La marcia dei 70mila Lipsia ’89: prove generali per la ... · oppositorierano stati pesantemente...

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Data e Ora: 09/10/09 00.16 - Pag: 6 - Pubb: 09/10/2009 - Composite Vent’anni fa La marcia dei 70mila Lipsia, 9 ottobre 1989, ore 17,30: 70mila persone provenienti da tutta la Germania Est, l’allora Ddr comunista, si radunano nella piazza antistante la chiesa luterana di San Nicola e danno vita alla più imponente manifestazione antiregime mai vista dopo la tragica sommossa tedesco-orientale del 1953. Appena quattro mesi prima, il 4 giugno 1989, in piazza Tien-an-men a Pechino, la protesta contro il potere comunista cinese era terminata in un massacro. I manifestanti di Lipsia temono che il dramma si possa ripetere. E, invece, non accade nulla. La città è stretta d’assedio da oltre 8mila militari e da altrettanti Vopos (agenti antisommossa), ma nessuno di loro muove un dito. La manifestazione si svolge pacificamente: i partecipanti sfilano, tenendo in mano ceri accesi e lanciando slogan che chiedono libertà, democrazia e l’apertura dei confini. Il giorno prima, nella vicina Dresda, 5mila oppositori erano stati pesantemente ca- ricati. Ma a Lipsia tutto fila liscio. Il pastore Führer eroe dimenticato I manifestanti restano loro stessi stu- piti, ma ben presto capiscono: il regime è alle corde, non se la sente più di reagi- re, sta perdendo la partita. E, difatti, un mese dopo, il 9 novembre, il Muro di Ber- lino crollerà e con lui andrà in macerie il mondo comunista. Lipsia, lo si capirà dopo, è stata la prova generale, il grimal- dello sotto la cui leva il regime è implo- so. È stata la culla della «rivoluzione pa- cifica» della Ddr. Ricordare quell’evento, a vent’anni di distanza, ha il senso di ristabilire una ve- rità storica spesso ignorata: la caduta del Muro non fu solo la conseguenza del- la politica di un Reagan o di un Gorba- ciov o della tenacia dell’Occidente o del- la profetica azione del Papa Polacco o dell’inefficacia del sistema economico statalizzato. Certo, fu tutto questo. Ma fu anche, e in maniera non secondaria, opera di popolo. Lipsia. Tutto comincia nel novembre del 1981. La chiesa luterana di San Nico- la, retta dal pastore Christian Führer. classe 1943, indice la «Decade della pa- ce», dieci giorni di preghiera e di medita- zioni per il disarmo e, in sostanza, con- tro l’installazione in Europa dei missili sovietici SS20 e dei Pershing e Cruise americani. Su suggerimento dei giovani del locale Movimento per la pace, padre Christian, a partire dal settembre 1982, trasforma in settimanali gli appunta- menti di preghiera. Ogni lunedì alle 17 nella Chiesa di San Nicola si incontrano pacifisti, ambientalisti, gruppi per la tu- tela dei diritti umani, giovani credenti e non credenti. Si riuniscono per pregare, per meditare e per discutere. In sostan- za, tengono viva la fiamma della libertà di pensiero e del dissenso. Un dissenso rigorosamente non-violento e ispirato ai dettami del Vangelo. Il regime di Hon- necker, anche se di mala voglia, tollera. Ben presto, padre Führer e la Niko- laikirche diventano uno dei punti di rife- rimento dell’opposizione al regime nella Ddr. Gli anni Ottanta avanzano. In Polo- nia, Solidarnosc, nell’agosto 1980, aveva posto un primo cuneo nella plumbea ar- chitettura del comunismo europeo. Nel marzo 1985 Gorbaciov sale al potere al Cremlino e lancia la politica della gla- snost (trasparenza) e della perestrojka. Mano a mano i regimi dell’Est europeo si aprono a una nuova stagione politica. Il 1989 è l’anno dell’improvvisa accele- razione. A febbraio i sovietici si ritirano dall’Afghanistan. In primavera Gorba- ciov proclama il principio della non inge- renza di Mosca negli affari degli altri Pa- esi comunisti: è il ribaltamento della dottrina Breznev. La Polonia non se lo fa ripetere due volte e il 4 giugno (lo stes- so giorno della strage di Tien-an-men) indice libere elezioni: Solidarnosc con- quista tutti i seggi alla Camera e 99 su cento al Senato. In Ungheria, uscito di scena Kadar, il parlamento addotta un «pacchetto de- mocratico» che porterà ad ottobre alla dissoluzione del partito comunista e nel- la primavera successiva a libere elezio- ni. Intanto il 23 agosto l’Ungheria apre le frontiere con l’Austria, autorizzando la libera circolazione di persone e merci. Ddr, lager per 16 milioni Solo la Ddr (e, a sud, la Romania) resi- ste a ogni cambiamento. La vita sotto il regime di Honnecker è dura. I negozi spesso sono senza merci. Per comprare un sapone occorre fare una fila di ore. Per acquistare un’auto Trabant, supe- rinquinante, è necessario stare in lista d’attesa dagli 8 ai 12 anni. Ma quello che brucia di più è la mancanza della libertà di pensiero e della libertà di circolazio- ne. La Ddr è un immenso lager per 16 milioni di persone. A partire dall’estate migliaia di citta- dini tedesco-orientali danno l’assalto al- le ambasciate tedesco federali in Polo- nia e Cecoslovacchia per ottenere asilo politico e visti di espatrio. Ad agosto, al- meno 30mila persone, con la scusa di an- dare in vacanza sul lago Balaton, entra- no in Ungheria per potere da lì fuggire in Austria. Un esodo quasi biblico. Nella Ddr si susseguono manifestazio- ni per la libertà politica e di movimento, tutte duramente represse. A Lipsia, tutti i lunedì, alla fine della meditazione per la pace, davanti alla chiesa di San Nicola si formano cortei spontanei e non violenti, sistematica- mente dispersi dalla polizia. Fino a lune- dì 9 ottobre. Il corteo dei 70mila convin- ce il potere a cedere. È la svolta tanto attesa, opera della tenacia di popolo e della fede di un minuto, ma coriaceo pa- store e di tanti altri come lui. Da qui in poi la strada sarà in discesa: 10 giorni dopo Honnecker si dimette. Un mese dopo cade il Muro di Berlino. Su questi eventi la giornalista di Riva del Garda, Paola Rosà, ha scritto un bel libro: «Lipsia 1989: nonviolenti contro il Muro». Verrà presentato a Brescia il prossimo 3 novembre alle ore 20,45 nel Salone Bevilacqua presso i Padri della Pace, in via Pace 10 sotto gli auspici del- la Cooperativa Cattolico democratica di Cultura, presente l’autrice e il pasto- re della Nikolaikirche, Christian Führer. Claudio Gandolfo Lipsia ’89: prove generali per la caduta del Muro Cosa ha significato la Chiesa di San Nicola a Lipsia nella caduta del Muro? Perché ricordare la data del 9 ottobre? Lo chiediamo alla dottoressa Paola Rosà autrice del volume «Lipsia 1989: non violenti contro il Muro». L’estate del 1989 si era caratterizzata per le fu- ghe in massa dei cittadini della Ddr, dopo l’apertu- ra delle frontiere tra Ungheria e Austria. E per deci- ne di manifestazioni di piazza, tutte regolarmente represse con idranti, cariche di polizia e arresti. Ma il 9 ottobre qualcosa cambia. La polizia per la prima volta non interviene. Il regime cede e apre al dialogo. È la vittoria dell’azione silenziosa e tenace che la Chiesa di San Nicola e il suo pastore, Chri- stian Führer, hanno portato avanti fin dagli inizi degli anni Ottanta». Di che si tratta? Parlo delle cosiddette preghiere per la pace del lunedì. Erano un evento strettamente ecclesiale che seguiva una procedura prestabilita ed erano accettate dallo Stato in quanto, almeno formal- mente, non affrontavano temi politici diretti. Poi, però, quando sono diventate spazio di di- scussione per i dissidenti, hanno cominciato ad at- tirare anche manifestazioni di piazza, pur senza averne intenzione. In quell’estate del 1989 accade- va che quando i lunedì sera i gruppi di preghiera uscivano dalla chiesa di San Nicola trovavano il sa- grato stracolmo di gente che dava vita a cortei che immancabilmente la polizia disperdeva. Fino a quel fatidico 9 ottobre. Che ebbe un’altra particola- rità: radunò 70mila persone provenienti da tutto il Paese. Una cosa mai vista. Pochi immaginarono che entro un mese il Muro sarebbe caduto. Ma tut- ti si resero conto che una svolta era avvenuta. Le preghiere della pace furono un’iniziativa li- mitata a Lipsia? No, dall’inizio degli anni Ottanta si tennero in tutta la Ddr ad opera delle chiese evangeliche, ma solo nella chiesa di San Nicola l’iniziativa ebbe una così meticolosa continuità, di lunedì in lunedì, fino a sfociare nell’evento del 9 ottobre. San Nicola di- venne un punto di riferimento nazionale.. Nella Ddr c’erano altri gruppi d’opposizione non legati alle chiese? No, non c’erano. E per una ragione semplice: la Chiesa era l’unica istituzione riconosciuta dalla Co- stituzione a cui fosse permessa un’attività autono- ma. Si potevano tenere assemblee legate alle attivi- tà religiose e, cosa molto importante, si potevano pubblicare scritti. Quindi era inevitabile che i grup- pi del dissenso si legassero alla chiesa, non fosse altro che per poter pubblicare le loro cose. In so- stanza, le chiese divennero l’unico veicolo attraver- so il quale l’opposizione si poteva esprimere. Accadde solo nella Ddr? Direi di sì. Vorrei notare che la storiografia uffi- ciale ha snobbato gli oppositori del regime repu- tando che nella Ddr non ci sia stata opposizione, solo perché mancarono nomi importanti. Ma non è vero. Nella Ddr ci fu una vera rivoluzione non vio- lenta, un autentico sommovimento di popolo. E la chiesa di San Nicola di Lipsia, con il pastore Führer, ne furono l’epicentro» c. g. Corteo a Lipsia nell’89 (per gentile concessione di Alberto Franchi) «Attorno aS. Nicola un’autentica rivoluzione non violenta» La scrittrice Paola Rosà racconta quei giorni. «La chiesa luterana fu l’epicentro dell’opposizioneal regime comunista» 6 estero Giornale di Brescia Venerdì 9 Ottobre 2009

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Data e Ora: 09/10/09 00.16 - Pag: 6 - Pubb: 09/10/2009 - Composite

Vent’anni fa La marcia dei 70mila

■ Lipsia, 9 ottobre 1989, ore 17,30:70mila persone provenienti da tutta laGermania Est, l’allora Ddr comunista,si radunano nella piazza antistante lachiesa luterana di San Nicola e dannovita alla più imponente manifestazioneantiregime mai vista dopo la tragicasommossa tedesco-orientale del 1953.Appena quattro mesi prima, il 4 giugno1989, in piazza Tien-an-men a Pechino,la protesta contro il potere comunistacinese era terminata in un massacro. Imanifestanti di Lipsia temono che ildramma si possa ripetere. E, invece,non accade nulla.

La città è stretta d’assedio da oltre8mila militari e da altrettanti Vopos(agenti antisommossa), ma nessuno diloro muove un dito. La manifestazionesi svolge pacificamente: i partecipantisfilano, tenendo in mano ceri accesi elanciando slogan che chiedono libertà,democrazia e l’apertura dei confini. Ilgiorno prima, nella vicina Dresda, 5milaoppositori erano stati pesantemente ca-ricati. Ma a Lipsia tutto fila liscio.

Il pastore Führer eroe dimenticatoI manifestanti restano loro stessi stu-

piti, ma ben presto capiscono: il regimeè alle corde, non se la sente più di reagi-re, sta perdendo la partita. E, difatti, unmese dopo, il 9 novembre, il Muro di Ber-lino crollerà e con lui andrà in macerie ilmondo comunista. Lipsia, lo si capiràdopo, è stata la prova generale, il grimal-dello sotto la cui leva il regime è implo-so. È stata la culla della «rivoluzione pa-cifica» della Ddr.

Ricordare quell’evento, a vent’anni didistanza, ha il senso di ristabilire una ve-rità storica spesso ignorata: la cadutadel Muro non fu solo la conseguenza del-la politica di un Reagan o di un Gorba-ciov o della tenacia dell’Occidente o del-la profetica azione del Papa Polacco odell’inefficacia del sistema economicostatalizzato. Certo, fu tutto questo. Mafu anche, e in maniera non secondaria,opera di popolo.

Lipsia. Tutto comincia nel novembredel 1981. La chiesa luterana di San Nico-la, retta dal pastore Christian Führer.classe 1943, indice la «Decade della pa-ce», dieci giorni di preghiera e di medita-zioni per il disarmo e, in sostanza, con-tro l’installazione in Europa dei missilisovietici SS20 e dei Pershing e Cruiseamericani. Su suggerimento dei giovanidel locale Movimento per la pace, padreChristian, a partire dal settembre 1982,

trasforma in settimanali gli appunta-menti di preghiera. Ogni lunedì alle 17nella Chiesa di San Nicola si incontranopacifisti, ambientalisti, gruppi per la tu-tela dei diritti umani, giovani credenti enon credenti. Si riuniscono per pregare,per meditare e per discutere. In sostan-za, tengono viva la fiamma della libertàdi pensiero e del dissenso. Un dissensorigorosamente non-violento e ispiratoai dettami del Vangelo. Il regime di Hon-necker, anche se di mala voglia, tollera.

Ben presto, padre Führer e la Niko-laikirche diventano uno dei punti di rife-rimento dell’opposizione al regime nellaDdr.

Gli anni Ottanta avanzano. In Polo-nia, Solidarnosc, nell’agosto 1980, avevaposto un primo cuneo nella plumbea ar-chitettura del comunismo europeo. Nelmarzo 1985 Gorbaciov sale al potere alCremlino e lancia la politica della gla-snost (trasparenza) e della perestrojka.Mano a mano i regimi dell’Est europeosi aprono a una nuova stagione politica.

Il 1989 è l’anno dell’improvvisa accele-razione. A febbraio i sovietici si ritiranodall’Afghanistan. In primavera Gorba-ciov proclama il principio della non inge-renza di Mosca negli affari degli altri Pa-esi comunisti: è il ribaltamento delladottrina Breznev. La Polonia non se lofa ripetere due volte e il 4 giugno (lo stes-

so giorno della strage di Tien-an-men)indice libere elezioni: Solidarnosc con-quista tutti i seggi alla Camera e 99 sucento al Senato.

In Ungheria, uscito di scena Kadar, ilparlamento addotta un «pacchetto de-mocratico» che porterà ad ottobre alladissoluzione del partito comunista e nel-la primavera successiva a libere elezio-ni. Intanto il 23 agosto l’Ungheria aprele frontiere con l’Austria, autorizzandola libera circolazione di persone e merci.

Ddr, lager per 16 milioniSolo la Ddr (e, a sud, la Romania) resi-

ste a ogni cambiamento. La vita sotto ilregime di Honnecker è dura. I negozispesso sono senza merci. Per comprareun sapone occorre fare una fila di ore.Per acquistare un’auto Trabant, supe-rinquinante, è necessario stare in listad’attesa dagli 8 ai 12 anni. Ma quello chebrucia di più è la mancanza della libertàdi pensiero e della libertà di circolazio-ne. La Ddr è un immenso lager per 16milioni di persone.

A partire dall’estate migliaia di citta-dini tedesco-orientali danno l’assalto al-le ambasciate tedesco federali in Polo-nia e Cecoslovacchia per ottenere asilopolitico e visti di espatrio. Ad agosto, al-meno 30mila persone, con la scusa di an-dare in vacanza sul lago Balaton, entra-

no in Ungheria per potere da lì fuggirein Austria. Un esodo quasi biblico.

Nella Ddr si susseguono manifestazio-ni per la libertà politica e di movimento,tutte duramente represse.

A Lipsia, tutti i lunedì, alla fine dellameditazione per la pace, davanti allachiesa di San Nicola si formano corteispontanei e non violenti, sistematica-mente dispersi dalla polizia. Fino a lune-dì 9 ottobre. Il corteo dei 70mila convin-ce il potere a cedere. È la svolta tantoattesa, opera della tenacia di popolo edella fede di un minuto, ma coriaceo pa-store e di tanti altri come lui.

Da qui in poi la strada sarà in discesa:10 giorni dopo Honnecker si dimette.Un mese dopo cade il Muro di Berlino.

Su questi eventi la giornalista di Rivadel Garda, Paola Rosà, ha scritto un bellibro: «Lipsia 1989: nonviolenti contro ilMuro». Verrà presentato a Brescia ilprossimo 3 novembre alle ore 20,45 nelSalone Bevilacqua presso i Padri dellaPace, in via Pace 10 sotto gli auspici del-la Cooperativa Cattolico democraticadi Cultura, presente l’autrice e il pasto-re della Nikolaikirche, Christian Führer.

Claudio Gandolfo

Lipsia ’89: prove generaliper la caduta del Muro

■ Cosa ha significato la Chiesa di San Nicola aLipsia nella caduta del Muro? Perché ricordare ladata del 9 ottobre? Lo chiediamo alla dottoressaPaola Rosà autrice del volume «Lipsia 1989: nonviolenti contro il Muro».

L’estate del 1989 si era caratterizzata per le fu-ghe in massa dei cittadini della Ddr, dopo l’apertu-ra delle frontiere tra Ungheria e Austria. E per deci-ne di manifestazioni di piazza, tutte regolarmenterepresse con idranti, cariche di polizia e arresti.Ma il 9 ottobre qualcosa cambia. La polizia per laprima volta non interviene. Il regime cede e apre aldialogo. È la vittoria dell’azione silenziosa e tenaceche la Chiesa di San Nicola e il suo pastore, Chri-stian Führer, hanno portato avanti fin dagli inizidegli anni Ottanta».

Di che si tratta?Parlo delle cosiddette preghiere per la pace del

lunedì. Erano un evento strettamente ecclesialeche seguiva una procedura prestabilita ed eranoaccettate dallo Stato in quanto, almeno formal-mente, non affrontavano temi politici diretti.

Poi, però, quando sono diventate spazio di di-scussione per i dissidenti, hanno cominciato ad at-tirare anche manifestazioni di piazza, pur senzaaverne intenzione. In quell’estate del 1989 accade-va che quando i lunedì sera i gruppi di preghierauscivano dalla chiesa di San Nicola trovavano il sa-grato stracolmo di gente che dava vita a cortei cheimmancabilmente la polizia disperdeva. Fino aquel fatidico 9 ottobre. Che ebbe un’altra particola-rità: radunò 70mila persone provenienti da tutto il

Paese. Una cosa mai vista. Pochi immaginaronoche entro un mese il Muro sarebbe caduto. Ma tut-ti si resero conto che una svolta era avvenuta.

Le preghiere della pace furono un’iniziativa li-mitata a Lipsia?

No, dall’inizio degli anni Ottanta si tennero intutta la Ddr ad opera delle chiese evangeliche, masolo nella chiesa di San Nicola l’iniziativa ebbe unacosì meticolosa continuità, di lunedì in lunedì, finoa sfociare nell’evento del 9 ottobre. San Nicola di-venne un punto di riferimento nazionale..

Nella Ddr c’erano altri gruppi d’opposizionenon legati alle chiese?

No, non c’erano. E per una ragione semplice: laChiesa era l’unica istituzione riconosciuta dalla Co-stituzione a cui fosse permessa un’attività autono-

ma. Si potevano tenere assemblee legate alle attivi-tà religiose e, cosa molto importante, si potevanopubblicare scritti. Quindi era inevitabile che i grup-pi del dissenso si legassero alla chiesa, non fossealtro che per poter pubblicare le loro cose. In so-stanza, le chiese divennero l’unico veicolo attraver-so il quale l’opposizione si poteva esprimere.

Accadde solo nella Ddr?Direi di sì. Vorrei notare che la storiografia uffi-

ciale ha snobbato gli oppositori del regime repu-tando che nella Ddr non ci sia stata opposizione,solo perché mancarono nomi importanti. Ma nonè vero. Nella Ddr ci fu una vera rivoluzione non vio-lenta, un autentico sommovimento di popolo. E lachiesa di San Nicola di Lipsia, con il pastoreFührer, ne furono l’epicentro» c. g.

Corteo a Lipsia nell’89 (per gentile concessione di Alberto Franchi)

«Attorno a S. Nicola un’autentica rivoluzione non violenta»La scrittrice Paola Rosà racconta quei giorni. «La chiesa luterana fu l’epicentro dell’opposizione al regime comunista»

6 estero Giornale di Brescia Venerdì 9 Ottobre 2009