La Konservative Revolution Di Mohler Di Giorgio Locchi

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La vita culturale e politica tedesca fu caratterizzata, tra il 1918 e il 1933, dall’esistenza di un possente movimento spirituale che si dichiarò deciso «a fare tabula rasa delle rovine del XIX secolo e a stabilire un nuovo ordine di vita». Questo movimento si è manifestato, con maggiore o minore vigore, pressoché ovunque in Europa, ma è stato in Germania che ha marcato più profondamente, ed in tutti i campi, la vita della società. È stato chiamato Konservative Revolution: di "Rivoluzione conservatrice". Di fatto, si tratta di un movimento "metapolitico" molte volte descritto (troppo sovente del resto da avversari, e sulla base di idee preconcette), ma che in definitiva si conosceva assai male, malgrado la sua fondamentale importanza storica. Nel 1950 Armin Mohler [alias ] si propose di colmare questa lacuna e pubblicò una dissertazione discussa l’anno precedente presso l’Università di Bâle con Karl Jaspers e Herman Schmalenbach. Questa tesi, divenuta poi celebre, è stata quindi riedita sotto forma di vero e proprio manuale, aumentato di un’imponente bibliografia di circa 400 pagine, la quale basta da sola a testimoniare l’importanza e la ricchezza degli autori della Konservative Revolution [versione originale: Die Konservative Revolution in Deutschland 1918-1932. Ein Handbuch ; trad. italiana: La rivoluzione conservatrice in Germania 1918-1932. Una guida , LEdE-Akropolis 1990; trad. francese, dalla cui pubblicazione prende le mosse il presente articolo: La révolution conservatrice en Allemagne ]. Il compito che Armin Mohler ha voluto intraprendere è stato dei più ardui. Dal 1918 al 1933, la Rivoluzione Conservatrice non ha mai presentato un aspetto unitario, un solo volto. Tesa alla ricerca della sua propria via, essa si è spinta in mille direzioni apparentemente divergenti, investendo allo stesso modo l’arte come la filosofia, la letteratura come la politica. La Rivoluzione Conservatrice forma dunque un universo da sè sola, la cui profondità e ampiezza possono meravigliare coloro che la scoprono per la prima volta. Uomini così diversi come il "primo" Thomas Mann (poi obbligato all’esilio nel 1933), Ernst Jünger (L'Operaio ) e suo fratello Friedrich Georg, Oswald Spengler [alias ] (l'autore de Il tramonto dell’occidente ), Ernst von Salomon (I Proscritti ), Alfred Baeumler (divenuto in seguito una sorta di filosofo universitario ufficiale del nazional-socialismo), Stefan George (vedi anche le opere su Gutenberg-DE ) e Hugo von Hofmannsthal [alias ], il giurista Carì Schmitt [alias ], il biologo Jacob von Uexküll , l’antropologo Hans F.K. Günther , l’economista Werner Sombart , l’archeologo Gustav Kossinna, Erwin Guido Kolbenheyer e Hans Grimm [alias ], Hans Blüher e Gottfried Benn , Ernst Wiechert , Rainer Maria Rilke , Max Scheler [alias ] e Ludwig Klages , per non citarne che alcuni tra i più celebri, sono tutti uomini della Rivoluzione Conservatrice. Sono coloro la cui opera suscitò e animò d’impulsi sempre rinnovati una moltitudine di società di pensiero, di "circoli di amici", di organizzazioni segrete e semisegrete a carattere esoterico, di cenacoli letterari, di partiti e "gruppuscoli" politici, di associazioni legate ai Freikorps, all’underground (già!), nelle direzioni più diverse e intorno a propositi e intenzioni i più diversamente articolati. La parentela di tutte queste correnti non ne risulta per questo meno evidente, ma la loro comune mentalità non si lascia cogliere che con difficoltà da chi adotti un punto di vista esterno al movimento. D’altra parte, i sentimenti che gli uni e gli altri avevano della loro parentela ideologica non gli impedivano di nutrire tra loro inimicizie e odi furiosi (di quelli che si votano ai "traditori" più ancora che ai nemici). Fu così che Walter Rathenau [alias ], le cui opere pure si situano ai margini della Rivoluzione Conservatrice stessa, fu assassinato da terroristi che erano a loro volta "conservatori-rivoluzionari": la questione è ben conosciuta per il racconto fattone da von Salomon in Die Geächteten (I Proscritti ). Infine, come afferma l’autore della prefazione, la "vicinanza spirituale" al nazionalsocialismo compromette la Rivoluzione Conservatrice e rischia di sfalsare l’analisi gettando un’ombra su ciò che fu in realtà. Pur riconoscendo che si tratta di un compito pressoché impossibile, Mohler ha

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La vita culturale e politica tedesca fu caratterizzata, tra il 1918 e il 1933, dall’esistenza di un possente movimento spirituale che si dichiarò deciso «a fare tabula rasa delle rovine del XIX secolo e a stabilire un nuovo ordine di vita». Questo movimento si è manifestato, con maggiore o minore vigore, pressoché ovunque in Europa, ma è stato in Germania che ha marcato più profondamente, ed in tutti i campi, la vita della società. È stato chiamato Konservative Revolution: di "Rivoluzione conservatrice". Di fatto, si tratta di un movimento "metapolitico" molte volte descritto (troppo sovente del resto da avversari, e sulla base di idee preconcette), ma che in definitiva si conosceva assai male, malgrado la sua fondamentale importanza storica.

Nel 1950 Armin Mohler [alias] si propose di colmare questa lacuna e pubblicò una dissertazione discussa l’anno precedente presso l’Università di Bâle con Karl Jaspers e Herman Schmalenbach. Questa tesi, divenuta poi celebre, è stata quindi riedita sotto forma di vero e proprio manuale, aumentato di un’imponente bibliografia di circa 400 pagine, la quale basta da sola a testimoniare l’importanza e la ricchezza degli autori della Konservative Revolution [versione originale: Die Konservative Revolution in Deutschland 1918-1932. Ein Handbuch; trad. italiana: La rivoluzione conservatrice in Germania 1918-1932. Una guida, LEdE-Akropolis 1990; trad. francese, dalla cui pubblicazione prende le mosse il presente articolo: La révolution conservatrice en Allemagne].

Il compito che Armin Mohler ha voluto intraprendere è stato dei più ardui. Dal 1918 al 1933, la Rivoluzione Conservatrice non ha mai presentato un aspetto unitario, un solo volto. Tesa alla ricerca della sua propria via, essa si è spinta in mille direzioni apparentemente divergenti, investendo allo stesso modo l’arte come la filosofia, la letteratura come la politica.

La Rivoluzione Conservatrice forma dunque un universo da sè sola, la cui profondità e ampiezza possono meravigliare coloro che la scoprono per la prima volta. Uomini così diversi come il "primo" Thomas Mann (poi obbligato all’esilio nel 1933), Ernst Jünger (L'Operaio) e suo fratello Friedrich Georg, Oswald Spengler [alias] (l'autore de Il tramonto dell’occidente), Ernst von Salomon (I Proscritti), Alfred Baeumler (divenuto in seguito una sorta di filosofo universitario ufficiale del nazional-socialismo), Stefan George (vedi anche le opere su Gutenberg-DE) e Hugo von Hofmannsthal [alias], il giurista Carì Schmitt [alias], il biologo Jacob von Uexküll, l’antropologo Hans F.K. Günther, l’economista Werner Sombart, l’archeologo Gustav Kossinna, Erwin Guido Kolbenheyer e Hans Grimm [alias], Hans Blüher e Gottfried Benn, Ernst Wiechert, Rainer Maria Rilke, Max Scheler [alias] e Ludwig Klages, per non citarne che alcuni tra i più celebri, sono tutti uomini della Rivoluzione Conservatrice.

Sono coloro la cui opera suscitò e animò d’impulsi sempre rinnovati una moltitudine di società di pensiero, di "circoli di amici", di organizzazioni segrete e semisegrete a carattere esoterico, di cenacoli letterari, di partiti e "gruppuscoli" politici, di associazioni legate ai Freikorps, all’underground (già!), nelle direzioni più diverse e intorno a propositi e intenzioni i più diversamente articolati.

La parentela di tutte queste correnti non ne risulta per questo meno evidente, ma la loro comune mentalità non si lascia cogliere che con difficoltà da chi adotti un punto di vista esterno al movimento. D’altra parte, i sentimenti che gli uni e gli altri avevano della loro parentela ideologica non gli impedivano di nutrire tra loro inimicizie e odi furiosi (di quelli che si votano ai "traditori" più ancora che ai nemici). Fu così che Walter Rathenau [alias], le cui opere pure si situano ai margini della Rivoluzione Conservatrice stessa, fu assassinato da terroristi che erano a loro volta "conservatori-rivoluzionari": la questione è ben conosciuta per il racconto fattone da von Salomon in Die Geächteten (I Proscritti).

Infine, come afferma l’autore della prefazione, la "vicinanza spirituale" al nazionalsocialismo compromette la Rivoluzione Conservatrice e rischia di sfalsare l’analisi gettando un’ombra su ciò che fu in realtà. Pur riconoscendo che si tratta di un compito pressoché impossibile, Mohler ha

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tentato di aggirare le difficoltà dovute a questa scomoda vicinanza mettendo tra parentesi il fenomeno nazionalsocialista, il cui destino storico ne fece un caso a parte e che la «mancanza di distanza» proibisce ancora oggi d’analizzare. Rimarca tuttavia che i nazionalsocialisti, una volta giunti al potere, si la presero prioritariamente con certi rappresentanti della Konservative Revolution che rifiutarono loro la propria adesione. La "notte dei lunghi coltelli", per non citare che questo, non fu soltanto una resa dei conti tra le correnti del movimento nazionalsocialista, ma anche tra i nazionalsocialisti e taluni "trotzkysti" della KR.

Da un punto di vista formale, in effetti, scrive Mohler, «i seguaci della Rivoluzione Conservatrice possono essere definiti all'epoca come i trotzkysti del nazionalsocialismo. Così come succede per tutti i grandi movimenti rivoluzionari, comunismo compreso, troviamo, da un lato, un grande partito di massa dalla pesantezza uniforme e, dall’altra, una miriade di piccoli circoli caratterizzati da una vita spirituale intensa, che non esercitano che una debole influenza sulle masse, e che, da un punto di vista della formazione di partiti, riuscivano al massimo a provocare delle scissioni marginali all’interno del grande partito, si dedicavano soprattutto all’organizzazione di sette esplosive e di piccoli gruppi elitari assai poco coerenti. Quando il grande partito fallisce, allora suona l’ora delle eresie trotzkyste». A tal proposito, si potrebbe notare che in realtà la Konservative Revolution è passata allora per un processo inverso, e che fu il ripetuto fallimento delle piccole sette "trotzkyste" ad aprire la via alla presa del potere da parte del nazionalsocialismo.

Nell’ottica adottata da Armin Mohler, comunque questo non assume che un’importanza secondaria, dato che non si tratta nella sua opera di rappresentare una meccanica rivoluzionaria, ma di abbozzare, così com’è espressamente precisato, una tipologia della RC.

Dopo aver rimarcato che l’origine prima della Konservative Revolution si situa verso la metà del XIX secolo, Armin Mohler prova dunque a ritrovare e a caratterizzare ciò che chiama Leitbilder, vale a dire le «idee [o, meglio, le immagini] guida» comuni all’insieme degli autori della KR.

È così indotto a collocare l’«immagine del mondo» (Weltbild) propria alla Rivoluzione Conservatrice nell’opera di Friedrich Nietzsche [alias, alias]; il Nietzsche dello Zarathustra [alias] soprattutto, ma anche quello della Volontà di Potenza e della Genealogia della morale. Tutti i Leitbilder che giunge a mettere in evidenza scaturiscono in effetti dalla visione di Nietzsche. Una di queste "idee guida" è senza alcun dubbio fondamentale. Si tratta della concezione "sferica" della storia, opposta alla concezione lineare comune, tra gli altri, al marxismo e al cristianesimo. Per i seguaci della Rivoluzione Conservatrice , la storia non è un progresso infinito e indefinito. Essa è un eterno ritorno.

Giustamente, Mohler sottolinea che non è il cerchio che può rappresentare al meglio questo processo di eterno ritorno, ma la sfera (Kugel), che «significa che agli occhi del conservatore-rivoluzionario in ogni momento tutto è contenuto, che presente, passato e avvenire coincidono». Nietzsche viene citato: «Tutto va, tutto ritorna; eternamente ruota la Ruota dell’Essere. Tutto muore, tutto di nuovo fiorisce; eternamente trascorre l’Anno dell’Essere. Tutto crolla, tutto è nuovamente composto; eternamente si ricostruisce la medesima Casa dell’Essere. Tutto si separa, tutto si saluta di nuovo; eternamente resta fedele a se stesso l’Anello dell’Essere. In ogni momento l’Essere comincia; attorno ad ogni Qui si avvolge la Sfera del Là. Il centro è dappertutto. Curvo è il sentiero dell’Eternità» [Cosi parlò Zarathustra, parte terza, "Il convalescente": versione originale del capitolo].

Un secondo Leitbild, derivante immediatamente dal primo, è quella dell’Interregnum o Zwischenreich: «Noi viviamo in un interregno; il vecchio ordine è crollato, e il nuovo ordine non è ancora divenuto visibile». Ci troviamo alla vigilia di una «svolta della Storia» (Zeitwende). Agli occhi degli uomini della KR, Nietzsche è il profeta di questa "svolta". Meglio, egli marca questa svolta dei Tempi «in cui qualcosa è morto (4) e dove nient’altro ancora è nato». Uno dei

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rappresentanti più caratteristici della Konservative Revolution, lo scrittore Ernst Jünger afferma, anche lui: «Siamo a una svolta tra due epoche, un cambiamento il cui significato è comparabile a quello del passaggio dall’era della pietra a quella dei metalli» (citato da Wulf Dieter Muller).

Seguendo l’itinerario che Nietzsche ha tracciato, la Rivoluzione Conservatrice adotta nella sua lotta quotidiana il Leitbild del nichilismo: un nichilismo positivo, dove lo scopo non è il nulla per il nulla (la fine della storia, si dovrebbe dire), ma la riduzione in polvere delle rovine del vecchio ordine, considerata come la condizione sine qua non dell’avvento del nuovo ordine, vale a dire della rigenerazione (Wiedergeburt).

Questo nichilismo positivo, questo "nichilismo tedesco" o "prussiano" desiderato dalla RC, non è un fine in sé, ma un mezzo: il mezzo per pervenire al «punto magico al di là del quale non giungerà che colui che dispone in se stesso di nuove e invisibili risorse di forza» (Ernst Jünger). Questo "punto magico" forma un’altra Leitbild a se stante, quella del "rivolgimento" (Umschlag), vale a dire dell’istante e del luogo dove la distruzione si muta in creazione, dove la fine si rivela essere un nuovo inizio. È il momento in cui «ciascuno recupera la sua propria origine», il «Grande Meriggio» di Zarathustra [alias], grazie al quale i tempi della storia saranno improvvisamente rigenerati.

Tutti questi Leitbilder chiariscono la preferenza della KR per le formule che associano termini antagonisti: rivoluzione conservatrice, nichilismo prussiano, socio-aristocrazia, nazional-bolscevismo, ecc. Il fatto è che la vera rivoluzione è, letteralmente, «ri-voluzione, ritorno indietro, riproduzione di un momento che già fu». «Al principio era il verbo», scrive Hans V. Fleig. «Ora,il presente ci conduce a prestare una maggiore attenzione al significato d’origine della parola "rivoluzione". L’Europa, che da centocinquant'anni vive un’epoca di rivoluzioni, durante questo periodo ha esaurito e superato l’eredità di molti secoli. Questa eredità non è altro che la comunità occidentale, tale quale si era ritrovata nello spirito del cristianesimo. Oggi, la croce è corrosa dalle intemperie e, ovunque si posi lo sguardo, la disintegrazione della comunità occidentale si verifica con impressionante rapidità. Vecchi dèi, che si erano creduti da lungo tempo uccisi dalle predicazioni, partono alla ricerca dei loro templi sepolti. La "sovrastruttura" occidentale, questa comunità di popoli germanici, latini e slavi che, in ultima istanza, affonda le proprie radici nell’ecumene della cristianità, si sta sciogliendo come neve al sole. Nel fuoco incandescente di una stella saturnina, che annuncia l’aurora di una nuova Antichità, il pensiero occidentale crolla in polvere…» Friedrich Hielscher, discepolo di Jünger, proclama a sua volta: « L’homo revolvens gioca un ruolo nel grande teatro del mondo; non conoscerà pace fino a che il contenuto dei musei non sarà cambiato. Allora, gli altari sacrificali in pietra si leveranno nuovamente nelle radure, e le croci si ritroveranno nelle vetrine dei musei…».

L’ideologia comanda qui, in modo immediato, il passaggio all’azione politica. Ma questa resta sostenuta costantemente da una visione metapolitica. Neppure un Ernst Jünger, autore incline al "botanismo letterario", può sottrarsi all’imperativo politico: il suo celebre L’Operaio (Der Arbeiter) si vuole il manifesto di una "nuova politica".

Armin Mohler, sensibile soprattutto agli aspetti letterari e poetici della Weltanschauung della KR, trascura un po’, da parte sua, i Leitbilder più direttamente legati alle istanze dell’azione politica. Percependo con finezza e chiarezza le dimensioni storico-temporali dell’universo che studia, si preoccupa meno di ritrovarne le dimensioni socio-spaziali.

Se il marxismo è una teoria che la pratica deve necessariamente prolungare, il Weltbild della Konservative Revolution è, si può dire, una metapolitica che affida alla politica la realizzazione dei suoi fini ultimi relativi all’uomo. È così che il Leitbild "temporale" della rigenerazione ha, ci sembra, agli occhi dei militanti della KR il suo corrispondente nel Leitbild "spaziale" del "popolo (Volk) tedesco": questo è considerato il solo "vero e proprio popolo", perché esso solo ha conservato la "coscienza delle sue origini" e perché esso è, in quanto tale, investito di una missione

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"redentrice" di cui l’umanità tutta dovrà beneficiare. Questo Leitbild della "missione tedesca", sulla quale Armin Mohler insiste assai poco, costituisce una delle grandi sorgenti storiche della KR, dai celebri Discorsi [versione originale Web] di Fichte [alias] sino a Wagner. Similmente, al Leitbild "temporale" dell’eterno ritorno e della concezione sferica della storia, corrisponde la Leitbild "spaziale" del sovrumanismo aristocratico e di una concezione gerarchica della società, nozioni che, del resto, sono anch’esse in primo piano nel pensiero di Nietzsche; cosi come, inversamente, alla concezione lineare della storia, corrisponde una concezione egualitaria della società.

In fin dei conti, i "conservatori" della KR vogliono distruggere tutto di ciò che li circonda, perché tutto è già cadavere. Ciò che essi vogliono conservare, lo vediamo oggi chiaramente, non è nient’altro che la storicità dell’uomo, cioè la possibilità di nuovi eterni ritorni, in opposizione alla "fine della storia" progettata, apertamente o meno, dai loro avversari. Essi aprono al ritorno del passato. Ma questo stesso passato non è il passato della memoria; è il passato di un’immaginazione che affonda le sue radici in una Sehnsucht, in uno slancio nostalgico e passionario verso l’avvenire rigenerato che fa seguito al crollo di una civilizzazione.

Si potrebbe dire delle tendenze delineatesi nel seno della Rivoluzione Conservatrice che esse furono precisamente caratterizzate da un’accentuazione variabile di differenti Leitbilder propri all’insieme del movimento: alcuni, mal percepiti dagli uni, giocarono un ruolo predominante negli altri.

Di queste tendenze Armin Mohler propone una classificazione in cinque gruppi: i Völkischen, i Jungkonservativen (giovani-, o neo-conservatori), i National-revolutionäre (nazionalrivoluzionari), i Bündischen ("leghisti"), e la Landvolkbewegung (movimento dei contadini). Questi gruppi, a dire la verità, concernono realtà differenti. I primi tre, precisa Mohler, sono dei "movimenti ideologici" che cercano di realizzarsi. Gli altri due corrispondo a delle «esplosioni storiche concrete, da cui in seguito si tentò di trarre un’ideologia». Sono nondimeno i primi che esercitarono la maggiore influenza sul piano politico.

Tutti e tre mettevano davanti il Leitbild del Volk, ma puntando su esso una luce differente. Per i Völkischen, si tratta soprattutto di opporsi ad un "processo di disgregazione" che minaccia il popolo, e incitarlo ad una più forte coscienza di sé. I Völkischen mettono l’accento sulla "razza", che è ritenuta fondare la specificità del Volk. Ma la loro concezione, anzi la loro definizione della razza è piuttosto variabile. Gli uni la concepiscono da un punto di vista puramente biologico, gli altri vi vedono una sorta di unità esemplare del "corporale" e dello "spirituale". Se per Oswald Spengler [alias] la razza è «ciò-che-è-in-forma» (nella sua propria forma), Jünger parla di "sangue" (Blut), ma di un "sangue" che si apparenta alla "scintilla" dei mistici tedeschi del Medioevo, e più ancora al Graal wagneriano.

Vi è in effetti una profonda religiosità völkisch, che cerca generalmente di manifestarsi in un rinnovamento religioso anticristiano, sia che si proclami un "cristianesimo germanico" o una "fede tedesca" (Deutschglaube), sia che si provi a resuscitare il culto delle divinità antiche ricollocandole in una prospettiva moderna, così come fece il movimento di Ludendorff e di sua moglie Mathilde. Si constata pure nel movimento völkisch una tendenza all’esoterismo, le cui manifestazioni astruse contribuirono talvolta a screditare il movimento. Di questo essoterismo fu impregnata, tra le altre, la celebre Thule Gesellschaft, alla quale appartenne il poeta e drammaturgo Dietrich Eckart.

I Jungkonservativen si preoccupano al contrario soprattutto di realizzare la "missione del Volk", che è ai loro occhi l’edificazione di un nuovo Impero (Reich). Le loro guide spirituali, Edgar J. Jung (futura vittima della "notte dei lunghi coltelli"), Arthur Moeller van den Bruck [alias], Heinrich von Gleichen, ecc. vedevano infatti nel Reich l’«organizzazione di tutti i popoli in un insieme sovra-statale, dominato da un principio superiore, sotto la responsabilità suprema di un solo popolo». Non si tratta purtuttavia di nazionalismo. I Jungkonservativen condannavano il nazionalismo, considerando che esso «trasferisce al livello dello Stato nazionale le dottrine egoiste

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dell’individuo». Nella loro visione, il popolo tedesco non è un popolo come gli altri. È, come proclamato da Fichte [alias], il solo popolo che sia rimasto «cosciente delle proprie origini»; e, di conseguenza, il solo "popolo vero" in seno ai popoli-massa. Ne consegue, diceva Novalis [alias], che «ci sono tedeschi ovunque». Uno dei più tipici autori bündisch, il poeta Walter Flex [alias], autore del celebre Lied delle Oche selvatiche (Wildgänse rauschen durch die Nacht [alias] [versione francese]), scriveva nel 1917, qualche giorno prima di morire al fronte: «Se ho parlato di eternità del popolo tedesco e di missione redentrice del germanesimo, questo non ha nulla a che fare con qualunque egoismo nazionale. Si tratta piuttosto di una convinzione etica, che può ugualmente realizzarsi nella sconfitta o, come ha scritto Ernst Wurche, nella morte eroica di un popolo intero. Nondimeno, ho sempre assegnato un chiaro limite a questa concezione. Io credo che l’evoluzione umana raggiunga la sua forma intima più perfetta nel popolo, e che l’umanesimo universalista implichi una dissoluzione, nel senso che libera e mette a nudo l’egoismo individuale canalizzato sin lì dall’amore per il popolo…».

Da parte sua Edgar J. Jung dichiara: «I popoli sono uguali, ma solamente in un senso metafisico, allo stesso modo che gli uomini sono uguali davanti a Dio. Chi volesse trasferire sulla terra questa uguaglianza metafisica, peccherebbe contro la natura ed il reale. La potenza demografica, la razza, le attitudini spirituali, l’evoluzione storica, la collocazione geografica, tutto ciò condiziona una gerarchia terrestre tra i popoli, che non si stabilisce né per azzardo né per capriccio».

Di fatto, i Jungkonservativen, che non si occupavano troppo di filosofia, credevano molto spesso di poter conciliare la metafisica cristiana con una concezione della storia che è essenzialmente anticristiana. Armin Mohler non manca di rimarcare che questa caratteristica permette ai "neo-conservatori" di essere, tra tutte le correnti della RC, i soli nei quali il "sistema" weimariano riconobbe dei legittimi interlocutori (pur rimarcando in questo una una evidente contraddizione logica).

I nazionalrivoluzionari si formarono quasi tutti nell’esperienza delle Tempeste d’acciaio e del "cameratismo" delle trincee. Per loro, la "nazione" non è altro che il Volk riunito e "messo in movimento" dalla guerra. I nazionalrivoluzionari accettano il progresso tecnico, non perché cedano alla «pericolosa tentazione di ammirarlo», ma perché vogliono «dominarlo, e niente più».

Si trattava per loro, disse una delle loro guide, Franz Sauwecker, di «finirla col tempo lineare». Vivendo nell’interregnum, pensavano che il tempo del nichilismo positivo fosse giunto. Il loro slancio rivoluzionario e la loro formazione prussiana si congiungevano a sostenere la loro volontà di distruggere l’"ordine borghese"; il loro "nazionalismo dei soldati" faceva tutt’uno col "socialismo dei camerati". Un acuto sentimento tragico della storia e della vita costituisce lo sfondo, cupo e luminoso allo stesso tempo, della loro avventura rivoluzionaria. Le gesta dei Freikorps (Corpi Franchi), il putsch del Bund Wiking guidato dal capitano Ehrhardt, il terrorismo esaltato dei "proscritti" narrato da von Salomon, le attitudini letterarie del "socio-aristocratico" Jünger, il "socialismo prussiano" di Oswald Spengler [alias] il Fronte Nero di Otto Strasser, il sogno (vetero- prussiano) di una alleanza ideologica tra la Rivoluzione Conservatrice e il bolscevismo sfociante in un «Reich (germano-sovietico) da Vlissingen a Vladivostock», tutta questa agitazione possente, ma caotica, si confonde con la tragedia di una Germania ferita e umiliata dalla disfatta, e dona il suo colore più vivo agli inizi della Repubblica di Weimar.

È invece ben prima della Prima Guerra Mondiale che il movimento del Bund prese il volo, nato, all’alba del secolo, da un vasto movimento giovanile (Jugendbewegung), collegato lui stesso ai Wandervögel (uccelli migratori), improvvisa esplosione, senza colore politico definito, di uno stato d’animo che si era diffuso nella Germania intera.

Con il Bund, la gioventù dell’interregnum scopre oscuramente che essa ha carica d’avvenire, e che le spetta il compito immenso di produrre il "ribaltamento del tempo storico". La Bündische Jugend

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manifesta soprattutto un’atteggiamento di fronte alla vita governato da una sorta d’inconscio collettivo.

«Movimento e mobilità senza altro scopo», scrive Mohler, «senza altro programma, senza altro ideale, che il dinamitare lo stato-di-coscienza della gioventù borghese per l’avvento di una adolescenza nuova, di una segreta energia istintiva». Allo stesso tempo "movimento giovanile" e "società d’uomini", il Bund intende formare una élite, certo destinata, nell’età adulta, a disperdersi nelle più lontane direzioni, ma che finirà per far conoscere ovunque lo stato d’animo e le aspirazioni della Rivoluzione Conservatrice. In tutti i settori politici, a destra, a sinistra come al centro, si videro fiorire organizzazioni giovanili (e anche formazioni paramilitari) che, tutte, trascinavano con sé, sovente inconsciamente e malgrado il colore politico dichiarato, le inquietudini e le preoccupazioni della KR, il che spiega i sorprendenti sviluppi e successi della Gleichschaltung ("adeguamento") politico che sopraggiungerà sotto il Terzo Reich.

È vero, nondimeno, che la rivendicazione corporativa del Landvolk, costretta dalle circostanze a darsi un colore politico, cade pressoché irresistibilmente nell’orbita della Rivoluzione Conservatrice, dai cui seguaci ottenne il sostegno più sincero e più vigoroso.

Armin Mohler vede una quinta tendenza della RC nella Landvolkbewegung o "movimento dei contadini". Questo movimento non è in realtà che una moderna "jacquerie" [rivolta di contadini francesi, NdT], un episodio della vita corporativa in seno ad un sistema sociale instabile e lacerato. E' nondimeno esatto che la rivendicazione corporativa del Landvolk, della "gente delle campagne", costretta dalle circostanze a darsi un colore politico, cadde pressoché inevitabilmnete nell’orbita della Konservative Revolution, i cui sostenitori le avevano prodigato il sostegno più sincero e più vigoroso.

Essa fu successivamente assorbita insensibilmente dal nazionalsocialismo, a causa della spinta dell’evoluzione storica, e dell’azione personale di Walther Darré [alias], teorico del Bauernadel (aristocrazia contadina).

Le frasi con le quali si conclude il libro hanno una certa risonanza profetica. «Con le cinque tendenze della RC, scrive Mohler, le idee del 1789 si sono trovate confrontate alla negazione assoluta dei loro valori. La lotta ingaggiata allora non è ancora giunta alla fine».

Armin Mohler pensa in particolare che l’attuale "contestazione" [l'articolo è originariamente comparso a poca distanza dal Maggio 1968 parigino], a dispetto dell’ideologia ch’essa ostenta, trasporti alcuni dei fermenti della Rivoluzione Conservatrice. Se non ne prende coscienza, cosa che rende la sua agitazione vana e talvolta ridicola, «è perché le idee e i mitemi della Konservative Revolution sono quasi sempre esaminati in modo prevenuto a causa della loro fastidiosa vicinanza col nazionalsocialismo». «Si è creata una situazione», conclude Mohler, «che non è nuova: il vero confronto coi problemi resta materia di cerchie a carattere esoterico […] mentre [della contestazione] se ne impadroniscono delle volgari sette le cui interpretazioni grossolane e falsificatrici rischiano, a un momento dato, di raggiungere masse fanatiche».

Giorgio LOCCHI

traduzione dal francese di Francesco Boco

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