La percezione visiva del movimento -...

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• • o* %. •,„ 5: ql• 5• IZt n •• oh. •40 e• 55 • o• 55 ••• • La percezione visiva del movimento Anche se l'occhio umano non possiede un otturatore, il mondo non ci appare confuso, perché il sistema visivo non funziona come una macchina fotografica, ma come un calcolatore programmato secondo regole matematiche specifiche di Gunnar Johansson •• •• :••• ••• •• .• •• IS . .• olto spesso l'occhio viene para- gonato a una macchina foto- grafica, ma fra le due cose e- siste una enorme differenza. In tutte le comuni macchine fotografiche l'ottura- tore « congela » l'immagine; anche nel- la telecamera, che non ha otturatore, la medesima funzione è assolta dalla scansione di un raggio elettronico. In tutti gli animali, invece, l'occhio opera senza otturatore. Come mai, dunque, il mondo che vediamo tramite i nostri occhi non ci appare come una macchia confusa? Quando camminiamo lungo una strada gli edifici ci appaiono fermi. Noi non li percepiamo come i fasci di linee che essi otticamente determi- nano sulla nostra retina. I pedoni e i veicoli in movimento sembrano tutti spostarsi, nettamente definiti, nello stes- so statico spazio visivo, sebbene essi si muovano in varie direzioni e con ve- locità molto diverse. Sia che stiamo fermi sia che ci muoviamo nello spa- zio, l'occhio distingue senza sforzo al- cuno gli oggetti che si muovono da quelli immobili trasformando il flusso ottico in un mondo perfettamente strut- turato di oggetti, e tutto ciò senza l'au- silio di un otturatore. Come viene con- seguito un risultato così ragguardevole? Dal punto di vista dell'evoluzione, questo era chiaramente necessario per la sopravvivenza. L'occhio si è evoluto per funzionare sostanzialmente come un sistema di rilevazione del movi- mento. Il concetto di animale immo- bile in un ambiente totalmente statico è praticamente privo di significato bio- logico; la percezione del movimento fisico ha un'importanza decisiva. In molti animali inferiori l'efficiente per- cezione di oggetti in movimento sem- bra essere la funzione visiva più im- portante. Una rana o un camaleonte, per esempio, possono percepire e cat- turare la loro preda solo se questa si muove. Una mosca immobile, anche se facilmente raggiungibile, resta prati- camente invisibile. Anche nell'uomo è possibile dimo- strare un'analoga dipendenza da cam- biamenti nel quadro disegnato dagli sti- moli visivi. Sono stati compiuti degli esperimenti in cui, mediante un'appro- priata apparecchiatura, un'immagine veniva mantenuta per un certo tempo immobile sulla retina, e si è osservato che essa rapidamente sbiadiva e poi scompariva del tutto. Il tennis e molti altri sport dimostrano chiaramente quanto sia notevole la capacità dell'uo- mo di stabilire visualmente la precisa posizione spazio-temporale di un ogget- to in rapido movimento. Il tradizionale paragone dell'occhio con la macchina fotografica è utile da un punto di vista didattico per spiega- re come dei raggi luminosi vengono messi a fuoco per produrre un'imma- gine bidimensionale sulla superficie del- la retina. Difficoltà molto maggiori si incontrano, tuttavia, quando si vuole paragonare i fotorecettori della retina a una pellicola fotografica. A meno che non si voglia deliberatamente ottenere un'immagine sfocata, la pellicola deve essere esposta ai raggi luminosi per un periodo di tempo molto breve e sufficiente solo a consentire che le sostanze chimiche contenute nella pel- licola « catturino » l'immagine. Per quanto sia innegabilmente vero che i recettori della retina hanno un'analoga capacità di catturare i fotoni, la loro reale funzione non consiste nel cattura- re le immagini ma nel mediare cam- biamenti nel flusso di luce. La luce che colpisce i recettori (coni e baston- celli) dà luogo a una continua modi- ficazione di struttura delle sostanze fo- tosensibili. La modificazione di strut- tura dà origine a un flusso di ioni nei recettori che culmina in un segnale bioelettrico che viene trasmesso dai recettori alle vicine cellule nervose. La forza del segnale varia con il flusso di luce. In pochi millisecondi i numerosissimi cambiamenti nel campo segnaletico registrati su tutta la retina vengono integrati e trasformati da una intricata rete nervosa all'interno della retina stessa, da altre reti nervose si- tuate nelle stazioni mesencefaliche e finalmente dalle reti nervose a livello delle numerose stazioni terminali nella corteccia cerebrale. Il risultato a livel- lo di coscienza è la percezione del mo- vimento nello spazio visivo. L'occhio è dunque fondamentalmente uno stru- mento per analizzare i cambiamenti che il flusso di luce subisce nel tempo, piuttosto che uno strumento per regi- strare immagini statiche. In parole po- vere, se non ci fossero delle modifica- zioni nella luce che colpisce i recetto- ri, non si avrebbero variazioni del flus- so ionico e pertanto non vi sarebbe risposta nervosa. N egli studi sulla percezione visiva è spesso importante distinguere tra visione monoculare e visione binocu- lare. Per il tipo di fenomeni di cui mi occuperò in quest'articolo, tuttavia, il contributo offerto dalla visione bino- culare può essere ignorato. Nel nostro laboratorio all'Università di Uppsala Nella figura della pagina a fronte si vede una serie di 36 fotogrammi ripresi nel la- boratorio dell'autore all'Università di Uppsala mentre una coppia ballava al buio. Il « profilo » di ognuno dei due ballerini è segnato da 12 lampadine attaccate alle spalle, ai gomiti, ai polsi, alle anche, alle ginocchia e alle caviglie. Questa sequenza, che procede per colonne verticali iniziando dal fotogramma in alto a sinistra, è co- stituita da un fotogramma ogni sei di una parte di un film. Osservatori ignari, nel vedere il film, hanno capito in una frazione di secondo di che cosa si trattava. 66 67

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La percezione visivadel movimento

Anche se l'occhio umano non possiede un otturatore, il mondo non ci appareconfuso, perché il sistema visivo non funziona come una macchina fotografica,ma come un calcolatore programmato secondo regole matematiche specifiche

di Gunnar Johansson ••• •••

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•IS . • •• .•

olto spesso l'occhio viene para-gonato a una macchina foto-grafica, ma fra le due cose e-

siste una enorme differenza. In tutte lecomuni macchine fotografiche l'ottura-tore « congela » l'immagine; anche nel-la telecamera, che non ha otturatore,la medesima funzione è assolta dallascansione di un raggio elettronico. Intutti gli animali, invece, l'occhio operasenza otturatore. Come mai, dunque,il mondo che vediamo tramite i nostriocchi non ci appare come una macchiaconfusa? Quando camminiamo lungouna strada gli edifici ci appaiono fermi.Noi non li percepiamo come i fascidi linee che essi otticamente determi-nano sulla nostra retina. I pedoni ei veicoli in movimento sembrano tuttispostarsi, nettamente definiti, nello stes-so statico spazio visivo, sebbene essisi muovano in varie direzioni e con ve-locità molto diverse. Sia che stiamofermi sia che ci muoviamo nello spa-zio, l'occhio distingue senza sforzo al-cuno gli oggetti che si muovono daquelli immobili trasformando il flussoottico in un mondo perfettamente strut-turato di oggetti, e tutto ciò senza l'au-silio di un otturatore. Come viene con-seguito un risultato così ragguardevole?

Dal punto di vista dell'evoluzione,questo era chiaramente necessario perla sopravvivenza. L'occhio si è evolutoper funzionare sostanzialmente comeun sistema di rilevazione del movi-mento. Il concetto di animale immo-bile in un ambiente totalmente staticoè praticamente privo di significato bio-logico; la percezione del movimentofisico ha un'importanza decisiva. Inmolti animali inferiori l'efficiente per-cezione di oggetti in movimento sem-bra essere la funzione visiva più im-portante. Una rana o un camaleonte,per esempio, possono percepire e cat-turare la loro preda solo se questasi muove. Una mosca immobile, anche

se facilmente raggiungibile, resta prati-camente invisibile.

Anche nell'uomo è possibile dimo-strare un'analoga dipendenza da cam-biamenti nel quadro disegnato dagli sti-moli visivi. Sono stati compiuti degliesperimenti in cui, mediante un'appro-priata apparecchiatura, un'immagineveniva mantenuta per un certo tempoimmobile sulla retina, e si è osservatoche essa rapidamente sbiadiva e poiscompariva del tutto. Il tennis e moltialtri sport dimostrano chiaramentequanto sia notevole la capacità dell'uo-mo di stabilire visualmente la precisaposizione spazio-temporale di un ogget-to in rapido movimento.

Il tradizionale paragone dell'occhiocon la macchina fotografica è utile daun punto di vista didattico per spiega-re come dei raggi luminosi vengonomessi a fuoco per produrre un'imma-gine bidimensionale sulla superficie del-la retina. Difficoltà molto maggiori siincontrano, tuttavia, quando si vuoleparagonare i fotorecettori della retinaa una pellicola fotografica. A meno chenon si voglia deliberatamente ottenereun'immagine sfocata, la pellicola deveessere esposta ai raggi luminosi perun periodo di tempo molto breve esufficiente solo a consentire che lesostanze chimiche contenute nella pel-licola « catturino » l'immagine. Perquanto sia innegabilmente vero che irecettori della retina hanno un'analogacapacità di catturare i fotoni, la lororeale funzione non consiste nel cattura-re le immagini ma nel mediare cam-biamenti nel flusso di luce. La luce

che colpisce i recettori (coni e baston-celli) dà luogo a una continua modi-ficazione di struttura delle sostanze fo-tosensibili. La modificazione di strut-tura dà origine a un flusso di ioni neirecettori che culmina in un segnalebioelettrico che viene trasmesso dairecettori alle vicine cellule nervose.

La forza del segnale varia con ilflusso di luce. In pochi millisecondi inumerosissimi cambiamenti nel camposegnaletico registrati su tutta la retinavengono integrati e trasformati da unaintricata rete nervosa all'interno dellaretina stessa, da altre reti nervose si-tuate nelle stazioni mesencefaliche efinalmente dalle reti nervose a livellodelle numerose stazioni terminali nellacorteccia cerebrale. Il risultato a livel-lo di coscienza è la percezione del mo-vimento nello spazio visivo. L'occhioè dunque fondamentalmente uno stru-mento per analizzare i cambiamentiche il flusso di luce subisce nel tempo,piuttosto che uno strumento per regi-strare immagini statiche. In parole po-vere, se non ci fossero delle modifica-zioni nella luce che colpisce i recetto-ri, non si avrebbero variazioni del flus-so ionico e pertanto non vi sarebberisposta nervosa.

Negli studi sulla percezione visiva èspesso importante distinguere tra

visione monoculare e visione binocu-lare. Per il tipo di fenomeni di cui mioccuperò in quest'articolo, tuttavia, ilcontributo offerto dalla visione bino-culare può essere ignorato. Nel nostrolaboratorio all'Università di Uppsala

Nella figura della pagina a fronte si vede una serie di 36 fotogrammi ripresi nel la-boratorio dell'autore all'Università di Uppsala mentre una coppia ballava al buio.Il « profilo » di ognuno dei due ballerini è segnato da 12 lampadine attaccate allespalle, ai gomiti, ai polsi, alle anche, alle ginocchia e alle caviglie. Questa sequenza,che procede per colonne verticali iniziando dal fotogramma in alto a sinistra, è co-stituita da un fotogramma ogni sei di una parte di un film. Osservatori ignari, nelvedere il film, hanno capito in una frazione di secondo di che cosa si trattava.

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Nel disegno prospettico le linee parallele convergono in un« punto indefinito » situato all'orizzonte. Nella figura i punti

A e B situati sulle linee parallele a e b vengono convertitinel loro equivalente prospettico su uno schermo trasparente.

RAGGIO PARALLELO AD a E b

PUNTOALL'INFINITO ------------

PIANO DEL DISEGNO

_ ------ - — — —

LINEE PAR LLELE

PIANODELLA FIGURA

Un cubo rimane un cubo, anche se viene visto da angoli diversi. A rigore ogni fac-cia dei due cubi qui disegnati è un trapezio. Il sistema visivo, tuttavia, correggesubito le distorsioni e fornisce la percezione di un solido regolare con facce quadrate.

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STIMOLO OGGETTO PERCEPITO ANALISI PERCETTIVADEI VETTORI

Tre punti luminosi, A, B e C, si muovono come indicato dalle frecce nella partesinistra della figura e il loro insieme costituisce uno schema di riferimento in mo-vimento. Quando lo si guarda da solo, il punto B si muove semplicemente lungouna linea obliqua. Quando vi si aggiungono i movimenti di A e C, invece, i trepunti luminosi formano una unità percettiva (al centro) in cui la traiettoria di Bnon sembra più seguire una linea inclinata. B sembra invece oscillare verticalmentecome rimbalzando avanti e indietro fra A e C. In questo caso il movimento di B siscompone nei due vettori componenti, uno orizzontale ed eguale al movimento diA e C, l'altro verticale che rappresenta il movimento di B relativamente ad A e C.

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i miei colleghi e io abbiamo escogitatonumerosi esperimenti per indagare sulmodo in cui l'occhio reagisce a unostimolo visivo in movimento. Può trat-tarsi o di uno stimolo immobile cheviene percepito da un osservatore inmovimento, o di oggetti che si muovo-no percepiti da un osservatore immo-bile.

Come introduzione ai nostri esperi-menti, considerate ciò che accade quan-do vi servite di una macchina fotogra-fica per ritrarre un vostro amico. Voiguardate attra-verso il mirino e in ge-nere fate qualche passo avanti o indie-tro fino ad avere il soggetto bene in-quadrato e l'immagine ingrandita oridotta sino alla grandezza desiderata.Man mano che vi avvicinate al sogget-to tutti gli elementi ottici presenti nelmirino ne fuoriescono radialmente ri-spetto al punto centrale. Inversamente,se voi fate dei passi indietro, l'imma-gine si contrae radialmente verso ilpunto centrale. Se siete un fotografoaccurato, probabilmente cercherete an-che di verificare quali effetti si otten-gono muovendo la macchina in su ein giù e lateralmente. Movimenti diquesto tipo generano flussi ottici consi-derevolmente più complessi di quantonon sia il flusso radiale prodotto daimovimenti compiuti direttamente in di-rezione del soggetto.

Tutti questi cambiamenti che si pro-ducono nel mirino, comunque, seguo-no le leggi della prospettiva centrale.Essi non sono che trasformazioni con-tinue di prospettiva.

Il flusso di immagini ottiche nel mi-rino della macchina fotografica (o nel-la macchina stessa quando l'otturatore

è aperto) corrisponde al flusso otticoche colpisce la retina durante la loco-mozione. Dal punto di vista geometri-co non fa alcuna differenza se a muo-versi è la macchina fotografica o ilsoggetto che le si trova di fronte. Èovvio che chiedendo al vostro amicodi fare un passo verso di voi ottenetelo stesso effetto che se voi fate unpasso verso di lui, per quanto riguar-da la grandezza della sua immagine.È significativo, tuttavia, che nel primocaso l'immagine dell'ambiente circo-stante rimane immutata, mentre nel se-condo l'immagine dell'ambiente si e-spande leggermente dal centro ottico.Generalizzando, si può dire che quan-do gli oggetti si muovono nel nostrocampo visivo essi producono dei flussilocali, mentre quando siamo noi amuoverci nell'ambiente si produce unflusso ottico sull'intera superficie re-tinica.

Nella percezione quotidiana il flussoottico sulla retina rappresenta in gene-re una combinazione complessa delleimmagini generate dal movimento del-l'osservatore con quelle generate dallapercezione degli oggetti in movimento.Anche quando l'osservatore sta fermo,in piedi o seduto, le oscillazioni delsuo corpo o i piccoli movimenti dellasua testa aggiungono una piccola« componente locomotoria » al flussodelle immagini retiniche. I movimentidell'occhio aggiungono un ulteriore com-ponente al flusso totale; questi movi-menti possono essere dolci, come quan-do l'osservatore segue il volo di unpallone, o a scosse, come quando gliocchi passano da una parola all'altranella lettura. La somma di tutti questi

flussi ottici che si producono sulla re-tina determina il carattere dell'incessan-te flusso di impulsi nervosi dai recettoriretinici. Allo scopo di studiare l'infor-mazione visiva fornita da uno spazioche riflette la luce, dobbiamo conside-rare la geometria del flusso ottico checolpisce la retina.

Già nel lontano 1709 George Berkeley(più tardi divenuto vescovo) aveva

elaborato una teoria della percezionedello spazio visivo. La teoria fu ulte-riormente sviluppata da Hermann vonHelmholtz nel XIX secolo e ancor oggiessa ci è familiare nella sua versionemodificata nota col nome di teoriadegli indizi (cue theory). Secondo que-sta teoria l'immagine bidimensionalesulla retina viene interpretata comeun'immagine tridimensionale grazie auna serie di indizi o segni. Gli indizinon sono soltanto contenuti nell'im-magine stessa, ma anche nella attivitàdell'apparato oculomotore. Tra essi an-noveriamo la disparità binoculare nel-le immagini viste dai due occhi, la con-vergenza e l'accomodazione del cristal-lino, la grandezza dell'immagine, l'in-terposizione di figure, la prospettiva bi-noculare, eccetera. La teoria consideraanche importanti fattori supplementaricome l'esperienza viso-mototia e l'ap-prendimento.

Berkeley conosceva soltanto la geo-metria euclidea (la scoperta di altritipi di geometria apparteneva al futu-ro), e di conseguenza egli iniziò lostudio delle relazioni fra stimolo e og-getto percepito analizzando l'immagineretinica come se questa potesse essereadeguatamente misurata con un regolo

e un goniometro. Ancor oggi molti ec-cellenti teorici si muovono nell'ambitodi una tradizione secondo la quale leproiezioni ottiche si misurano in milli-metri e gradi. Questa impostazione hafatto sorgere molti problemi, per esem-pio il tentativo di spiegare in qual modoimmagini retiniche di grandezze e for-me diverse potessero evocare la perce-zione dello stesso oggetto.

Le nuove geometrie sorte dopo l'epo-ca di Berkeley sono libere dall'assiomaeuclideo delle parallele, secondo ilquale le linee parallele non si incontra-no mai. Una delle geometrie svincolatedall'assioma delle parallele è la geo-metria proiettiva. Questa riveste parti-colare interesse per lo studio della vi-sione perché è la geometria delle viedella visione attraverso fori di spilloe lenti e costituisce la base teorica deldisegno in prospettiva.

Essa è tipicamente una geometrianon metrica in quanto tratta esclusi-vamente relazioni e non si serve di mi-surazioni particolari.

Il primo ampio uso dei principi del-la prospettiva centrale nell'analisi teo-rica della percezione dello spazio visi-vo fu opera di J.J. Gibson della Cor-nell University nel suo libro The Per-

ception of the Visitai World pubblica-to nel 1950. La tesi fondamentale diGibson è che la tradizionale teoriadegli indizi è un costrutto inutile e an-che fuorviante. Secondo Gibson, l'im-magine contiene in sé tutta l'informa-zione necessaria alla percezione tridi-mensionale, fatto questo che la teoriadegli indizi non riconosce a causa dellasua grossolana descrizione dello stimo-lo visivo. 11 vero efficace stimolo èrappresentato dalle leggi matematicheche regolano il cambiamento struttura-le da un punto all'altro dell'immagineottica, cambiamento che implica quelliche Gibson chiamava « gradienti » e« variabili di ordine superiore ». I gra-dienti e le variabili sono essenzialmen-te conseguenze della proiezione cen-trale. Gibson applicò questi principianche a figure in movimento parlandodi flusso-stimolo anziché di immagine--stimolo.

La mia impostazione è molto vicinaa quella di Gibson. Il lavoro speri-

mentale compiuto negli ultimi due de-cenni mi ha portato a rompere comple-tamente con il modello euclideo e adadottare come fondamento teoretico,per le ricerche sullo spazio visivo eil movimento, le relazioni proiettive.

Retrospettivamente sembra stranoche si sia giunti a ipotizzare, come è

avvenuto nella teoria classica, che or-ganismi alla ricerca di informazionispaziali trasmesse dalla luce riflessa

abbiano sviluppato un occhio fornitodi lente per poi non trarre alcun van-taggio dalle leggi matematiche che de-terminano l'informazione spaziale con-tenuta nelle traiettorie della luce at-traverso una lente. Le tradizioni eucli-dea e berkeleyana sono però così fortida rendere necessario un approccio spe-

rimentale diretto per far sì che vengaaccettato un modello basato sulla proie-zione centrale.

Il lettore può chiedersi come unageometria mancante di un sistema me-trico fisso possa essere di qualsiasi aiu-to nel trasmettere informazioni sullospazio rigidamente tridimensionale che

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Lo stimolo è rappresentato da un quadrato che aumentaIl sistema visivo interpreta il cambiamento di dimensionispettico prodotto da una figura di grandezza costante che

e diminuisce di grandezza.come un cambiamento pro.si muove avanti e indietro.

MOVIMENTO IN PROFONDITÀ

CONTRAZIONE

---------

PERCEZIONE a

MOVIMENTOIN PROFONDITÀ

PERCEZIONE b

MOVIMENTO PERCEPITO

OGGETTO PERCEPITO

STIMOLO

STIMOLO

Quando lo stimolo è costituito da due punti luminosi che simuovono lungo un'ellisse si vede un immaginario bastoncinorotante. Poiché il sistema visivo « preferisce » percepire il

bastoncino come se fosse un'entità di lunghezza costante, l'os-servatore ha l'impressione che il bastoncino ruoti su un pianoche è inclinato da o verso di lui, come si vede nella figura.

Quando due punti luminosi si muovono a velocità costantesui lati opposti di un rettangolo, il bastoncino immaginario chesi forma tra essi sembra tracciare una bizzarra figura tridimen-sionale. La precostituita tendenza del sistema visivo a perce-

pire i punti in movimento come se fossero fra loro connessiin una struttura rigida porta alla percezione di un bastioncinoche ruota attorno a un punto stazionario centrale in manierasussultoria, con uno strano movimento tridimensionale.

OGGETTO PERCEPITO

STIMOLO

OGGETTO PERCEPITO

ci circonda e in cui la metrica euclideacertamente conserva la sua validità.Rispondiamo che la geometria proietti-va è una geometria che riguarda al-cune relazioni che rimangono invarian-ti anche quando si verificano trasfor-mazioni prospettiche. Queste invarianticorrispondono, in termini di equivalen-za figurativa, alla congruenza figurati-va euclidea in condizioni di movimen-to rigido. Inoltre i matematici hannoelaborato un sistema speciale di coor-dinate (coordinate omogenee) che sonodeterminate da relazioni fra distanzepiuttosto che da distanze in assoluto eche rendono possibile trattare analiti-

camente le trasformazioni proiettive.Ai fini della parte rimanente di que-

sto articolo basterà dire che la geome-tria proiettiva sta alla base delle re-gole della prospettiva centrale (si vedal'illustrazione a pagina 68).

È ben noto che nel disegno in pro-spettiva le linee parallele devono esseredisegnate come se convergessero in unfittizio « punto all'infinito ». Pertantonel sistema prospettico l'assioma delleparallele viene abbandonato. L'angolotra le linee « parallele » (e in realtàconvergenti) dipende dall'angolo fra ilpiano della figura (la superficie cheviene ritratta) e il piano del disegno.

Noi dunque sappiamo che la superficierettangolare di un tavolo in un disegnoo in una fotografia sarà trapezoidale,che un tavolo rotondo sarà ellittico,ecc. In qualsiasi modo si modifichil'angolo visuale o la distanza da unoggetto, l'oggetto è riconoscibilmentesempre il medesimo visto da angolidiversi (si veda l'illustrazione in altonella pagina precedente). Le forme deidisegni sono equivalenti a causa di al-cune relazioni invarianti, sebbene daun punto di vista euclideo esse sianotutte diverse.

Studi recenti sulla percezione delmovimento in cui continui cambia-

menti figurativi di questo tipo sonopresentati in assenza di indizi tridimen-sionali di profondità hanno dimostratoin maniera incontrovertibile che il si-stema visivo riesce ad astrarre spon-taneamente le invarianze relazionali nelflusso ottico e a costruire la percezio-ne di oggetti rigidi che si muovono inuno spazio tridimensionale. In realtàsi è visto che continue trasformazioniprospettiche evocano sempre la perce-zione di oggetti in movimento di gran-dezza e forma costanti. Questo significache la particolare proiezione scelta per-cettivamente dal sistema visivo è unaproiezione che rappresenta l'invarianzaeuclidea in condizioni di movimentonel rigido spazio tridimensionale.

Da molte ricerche sperimentali cherisalgono agli anni venti è emersa laconclusione fondamentale e certa cheil sistema visivo, nel decifrare il flussoottico totale, tende a estrarre le com-ponenti delle invarianze proiettive inbase a regole specifiche. Per renderepiù facilmente comprensibile questaenunciazione piuttosto astratta, il modomigliore è forse quello di prendere unesempio dalla vita quotidiana. Il mionipotino corre verso di me sul pavi-mento del mio studio ansioso di mo-strarmi una coccinella che gli cammi-na sul dito. Il flusso ottico che questascena produce nei miei occhi compren-de le seguenti componenti: la luce ri-flessa da: 1) il pavimento, i muri e imobili del mio studio; 2) il corpo delbambino; 3) la mano e il dito delbambino protesi verso di me; e final-mente 4) la coccinella che si muovesul dito del bambino. Tutte questecomponenti che si muovono in rappor-to ai miei occhi contribuiscono al flus-so ottico complesso, ma è chiaro cheio non le percepisco in questo modonel quadro di un comune schema diriferimento. Dal punto di vista percet-tivo la stanza mi appare statica, vedoil bambino muoversi sul pavimento,il dito del bambino muoversi in rap-porto alla sua mano, e la coccinellamuoversi in rapporto al dito del bam-bino. Il mio sistema visivo astrae dun-que una serie gerarchica di sistemi diriferimento e di movimenti in rapportoa ciascuno di essi. L'analisi percettivadel flusso ottico come serie gerarchicadi diversi componenti del movimentosegue strettamente i principi della nor-male analisi matematica dei vettori;per questo motivo è stata definita ana-lisi percettiva vettoriale. Nel nostrolaboratorio all'Università di Uppsalaabbiamo compiuto molti esperimentiper stabilire i principi fondamentaliche stanno alla base di questa funzionepercettiva.

Descriverò ora brevemente alcuni

Se il quadrato stimolo non solo aumenta e diminuisce di grandezza ma viene anchetrasformato in un rettangolo quando si contrae, si producono due percezioni alterna-tive. Alcuni osservatori vedono una figura che si avvicina e si allontana e che con-temporaneamente si trasforma da quadrato a rettangolo e viceversa (percezione a). Al-tri, invece, vedono un quadrato che rimane tale ma che oscilla sul suo asse orizzontale (b).

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STIMOLO OGGETTO PERCEPITO

Se l'angolo di un quadrato viene fatto muovere lungo una diagonale, si ha la per-cezione di un piegamento della superficie. Questa può continuare fino a che l'angologiunge a toccare l'angolo opposto. Un osservatore percepirà inizialmente il piegamen-to da o verso di lui, ma difficilmente riuscirà a invertire la direzione del movimento.

Nella figura a destra si vede una persona cui sono attaccate12 lampadine alle principali articolazioni, e nella figura a si-nistra le tracce luminose lasciate dal suo movimento in unastanza buia, fotografate mediante una esposizione prolungata.Le linee continue così generate non sono ovviamente suscet-

tibili di alcuna interpretazione. Se, invece, il movimento dellelampadine è registrato sulla pellicola di una macchina cinema-tografica, proiettando il film si vede immediatamente unapersona che cammina. I fotogrammi di due persone illumi-nate in tal modo che ballano nel buio sono mostrati a pagina 67.

esperimenti tipici che si conducononel mio laboratorio e che riguardanol'analisi percettiva vettoriale e le suebasi geometriche. Nella maggior partedegli esperimenti gli stimoli visivi con-sistono in disegni controllati da uncalcolatore presentati su uno schermodi tipo televisivo e proiettati negli oc-chi dei nostri soggetti per mezzo di uncollimatore che elimina la parallassenonché la possibilità di vedere loschermo.

Alcuni elementi fondamentali delprincipio generale della relatività per-cettiva sono dimostrati da uno deimiei primi esperimenti. Il disegno-sti-molo consisteva semplicemente di trepunti luminosi A, B, C, l'uno sopraall'altro, che si muovevano avanti eindietro lungo linee rette (si veda l'il-lustrazione in basso a pagina 69). Quan-do venivano presentati da soli i duepunti superiore e inferiore A e C chesi muovevano verso sinistra e versodestra, essi sembravano essere rigida-mente collegati. Quando veniva pre-sentato il punto di mezzo, B, da solo,esso veniva visto, a ragione, in movi-mento lungo una retta obliqua. Maquando tutti e tre gli elementi veniva-no presentati simultaneamente, si avevaun esempio dell'analisi percettiva vet-toriale. L'intera unità ABC sembravamuoversi orizzontalmente come unità,ma il percorso di B non sembrava piùseguire una via obliqua ma apparivacome un movimento in senso verticaledall'alto in basso lungo una retta. Que-sto risultato può essere generalizzato:vettori eguali o componenti formanoun'unità percettiva che agisce come unoschema di riferimento in movimentoin rapporto al quale sembrano muover-si le componenti secondarie.

Una serie più recente di esperimenti

in cui alcuni punti tracciano un'ellisseo qualche altra sezione di cono per-mette di gettare altra luce sulla geo-metria della percezione. Se, sul nostroschermo presentiamo due punti, oppo-sti rispetto a un punto centrale imma-ginario, che tracciano un'ellisse, gli os-servatori hanno sempre l'impressionedi vedere un bastoncino rigido di cuisono visibili solo i punti terminali (siveda l'illustrazione in alto a pagina 70).Cosa anche più sorprendente, il ba-stoncino sembra ruotare su un pianoinclinato rispetto all'osservatore. Il pia-no che viene percepito ha un'inclina-zione che corrisponde, più o meno,all'inclinazione elaborata al calcolato-re di un cerchio proiettato. Sebbenel'osservatore sia perfettamente consa-pevole del fatto che i due punti sulloschermo in realtà disegnano un'ellissi,egli è incapace di vedere il e vero »disegno euclideo; egli vede sempre l'el-lisse come un cerchio. Abbiamo quiuna convincente indicazione del fattoche l'analisi percettiva segue sponta-neamente i principi della prospettivacentrale.

Una « illusione » ancora più affasci-nante è originata da una variante di

questo esperimento in cui i due puntiluminosi seguono un disegno perfetta-mente rettangolare (si veda l'illustra-zione in basso a pagina 70). Devo am-mettere che sono rimasto molto sor-preso nel constatare che anche in que-sto caso i due punti appaiono comele estremità illuminate di un bastonci-no rigido rotante intorno a un puntocentrale fisso. Era da presumere che sisarebbero visti semplicemente due pun-ti (forse connessi elasticamente fra lo-ro) che si inseguivano l'un l'altro lun-go un percorso rettangolare. Invece,

ecco comparire ancora una volta l'im-maginario bastoncino; la sua lunghezzasembra rimanere costante mentre il ba-stoncino si muove in maniera stranaruotando per un po' su un piano qua-si verticale per poi inclinarsi e tornaredi nuovo alla verticale. Così forte è latendenza percettiva ad astrarre la in-varianza proiettiva che viene preferitoun movimento altamente complesso e« innaturale » — certamente mai vistoprima — al semplice disegno rettango-lare tracciato dai due punti luminosi.L evidente che la relazione spazialefra due stimoli isolati in movimentodeve essere obbligatoriamente percepi-ta come la forma più semplice di mo-vimento che preservi una connessionerigida fra i due stimoli. La formulagenerale è rappresentata dalla invarian-za spaziale più il movimento.

In un'altra serie di esperimenti leg-germente diversi ma a questi collegati,lo schema presentava il contorno com-pleto di una figura geometrica sempli-ce la cui forma veniva sistematicamen-te alterata secondo particolari modali-tà. Si può, per esempio, mostrare al-l'osservatore un quadrato che alterna-tivamente si espande e si contrae (siveda l'illustrazione in alto nella paginaprecedente). Ciò che l'osservatore per-cepisce, tuttavia, è un quadrato di di-mensioni stabili che alternativamentesi avvicina e si allontana. Egli nonpercepisce mai il quadrato come undisegno immobile che cambia dimen-sioni. Anche in questo caso il risultatoindica che il sistema visivo preferisceautomaticamente l'invarianza delle di-mensioni della figura, ottenuta con ladeduzione di un movimento nello spa-zio tridimensionale.

L'esperimento che ora descriverò vie-ne percepito in due modi diversi dadiversi osservatori. Alcuni sembranovedere solo una modalità, mentre peraltri le due modalità percettive si al-ternano. In questa presentazione laparte superiore e quella inferiore diun quadrato si contraggono e si espan-dono alternativamente come nell'espe-rimento precedente, mentre i lati fan-no lo stesso movimento ma meno ac-centuato. Geometricamente, un quadra-to grande si collassa a formare un ret-tangolo un. po' più piccolo e poi siespande fino a tornare alle dimensionioriginali (si veda l'illustrazione in bas-no nella pagina precedente). Tutti gliosservatori hanno l'impressione che lafigura alternativamente si avvicini e siallontani. Per alcuni, tuttavia, la figu-ra sembra modificarsi durante il mo-vimento da un quadrato a un rettango-lo, e viceversa. Per altri, invece, il qua-drato sembra restare tale ruotando pe-rò avanti e indietro sul suo asse oriz-

zontale man mano che avanza e retro-cede. Incontriamo dunque due varian-ti di analisi vettoriale nella strutturageometrica della proiezione centrale.La prima è particolarmente interessan-te perché rappresenta la percezionesimultanea del movimento e del cam-biamento di forma, come quando os-serviamo il movimento di una nuvolao di un anello di fumo.

Un ultimo esempio, tratto da unaserie di esperimenti recentemente pub-blicati da Gunnar Jansson e da me,implica un cambiamento piuttosto lie-ve nella geometria di un quadrato: unangolo viene fatto muovere lentamen-te da e verso il centro del quadratostesso (si veda l'illustrazione a sinistra).Il risultato è interessante perché dimo-stra un nuovo tipo di invarianza per-cettiva. L'osservatore ha l'illusione cheil quadrato sia una superficie flessibilecon un angolo che si piega verso di lui.Questo può sembrare sorprendente, maè proprio ciò che ci si aspetterebbe seil cambiamento della figura fosse in-terpretato come una proiezione pro-spettica continua.

Caratteristica comune di tutti gli e-sperimenti qui descritti è che l'osser-vatore evidentemente non è libero di

scegliere fra un'interpretazione euclideae una interpretazione proiettiva dellageometria mutevole della figura pre-sentata. Per esempio, egli non riescea convincersi di avere davanti a sésemplicemente un quadrato che diven-ta alternativamente più grande e piùpiccolo sullo stesso piano visivo; ilsuo sistema visivo insiste a dirgli checiò che egli vede è un quadrato digrandezza costante che si avvicina e siallontana. Pertanto egli percepisce ilmovimento di un'entità rigida in pro-fondità, una rotazione in una specifi-ca inclinazione, una ripiegatura in pro-fondità e così via, insieme al più altogrado possibile di costanza dell'oggetto.

La teoria della percezione visiva cheho qui delineato è basata su studi

effettuati con disegni-stimolo artificiali ealtamente semplificati. Questi esperi-menti hanno contribuito a dimostrareche il sistema visivo usa la geometriadella prospettiva centrale e ci ha per-messo di formulare i principi della a-nalisi percettiva vettoriale. Era natura-le che i miei colleghi e io ci ponessimoil quesito: esiste un modo per dimo-strare sperimentalmente che i principidell'analisi percettiva sono validi anche

per i più complessi schemi di movi-mento che si incontrano nella vita ditutti i giorni? Nel tentativo di rispon-dere a questa domanda alcuni anni faabbiamo cominciato a studiare speri-mentalmente i disegni complessi ge-nerati dal movimento degli uomini edegli animali, disegni che potrebberoessere definiti movimenti biologici.

I nostri esperimenti precedenti ave-vano dimostrato che i punti terminaliin movimento di una linea retta altri-menti invisibile trasmettono una quan-tità sufficiente di informazione da da-re l'impressione di una linea rigida chesi muove nello spazio tridimensionale.Abbiamo perciò posto l'ipotesi che seavessimo presentato i movimenti dellearticolazioni di una persona che cam-mina sotto forma di un certo numerodi punti luminosi in movimento su unosfondo nero, un osservatore avrebbepotuto percepire che questi punti rap-presentavano un uomo che cammina.Abbiamo dunque attaccato piccole lam-padine alle spalle, ai gomiti, ai polsi,alle anche, alle ginocchia e alle cavi-glie di uno dei nostri collaboratori eabbiamo fatto un film mentre si muo-veva per la stanza buia (si veda l'il-lustrazione in questa pagina).

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Page 5: La percezione visiva del movimento - download.kataweb.itdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1975_086_6.pdf · Quando camminiamo lungo una strada gli edifici ci appaiono

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Quando il film fu mostrato a os-servatori ignari, il risultato oltrepassòle nostre aspettative. Alla prima sce-na, quando l'attore è seduto immobilesu una sedia, gli osservatori sono trat-ti in inganno perché vedono solo unaserie di luci disposte casualmente, piùo meno come una costellazione. Manon appena l'attore si alza e cominciaa camminare, gli osservatori percepi-scono istantaneamente che le luci sonoattaccate a un essere umano che cam-mina e che è, per il resto, invisibile.Essi sono in grado non solo di diffe-renziare senza esitazione tra i movi-menti diversi del camminare e del cor-rere, ma anche di riconoscere piccoleanomalie nel comportamento dell'atto-re, come la simulazione di una lievezoppia. In un altro esperimento ab-biamo ripreso due persone, anch'essefestonate di piccole luci, che eseguiva-no una danza popolare. Quando ilfilm veniva proiettato tutti capivanoimmediatamente che i 24 punti lumi-nosi che vorticavano rappresentavanouna coppia che ballava (si veda l'il-lustrazione a pagina 67).

La sorprendente capacità del sistemavisivo dell'uomo di percepire una doz-zina o due dozzine di luci in movi-mento come il movimento di perso-ne ci ha portato a studiare quale fos-se il tempo di esposizione minimo ri-chiesto per l'organizzazione sensorialedi queste immagini. Il risultato, recen-temente pubblicato dal nostro gruppo,è che spesso è sufficiente un decimo disecondo (il tempo necessario a proiet-tare due fotogrammi) perché un osser-vatore ignaro identifichi un movimentobiologico familiare. Questi dati, e altrinon ancora pubblicati, mi hanno indot-to a ritenere che la capacità del siste-ma visivo di astrarre relazioni inva-rianti dal tipo di immagini che hodescritto sia il prodotto di vie visive« precostituite » o fissate che hannoorigine nella retina e terminano nellacorteccia.

appiamo ora, dalle nostre ricerche,che la componente nel flusso otti-

co che è conseguenza della locomozio-ne rappresenta in genere una trasfor-mazione prospettica continua. Facendoun'ulteriore generalizzazione dai nostriesperimenti, concludiamo che durantela locomozione le componenti dell'am-biente visivo umano sono interpretatecome strutture rigide in movimento re-lativo. Da questo punto di vista esisteuna buona correlazione tra la teoriae i nostri esperimenti; non c'è dubbioche noi percepiamo l'ambiente comeun'entità rigida.

Il termine movimento relativo può

implicare, tuttavia, che sia l'osservato-re sia l'ambiente (o tutti e due) pos-sono essere considerati in movimentol'uno rispetto all'altro. Tanto gli e-sperimenti quanto l'esperienza indicanoche l'ambiente costituisce il punto diriferimento per il movimento umano.Il mondo è percepito come un'entitàstazionaria e l'osservatore come un'uni-tà in movimento. Ciò nonostante dalpunto di vista teorico possiamo chie-derci: perché il punto di riferimentoultimo non è l'occhio stesso? Perchénon percepiamo che è il pavimento aspostarsi anziché noi? Dal punto divista funzionale la risposta è facile:le percezioni fornite da un occhio« stazionario » conterrebbero meno in-formazioni.

Noi riconosciamo, naturalmente, chel'informazione visiva sulla locomozio-ne non è un'entità isolata; essa inte-ragisce con i segnali che provengonoda altri organi di senso che riferi-scono sui movimenti corporei: organipresenti nelle articolazioni nei musco-li, nell'orecchio interno e così via. Èevidente, tuttavia, che la nostra co-scienza della locomozione richiede qual-cosa di più. Gli esperimenti hanno di-mostrato che la percezione visiva dellalocomozione è capace di aver ragionedi informazioni spaziali contrastantiche provengono da questi altri canalisensoriali. Sembra pertanto che il flus-so ottico che colpisce la retina duran-te la locomozione abbia la preceden-za su tutte le altre informazioni.

Le ricerche che ho riferito, insiemead altre analoghe effettuate in moltialtri laboratori, forniscono le grandilinee di quella che potrebbe esserechiamata una teoria relativistica dellavisione. Il reperto fondamentale è chela geometria che presiede alla decifra-zione degli stimoli visivi è di tipo rela-tivistico e simile alla geometria proiet-tiva. È in accordo con questa geome-tria che dal flusso ottico globale vengo-no astratte serie di invarianze relativeo trasformazioni prospettiche. Questodà come risultato sistemi gerarchici didiverse componenti che sono percepi-te sotto forma di trasformazioni pro-spettiche sia in comune sia relativamen-te l'una all'altra. Come è messo inchiaro dai nostri esperimenti, gli esse-ri umani tendono a percepire gli og-getti sotto forma di entità fornite diforme euclidee costanti che si muovo-no rigidamente in un mondo tridimen-sionale.

Nella vita reale questi principi del-l'analisi visiva presi insieme danno o-rigine a una corrispondenza abbastanzabuona tra il mondo fisico e il mondocome noi Io percepiamo.

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