento; gente che non siè lasciata dominare dalla maggioranza demo-cristiana e che ha voluto sempre conservare il proprio ruolo di presenza viva nel consiglio co-munale nonostante il ridotto numero, sia pure a volte con atteggiamenti di eccessiva intransi-genza fino al palese ostruzionismo. E di conseguenza un grave compito attende socialisti e comunisti in questo momento, in cui occorre passare dalla facile posizione di opposi-tori a quella, senz’altro più complicata e onero-sa, di principali responsabili della cosa pubblica. Il paese attende che presto sia ripreso il discorso operativo, in terrotto per lungo tempo, al fine di avviare a soluzione quei problemi che hanno frenato lo sviluppo economico e turistico e sui quali è stata impostata tutta la campagna per il cambiamento e contro la democrazia cristiana. Lacco Ameno vive certi momenti “storici”; ma

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anche in altri Comuni potrebbero aversi novità di vertice. Proiettati su fronti più autorevoli al-cuni personaggi di spicco, c’è naturalmente chi aspira a raccoglierne l’eredità o il “testimonio” nella carica di sindaco. E1 quanto si verifica o potrebbe accadere ad Ischia, a Forio e a Barano. Ben rappresentata in sede regionale (per la pri-ma volta), oltre che ancora in sede provinciale, l’isola d’Ischia riuscirà a portare in primo piano i suoi problemi, non soltanto perché se ne faccia occasione di dibattiti e di sporadici interventi, ma perché si vada a ricercare effettivamente la possibilità di soluzione a vantaggio degli inte-ressi sociali, economici e turistici di un territorio che grande importanza ha in Campania.

Raffaele Castagna

LIBR I

Come in una giostra — nello splendore e tra i profumi d’Ischia

di Maria Vassallo

Edizioni Centro Internazionale di Cultura - Roma - Marzo 1985 Lito-Tipografia Epomeo, Forio.

***

“Fragmenta ne pereant”

del Can. Antonio Schiano

Raccolta di scritti vari

***

La droga: l’erede di tante ferite

di PhilDi Scala

Antonio Gallina Editore - Maggio 1985

Nel prossimo numero de “La Rassegna d’Ischia” ampia recensione dei tre volu-mi indicati.

In breve

LACCO AMENO

Il dott. Tommaso Patalano del PSI dovrebbe essere il successore del prof. Vincenzo Mennella nella carica di sindaco, a Lacco Ameno. Secondo voci, tra socialisti e comunisti che, uniti, hanno ottenuto la maggioranza assoluta, ci sarebbe un accordo che assegna la posizione di vertice, dopo due anni e mezzo di vita ammi-nistrativa, ad un consigliere comunista.

CASAMICCIOLA TERME

A Casamicciola la DC ( 10 seggi ) e il PRI ( un seggio) daranno vita alla nuova amministrazio-ne comunale; il sindaco dovrebbe essere il dott. Angelo Manzi.

PORIO

Incertezza a Forio per la composizione della nuova amministrazione. Molti aspirano a rico-prire la carica di sindaco, convinti che Gaetano Colella debba farsi strada nell’amministrazione provinciale di Napoli.

Intanto per dare maggiore forza ai programmi futuri si cerca di ritrovare l’intesa con i consi-glieri rappresentanti di Panza.

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PROGETTO ETRUSCHIManifestazioni espositive1) CIVILTÀ’ DEGLI ETRUSCHISede: Firenze, Museo Archeologico, P.za SS. Annun-ziata - Dal 16 maggio al 20 ottobre 1985. Le grandi sezioni in cui si divide la mostra “prima della città”, “la città”, “forme di espansione e coloniz-zazione”, “l’intervento di Roma”, indicano l’imposta-zione per nuclei tematici riferiti ai diversi aspetti del-la civiltà, intendendo riversarli nella sequenza crono-logica di fondo, portando l’attenzione sulle forme di produzione e circolazione da un lato, sulle istituzioni e le idee dall’altro. Nell’introduzione si prevede di fornire al pubblico, in modo quasi polemico, l’immagine degli Etruschi così come è restituita da organi di media informazio-ne, libri scolastici e così via, indicando errori e falsi miti. La sezione “prima della città” illustrerà i feno-meni della protostoria e le prime manifestazioni di accumulo delle ricchezze corrispondenti all’impatto con la colonizzazione greca. Saranno inoltre e-sposti ricchi corredi orientalizzanti scanditi dalla illustra-zione dell’architettura “palaziale” e del suo riflesso nelle tombe principesche, sarà introdotto poi il di-scorso sulle forme di occupazione del territorio nel periodo della civiltà urbana, i problemi di produzione del cibo e di divisione delle terre in età storica, i pro-blemi relativi alle attività minerarie, le manifatture di raffinamento dei metalli, le costruzioni edilizie.

2) LA FORTUNA DEGLI ETRUSCHISede: Firenze, Spedale degli Innocenti, P.za SS. An-nunziata 12 - Dal 16 maggio al 20 ottobre 1985. Accanto alla “Civiltà degli Etruschi” si colloca que-sta Mostra, che raccoglie la convergenza di altri in-teressi culturali e campi disciplinari: la storia della cultura e dell’architettura, l’urbanistica, le arti figu-rative, la semiologia applicata alle testimonianze più immediate del consumo nella realtà contemporanea dell’immagine degli Etruschi.

3) SANTUARI D’ETRURIASede: Arezzo, Sottochiesa di S. Francesco - Museo Archeologico - Dal 19 maggio al 20 ottobre 1985.

4) L’ACCADEMIA ETRUSCASede: Cortona, Palazzo Casali - Dal 19 maggio al 20 ottobre 1985. Sarà illustrata la problematica relativa a quel fe-nomeno della cultura toscana del ‘700 che va sot-to il nome di “etruscheria” e che ebbe il suo nucleo promozionale nell’Accademia etrusca di Cortona. La mostra sarà un’occasione per rimeditare sul ricco materiale d’archivio conservato presso la Biblioteca Comunale, sulla ritrattistica settecentesca relativa ai personaggi che ricoprirono la carica di “lucumone” e, in generale, sull’attività svolta nel settore archeolo-gico dai fratelli Venuti (Marcello: Ercolano; Ridolfi-

no: Roma), anche mediante l’esposizione di opere a stampa del XVII s. relative agli Etruschi.

5) LA ROMANIZZAZIONE DELL’ETRURIA. il territorio di Vulci.Sede: Orbetello, Polveriera Guzman - Dal 24 mag-gio al 20 ottobre 1985. L’area è particolarmente idonea per illustrare, con ampia esemplificazione, il fenomeno di destruttu-razione del territorio effettuato dalla dominazione romana, mettendo in luce i diversi aspetti e i diversi strumenti utilizzati. In particolare si metterà l’accen-to sulla trasformazione subita dal territorio nel tes-suto abitativo attraverso lo studio degli insediamenti (colonie, ville) e delle infrastrutture (vie e porti), fino alla creazione, in età imperiale, di vere e proprie città, quali, ad esempio, il municipio di Roselle.

6) MINIERE, SIDERURGIA e SCAMBISede: Piombino, Capannone delle acciaierie o Isola d’Elba, Museo della Linguetta; Massa Marittima, Museo Civico - Dal 25 maggio al 20 ottobre 1985. L’attività produttiva che caratterizza la Piombino moderna riflette l’antica vocazione mineraria del Campigliese e del Massetano, nonché la manifattura siderurgica di Populonia, archeologicamente attesta-ta dalla fine del VI al I secolo a. C. La mostra metterà in luce in quale misura l’attivi-tà estrattiva e manifatturiera ha costituito uno degli assi portanti dell’economia etrusca, in relazione, par-ticolarmente, agli scambi con i mercanti di altre zone del Mediterraneo.

7) CASE E PALAZZISede: Siena, Ospedale di S. Maria della Scala Dal 26 maggio al 20 ottobre 1985

8) ARTIGIANATO ARTISTICOSede: Volterra Museo Guarnacci Chiusi Museo Ar-cheologico Dal 18 maggio al 20 ottobre 1985

Nella sede centrale della mostra ( Volterra) , l’ac-cento sarà posto particolarmente sulla produzione di urne cinerarie di pietra con decorazione scolpita, in quanto manifestazione più significativa dell’attività delle maestranze locali; attenzione specifica sarà de-dicata alle realizzazioni delle cosiddette arti minori (bronzi, vetri, oreficerie, gemme) e, soprattutto, alle importantissime produzioni ceramiche.La sezione Chiusi rivestirà una funzione particolare. Muovendo infatti anch’essa dalla produzione elleni-stica di urne cinerarie e sarcofagi, la mostra cercherà di cogliere gli elementi di continuità nella tradizione locale delle sculture funerarie, risalendo fino alla se-conda metà del VI secolo a.C.

Dati e informazioni tratti dalla “Sintesi del programma delle iniziative” - Regione Tosca-na, Ministero per i Beni culturali e ambien-tali.

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Incontro a Barano il 20 aprile 1985

IL PUNTO SUL MOMENTO ATTUALE DELL’ARCHEOLOGIA E SUL PROBLEMA DEGLI ETRUSCHI

Promosso dal Circolo Georges Sadoul e dal Centro Studi su l’isola d’Ischia, si è tenuto a Bara-no, con la collaborazione dell’Amministrazione comunale, un incontro per fare il punto sul momento attuale dell’archeologia e sul problema degli Etruschi. L’occasione è stata offerta proprio dalla celebrazione del cosiddetto Anno degli Etruschi che avrà in Toscana e in altre regioni vasta risonanza.Il sindaco prof. Gaudioso si è detto lieto di ospitare manifestazioni cosi significative. Si è trattato non tanto Jì una conferenza, ma soprattutto di un colloquio, al quale ha dato notevole valore e peso la presenza di due eminenti personalità: il prof. Giorgio Buchner e il prof. Sabatino Moscati: il prof. Giorgio Buchner, che ad Ischia ha dedicato e dedica la maggior parte dei suoi studi, e il prof. Sabatino Moscati, conosciuto attraverso i suoi numerosi libri e gli articoli giornalistici. “11 prof. Moscati — ha detto nella presentazione il prof. Buchner — ha il grande merito di tener vivo l’interesse per l’archeologia e di informare il pubblico delle più recenti scoperte archeologi-che. Archeologo, storico, filologo orientalista, studioso delle civiltà semitiche e particolarmente di quella fenicio-punica, ha organizzato varie missioni archeologiche italiane in Palestina, in Siria, in Tunisia, in Algeria, a Malta, in Sicilia e in Sardegna. In Sardegna sono stati particolarmente importanti gli scavi eseguiti in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Cagliari nella fortezza fenicio-punica di Monte Sirai presso Car-bonia e quelli di Sulcis nell’isola di S. Antioco. Questi ultimi, qui ad Ischia, ci interessano in modo particolare, perché nel tophet, la necropoli dei bambini di S. Antioco, è stata rinvenuta un’urna funeraria dipinta in stile greco tardo-geometrico dell’ultimo quarto dell’VIII secolo e precisamente in stile euboico, che è stata prodotta ad Ischia, come dimostrano senza alcun dub-bio la qualità dell’argilla e i motivi decorativi che si ritrovano identici su ceramica pitecusana di fabbricazione locale, trovata a Lacco Ameno”.

Crediamo di fare cosa gradita ai lettori pubblicando in maniera quasi integrale la re-lazione introduttiva del prof. Moscati e un’ampia parte del colloquio che ne è seguito.

Sabatino Moscati negli ultimi trenta anni l’archeologia è mutata profondamente

Il mio ringraziamento per l’invito rivolto è af-fettuoso e cordiale, ed è su un tono di cordiale colloquio che abbiamo convenuto di tenere que-sto incontro. Mi sia consentito di dire qualche cosa preliminarmente, anzitutto rendendo o-maggio a quest’isola che ha assunto negli ulti-mi anni la direzione del maggiore crocevia della civiltà mediterranea, un punto di incontro e di scontro decisivo per il divenire della storia tirre-nica, della storia mediterranea, della storia del

nostro paese attraverso quel convergere di ele-menti greci fenici che gli scavi diretti da Giorgio Buchner hanno posti magistralmente in luce e nei quali si è svolto quel dramma in gran parte nascosto, ma reale, lo scontro tra due civiltà tra le quali, in ultima analisi, hanno prevalso i Gre-ci, improntando poi di sé la storia del Tirreno occidentale. L’omaggio va, al tempo stesso, deferente e de-voto a G Buchner per quello che egli rappresen-

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ta per l’archeologia italiana. lo ho pensato sempre a lui — se lo consente — ricordando l’espressione con cui definì se stesso uno dei più grandi archeologi che abbiano scavato in Oriente, l’uomo che ha fatto ri-sorgere la città di Biblo: uno scavo a misura di una vita: questa è stata ed è Ischia per Giorgio Buchner. E questo suo impegno continuo, fatto di personale sacrificio, di disdegno delle forme più pubbliche di notorietà, di applicazione continua agli studi, inter-pretazione dei reperti che sempre più determinanti affioravano, ha fatto sì di poter essere coronato dai risultati straordinari degli scavi che voi tutti conosce-te bene. Mi ha fatto piacere il cenno a S. Antioco; è l’occa-sione per dire che i nostri scavi in Sardegna volgono a termine e che tra pochi mesi apparirà l’edizione completa degli scavi di S. Antioco, attraverso la quale speriamo di contribuire non solo alla conoscenza di una delle più grandi città cartaginesi in Sardegna, ma anche proprio di questi rapporti tirrenici dei quali avete avuto un cenno così autorevole. Per intesa con gli amici che hanno organizzato que-sto incontro, si tratta appunto di un colloquio e non di una conferenza, lo vi propongo di fare una breve introduzione, quasi per presentare me stesso e lo farò in termini assai più modesti di quelli troppo benevo-li usati dal prof. Buchner, ed anche per accennare a qualche problema che oggi ci interessa e che potrà essere materia di dibattito. Ma penso che l’incontro varrà proprio per discutere liberamente di tutto ed io cordialmente risponderò sulle cose che so, dichiarando sinceramente quelle che non conosco o che non conosco abbastanza. Ho detto che volevo fare qualche cenno di autopre-sentazione solo per ricordare la figura di un’esperien-za di cui il prof. Buchner ha messo benevolmente in luce gli ultimi sviluppi, ma che in realtà è l’esperienza di uno studioso che trenta anni fa vide il vuoto enor-me dell’archeologia italiana sulle opposte sponde mediterranee — era una constatazione abbastanza agevole — e ha cercato, come meglio poteva, talvolta con successo, talvolta senza successo, di porvi rime-dio. Sono ormai trenta anni da quando cominciammo per l’Università di Roma gli scavi vicino a Gerusa-lemme, dove ponemmo in luce una cittadella reale, una specie di Versailles della Gerusalemme antica. E da allora per il buon risultato di quegli scavi abbiamo sviluppato un programma di ricerche mediterranee che ha fatto perno su varie istituzioni: l’Università di Roma, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Mini-stero degli Affari Esteri. Questo piano di ricerche mediterranee è cominciato in Israele e in Siria, è continuato in Egitto, si è ferma-to in Tunisia e in Algeria, per tornare poi attraverso Malta in Italia, cioè in Sicilia e in Sardegna. E’ quella che ho chiamato qualche volta la via del sole — da oriente ad occidente — seguita soprattutto attraver-so la traccia degli insediamenti fenici e cartaginesi.

Una traccia che è apparsa ovunque significativa, più ampia e più espressiva di quanto non si potesse im-maginare; e questo anche perché abbiamo avuto la fortuna di effettuare le nostre ricerche sempre con una politica di collaborazione con le istituzioni locali, attraverso missioni congiunte, prima con l’Universi-tà di Gerusalemme, poi con l’Istituto di Archeologia ed Arte di Tunisi, poi con la Direzione delle Antichità Algerine, poi con il Museo Archeologico della Valletta a Malta e finalmente con le Soprintendenze di Paler-mo e di Cagliari, con le quali oggi la collaborazione è più viva e l’attività più intensa.

I segni maggiori di questi ritrovamenti, se-guendoli nell’arco in cui si sono svolti, sono stati in Tunisia il ritrovamento di una serie di fortezze cartaginesi sul Capo Bon; in Algeria il ritrovamento di una serie di fortezze lun-go il fiume Seibuf, a Malta il ritrovamento del santuario di Giunone, quello di cui parla Cice-rone nelle Orazioni contro Verre, ma che non era stato identificato: l’abbiamo identificato attraverso le iscrizioni trovate nel santuario; in Sicilia gli scavi di IViozia e in particolare il santuario, unico, in cui si sacrificavano i fan-ciulli, dal quale provengono oltre mille stele figurate che venivano poste come donazione votiva per accompagnare la memoria dei sa-crificati; in Sardegna appunto la fortezza di Monte Sirai, la prima fortezza cartaginese po-sta non sulla costa, ma nell’interno, il centro di Sulcis con il suo santuario anch’esso ricco di oltre mille stele figurate, ... e finalmente i luoghi dove effettuiamo gli scavi di maggiore impegno e cioè la città di Capua. Se gli scavi in Sicilia hanno rivelato una presenza culturale intensa dei Fenici e dei Cartaginesi nell’an-golo occidentale dell’isola, gli scavi di Sardegna han-no rivelato qualcosa di storicamente ancor più im-portante, cioè la penetrazione di Cartagine in tutta l’isola, il suo controllo sostanziale di tutta l’isola, e quindi le ragioni molto più evidenti di quanto prima non si pensasse del contrasto con Roma e delle guer-re puniche. Il consuntivo di queste ricerche è una panoramica nuova, a me sembra, della civiltà mediterranea, direi in questo ambito che le nostre ricerche e anche gli interessi, gli studi in particolare, si sono avvicinati appunto alle civiltà italiche ed in particolare a quel mondo etrusco che oggi interessa particolarmente e sul quale proprio in questi giorni (ed io vorrei farne omaggio al signor sindaco) abbiamo pubblicato col secondo numero della Rivista ARCHEO un dossier particolare di Mauro Cristofani, uno dei maggiori etruscologi italiani, che fa il punto sul problema degli Etruschi. Problema fondamentale per la storia dell’Italia an-tica, per le origini, per la lingua, ma anche per l’im-patto al di là di ogni attesa che hanno avuto le mani-

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festazioni del cosiddetto Anno degli Etruschi, meglio Progetto Etruschi promosso dalla Regione Tosca-na e che sta per decollare, cioè il 16 maggio si inau-gurerà la mostra di Firenze, la prima delle otto gran-di mostre programmate; alla fine del mese ci sarà il grande congresso internazionale di studi etruschi a Firenze, le altre Regioni hanno sviluppato anch’esse dei programmi, anzi una iniziativa anticiperà quel-la della Toscana, cioè l’inaugurazione il 4 maggio a Perugia della mostra intitolata Scrivere etrusco che è stata promossa dalla Regione, curata dal prof. Fran-cesco Roncalli; la mostra esporrà per la prima volta in Italia la famosa mummia di Zagabria, o per meglio dire i teli che coprivano questa mummia, scritti in etrusco e che costituiscono il più grande testo etrusco che si conosca e l’unico “libro” che ci sia pervenuto scritto su lino dall’antichità. Insieme alla tegola di Capua (oggi ai Musei Statali di Berlino) e al cippo di Perugia, questa esposizione presenterà i maggiori documenti della lingua etrusca. Questo - ripeto - per l’avvicinamento alla civiltà me-diterranea. Devo dire che in questi 30 anni di vita nel mondo dell’archeologia e di pratica archeologica per il setto-re che a me più compete, cioè quello degli scavi fenici e punici, ho visto trasformarsi questa disciplina; se-condo una definizione di un celebre archeologo fran-cese, questa disciplina è passata dall’indifferenza alla mania: prima c’era indifferenza verso le cose arche-ologiche, oggi c’è un interesse che qualche volta è fin eccessivo, nel senso che è mosso da forme non scien-tifiche e, lasciamo stare non scientifiche, nemmeno culturalmente ben centrate di interesse per le cose. Dicevo che ho visto cambiare questo mondo degli studi che mi stavano intorno; non per mia iniziativa, ma per richiesta che è venuta via via da qualche par-te, ho ritenuto di svolgere un servizio utile agli studi, dando notizie in forma corretta di ritrovamenti che avvenivano. Ricordo che nel 1974 l’allora direttore del Corriere della sera, Piero Ottone, volle incontrarmi e mi do-mandò se a-vessi voluto scrivere qualche articolo sul Corriere della sera, perché, dopo la morte di Amedeo Maiuri, gli archeologi italiani non scrivevano più in italiano comprensibile. Non era una gran dote quella di scrivere in italiano comprensibile, ma perché c’era un pubblico che aveva diritto di avere notizie, questo è stato l’argomento per cui mi fu chiesta quella colla-borazione e debbo dire che, con l’enorme differenza che ci separa, tuttavia il ricordo di Amedeo Maiuri, che ho conosciuto e di cui ho avuto grande ammira-zione, mi ha confortato in quella occasione. Di più mi ha confortato un episodio che ricordo sempre di lui (e Maiuri è un uomo vicino a queste terre; non cito uno sconosciuto): essendo molto giovane, ricordo di avergli chiesto una volta, in una seduta alla Accademia dei Lincei, se poteva consigli-armi qualche cosa sua di particolarmente sintetica, di particolarmente interessante, attraverso la quale

mi potessi formare in quelle ricerche che aveva fatto in Campania e nell’Italia meridionale; mi è sempre rimasta impressa la risposta di Maiuri che fu la se-guente: - Leggimi sul Corriere della sera - Credo che nessun archeologo avrebbe risposto così. Maiuri vo-leva dire probabilmente che quella serie di passeg-giate campane, da lui scritte a puntate sul Corriere della sera, quei bozzetti di uomini, di cose, di Pom-pei e di Ercolano (tutto poi raccolto in volume), era qualche cosa cui lui teneva come una manifestazio-ne più aperta a quei profani che non sono soltanto il pubblico vasto, ma sono anche i colleghi di un altro campo, perché dobbiamo dire con tutta sincerità che nel campo delle specializzazioni ci capiamo poco an-che tra noi. Per questo motivo mi sono provato ad avere una parte più attiva nella diffusione di questa scienza che nel frattempo mutava profondamente; mutava come termine di tempo, perché siamo nati con l’archeolo-gia classica e oggi parliamo di archeologia medievale, di archeologia industriale; ci rendiamo sempre più conto che l’archeologia in ultima analisi è un metodo più che un’epoca, è il recupero del passato attraverso lo scavo. E’ mutata per le dimensioni, che erano prima poco più che nazionali, oggi attraverso l’accelerazione dei mezzi di comunicazione, la trasformazione delle re-lazioni tra i popoli, sono diventate planetarie. E’ mu-tata per l’avvento della tecnologia, delle fotografie ae-ree e poi addirittura dal satellite, della datazione con il radio carbonio e poi con il potassio arabo, dell’irru-zione dei calcolatori e dei metodi matematici e sta-tistici, facendo a poco a poco di questa scienza una sorta di punto di incontro tra la cultura umanistica da cui deriva e la tecnologia irrompente che non solo l’aiuta, ma ne fa parte integrante. Queste sono le esperienze che, percorrendo, mo-destamente come potevo, il cammino dei miei stu-di sono venuto facendo, da un lato queste ricerche, dall’altro lato questa osservazione di un mondo che mutava sotto i miei occhi, sia per l’estendersi degli interessi, sia per le strutture stesse che di una vec-chia disciplina umanistica vanno facendo sempre più una disciplina avanzata, di frontiera, d’incontro con le tecnologie. Volevo soltanto dire queste cose a titolo di introdu-zione per l’incontro che mi è molto caro e per il quale vi ringrazio, ma penso che saranno le domande e le risposte, per quello che potrò, a darvi il senso di un’e-sperienza che considero modesta, nella quale vedo indubbiamente dei nei, della quale non sono affatto del tutto contento, ma che comunque, come ciascu-no di noi, vi presento perché possa essere giudicata e valutata.

IL COLLOQUIO

Domanda - Non sono ischitano. Trovandomi qui, sono andato a San Montano, dove il prof. Duchner ha scavato la necropoli ( almeno così ho letto sul-

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le guide), ma non ho trovato niente. Ho trovato un campo sportivo, delle piscine, delle case, ma delle tombe niente. Mi hanno detto: quest’inverno tutto è stato portato nel museo. Sono salito anche su Monte Vico e sono rimasto altrettanto deluso. Ho trovato una parte del monte edificata da un grande alber-go, con tutta la zona archeologica seppellita sotto l’asfalto e campo da tennis. In altra parte ho tro-vato cartacce e cartucce. Direi che ci sia, sì, anche quest’amore per l’archeologia, ma a livello molto epidermico. Quando ci sono di mezzo degli interessi, vengono fatti pure dei guasti terribili.

— Buchner - Una volta scavata una necropoli (e bisogna scava-re sino in fondo, perché le tombe delle varie epoche sono sovrapposte l’una sopra l’altra) il materiale non si può conservare sul posto; per cui rimane semplice-mente un buco che a San Montano da poco è stato riempito; prima non era stato possibile per mancan-za di fondi. Tutto il materiale adesso sta in un deposito a Lacco A-meno, ma fortunatamente si sta facendo un museo nella settecentesca Villa Arbusto: la ristrutturazione interna è stata fatta, adesso si aspettano i fondi per l’allestimento del museo, lo spero che, se lei ritorna, (non oso dire fra quanto -quanti mesi o quanti anni!) possa trovare pronto il museo o almeno possa vedere qualche cosa. Per quanto riguarda Monte Vico, qui purtroppo sulla sommità del monte è stato costruito un grande complesso alberghiero. Allora, anni fa, la Soprinten-denza alle Antichità di allora ha fatto il possibile per evitare questo sconcio, ma non vi è riuscita. Abbia-mo fatto dei sondaggi prima e, come già sapevo, sulla parte più alta purtroppo non c’era più del materiale, perché tutto era stato già dilavato dalle acque.

— Moscati - L’importanza dei reperti archeologici non è necessariamente legata alla loro visualizzazio-ne; in altri termini noi possiamo trovare un coccio, un frammento di coccio con un’iscrizione fenicia (è quello che è accaduto a Ischia) che per la sua antichi-tà, per il luogo in cui viene trovato, ha un’importanza enorme, perché testimonia e indica la presenza dì un popolo che non avremmo immaginato qui. Ma il coccio viene da terra smossa, nella quale vi fu una tomba o fossa terragna; non serve conservare quel tratto di terra, magari recintandolo in qualche modo. In altri termini ci sono dei reperti come la fa-mosa coppa di Nestore (una scoperta straordinaria, un frammento di poesia greca antica a Ischia), che non devono essere conservati in un contesto che è un contesto inconsistente. Il problema che si pone è più il problema del mu-seo e della visualizzazione in museo dei reperti e non necessariamente della conservazione nell’area arche-ologica (l’area archeologica si conserva, quando vi sono delle strutture conservabili e significative).

- Replica - Ho capito benissimo il suo discorso e lo condivido. A proposito è stata trovata lì questa coppa di Nestore? Benissimo. Però insisto, sarà forse una motivazione roman-tica, ma quella magnifica valle di San Montano vederla in mano alla speculazione, mentre invece poteva essa ospitare il museo, non è piacevole; e anche conservare sul posto quelle tombe vuote sa-rebbe stato molto bello! Come vedere l’insediamento di Pitecusa, lassù a Monte Vico, si sarebbe figura-to diversamente che non andando a camminare in mezzo allo squallido albergo.

- Buchner - Anni fa c’era un progetto che preve-deva il museo proprio nella valle di San Montano, ma poi non si è potuto realizzare, né sarebbe stato opportuno. Non si poteva fare più di un piano, né si poteva scavare sotto, perché tutta la valle è una zona termale.

Domanda - Sarebbe opportuno sapere qualcosa di più circa questa influenza etrusca su Ischia.

- Buchner - Senz’altro una delle principali ragioni per cui i Greci si sono spinti tanto a nord era la ri-cerca del minerale di ferro. Infatti abbiamo trovato a Monte Vico in uno scarico antico un frammento di minerale di ferro che proviene sicuramente dall’iso-la d’Elba. Abbiamo trovato inoltre degli avanzi della lavorazione del ferro, scorie di ferro che dimostrano che il ferro è stato, almeno in parte, lavorato anche qui. Poi abbiamo alcune altre testimonianze dei reci-proci rapporti tra Ischia e l’area etrusca. Abbiamo al-cuni vasi che sono certamente importati dall’Etruria meridionale, dal Lazio. Poi c’è tutto un problema delle anfore da trasporto: secondo alcuni un certo tipo di anfore dell’VIII e VII s. a. C. a Ischia sarebbero anfore etrusche, importa-te a Ischia, io sono sicuro che non è così. Si tratta di problemi specifici che non si possono svolgere qui. Comunque vi sono stati senz’ altro parecchi rapporti tra l’Etruria e Ischia.

Domanda - Della lingua etrusca si conosce poco o niente. E vero?

- Moscati - Comunemente si dice che l’etrusco è indecifrato: questa è l’espressione che corre abitual-mente. Poi di tanto in tanto si sente che qualcuno l’ha decifrato. Ma bisogna dire l’etrusco non si può decifrare, per-ché è già decifrato, nel senso che la scrittura etrusca si legge perfettamente bene, è una scrittura di origi-ne greca, come quella latina: quindi se noi siamo di fronte ad un testo etrusco, lo leggiamo benissimo. li problema è un altro: comprendiamo quello che leggiamo? Il problema è del capirlo.Allora l’etrusco è in questa situazione singolare: non appartiene a nessuna delle grandi famiglie linguisti-che che noi Conosciamo; non è indoeuropeo, non è

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semitico, non appartiene alle famiglie linguistiche che, essendo conosciute, una volta che si fosse indivi-duato che è di quella famiglia, si capirebbe bene per ragione di confronto. Ma non sappiamo che lingua sia: probabilmente una lingua che viene da una Asia Minore, per qualche indizio, per qualche suggestio-ne. Allora non possiamo spiegarcelo tutto insieme, per-ché non abbiamo un elemento di confronto.Che cosa dobbiamo fare, che cosa è stato fatto? Cercare di capirlo a poco a poco, anzitutto attraver-so le iscrizioni in due lingue. Quando voi avete individuato alcune parole e altre sono in posizione di suggerire un certo significato, si è capito abbastanza dell’etrusco. Che cosa vuol dire abbastanza? Voglio dire che grosso modo oggi noi co-nosciamo della grammatica e del vocabolario etrusco circa il 50 percento: possiamo tradurre con sufficien-te certezza molti testi, soprattutto quelli più brevi; abbiamo maggiore difficoltà a tradurre testi più lun-ghi, per i quali ci mancano gli elementi di confronto. Però proprio in questi giorni due studiosi autorevoli hanno pubblicato nei Saggi Mondadori un volume sulla lingua etrusca che dà la grammatica, il vocabo-lario, la traduzione di vari testi. Resta l’oscurità per circa il 50 per cento che, se non avviene nessun fatto nuovo, sarà rimossa molto len-tamente, e cioè attraverso piccoli passi, come sono stati fatti finora, computerizzazione dei vocaboli, stu-dio del punto in cui si trovano; insomma ipotesi per ipotesi molto lentamente si andrà avanti. Quale potrebbe essere il fatto nuovo, vero, che po-trebbe da un giorno all’altro trasformare la situazio-ne? Quello che è accaduto per l’egiziano, cioè la sco-perta di una lunga iscrizione bilingue e non di brevi iscrizioni. Come i geroglifici egiziani si sono capiti quando si è scoperta la stele di Rosetta, che dava in-sieme un lungo testo greco e l’uno era la traduzione dell’altro, bene, questo potrebbe accadere per l’etru-sco e allora si farebbe un balzo immediato in avan-ti. C’è stata un’avvisaglia alcuni anni fa, della quale siamo stati i protagonisti anche noi, proprio noi ( io e i miei colleghi di studio), quando a Pyrgi, l’attuale S. Severa, a nord di Poma, sono state trovate delle lamine d’oro, scritte in etrusco e in punico e, poiché il punico era una lingua semita, si è detto: ecco la so-luzione ! Senonché, disgraziatamente le iscrizioni erano di poche righe e per di più non erano traduzioni, ma pa-rafrasi, cioè dicevano più o meno la stessa cosa, ma in termini diversi. Ne siamo usciti con qualche parola in più e con qualche dubbio in più. E quindi l’occasione non è servita. 0 si trova una bilingue lunga, cioè un’iscrizione con una lingua co-nosciuta, di cui quella etrusca sia traduzione, e la lin-gua conosciuta serva all’altra, oppure questo stadio intermedio tra il capire e il non capire, questo stadio del capire pressappoco la metà, si andrà riducendo molto lentamente. Non c’è da credere assolutamente

a chi, ogni tanto, trova la chiave dell’etrusco, poiché non è un problema di chiave, è un problema di grup-po linguistico.

Domanda - Potrebbe aggiungere qualcosa sulla mummia di Zagabria?

— Moscati - La mummia di Zagabria è un caso molto singolare, cioè è una storia tra le più singolari dell’archeologia; si tratta di un testo etrusco scritto su lino, su tela di lino in colonne verticali, con caratteri chiari, in gran parte neri, alcuni rossi, dei quali allo stato attuale di conservazione abbiamo, se non m’inganno, dodici colonne e circa duemila parole. Doveva essere molto di più. Fu scritto in Etruria. Ad un certo momento o da un mercante o per ven-dita questo libro etrusco andò in Egitto, dove non compreso è utilizzato per fasciare una mummia. E’ rimasto così a lungo, finché un viaggiatore jugoslavo non lo ha acquistato e non lo ha portato a Zagabria con relativa mummia ed è andato a finire nel museo di Zagabria, dove progressivamente gli studi, in gran parte di studiosi italiani, via via hanno individuato queste lettere, hanno visto l’importanza di questo testo che è il più lungo testo etrusco che si conosca e che contiene una serie di prescrizioni rituali, una sorta di calendario religioso. Recentemente il museo di Zagabria ha mandato in Svizzera non la mummia, come dicono i giornali, ma i lini che avvolgevano la mummia, perché fosse-ro restaurati nel modo migliore e ne è stato fatto un restauro di primo ordine. La regione umbra ha pro-mosso la mostra a Perugia intitolata Scrivere etrusco, come dicevo, e insieme ad altri documenti sarà pos-sibile ammirare anche questi lini.

— Domanda - Sono stati interpretati?

— Moscati - No. Molti punti rimangono an-cora oscuri e pertanto questo fondamentale documento è ben lontano dall’essere real-mente capito.

Domanda - L’uso dei calcolatori nell’archeologia. Quali esperienze ha fatto lei. prof. Moscati?

— Moscati - Qaulche tempo fa fu costituito pres-so l’Accademia dei Lincei un centro interdisciplinare tra le scienze matematiche e la loro applicazione. La legge istitutiva prevedeva la possibilità del distacco di professori universitari per un periodo da uno a tre anni presso questo centro per imparare, sperimenta-re le tecnologie dell’informatica. lo ho chiesto ed ottenuto di fare questo e per tre anni sono stato a studiare modestamente quello che potevo capire alla mia età, e cercar di capire che cosa poteva dare l’informatica all’archeologia.

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Abbiamo fatto tra l’altro delle sperimentazioni sulle stele puniche scoperte in Sardegna.

1) I calcolatori danno le banche dati, cioè danno il to-tale dei caratteri di certi monumenti, di certe cose, dove si trovano e quali sono. Se io ho diecimila stele cartaginesi davanti, devo dire quelle che hanno una copertura liscia, quelle che hanno una figura maschi-le incedente, quelle che hanno una figura maschile statica, quelle che hanno una figura femminile,… Non solo, ma anche il materiale, la tecnica, tutti gli elementi vengono immessi in un calcolatore, il qua-le interrogato risponde: le stele con figurazione di questo genere sono duecento, le altre sono Insomma il calcolatore consente di passare da quella che era l’approssimazione nelle ricerche alle banche dati, cioè a delle raccolte sistematiche, organiche con risposte precise, mirate e incrociate. Per esempio in questo modo io sono arrivato a con-statare che certe piccole, curiose stele, diciamo con sommità ad arco, che mostravano un animale che passava di lato, erano fatte tutte in un particolare materiale, cioè un piccolo marmo che veniva dal di fuori, quindi erano probabilmente importate e quin-di non facevano parte del lavoro delle botteghe locali.Questo è il primo stadio. 2) Ma il secondo stadio più importante è quello del-la cosiddetta simulazione, cioè si fanno delle ipotesi e poi si verificano, lo dico: le stele con sommità cu-spidale sono tutte di influenza greca del IV secolo ( questa è ipotesi mia, perché con tantissimi esemplari non sono in grado di verificare). Ma se pongo il que-sito al calcolatore, il quale mi tira fuori di che mate-riale è, di che provenienza sono, che immagini han-no, che caratteri hanno, io posso rispondere. Questi sono non solo i processi da banca dati, ma i processi di ipotesi, cioè, come si dice, di simulazione, per cui si formula una ipotesi e poi la si verifica. Ho dato due esempi banali; i metodi sono più ampi, più vari. Ma per dirla in generale, il grande passo avanti che fa fare l’informatica è lo stesso passo avanti che avviene tra quando nelle ditte si facevano i conti a mano e quando si fanno i conti con il calcolatore, con la differenza che certi conti prima non si potevano fare, ora si possono fare, perché sono conti multiva-riati che implicano operazioni diverse. Debbo dire che l’applicazione dell’informatica, come quasi sempre, è cominciata nella paletnologia, cioè nell’archeologia preistorica. L’archeologia stori-ca comincia adesso.

Domanda - Gli Etruschi sono autoctoni o pro-vengono dall’Oriente?

— Moscati - Il problema dell’origine degli Etruschi viene comunemente posto in questi termini: donde sono venuti gli Etruschi? Ed è questo un modo curioso di porre il problema,

perché sembra immaginare che un certo popolo in un determinato momento spunti come un complesso di funghi in un determinato posto, poi costituitosi in età matura, metta il sacco a spalla e vada verso altre località.Il problema dell’origine di un popolo non si può por-re come un problema di immigrazione pura e sempli-ce, a meno che non si abbiano le prove visibili. Certo, i Greci sappiamo da dove vengono in Italia, certo i Fenici sappiamo da dove vengono. Il problema de-gli Etruschi è un problema complicato, nel senso che nulla ci indica che gli Etruschi si trovino in una posi-zione simile a quella dei Greci o dei Fenici, cioè che siano delle popolazioni che abbiano colonizzato l’Ita-lia, partendo da basi in cui noi li conosciamo. Per noi gli Etruschi sono una popolazione che ap-pare alla luce della storia in Italia: sono un popolo italico. Quando nel IX - VIII s. a. C. cominciano ad emerge-re iscrizioni etrusche, figurazioni etrusche, città etru-sche, queste sono in quella regione tra Lazio e Tosca-na che è l’area di maggiore diffusione degli Etruschi, ma anche con irradiazioni in Campania a sud, come in Emilia e fino in Lombarda a nord. Noi li vediamo qui con i loro caratteri di una pro-pria vita; certe connotazioni religiose, certi aspetti dell’urbanesimo. Ciò non toglie che nella cultura etrusca compaiano delle componenti che evidente-mente sono apporti dall’esterno. Penso per esempio all’influenza enorme che i Greci hanno avuto sugli Etruschi, un’influenza che in certi casi si tocca con mano: nel porto etrusco di Tarquinia, a Gravisca, sono stati trovati addirittura i colori con cui i Greci facevano quelle prime opere di pittura, da cui poi si è sviluppata la grande pittura di Tarquinia.Quindi risponderei al quesito così: che gli Etruschi sono per tutto quanto ne sappiamo un popolo italico, cioè un popolo che ci appare nella sua consistenza e nei suoi caratteri nel nostro paese. Popolo nel qua-le peraltro – questo accade anche per altri popoli – sono evidenti apporti di cultura dall’esterno.

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TRA I PIONIERI DEL TURISMO ISOLANO

VINCENZO TELESE Vincenzo Telese fu certamente un pioniere del turismo isolano. Già nei lontani anni ‘30, da organizzatore ine-guagliabile qual era, diede inizio a quell’opera di miglioramento delle nostre strutture (alberghi, mezzi di trasporto, valorizzazione delle risor-se termali, etc....) che doveva portare l’isola al boom turistico che, iniziatosi negli ultimi anni ‘50, a tutt’ oggi non è ancora fortunatamente terminato. Da sindaco del comune di Ischia la sua azione fu molto più incisiva e solo la morte prematura ne arrestò l’opera instancabile. Oggi è ricordato con un premio giornalistico al suo nome dedicato come attestato di ricono-scenza e gratitudine (organizzato dal periodico ISCHIA OGGI e dal comune di ISCHIA).

Ecco quanto scriveva nel 1955:

- Il movimento turistico a Ischia nel 1955 ha superato le 500 mila presenze; il che significa che, se per ogni giornata di presenza, il turista ha speso solamente lire tremila per alloggio, vitto e spese varie, la circolazione monetaria, provocata ad Ischia dall’industria turistico-ter-male, è stata di oltre un miliardo e cinquecento milioni di lire. La popolazione ischitana si è resa conto di questa inesauribile fonte di lavoro e di benes-sere e si è dedicata al miglioramento dell’or-ganizzazione dei servizi ricettivi, in modo che i forestieri si trovino sempre più a loro agio du-rante i periodi di cura, dì riposo e di svago che trascorrono nell’isola, in tutti i mesi dell’anno. Così, mentre gli stabilimenti termali, gli alber-ghi, i locali pubblici ampliano e perfezionano la loro attrezzatura, le Autorità e la popolazione studiano ed attuano ogni provvedimento ne-cessario a tenere il paese in condizioni d’acco-gliere il forestiero evitandogli ogni spiacevole sorpresa e rendendogli sempre più comoda e tranquilla la permanenza nell’isola. Ciò ha fatto notevolmente aumentare la clien-tela estera: industriali, professionisti e impie-gati svizzeri, tedeschi, austriaci, svedesi, norve-gesi, danesi, belgi, inglesi e francesi, da qualche

anno, preferiscono recarsi a Ischia, in numero sempre maggiore, perché in quest’isola non si parla di politica, di lotta di classe, di bombe atomiche, di guerre fredde ; qui si lavora se-renamente per valorizzare le infinite risorse naturali, onde procurare nuove fonti di lavoro e di benessere alla popolazione in continuo au-mento. In questa atmosfera di sereno e proficuo la-voro, tendente a migliorare le condizioni eco-nomico-sociali a tutti i fortunati abitanti dell’i-sola, il turista europeo si sente tranquillo, gode le bellezze della natura, ritempra il corpo e lo spirito, riparte col desiderio di ritornare in quest’angolo di pace creato da Dio e non anco-ra guastato dall’uomo onde poter dimenticare le ansie della vita moderna, aggravate dalle vicende politiche che rendono inquieta questa nostra Europa. Come si è potuto realizzare questo straordina-rio incremento del movimento turistico nazio-nale ed estero che ha, in pochi anni, trasforma-to Ischia in una stazione internazionale di cura, soggiorno e turismo frequentata in tutti i mesi dell’anno? Il merito principale spetta all’Amm.ne comunale che nel 1952 impostò un program-ma di sviluppo turistico termale mobilitando ed incoraggiando tutte le persone e le aziende disposte a creare nuove attività alberghiere, termali, ricreative e commerciali, facilitando, altresì, il miglioramento di quelle preesistenti.

Vincenzo Telese

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In pari tempo richiamò l’attenzione degli or-gani di governo sulla assoluta necessità di af-frontare i problemi vitali dell’isola, intervenen-do con opportuni provvedimenti ed adeguati finanziamenti, onde assicurare all’isola la luce elettrica, le strade, i miglioramenti delle comu-nicazioni marittime e terrestri e l’incremento delle attività alberghiero-termali Naturalmente non tutte le opere invocate sono state realizzate dagli organi di governo prepo-sti. In particolare la Cassa per il Mezzogiorno, mentre va realizzando l’acquedotto sottomari-no deve realizzare il grande complesso alber-ghiero-termale progettato nella zona “Paludi” in Ischia Porto dove a cura e spese della stessa Cassa è stato scoperto il bacino di acqua termo-minerale più importante dell’isola. La Cassa terrà certamente conto della vitale esigenza del comune di Ischia e favorirà l’incre-mento della sua attività termale avente carat-tere pubblico, contribuendo cosi alla valorizza-zione turistico-termale dell’isolo. d’Ischia, oasi di pace e tempio della salute in Europa. -

Come si vede delle utili indicazioni per gli ope-ratori odierni; tuttavia dubitiamo che il Comm. Telese, se ritornasse oggigiorno, esprimerebbe identiche considerazioni sull’isola.

EUGENIO FUSCO

SESTA EDIZIONE DEL CONCORSO GIORNALISTICO VINCENZO TELESE

E’ stata varata la sesta edizione del concorso giornalistico Isola d’Ischia Vincenzo Telese; enti promotori: il periodico ISCHIA OGGI e il Co-mune di ISCHIA, con la collaborazione dell’A-zienda di cura, soggiorno e turismo e del Banco di Napoli.Sono previste le seguenti sezioni: 1) Sezione quotidiani: sarà premiato il giorna-lista che abbia curato una grande inchiesta di politica estera in modo particolare dedicata alla illustrazione del difficile rapporto tra le due su-perpotenze. Il contributo del giornalista andrà considerato per l’impegno con il quale viene perseguito l’obiettivo della pace nel mondo. 2) Sezione periodici: sarà premiato il giornali-sta autore di una grande inchiesta sul dramma-tico problema della lotta alla droga. 3) Sezione radiotelevisiva: sarà premiato il giornalista autore di inchieste o servizi di largo interesse scientifico.

4) Stampa estera: sarà premiato il giornalista che abbia pubblicato inchieste o corrispondenze sulla ripresa economico-produttiva del nostro Paese. 5) Sezione agenzie di stampa: sarà premiato il giornalista che abbia diramato con eccezionale tempestività un’esclusiva notizia di notevole in-teresse. In occasione della cerimonia di premiazione (21 settembre 1985) sarà organizzate un incon-tro-dibattito sul tema: Cinema, televisione e mass-media.

CONCORSO NAZIONALE LETTERARIO

RAFFAELE MARINO

L’Accademia de “La Fucina” per l’incremento di produzioni letterarie e artistiche (Messina) bandisce un concorso nazionale di narrativa e poesia dedicato aRaffaele MARINOin segno di gratitudine per aver difeso i colori della natia città in competizioni a livello nazio-nale. La partecipazione è aperta a tutti gli scritto-ri, anche stranieri, residenti in Italia purché le composizioni siano scritte in lingua italiana o, per la sola poesia, anche in vernacolo siciliano con traduzione a fronte.Si può partecipare ad una o più sezioni. Le Uriche, ispirate a qualsiasi tema con liber-tà di scelta per quanto riguarda la metrica e la rima, debbono essere contenute in un massimo di 50 versi. In merito alla narrativa gli elaborati possono trattare qualunque argomento oppure in modo specifico: “Il tiro a segno e suoi scopi” o “Mes-sina in uno o più degli aspetti culturali, folclori-stici, patriottici, politici, sportivi o storici” senza peraltro superare le dieci cartelle dattiloscritte a doppio spazio.Scadenza 30 giugno 1985. Il concorso è patrocinato dall’Unione Italiana di tiro a segno, dalla Regione Siciliana (Asses-sorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione), dall’Ente Provinciale per il Turismo di Messina. Ulteriori notizie e bando completo possono es-sere richiesti all’Accademia de “La Fucina” - Via Palermo n. 407 -98100 Messina.

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Il problema della droga

Le Comunità terapeutiche

di Maria Vittoria Zito

La Comunità Terapeutica è, tra i tanti interven-ti di lotta alla tossicodipendenza, quella che ha trovato maggiore diffusione e consenso negli ul-timi anni, principalmente ad opera di volontari e privati. La stampa ha assunto un ruolo importante neh’ informare ed orientare l’opinione pubbli-ca: il processo di S. Patrignano e la condanna a Muccioli sono serviti, paradossalmente, ad am-plificare e ad enfatizzare questo tipo di proposta come l’intervento risolutore e magico al proble-ma droga. Anche in Campania, nonostante esistano già da qualche anno, le Comunità Terapeutiche ( C.T. ) hanno avuto solo da poco tempo il loro ricono-scimento. Infatti, è dal primo gennaio 1985 che le Comunità “Il Pioppo” di Somma Vesuviana (Na), il “Villaggio” di S. Paolina (Av), “La Tenda” di Napoli e “La Tenda” di Salerno, sono conven-zionate con la Regione Campania. In riferimento alla stipula di convenzionamen-to, il C.M.A.S. ( Centro Medico di Assistenza Sociale ), in accordo con i Presidi delle Tossi-codipendenze della Regione Campania e con i responsabili delle quattro Comunità conven-zionate, ha elaborato un protocollo di compor-tamento che il Servizio Pubblico e la Comunità s’impegnano a rispettare per 1’ ammissione di un soggetto in Comunità Terapeutica. Pertanto, il Servizio Pubblico, dopo aver valu-tato, in base ad una serie di variabili (storia di tossicodipendenza, piano di trattamento, aspet-tative e conoscenze del soggetto sulla C.T., mo-tivazioni al trattamento, precedenti trattamenti socio-riabilitativi, esperienze di disintossica-zione in regime di ricovero e non, ambiente di provenienza, risorse territoriali) ed insieme al soggetto interessato, la possibilità di avviare un trattamento presso una Comunità, ne dà comu-nicazione scritta con invio del relativo parere tecnico al C.M.A.S. e contemporaneamente alla Comunità. L’ammissione in Comunità è condi-zionata dal parere favorevole del Servizio e della

Comunità Terapeutica e dall’accettazione non coatta del soggetto.Il protocollo sancisce le regole in base alle qua-li la Comunità deve essere inserita nell’ambito dei servizi presenti sul territorio, operando in stretto contatto con essi e rappresentando una semplice tappa all’interno di un più ampio in-tervento di prevenzione e di reinserimento. Solo attraverso il mantenimento di stretti legami con la realtà esterna e una politica di coordinamen-to è possibile poter evitare il rischio di costituire ghetti per persone in difficoltà. Su questo punto c’è un’ampia convergenza di opinioni: l’espe-rienza comunitaria non può essere considerata “un’isola’’, un corpo isolato dal contesto sociale. Il problema della tossicodipendenza va affron-tato correttamente partendo dall’esame della singola situazione, ed è vero che solo conside-rando ogni singola persona nella sua unicità, è possibile valutare la diversa significatività che le variabili individuali, sociali e relazionali assu-mono per quell’individuo in quel contesto par-ticolare. Nel nostro Paese esistono realtà comunitarie differenti tra loro (negli obiettivi, nel metodo, nell’organizzazione, nella struttura) e risulta, quindi, più semplice scegliere la Comunità che meglio si adeguaa quelle particolari caratteristiche di personalità del soggetto tossicodipendente. A grandi linee, è stato possibile individuare tre modelli comunitari prevalenti. Un valido esempio riconducibile al primo mo-dello sono le Comunità del Ce.I.S. di Roma e le loro filiazioni. Il giovane tossicodipendente, consapevole di essere ridotto ad una nullità, si affida ad un programma terapeutico che presenta delle fasi ben strutturate e delle regole da rispettare, una gerarchizzazione dei ruoli che prevede una pro-gressione graduale dello status del residente, durante la sua permanenza. La dimissione- rap-presenta un momento importante perché sanci-sce il risultato terapeutico raggiunto.Il secondo modello, riconducibile al gruppo

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Abele di Torino, evita una regolamentazione rigida ed un’organizzazione gerarchica per pun-tare alla responsabilizzazione dell’individuo nei confronti del gruppo e al sostegno emotivo che il gruppo porta al singolo. Un terzo tipo di Comunità ( S. Patrignano per esempio ) è caratterizzata dalla presenza di “un capo carismatico” con cui s’identificano i giovani più che con il gruppo. E’ chiaro che la diversa impostazione più o meno rigida o più o meno esplicitamente tera-peutica, comporta un diverso modo di affron-tare il problema del tossicodipendente; dalla diversa ideologia sulla tossicodipendenza de-riva che ogni gruppo comunitario assume uno specifico significato. Parametro comune risulta, comunque, essere la convivenza di più persone nello stesso ambiente; diversa è tuttavia la con-notazione che ogni Comunità assume in base alla propria matrice socio-culturale. L’esperienza comunitaria, pur rivelandosi assai efficace in certi casi, esclude un intervento so-ciale più ampio e globale. Per evitare il rischio di sostituire la dipendenza dalla droga con quella dalla Comunità stessa, è indispensabile auspica-re una rete di collegamenti tra la Comunità e i servizi territoriali. La legge 685/1975 ribadisce la tendenza a ri-fiutare il criterio di specificità del problema del tossicodipendente, sottolineando che i suoi pro-blemi socio-sanitari non sono dissimili da quelli presentati da altre persone affette da malattie sociali. Il problema del giovane tossicodipen-dente deve essere affrontato nella sua comples-sità (problemi di disadattamento, di disagio psichico, di reinserimento, di lavoro, di tempo libero) e non in modo settoriale. La realtà attuale dei servizi pubblici preposti alla “cura e riabilitazione dei soggetti tossicodi-pendenti”, invece, sembra spesso esaurirsi in in-terventi legati all’emergenza, e poiché la conno-tazione del servizio finisce sempre per orientare la richiesta che gli viene rivolta, cresce il pericolo del consolidarsi di una prassi, che anziché af-frontare il problema nella sua complessità ne in-centiva la frammentazione. La frustrazione del giovane che si rivolge al presidio, non trovando risposte adeguate in una struttura costruita ap-posta per lui, è la stessa che prova l’operatore costretto in un ruolo sterile ed improduttivo: la contrattazione di una dose di morfina o metado-ne non é servita a togliere il tossicodipendente dalla sua situazione né a facilitare l’instaurarsi di un rapporto terapeutico.

Ed è proprio in questo senso che può essere letto uno dei motivi del successo della proposta comunitaria nel campo della tossicodipenden-za: la disponibilità ad accogliere la persona nella sua globalità.Attualmente gli operatori dei presìdi della Re-gione Campania denunciano gravi disfunzioni: dalla carenza dei locali e strutture operative, allo scollamento tra i servizi tossicodipendenze e servizi della USL, dalla carenza di personale in molti presidi già operanti, alla mancata costi-tuzione, in alcune U.S.L., delle équipe previste. Tutto ciò crea un vergognoso vuoto di assisten-za. Il problema droga non può essere affrontato se, prima, non si perverrà ad un’integrazione organica tra i servizi preposti. Il discorso non si esaurisce neanche alla mera definizione di un rapporto funzionale tra le Comunità da un lato e i servizi pubblici dall’altro, ma deve essere allargato o meglio includere un lavoro d’infor-mazione corretta e la sensibilizzazione per una prevenzione primaria. Esso resta quindi incompleto se non lo si colle-ga ad un’iniziativa di lotta all’emarginazione, di costruzione di momenti validi di aggregazione sociale e culturale dei giovani. Il versante tera-peutico acquista maggiore efficacia se l’interven-to dell’operatore è inserito nell’ambito di una realtà sociale che dà spazio ai differenti modi di espressioni dei bisogni individuali. Il lavoro psicologico, in questo testo, aiuta il giovane a prendere coscienza dei suoi problemi e quindi a superarli utilizzando le risorse che ha a disposi-zione in se stesso e nell’ambiente sociale che lo circonda. Il superamento dell’attuale momento d’impas-se è possibile solo sensibilizzando gli operatori a questa problematica affinché possano avviare un discorso culturale e tecnico di informazione e discussione con gli altri operatori dei servizi pubblici territoriali, con gli operatori scolastici, con le forze sociali e politiche, per un coordina-mento delle attività di prevenzione, cura e riabi-litazione e per evitare il rischio sempre presente di riattivare circuiti di emarginazione della de-vianza o comunque psichitrizzare la droga.

Maria Vittoria Zitopsicologa

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... per superare la disaffezione, il senso di sfiduciae il distacco che ormai si diffondono sempre ...

Occorre aiutare i contadini Una volta si diceva: Per S. Martino ogni fusto e vino, ed era appunto in questo giorno che si assaggiava il vino nuovo e si facevano apprez-zamenti sulla sua bontà e confronti con gli anni passati. Quest’anno non si è data particolare importan-za alla ricorrenza anche perché la vendemmia è stata fatta con ritardo ed il mosto in quella data non era ancora diventato vino. Ma non è certamente la sola ragione; ve ne sono altre ben più profonde, maturate negli ultimi anni e che si concretizzano in una disaffezione, in un senso di sfiducia e in un distacco che ormai sono diffusi tra i nostri contadini, senza possibi-lità di un ritorno al passato, quando i vigneti si coltivavano con cura ed il vino si produceva con metodi naturali. E questo lo diciamo ai moderni soloni che ogni anno promettono provvedimenti, auspicano ri-forme; ma in effetti, almeno in tale campo, le cose rimangono come prima, se non peggiora-no. Basta considerare il fatto che c’è ancora gen-te con la produzione dell’anno scorso invenduta. Altre attività incalzano più sicure, più remu-nerative e meno pesanti. Hanno ragione coloro che si lamentano, perché ormai i contadini sono lasciati al loro destino; nei tempi andati l’Ispet-torato Agrario Provinciale, di tanto in tanto, or-ganizzava delle conferenze, in cui esperti davano consigli, indicavano il modo migliore per prati-care innesti, i rimedi più efficaci contro le malat-tie; venivano date delle provvidenze per coloro che costruivano i muri a secco (parracine) e che effettuavano trapianti intesi a migliorare la pro-duzione del loro appezzamento. Fu in questo periodo che molti piantarono limo-ni, invogliati dai ricavi abbastanza remunerativi e dalle minori cure che tali piante richiedono; ebbene, anche qui c’è la nota dolente, poiché si sta estendendo una malattia che porta alla com-pleta distruzione delle piante: il cosiddetto mal secco degli agrumi. E’ una delle più gravi perdet-te piante, poiché i danni che produce sono enor-mi. Essa può presentare un decorso lento, op-pure rapido detto anche apoplettico, a seconda che l’infezione procede rispettivamente dall’alto verso il basso oppure dal basso verso l’alto.

Nel caso di decorso lento, i primi sintomi sulle piante affette consistono in un lieve ingiallimen-to e successiva caduta delle foglie apicali, cui fa seguito un disseccamento dei rametti. Il sintomo più caratteristico è costituito dalla colorazione rosso-salmone prima e bruno-scura dopo, che si può notare tagliando, poco al di sotto della parte secca, un rametto affetto dalla malattia. Le pian-te colpite soccombono nel giro di qualche anno. Nel caso invece di infezioni basali, provenien-ti dalle radici, il decorso è molto più rapido, al punto che la pianta dissecca improvvisamente nel giro di qualche settimana, con subitanea e completa caduta delle foglie.La lotta può essere articolata in varie forme:1) Adozione di varietà e portainnesti resistenti; 2) Adozione di misure agronomiche, quali il controllo dei vivai, l’applicazione di reti anti-grandine e frangivento, la concimazione equili-brata senza eccesso di azoto; 3) Asportazione e distruzione periodica siste-matica e tempestiva di tutti gli organi e tessuti infetti; 4) Trattamento chimico con prodotti anticrit-togamici, tra i quali quelli a base di ditiocarbam-mati del gruppo Ziram ed i recenti derivati ben-zimidazolici.

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Viaggiatori stranieri a Ischia

M. Power contessa di Blessington Marguerite Power, contessa di Blessington, nacque il primo settembre 1789 a Knockbrit (presso Clonmel, contea di Tipperary, Irlanda ) e i suoi genitori appartenevano a famiglie catto-liche di piccoli proprietari terrieri. Il suo vero nome era Margaret ed in famiglia era chiamata Sally, ma prese il nome di Marguerite quando sposò Lord Blessington. All’età di quindici anni fu data in isposa ad un ufficiale alcoolizzato, il capitano Maurice Saint Léger Farmer, il cui sadico comportamento ri-mase a lungo impresso nella mente di lei e per il resto della sua vita, sebbene ella diventasse sempre più bella, non suscitò mai una vera pas-sione né cercava di suscitarla perché la sua sen-sibilità sessuale era morta. Abbandonato il marito, si recò a Londra dove trovò un protettore e divenne ben presto celebre nell’alta società per la sua bellezza e la sua intel-ligenza. Dopo la morte di suo marito, precipitato u-briaco da una finestra, sposò nel 1818 il ricco Charles John Gardiner, conte di Blessington e il suo salotto venne frequentato da tutte le per-sone più in vista della vita politica, letteraria e artistica di Londra. La coppia conobbe il ventenne Conte d’Orsay (Alfred Guillaume Gabriel, comte d’Orsay et du Saint Empire), che divenne il loro compagno in-separabile al punto da formare un felice ména-ge à trois, suscitando grave scandalo nella socie-tà londinese. Per giustificare una tale situazione maturarono l’assurda idea di sposare Lady Har-riet Gardiner, la quindicenne figlia legittima di Lord Blessington, con il conte d’Orsay. Quando, però, Lord Blessington morì, il conte d’Orsay si separò subito dalla moglie e andò a vivere con Lady Blessington. Michael Sadleir, nel suo libro Blessington—d’Orsay (Londra 1933), avanzò l’ipotesi che d’Orsay era impotente e che l’affetto che Lady Blessington nutriva per lui, per dirla on Harold Acton, quello di una madre più che indulgen-te, in quanto la sua disposizione fìsica era stata

raggelata dal matrimonio precedente. In ogni modo, Lady Blessington, nonostante le sfortu-ne, lo scandalo e l’infamia, restò sempre legata al conte d’Orsay. Lady Blessington mori a Parigi nel 1849 e fu sepolta nel cimitero sulla collina di Chambourcy, nei pressi di Saint-Germain-en Laye.

Nel 1822 i Blessington, accompagnati da Mary Ann Power (la sorella più giovane di Lady Bles-sington) e dal conte d’Orsay, insieme ad una schiera di attendenti, partirono per un lungo viaggio sul continente. A Genova (aprile-maggio 1823), Lady Blessington incontrò Byron al qua-le si legò di profonda amicizia (Conversation of Lord Byron with the Countess of Blessington) e nel luglio del 1823 arrivarono a Napoli, dove restarono due anni e mezzo. Forse fu il periodo più felice della vita di Lady Blessington. A Napoli si rivelò come una donna straordinariamente bella e brillante, dotata di rare qualità intellettuali e grazie. Il suo salotto era allegro, gaio, vivace... Raramente una don-na inglese all’estero si era circondata di tante persone erudite. Era sempre accompagnata da un colto cicerone, quando visitava luoghi di in-teresse storico e archeologico. Lord Blessington aveva comprato il BOLIVAR. il panfilo costruito nell’arsenale di Genova per Byron, perché il suo gruppo di amici potes-se alternare le escursioni per terra con quelle per mare. Le loro gite erano preparate senza risparmio con eccellenti pasti nei posti più im-pensabili. Nel 1824 (luglio-agosto) i Blessington trascor-sero quattro o cinque giorni a Ischia e Lady Bles-sington ci dà la seguente descrizione di Ischia in

THE IDLER IN ITALY

Abbiamo trascorso quattro o cinque giorni in modo molto piacevole all’isola d’Ischia. E’ un posto delizioso e l’intimità delle sue case ha

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un certo fascino. Ci fermammo a vedere la bel-lissima isola di Nisida che sembra un luogo di fate, tanto fresca e florida è la sua vegetazio-ne e così pittorica e “petite” è nel suo insieme. Mentre eravamo a Ischia siamo saliti sul Monte di Vico e sull’Epomeo che domina un panora-ma incantevole. In una grotta alla sommità di quest’ ultimo monte vive un eremita e fece gli onori della sua rude dimora con molta cortesia e intelligenza.L’ascesa è particolarmente irta e, nell’ultimo tratto, fummo costretti a lasciare i muli e a proseguire a piedi. Dall’eremo si vede giù tut-ta l’isola con i suoi vigneti e ficheti che insieme formano una rigogliosa vegetazione interrotta solo dalle terrazze di pietra che coprono quasi tutte le case, molte di esse sono circondate da qualche rozza graticciata ricoperta di piante in fiore o di viti. Un mare azzurro e luccicante si estende fino all’orizzonte e riflette il cielo azzur-ro che lo ricopre; le vele bianche sparse qua e là somigliano a dei cigni su qualche lago tran-quillo. Al ritorno la guida ci portò lungo un sen-tiero ancora più scosceso di quello per il quale eravamo saliti; mi sorprese il modo in cui i mu-lattieri facevano scendere i muli nelle parti più scoscese del sentiero. Alcuni uomini andavano avanti di sotto, mentre altri spingevano la testa del mulo fin sull’orlo del precipizio e, tenendolo per la coda per non farlo cadere, lo facevano scendere a poco a poco, fino a quando gli uo-mini che dal basso erano saliti arrampicandosi per venirgli incontro potessero afferrarlo e aiu-tarlo a scendere fin giù.I forti nitriti dei muli, le esclamazioni e le be-stemmie dei mulattieri formavano un coro per niente armonioso.Quando l’impresa fu finita, era una scena ve-ramente comica vedere come ridevano gli uomini mentre imitavano i nitriti e i calci dei cavalli. Gli italiani di umile classe in genere e i napoletani in particolare hanno un gusto ed un talento spiccati per la comicità che affiora in ogni occasione. Possiamo vederne innumere-voli esempi, quando ci fermiamo ad osservare un gruppo qualsiasi di gente al porto o per le strade. Mi sono molto divertita nel vedere con quanta comicità alcuni “lazzaroni” si fanno la parodia prendendosi in giro scherzosamente, quando ho a-spettato qualche barca sul molo. Non sanno ripetere un fatto senza imitarne i protagonisti e ciò è fatto in modo tanto comico che pochi attori potrebbero fare meglio.Durante il nostro soggiorno ad Ischia ci piace-

va tanto sentire fino a tarda sera la musica che sentivamo provenire dai casolari, mentre ritor-navamo a cavallo dalle nostre escursioni sera-li; si sentivano gruppi di tre o quattro persone con la chitarra seduti sulla terrazza o su qual-che panchina davanti alle loro case, cantare dei motivetti napoletani e barcarole; la dolcezza di questa musica era tale che non avrebbe offeso neanche le o-recchie di Rossini stesso; in qual-che altro luogo poi si poteva vedere un gruppo che ballava l’allegra tarantella al suono di chi-tarra e tamburo e i ballerini portavano un rit-mo perfetto; raramente percorrevamo duecen-to metri senza incontrare gruppi simili e quan-do ci fermavamo ad ascoltare i loro canti o ad osservare i loro balli, ci facevano subito sedere e continuavano senza il minimo imbarazzo.

L’abito di festa delle donne di Ischia è molto pittoresco e grazioso ed è completamente di-verso da quello delle donne di Napoli; gli uomi-ni portano dei cappucci di colore rosso scarlat-to come quelli frigi ed hanno un bell’aspetto di uomini forti. Le donne sono molto più belle di quelle di Napoli ed hanno dei modi gentili. Le acque minerali ed i fanghi di Ischia sono con-siderati molto efficaci nella cura dei dolori reu-matici e delle malattie della pelle e sono molto frequentati.

Al ritorno, abbiamo visitato l’isola dì l’rocida che è veramente degna di essere visitata, anche se è molto più piccola di Ischia.

g- c.

Il testo e le notizie biografiche sono tratte da:LADY BLESSINGTON A NAPOLI(1823 - 1826)

a cura di Edith Clay Introduzione di Harold Ac-ton Traduzione del prof. Gennaro Di Pasquale Edizioni Beta-Salerno, 1974

Il Presidente della Repubblica ha conferito l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” al Signor GIOVANNI MATTERA di Forio. Vivi rallegramenti da parte de “La Rasse-gna d’Ischia’ .

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SCUOLA L’anno scolastico 1984/85 è nella fase termina-le, quella che maggiormente provoca attenzione e riflessione, non solo nel vero e proprio ambito scolastico, ma anche al suo esterno. E’ tempo di bilanci: occorre mettere in primo piano quanto si è realizzato, in rapporto a certe situazioni ed esigenze specifiche. Il momento è molto significativo, sia per i docenti, sia per gli studenti e le rispettive famiglie.

In attesa della riforma della scuola secondaria superiore, l’anno scolastico 84/85 offre già l’av-vio concreto di qualche novità, come l’anticipo degli esami per le maturità al 17 giugno, giorno

in cui avranno inizio gli esami anche nelle scuole medie di primo grado. Gli esami di maturità sono ancora regolati se-condo la normativa varata da Fiorentino Sullo nel 1969. Ma fra due anni (1987) gli impegni sa-ranno maggiori per gli studenti: tre prove scritte e un colloquio. Il solito tema di italiano come primo scritto; il secondo riguarderà una disciplina specifica di ciascun corso di studio; il terzo, con caratte-re pluridisciplinare, sarà articolato in risposte a quesiti. Il colloquio toccherà quattro materie (oggi sono due) scelte dal candidato.

MATURITÀ: LE COMMISSIONI D’ESAME

MATURITÀ’ CLASSICALiceo “G. Scotti” di IschiaRappresentanti di classe: Del Monte Giuseppe, Murzi Nicolò, Matterà Giuseppina.Presidente: Monti Sebastiano (Università di Sa-lerno) Italiano: Omiccioli Vera (Liceo scientifico G. Torelli -Fano) Latino e greco: Porciello Paoli-no ( docente non di ruolo abilitato)Filosofia e storia: Amaniera Grazia (Liceo scien-tifico X di Napoli)Storia dell’arte: Paltonieri Carla (Liceo classico Muratori, Modena).

MATURITÀ SCIENTIFICALiceo di Ischia e Liceo “E. Majorana” di Pozzuoli Rappresentanti di classe: Martino Mario, Mat-terà Maria Giovanna, Conte GiuseppePresidente: Golia Armando (Liceo scientifico “E. Fermi” di Aversa)Italiano: Pellegrino Giuseppe (Istituto Magi-strale , Aversa) Inglese: Bonaccio Antonio (Li-ceo scientifico “G. Galilei”, Mondragone)Filosofia e storia: Cozzolino Graziella (Liceo scientifico “F. Severi”, Gragnano)Matematica e fisica : Colucci Emilio (Liceo scientifico, Guardia Sanframondi, sezione di-staccata di Telese).

MATURITÀ LINGUISTICALiceo di Casamicciola — Liceo Internazionale di

Napoli Rappresentanti di classe: Sellari Diana, Di Me-glio Anna Presidente: Rinonapoli Paola (Istituto Magistrale, Roma) Italiano e Storia:Terracciano Antonio (Ist. Mag. Matilde Serao, Pomigliano d’Arco)Inglese: Carolla Carmelina (Ist. Mag. G. Guac-ci, Benevento) Francese : De Vico Ersilia (Liceo classico P. Giannone, Benevento)Scienze naturali: Casanova Maria Teresa (Liceo scientifico L. Respighi, Piacenza).

MATURITÀ’ MAGISTRALEIst. Mag. di Casamicciola e Fonseca di Napoli Rappresentanti di classe: Petrillo Annamaria, Di Napoli Rosario, Raimondi Ada, Matterà Ange-lina Presidente: Iacoe Maria ( Liceo scientifico, Spezzano Albanese)Italiano e Latino: Zappala Italo ( Liceo clas. Ga-ribaldi, Napoli)Filosofia e Pedagogia: Vitale Amedeo ( Ist. Mag. A. Galizia, Nocera Inferiore)Matematica: Carriglio Franca Maria (Ist. mag. M. Serao, Pomigliano d’Arco)Scienze naturali : Di Gennaro Maria Pia (Liceo scientifico Labriola, Napoli) MATURITÀ’ TECNICAIstituto tecnico comm. e per geometri, Casamic-ciola Rappresentanti di classe: Marotta Maria Nunzia, Cigliano Giovanna, Di Meglio LuigiPresidente: De Meo Michele (Ist. tecnico comm Peano, Firenze)Italiano e storia: Midolo Giovanna ( Ist. T.

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Comm. A. Rizza, Siracusa)Tecnica commerciale: Monti Claudio ( I.T.C. Serra, Napoli) Geografia generale ed economica: Varriale Giuseppe (I. T. C. V. Pareto, Pozzuoli) Diritto: Simeone Augusto (I. T. C. , Cassino)

MATURITÀ’ tecnica nautica ad indirizzo Mac-chinistiIstituto Tecnico Nautico, Procida e Forio Rap-presentanti di classe: Lubrano Lavadera France-sco, Tra-ni Benito, Lamonica TommasoPresidente: Parente Vittorio (I. T. N. - Torre del Greco) Italiano e storia: Sommella Maria (I. T. Comm. Galiani, Napoli)Macchine e disegno di macchine: De Luca Sal-vatore (I. T. N., Torre del Greco)Navigazione: Mastellone Giovanna ( I. T. N. San Giorgio, Genova)Elettrotecnica ed impianti elettrici di bordo: Grieco Umberto ( I. T. N. Duca degli Abruzzi, Napoli)

MATURITÀ’ nautica ad indirizzo CapitaniRappresentanti di classe: Notarbartolo Elio, Russo Antonio. Penniello VittorioPresidente: Massotto Luciano (Ist. T. ind. Pea-no, Torino) Italiano e storia: Santoro Maria (Ist. tee. femm. V. Emanuele II, Napoli)Navigazione: Leone Pasquale (Ist. Tee. Naut. Duca degli Abruzzi, Napoli)Radioelettronica: Del Giudice Alessandro (Ist. tee. ind.,Na-poli)Inglese: Donzelli Rosanna (Ist. tee. comm. Bra-mante, Pesa-ro)MATURITÀ4 prof.le ad ind. tecnico attività alberghiereIst. Alber. di Ottaviano e di IschiaRappresentanti di classe: Costagliola Assunta, Zotti Maria RosariaPresidente: Troncone Maria ( Università di Na-poli) Lingua e lettere italiane: D’Avanzo Brigida ( Ist. prof .le per il commercio F. Sassetti, Firen-ze)Tecnologia alberghiera: Birra Angelo ( Ist. prof.Alberghiero, Salerno)Organizzazione e tecnica amministrativa: Fab-brocino Orsola (Ist. prof, alberghiero, Vico Equense) Tedesco: Scaramella Rosanna ( Ist. T. Ind., Pozzuoli)

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Iniziativa didattica dell’Istituto Nautico di Forio

ECOLOGIA MARINA DELL ISOLA D’ISCHIA

Su iniziativa dell’Istituto Tecnico Nautico di Forio si è tenuto un incontro per approfondire alcuni aspetti di un tema particolarmente inte-ressante e sempre attuale:

ECOLOGIA MARINA DELL ISOLA D’ISCHIA Sono intervenuti, tra gli altri, il prof. Alfredo Parrella, docente della cattedra di Igiene pres-so la Facoltà di Scienze Biologiche di Napoli, il dott. Giovanni Russo della Stazione Zoologica di Ischia, il Sig. Francesco Savastano, esperto di fotografia subacquea, il presidente del distretto prof. Vincenzo Mennella; presenti alunni delle terze classi di scuola media. — L’ecologia, che è un ramo della biologia e che studia le interazioni tra gli organismi ani-mali e vegetali e l’ambiente in cui vivono, non è nuova nei nostri piani di studio. Il nostro merito — si legge nella scheda pre-parata dagli studenti — è quello di aver voluto calare nella realtà isolana tutte le conoscenze che ci derivano dall’osservazione e dai vari in-segnamenti di scienze, chimica, oceanografia, giurisprudenza marittima, e di aver fatto un momento di riflessione sull’attendibilità di al-cuni articoli giornalistici riguardanti catastrofi ecologiche, che ieri ci apparivano tanto lonta-no, ma che oggi non lo sono! — A conclusione del loro lavoro gli studenti pre-sentano le seguenti proposte : 1 ) Eliminare gli scarichi a mare di materia-li non degradabili, avviare una campagna di sensibilizzazione allo scopo di ridurne l’uso; 2) Sollecitare la realizzazione di depuratori e di bruciatori; 3) Controllare l’attività edilizia lungo la fascia costiera; 4) Eliminare qualsiasi forma di attività di pe-sca non consentita dalla legge (pesca a strasci-co e bombe);5) Pulizia periodica delle spiagge e del litorale; 6) La costituzione di gruppi ecologici per una difesa del litorale e del mare circostante: un gruppo ecologico in ogni scuola e in ogni posto di lavoro; 7) La istituzione di un coordinamento ecolo-gico isolano tra gli assessori ecologici dei vari

comuni e di rappresentanti delle associazioni ambientalistiche che operano sul territorio; 8) Una vigilanza particolare richiesta alla Ca-pitaneria di Porto, perché intervenga con azio-ni preventive sugli scarichi urbani, sull’eserci-zio della pesca, sull’alterazione del litorale. Nel dibattito sono stati approfonditi i vari argo-menti riguardanti il tema, soprattutto nei riflessi legati all’isola d’Ischia.

Il dott. Giovanni Russo ha illustrato i seguenti punti:

— L’ecosistema marino è una grossa scatola chiusa (per fare un paragone estremamente semplice), all’interno della quale ci sta tutta una serie di strutture molto complicate. Ci vuo-le del tempo e bisogna elaborare delle tecniche adeguate per capire cosa c’è in questa scatola. Ora, tenendo presente la nostra esperienza di persone che studiano l’ecologia dei fondali dell’isola d’Ischia.la situazione non è, diciamo, allarmante. Però ci sta tutta una serie di pro-blemi che realmente devono essere affrontati, perché altrimenti con l’andar del tempo, è pro-babile che questo sistema, che è legato a tutta una serie di equilibri, alla fine può dare delle reazioni che non sono piacevoli. Ma questo è uno spettro ancora molto lonta-no. Ora anche sul problema degli inquinanti, del ter-moclino, ci sono varie ipotesi, spesso contrastanti. E questo spiega come è difficile questa problematica, perché non esistono idee chiare, per dare una soluzione definitiva. Quin-di occorrono anni di lavoro su questo proble-ma. Ci sono stati illustrati vari tipi di inquina-mento che possono arrecare danno alle nostre coste: ora sulle reti alimentari, cioè su tutto questo sistema biologico vivente, non è, anche per la particolare situazione dell’isola d’Ischia, che incomba una minaccia; diciamo però che certi tipi di inquinanti, come per esempio sca-richi, buste di plastica, possono danneggiare, se vogliamo, anche l’estetica dell’isola e questo influisce sul turismo. Quindi diciamo che i problemi sono abbastan-za vari; non bisogna soltanto guardare l’equi-librio tra i due organismi e l’equilibrio di questi

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organismi con l’ambiente fisico nel quale vivo-no, ma anche equilibri di tipo sociale, economi-co Questo in pratica è l’ecologia.E ormai ci si è orientati non tanto ad una po-litica di protezionismo dell’ambiente, ma di gestione dell’ambiente: il che è una cosa estre-mamente diversa. Bisogna capire l’ambiente, per poter indirizzare e per poter, diciamo pure, sfruttare nel senso positivo l’ambiente e quindi poter convivere meglio con esso. Ormai è inevitabile; noi siamo miliardi di es-seri umani sulla terra; è impensabile tornare

sugli equilibri passati. Però è dovere da parte dell’umanità quello di capire come funziona l’ambiente e di adeguarsi ad esso nel migliore dei modi. Questo, diciamo, è come problema fondamentale di base. E questo, naturalmente, va riportato anche sulla realtà isolana. A volte si fa anche del falso allarmismo sul-le condizioni ecologiche in generale dei nostri mari, però questo falso allarmismo ha avuto il lato positivo di sensibilizzare l’opinione pubbli-ca circa quei problemi che devono comunque essere affrontati per gestire meglio l’ambiente.

Gli alunni deliaci. Ili sez. C della Scuola Media Statale S. Caterina da Siena “ (Forio) hanno cu-rato la redazione di un giornale di classe:

DOSSIER GIOVANII giovani e la violenza

Particolare rilievo è dato alla violenza nella sua genesi e nelle sue varie forme; violenza alla qua-le sono maggiormente esposti i giovani. Alcuni titoli: La violenza nella storia - Storie di ordinaria violenza in famiglia, .... a scuo-la — Mafia e camorra — Il mondo è dei giovani: ... l’illusione, ... la realtà - Droga : la più grande violenza sui giovani - Cronache di violenza di casa nostra ( Cava dell’isola - S. Maria al Monte - Punta Caruso).

Ne presentiamo due articoli molto significativi:

1985Anno internazionale dei giovani

di ELENA NONNO

Il termine violenza significa esattamente : atto violento, con cui si sopraffa la volontà al-trui usando mezzi brutali, minacce e simili ( dal vocabolario Garzanti). Si dice che la violenza sia nata con l’uomo e questo è vero. L’uomo è sempre stato violento, fin dai tempi più remoti; il forte ha sempre imposto la propria volontà e le proprie decisioni sul più debole. Violento è appunto colui che, o per egoismo o per prepotenza, prevarica sugli altri. L’uomo non ha mai smesso di essere violento; forse sono cambiati i mezzi per violentare, ma la violenza esiste sempre. Il progresso scientifico portato avanti negli ultimi anni, non è stato seguito da un adeguato progresso delle qualità dell’uomo

che non ha mai smesso di essere istintivamente egoista e prepotente. Il 1985 è stato proclamato Anno internaziona-le dei giovani. Con manifestazioni, dibattiti conferenze, si è cercato di mettere in luce i problemi dei ragaz-zi di oggi. Infatti sono loro le vittime più colpi-te della violenza dei nostri giorni. La droga, la disoccupazione, il consumismo, i mass-media, l’educazione famiglia-scuola, il terrorismo sono tutte forme di violenza che ogni giorno colpisco-no, sia direttamente che indirettamente, il gio-vane. Esse hanno radice comune nella società di oggi che ha i suoi presupposti nella corsa al denaro e alla ricchezza. Il giovane non trova modelli giusti da seguire e a cui uniformarsi, né valori su cui improntare la sua vita. Alcuni giovani pagano con la vita, ed è questo il triste caso di Federica Taglialatela. Molti si chiedono: riusciremo ad avere un mon-do non-violento? Riuscirà l’uomo a mettere da parte il suo egoismo e pensare agli altri con al-truismo e generosità? Forse no, dicono molti;è improbabile, dicono altri; tocca a noi tentare, dicono i giovani! E’ per questo che noi alunni della III C abbiamo lavorato alla realizzazione di questo giornalino, nella speranza che esso possa dimostrare che noi ragazzi conosciamo i problemi del nostro tempo e siamo pronti a dare una mano per risol-verli. Perché gli adulti fanno finta di non capire? Grazie a questo concorso abbiamo occasione di fare un viaggio nel mondo della violenza, delle sue diverse facce, di chiarirci le cause, di appro-fondire le conseguenze, di discutere dei rimedi e delle possibilità di cambiare.

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26 La Rassegna d’Ischia 4/1985

LETTERA AL SINDACOEgregio Signor Sindaco,

le scriviamo questa lettera per esporle i proble-mi della nostra scuola, la scuola media statale S. Caterina da Siena. Noi frequentiamo il plesso di Monticchio per-ché, come lei sa, la scuola di Forio è divisa in due plessi;l’altro è quello di Cenala. Già questa divisione fa pensare ad una scuola che non funziona come dovrebbe. Noi frequen-tiamo il plesso di Monticchio da cinque anni, ed esso non è mai stato completato, non solo, ma si presenta del tutto inadeguato ad essere chia-mato “scuola”. E’ un edificio nuovissimo, eppu-re entrandovi non sembra. Quello che ci sembra più grave è la mancanza di strutture: non solo manca la palestra per l’educazione fisica, una biblioteca, un laboratorio linguistico, ma addi-rittura mancano le aule. Alcune classi sono costrette a far lezione in aule di cartone! Ma noi non possiamo lamentarci nel consi-derare le condizioni in cui fanno scuola i nostri compagni di Cenala. Piccole stanze buie e male-odoranti sono le loro aule. In una società moderna come la nostra, in cui ormai l’uso del computer è entrato in tutte le

case, è vergognoso per Forio avere una scuola come la nostra. Forio non deve essere famosa solo per le sue acque, per le sue spiagge o per il suo clima, ma anche per i suoi abitanti che dovranno essere colti e cordiali. La scuola è la fabbrica di questi cittadini e deve essere curata. Ora, rivolgendoci a lei, ci rivolgiamo a tutta la cittadinanza di Forio.Noi alunni siamo i vostri figli, eppure voi non vi preoccupate di noi. Preoccuparsi non signifi-ca solo darci da mangiare, un letto e una casa, ma anche assicurarci un lavoro, una preparazio-ne culturale, cose che si hanno dalla scuola. La scuola è importante come il pane che mangiamo a tavola, ma voi, forse, non l’avete ancora capito. Noi tutti la invitiamo a visitare la scuola in modo da rendersi conto di persona dei nostri problemi e in questo ci dimostrerà che sbaglia-mo a considerarla poco sensibile agli interessi di tutta la comunità.

Gli alunni della III CRedazione

Elena Maria Nonno (Dir. resp.) - G. Penza — C. Giugliano -L. Curcio — C. Castaldi — M. Formi-sano - S. Zunta - L. Patalano - G. Minichino - M. Musettì - A. Montefusco — T. Regine — S. Iaco-no - B. Di Iorio - E. Guarracino.

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La Rassegna d’Ischia 4/1985 27

ESSERE o APPARIRE

L’uomo è certamente la creatura più singo-lare che si possa incontrare su questo nostro pianeta. La sua personalità pur se ampiamente stu-diata, resta sempre una foresta non ancora del tutto e-splorata, a causa del suo caratte-re complesso e difficilmente analizzabile sul piano sperimentale (efg). Senza alcuna pretesa di volerci inoltrare in quella riserva destinata agli “addetti ai la-vori”, vogliamo qui proporre delle semplici riflessioni sul rapporto: Essere — Apparire, presente nell’uomo, su ciò che è realmente, in rapporto a ciò che vuole apparire. L’uomo nel corso della storia si è sempre preoccupato del suo aspetto esteriore, di come, cioè, presentarsi agli altri suoi simi-li. Nessun uomo, se non in casi particolari, ha mai pensato di presentarsi insignificante, debole, piccolo; al contrario ha sempre cer-cato di apparire nel migliore dei modi per suscitare rispetto, stima. E’ il caso di ricordare la cornacchia di esopi-ca memoria, che, per apparire degna di am-mirazione, si riveste delle penne del pavone. Nei tempi passati tale cura era, più che al-tro, di carattere materiale. I capi tribù usa-vano ornarsi in determinati modi per distin-guersi; i re si cingevano la testa di corone e il corpo di sontuosi manti purpurei per confe-rire maggiore autorità alle proprie persone; i sacerdoti indossavano ricchi paramenti per incutere nei fedeli venerazione e così via. In tempi recenti si è cercato di trascurare le forme, per meglio considerare i contenuti, per cui, ad esempio, i paramenti sacerdotali si sono impoveriti e gli unici a portare anco-ra la toga sono i magistrati. Del resto anche la moda è cambiata, specialmente con l’in-troduzione e la larga diffusione del “casual”. Oggi, dunque, una persona che si presenta e-legante e alla moda suscita sì ammirazio-ne, ma poca, rispetto ad ieri. Tutti ormai hanno capito che le apparenze ingannano e nessuno si basa solo ed esclu-sivamente su fattori puramente materiali

(eleganza, bellezza, portamento, etc) per va-lutare un individuo. L’uomo allora ha trovato un’alternativa e ha forgiato una maschera intellettuale. Que-sta non è certo una invenzione di oggi, né la maschera materiale appartiene solo al pas-sato, spesso si possono trovare mirabilmen-te combinate. Alla cura materiale si è affian-cata quella intellettuale, che talora si pre-senta meno palese, ma molto più incisiva. Gentilezza, affabilità, benignità, generosità, eloquenza, erudizione e così via: sono que-ste le qualità di quella maschera intellettuale con la quale si vuole ben comparire davanti agli altri e spesso anche a se stessi. Questo tipo di cura risulta più efficace della prima, appare meno artificiosa e grava mag-giormente sulla formulazione di un giudizio, specialmente se condotta con perizia. Ma cosa spinge l’uomo a plasmarsi una sif-fatta maschera? Di certo una deficienza interiore di talu-ne qualità. Mancando i contenuti si ricorre alle forme, ed ecco la maschera con cui si vuole convincere gli altri e se stessi di non essere dentro vuoti e poveri, ma ricchi. Ma quale ricchezza può contenere un sepolcro imbiancato? Venti secoli fa Gesù accusò i farisei di essere sepolcri imbiancati; in essi infatti perfettamente si combinavano le due maschere. Una tale accusa ancora oggi po-trebbe essere rivolta a tante persone che si aggirano trincerate dietro a delle maschere, timorose di mostrare il loro vero volto. Or bene, mostrare buone qualità non signi-fica necessariamente possederle: apparire buoni non è certo la condizione per esserlo realmente. E’ qui allora che nasce la dicoto-mia fra essere e apparire, fra il nostro inside e il nostro outside. Ma niente paura, la società giudica ancora dalle apparenze. Infatti associa le due ma-schere per dare un giudizio. Non può fare altrimenti; se neppure 1’ uomo ha un’idea ben precisa di sé, come potrebbero gli altri conoscerlo realmente e giudicarlo?

Gianpietro Calise

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28 La Rassegna d’Ischia 4/1985

Lunedi’ 27 maggio 1985, al campo sporti-vo V. Pispoli di Ischia si è svolta una ma-nifestazione a favore dell’UNICEF: AFRI-CA INSIEME. Si sono esibiti gruppi artistici delle scuo-le isolane con saggi ginnici e musiche.

OTTAVIO PINNA

IL PITTORE CHE AMA L’ISOLA D’ISCHIA

OTTAVIO PINNA, al quale abbiamo dedicato nel numero scorso un servizio di Pietro Paolo Zi-velli, conserva Ischia nel suo cuore novantenne, come traspare da una lettera di ringraziamento: potermi trasferire all’isola sarebbe davvero la realizzazione di un sogno. Circa il modo in cui Zivelli ne ha ricordato la figura e l’opera, Pinna scrive: Molto bene nell’in-sieme; hai escogitato un modo piuttosto ele-gante, divertente anche (spassoso direbbero i napoletani). Al fine di rimediare ad una disattenzione nei riferimenti delle testimonianze critiche sul pit-tore, riportiamo ancora un intervento di Renato Guttuso che è certamente il più importante.

Dalla Rivista PRIMATO ( 1940 - n. 4 p. 22) In occasione della I Quadriennale

…. Ottavio Pinna, pittore di cui in questi ulti-mi anni s’erano viste prove rare e di relativo interesse dopo la Natura morta della I Qua-driennale mi pare, opera che gli era valsa mol-to credito. E’ finalmente qui che Pinna prova il suo intento, i suoi momenti di debolezza come la intima storia di questi suoi travagliati anni, storia dalla quale viene fuori la sua autenticità di pittore. Nel ritratto della figlia che è l’opera sua più compiuta e piena, il pittore ci sembra abbia trovato il suo fuoco, in un tessuto semplice e corposo, in una tecnica di immediata resa, con precise accentuazioni liriche. Il quadretto risul-ta tutto d’un fiato di color dorato, unito e solido ma internamente agitato da non so che disagio. Doti queste che press’a poco si trovano con va-ria fortuna in quasi tutti i quadri di Pinna, e se-gnatamente nella piccola favola di fantasmi, o angeli che passano per le strade ripide e accen-dono di un bianco dolce e allucinato le finestre di un paesino laziale.

Renato Guttuso

In luglio ( 11,12,13)

IL PREMIO ISCHIA PER AUTORI CINEMATOGRAFICI

Si svolgerà in luglio ( nei giorni 11, 12 e 13 ) il Premio Ischia per autori cinematografici italia-ni, già noto come Premio Angelo Rizzoli nella sua denominazione originaria, che risale al 1971. La manifestazione è organizzata dall’Ente Pro-vinciale per il Turismo di Napoli, presieduto dal prof. Vittorio Pellegrino, e si avvale della col-laborazione dell’Assessorato al Turismo della Regione Campania, dell’Azienda A. C. S. T. di Ischia e Procida, dei Comuni isolani.Il Premio Ischia si articola ancora in tre sezioni:1) Cinema edito ( XIV edizione): possono con-correre i film di nazionalità italiana o di copro-duzione maggioritaria proiettati nel periodo tra l’I 1 maggio 1984 e il 10 giugno 1985.

2) Cinema giovane ( III edizione): possono con-correre, a richiesta dei loro autori o dei loro pro-duttori, film di nazionalità italiana, a soggetto e di lungo metraggio, opera prima o seconda, edita o inedita, in bianco e nero o a colori, in 35 mm o 16 mm, purché non abbiano già partecipa-to ad altre edizioni del Premio o vinto premi ad altre manifestazioni cinematografiche in Italia o all’Estero, purché siano prodotti tra il 10 maggio 1984 e il 10 giugno 1985.Detto Premio è dedicato all’avv. Luigi Torino.

3) Miglior attore e migliore attrice. Nell’edizione di quest’anno sarà assegnata an-cora una medaglia d’oro a tre giornalisti euro-pei, Premio Stampa Europea, che con articoli o servizi su quotidiani, riviste, settimanali, abbia-no dato risalto al Premio e/o evidenziato i valori turistici dell’isola d’Ischia.

La giuria sarà formata dai critici Tullio Kezich, Callisto Cosulich, Claudio Carabba, Fabio Fer-zetti, dai registi Marcello Fondato, Luigi Magni, dagli attori Barbara De Rossi e Luigi Proietti, dal produttore Mario Cecchi Gori e da Vittorio Pel-legrino, presidente del l’Ente Provinciale per il Turismo di Napoli. Presidente della giuria: Le-one Piccioni.

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