La preghiera del Papa per i senzatetto “p a rc h e g g i a ...€¦ · la paura non chiudiamoci...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 76 (48.400) Città del Vaticano venerdì 3 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!"![!"!%! Un modo inatteso di vivere il centenario di Chiara Lubich Radicarci bene nel presente di MARIA VO CE «C elebrare per incontra- re» è il motto che, co- me Movimento dei Fo- colari, abbiamo scelto per ricordare nel 2020, in tutto il mondo, i 100 anni dalla nascita della nostra fon- datrice Chiara Lubich. Fino a po- che settimane fa questo motto ci sembrava una scelta azzeccata per celebrare, nelle modalità più varie, la persona della nostra fondatrice e il carisma che Dio le ha donato e che lei ha trasmesso generosamen- te. Desideriamo infatti che le per- sone la incontrino viva oggi e non la evochino come un ricordo no- stalgico; che la ritrovino nella sua spiritualità, nelle sue opere e so- prattutto nel suo “popolo”, cioè in quanti vivono nel presente il suo spirito di fraternità, di comunione, di unità. E a partire dal 7 dicembre 2019 abbiamo gioito per i tantissimi eventi che si sono svolti in tutto il mondo. Avremmo voluto che la festa continuasse. Ma in poco tempo lo scenario è cambiato e il motto «ce- lebrare per incontrare» rischia di apparire anacronistico: anche noi abbiamo sospeso ogni tipo di cele- brazione o evento. La pandemia causata dal coronavirus sta costrin- gendo sempre più Paesi su tutto il pianeta a misure drastiche per ral- lentarne il contagio: l’isolamento e la lontananza fisica sono per ora gli strumenti più efficaci. Lo dimo- strano i segnali che ci stanno arri- vando dalla Cina, che per settima- ne abbiamo accompagnato con tre- pidazione. Ma qui in Italia e in di- versi altri Paesi del mondo la situa- zione è ancora molto seria. Per molti di noi che viviamo in isolamento è un’esperienza total- mente nuova. Essa non ha solo una dimensione sociale o psicologica, ma anche una forte ripercussione spirituale. Ciò vale per tutti e in modo particolare per i cristiani. Una situazione che tocca anche nell’intimo la nostra specifica spiri- tualità come Focolari. Noi siamo fatti per la comunione e l’unità. Saper creare rapporti è forse la qualità più caratteristica di una persona che ha conosciuto e accol- to lo spirito di Chiara. E proprio questa dimensione ora sembrerebbe limitata al massimo. Ma l’amore non si lascia limita- re. È questa la grande esperienza che si sta facendo in questi giorni drammatici e dolorosi. Più che mai e da ogni dove mi arrivano testi- monianze di persone che mettono in moto la creatività e la fantasia, e che sono in donazione verso gli al- tri anche in condizioni difficili e insolite: bambini che raccontano i piccoli-grandi atti di amore per su- perare le difficoltà del dover restare a casa; ragazzi che si mettono in rete per creare una staffetta di pre- ghiera; imprenditori che vanno controcorrente per non approfittare dell’emergenza, ma anzi mettersi al servizio del bene comune anche a scapito del guadagno personale. Sono molti i modi con i quali si cerca di offrire sostegno e conforto: con la preghiera prima di tutto; con una telefonata, un messaggio WhatsApp, una mail..., perché nes- suno si senta solo, quelli che sono a casa, ma anche gli ammalati e quanti si prodigano per curare, consolare, accompagnare coloro che subiscono le conseguenze di questa situazione. E poi ci sono messaggi di solidarietà che ci aiuta- no a spalancare il cuore anche oltre l’emergenza coronavirus, come quello dei giovani in Siria che, no- nostante le loro drammatiche con- dizioni, trovano la forza di pensare a noi in Italia. Sono i giovani a in- segnarci che queste esperienze con- divise sui social media si possono moltiplicare, perché anche il bene può essere contagioso. Attraverso queste testimonianze è maturata in me una convinzione: il centenario di Chiara Lubich non è sospeso e il motto «Celebrare per incontrare» è più attuale che mai. È il nostro Padre nel cielo però, o forse anche la stessa Chiara, che ci invita a vivere questo anno giu- bilare in una maniera più profonda e più autentica. Al di là dei condi- zionamenti, anche nell’impossibili- tà di celebrare insieme l’eucaristia, stiamo riscoprendo la presenza di Gesù, viva e forte nel Vangelo vis- suto, nel fratello che amiamo e in mezzo a quanti — anche a distanza — sono uniti nel suo nome. Ma in modo particolare la nostra fondatrice ci fa riscoprire il suo grande amore, il suo sposo: Gesù Abbandonato — «il Dio di Chia- ra», come ama definirlo monsignor Lauro Tisi, l’arcivescovo di Trento. È il Dio che è andato al limite, per accogliere in sé ogni esperienza li- mite e darle valore. È il Dio che si è fatto periferia per farci capire che anche nella più estrema esperienza possiamo ancora incontrare Lui. È il Dio che ha fatto sua ogni sorta di dolore, di angoscia, di dispera- zione, di malinconia, per insegnarci che il dolore accettato e trasforma- to in amore è fonte inesauribile di speranza e di vita. Ecco la sfida di questa emergen- za planetaria: non sfuggire, non cercare soltanto di sopravvivere per arrivare sani e salvi al traguardo, ma radicarci bene nel presente, guardando, accettando e affrontan- do ogni situazione dolorosa — per- sonale o di altri — per farne un luogo di incontro con “Gesù Ab- bandonato” e trovare, nell’amore per Lui, la forza e la creatività di costruire rapporti di fraternità e di amore anche in questa difficile si- tuazione. Per Chiara ogni incontro con “lo Sposo”, con Gesù Abbandonato, era festa, era celebrazione. Incon- trando Lui — ne sono convinta —, incontreremo anche lei perché im- pareremo, come ha cercato di fare lei, a guardare ogni situazione con gli occhi di Dio. Forse anche noi potremo ripetere l’esperienza di Chiara e delle sue compagne, che non si erano “quasi” accorte né della guerra né della sua fine, per- ché, prese da Dio e dal suo amore, sentivano che la realtà che viveva- no, l’amore concreto che circolava tra loro e con tanti nella loro città, era più forte di tutto. Non sappiamo quanto durerà questa emergenza: saranno forse settimane o mesi. Comunque pas- seranno. Il mondo che troveremo alla fine del tunnel, lo stiamo co- struendo adesso. Il Signore che passa nel tempo del coronavirus - 5 Vivere da credenti in questo tempo è possibile Nella messa a Santa Marta l’affidamento dei poveri all’intercessione di santa Teresa di Calcutta La preghiera del Papa per i senzatetto “parcheggiati” sull’asfalto a Las Vegas A due mesi dalla pubblicazione di «Querida Amazonia» Ascoltiamo il grido dei popoli indigeni FERNANDO CHICA ARELLANO A PAGINA 3 Un frate lombardo e un monaco libanese patroni dell’ospedale alla Fiera di Milano I santi guaritori GIANNI VALENTE A PAGINA 6 Messaggio ai buddisti in occasione della festa del Vesakh Per una cultura di compassione e fraternità PAGINA 8 ALLINTERNO Posta in quarantena la contea di Jia In Cina torna l’incubo del covid-19 racconto LA PAROLA DELLANNO NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 7 La narrazione strumento per recuperare l’identità di GAETANO PICCOLO In risposta a Benjamin di LUCA M. POSSATI In dialogo con Pupi Avati di ANDREA MONDA PAGINA 5 Intervista al cardinale Parolin Nonostante la paura non chiudiamoci in noi stessi «La Chiesa veglia con ciascuno. È vicina a chiunque soffra e sia nel bisogno». Il Segretario di Sta- to Pietro Parolin esprime così la prossimità della Chiesa in questo tempo drammatico per l’umanità a causa della pandemia. Il cardi- nale, in un’intervista con i media vaticani, invita alla «solidarietà internazionale»: nonostante la paura, «è il momento di non chiuderci in noi stessi», spiega il porporato, che propone anche al- le parrocchie di suonare le cam- pane alla stessa ora come invito alla preghiera. «Mi ha colpito che, pur nel dramma, si trovi il modo di esprimersi... con la mu- sica e il canto... Sarebbe bello se tutte le chiese, ad esempio a mez- zogiorno, suonassero le loro cam- pane per un minuto». ANDREA TORNIELLI A PAGINA 7 PECHINO, 2. Torna l’incubo corona- virus in Cina, nonostante il recente calo di decessi e contagi. Ieri la contea di Jia, nell’Henan confinan- te con l’Hubei (l’epicentro della pandemia), è stata sottoposta a iso- lamento, secondo quanto riferito dalle autorità sanitarie locali. I resi- denti dell’area, circa 600 mila per- sone, dovranno avere permessi spe- ciali per uscire di casa e per andare al lavoro, sottoponendosi a control- lo della temperatura corporea e in- dossando le apposite maschere fac- ciali. Chiuse tutte le fabbriche, tranne quelle strettamente necessa- rie. L’allerta è aumentata dopo che nel weekend scorso è emerso che una donna rimasta contagiata nell’Henan era stata a stretto con- tatto con tre casi asintomatici. Intanto, nel mondo i casi di co- ronavirus hanno toccato il milione, secondo quanto si legge nell’ultimo bilancio fornito dalla John Hopkins University. «Il numero di decessi è più che raddoppiato nell’ultima set- timana. Nei prossimi giorni rag- giungeremo 1 milione di casi con- fermati di coronavirus e 50 mila de- cessi» ha detto ieri il direttore gene- rale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adha- nom Ghebreyesus, durante il brie- fing sul coronavirus. L’Oms sottolinea, in questa fase, la necessità di tracciare anche i casi asintomatici per prevenire la diffu- sione del virus. «Sappiamo da ciò che abbiamo studiato in Cina che il 75 per cento dei casi che non aveva- no mostrato i sintomi inizialmente li hanno alla fine mostrati» ha spie- gato Maria Van Kerkhove nel brie- fing dell’organismo Onu a Ginevra. A causa dell’emergenza, l’O nu ha deciso di rinviare la conferenza sul clima Cop 26 che era in pro- gramma per novembre a Glasgow, nel Regno Unito. L’appuntamento, di cruciale importanza per la lotta contro il riscaldamento globale, è stato spostato al 2021. «Continuere- mo a lavorare con i nostri partner per realizzare l’ambizione di contra- stare la crisi dei cambiamenti clima- tici» ha detto il ministro britannico delle Attività Produttive, Alok Sharma. di MANUELA TERRIBILE «T ornare a credere che sia possibile vivere da credenti, ed è questo il tempo» (Bonfrate). Il tempo che stiamo attra- versando ci sta smascherando, sta mostrando veri- tà che, in tempi normali, abbiamo sopportato o nascosto con qualche spostamento, anche fisico, con qualche contraffazione, con qualche narrazio- ne eroica. Lo spazio ci si è chiuso attorno, il tem- po è sospeso. Il dove e il quando sono incerti. Siamo senza molte delle cose, delle risorse, delle distrazioni, delle abitudini che fanno la nostra vi- ta, che le consentono una certa dignità. Siamo senza e sperimentiamo l’assenza: delle persone, de- gli incontri, dei visi e degli sguardi. I credenti, i cattolici, sono senza Eucarestia, il rimedio dell’As- senza. Presenza reale. La fede cristiana conosce la disciplina e l’esercizio per i senza e le assenze, da «L’ho cercato e non l’ho trovato» (Ct 5,6), a «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto» (Gv 20, 13), a «Essi stavano fis- sando il cielo mentre egli se ne andava…» (At 1, 10). Rimaniamo gente che attende, come innamo- rati, come bambini, con il naso per aria verso un aereo, una nuvola, un aquilone. Per onorare il participio presente della denominazione (credenti, che stanno credendo) sarebbe meglio essere adul- ti. Fa parte della vita adulta (per molti, anche dell’infanzia) stare senza: senza lavoro, senza casa, senza figli, senza soldi, senza amore, senza desi- derio, senza pace, senza serenità. Cosa fa un adulto, un adulto non solo anagrafico? Cerca nel- la sua vita quello che ha e “se lo fa bastare”: ridi- mensiona, elabora, ricuce, riadatta. Alza lo sguar- do. Non veste panni non suoi, non imbroglia. Oltre ai senza abituali, ne stiamo sperimentan- do di nuovi: senza Eucarestia, senza gli altri, sen- za viaggi. Per poter rimanere credenti è necessa- rio, ancora una volta, un atto di fede; ci vuole anche però (talvolta è più difficile) un atto di realismo. Ci servirebbe un inventario dello spazio e del tempo che ci siamo ritrovati attorno, un esercizio di nominazione sincera del che, del chi e del come vediamo. Ci vorrebbe molto coraggio. Ci stiamo rendendo conto che non siamo tra contemporanei, neanche con i nostri interlocutori abituali. Scopriamo terrapiattisti, complottisti, egoisti seriali anche in insospettabili amici. Il vi- rus e il suo seguito hanno scoperchiato zone ar- caiche del nostro cervello, quelle magari coperte dai discorsi sensati. Siamo proprio diversi, talvol- ta irrimediabilmente diversi, tra simili. Avevamo fatto finta di niente? Dovremmo ripercorrere la catena del contagio, quello della paura dei conflitti, quello dell’accor- darci sul poco, cedendo sul vero e sul giusto, cioè sul molto. Emergono ingenuità colpevoli, pigrizie truccate. Anche la realtà, non è, ma lo sapevamo, percepita da tutti allo stesso modo né con uguale attenzione. Abbiamo incontrato gli altri, ed è co- me se fossimo di fronte alla possibilità (spavento- sa?) di ridefinire prossimità, distanze, differenze, affinità. Chi erano, poi, “gli altri”? Il quotidiano conosce in molti casi una gentilezza, e una scon- trosità, si spera poca, inedite. I più anziani tra noi hanno ascoltato racconti di genitori e nonni su periodi di guerra e di epidemie. La tecnologia ha cambiato gli scenari e modificato i racconti? Possiamo ancora imparare? Dopo molti giorni passati a casa, al proprio domicilio, identificato con il proprio nucleo familiare, quando saremo tornati al lavoro in ufficio, quando saremo tornati a scuola, al mercato, a comprare, magari anche dal parrucchiere, avremo dimenticato? Quando saremo tornati a celebrare l’Eucarestia domenica- le, cancelleremo la misteriosa rete che ci ha con- nesso a preghiere sospese nell’aria o gettate nella rete, a corone del rosario sgranate come magari non si faceva da anni? Avremo dimenticato la mestizia che c’è nel non celebrare un funerale, nel chiudere una bara senza una benedizione? Sarebbe bello aver imparato che tutti possiamo benedire. I credenti sanno che «Dio ha assegnato loro un posto così importante, e ad essi non è lecito abbandonarlo» (Lettera a Diogneto, II, 6). «Questi giorni di dolore e di tri- stezza evidenziano tanti problemi nascosti»: come quello dei “senza- tetto” di Las Vegas — rilanciato sui principali media internazionali — «sdraiati in un parcheggio, in osser- vazione». Colpito al cuore dalle im- magini che documentano il fatto di cronaca, Papa Francesco ha voluto dedicare a loro la preghiera con cui ha introdotto, giovedì 2 aprile, la celebrazione quotidiana della messa nella cappella di Casa Santa Marta. Prima dell’omelia — in cui ha espresso l’auspicio che «la nostra esistenza cristiana» possa essere «come quella del nostro padre Abramo: cosciente di essere eletto, gioioso di andare verso una promes- sa e fedele nel compiere l’alleanza» — il Pontefice ha rievocato la dram- matica vicenda della città statuni- tense in cui, a causa della chiusura delle strutture della Catholic Chari- ties per un caso positivo di corona- virus, mezzo migliaio di senza fissa dimora sono stati “sistemati” nel parcheggio del Cashman Center, per terra, come se fossero automobi- li, nonostante tutti gli alberghi della città siano vuoti. E nel pregare per loro, ha affidato la propria invoca- zione all’intercessione di una vera “maestra” di carità: «chiediamo a santa Teresa di Calcutta — ha detto — che risvegli in noi il senso della vicinanza a tante persone che nella società, nella vita normale, vivono nascoste ma, come i senzatetto, nel momento della crisi, si evidenziano così». E il riferimento alla piccola suora fondatrice delle Missionarie della carità, canonizzata proprio da Papa Bergoglio il 4 settembre 2016, riporta alla memoria l’immagine di un altro santo contemporaneo, colui che la proclamò beata il 19 ottobre 2003: Giovanni Paolo II, di cui pro- prio oggi ricorre il quindicesimo an- niversario della morte. PAGINA 8

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 76 (48.400) Città del Vaticano venerdì 3 aprile 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+z!"![!"

!%!

Un modo inatteso di vivere il centenario di Chiara Lubich

Radicarci benenel presente

di MARIA VO CE

«C elebrare per incontra-re» è il motto che, co-me Movimento dei Fo-

colari, abbiamo scelto per ricordarenel 2020, in tutto il mondo, i 100anni dalla nascita della nostra fon-datrice Chiara Lubich. Fino a po-che settimane fa questo motto cisembrava una scelta azzeccata percelebrare, nelle modalità più varie,la persona della nostra fondatrice eil carisma che Dio le ha donato eche lei ha trasmesso generosamen-te. Desideriamo infatti che le per-sone la incontrino viva oggi e nonla evochino come un ricordo no-stalgico; che la ritrovino nella suaspiritualità, nelle sue opere e so-prattutto nel suo “p op olo”, cioè inquanti vivono nel presente il suospirito di fraternità, di comunione,di unità.

E a partire dal 7 dicembre 2019abbiamo gioito per i tantissimieventi che si sono svolti in tutto ilmondo.

Avremmo voluto che la festacontinuasse. Ma in poco tempo loscenario è cambiato e il motto «ce-lebrare per incontrare» rischia diapparire anacronistico: anche noiabbiamo sospeso ogni tipo di cele-brazione o evento. La pandemiacausata dal coronavirus sta costrin-gendo sempre più Paesi su tutto ilpianeta a misure drastiche per ral-lentarne il contagio: l’isolamento ela lontananza fisica sono per oragli strumenti più efficaci. Lo dimo-strano i segnali che ci stanno arri-vando dalla Cina, che per settima-ne abbiamo accompagnato con tre-pidazione. Ma qui in Italia e in di-versi altri Paesi del mondo la situa-zione è ancora molto seria.

Per molti di noi che viviamo inisolamento è un’esperienza total-mente nuova. Essa non ha solo unadimensione sociale o psicologica,ma anche una forte ripercussionespirituale. Ciò vale per tutti e inmodo particolare per i cristiani.Una situazione che tocca anchenell’intimo la nostra specifica spiri-tualità come Focolari. Noi siamofatti per la comunione e l’unità.Saper creare rapporti è forse laqualità più caratteristica di unapersona che ha conosciuto e accol-to lo spirito di Chiara. E proprioquesta dimensione ora sembrerebbelimitata al massimo.

Ma l’amore non si lascia limita-re. È questa la grande esperienzache si sta facendo in questi giornidrammatici e dolorosi. Più che maie da ogni dove mi arrivano testi-

monianze di persone che mettonoin moto la creatività e la fantasia, eche sono in donazione verso gli al-tri anche in condizioni difficili einsolite: bambini che raccontano ipiccoli-grandi atti di amore per su-perare le difficoltà del dover restarea casa; ragazzi che si mettono inrete per creare una staffetta di pre-ghiera; imprenditori che vannocontrocorrente per non approfittaredell’emergenza, ma anzi mettersi alservizio del bene comune anche ascapito del guadagno personale.Sono molti i modi con i quali sicerca di offrire sostegno e conforto:con la preghiera prima di tutto;con una telefonata, un messaggioWhatsApp, una mail..., perché nes-suno si senta solo, quelli che sonoa casa, ma anche gli ammalati equanti si prodigano per curare,consolare, accompagnare coloroche subiscono le conseguenze diquesta situazione. E poi ci sonomessaggi di solidarietà che ci aiuta-no a spalancare il cuore anche oltrel’emergenza coronavirus, comequello dei giovani in Siria che, no-nostante le loro drammatiche con-dizioni, trovano la forza di pensarea noi in Italia. Sono i giovani a in-segnarci che queste esperienze con-divise sui social media si possonomoltiplicare, perché anche il benepuò essere contagioso.

Attraverso queste testimonianzeè maturata in me una convinzione:il centenario di Chiara Lubich nonè sospeso e il motto «Celebrare perincontrare» è più attuale che mai.

È il nostro Padre nel cielo però,o forse anche la stessa Chiara, checi invita a vivere questo anno giu-bilare in una maniera più profondae più autentica. Al di là dei condi-zionamenti, anche nell’imp ossibili-tà di celebrare insieme l’eucaristia,stiamo riscoprendo la presenza diGesù, viva e forte nel Vangelo vis-suto, nel fratello che amiamo e inmezzo a quanti — anche a distanza— sono uniti nel suo nome.

Ma in modo particolare la nostrafondatrice ci fa riscoprire il suogrande amore, il suo sposo: GesùAbbandonato — «il Dio di Chia-ra», come ama definirlo monsignorLauro Tisi, l’arcivescovo di Trento.È il Dio che è andato al limite, peraccogliere in sé ogni esperienza li-mite e darle valore. È il Dio che siè fatto periferia per farci capire cheanche nella più estrema esperienzapossiamo ancora incontrare Lui. Èil Dio che ha fatto sua ogni sortadi dolore, di angoscia, di dispera-zione, di malinconia, per insegnarciche il dolore accettato e trasforma-to in amore è fonte inesauribile disperanza e di vita.

Ecco la sfida di questa emergen-za planetaria: non sfuggire, noncercare soltanto di sopravvivere perarrivare sani e salvi al traguardo,ma radicarci bene nel presente,guardando, accettando e affrontan-do ogni situazione dolorosa — p er-sonale o di altri — per farne unluogo di incontro con “Gesù Ab-bandonato” e trovare, nell’a m o reper Lui, la forza e la creatività dicostruire rapporti di fraternità e diamore anche in questa difficile si-tuazione.

Per Chiara ogni incontro con “loSp oso”, con Gesù Abbandonato,era festa, era celebrazione. Incon-trando Lui — ne sono convinta —,incontreremo anche lei perché im-pareremo, come ha cercato di farelei, a guardare ogni situazione congli occhi di Dio. Forse anche noipotremo ripetere l’esperienza diChiara e delle sue compagne, chenon si erano “quasi” accorte nédella guerra né della sua fine, per-ché, prese da Dio e dal suo amore,sentivano che la realtà che viveva-no, l’amore concreto che circolavatra loro e con tanti nella loro città,era più forte di tutto.

Non sappiamo quanto dureràquesta emergenza: saranno forsesettimane o mesi. Comunque pas-seranno. Il mondo che troveremoalla fine del tunnel, lo stiamo co-struendo adesso.

Il Signore che passa nel tempo del coronavirus - 5

Vivere da credenti in questo tempo è possibile

Nella messa a Santa Marta l’affidamento dei poveri all’intercessione di santa Teresa di Calcutta

La preghiera del Papa per i senzatetto“p a rc h e g g i a t i ” sull’asfalto a Las Vegas

A due mesi dalla pubblicazionedi «Querida Amazonia»

Ascoltiamo il gridodei popoli indigeni

FERNAND O CHICA ARELLANO A PA G I N A 3

Un frate lombardoe un monaco libanese patronidell’ospedale alla Fiera di Milano

I santi guaritori

GIANNI VALENTE A PA G I N A 6

Messaggio ai buddisti in occasionedella festa del Vesakh

Per una culturadi compassionee fraternità

PAGINA 8

ALL’INTERNO

Posta in quarantena la contea di Jia

In Cina torna l’incubo del covid-19

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 7

La narrazione strumentoper recuperare l’identità

di GA E TA N O PICCOLO

In risposta a Benjamindi LUCA M. PO S S AT I

In dialogo con Pupi Avatidi ANDREA MONDA

PAGINA 5

Intervista al cardinale Parolin

Nonostantela paura

non chiudiamociin noi stessi

«La Chiesa veglia con ciascuno.È vicina a chiunque soffra e sianel bisogno». Il Segretario di Sta-to Pietro Parolin esprime così laprossimità della Chiesa in questotempo drammatico per l’umanitàa causa della pandemia. Il cardi-nale, in un’intervista con i mediavaticani, invita alla «solidarietàinternazionale»: nonostante lapaura, «è il momento di nonchiuderci in noi stessi», spiega ilporporato, che propone anche al-le parrocchie di suonare le cam-pane alla stessa ora come invitoalla preghiera. «Mi ha colpitoche, pur nel dramma, si trovi ilmodo di esprimersi... con la mu-sica e il canto... Sarebbe bello setutte le chiese, ad esempio a mez-zogiorno, suonassero le loro cam-pane per un minuto».

ANDREA TORNIELLI A PA G I N A 7

PE C H I N O, 2. Torna l’incubo corona-virus in Cina, nonostante il recentecalo di decessi e contagi. Ieri lacontea di Jia, nell’Henan confinan-te con l’Hubei (l’epicentro dellapandemia), è stata sottoposta a iso-lamento, secondo quanto riferitodalle autorità sanitarie locali. I resi-denti dell’area, circa 600 mila per-sone, dovranno avere permessi spe-ciali per uscire di casa e per andareal lavoro, sottoponendosi a control-lo della temperatura corporea e in-dossando le apposite maschere fac-ciali. Chiuse tutte le fabbriche,tranne quelle strettamente necessa-rie.

L’allerta è aumentata dopo chenel weekend scorso è emerso cheuna donna rimasta contagiata

nell’Henan era stata a stretto con-tatto con tre casi asintomatici.

Intanto, nel mondo i casi di co-ronavirus hanno toccato il milione,secondo quanto si legge nell’ultimobilancio fornito dalla John HopkinsUniversity. «Il numero di decessi èpiù che raddoppiato nell’ultima set-timana. Nei prossimi giorni rag-giungeremo 1 milione di casi con-fermati di coronavirus e 50 mila de-cessi» ha detto ieri il direttore gene-rale dell’Organizzazione mondialedella sanità (Oms), Tedros Adha-nom Ghebreyesus, durante il brie-fing sul coronavirus.

L’Oms sottolinea, in questa fase,la necessità di tracciare anche i casiasintomatici per prevenire la diffu-sione del virus. «Sappiamo da ciò

che abbiamo studiato in Cina che il75 per cento dei casi che non aveva-no mostrato i sintomi inizialmenteli hanno alla fine mostrati» ha spie-gato Maria Van Kerkhove nel brie-fing dell’organismo Onu a Ginevra.

A causa dell’emergenza, l’O nuha deciso di rinviare la conferenzasul clima Cop 26 che era in pro-gramma per novembre a Glasgow,nel Regno Unito. L’appuntamento,di cruciale importanza per la lottacontro il riscaldamento globale, èstato spostato al 2021. «Continuere-mo a lavorare con i nostri partnerper realizzare l’ambizione di contra-stare la crisi dei cambiamenti clima-tici» ha detto il ministro britannicodelle Attività Produttive, AlokSharma.

di MANUELA TERRIBILE

«T ornare a credere che sia possibile vivereda credenti, ed è questo il tempo»(Bonfrate). Il tempo che stiamo attra-

versando ci sta smascherando, sta mostrando veri-tà che, in tempi normali, abbiamo sopportato onascosto con qualche spostamento, anche fisico,con qualche contraffazione, con qualche narrazio-ne eroica. Lo spazio ci si è chiuso attorno, il tem-po è sospeso. Il dove e il quando sono incerti.Siamo senza molte delle cose, delle risorse, delledistrazioni, delle abitudini che fanno la nostra vi-ta, che le consentono una certa dignità. Siamosenza e sperimentiamo l’assenza: delle persone, de-gli incontri, dei visi e degli sguardi. I credenti, icattolici, sono senza Eucarestia, il rimedio dell’As -senza. Presenza reale. La fede cristiana conosce ladisciplina e l’esercizio per i senza e le assenze, da«L’ho cercato e non l’ho trovato» (Ct 5,6), a«Hanno portato via il mio Signore e non so dovel’hanno posto» (Gv 20, 13), a «Essi stavano fis-sando il cielo mentre egli se ne andava…» (At 1,10). Rimaniamo gente che attende, come innamo -rati, come bambini, con il naso per aria verso unaereo, una nuvola, un aquilone. Per onorare ilparticipio presente della denominazione (credenti,che stanno credendo) sarebbe meglio essere adul-ti. Fa parte della vita adulta (per molti, anche

dell’infanzia) stare senza: senza lavoro, senza casa,senza figli, senza soldi, senza amore, senza desi-derio, senza pace, senza serenità. Cosa fa unadulto, un adulto non solo anagrafico? Cerca nel-la sua vita quello che ha e “se lo fa bastare”: ridi-mensiona, elabora, ricuce, riadatta. Alza lo sguar-do. Non veste panni non suoi, non imbroglia.

Oltre ai senza abituali, ne stiamo sperimentan-do di nuovi: senza Eucarestia, senza gli altri, sen-za viaggi. Per poter rimanere credenti è necessa-rio, ancora una volta, un atto di fede; ci vuoleanche però (talvolta è più difficile) un atto direalismo. Ci servirebbe un inventario dello spazioe del tempo che ci siamo ritrovati attorno, unesercizio di nominazione sincera del che, del chie del come vediamo. Ci vorrebbe molto coraggio.Ci stiamo rendendo conto che non siamo tracontemporanei, neanche con i nostri interlocutoriabituali. Scopriamo terrapiattisti, complottisti,egoisti seriali anche in insospettabili amici. Il vi-rus e il suo seguito hanno scoperchiato zone ar-caiche del nostro cervello, quelle magari copertedai discorsi sensati. Siamo proprio diversi, talvol-ta irrimediabilmente diversi, tra simili. Avevamofatto finta di niente?

Dovremmo ripercorrere la catena del contagio,quello della paura dei conflitti, quello dell’accor -darci sul poco, cedendo sul vero e sul giusto, cioèsul molto. Emergono ingenuità colpevoli, pigrizie

truccate. Anche la realtà, non è, ma lo sapevamo,percepita da tutti allo stesso modo né con ugualeattenzione. Abbiamo incontrato gli altri, ed è co-me se fossimo di fronte alla possibilità (spavento-sa?) di ridefinire prossimità, distanze, differenze,affinità. Chi erano, poi, “gli altri”? Il quotidianoconosce in molti casi una gentilezza, e una scon-trosità, si spera poca, inedite. I più anziani tranoi hanno ascoltato racconti di genitori e nonnisu periodi di guerra e di epidemie. La tecnologiaha cambiato gli scenari e modificato i racconti?Possiamo ancora imparare? Dopo molti giornipassati a casa, al proprio domicilio, identificatocon il proprio nucleo familiare, quando saremotornati al lavoro in ufficio, quando saremo tornatia scuola, al mercato, a comprare, magari anchedal parrucchiere, avremo dimenticato? Quandosaremo tornati a celebrare l’Eucarestia domenica-le, cancelleremo la misteriosa rete che ci ha con-nesso a preghiere sospese nell’aria o gettate nellarete, a corone del rosario sgranate come magarinon si faceva da anni? Avremo dimenticato lamestizia che c’è nel non celebrare un funerale,nel chiudere una bara senza una benedizione?Sarebbe bello aver imparato che tutti possiamob enedire.

I credenti sanno che «Dio ha assegnato loroun posto così importante, e ad essi non è lecitoabbandonarlo» (Lettera a Diogneto, II, 6).

«Questi giorni di dolore e di tri-stezza evidenziano tanti probleminascosti»: come quello dei “s e n z a-tetto” di Las Vegas — rilanciato suiprincipali media internazionali —«sdraiati in un parcheggio, in osser-vazione». Colpito al cuore dalle im-magini che documentano il fatto dicronaca, Papa Francesco ha volutodedicare a loro la preghiera con cuiha introdotto, giovedì 2 aprile, lacelebrazione quotidiana della messanella cappella di Casa Santa Marta.

Prima dell’omelia — in cui haespresso l’auspicio che «la nostraesistenza cristiana» possa essere«come quella del nostro padreAbramo: cosciente di essere eletto,gioioso di andare verso una promes-sa e fedele nel compiere l’alleanza»— il Pontefice ha rievocato la dram-matica vicenda della città statuni-tense in cui, a causa della chiusuradelle strutture della Catholic Chari-ties per un caso positivo di corona-virus, mezzo migliaio di senza fissadimora sono stati “sistemati” nelparcheggio del Cashman Center,per terra, come se fossero automobi-li, nonostante tutti gli alberghi dellacittà siano vuoti. E nel pregare perloro, ha affidato la propria invoca-zione all’intercessione di una vera“maestra” di carità: «chiediamo asanta Teresa di Calcutta — ha detto— che risvegli in noi il senso dellavicinanza a tante persone che nellasocietà, nella vita normale, vivononascoste ma, come i senzatetto, nelmomento della crisi, si evidenziano

così». E il riferimento alla piccolasuora fondatrice delle Missionariedella carità, canonizzata proprio daPapa Bergoglio il 4 settembre 2016,riporta alla memoria l’immagine diun altro santo contemporaneo, colui

che la proclamò beata il 19 ottobre2003: Giovanni Paolo II, di cui pro-prio oggi ricorre il quindicesimo an-niversario della morte.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 venerdì 3 aprile 2020

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Von der Leyen critica gli egoismi e le chiusure nazionali

Bruxelles, solidarietà per risponderealla sfida del coronavirus

Hotel del Cairo posto in quarantena

Oltre seimila casidi covid-19 in Africa

BRUXELLES, 2. «Oggi l’Europa simobilita al fianco dell’Italia, ma variconosciuto che nei primi giornidella crisi, di fronte al bisogno diuna risposta comune, in troppi han-no pensato solo ai problemi di casapropria». È quanto afferma oggi ilpresidente della Commissione UeUrsula Von der Leyen in una letterapubblicata dal quotidiano italiano«Repubblica» in cui fa il punto su-gli ultimi interventi sull’e m e rg e n z acoronavirus. «Quello passato è statoun comportamento dannoso e chepoteva essere evitato, ma ora l’E u ro -pa ha cambiato passo».

Von der Leyen ha ribadito che lasolidarietà è l’unico modo in cuil’Ue può fronteggiare il coronaviruse rilanciare la propria economia.«Abbiamo fatto tutto il possibile perportare i Paesi europei a ragionarecome una squadra e assicurare unarisposta coordinata a un problemacomune. E abbiamo visto più solida-rietà qui in Europa che in qualsiasialtra parte del mondo» ha aggiuntoil presidente della Commissione Ue.Oggi, von der Leyen ha reso notoche «le istituzioni europee e gli Statimembri hanno mobilitato 2.770 mi-liardi di euro. È la più ampia rispo-sta finanziaria ad una crisi europeamai data nella storia».

Intanto, ieri il presidente del Con-siglio italiano, Giuseppe Conte, in

un messaggio, ha confermato che lemisure restrittive per fermare la pan-demia andranno avanti fino al 13aprile. «Ci rendiamo conto che vichiediamo un ulteriore sforzo maquesto lo dobbiamo afferrare tutti:se noi smettessimo di rispettare leregole, se iniziassimo ad allentare lemisure, tutti gli sforzi fin qui fattisarebbero vani» ha detto Conte. InItalia si registrano 80.572 malati, conun incremento rispetto a due giornifa di 2937; 13.155 i morti; 16.847 iguariti.

La Francia ha superato quota4000 morti per l’epidemia, con 509nuovi decessi nelle ultime 24 ore, se-condo quanto ha annunciato il diret-tore generale della Sanità, JeromeSalomon. Precisamente, negli ospe-dali francesi il numero dei morti hatoccato 4032. I ricoverati in rianima-zione sono 6017, con un aumento di452 nelle ultime 24 ore.

Caos anche in Gran Bretagna, do-ve si registra un balzo di 563 mortiin più per coronavirus nelle ultime24 ore. Il totale è 2352 decessi, se-condo i dati del ministero della Sa-nità britannico. I contagi censiti so-no invece passati da 25.150 a 29.474.

In Spagna per il quinto giornoconsecutivo ci sono stati oltre 800morti in più e il numero di vittimecomplessivo è inferiore solo all’Italiaa livello globale.Il presidente della Commissione Ue von der Leyen (Afp)

IL CA I R O, 2. Sale a oltre 6 mila ilnumero dei casi di contagio da co-vid-19 nei 49 paesi africani colpitidalla pandemia. Lo rivelano gli ul-timi dati dei Centri di controllodelle malattie dell’Unione africana.Il paese più colpito resta il SudAfrica con 1326 casi e due morti,seguito da Egitto, Algeria e Maroc-co. Gli unici Stati a non aver anco-ra dichiarato nessun caso sono Le-

sotho, Malawi, le isole Comore,quelle di São Tomé e Príncipe e ilSud Sudan. Nella lista c’era ancheil Burundi, ma ieri sono stati an-nunciati i due primi casi. In Egitto,dove la situazione è sempre più arischio con 779 casi registrati e seidecessi, un grande hotel della capi-tale è stato posto in quarantena perquattordici giorni. Il numero degliospiti non è stato ancora precisato.

Gli equilibridell’Unionee la partita

dei “coronab ond”BRUXELLES, 2. Mes o eurobond? Èquesto l’interrogativo sul quale stan-no lavorando i leader europei inquesto momento. Si tratta di capirein che modo strutturare la rispostaalla flessione economica che l’emer-genza coronavirus sta producendo.Questa è la partita fondamentale chesi giocherà il prossimo 7 aprile nelprevisto vertice dell’Eurogruppo. Ipaesi del nord stanno facendo frontecomune per opporsi all’ipotesi di“coronab ond” e chiedono il rispettodei parametri Ue. Italia, Spagna ealtri paesi fortemente colpiti dal vi-rus chiedono invece misure straordi-narie nel quadro di un piano comu-ne gestito da Bruxelles.

Per stemperare le tensioni traNord e Sud, la Commissione Ue halanciato ieri un maxipiano per finan-ziare un fondo antidisoccupazione.Ma è evidente che combattere la di-soccupazione e rilanciare il tessutoeconomico europeo sono due cosediverse.

«È chiaro che la solidarietà è ilperno costitutivo fondamentaledell’Ue» ha detto il portavoce diAngela Merkel, precisando che «cisarà uno strumento di solidarietà,sulla base del contratto europeo, chesia adeguato a questa crisi». Berlinochiede perciò di restare dentro lacornice delle regole già esistenti.«Continuo a essere scettico sugli eu-robond», ossia a emissioni comunidi debito, ha detto ieri il presidentedella Bundesbank, Jens Weidmann.«Una strada potrebbe essere una li-nea di credito del Mes. I vincoli po-trebbero non essere così severi comenelle classiche linee di credito».L’idea tedesca è di creare una condi-zionalità leggera e uguale per tutti,in modo che chi chiederà gli aiutinon dovrà firmare un Memorandumche menzioni chiaramente ciò che ilsuo Governo dovrà fare in cambio.Ma per quanto leggeri, dei vincoli cisaranno sempre. Ad esempio, le isti-tuzioni Ue controlleranno come ven-gono spesi i prestiti.

La Francia propone invece unasoluzione intermedia. Il ministrodell’economia Bruno Le Maire haproposto un fondo limitato nel tem-po, cioè per circa 5-10 anni, «con lapossibilità di fare debito comune masolo all’interno di quel fondo». Cosìstrutturato «potrebbe essere più ac-cettabile da altri Paesi, e potrebbeessere la soluzione».

Registrato nelle ultime 24 ore il numero giornaliero di vittime più alto dall’inizio dell’epidemia

Gli Usa valutano l’ipotesi lockdown nazionale

Iniziativa dell’Unesco per garantire continuità scolastica e trovare soluzioni per la didattica a distanza

Coalizione mondiale per l’educazione

In America Latinapiù di ventimila

contagi

BRASÍLIA, 2. In America Latina enei Caraibi i contagi di covid-19hanno superato ieri quota 20.000.Metà sono stati i contagi nel pri-mo mese, dal 27 febbraio al 27marzo e circa diecimila sono statiregistrati negli ultimi 5 giorni fa-cendo registrare una crescita espo-nenziale. Al momento sono Brasi-le, Ecuador, Cile, Argentina, Mes-sico, Panama e Repubblica Domi-nicana i sette paesi in cui sonostati riscontrati più di mille casi. Ilconteggio si è basato sui contagiregistrati dai singoli governi incollaborazione con l’Oms. Peral-tro il numero riscontrato potrebbeessere minore rispetto a quelloreale di persone contagiate inquanto la maggior parte dei paesieffettuano tamponi solo a quei pa-zienti che necessitano di assistenzaospedaliera. Il numero totale deidecessi nella regione si è attestatoieri a 537. Anche questo è più cheraddoppiato in una settimana.

Il Paese più colpito è il Brasilecon ormai quasi 7000 casi e oltre240 vittime. Di ieri la notizia delprimo contagio in una comunitàindigena dell’Amazzonia: si trattadi una donna di 20 anni della tri-bù dei Kokama.

WASHINGTON, 2. Alla Casa Biancasi sta valutando se dichiarare o me-no il lockdown nazionale. NegliStati Uniti nelle ultime 24 ore sonostati registrati 884 decessi legati alcoronavirus. Si tratta del numerogiornaliero più alto dall’iniziodell’epidemia, che ha portato la ci-fra totale delle morti a oltre cinque-mila. Da quanto emerge dall’ultimobollettino della John Hopkins Uni-versity, nel Paese i contagi sono215.417, i morti 5116 e le personeguarite 8566.

«Ci stiamo preparando per ilpeggio, perché sfortunatamente èquello a cui dobbiamo guardare. Cisaranno un paio di settimane orri-bili a partire fra pochi giorni», hadetto ieri il presidente statunitense,Donald Trump, nel consueto incon-tro con i giornalisti per fare il pun-to della situazione.

Lo stato di New York rimanesempre l’epicentro della pandemianegli Stati Uniti, con circa 85.000casi, seguito dal New Jersey e dallaCalifornia, anche se nuovi focolai sihanno in Louisiana e in Michigan.Il suo governatore, il democraticoAndrew Cuomo, ha dichiarato cheil picco della curva dovrebbe arri-vare alla fine di aprile, sebbene ab-bia avvertito che il bilancio delle

vittime rimarrà alto fino ad agosto.Ha poi affermato che le previsionistimate per New York parlano dicirca 16.000 morti per covid-19.

Sull’ipotesi lockdown nazionale èintervenuto ieri, con una lettera alWashington Post, anche Bill Gates.

«Alcune spiagge rimangono aperte,alcuni ristoranti servono ancora pa-sti ai tavoli. Questa è la ricetta perun disastro, perché come le personepossono viaggiare all’interno degliStati Uniti, anche il virus può farelo stesso» ha affermato il fondatore

di Microsoft nel suo appello al po-polo Usa. Più in generale per Gatesi leader politici di tutti gli Stati do-vrebbero applicare unitariamente lemisure restrittive. Questo sarebbe ilmiglior ostacolo, al momento, per ladiffusione del virus e per consentireun successivo, lento ritorno alla nor-malità. È necessario per Gates unuso ancora più massiccio dei tam-poni, e ancor più importante «do-vremmo riuscire ad avere i risultatiin 24 ore, non in una settimana».

Intanto la Marina Usa sta eva-cuando migliaia di marinai dallaportaerei nucleare Roosevelt aGuam. Il capitano ha avvertito cheun focolaio di coronavirus sta mi-nacciando la vita dell’equipaggio.Finora sono 93 i casi di covid-19 trai 4800 membri dell’equipaggio, hariferito la Marina.

Prosegue la polemica a distanzatra Stati Uniti e Cina legata al coro-navirus. «Non siamo nella posizio-ne di confermare i numeri che arri-vano dalla Cina» ha affermato ieri ilconsigliere alla sicurezza nazionaleUsa, Robert O’Brien. «Sono com-menti senza vergogna» e sono «im-morali» i dubbi sui dati cinesi, hareplicato la portavoce del ministerodegli Esteri, Hua Chunying.

di ANNA LISA ANTONUCCI

L’educazione scolastica è un diritto uni-versale che neppure la pandemia dacovid-19 può fermare. È quanto so-

stiene l’Unesco che, a fronte dell’87 per centodella popolazione che studia, circa 1,5 miliardidi giovani in 165 paesi, ormai lontana da aulescolastiche e università a causa della pande-mia, ha lanciato una «Coalizione mondialeper l’educazione» che garantisca continuitàscolastica e aiuti gli Stati a sviluppare le mi-gliori soluzioni per l’insegnamento a distanza.E raggiungere così anche i bambini e i ragaz-zi più a rischio, per i quali la chiusura dellescuole potrebbe significare «la perdita di unarete di sicurezza vitale, fatta di nutrizione,protezione e supporto emotivo». «Mai primad’ora abbiamo vissuto una crisi educativa diquesta portata», ha dichiarato la direttrice ge-

nerale dell’Organizzazione delle NazioniUnite per l’educazione, la scienza e la cultura,Audrey Azoulay. «Per superare questo mo-mento e andare avanti — ha spiegato Azoulay— l’unica strada da percorrere è lavorareinsieme».

La Coalizione, dunque, invita a un’azionecoordinata e innovativa «per trovare soluzioniche non solo sostengano studenti e insegnantiora, ma anche durante tutto il processo di re-cupero, con particolare attenzione all’inclusio-ne e all’equità», ha aggiunto. Perché è pro-prio l’aumento della disuguaglianza chepreoccupa in questa crisi. La chiusura delleaule scolastiche, infatti, colpisce in modosproporzionato gli studenti vulnerabili e svan-taggiati che dipendono dalla scuola per unaserie di servizi sociali, tra cui la salute e il ci-bo. Moltissimi bambini nel mondo sopravvi-vono, infatti, solo grazie al pasto fornito dalla

mensa scolastica, dunque la chiusura dellescuole incide gravemente anche sulla loro ali-mentazione. Inoltre i ragazzi di famiglie svan-taggiate hanno difficoltà a poter proseguirel’insegnamento a distanza per mancanza diausili tecnologici, di una buona connessioneinternet e per la carenza di aiuto da parte deigenitori, il cui livello di istruzione è basso e lerisorse economiche limitate.

Per questi motivi, secondo l’Unesco c’è lanecessità di un sostegno rapido e coordinatoagli Stati per mitigare gli effetti negativi dellachiusura scolastica. Secondo l’agenzia Onuquesto «non è il momento di approfondire ledisuguaglianze. Ora è il momento di investirenel potere trasformante dell’istruzione. Impe-gnandoci nel decennio dell’azione per non la-sciare nessuno indietro». Molti Paesi, percontenere la pandemia, hanno già adottatosoluzioni educative a distanza e affrontato la

complessità dell’istruzione virtuale, dalla for-nitura di contenuti al sostegno degli inse-gnanti all’orientamento delle famiglie, alla so-luzione dei problemi di connettività.

«Dobbiamo ora accelerare i modi per con-dividere queste esperienze e aiutare i più vul-nerabili, che abbiano o meno accesso a inter-net», ha detto l’attrice Angelina Jolie, inviatospeciale dell’Alto Commissariato Onu per irifugiati, che ha istituito un partenariato conl’Unesco per la creazione della Coalizione.Molte le realtà che hanno già aderito all’ini-ziativa Unesco, come l’Oms, l’O rganizzazioneinternazionale del Lavoro, l’Unicef, l’Unioneinternazionale delle telecomunicazioni, ma an-che aziende private come Microsoft, Google,Facebook che si sono impegnate a mobilitarele loro risorse e i loro servizi a sostegno discuole e insegnanti e a un uso etico dei datidegli studenti.

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 3 aprile 2020 pagina 3

Sullo scambio di prigionieri

Kabul e talebanitornano a parlarsi

KABUL, 2. Per la prima volta in di-ciotto anni, una delegazione dei ta-lebani ha incontrato ieri a Kabulrappresentanti del governo dell’Af-ghanistan. Al centro dei colloqui loscambio di prigionieri, prerequisitoper altri negoziati sul futuro delmartoriato paese. Lo ha reso noto ilConsiglio di sicurezza nazionale af-ghano su Twitter.

Le due delegazioni — si legge inun comunicato ufficiale ripreso dalleagenzie di stampa internazionali —«hanno discusso faccia a faccia aKabul, facendo progressi sugliaspetti tecnici». La nota aggiungeche nelle prossime ore è previsto unulteriore colloquio.

Anche se in Afghanistan la situa-zione rimane complessa, si trattasenza dubbio di un decisivo passo

in avanti nel comunque complicatotentativo di fare tacere le armi e gliattentati nel paese, alle prese con unsanguinoso conflitto in corso ormaida circa 19 anni.

Anche l’Afghanistan è stato colpi-to dal covid-19. Per rispondere allapandemia di coronavirus e garantirela consegna di aiuti umanitari intutto il paese, il Consiglio di Sicu-rezza delle Nazioni Unite ha esorta-to le parti in guerra a dare ascoltoalla richiesta del segretario generaledell’Onu, António Guterres, di unimmediato cessate il fuoco. Lo han-no affermato ieri i Quindici in unadichiarazione al termine di una riu-nione virtuale a porte chiuse in cuihanno ascoltato un briefing della vi-ce rappresentante speciale delle Na-zioni Unite, Ingrid Hayden.

Hayden ha spiegato che l’Afgha-nistan «sembra essere arrivato a unmomento decisivo per capire se isuoi leader possano riunirsi per im-pegnarsi in colloqui significativi coni talebani e raggiungere l’obiettivodi una pace sostenibile». «La mi-naccia del coronavirus costituisce ungrave pericolo per la salute dellapopolazione afgana e, potenzial-mente, per la stabilità delle sue isti-tuzioni», ha detto ancora Hayden.

Nei giorni scorsi anche la Natoha lanciato un appello alla tregua.«C’è un bisogno urgente di unapausa umanitaria dei combattimenti— ha dichiarato il segretario genera-le dell’Alleanza atlantica, JensStoltenberg — non fosse altro cheper arginare la minaccia sul paesedel coronavirus».

A due mesi dalla pubblicazione di «Querida Amazonia»

Ascoltiamo il gridodei popoli indigeni

di FERNAND O CHICA ARELLANO*

A due mesi dalla pubblicazionedell’esortazione apostolicapost-sinodale Querida Amazo-

nia (2 febbraio), con cui Papa Fran-cesco offriva le sue riflessioni epreoccupazioni relative al percorsodi dialogo e discernimento rappre-sentato dall’Assemblea speciale delSinodo dei Vescovi, svoltasi lo scor-so ottobre e avente come tema«Amazzonia: Nuovi cammini per laChiesa e per una ecologia integra-le», continua a risuonare il clamoredei popoli indigeni come luminosalezione che ci insegna a rispettarel’ambiente in cui viviamo.

Questo anniversario, che cadeproprio nel momento in cui il mon-do intero sta affrontando la pande-mia legata al covid-19, ci permettedi soffermarci sulla capacità dei po-poli indigeni, a cui dovremmo inqualche modo ispirarci, di vivere inarmonia con sé stessi, con la naturae con gli altri esseri umani.

L’Amazzonia è la più grande fo-resta pluviale del mondo, copre cir-ca otto milioni di chilometri quadra-ti e costituisce uno dei maggioripunti di biodiversità del Pianeta.Secondo i dati del Fondo Interna-zionale per lo Sviluppo Agricolo(Ifad), i custodi di questi averi sonosoprattutto i popoli indigeni che oc-cupano circa il 45 per cento del ba-cino amazzonico ricavando il pro-prio sostentamento da caccia, rac-colta e pesca. Si contano all’i n c i rc a420 comunità autoctone che parlano86 lingue e 650 dialetti. Nonostantesiano i più esposti agli effetti deicambiamenti climatici rispetto aqualsiasi altro popolo del mondo,essi hanno sviluppato stili di vita so-stenibili, adatti alle terre che abitanoe, grazie alla loro ampia conoscenzatradizionale, svolgono un ruolo cru-ciale nella gestione delle risorse na-turali. Inoltre, i sistemi alimentariindigeni generano cibo nutriente e il

loro approccio alla produzione ali-mentare sostenibile può diventarefondamentale nell’affrontare il glo-bale bisogno di cibo. Come affer-mato dal Pontefice, «i popoli indi-geni sono un grido vivente a favoredella speranza. Ci ricordano che noiesseri umani abbiamo una responsa-bilità condivisa nella cura della “ca-sa comune” [...]. La terra soffre e ipopoli originari sanno del dialogocon la terra, sanno che cos’è ascolta-re la terra, vedere la terra, toccare laterra. Conoscono l’arte del viverebene in armonia con la terra» (Di-scorso ai partecipanti alla IV riunionedel Forum dei Popoli Indigeni, 14 feb-braio 2019).

Nel corso dei secoli, le comunitàautoctone sono state espropriatedelle loro terre e risorse diventandospesso oggetto di discriminazioniper il loro modo di vivere. In tuttoil mondo, esse rappresentano il 6per cento della popolazione e il 18per cento di coloro che vivono incondizioni di povertà. Per tutelare iloro diritti, il 13 settembre 2007,l’Assemblea generale delle NazioniUnite ha adottato la D i c h i a ra z i o n edei diritti dei popoli indigeni che sta-bilisce un quadro universale di rife-rimento per la sopravvivenza, la di-gnità e i diritti di questi ultimi intutto il mondo. In particolare, laDichiarazione, pur non essendo vin-colante, ha avuto il pregio di stabili-re il diritto dei popoli indigeni anon essere sottoposti all’assimilazio-ne forzata o alla distruzione dellaloro cultura, a non essere espulsi dailoro territori e ha raccomandato, incaso di violazioni, un risarcimentosotto forma di restituzioni o com-pensazioni da parte dei Governi.

L’Organismo del Polo romanodelle Nazioni Unite che vanta unalunga esperienza di lavoro con i po-poli originari è l’Ifad, che ha soste-nuto diverse iniziative a riguardo,principalmente in Asia e AmericaLatina, consentendo alle comunitàautoctone di partecipare alla defini-zione delle strategie per il loro svi-luppo e di perseguire i loro obiettiviattraverso il rafforzamento delle or-ganizzazioni e delle governancelo cali.

Il magistero di Papa Francesco hasempre rivolto un’attenzione parti-colare all’Amazzonia e ai suoi popo-li. Già nell’enciclica Laudato si’, ilVescovo di Roma ricorda «quei pol-moni del pianeta colmi di biodiver-sità che sono l’Amazzonia e il baci-no fluviale del Congo, o le grandifalde acquifere e i ghiacciai» (n.38).Tra le tematiche studiate nello scor-so Sinodo e nell’esortazione aposto-lica Querida Amazonia, la questioneambientale assume una particolare

rilevanza sulla scia di quella ecolo-gia integrale di cui tanto parla ilSanto Padre e che considera comeinscindibilmente legata alle dimen-sioni umane e sociali. Questa ecolo-gia integrale è inseparabile dalla no-zione di bene comune che consistenell’impegnarsi in maniera concretariducendo le diseguaglianze e pro-muovendo il rispetto dei dirittiumani fondamentali in una societàin cui prevale la cultura dello scartosoprattutto nei confronti dei più po-veri e vulnerabili.

Diventa dunque significativo no-tare come, se la cura delle persone edegli ecosistemi sono collegate, leforeste, risorse tanto fragili quantonecessarie, rappresentano una ric-chezza non da sfruttare ma con laquale si deve entrare beneficamentein relazione. A questo riguardo, giàBenedetto XVI aveva denunciato «ladevastazione ambientale dell’Amaz-zonia e le minacce alla dignità uma-na delle sue popolazioni» (D i s c o rs oai giovani, San Paolo, 10 maggio2007). I popoli indigeni, i qualihanno mantenuto una relazione sta-bile con l’ambiente, sono visti comeostacolo a un certo tipo di sviluppoeconomico che non tiene conto del-le conseguenze ambientali. A questoproposito, evidenzia il Successore diPietro nell’esortazione apostolicaQuerida Amazonia: «La saggezza deipopoli originari dell’Amazzoniaispira cura e rispetto per il creato,con una chiara consapevolezza deisuoi limiti, proibendone l’abuso.Abusare della natura significa abu-sare degli antenati, dei fratelli e del-le sorelle, della creazione e delCreatore, ipotecando il futuro. Gliindigeni, quando rimangono nei lo-ro territori, sono quelli che megliose ne prendono cura» (n. 42).

In conclusione, i popoli originari,cui siamo in qualche modo debitori,hanno sempre mostrato di essere re-silienti e in grado di adattarsi aicambiamenti pur mantenendo la lo-ro unità e identità. È imprescindibi-le, dunque, riconoscere le istituzioniindigene non soltanto moltiplicandoparole ma, soprattutto, mobilitandofondi per assicurare che esse possa-no partecipare adeguatamente aiprocessi decisionali che le coinvol-gono sia a livello nazionale che in-ternazionale. Instaurare dei partena-riati rispettosi delle diversità e undialogo aperto e inclusivo con le co-munità autoctone risulta indispensa-bile affinché esse diventino le prota-goniste del proprio sviluppo e met-tano al servizio dell’intera umanità iloro sistemi di conoscenza.

*Osservatore Permanentedella Santa Sede presso la Fao, l’Ifade il Pam

L’operazione ha lo scopo di far rispettare l’embargo sulle armi

Tripoli critica la nuova missionedella Ue: «Avvantaggia Haftar»

Per l’abolizione dazi alla Serbia

Contrasti tra Stati Unitie Kosovo

Colloquio tra Putined Erdoğansulla Siria

DA M A S C O, 2. Il presidente dellaTurchia, Recep Tayyip Erdoğan,e il presidente russo, VladimirPutin, hanno avuto ieri un collo-quio telefonico sulla crisi in Siria.I due leader hanno fatto il puntosull’applicazione dell’accordo ditregua a Idlib siglato lo scorso 5marzo a Mosca. Il colloquio av-viene dopo gli ostacoli emersi sulterreno ai previsti pattugliamenticongiunti sull’autostrada strategi-ca M4, che separa le rispettivezone d’influenza nel nord-ovestdella Siria. In questa zona si so-no registrati di recente scontri eproteste. Preoccupazione è statainoltre espressa — dicono i media— per recenti attacchi del sedi-cente stato islamico (Is), tornatoa colpire in diverse regioni delPa e s e .

Al centro del colloquio c’è sta-ta anche la pandemia di corona-virus in Siria e le iniziative intra-prese dai due Paesi per contra-starla. Ieri un intero villaggio anord di Damasco è stato posto inquarantena.

Nuove opportunità nelle relazionitra Cina e India

PRISTINA, 2. Gli Stati Uniti hannocriticato la decisione di ieri sera delpremier ad interim del Kosovo,Albin Kurti, di abolire temporanea-mente e condizionatamente i dazidoganali maggiorati del 100 percento imposti nel novembre 2018sulle merci dalla Serbia.

Come ha reso noto in un comuni-cato l’ambasciata statunitense a Pri-stina, l’amministrazione di Washin-gton si «oppone al principio di reci-procità» contenuto nella decisionedi Kurti, in base al quale la Serbiadovrà rispettare norme, regolamentie documentazione kosovari conside-randoli su un piano di parità conquelli serbi.

L’abolizione condizionata dei da-zi, ha dichiarato Kurti — il cui go-verno è stato sfiduciato dal parla-mento nei giorni scorsi — varrà finoal prossimo 15 giugno, quando verràfatta una valutazione sulla sua at-tuazione da parte della Serbia. «GliStati Uniti hanno detto chiaramenteche il Kosovo deve abolire tutti idazi nella loro totalità, e non crearenuove barriere e ostacoli, poichéuna tale politica danneggia i cittadi-ni kosovari e soffoca l’economia delKosovo», ha precisato.

«Gli Stati Uniti sono stati chiarinel chiedere l’abolizione di tutte letariffe e che non vengano createnuove barriere. Queste sono politi-che dannose per i cittadini del Ko-

sovo e strangolano l'economia delpaese», si legge nel comunicatodell’ambasciata Usa. «Siamo contra-ri — prosegue il documento — agliultimi provvedimenti per l’attuazio-ne delle misure di reciprocità sullacircolazione delle merci dalla Ser-bia. Queste misure creano maggioriproblemi in un momento in cui gliStati Uniti credono che gli accordisui collegamenti aerei, ferroviari eautostradali, raggiunti fra le parti,aumenterebbero lo sviluppo econo-mico, e creerebbero le dovute condi-zioni per un successo del processodel dialogo».

Kurti ha ribadito che «il princi-pio di reciprocità è uno strumentonelle relazioni fra Stati sovrani e ri-conosciuto dai principi generali deldiritto internazionale», mentre haosservato che «dall’entrata in vigoredel Cefta, la Serbia ha introdottouna serie di ostacoli commerciali enon tariffari nei confronti del Koso-vo, incluso il transito nel suo terri-torio e barriere di carattere politico,il che si è tradotto in un danno eco-nomico per gli esportatori e gli im-portatori, e in un alto disavanzocommerciale per il nostro paese». IlCefta è l’accordo centroeuropeo dilibero scambio, che comprende laRepubblica di Macedonia del Nord,la Serbia, il Kosovo, la Bosnia edErzegovina, il Montenegro, l’Alba-nia e la Moldova.

Il presidente afghano Ashraf Ghani (Reuters)

TRIPOLI, 2. Irini, la nuova operazio-ne europea nel Mediterraneo, ap-provata dal Consiglio europeo il 31marzo scorso, secondo Tripoli favo-rirebbe le forze del generale KhalifaHaftar, a capo dell’Esercito naziona-le di liberazione libico. «L’attuazio-ne della missione lascia intendereche l’obiettivo è il controllo nei con-fronti del Governo di accordo na-zionale libico (Gna), ignorando deltutto qualsiasi controllo sulle armidirette in Cirenaica». Lo ha affer-mato il ministro degli esteri delGna, Muhammad Siala. La missio-ne europea Irini — ha spiegato —potrà controllare soltanto lo spazionavale, ma non quello aereo e terre-stre della Libia.

Le critiche non provengono solodalla Tripolitania, ma anche dall’Al-to consiglio libico della Cirenaica,per il quale «l’insistenza dell’Ue amonitorare solo attività in maremette in dubbio i reali motivi».D’altra parte Bruxelles assicura chel’operazione al largo delle coste libi-che, sostituendo la precedente mis-sione navale Sophia, avrà il compitodi attuare l’embargo sulle armi im-posto dall’Onu, utilizzando mezziaerei, satellitari e marittimi. Irini do-vrà controllare le esportazioni illeci-te dalla Libia di petrolio, formare laguardia costiera e la marina militarelibiche e contribuire a smantellare iltraffico di esseri umani.

«L’Ue sta dimostrando che tra lesue priorità c’è la stabilizzazionedella Libia», ha dichiarato intanto ilpresidente della sottocommissioneper la sicurezza e la difesa del Parla-mento europeo, la francese NathalieLoiseau. «Accogliamo positivamente— ha aggiunto — la decisione di av-viare Irini, che arriva in un momen-to in cui la situazione in Libia rima-ne profondamente preoccupante».«I combattimenti — ha rimarcato —proseguono e le fazioni in guerracontinuano a ottenere armidall’esterno, mentre le potenze stra-niere inviano mercenari nel Paese ealimentano il conflitto».

«Solo le soluzioni politiche e ilpieno rispetto dell’embargo sulle ar-mi imposto dall’Onu risolveranno lacrisi libica» ha detto lo spagnolo Jo-sep Borrell, Alto rappresentantedell’Unione per gli affari esteri e la

politica di sicurezza, spiegando che«tale operazione sarà essenziale edarà un chiaro contributo alla pro-mozione della pace nel nostro im-mediato vicinato mediante un cessa-te il fuoco permanente».

PE C H I N O, 2. Le relazioni diploma-tiche tra Cina e India si trovano aun nuovo punto di partenza e stan-no affrontando nuove opportunità.Lo ha dichiarato il presidente cine-se, Xi Jinping, in un messaggio dicongratulazioni inviato all’omologoindiano, Ram Nath Kovind, in oc-casione, ieri, del settantesimo anni-versario dei legami diplomatici tra idue paesi asiatici.

Nel suo messaggio, Xi ha sottoli-neato che le relazioni Cina-Indiahanno attraversato uno straordina-rio percorso di sviluppo negli ulti-mi 70 anni. «Con gli sforzi con-giunti di entrambe le parti, i due

paesi hanno stabilito un partenaria-to strategico per la pace e la pro-sperità e stanno lavorando dura-mente per costruire un partenariatodi sviluppo più stretto», ha detto ilpresidente cinese. Gli scambi e lacooperazione in vari settori tra idue paesi si sono approfonditi e ilcoordinamento nei principali affariinternazionali e regionali è statocostantemente rafforzato, ha prose-guito. «Attribuisco grande impor-tanza allo sviluppo delle relazioniCina-India e vorrei collaborare conil presidente Kovind per spingerele relazioni bilaterali a un nuovo li-vello, offrire maggiore benessere ai

due paesi e ai due popoli e contri-buire con maggiore energia positi-va all’Asia e al mondo», ha scrittoXi nel suo messaggio.

Il presidente indiano Kovind,nella sua lettera al presidente cine-se Xi, riferita da un comunicato delministero degli Esteri di NuovaDelhi, ha inviato «calorosi saluti,felicitazioni e auguri» al governo eal popolo della Cina e ha osservatoche le due parti hanno «compiutonotevoli progressi», soprattutto ne-gli ultimi anni, nel rafforzare l’im-pegno bilaterale nei legami politici,economici e interpersonali.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 venerdì 3 aprile 2020

Non-luoghiche tornano

a vivereA colloquio con l’urbanista Carlo Cellamare

di FLAMINIA MARINARO

Ulrich Beck diceva chetutti noi «cerchiamola politica nel luogosbagliato, nei concettisbagliati, ai piani sba-

gliati, nelle pagine sbagliate deiquotidiani». La potremmo invecetrovare nel fatto che i cittadini eser-citano concretamente i loro dirittiriempiendoli della vita per la qualeritengono che valga la pena di lotta-re. Con sottile arguzia il sociologo eregista tedesco aveva capito la gran-de anomalia che affligge la nostrasocietà; aveva intuito che quella di-mensione verticale e bilanciata didiritti e doveri tra cittadini e istitu-zioni, che dovrebbe essere la nerva-tura della cittadinanza attiva (tema,peraltro, dell’anno pastorale) dev’es-sere animata da uno scopo più alto.Che guardi oltre le logiche di mer-cato, la così detta gentrification, lamercificazione cittadina e sociale easpiri a un progetto condiviso cheresti in equilibrio tra sistema dicompetenze e capacità socialmentediffuse.

Paradossalmente, in questo perio-do in cui ci è negata anche solouna stretta di mano è ancora piùchiaro quanto l’aggregazione nonsia soltanto una stratificazione stori-ca ma una necessità primaria.

Le iniziative di riappropriazionedi luoghi e spazi sono sempre più

culturali e politici dove si sperimen-tano forme di convivenza nella di-versità (pensiamo alla collaborazio-ne e allo scambio con gli immigratie le tante culture esistenti) e politi-che urbane che dovrebbero essereprese a riferimento, comportandoriduzione di consumo di suolo, re-cupero di edifici dismessi, solidarie-tà sociale, iniziative culturali e atti-vità artistiche, come al Maam, aper-tura di parchi pubblici, servizi alterritorio come palestre, teatri,scuole di lingua per immigrati, bi-blioteche pubbliche, doposcuolaper i bambini, scuole di teatro e didanza. Sono sperimentazioni, maallo stesso tempo ci raccontano diuna città che si sta strutturando inquesto modo. Se quindi rappresen-tano un fattore di cittadinanza eanche l’utopia realizzata di una cit-tà alternativa, testimoniano anchedel progressivo arretramento delWelfare State e il venir meno dellapolitica e delle istituzioni sui terri-tori.

I quartieri di edilizia residenziale pub-blica e la periferia come andrebbero ri-qualificati? Si potrebbe pensare aun’interazione con le istituzioni, maga-ri con dei bandi? Perché non è statapensata una soluzione del genere?

Dobbiamo pensare a “p oliticheper l’a u t o rg a n i z z a z i o n e ” che sianoin grado di sostenere e valorizzarele iniziative che già operano local-

Storie di imprenditori solidali

La gioiadi dare una mano

Le Edizioni di Terra Santapubblicano un libroche al tempo del coronavirusè molto importantePerché rivela che è possibileun sistema diverso di fare impresa

gli abitanti investono per recupera-re spazi di vita e ridare valori ailuoghi dove vivono. Allo stessotempo sono anche risposte a biso-gni ed esigenze sociali, come quellodella casa o di servizi e attrezzature,come il verde e gli spazi pubblici,che spesso mancano soprattuttonelle periferie. Per questo in alcunicasi rischiano di diventare supplentio sostitutivi delle carenze dellapubblica amministrazione. E perquesto possono essere portatori dialcune ambiguità. Se, da una parte,esprimono grandi energie e proget-tualità sociali e rappresentano veri epropri laboratori di cittadinanza at-tiva, dall’altra possono dare originead atteggiamenti di appropriazionein senso privatistico o esclusivo. Di-pende molto dall’idea di città e diconvivenza che i protagonisti diquesti processi sostengono e porta-no avanti.

Vengono in mente i tanti fenomeni diautorganizzazione di Roma, come ildiscusso Spintime, il Porto Fluviale, ilMuseo Maam, il Metropoliz, o il Tea-tro Valle occupato, di cui si parla am-piamente nel saggio. Dobbiamo inter-pretarli come esperimenti o situazioniormai consolidate? Da urbanista comeli valuta? E da cittadino?

Per quanto spesso considerati il-legali, queste esperienze di autorga-nizzazione non solo rispondono anecessità sociali (la casa, la cultura,i servizi sociali e così via) ma anchea bisogni di socialità e di urbanità,a forme di collaborazione per mi-gliorare la città. Sono laboratori

mente e che vanno nella direzionedi un’idea di città accogliente e in-clusiva. Non sempre lo strumentodei bandi è il più efficace. Oppurebisogna introdurre criteri che valo-rizzino appunto le iniziative locali.Bisogna sostenerle perché rappre-sentano lo sforzo degli abitanti dimigliorare i propri contesti di vita.Sono le esperienze che effettivamen-te portano riqualificazione delle pe-riferie, come ad esempio nel conte-sto di Tor Bella Monaca. Vanno so-stenute e non depresse perché rap-presentano la vitalità di questi quar-tieri, dove spesso non ci sono alter-native, se non quelle della criminali-tà organizzata.

L’autorganizzazione è diventata ed èdestinata a diventare il motore fonda-mentale del “fare città”. Che futuropensa che avrà?

L’autorganizzazione sta forse di-ventando un fatto strutturale difronte all’arretramento del WelfareState e al prevalere del modello ur-bano neoliberista. Se quindi, dauna parte, sono energie importantie positive per i territori, dall’altraprospettano un futuro problemati-co. Bisognerebbe pensare non a“meno pubblico”, ma a “più pub-blico più intelligente”, ovvero ingrado di valorizzare il protagoni-smo sociale nella misura in cui vaverso l’interesse pubblico, come unasorta di grande alleanza con le for-ze costruttive degli abitanti, ancheconsiderando la perdita di sovranitàda parte delle istituzioni dentro lagrande competizione globale.

all’ordine del giorno;eppure tra abusivismoe attivismo il confine èlabile e rischia di esse-re percepito in modosbagliato. Ma di checosa si tratta? Di unospodestamento delleistituzioni o del biso-gno di re-immetterenel ciclo vitale luoghinon utilizzati o degra-dati? Lo chiediamo aCarlo Cellamare, urba-nista che insegna allaFacoltà di Ingegneriadell’università La Sa-pienza di Roma, auto-re del saggio Città Fai-Da-Te. Tra antagonismoe cittadinanza (Roma,Donzelli, 2019, pagineXVI-186, euro 16).

Come valutare il feno-meno dell’a u t o rg a n i z z a -zione urbana?

Sempre più spessoassistiamo a pratiche eprocessi di riappropria-zione degli spazi, aRoma come in tantealtre città in Italia enel mondo. Questi so-no allo stesso tempoprocessi di ri-significa-zione dei luoghi in cui

Elogio dell’imp erfezioneNelle poesie di Cesare Viviani

Mario Sironi, «Il lavoro (I costruttori)» (1929-1933)

Particolare di un murale dedicato a Miwa (un personaggiodel cartoon Jeeg Robot) a Tor Bella Monaca

Vincent van Gogh, «Notte stellata» (1889)

Un’economia con un cuore

di SI LV I A GUSMANO

«C ome mai è così difficile rac-contare le cose belle? (…)Forse — rimuginavo — p er-ché, da che mondo è mon-do, il bene non fa notizia.

Forse perché, nel nostro modo di pensare, nellamentalità in cui siamo immersi, quando pronun-ciamo la parola “b ene” pensiamo subito a mora-lismo, retorica, buonismo. Quando si dice “b e-ne” o “bene comune” è difficile che venga inmente la bellezza».

gnolo, la Ferrero, le pompe idrauliche di SilvanoPedrollo, l’azienda meccanica di alta precisioniBB s.p.a. di Marco Bartoletti, il Fernet-Branca,l’azienda siciliana La Mediterranea, Ennio Dorise la Mediolanum, la Thun, la Fondazione StellaMaris - Irccs per la neuropsichiatria dell’infanziae dell’adolescenza, il progetto messo in campodai genitori di Carlo Acutis dopo la prematuramorte del ragazzo. Il bene si irradia in tante di-rezioni: presidi ospedalieri in Guinea, Zambia eUganda; imprese solidali in Paesi in via di svi-luppo; la scelta di assumere manodopera tra ca-tegorie svantaggiate di lavoratori; progetti a fa-vore di bambini lontani, o molto vicini come neireparti di oncologia pediatrica. Non si parla maidi invio di soldi, si parla di aiuti — in termini dimacchinari, progetti, materiali, dispositivi — ingrado di contribuire ad accrescere l’autonomiadei riceventi.

La cosa interessante di queste aziende è che —a parte la volontà di fare scelte orientate al benedi chi ci lavora, della comunità circostante o direaltà lontane — per il resto si tratta di aziendecome tutte. A guidarle sono la creatività, lo spi-rito d’iniziativa, il coraggio imprenditoriale, tuttielementi però indirizzati anche al prossimo.

Molto, tra l’altro, è fatto nel silenzio, senzapubblicità. Non importa il settore, il luogo, lastoria di ciascuno — quello che fa la differenza èlo sguardo, la forza di rispondere a una ricerca(«Amava infinitamente i suoi cari (…) ma senti-va che il suo talento andava messo a servizio diqualcos’altro, di qualcun altro. Ma a servizio dicosa? A servizio di chi?»).

Ovviamente nelle vicende ricostruite da Lec-cese non mancano i drammi personali e sociali,

le tragedie, i problemi; ma c’è un filo che guidale scelte, anche di fede a volte. Scelte che aiu-tando il prossimo, indubbiamente migliorano leaziende che le compiono, e le persone che leanimano: «Antonia ha capito, grazie a suo figlio,che ciò che resta davvero è solo ciò che hai do-nato».

Le Edizioni di Terra Santa pubblicano un li-bro che non è solo interessante per quel che rac-conta. È un libro che in questo aprile 2020 allaluce di quelli che saranno nel breve e nel lungoperiodo gli effetti del coronavirus anche a livelloeconomico e sociale, rivela che un sistema nuovodi fare impresa è possibile. Un sistema virtuoso,solidale e davvero vincente per tutti. Come PapaFrancesco (una sua foto, giovane e sorridente,compare nella stanza di uno dei protagonisti dellibro) va ripetendo da tempo.

Così scrive Safiria Leccese in apertura del li-bro La ricchezza del bene. Storie di imprenditori fraanima e business, appena uscito per Edizioni Ter-ra Santa (Milano, 2020, pagine 256, euro 16,90)anche in formato e-book. La giornalista rico-struisce il suo viaggio in Italia dal nord al sudper incontrare e conoscere dieci realtà di impren-ditoria in apparenza sui generis. Perché — purfacendo profitti importanti, molto importanti —le imprese protagoniste non agiscono in nomedel profitto calpestando le persone ma, al con-trario, le valorizzano.

Si tratta infatti di imprenditori che hannoscelto — guidati in ogni caso, pur nella varietàdelle singole vicende, dalla volontà di aprirsi allenecessità del mondo — di fare del bene ai propridipendenti e a intere comunità («Compresi allo-ra che una delle cose che mi regala più gioia èdare una mano, sul serio, là dove serve»).

Imprenditori che scelgono di investire nei rap-porti con i dipendenti (immedesimandosi nei lo-ro bisogni), di aiutare sia Paesi molto lontani,che altre zone italiane, quando non addirittura ipropri territori. Imprenditori che, accanto allospecifico ambito di azione, si spendono per pro-gettare e realizzare scuole, ospedali o imprese;che intervengono per assistere e supportare real-tà già esistenti ma in difficoltà; che inventanopremi e concorsi per incentivare l’impegno; checercano di coinvolgere anche i dipendenti inquesta impresa del bene («Per incoraggiare tuttia fare anche una piccola esperienza di volonta-riato, abbiamo stanziato ore di lavoro. Chi vuoleha la possibilità di destinare parte del tempo la-vorativo per dare supporto a uno dei laboratoriattivi»).

Si tratta, più in generale, di una volontà capa-ce nel suo insieme davvero di trasformare la vitadi migliaia di persone.

Leggendo il libro, si incontrano anche impresemolto note, rivelandone vicende, vocazioni easpetti sconosciuti e preziosi: i Fratelli Campa-

di NICOLA BU LT R I N I

La verità elementare è che siamo imperfetti.Certo, il progresso tecnologico e culturaleci hanno portato a credere di poter fare

quasi tutto. Appunto, quasi, tutto. In quel “qua-si” sta la nostra finitezza. Ma il “quasi”, spessolo teniamo tra parentesi, ne facciamo motivo divergogna, sinonimo di vulnerabilità, in un mon-do che ci vuole invece sempre vincenti e invul-nerabili. Il fallimento non è contemplato, co-munque è innominabile. Eppure, basta poco afar crollare le nostre frivole certezze. E non serveuna guerra, o la catastrofe climatica o la devasta-zione del territorio (si tratta pur sempre degli ef-fetti del delirio di onnipotenza dell’uomo con-temporaneo); anzi, ciò che è davvero dirompenteè un microscopico elemento del tutto naturale,un virus.

Le conseguenze sono agli occhi di tutti; sottouna patina di euforica quanto effimera speranza,ci chiudiamo in casa, nelle mascherine, nei guan-

ti, sotto strati di detergenti igienizzanti. Ci na-scondiamo al mondo reale, e nella realtà c’è tut-ta la nostra imperfezione. Quella imperfezioneche però abbiamo sempre appunto inteso comesinonimo di fragilità, difetto di fabbrica, preca-rietà. E se invece l’imperfezione fosse non un at-tributo, ma la caratteristica prima della nostrastraordinaria natura (umana)? E se invece l’im-perfezione custodisse un valore, esprimesse unap ossibilità?

Me lo chiedo insistentemente leggendo l’ulti-mo bel libro di poesia di Cesare Viviani, O ratocca all’imperfetto (Torino, Einaudi, 2020, pagine121, euro 11), da cui è stata tratta la poesia I gesti,la parola d’a m o re , già pubblicata nella rubrica delquotidiano «Le domande della poesia».

È chiaro fin dalle prime pagine del libro che iversi intendono procedere per verità, le poesieconsecutive, in un andamento quasi poematico eal tempo stesso dialogante. Ogni poesia sembrainiziare dove accenna la fine la precedente, manon si percepisce una reale cesura, piuttosto unaleggera sospensione, come la pausa in un ragio-namento, che raccoglie le idee, le riorganizza perun successivo pensiero. Di cosa ci parla questapoesia, perché ci riguarda? Quale coerenza etica(e conseguentemente formale) sostiene questaesperienza di Viviani (di esperienza di pensiero,aderente alla realtà, si tratta)? Viene innanzituttoda pensare alla persistente e paradossale oscilla-zione degli opposti (vita/morte, passato/presen-te/futuro, chiuso/aperto).

Il poeta stesso suggerisce che il senso della vi-ta, quello che abbiamo fatto, possa essere, è rac-chiuso nelle «oscillazioni delle messi al vento».Tuttavia, dobbiamo confessare che ci poniamosempre in bilico su un versante, quello dell’ego,così nel pieno delle energie giovanili (oggi anche“giovanilistiche”) puntiamo «al miracolo, al pro-digioso, al sovrumano», tendendo quanto piùpossibile a liberarci dell’a l t ro .

Ma se la cronaca è la «povera breve esistenzaumana, / che va in cerca di verità», bisogna ar-rendersi al fatto che nello scorrere degli attimi«il valore della vita è incomprensibile». Siamoquindi anche noi in balìa della oscillazione tragli opposti, in cui sperimentiamo, ci piaccia ono, tante specie di dolore, che non si riesce nem-meno a distinguerle; dolore che però è ripartitoequamente, tra uomini e popoli (le cronache diquesti giorni ne offrono ulteriore drammaticaconferma). Tuttavia, per istinto naturale possia-mo percepire che «c’è un punto di equilibrio ra-ro, / sfuggente, evanescente, / tra amore e rinun-cia, tra aroma e esaurimento», ma «è nel buio, anotte fonda, / che devi cercare». Allora possia-mo vedere che «dietro questo mondo/ ce ne stauno invisibile/ che lo sostiene». Anche la morteè una lente; dopo morti si vede com’è la vita ecome la si può vivere. Certo, possiamo semprerivendicare l’assoluta centralità dell’intelletto, fi-no a negare la nostra ascendenza, ma Viviani os-serva che «rifiutare Dio/ è la pena maggiore…/è pensare che ti sei fatto da solo, / che ti sei da-to la vita». E invece «forse siamo tutti — lo sivoglia o no — / figli di Dio,/ anche se non cicrediamo, / anche se non c’è un segno, uno, /che ce lo possa far credere».

La poesia di Viviani è caratterizzata da estre-ma misura, esattezza di luce, frutto di una preci-sa e laboriosa raffinazione. Così, può offrire lametafora del suo pensiero in un cancelletto mos-so avanti e indietro dal vento, ma fermo sui car-dini. Si tratta a ben vedere, di una oscillazionestabile, incardinata, si muove “app ena”, è unadinamica impercettibile, e lì trova misura l’im-perfetto. In quello iato di imperfezione trovaspazio una sorta di completezza, che non è lega-ta alla nostra fragile volontà materiale. L’imp er-fezione dunque si pone come occasione cui pos-siamo accedere consapevoli e che possiamo conanimo rinnovato, finalmente toccare.

«L’idea di scrivere di benenasce da un percorso perso-nale e professionale. Dopoanni trascorsi nella cronacanera, è arrivato un giorno cheha cambiato profondamentela mia vita». Safiria Leccesenon nasconde la commozionericordando la sua seconda vi-ta da reporter cominciataquindici anni fa. «Fui inviataa San Pietro due giorni primadella scomparsa di GiovanniPaolo II e lì sono rimasta ol-tre un mese a dare voce almondo che era in quella piaz-za», racconta. «Finito tutto,sono tornata in redazione eho ripreso a lavorare pensan-do che quella esperienza erastata solo una parentesi, cometante altre. Ma l’esp erienzavaticana aveva rappresentatoun punto di non ritorno. Tan-

to è vero che fui chiamata acondurre la Veglia di beatifi-cazione di Papa Wojtyła nel2011. E da lì ho sentito il bi-sogno di continuare nel solcodi quel momento». Ma per-ché accendere i riflettori sulmondo dell’imprenditoria inun momento difficile comequello che stiamo vivendo?«Mi sembrava la sfida piùdifficile. Ho sempre pensatoche l’imprenditore fosse dis-tante dal mondo dell’anima,ma sono andata a cercarerealtà che invece si sono mos-se negli anni, senza tanti cla-mori, a favore delle personebisognose. Realtà che hannoportato l’acqua a due milionidi persone, che in questi gior-ni stanno realizzando masche-rine e materiale disinfettanteper gli ospedali. Ho avuto

modo di conoscere alcuniprotagonisti del libro durantel’iniziativa promossa dagli im-prenditori del bene comune.È lì che ho scoperto una real-tà completamente diversa, ca-ratterizzata da un costanteimpegno di solidarietà». Sfo-gliare questo volume per unapersona che deve fare i conticon guadagni più modesti o,peggio, con la disoccupazio-ne, potrebbe essere un pro-blema? «Tutt’altro. Quellache ho conosciuto è un’e c o-nomia che salva, la stessa evo-cata da Papa Francesco.Un’economia di successo, mache ha un cuore. Storie di im-prenditori che hanno percorsouna strada (in questo momen-to di emergenza, direi l’unica)segnata dall’attenzione versoil prossimo». (davide dionisi)

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 3 aprile 2020 pagina 5

In dialogo con Pupi Avati

La Bellezzache uniscee guarisce

di ANDREA MONDA

Ieri 1° aprile il Santo Padre haofferto la messa della mattina aCasa Santa Marta «per tutticoloro che lavorano nei media,che lavorano per comunicare,

oggi, perché la gente non si trovi tantoisolata; per l’educazione dei bambini,l’informazione, per aiutare a sopportarequesto tempo di chiusura». Ha cosìrimarcato il ruolo e la responsabilitàdegli operatori della comunicazione edentro questa espressione ci sono tantepersone e tanti mondi: l’educazione deibambini, l’informazione, la letteratura, ilcinema, la televisione... Emerge dinuovo l’importanza della narrazione, delracconto di storie che accompagnano lacostruzione di una identità, personale ecomunitaria come il Papa ha affermatolo scorso 24 gennaio nel Messaggio perla Giornata Mondiale delleComunicazioni Sociali (da quil’iniziativa di questo quotidiano didedicare uno spazio settimanale alracconto come “parola dell’anno” eanche quella che sotto il titolo LaBellezza ci unisce vede impegnati insiemei Musei Vaticani e Vatican News). Ilpopolo è una “categoria mitica” secondoJorge Mario Bergoglio, nel senso chenon è un’idea ma è e vive all’interno diun racconto. Raccontare non è sololenire la solitudine e la sofferenza, e giànon sarebbe poco, ma è anche lostrumento per l’edificazione di unacomunità viva, che ha saldi radici nellamemoria e capacità di visione di unadirezione, di un destino. I testi (dallatino textum: “tessuto”) che vengonoraccontati, le storie belle di cui hasempre sete il cuore dell’uomo,contribuiscono a tessere rapporti, quei

di GA E TA N O PICCOLO

Un biglietto del treno ritrovatoper caso nella tasca di unagiacca, il contratto del primolavoro sepolto nel fondo delcassetto e tornato alla luce

durante un trasloco, la foto del matrimonioche ti soffermi a guardare mentre spolveri ilsabato mattina... sono frammenti di unastoria a cui continuamente cerchiamo di da-re un senso. Proviamo a tenere insieme i filidell’arazzo della nostra vita, quei fili cheogni tanto si lacerano, si impigliano in unchiodo, perdono colore o si macchiano conle lacrime del dolore. Quando qualcuno cichiede chi siamo, difficilmente rispondiamotirando fuori la nostra carta d’identità. Sedesideriamo consegnare qualcosa di noi,proviamo di solito a raccontare una storia.E ogni volta la storia è un po’ diversa, per-ché quei frammenti vengono messi insiemecon lo sguardo dell’oggi.

Quando ci raccontiamo, scopriamo anchequalcosa in più di noi. Lo ha intuito perprimo sant’Agostino, che scrive le sue Con-fessioni per rispondere a quella grande do-manda che sentiva di essere diventata ancheper se stesso: sono un enigma, un abisso, eper provare a comprendere qualcosa di me,cerco di raccontarmi. La narrazione può di-ventare infatti il luogo in cui riconosciamola nostra identità. Il protagonista della sto-ria raccontata da Agostino, a ben guardare,non è però il narratore, ma Dio, di cui egliconfessa la lode. Lodando Dio, l’Eterno,Agostino si comprende come creatura, chevive nel tempo. Le parole di quella lodeche incornicia il racconto della vita di Ago-stino sono sempre prese dalla Sacra Scrittu-ra, non sono cioè parole sue, ma parole cheegli ha ricevuto come dono. Come quelleparole, Agostino si riconosce donato a sestesso. Ecco perché quella narrazione per-mette ad Agostino finalmente di compren-dersi, proprio quando cerca la risposta aquella domanda non più in se stesso, ma inun Altro.

Attraverso il suo racconto, Agostino fon-da anche la possibilità di questo tipo dinarrazione: occorre tornare nell’interiorità,nella memoria. Uno spazio meravigliosoche, per la prima volta nella storia, vienepresentato nelle Confessioni come uno spa-zio tridimensionale, dove è possibile torna-re e muoversi, cercando quello che sembra

perduto, come quella donna che, nel Van-gelo di Luca, spazza la casa alla ricerca del-la moneta che non trova più.

Ci sono dunque frammenti ovvero attimidi vita, eventi, incontri e relazioni che nonsono mai perduti. È il nostro vissuto.Quando raccontiamo, torniamo sempre là,alla vita. Recuperiamo questi frammenti eproviamo a metterli insieme, operandoquella che Ricoeur chiamava una configu-razione della realtà. Il mito, cioè l’i n t re c c i o ,proprio come la trama di un vestito, imitala realtà guardata come punto di partenza.E nel modo in cui mettiamo insieme iframmenti, assegniamo al racconto un sen-so piuttosto che un altro. Lo sanno benecoloro che lavorano al montaggio di unfilm, di un documentario o di un’intervista:nel modo in cui decidiamo di cucire insie-me i pezzi, forniamo un’interpretazione aquello che vogliamo dire. E sappiamo benecome l’onestà, la coerenza e la verità entri-no in gioco proprio in questo momentodella narrazione.

perché una storia parte dal vissuto reale,tocca inevitabilmente qualcosa di noi. Pro-prio in questa dinamica, già Aristotele rico-nosceva l’efficacia della tragedia: lo spetta-tore si rivedeva nelle virtù dell’eroe o nellevicende dolorose del destino. In questomodo poteva tirar fuori, in maniera protet-ta, le pulsioni che accompagnavano quellescene. La tragedia parlava di ciascun ate-niese senza attribuire quei comportamenti anessuno in particolare. È quello che succe-de anche al Re Davide dopo il suo peccatocon Betsabea, quando il profeta Natan gliracconta una storia: quella storia non parladi Davide, parla di un uomo ricco che ave-va un gregge numeroso e che porta vial’unica pecorella di un uomo povero. Davi-de riconosce il male di quell’azione e Natanlo aiuta a rivedersi in quella storia, come inuno specchio. In fondo tutta la Sacra Scrit-tura mette in moto questa dinamica: rac-conta le dinamiche profonde del cuoreumano, affinché ciascuno, senza sentirsi di-rettamente giudicato, possa rivedersi e rico-m i n c i a re .

L’identità che emerge attraverso la narra-zione non è solo quella individuale, ma èanche l’identità di un popolo, di una cultu-ra, di una coppia... Proprio per questo mo-tivo, la narrazione può costituire un percor-so di riconciliazione: quando le parti sonoin conflitto, raccontano una storia parziale,da un certo punto di vista. Un percorso diriconciliazione può attivare invece un pro-cesso che permette di costruire insieme lanarrazione, in modo che non sia più par-ziale, ma sia il racconto in cui noi rivedia-mo la nostra storia. Oggi, ci rendiamo con-to invece che le narrazioni vengo usate inmaniera inversa, servono a costruire visioni

antagoniste che accrescono i conflitti e lecontrapp osizioni.

I racconti hanno evidentemente un pote-re enorme perché riescono a creare realtàche non esistono: creiamo personaggi, eroio vittime solo perché è molto difficile di-stinguere tra la narrazione e la realtà. So-prattutto se non abbiamo un accesso diret-to a come stanno le cose, ci affidiamo aquello che ci viene detto. Il discernimento,come Papa Francesco ricorda nel messaggioper le comunicazioni sociali del 202, rima-ne l’unico antidoto possibile per non la-sciarsi ingannare. In 1984 Orwell racconta-va come il Ministero della Verità avevaesattamente lo scopo di creare, attraverso laproduzione di documenti o l’alterazionedella memoria, una realtà che non era maiesistita. I media oggi operano spesso inquesto modo, creando, attraverso la narra-zione, eroi che non sono mai esistiti, oppu-re possono distruggere una persona con ilsemplice obiettivo di creare un nemico dicui parlare e contro cui catalizzare le pul-sioni dei lettori.

I racconti sono potenti perché, come haaffermato Agamben ne Il fuoco e il racconto,ci permettono di abitare là dove non pos-siamo più essere. Anche la fede ebraica equella cristiana si fondano su un evento acui è possibile tornare attraverso la memo-ria di un racconto: l’ultima cena in Egitto el’ultima cena di Gesù. È il memoriale me-diante il quale siamo presenti a quell’eventonon fisicamente, ma realmente.

Forse sarebbe molto proficuo tornare adare spazio ai racconti, imparare a raccon-tare e a leggere una storia. Al contrario, laperdita di questo dono potrebbe pian pia-no diventare incapacità di riconoscere chisiamo.

Pupi Avati nel suo studio

La narrazione come strumento per recuperare la propria identità

I fili intrecciatidi un arazzo lacerato

In risposta a BenjaminPoesia e «mìmesis» come fonte di conoscenza nuova

Padre Gaetano Piccolo rileggele «Confessioni» di Agostinomettendo in luce l’i n t e ra z i o n edi tre elementi chiavePreghiera, memoriaed esperienza del tempo

Ogni volta che raccontiamo, abbiamosempre in mente un ascoltatore o un lettoreo uno spettatore. Se non c’è fisicamente,abbiamo comunque in mente un interlocu-tore implicito. Scriviamo o parliamo sempreper qualcuno. Vogliamo che il nostro rac-conto sia letto in un certo modo. Muovia-mo i fili affinché si veda quello che voglia-mo mostrare. E anche in questo caso non èdifficile immaginare la manipolazione chetalvolta possiamo operare per indurre chiascolta o vede o legge a formarsi una certaidea delle cose.

Le storie dunque ci coinvolgono sempre,perché hanno un inevitabile effetto catarti-co, ci permettono di tirar fuori quello checi abita senza sentirci giudicati. Proprio

Sarebbe proficuo tornarea dare spazio al raccontoche è un dono preziosoLa cui perdita si traducenell’incapacitàdi riconoscere se stessi

Sant’Agostino in un dipinto del Settecento

legami sociali che tengono insieme unpopolo. Un popolo che oggi vive laprova dell’isolamento e della chiusura. Èallora proprio questo il tempo diesercitare il ruolo di comunicatori conun senso ancora più forte dellaresponsabilità, proprio per il benecomune, per la “salute” di questopopolo. Bene ha fatto su questi temi ilregista Pupi Avati che ha scritto unatoccante lettera spedita al «Corrieredella Sera» il 27 marzo scorso in cuichiedeva ai comunicatori di approfittaredi «questo tempo sospeso fra il reale el’irreale, come in assenza di gravità»,come di una «speciale opportunità perprovare a far crescere culturalmente ilpaese stravolgendo davvero i vecchiparametri, contando sull’effettoterapeutico della bellezza». Moltointeressante anche la risposta delpresidente della Rai Marcello Foa incui, accogliendo la proposta di Avatiper un salto di qualità, ha osservato che«la cultura non può essere circoscritta areti dedicate, ma deve attraversare tuttala produzione Rai attraverso unasensibilità diffusa (…) avendo cura diogni fascia di età (…) con un’attenzionespeciale verso la popolazione più fragilee più debole». È vero: la bellezza ha uneffetto terapeutico e insieme, la culturae la bellezza, non sono una pietanza chesi può più o meno mangiare a fianco adaltre pietanze anche molto “imp ortanti”,come la salute, l’economia, la politica...ma sono piuttosto un condimento, comeil sale, come l’olio, che accompagnanoogni pietanza, ogni cibo, ogni momentoe ogni ambiente della nostra esistenza,arricchendolo di colore, sapore, senso.Di questo sale abbiamo sempre bisognoe oggi più che mai, in questi giorni dichiusura forzata; sta a noi comunicatoriil compito di fornire di questo sale e,prima di ancora, come ricorda ilVangelo, di esserlo.

di LUCA M. PO S S AT I

«G ran parte dei nostriproblemi nasconodalla difficoltà di ca-pire chi siamo. Letensioni sociali, le

crisi politiche, i conflitti e le eresie sono perlo più questioni di identità». Inizia così, inmaniera semplice ma folgorante, il libro delgesuita Gaetano Piccolo, intitolato Il giocodei frammenti. Raccontare l’enigma dell’identi-tà (Cinisello Balsamo, San Paolo edizioni,2020, pagine 144, euro 16). La risposta aquesta domanda, suggerita da Agostino, èquella più immediata e complessa: il rac-conto, l’identità passa attraverso la narra-zione. Ma raccontare, oggi, è ancora possi-bile? Nel famoso saggio Il narratore, WalterBenjamin aveva denunciato la morte delracconto. Benjamin scriveva negli anniTrenta del Novecento, con la chiara consa-pevolezza di vivere un’epoca di trasforma-zione culturale nella quale al racconto si erasostituita l’ideologia, il feticismo politico,gli slogan: il riflesso di un’esperienza pove-ra e strumentalizzata. Un’epoca in fondomolto simile alla nostra, dove il senso delracconto come luogo della memoria perso-nale e collettiva, espressione di un’esp erien-za autentica, accumulata e condivisa, è irri-mediabilmente in crisi.

Il libro di Piccolo è una sfida alla dia-gnosi di Benjamin: il racconto non è morto,anzi, oggi è più necessario che mai. L’iden-tità umana passa attraverso il racconto e adesso deve costantemente fare ritorno. Èdunque un compito tutt’altro che meramen-te teorico quello di cercare di capire qualisono le condizioni dell’atto del narrare equindi le sue trasformazioni. Piccolo svilup-pa un percorso nel quale si intrecciano filo-sofia, teologia, esegesi dei testi sacri e so-prattutto letteratura perché «molti autoricontemporanei hanno mostrato come sipossa avviare una riflessione su argomentitradizionalmente patrimonio della filosofiaproprio a partire da un racconto». Giusta-mente Piccolo prende come punto di par-tenza il saggio di Agamben Il fuoco e il rac-conto, centrato su una parabola ebraica chedice: «Non sappiamo più accendere il fuo-co, non siamo capaci di recitare le preghieree non conosciamo nemmeno il posto nelbosco: ma di tutto questo possiamo raccon-

tare la storia». La narrazione nasce dallaperdita del fuoco: da una dimenticanza cheproduce una tensione creativa, la stessa ten-sione che è alla radice della letteratura edella poesia.

Quel che colpisce di più nel libro di Pic-colo è la struttura sinfonica. L’inizio è ob-bligato: Agostino, il primo ad aver esplora-to le possibilità del racconto come forma dicostruzione dell’identità. Il secondo capito-lo del libro è interamente dedicato alle Con-fessioni. Piccolo, specialista di Agostino, nedà una lettura molto originale, mettendo inluce l’interazione dinamica di tre elementichiave: la preghiera, la memoria e l’esp e-rienza del tempo. «La meditazione di Ago-stino è sì un gemito, ma pieno di speranza.A differenza del carattere meramente apore-tico degli scettici, Agostino non escludequalche importante certezza». Il risultato diquesta interazione dinamica è la confessio,che non è semplicemente una cronaca deipropri stati mentali, ma un testo che va ol-tre il testo perché si rivolge a ogni uomoindicandogli la via per ritrovare l’autenticosé, cioè il riconoscimento dell’altro — enell’altro —. Questo è il senso vero dellaconfessio: donarsi all’altro fino al riconosci-mento dell’Altro in sé.

Il secondo tempo di questa sinfonia èAristotele, al quale è dedicato il capitoloterzo. Con la critica della filosofia dell’artedi Platone, lo Stagirita considera la mìmesispoetica il principio di un’attività che defini-sce tèchne e che egli considera, a differenzadi Platone, un sapere del vero. La poesia èimitazione dell’agire, un’intelligenza praticae «il valore di verità che essa possiede simisura proprio sulla sua capacità di distan-ziarsi dalla realtà empirica più immediata(anche la narrazione storica è intesa da Ari-stotele come forma di mìmesis, sebbene me-no elaborata) e accedere per questa via aun livello di realtà più alto». La mìmesis ari-stotelica — e la tragedia ne è la forma piùcompleta — non è una semplice copia dellarealtà, ma un atto creativo che si esplica nel

mùthos, cioè la composizione. La tragediagreca è una sintesi creativa che cerca dimettere ordine nel caos della vita umana e,in tal modo, purificare lo spettatore.

Ricoeur è il terzo grande attore del libro.Il cuore di Tempo e racconto, scrive Piccolonel capitolo quarto, è un dialogo serrato traAgostino e Aristotele. Se il primo rappre-senta l’aporeticità dell’esperienza temporale,cioè l’impossibilità di arrivare a una sintesitemporale piena e assoluta, il secondo rap-presenta invece l’intelligenza narrativa chepunta alla sintesi dell’azione. Se il tempo è

zione del racconto sta nell’incontrare il let-tore; nella capacità di offrire al lettore una“proposta di mondo” che ri-descrive la suaesperienza e il suo agire. Il circolo è in real-tà una spirale che non torna mai al puntodi partenza. In altre parole, il testo è aper-to, è relazione e il ruolo del lettore è fonda-mentale: come dice Eco, citato da Piccolonel capitolo quinto, il testo è pigro e ha bi-sogno di qualcuno che lo aiuti a funziona-re. Al di là delle dense e originali analisi te-stuali, il principale merito del volume diPiccolo sta nella capacità di mettere in ri-salto l’intelligenza non solo del racconto,ma soprattutto della poesia intesa come«esperienza di ispirazione, cioè dove in mo-do più evidente l’essere si dona come paro-la». La poesia «è quel racconto così origi-nario da rimetterci in relazione con la di-mensione più profonda dell’esistenza, làdove comprendiamo che l’esistenza ci vienedonata e che siamo incapaci di afferrare lavita. Il poeta sperimenta questa mancanza equesto dono, quando non trova la parolagiusta per continuare il verso che ha inizia-to. Là dove manca la parola, l’essere si do-na». Grazie alla sua capacità di allontanarsidai fenomeni, dall’immediatezza della de-scrizione, la poesia amplifica la nostra capa-cità di comprendere l’esperienza e l’azionee di interpretarle. La “amplifica” in duemodi specifici: da un lato, conferendoall’esperienza e all’azione un senso nuovo ecreativo, dall’altro, dicendoci che cos’è lasaggezza, come si deve vivere e che cosa èbene fare perché il fine della pràxis non è laconoscenza, ma è vivere bene e attuare imezzi che ce lo consentono».

In questo, Piccolo mostra di cogliere allaperfezione uno dei punti nodali dell’inse-gnamento di Papa Francesco: la centralitàdella poesia. «Credo che all’O ccidentemanchi un po’ di poesia in più. Ce ne sonodi cose poetiche bellissime, ma l’Oriente vaoltre» diceva il Papa nella conferenza stam-pa con i giornalisti durante il viaggio di ri-torno da Tokyo a Roma. La salvezzadell’Occidente passa attraverso la poesia eil racconto. Ma non può essere una salvez-za “cieca”: dall’altra parte del testo devonoesserci lettori degni di questo nome, capaciancora di stupirsi di fronte al linguaggio edi metterlo in discussione. Non c’è poesiané racconto senza responsabilità verso noistessi e gli altri.

enigmatico, l’atto del narrare è un tentativodi rispondere a questo enigma. Tentativosempre incompiuto, ma necessario all’uomoper dare senso al proprio agire e alla pro-pria esistenza. «Il mondo dispiegato daqualsiasi lavoro narrativo è sempre un mon-do temporale. Il tempo diviene tempoumano nella misura in cui è articolato inmodo narrativo». Nell’illustrare questa cir-colarità aporetica, Piccolo ripercorre la fa-mosa teoria della triplice mìmesis, che altronon è se non una riformulazione del con-cetto gadameriano di circolo ermeneutico:l’atto sintetico dell’immaginazione creatricedà luogo a una configurazione dell’i n t re c c i oil cui senso sta nell’essere una mediazionetra il mondo dell’azione e il mondo del let-tore. Qui sta l’originalità profonda di Ri-coeur: il circolo non è un circolo. La fun-

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazioneperché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:storie che edifichino, non che distruggano;storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme»

(Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali 2020)

Page 6: La preghiera del Papa per i senzatetto “p a rc h e g g i a ...€¦ · la paura non chiudiamoci in noi stessi «La Chiesa veglia con ciascuno. È vicina a chiunque soffra e sia

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 venerdì 3 aprile 2020

L’ospedale allestito alla Fiera di Milano affidato all’intercessione di un frate medico lombardo e di un monaco eremita libanese

I santi guaritoriDichiarazione congiunta di Comece e Cec

Tempo di riscoprirei valori dell’unità europea

Allarme di Caritas italiana

In forte aumentole richieste di aiuto

di GIANNI VALENTE

I l primo “miracolo umano” lohanno fatto quelli che hanno co-struito il nuovo Padiglione del

Policlinico in Fiera, l’ospedale d’ec-cellenza allestito in pochi giornipresso la Fiera di Milano, riservatoai malati colpiti dal coronavirus checominceranno a trovarvi ricovero neiprossimi giorni. Ma di miracoli neserviranno altri. Si tratterà di invoca-re i santi, perché sono fatti per que-sto. E allora malati, medici e infer-mieri potranno chiedere aiuto anchea due santi speciali. Uno, di quelleparti, è Riccardo Pampuri (1897-1930), il giovane medico di Trivolzioentrato nei Fatebenefratelli, l’o rd i n eche prescrive come quarto votol’ospitalità e l’assistenza ai malati. Ilsecondo invece viene da più lontano:è il monaco eremita libanese Char-bel Makhluf (1828-1898), canonizza-to nel 1977 dal lombardo Papa Mon-tini. Il 30 marzo, durante il rito dibenedizione della nuova struttura sa-nitaria, l’arcivescovo di Milano, Ma-rio Enrico Delpini, ha affidato «que-sto luogo di cura e di speranzaall’intercessione del santo medico efrate Riccardo Pampuri e del santomonaco taumaturgo libanese Char-bel Makhluf», dopo aver rivolto a«Maria, madre degli infermi, la no-stra supplica per ottenere la divinabenedizione su questo ospedale, suquanti lo hanno progettato e allesti-to, sui malati che vi saranno accoltie su quanti si prodigheranno a loroservizio».

Riccardo Pampuri è un santo caroe familiare per tanti cattolici lombar-di, che da generazioni conoscono lapotenza dei miracoli avvenuti persua intercessione, e trovano confortonella sua santità intessuta nell’umilefatica quotidiana, che in vita era ri-fulsa soprattutto nella bontà premu-rosa con cui trattava i malati. Piùsingolare appare la scelta del santo

monaco libanese Charbel come co-patrono del posto che da qui a po-chi giorni si riempirà di sofferenze,speranze, fatiche e attese di guari-gione di tanti uomini e donne aggre-diti dal nemico invisibile della pan-demia. Eppure proprio l’atto di affi-damento a Makhluf compiuto damonsignor Delpini lascia intravederele vie intime e silenziose con cui nel-la Chiesa il sensus fidei attinge al gia-cimento inesauribile della comunio-ne dei santi, godendo di incontriinattesi e intrecciando prossimitàgratuite, senza bisogno di istruzioniper l’uso o adesioni a contorti per-corsi di “ricerca spirituale” o rg a n i z -zata.

«Quando sono arrivato a Milano,nel 2016, per occuparmi della primachiesa cittadina messa a disposizione

della comunità maronita — raccontail sacerdote maronita libanese As-saad Saad — ho pensato: il 24 lugliocelebro la festa di san Charbel e poivado un po’ in vacanza. Ma quelgiorno, la chiesa cominciò a riempir-si fin dalle prime ore del mattino diuna moltitudine di persone. E nonerano maroniti libanesi. Io ero arri-vato da poco, nessuno ancora mi co-nosceva. Fino a quel momento, lagente si affacciava e ci chiedeva sequella di Santa Maria della Sanità invia Durini era ancora una chiesa cat-tolica. Ma quel giorno, mi accorsiche anche l’Italia è disseminata dicenacoli di preghiera di devoti a sanCharbel. Quella mattina tanti di lo-ro erano venuti senza che nessuno liavesse organizzati. E da allora conti-nua il via vai di tante persone. Pri-

ma della pandemia, venivano anchetanti malati che dal sud Italia saliva-no a Milano per le cure oncologi-che. Chiedevano di venerare le reli-quie del santo, prima di entrare inosp edale».

Lo scorso luglio, a celebrare la fe-sta di san Charbel nella parrocchiamaronita di Milano è andato l’a rc i -vescovo Delpini. Negli ultimi anni,dopo un pellegrinaggio di sacerdotiambrosiani in Libano, è cresciuta an-che tra le parrocchie milanesi la fa-miliarità con il santo maronita e conla sua fama di santo taumaturgo. Al-la sua intercessione sono collegateinnumerevoli guarigioni, corporali espirituali, di persone cristiane e mu-sulmane. Tra i miracoli più sorpren-denti attribuiti alla sua intercessionec’è quello riguardante Nouhad alChami, madre di dodici figli, chestava per morire a causa di un’emi-plegia con doppia ostruzione dellacarotide, e che il 22 gennaio 1993 fuoperata nella sua stanza di notte dal-lo stesso san Charbel, apparsole insogno. La mattina dopo, i medicitrovarono sul collo della donna duecicatrici, una delle quali ricucita conun pelo della barba del santo, e veri-ficarono che le ostruzioni ai vasi san-guigni all’origine della paralisi eranostate rimosse.

Ora il santo libanese affiancherà ilsanto medico lombardo lungo lestrade del dolore e dell’attesa di gua-rigione che passeranno per il padi-glione medico allestito alla Fiera diMilano. «La crisi pandemica è glo-bale», ricorda padre Assaad, e forsel’aver affiancato il libanese Charbelal lombardo Pampuri suggerisce chec’è un orizzonte e un’ampiezza glo-bale anche nell’intercessione dei san-ti di cui ora abbiamo bisogno. Que-sti due santi instancabili ci rassicura-no e ci danno conforto per la famadi grandi intercessori e la sollecitudi-ne pronta per il popolo di poveriche rivolge a loro le sue suppliche».

BRUXELLES, 2. L’emergenza coro-navirus che ha colpito a piena for-za l’Europa e il mondo intero, met-tendo alla prova ciascuna persona,famiglia e comunità, non deve im-pedirci «di riscoprire la nostraumanità comune come fratelli e so-relle». È l’invito contenuto nelladichiarazione congiunta del cardi-nale Jean-Claude Hollerich, arcive-scovo di Lussemburgo e presidentedella Commissione degli episcopatidell’Unione europea (Comece), edel presidente della Conferenzadelle Chiese europee (Cec), Chri-stian Krieger, nel contesto dellapandemia covid-19 che ha causatocosì tante vittime.

In uno dei periodi più duri perl’umanità, si sottolinea, occorre ri-manere uniti e «dimostrare impe-gno verso i nostri valori europei»non lasciandoci abbattere dal dolo-re e «capitolare alla paura e al na-zionalismo» ma seguendo l’esem-pio di quanti «stanno seminandosperanza ogni giorno, esercitandocarità e solidarietà». Il pensiero digratitudine è rivolto a «tutti coloroche servono il prossimo con empa-tia e calore, supportandolo in ma-niera generosa: medici, infermieri,fornitori di servizi basilari, forzedell’ordine, personale della giusti-

zia e persone coinvolte nell’assi-stenza pastorale».

Solidarietà viene manifestata an-che e soprattutto a coloro che stan-no soffrendo in questi tempi dram-matici, «i malati, gli anziani, i po-veri, gli esclusi ed i bambini chesperimentano l’instabilità familia-re» con un ricordo nella preghieraper tutti quelli che hanno perso laloro battaglia con il virus.

La dichiarazione prosegue connote di elogio per le tante iniziati-ve individuali e collettive «chestanno reinventando nuove formedi solidarietà e nuovi modi di con-divisione», e i numerosi interventipolitici di supporto reciproco tragli stati europei i quali vengono in-coraggiati a continuare e ad agire«in maniera determinata, traspa-rente, empatica e democratica».Espressioni concrete di questa con-dotta virtuosa, suggerisce il docu-mento, potrebbero essere ad esem-pio una facilitazione dello scambiodi materiali medici e misure creati-ve volte ad alleviare gli shock so-ciali, economici e finanziari. Anchecosì, conclude il documento, nelnostro percorso quaresimale versola Pasqua, possiamo guardare «aquesto tempo di prova anche comead un tempo di grazia e speranza».

ROMA, 2. Richieste di aiuti alimen-tari aumentate dal 20 al 50 percento a causa dell’emergenza coro-navirus e oltre due milioni di eurodei dieci messi a disposizione dallaConferenza episcopale italiana uti-lizzati dalle 218 Caritas diocesane

per interventi di prima emergenza.Sono i dati forniti da Caritas italia-na che ha precisato inoltre che altriquattro milioni di euro saranno de-stinati alle attività delle Caritasdiocesane maggiormente colpitedalla pandemia. I servizi, viene sot-tolineato, sono stati rimodulati inpasti da asporto, pacchi a domici-lio, empori, buoni spesa mentre icentri per i senza dimora sono statiin parte trasformati in comunitàprotette oppure ridistribuiti su piùs t ru t t u re .

Tra i tanti interventi nelle variediocesi italiane, significativo l’avviodi servizi di ascolto, per via telema-tica o telefonica, con un’attenzionein particolare ad anziani e malati,ma anche come sostegno psicologi-co per quanti sono provati e diso-rientati dalla pandemia. Iniziativesono sorte anche a favore di noma-di e circensi costretti alla stanziali-tà, e di sostegno a carcerati comead esempio accoglienza in caso didimissioni dalle strutture o, per chipuò usufruire di pene alternative,supporto nelle necessità ordinariedata la sospensione delle visite deifamiliari. Non mancano poi inizia-tive rivolte alla povertà educativa,in particolare quella riguardante iminori, con un sostegno allo studioe alla didattica a distanza; e quelleche affrontano la difficile situazio-ne dei migranti e richiedenti asilo acausa della sospensione di tirocinie percorsi di inserimento e integra-zione. Sessantacinque diocesi han-no anche messo a disposizione pro-prie strutture per l’accoglienza dioltre mille persone tra medici, in-fermieri, persone in quarantena esenza fissa dimora.

Ampliatala mensa

Giovanni Paolo IIa Colle Oppio

ROMA, 2. Grazie alla collabora-zione con la Croce rossa italia-na, la mensa Giovanni Paolo IIgestita dalla Caritas di Roma aColle Oppio potrà contare suspazi supplementari. Gli ospiti,infatti, potranno consumare pa-sti in tutta sicurezza in un ten-done, realizzato grazie all’imp e-gno di volontari che hanno la-vorato per tutta la giornata dimercoledì 1 aprile. La mensa,che quotidianamente è frequen-tata da circa novecento persone,normalmente svolge serviziodiurno e mette a disposizionecento posti per il pranzo. Perl’emergenza dovuta alla pande-mia di coronavirus è stata decisaanche l’apertura serale, diven-tando ancora di più quell’“ap-prodo di salvezza” come l’ha de-finita Papa Francesco.

L’appello dell’arcivescovo ortodosso di Tirana, Durrës e tutta l’Albania

Globalizzazione della solidarietàTIRANA, 2. «Compostezza, sobrietà,attenta preoccupazione e costanteosservanza delle istruzioni e delle di-rettive sanitarie dei governi respon-sabili»: questo è l’atteggiamentoconsigliato ai suoi concittadini dal-l’arcivescovo di Tirana, Durrës e tut-ta l’Albania, Anastasio, mentre lapandemia da coronavirus ha iniziatoa colpire anche il paese balcanico.«Dobbiamo evitare il panico, la de-pressione e la disperazione», affermail presule, convinto che «la fede el’amore sono le armi difensive piùpotenti contro l’attacco di questo vi-rus invisibile». «So che anche altreChiese hanno invitato i propri fedelia seguire questa via», aggiunge,esprimendosi in un’intervista diffusadal sito Internet del World Councilof Churches (Wcc).

L’arcivescovo ortodosso richiamal’attenzione sul messaggio indirizza-to dalla sua Chiesa «alla societàmulti-religiosa dell’Albania», tra-smesso dai mass media del paese,nel quale «si è sottolineato che, purrimanendo all’interno delle nostrecase, noi dobbiamo far sì che non simanifestino espressioni di irritazionee contrarietà, e che bisogna incorag-giare invece la creatività, un atteg-giamento conciliante, la gentilezza,la comprensione, l’affetto e l’a m o re » .In particolare, tutti i credenti sonoinvitati a «intensificare la loro pre-ghiera affinché non si protraggaquesto periodo di prova, possanoguarire coloro che sono gravementecolpiti e si limiti la diffusione dellapandemia». «Preghiamo ancora piùintensamente Dio affinché illumini iricercatori per identificare le terapieadeguate — prosegue Anastasio — al-la fine della crisi scaturirà qualcosadi buono e speriamo che le societàumane riesaminino i loro valori e leloro priorità».

È altresì importante, insiste l’a rc i -vescovo di Tirana, Durrës e tuttal’Albania, che «nella coscienza dellacomunità vi sia la consapevolezzache i servizi continuano ad essere ce-lebrati nelle cappelle in tutte le dio-cesi, a porte chiuse — come candelesimboliche. Non è soltanto il coro-navirus ad essere contagioso, dob-biamo ugualmente trasmettere inmodo gioioso quella libertà dallapaura e dall’ansia basata sulla fede esull’a m o re » .

«Dobbiamo trovare il modo di as-sistere i malati direttamente o indi-rettamente; aiutare le loro famiglie ei loro figli se non sopravvivono — in-dica Anastasio — naturalmente, ab-biamo anche il compito di aiutaretutti gli operatori sanitari, che sonoquotidianamente a contatto con il vi-rus, esprimendo incessantemente lanostra gratitudine attraverso la pre-ghiera e seguendo le loro raccoman-dazioni».

Inoltre, avverte il presule, «sareb-be un grande errore discriminare oporre uno stigma su coloro che sono

colpiti da questa malattia». Anzi,«questa avventura li porta allo statusdi “più piccolo dei piccoli” a cuiCristo fa riferimento nella paraboladel Giudizio finale (Ma t t e o , 25). Ilnostro atteggiamento verso questinuovi casi di “più piccolo dei picco-li” è il nostro atteggiamento versoCristo stesso».

«La pandemia non è locale; è glo-bale», afferma poi Anastasio, «per-tanto, anche la risposta deve espri-mersi attraverso una solidarietà glo-bale al fine di realizzare una “globa-lizzazione della solidarietà”. I paesi

più ricchi hanno la responsabilità diassistere i paesi più poveri, comel’Albania, che subiranno conseguen-ze più acute nei problemi finanziarie sociali». «Dato che siamo nel pe-riodo di preparazione alla Pasqua —conclude — ricordiamo che il Cristocrocifisso e risorto ha offerto pace aisuoi discepoli e li ha liberati dallapaura, promettendo loro che sarebberimasto con loro attraverso tutte ledifficoltà fino alla fine dei tempi.Dobbiamo accrescere la fiducia nellasua presenza, nella certezza che nonci abbandonerà nella nostra prova».

Venerdì a Mosca la processione guidata dal patriarca Cirillo per invocare la fine della pandemia

Con l’icona della Vergine cara a san Serafino

di GI O VA N N I ZAVAT TA

Serafino di Sarov, forse il santopiù amato dagli ortodossi rus-si, la chiamava «Gioia di tutte

le gioie». Non se ne separava mai.La custodiva nella sua cella, invo-candola tutti i giorni. Nel pomerig-gio di domani, venerdì 3 aprile, at-traverserà le vie di Mosca affinchéinterceda per la liberazione dal co-ronavirus. Sarà il primate Cirillo,alle ore 16, a guidare la processione(ridotta ai minimi termini) che con-durrà l’icona della Madre di Diodella Tenerezza dalla chiesa all’in-terno della residenza patriarcale allacattedrale dell’Epifania in Elochovodove, alle 18, presiederà la divina li-turgia con la preghiera alla beataVergine Maria. Come riferisce il Di-partimento sinodale per le relazionidella Chiesa con la società e i me-dia, Cirillo ha lanciato un appelloai fedeli affinché seguano la proces-sione «restando nelle proprie case»e a pregare insieme iniziando conl’Acatisto, l’inno alla santissimaTheotokos, aggiungendo una pre-ghiera per scacciare il virus.

Il monaco Serafino, al secoloPróchor Isídorovič Mošnín (1759-1833), trovò l’icona nella foresta diSarov e da allora la venerò comemiracolosa. Si narra che la sera pri-ma della sua morte fu sentito canta-

re gli inni di Pasqua e il mattino se-guente venne trovato inginocchiatodavanti all’icona della Madre diDio della Tenerezza con le mani in-crociate sul petto e gli occhi chiusi.Successivamente l’immagine — un

dipinto di 67 x 49 centimetri realiz-zato su una tela tesa in una cornicedi cipresso — fu trasferita nel con-vento femminile di Diveevo, ren-dendolo da allora un’imp ortantemeta di pellegrinaggio per i fedeli

ortodossi russi; c’è chi,già nel XIX secolo, facevacentinaia di chilometriper adorare l’icona. Nel1927 il monastero di Di-veevo fu chiuso dai bol-scevichi ma l’immaginevenne salvata e segreta-mente custodita per de-cenni da persone pie. Fi-no al giugno 1991 quandol’allora patriarca di Mo-sca Alessio II la fece tra-sferire nella chiesa dellaresidenza patriarcale. Unavolta all’anno, in occasio-ne della festa dell’Elogiodella Beata Vergine Maria(il quinto sabato dellaGrande Quaresima), l’ico-na della Tenerezza di sanSerafino-Diveevo vieneportata fuori per il cultouniversale verso la catte-drale dell’Epifania in Elo-chovo (per decenni chiesapatriarcale). Domani conun motivo, eccezionale, inpiù.

L’arcivescovo Delpini benedice la nuova struttura ospedaliera

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 3 aprile 2020 pagina 7

NOSTRE INFORMAZIONI

Nomine episcopali

Intervista con il Segretario di Stato Pietro Parolin: c’è davvero bisogno di pregare e di impegnarci, tutti, affinché non venga mai meno la solidarietà internazionale

Nonostante la pauranon chiudiamoci in noi stessi

di ANDREA TORNIELLI

«L a Chiesa veglia con cia-scuno. È vicina a chiun-que soffra e sia nel biso-

gno». Il Segretario di Stato PietroParolin esprime così la prossimitàdella Chiesa in questo tempo dram-matico che l’umanità sta vivendo acausa della pandemia. Il cardinale,in questa intervista con i media vati-cani, invita a non far mai venir me-no «la solidarietà internazionale»:nonostante l’emergenza e la paura,«è il momento di non chiuderci innoi stessi».

Come stanno vivendo il Papa e la Cu-ria romana questo momento di emer-genza?

Stiamo condividendo con tutte lepersone un momento difficile. Permolti è un momento drammatico.Penso agli ammalati, agli anziani so-prattutto, ai morenti, ai loro familia-ri. Siamo nel tempo della veglia pa-squale. La Chiesa veglia con ciascu-no. È vicina a chiunque soffra e sianel bisogno. Abbiamo bisogno di es-sere liberati dalla prigionia del tem-po vissuto nella frustrazione, dallaminaccia della malattia e della mor-te. «Lazzaro vieni fuori!» (Gv 11,43), è il grido che risuona nel tem-po, in questo particolarmente, affin-ché esso sia un tempo nuovo dellavita e dello spirito. Il Santo PadreFrancesco sta cercando tutti i modipossibili per essere vicino alla gente,nel mondo intero. Per lui il contattocon le persone è sempre stato fonda-mentale e, anche se in maniera nuo-va e inedita, intende mantenerlo. Ladiretta quotidiana della Santa Messaa Santa Marta ne è un segno concre-to. La preghiera costante per le vitti-me, i loro familiari, il personale sani-tario, i volontari, i sacerdoti, i lavo-ratori, le famiglie è un altro segnoconcreto. Noi tutti collaboratori cer-chiamo di aiutarlo a mantenere icontatti con le Chiese di tutti i Paesidel mondo.

Che cosa ci sta insegnando questa vi-cenda drammatica, che sta colpendo lefamiglie, sta cambiando la vita dellepersone e che provocherà gravi contrac-colpi anche sul sistema economico?

Stiamo vivendo un dramma desti-nato ad avere rilevanti conseguenzesulle nostre vite. Innanzitutto, venia-mo messi di fronte alla nostra fragili-tà e alla nostra vulnerabilità. Ci ren-diamo conto che noi non siamocreatori, ma siamo povere creature,che esistono perché Qualcuno donaloro in ogni istante la vita. Non nesiamo i padroni assoluti. Basta unnonnulla, un nemico misterioso e in-visibile, per farci soffrire, per farciammalare gravemente, per farci mo-rire. Ci ritroviamo piccoli, insicuri,indifesi, bisognosi di aiuto. Siamoinoltre messi di fronte all’essenziale,a ciò che conta davvero. Ci viene of-ferta la possibilità di riscoprire il va-lore della famiglia, dell’amicizia, deirapporti interpersonali, delle fre-quentazioni che normalmente trascu-riamo, della solidarietà, della genero-sità, della condivisione, della vici-nanza nella concretezza delle piccolecose. Abbiamo bisogno gli uni deglialtri e abbiamo bisogno di comunitàe società che ci aiutino a prendercicura gli uni degli altri. Io credo infi-ne che questo è un momento oppor-tuno per tornare a Dio con tutto ilcuore, come ci ricordava Papa Fran-cesco nel momento straordinario dipreghiera del 27 marzo scorso equalche giorno prima ancora nel Pa-dre Nostro “ecumenico”, pregato as-sieme a tutti i cristiani del mondo.

Quale sguardo ci aiuta ad avere sullarealtà di questi giorni la fede cristiana?

La fede cristiana è l’irruzione diDio nella storia dell’uomo. Dio chesi fa carne, Dio che viene a condivi-dere tutto della nostra esistenza,fuorché il peccato, ed è disposto apatire e morire per salvarci. Ci stia-mo preparando a celebrare la Pasquain questa Quaresima così particolare:Gesù risorge, vince la morte, dona lavita. Lo sguardo di fede, in questitempi difficili, ci aiuta ad abbando-narci sempre di più a Dio, a bussarealla sua porta con la nostra incessan-te preghiera affinché abbrevi questotempo di prova. Ci aiuta a vedere iltanto bene che ci circonda e che vie-ne testimoniato da molte persone.Conforta toccare con mano la creati-vità pastorale, già ricordata da PapaFrancesco, di Vescovi, sacerdoti, reli-giosi, religiose e l’impegno di tantilaici. Sono la “vo ce” del Vangelo.

Così come lo sono tutti coloro (daimedici agli infermieri, ai volontari)che combattono la malattia. Credofaccia bene vedere come la Chiesa,che vive immersa nella realtà dellasua gente, cerca e trova mille strade,usando tutti i mezzi possibili, perfar sì che le persone non siano sole,possano pregare, possano ricevereuna parola di conforto. Mi ha colpi-to che, pur nel dramma attuale, sitrovi il modo di esprimersi — adesempio con la musica e il canto —per essere insieme. Mi piacerebbeche ciò potesse avvenire in qualchemodo anche per le parrocchie. Sa-rebbe bello se tutte le chiese, allastessa ora, ad esempio a mezzogior-no, suonassero le loro campane perun minuto; e che questo loro suonofosse un richiamo a pregare insiemeanche se fisicamente lontani...

Che cosa può dirci sulla situazione sa-nitaria dei dipendenti della SantaSede?

Come sapete allo stato attuale so-no sette i casi di positività conclama-ta al covid-19. A inizio marzo c’erastato il caso di una persona che ètransitata negli ambulatori del no-stro servizio sanitario per degli esa-mi medici in vista di un impiego inCuria. A questo primo caso, nellescorse settimane se ne sono aggiuntialtri sei. Tutti hanno superato la fasecritica e ora stanno migliorando.Ovviamente come in Italia e in tuttii Paesi del mondo, monitoriamo lasituazione giorno per giorno, ora perora, grazie all’impegno dei nostrimedici e infermieri.

Che cosa sta facendo concretamente laSanta Sede in questo momento per aiu-tare le Chiese del mondo?

La Santa Sede, attraverso i suoiDicasteri, si impegna a mantenere icontatti con le Chiese particolari,cercando di aiutare, per quanto èpossibile, le popolazioni particolar-mente colpite dalla diffusione delcoronavirus, indipendentemente dal-l’appartenenza religiosa o nazionale,come sempre ha fatto. Da quando ècominciata l’emergenza sanitaria a li-vello globale, il Santo Padre stessoha voluto esprimere la sua vicinanzae solidarietà alla popolazione cinese,inviando un dono all’o rg a n i z z a z i o n ecaritativa JindeCharities e alla Dioce-si di Hong Kong, e successivamenteanche all’Iran, all’Italia e alla Spa-gna. E sono allo studio diverse ini-ziative per dare concretezza alla soli-darietà e per testimoniare la carità.

Le Messe e le altre celebrazioni — com-presi i funerali — sono sospese, ma lechiese sono quasi dovunque ancoraaperte. Che cosa significa questo? Checosa si sente di dire ai credenti che nonpossono ricevere i sacramenti?

La sospensione delle celebrazionisi è resa necessaria per evitare gli as-sembramenti. Ma in quasi tutte lecittà le chiese restano aperte ed iospero che siano riaperte al più prestoanche quelle che eventualmente fos-sero state chiuse: vi è la presenza diGesù Eucaristia, i sacerdoti conti-nuano a pregare e a celebrare laSanta Messa per i fedeli impossibili-tati a parteciparvi. È bello pensareche la porta della casa di Dio rima-ne aperta, come sono aperte le portedelle nostre case, anche se siamo for-temente invitati a non uscire se nonper cause di forza maggiore. La fa-miglia è Chiesa domestica, possiamopregare e prepararci alla Pasqua se-guendo le liturgie e le preghiere allatelevisione. Ai tanti credenti che sof-frono di non poter ricevere i Sacra-menti vorrei dire che condivido il lo-ro dolore, ma ricordare, ad esempio,la possibilità della comunione spiri-tuale. Papa Francesco, inoltre, trami-te la Penitenzieria Apostolica, haconcesso il dono di speciali indul-genze ai fedeli, non solo ai colpitidal covid-19, ma anche agli operatorisanitari, ai familiari e a tutti coloroche a vario titolo, anche con la pre-ghiera, si prendono cura di essi. Mac’è anche un altro aspetto che in untempo di vigilia come questo va evi-denziato e rafforzato. Ed è possibilea tutti. Pregare con la Parola di Dio.Leggere, contemplare accogliere laParola che viene. Dio ha riempitocon la sua Parola il vuoto che ci spa-venta in queste ore. In Gesù Dio siè comunicato, Parola piena e defini-tiva. Non dobbiamo semplicementeriempire il tempo, ma ricolmarci del-la Parola.

Uno dei drammi di questi giorni è rap-presentato dalla solitudine. Nei reparticovid-19 si muore soli, senza il confortodei propri parenti impossibilitati ad en-trare nelle stanze di terapia intensiva.Come può la Chiesa manifestare la suavicinanza alle persone?

È una delle conseguenze dell’epi-demia che, in un certo senso, mi

sconvolge. Ho letto e ascoltato rac-conti drammatici e commoventi.Quando purtroppo non è possibilela presenza del sacerdote al letto dichi è in punto di morte, ogni battez-zata e ogni battezzato può pregare eportare conforto, in forza del sacer-dozio comune ricevuto con il Sacra-mento del Battesimo. È bello edevangelico immaginare in questotempo difficile, che in un qualchemodo, anche le mani dei medici, de-gli infermieri, degli operatori sanita-ri, che ogni giorno consolano, guari-scono o accompagnano nell’ultimomomento di vita questi malati, di-ventino le mani e le parole di tuttinoi, della Chiesa, della famiglia chebenedice, saluta, perdona e consola.È la carezza di Dio che sana e dà vi-ta, anche quella eterna.

Come avverranno le celebrazioni dellaSettimana Santa in Vaticano?

Abbiamo studiato delle modalitàdiverse da quelle tradizionali. Nonsarà infatti possibile accogliere i pel-legrini come è sempre avvenuto. Nelpieno rispetto delle norme precau-zionali per evitare il contagio, cer-cheremo di celebrare i grandi riti delTriduo Pasquale in modo da accom-pagnare tutti coloro che purtropponon potranno recarsi nelle chiese.

La crisi sta diventando mondiale e stainiziando a coinvolgere anche Paesi delSud del mondo. In che modo la Chiesapuò contribuire a uno spirito di aiutoreciproco tra nazioni e continenti diversie con diversi problemi, perché non ven-

ga meno lo spirito di solidarietà e dicollaborazione multilaterale?

Purtroppo ci troviamo di fronte auna pandemia e il contagio si dif-fonde a macchia d’olio. Da una par-te, vediamo quanti sforzi straordinarihanno impegnato i Paesi sviluppati,con non pochi sacrifici a livello divita ordinaria delle singole famiglie edi economia nazionale, per affronta-re efficacemente la crisi sanitaria edebellare la diffusione del virus.D all’altra parte, però, devo confessa-re che mi preoccupa ancora di più lasituazione nei Paesi meno sviluppati,dove le strutture sanitarie non saran-no in grado di assicurare le cure ne-cessarie ed adeguate alla popolazio-ne nel caso di una maggiore diffu-sione della malattia covid-19. Per vo-cazione, la Santa Sede cerca di averecome orizzonte il mondo intero, cer-ca di non dimenticare chi è più lon-tano, chi più soffre, chi magari faticaad essere illuminato dai riflettori deimedia internazionali. Questa non èuna preoccupazione legata soloall’attuale emergenza per la pande-

mia: quante guerre, quante epide-mie, quante carestie flagellano tantinostri fratelli e sorelle! C’è davverobisogno di pregare e di impegnarci,tutti, affinché non venga mai menola solidarietà internazionale. Nono-stante l’emergenza, nonostante lapaura, è il momento di non chiuder-ci in noi stessi. Ce ne stiamo pur-troppo rendendo conto in questigiorni: problemi e drammi che con-sideravamo lontani dalle nostre vite,hanno bussato alla nostra porta. Èun’occasione per sentirci più uniti efar crescere lo spirito di solidarietà econdivisione fra tutti i Paesi, fra tuttii popoli, fra tutti gli uomini e ledonne del nostro mondo. Da questaemergenza nasceranno difficoltà ecambiamenti profondi. Abbiamo bi-sogno che chi ha responsabilità poli-tiche le eserciti oltre l’egoismo delproprio interesse, personale, di grup-po, nazionale, ma sappia guardarecon sapienza e con responsabilità,secondo valori di libertà e di giusti-zia, al bene comune.

Il Santo Padre ha accettato le dimissioni dal go-verno pastorale della Diocesi di Chulucanas (Pe-rú), presentate da Sua Eccellenza Monsignor Da-niel Thomas Turley Murphy, O.S.A..

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato Vescovo di Chulu-

canas (Perú) il Reverendo Cristóbal BernardoMejía Corral, del clero della Diocesi di Lurín(Perú), ivi Parroco della parrocchia «Cristo elSalvador».

Erezione di Diocesie relativa Provvista

Il Santo Padre ha elevato a Diocesi il VicariatoApostolico di Kontagora (Nigeria), con la mede-sima denominazione e configurazione territoriale,

rendendola suffraganea della Sede Metropolitanadi Kaduna.

Il Santo Padre ha nominato primo Vescovo del-la Diocesi di Kontagora (Nigeria) Sua EccellenzaMonsignor Bulus Dauwa Yohanna, finora VicarioApostolico della medesima sede e Vescovo titolaredi Scebaziana.

Nominadi Prefetto Apostolico

Il Santo Padre ha nominato Prefetto Apostolicodi Ulaanbaatar (Mongolia), con carattere vescovi-le, il Reverendo Padre Giorgio Marengo, I.M.C, fi-nora Consigliere Regionale Asia, Superiore per laMongolia e Parroco di Maria Madre della Miseri-cordia ad Arvaiheer, assegnandogli la Sede titola-re di Castra Severiana.

Le nomine di oggi riguardano laChiesa in Perú, in Nigeria e inMongolia

Cristóbal BernardoMejía Corral

vescovo di Chulucanas( Pe r ú )

Nato il 4 dicembre 1954 nellaprovincia civile di Carhuaz, Ancash,allora territorio dell’arcidiocesi diLima, prima di entrare in seminarioha svolto studi di elettrotecnicapresso l’Istituto «Jorge Chávez»della capitale. Entrato a Lima nelseminario maggiore arcidiocesano«Santo Toribio de Mogrovejo», hacompiuto gli studi filosofici e teolo-gici presso la Facoltà di teologiapontificia e civile della capitale(1983-1989). Ordinato presbitero il18 dicembre 1989 per il clero di Li-ma, è stato vicario parrocchiale diEl Niño Jesús (1989-1992) e ammi-nistratore parrocchiale della medesi-ma comunità (1992-1994). Nel 1996a motivo della creazione della dio-cesi di Lurín, dismembrata da Li-ma, si è incardinato nel clero dellanuova sede ricoprendo l’incarico diparroco di San Francisco de Asís(1992-1998). Dal 1998 a oggi è statoparroco di Cristo el Salvador, indiocesi di Lurín. È stato inoltre vi-cario episcopale (1997-1999) e poivicario generale (1999-2006) delladiocesi. Da dicembre 2006 è mem-bro del consiglio economico dioce-

sano e dal 2007 di quello dei con-sultori. Dal 2008 è anche vicariodella quarta forania. È stato diretto-re spirituale dei missionari combo-niani per dieci anni e delle missio-narie francescane di Maria (1997-2000). Dal 2017 è padre spiritualedelle carmelitane missionarie di Vil-la María del Triunfo, ed è stato di-rettore spirituale delle Siervas delEvangelio di Puente de Lurín e delcollegio dei maristi - S.J.M. (1992-1998).

Bulus Dauwa Yohannaprimo vescovo

di Kontagora (Nigeria)

Nato il 15 dicembre 1970 a Vuro-ro, nel vicariato apostolico di Kon-tagora, ha studiato filosofia e teolo-gia al seminario maggiore SaintsPeter and Paul, Bodija, Ibadan.Ordinato sacerdote il 10 gennaio1998, è stato vicario e parroco dellacattedrale di Kontagora, poi parro-co a Saint Mark, Nsanji Nloso Pa-rish, coordinatore della commissio-ne giustizia, sviluppo e pace e pre-sidente della commissione sviluppointegrato, segretario del Masugamanagment committee e membrodella commissione vocazionale, pre-sidente del comitato liturgico e delconsiglio presbiterale. Dopo untriennio di studi all’Istituto cattoli-co dell’Africa dell’Ovest, a Port-Harcourt, nel 2011 ha iniziato a col-laborare con l’amministratore apo-

stolico di Kontagora come segreta-rio esecutivo. Eletto alla sede titola-re di Scebaziana e al contempo no-minato vicario apostolico di Kotan-gora il 2 febbraio 2012, ha ricevutol’ordinazione episcopale il successi-vo 3 maggio. La sede della nuovadiocesi — situata nel centro-norddella Nigeria e comprendente gliStati di Niger e Kebbi — è la stessadel vicariato, così pure la cattedralededicata a Saint Michael.

Giorgio Marengoprefetto apostolico

di Ulaanbaatar (Mongolia)

Nato il 7 giugno 1974 a Cuneo,dal 1993 al 1995 ha studiato filosofiaalla Facoltà teologica dell’Italia set-tentrionale e dal 1995 al 1998 teolo-gia nella Pontificia università Grego-riana a Roma. Dal 2000 al 2006 si èspecializzato in missionologia conse-guendo la licenza e il dottorato allaPontificia università Urbaniana.Emessa la professione perpetua il 24giugno 2000 come membro dell’Isti -tuto missioni Consolata, è stato or-dinato sacerdote il 26 maggio 2001.Ha svolto ministero pastorale inMongolia ad Arvaiheer dal 2000 al2003, anno in cui è stato assegnatocome primo missionario dell’istitutodella Consolata alla Missione inMongolia. Dal 2016 è consigliere re-gionale per l’Asia, superiore per laMongolia e parroco di Maria Madredella Misericordia ad Arvaiheer.

«Ai sei casi comunicati, si èaggiunta la positività di un ul-teriore dipendente della SantaSede, già in isolamento dallametà di marzo per via dellamoglie, che era risultata positi-va al covid-19 dopo aver pre-stato servizio nell’ospedale ita-liano dove lavora». Lo ha resonoto giovedì 2 aprile una di-chiarazione del direttore dellaSala stampa Matteo Bruni, incui si chiarisce anche «che, co-me tutte le realtà istituzionali, idiversi enti e dicasteri dellaSanta Sede e dello Stato dellaCittà del Vaticano proseguonosolo nelle attività essenziali, in-derogabili e indifferibili, chia-ramente adottando, nella mas-sima misura possibile, gli op-portuni provvedimenti di cui siè già data comunicazione, cheincludono il lavoro da remotoe criteri di turnazione, al finedi salvaguardare la salute delp ersonale».

Spostata al 13 settembrela Colletta di Terra Santa

La Colletta di Terra Santa quest’anno sarà collocata nella domenica 13settembre, in prossimità della festa dell’Esaltazione della Santa Croce: loha stabilito Papa Francesco accogliendo la proposta della Congregazioneper le Chiesa orientali, dettata dall’attuale situazione di emergenza provo-cata dal covid-19. Lo ha reso noto oggi, giovedì 2 aprile, un comunicatofirmato dal cardinale prefetto dello stesso dicastero, Leonardo Sandri, edal sotto-segretario don Flavio Pace.

La pandemia — spiega il documento — «coinvolge molte nazioni e inmolte di esse sono in atto misure di prevenzione che impediscono la nor-male celebrazione comunitaria dei riti della Settimana santa».

«Le comunità cristiane in Terra Santa, pure esposte al rischio del con-tagio e che vivono in contesti spesso già molto provati — prosegue il co-municato — beneficiano ogni anno della generosa solidarietà dei fedeli ditutto il mondo, per poter continuare la loro presenza evangelica, oltre chemantenere le scuole e le strutture assistenziali aperte a tutti i cittadini p erl’educazione umana, la pacifica convivenza, e la cura soprattutto dei piùpiccoli e dei più poveri». Per tale motivo, il Pontefice ha approvato lascelta di posticipare la colletta alla data che, in Oriente come in Occiden-te, celebra il ricordo del «ritrovamento della reliquia della Croce da partedi sant’Elena e di fatto l’inizio del culto pubblico a Gerusalemme con lacostruzione della basilica del Santo Sepolcro». In tal modo, conclude ilcomunicato, l’iniziativa di solidarietà «sarà un segno di speranza e di sal-vezza ritrovata dopo la Passione a cui molti popoli sono ora associati, ol-tre che di solidale vicinanza a chi continua a vivere il Vangelo di Gesùnella Terra ove “tutto ebbe inizio”».

D ichiarazionedel direttore

della Sala stampadella Santa Sede

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 venerdì 3 aprile 2020

Via Crucisin metropolitana

Linea A e Ferrovia Roma-Viterbo

INTERMEZZO

FE R M ATA VALLE AURELIA

Il mio primo traguardo è arrivatoe anch’io scendo dal treno.Ritrovo la luce serale,e salgo le scale — e son tante —per l’altra fermata.È una bella stazione, su un ponte, sembra sospesa:qui è alto e mi metto a osservare di sottoi palazzi, le strade e la gente che corre.E intanto... aspetto, mentre batte una pioggia improvvisa.Attendo ciò che in linguaggio stradalesi dice in linguaggio divino :la coincidenza.Per me coincidenzaè scoprire un Camminoche s’incrocia in un altro.Vedere che tutto è pensato,che sono voluto,che sono cercato.Che il dito sapiente di Diomi spinge a guardare dall’altoal di là dell’esterno.Per entrare nei cuori...

DODICESIMA S TA Z I O N E

Gesù muore sulla Croce

FE R M ATA APPIANO

Il treno che prendo procede veloce e neanche c’è il tempodi fermarsi a pensare. Il tragitto è già quasi finitoe ripenso alle tante persone incontrate e a quelleche ora mi stanno qui intorno.E penso a Cristo che muore per loro.Sì, per questi viandanti comuni, per queste storie diverse,per questi sguardi che a malapena conosco.La croce ha segnato l’incrocio di strade tra l’uomo e il suo Dio.La morte di Cristo è un’offerta totale.Abbandono del Padre. Abbandono nel Padre.La morte di Cristo è il totale incarnarsi nell’uomo.È il totale distacco da Dio perché il cuore dell’uomo risalgapiù unito che mai al Cuore che tutti ci attira.La sera di oggi è ricolma di tanto morire.Pure il sole, ad un’ora precisa, inizia a celarsi.E a quest’ora è già morto.Ho visto più volte la morte negli occhi.Ho visto il peccato di tanti,il vuoto dei cuori, la perdita umana di un senso.Gesù muore in croce per tutti.Gesù muore in croce per tutti i morenti di oggi,nel corpo e nel cuore.E a tutti dà luce e speranza,dà il sogno stupendo del Giorno finale, che è senza tramonto.Nel treno che corre ritrovo persone segnate da un vuoto mortale.Ma sento che proprio in questo momento,nel buio di gente senza nome né storia,il Cristo che muore raggiunge ogni cuore.

di PAOLO RICCIARDI

Ve s c o v o

ausiliare di Roma

Nella messa a Santa Marta l’affidamento dei poveri all’intercessione di santa Teresa di Calcutta

La preghiera del Papa per i senzatetto“p a rc h e g g i a t i ” sull’asfalto a Las Vegas

Papa Francesco si è avviato all’a l t a reper celebrare la messa — alle 7 digiovedì 2 aprile — con impressa nelcuore la fotografia di quelle donne equegli uomini senza una casa che, aLas Vegas, sono stati buttati inun’area di parcheggio, sull’asfalto,con tanto di griglie per delimitarnegli spazi, dopo la chiusura a causadella pandemia del centro di acco-glienza che li ospitava.

E così, subito, a braccio, il vesco-vo di Roma ha voluto offrire la cele-brazione dell’Eucaristia nella cappel-la di Casa Santa Marta per loro eper tutte le persone povere e senzauna casa: «Questi giorni di dolore edi tristezza — ha detto all’inizio dellamessa, trasmessa in diretta streaming— evidenziano tanti problemi nasco-sti. Sul giornale, oggi, c’è una fotoche colpisce il cuore: tanti senzatettodi una città sdraiati in un parcheg-gio, in osservazione». Da qui la suapreghiera: «Ci sono tanti senzatettooggi: chiediamo a santa Teresa diCalcutta che risvegli in noi il sensodella vicinanza a tante persone chenella società, nella vita normale, vi-

vono nascoste ma, come i senzatetto,nel momento della crisi, si eviden-ziano così».

Il Papa ha rafforzato la sua pre-ghiera facendo sue le parole dal pas-so della Lettera agli Ebrei (9, 15),letto come antifona d’ingresso: «Cri-sto è mediatore della nuova alleanzaperché, mediante la sua morte, colo-ro che sono stati chiamati ricevanol’eredità eterna che è stata loro pro-messa».

Per la sua omelia Francesco hapreso spunto dalle letture propostedalla liturgia, tratte dal libro dellaGenesi (17, 3-9) e dal Vangelo diGiovanni (8, 51-59). «Il Signore si èsempre ricordato della sua alleanza»ha affermato il Papa citando il salmo104, appena proclamato come salmoresponsoriale. «Il Signore — ha spie-gato — non dimentica, non dimenti-ca mai: sì, dimentica soltanto in uncaso, quando perdona i peccati».Perché «dopo aver perdonato perdela memoria, non ricorda i peccati».Ma «negli altri casi Dio non dimen-tica: la sua fedeltà è memoria, la suafedeltà con il suo popolo, la sua fe-

deltà con Abramo è memoria dellepromesse che aveva fatto».

«Dio elesse Abramo — ha prose-guito il Pontefice — per fare unastrada: Abramo è un eletto, era uneletto. Dio elesse lui». Poi «in quel-la elezione gli ha promesso un’e re d i -tà e oggi, nel passo del libro dellaGenesi, c’è un passo in più: “Quan-to a me, ecco, la mia alleanza è conte”».

È «l’alleanza» ha insistito France-sco. Un’alleanza «che gli fa vederelontano la sua fecondità: “D iventeraipadre di una moltitudine di nazio-ni”». In realtà, ha aggiunto, «l’ele-zione, la promessa e l’alleanza sonole tre dimensioni della vita di fede,le tre dimensioni della vita cri-stiana».

Infatti, ha fatto presente il Papa,«ognuno di noi è un eletto, nessunosceglie di essere cristiano fra tutte lepossibilità che il “m e rc a t o ” re l i g i o s ogli offre: è un eletto». E «noi siamocristiani perché siamo stati eletti».Ma «in questa elezione — ha affer-mato il Pontefice — c’è una promes-sa, una promessa di speranza: il se-gnale è la fecondità: “Abramo, sarai‘padre di una moltitudine di nazioni’e sarai fecondo nella fede, la tua fe-de fiorirà in opere, in opere buone,in opere di fecondità anche, una fe-de feconda”». In questa prospettivaecco «il terzo passo» richiesto daDio: «ma tu devi... osservare l’al-leanza con me». Si comprende così,ha insistito Francesco, che «l’allean-za è fedeltà, essere fedele: siamo sta-ti eletti, il Signore ci ha dato unapromessa, adesso ci chiede un’allean-za. Un’alleanza di fedeltà».

«Gesù dice che Abramo “esultò”di gioia — ha continuato il Papa rife-rendosi al passo evangelico di Gio-vanni — pensando, vedendo il suogiorno, il giorno della grande fecon-

dità: quel figlio suo — Gesù era fi-glio di Abramo — che è venuto a ri-fare la creazione, che è più difficileche farla, dice la liturgia: è venuto afare la redenzione dei nostri peccati,a liberarci».

«Il cristiano è cristiano non per-ché possa far vedere la fede del bat-tesimo: la fede di battesimo è unacarta» ha rilanciato il Papa. «Tu seicristiano — ha rimarcato — se dici sìall’elezione che Dio ha fatto di te, setu vai dietro le promesse che il Si-gnore ti ha fatto e se tu vivi un’al-leanza con il Signore: questa è la vi-ta cristiana».

«I peccati del cammino — ha fattonotare il Pontefice — sono semprecontro queste tre dimensioni: nonaccettare l’elezione e non eleggeretanti idoli, tante cose che non sonodi Dio»; poi «non accettare la spe-ranza nella promessa, andare, guar-dare da lontano le promesse, anchetante volte, come dice la Lettera agliEbrei, salutandole da lontano e fareche le promesse siano oggi con i pic-coli idoli che noi facciamo»; e anche«dimenticare l’alleanza, vivere senzaalleanza, come se noi fossimo senzaalleanza».

«La fecondità — ha aggiuntoFrancesco — è la gioia, quella gioiadi Abramo che vide il giorno di Ge-sù ed era pieno di gioia: questa è larivelazione che oggi la Parola di Dioci dà sulla nostra esistenza cristia-na». E il Papa ha concluso auspican-do che «sia come quella del nostropadre» Abramo: «cosciente di essereeletto, gioioso di andare verso unapromessa e fedele nel compiere l’al-leanza».

Con la preghiera di sant’AlfonsoMaria de’ Liguori, poi, il Ponteficeha invitato «le persone che non pos-sono comunicarsi» a fare la comu-nione spirituale. E ha concluso la ce-

Messaggio ai buddisti in occasione della festa del Vesakh

Per una cultura di compassione e fraternità

Cinquecento per stradanonostante gli hotel vuoti

WASHINGTON, 2. È successo proprio a Las Vegas, la capitale statunitensedel divertimento e dello “sballo”. A causa della chiusura delle strutturedella Catholic Charities per un caso positivo di coronavirus, circa 500senzatetto sono stati “sistemati” nel parcheggio del Cashman Center, perterra, come se fossero auto, distanziati gli uni dagli altri. Le autoritàlocali non hanno trovato altre soluzioni nonostante il fatto che tutti glialberghi nella città del lusso siano vuoti: oltre 150 mila posti letto nonutilizzati a causa dell’emergenza pandemia. La notizia ha scatenatopolemiche soprattutto sui social. Molti utenti hanno commentato le fotodei senzatetto sull’asfalto scrivendo che «queste immagini sono la provadel fallimento di una società».

I senzatetto nel parcheggio di Las Vegas (Ansa)

«Buddisti e cristiani: Costruiamo una cultura dicompassione e fraternità». È questo il titolo del mes-saggio del Pontificio consiglio per il dialogo interreli-gioso — a firma del cardinale presidente Miguel Án-gel Ayuso Guixot e del segretario monsignor IndunilJanakaratne Kodithuwakku Kankanamalage — inoccasione della festa di Vesakh/Hanamatsuri 2020,durante la quale si commemorano i principali avveni-menti della vita di Buddha. La ricorrenza viene fe-steggiata in date diverse, secondo le differenti tradizio-ni. Quest’anno sarà celebrata nella maggior parte deiPaesi di tradizione buddista il 6 maggio. Ecco il testoitaliano del messaggio.

Cari amici buddisti,1. Da parte del Pontificio Consiglio per il Dia-

logo Interreligioso porgiamo i nostri sentiti salutie auguri a voi e a tutte le comunità buddiste delmondo in occasione della celebrazione della festadi Ve s a k h / H a n a m a t s u r i . Il Pontificio Consiglioper il Dialogo Interreligioso lo ha già fatto negliscorsi ventiquattro anni in questa fausta occasio-ne. Poiché quest’anno segna il venticinquesimoanniversario di questo tradizionale messaggio, sa-remmo lieti di rinnovare il nostro legame di ami-cizia e collaborazione con le varie tradizioni cher a p p re s e n t a t e .

2. Quest’anno vorremmo riflettere con voi sultema «Buddisti e cristiani: Costruiamo una culturadi compassione e fraternità», consapevoli dell’altovalore che le nostre reciproche tradizioni religioseattribuiscono alla compassione e alla fraternitànella nostra ricerca spirituale, nella testimonianzae nel servizio che prestiamo a un’umanità e a unaterra ferite.

3. Il Documento sulla fratellanza umana per lapace mondiale e la convivenza comune dichiara che

«i veri insegnamenti delle religioni invitano a re-stare ancorati ai valori della pace; a sostenere i va-lori della reciproca conoscenza, della fratellanzaumana e della convivenza comune». Incontrandoil Patriarca Supremo dei buddisti in Tailandia nelnovembre scorso, Sua Santità Papa Francesco hadetto che «potremo credere in uno stile di buona“vicinanza”» e crescere in esso «capaci di genera-re e incrementare iniziative concrete sulla via dellafraternità, specialmente con i più poveri, e riguar-do alla nostra tanto maltrattata casa comune. Inquesto modo contribuiremo alla formazione diuna cultura di compassione, di fraternità e di in-contro, tanto qui come in altre parti del mondo»(cf. Visita al Patriarca Supremo dei buddisti, Ban-gkok, 21 novembre 2019).

4. La festa di Vesakh/ Hanamatsuri ci sollecita aricordare come il principe Siddharta partì alla ri-cerca della sapienza con il capo rasato e rinun-ciando al suo status di principe. Scambiò i suoivestiti di seta di Benares con il semplice abito diun monaco. Il suo nobile gesto ci richiama quellodi San Francesco d’Assisi, che si tagliò i capelli escambiò i suoi bei vestiti con il semplice abito diun mendicante perché voleva seguire Gesù, che«svuotò sé stesso, assumendo una condizione diservo» (Filippesi 2, 7) e «non aveva dove posare ilcapo» (Mt 8, 20). Il loro esempio e quello dei lo-ro seguaci ci ispira una vita di distacco pensandoa ciò che è più importante. Di conseguenza, po-tremo dunque dedicarci con maggiore libertà apromuovere una cultura di compassione e frater-nità per alleviare le sofferenze dell’umanità edell’ambiente.

5. Tutto è in relazione. L’interdipendenza ci ri-porta al tema della compassione e della fraternità.In spirito di gratitudine per la vostra amicizia, vichiediamo umilmente di accompagnare e sostene-

re i vostri amici cristiani nella promozione dellagentilezza d’amore e della fraternità oggi nelmondo. Come noi, buddisti e cristiani, apprendia-mo gli uni dagli altri come diventare ogni giornopiù attenti e compassionevoli, così possiamo con-tinuare a cercare modalità di collaborazione perfar sì che la nostra relazionalità divenga fonte dibenedizione per tutti gli esseri senzienti e per ilpianeta, che è la nostra casa comune.

6. Crediamo che, per garantire la continuitàdella nostra solidarietà universale, è necessario unprocesso educativo per il nostro “viaggio” condi-viso. A tale scopo, il 15 ottobre 2020, si celebreràun evento globale sul tema “Reinventare il GlobalCompact sull’educazione”. «Questo incontro rav-viverà l’impegno per e con le giovani generazioni,rinnovando la passione per un’educazione piùaperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente,dialogo costruttivo e mutua comprensione» (PapaFrancesco, Messaggio per il lancio del Global Com-pact sull’educazione, 12 settembre 2019). V’invitia-mo a collaborare con tutti per promuovere que-st’iniziativa, individualmente e all’interno dellevostre comunità, per coltivare un nuovo umanesi-mo. Siamo pure contenti di vedere che, in varieparti del mondo, buddisti e cristiani attingono avalori ben radicati e collaborano per sradicare lecause dei mali sociali.

7. Preghiamo per coloro che sono colpiti dallapandemia di coronavirus e per quelli che li assi-stono. Incoraggiamo i fedeli a vivere questo mo-mento difficile con speranza, compassione ecarità.

8. Cari amici buddisti, in questo spirito di ami-cizia e collaborazione, vi rinnoviamo gli auguri diuna pacifica e gioiosa festa di Vesakh/Hanamat-suri.

Il Santo Padre Francesco, nell’Udienza concessa a Sua Eccellenza Monsi-gnor Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria diStato, il giorno 31 marzo 2020, ha stabilito di prorogare il termine e gli effet-ti giuridici di cui al precedente Rescriptum ex audientia SS.mi del 18 marzo2020, recante misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’e m e rg e n z aepidemiologica da Covid-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimentodell’attività giudiziaria. Detto termine, inizialmente fissato al 3 aprile 2020, èprorogato al 4 maggio 2020.

Il Santo Padre ha disposto che il presente rescritto sia promulgato tramitepubblicazione su L’Osservatore Romano, entrando in vigore immediatamente,e quindi pubblicato nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.

Dal Vaticano, 1 aprile 2020

PIETRO Card. PAROLINSegretario di Stato

Rescriptum ex audientia Sanctissimi

lebrazione con l’adorazione e la be-nedizione eucaristica.

Accompagnato, infine, dal cantodell’antifona Ave Regina Caelorum,il Papa ha affidato la sua preghieraalla Madre di Dio, sostando davantiall’immagine mariana nella cappella

di Casa Santa Marta. E a mezzo-giorno, nella basilica Vaticana, leintenzioni del vescovo di Roma sonostate rilanciate dal cardinale arci-prete Angelo Comastri che ha guida-to la recita dell’Angelus e del rosa-rio.