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La difficile modernizzazioneStato, contadini e ricercatori sociali nella Polonia socialista
di Paolo Pezzino
Esiste nella Polonia contemporanea una classe contadina con caratteri di omogeneità e di coesione sociale e politica? Il sorgere nel 1980-81 di un movimento contadino autonomo ed autogestito all’interno di Solidarnosc ha riproposto questo tema, dato che alcuni studiosi polacchi l’hanno interpretato come la riprova della presenza di uno strato sociale unitario, dotato di memoria storica collettiva e di una propria identità, espressione di un’opposizione generalizzata e globale nei confronti dello Stato socialista.
Si deve quindi affermare che la politica agraria della Repubblica popolare polacca, con i suoi ripetuti tentativi di liquidare l’agricoltura privata a favore del settore socializzato, ha avuto l’effetto, contraddittorio rispetto al fine ricercato, di rinsaldare la compattezza dei contadini? O, viceversa, dobbiamo sostenere la tesi prevalente nella sociologia polacca degli anni sessanta e settanta, secondo la quale il paese ha attraversato, nel secondo dopoguerra, una serie di trasformazioni (industrializzazione - urbanizzazione - integrazione nelle strutture politico-amministrative dello Stato) che hanno definitivamente risolto la questione agraria, intesa come questione contadina, eliminando l’isolamento dei singoli villaggi, trasformando la famiglia contadina in struttura aperta, of
frendo possibilità di impiego in settori extraagricoli, coinvolgendo le aziende individuali nella gestione socializzata dell’economia, in altre parole modernizzando le campagne e sostituendo ai “contadini” uno strato di farmers orientato verso la produzione meccanizzata di beni di consumo alimentare?
Queste sono le domande alle quali cercherò di rispondere in questo saggio, basandomi principalmente sulle indagini sociologiche condotte nelle campagne soprattutto negli anni sessanta. Analizzerò, anzitutto, i caratteri generali della scuola di sociologia rurale polacca; cercherò di delineare, quindi, sulla base dei dati disponibili, le caratteristiche del processo di modernizzazione in atto nel secondo dopoguerra, ed il suo impatto sulle strutture “tradizionali” della società contadina; ritornerò brevemente, infine, sul problema della persistenza dei contadini come classe e sul significato da attribuire al loro movimento politico dell’inizio degli anni ottanta.
La scuola sociologica polacca
La sociologia rurale polacca si delinea come scienza autonoma negli anni venti e trenta del Novecento1, ma sui temi della questione agraria e contadina già nell’Ottocento ven-
1 Vedi B. G aler i, Rural Sociology in Poland, in B. G aleri (ed.), Rural Sociology in Poland, Warszawa, IFIS- PAN, 1976, pp. 7-45, e Z.T. Wierzbicki, Half a century o f rural sociology in Poland, ivi, pp. 47-76. È negli anni trenta che vengono fondati i principali istituti di indagine socio-economica sulle campagne.
Italia contemporanea”, giugno 1985, n. 159.
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gono pubblicate opere di economisti, storici ed etnologi di grande importanza per gli sviluppi successivi della sociologia rurale. Nonostante gli ostacoli frapposti dagli Stati occupanti ad un’autonoma attività di ricerca, soprattutto nella zona soggetta alla Russia, la questione nazionale diventa uno dei temi prevalenti negli studi degli scienziati sociali e, al suo interno, particolare attenzione viene dedicata alla questione contadina, che comprende un ventaglio di temi, dall’abolizione del servaggio alle relazioni tra proprietari e contadini dopo l’affrancamento (riforma agraria)2, al coinvolgimento delle masse contadine nella lotta per l’indipendenza nazionale3.
A seguito di questa fondamentale esigenza politica, si sviluppa una serie di studi di ca
rattere socio-economico e, anche sotto l’influenza dell’ideologia populista, si rintracciano nei caratteri della cultura contadina i dati di autenticità nazionale e di salvaguardia dei valori “polacchi” nel periodo della spartizione della patria comune4. La sociologia rurale è perciò fortemente condizionata dagli studi etnografici su tradizioni e stili di vita nelle campagne5, ma, fin dai suoi inizi, si enuclea un filone di studi sulla struttura agraria, in relazione all’esigenza di favorire il sorgere di una middle class contadina, forte economicamente ed imbevuta di spirito patriottico6; si delineano così due scuole di pensiero e di ricerca nell’approccio ai problemi delle campagne, che sono emblematicamente rappresentate dalle monografie sui villaggi7 e dalle ricerche di economia azien-
2 Secondo Kwasniewicz la questione contadina nella prima metà dell’Ottocento consiste soprattutto nel problema dell’affrancamento, mentre successivamente sono i temi delle relazioni fra proprietari e contadini, della sovrappopolazione agricola e della fame di terra a balzare in primo piano (W. Kwasniewicz, Rural areas and the process o f institutionalization in Poland, paper, presentato al XII European congress o f rural sociology, Budapest, 24-29 luglio 1983).3 “The agrarian question became therefore the key problem in all Polish uprisings; it determined the attitude of all social groups and political factions and has tened the introduction o f reforms by the propertied classes and by the governments o f the partitioning Powers” (S. Kieniewicz (ed.), History o f Poland, Warszawa, PWN, 1979, p. 338). E Thomas e Znaniecki scrivevano subito dopo la prima guerra mondiale; “la situazione nazionale richiedeva urgentemente una rapida trasformazione della classe contadina in un corpo dotato di coscienza nazionale e culturalmente costruttivo [...] e infatti in nessun altro paese la nobiltà e la classe intellettuale cittadina hanno rivelato altrettanto interesse attivo all’organizzazione dei contadini come in Polonia negli ultimi cinquant’anni” (W.I. Thomas, F. Znaniecki, Il contadino polacco in Europa e in America, trad, it., Milano, Comunità, vol. II, p. 147).4 Sull’influenza del populismo sulle organizzazioni contadine di vedano D. Galaj, The Polish peasant movement in politics: 1895-1969, in H. A. Landsberger (ed.), Rural protest: peasant movements and social change, London, Macmillan, 1974, pp. 324-325; S. Kieniewcz (ed.), History o f Poland, cit., p. 485; G.D. Jackson, Peasant political movements in Eastern Europe, in H .A . Landsberger (ed.), Rural protest, cit., p. 283 e sgg., fornisce un buon quadro comparativo sulla diffusione dell’ideologia populista fra i movimenti politici dell’Europa orientale. Per quanto riguarda la Polonia, l’ideologia populista rafforza l’idea che « Polish national identity (is) in the caracter of the Polish peasant [...] and national regeneration only in a program that focused first on the regeneration of the peasantry” (ivi, p. 296).5 Si veda A. Kloskowska, The cultural anthropology approach in Polish sociology: past and present, in Actes du X Ie Congrès International d ’Histoire des sciences, Wroclaw, Ossolineum, 1968, p. 303 e sgg.6 Scrivevano Thomas e Znaniecki: “Organizzando socialmente e unificando gli interessi economici dei contadini mediante un sistema di istituzioni cooperative sarebbe possibile creare un vasto e coerente corpo sociale, la cui enorme energia economica e psicologica potrebbe essere rivolta a scopi di difesa e di espansione nazionale. I contadini diventerebbero così il fondamento sociale dell’unità nazionale, come la nobiltà ne è stata in passato il fondamento politi- co”(W.I. Thomas-F. Znaniecki, Il contadino polacco, cit., vol. II, p. 248).7 II metodo delle monografie di villaggio trovò il suo più significativo cultore in F. Bujak (1875-1953), professore all’Università Jagellonica di Cracovia; è lui che realizza il passaggio delle monografie prevalentemente etnografiche diffuse nella seconda metà dell’Ottocento a quelle integrali (vedi J . Turowski, Monografie approach in rural sociology, in “Village and Agriculture”, 1980, p. 126 e sgg.
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dale8. I due filoni, tuttavia, spesso si fondono nell’opera di singoli studiosi: così, ad esempio, Bujak elaborò uno schema per orientare e sistematizzare le numerose monografie di villaggio, attraverso il quale cercava di passare dalla tipicità dei casi studiati ad una descrizione analitica del retroterra economico regionale9, mentre Krzywicki, il principale esponente della scuola economica orientata vero il marxismo, non disdegnava il ricorso al metodo monografico.
Ai primi del Novecento escono alcune fondamentali opere generali sulla questione contadina, ma è solo col raggiungimento dell’indipendenza nazionale che si apre il periodo di impetuoso sviluppo degli studi di sociologia rurale: lo Stato polacco, infatti, si ritrova con una questione agraria irrisolta ed una forte componente politica espressione delle campagne, rappresentata dai vari partiti contadini. Il dibattito sulla riforma agraria, perciò, attraversa praticamente tutta la storia della Repubblica polacca; d’altra parte i contadini rappresentano un elemento fonda- mentale, sia per il reclutamento nell’esercito nazionale, impegnato nella guerra contro la Russia, sia ai fini della politica di colonizzazione nelle zone e prevalente etnia non polacca.
Rispetto alle principali tendenze metodo- logiche del periodo precedente, che pure continuano a produrre numerosi studi, compare un nuovo filone di ricerca, forse il contributo
più originale della sociologia rurale polacca, e cioè la raccolta e lo studio delle memorie contadine. Il metodo era stato sperimentato tra i primi dall’americano Thomas e dal polacco Znaniecki nella loro opera sul contadino polacco10, e fu successivamente perfezionato dal secondo, ritornato in Polonia e titolare, dal 1920, della cattedra di sociologia presso l’Università di Poznan, e dal suo allievo principale, Chalasinski.
Il problema dell’influenza di Znaniecki sulla sociologia polacca è, tuttavia, complesso: l’opera sul contadino polacco era poco conosciuta in Polonia, ed è stata tradotta solo nel 1976. Tuttavia il metodo dell’utilizzazione dei documenti personali ha avuto un’ampia diffusione, evolvendosi, sotto la sua guida, dalla raccolta di lettere a quella di memorie, la cui stesura veniva promossa bandendo appositi concorsi. Il primo, annunciato da Znaniecki nel 1921, concerneva autobiografie di lavoratori; ad esso risposero 149 persone, e le biografie più significative furono pubblicate, nel 1924 e nel 1930, nei primi due volumi della serie dei “Materiali” dell’Istituto di Sociologia di Poznan11.
L’importanza del contributo teorico di Znaniecki risiede soprattutto nella sua teoria del “coefficiente umanistico” , cioè nel ruolo assegnato all’esperienza e alla coscienza dell’individuo nei processi evolutivi della società: « That property of cultural phenomena, objects of a humanistic study, that essential-
8 II principale esponente della scuola economica, orientata verso il marxismo, fu L. Krzywicki (1859-1941), studioso di economia, demografia, antropologia e sociologia, e direttore dell’Istituto di economia sociale di Varsavia.9 Analogo tentativo fu successivamente fatto da W. Grabski (1873-1938), che sviluppò la sua attività di studioso nella zona occupata dalla Russia e, dopo l’indipendenza, fu per due volte primo ministro, nel 1920 e nel 1923- 25.10 L’opera, la cui traduzione italiana abbiamo già più volte citato, fu pubblicata a Chicago-Boston nel 1918-1920 e edita nuovamentee a New York nel 1927. In America il metodo introdotto dai due autori declinò, sia per le critiche sull’utilizzazione e la procedura di raccolta dei materiali usati, rivolte negli anni trenta da Dollard, Blumer ed altri, sia per l’accusa di soggettivismo, ed è stato ripreso solo negli anni settanta in studi sull’educazione e la mobilità sociale (W.W. Adamski, Memoir-based sociology: between intuition and quantification, in “Sisyphus. Sociological Studies” vol. II, 1982, p. 101 e sgg).11 Z. Dulczewski, Florian Znaniecki as the originator o f the autobiographical method in sociology, in “Sisyphus. Sociological Studies”, vol. II, 1982, pp. 75-86.
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property of theirs that as objects of theoretical reflection they are already objects given to someone in his experience or are someone’s conscious actions, might be termed the humanistic co-efficient of those phenomena”12. Ciò portava a centrare l’attenzione sui rapporti tra l’individuo e “those groups with which he is connected by primary group relations”13.
Vengono così raccolte sistematicamente le memorie contadine con competizioni e concorsi, e si approfondisce, tramite questi materiali, la definizione del mondo contadino come insieme omogeneo di relazioni sociali centrate sul villaggio e la famiglia, fondato su autonomi codici culturali che rappresentano anche criteri di stratificazione sociale.
Proseguono contemporaneamente gli studi sulla struttura aziendale e le basi economiche dell’economia contadina, collegati alle discussioni in atto sulla struttura agraria ottimale per la Polonia14: in queste il contadino veniva definito soprattutto attraverso il suo rapporto con il mercato del lavoro ed in relazione alla quantità di terra posseduta, tramite cioè parametri riferiti alla struttura dei rapporti economici e di produzione. La crisi degli anni trenta e l’interruzione dell’emigrazione all’estero rendevano particolarmente acuto il problema della disoccupazione agricola ed accentuavano l’attenzione per le analisi economico-strutturali.
Le due scuole differiscono non solo nel metodo (del resto entrambe utilizzano elementi degli studi dell’altro tipo)15, quanto
nell’esito finale cui pervengono, in relazione a quelli che vengono individuati come elementi costitutivi della società contadina: nella prima il contadino è definito nel suo rapporto con un insieme di reticoli sociali, strutturati nel villaggio ed articolati intorno alla famiglia, che delimitano la sua cultura e determinano quelle caratteristiche di separatezza e chiusura agli influssi esterni che gli sono proprie, mentre nella seconda, influenzata dal marxismo, è il rapporto col mercato capitalistico (e quindi l’apertura della società contadina ai processi di sviluppo delle forze produttive che, seppure contraddittoriamente, attraversano la Polonia con più intensità a partire dalla seconda metà del XIX secolo) a fornire le coordinate generali della questione agraria: sovrappopolazione, disoccupazione, fame di terra, stratificazione interna al settore agricolo provocata dal possesso dei mezzi di produzione. Il metodo delle memorie, così come è utilizzato all’interno di questo quadro di riferimento, cessa di essere finalizzato ad un’analisi tipologico-funzionale delle relazioni tra gli elementi presi in considerazione, per divenire fonte atta a costruire un quadro statistico, in cui conta più il criterio della rappresentatività del campione che quello della “intuitive typological reconstruction”16. Ma nella versione di Krzywycki si perde quella costruzione teorica, basata sul coefficiente umanistico di Znaniecki, che rappresentava la chiave di volta della sua opera di raccoglitore di memorie: “For Krzy- wicki, the autobiographies or letters were not
12 F. Znaniecki, The importance o f memoirs for sociological studies, articolo del 1923, ora in ’’Sisyphus. Sociological Studies”, vol. II, 1982, p. 10.13 Z. Dulczewski, Florian Znaniecki, cit., p. 80.14 II dibattito si sviluppa soprattutto negli anni trenta, in seguito alle discussioni sulla riforma agraria e la disoccupazione agricola: si veda M. Carbone, La questione agraria in Polonia (1918-1939), Napoli, Giannini, 1976, p. 206 e sgg.15 II metodo delle memorie fu utilizzato anche da Krzywicki e la sua scuola, non tanto per costruire tipologie sociali, quanto come supporto alle ricerche sui fattori economici e strutturali della crisi nelle campagne (W.W. Adamski, Memoir-based sociology, cit., p. 105 e sgg.).16 W.W. Adamski, Memoir-based sociology, cit., p. 113.
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the description of certain independent conscious processes, but rather a source of information about actual events in the authors’ lives... That is why Krzywicki’s method was more acceptable for Marxists than was the method of Znaniecki”17.
Dopo la seconda guerra mondiale i termini della questione contadina cambiano radicalmente: lo spostamento delle frontiere rispetto al periodo interbellico e le migrazioni forzose dei polacchi da est e dei tedeschi dalle terre occidentali del nuovo Stato eliminano la composizione multietnica, caratteristica della società prebellica18; la riforma agraria liquida la grande proprietà fondiaria e crea una struttura basata principalmente sulla piccola proprietà contadina. Proprio questo dato costituisce il nucleo della questione agraria nella Repubblica popolare polacca: da una parte, infatti, una simile struttura agraria doveva essere inquadrata nella gestione socialista dell’intero apparato economico, oltre che neutralizzata nei suoi pericolosi riflessi politici, dall’altra doveva essere messa in grado di rispondere alle domande
generali che le venivano rivolte per il rifornimento del mercato interno, ed ai compiti specifici assegnatele all’interno dei vari piani economici nelle differenti fasi dello sviluppo postbellico. Si tratta di due questioni che continuamente si accavallano, e per le quali sono state ricercate e sperimentate soluzioni diverse, a seconda degli orientamenti prevalenti nella politica economica.
In tale situazione la sociologia polacca è rimasta strettamente subordinata alle esigenze politiche di intervento nelle campagne diventando essa stessa uno degli strumenti di tale intervento, del quale predisponeva il quadro di riferimento scientifico ed influenzava in grado rilevante le scelte19. La subalternità è stata ovviamente massima nel periodo della collettivizzazione, quando le ricerche condotte erano esclusivamente rivolte ad evidenziare la presenza di una struttura di classe nelle campagne, tale da giustificare l’azione di collettivizzazione e la lotta contro i kulaki20. Tuttavia anche in quegli anni fu conservato un certo margine di autonomia di ricerca, che si evidenziò in esiti non previsti e
17 Z.T. Wierzbicki, Half a century o f rural sociology, cit., p. 53. Tra le due guerre furono tenute 17 competizioni per memorie scritte. Il metodo suscitò anche le riserve di Grabski, che in uno scritto del 1936, commentando la pubblicazione di una serie di memorie di contadini, notava come queste non offrissero un quadro “oggettivo” della stratificazione sociale delle campagne, ma ne rendessero l’immagine che gli organizzatori del concorso volevano evidenziare, indirizzando in tal senso, tramite il modo stesso in cui era compilato il bando, le memorie dei partecipanti al concorso (W. Grabski, Memoirs o f peasants and the social milieu o f the Polish rural areas, ristampato in ’’Sisyphus. Sociological Studies” vol. II, 1982, pp. 17-24).18 Nel 1921 i cittadini della Repubblica polacca appartenenti a minoranze nazionali ammontavano al 31 per cento della popolazione (soprattutto ucraini, ruteni, bielorussi e tedeschi), e gli ebrei a circa il 3 per cento; nel secondo dopoguerra, dopo lo spostamento di confini e le migrazioni di massa conseguenti, il 98 per cento della popolazione del nuovo stato era di nazionalità polacca (S. Kieniewicz ed., History o f Poland, cit., pp. 555 e 608).19 Negli anni della collettivizzazione la sociologia rurale era stata ufficialmente bandita; è solo nel 1957 che fu riaperto l’Istituto di economia sociale e ricomparve la “Rassegna di sociologia”, fondata nel 1930 da Znaniecki. Nel 1961 fu creato il Gruppo di sociologia rurale dell’Istituto di filosofia e sociologia dell’Accademia polacca delle scienze (IFIS-PAN). Nel 1967 le cattedre universitarie di sociologia rurale erano sedici (Z.T. Wierzbicki, Half a century, cit., pp. 54-56).20 A tal fine era stato creato presso la sezione agricola del Comitato centrale del PZPR (Partito operaio unificato polacco) un Gruppo per lo studio della struttura sociale nelle campagne, finanzianto dal ministero di Agricoltura, diretto da J. Tepicht, che condusse nel 1947-48 una prima indagine campionaria su 120 villaggi. Il Gruppo costituì nel 1950 l’Istituto di economia agraria, che proseguì, sempre sotto la direzione di Tepicht, le ricerche sui villaggi campioni, la seconda delle quali fu effettuata nel 1952 (si veda J.C. Szurek, Aux origines paysannes de la crise polonaise, Le Paradou, Actes Sud, 1982, cap. 4° e p. 120 e sgg.).
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contraddittori con le aspettative politiche, grazie anche ad una continuità metodologica con gli studi del periodo prebellico, e al mantenimento dei tradizionali campi di ricerca. Così studiando la stratificazione interna al settore contadino secondo canoni rigorosamente marxisti-leninisti per individuare lo strato di contadini ricchi che rappresentava il principale bersaglio politico di quegli anni, si arrivò invece ad evidenziare la realtà del divario regionale della struttura agraria21 e la presenza diffusa di una figura, quella del- l’operaio-contadino, difficilmente inquadrabile in quei canoni. E ancora, negli anni cinquanta e sessanta, si sottolineava ossessivamente il processo di modernizzazione delle campagne22, evidenziando la disgregazione del tradizionale mondo contadino a seguito dell’azione statale e sostenendo la tesi della scomparsa dei “contadini”, funzionale al rifiuto di considerarne realisticamente la presenza sociale ed il peso politico anche nella Polonia socialista, ma contemporaneamente venivano portate avanti indagini monografiche23 e campionarie che restano fondamenta
li per una esatta comprensione dei processi sociali in atto nelle campagne. Infine tra anni sessanta ed inizio degli anni settanta, si approfondì lo studio dei processi di differenziazione tra agricoltori individuali, non più per sostenere una nuova campagna contro le presunte tendenze all’accumulazione capitalistica degli agricoltori più forti, ma viceversa per individuare quello strato di agricoltori “professionali” maggiormente in grado di rispondere agli stimoli di una politica agraria che, in una fase in cui le autorità parlavano della Polonia come del Giappone dell’est europeo, mirava soprattutto all’incremento della produttività.
In questo insieme di studi, che ho brevemente delineato, è indubbiamente il filone di analisi economico-strutturale quello più diffuso, sia in una versione dogmaticamente marxista, sia in un’accezione più spiccata- mente tecnico-aziendalista. Tuttavia viene utilizzato tutto il bagaglio metodologico della tradizione della sociologia rurale polacca, dalle monografie di comunità ai concorsi di memorie24, anche se questa grande mole di
21 L’inchiesta del 1952 aveva come fine l’individuazione dei vari strati di biedniaki, sredniaki e kulaki (contadini poveri, medi e ricchi) ai fini di accelerare la lotta di classe nelle campagne. 1 ricercatori si trovarono, tuttavia, davanti ad una tale varietà di figure sociali da non riuscire a comprenderle entro gruppi di superficie omogenei; essi furono perciò costretti ad articolare l’analisi a livello di realtà regionali, all’interno delle quali le tre figure base avevano connotazioni diverse, e si articolavano oltrelutto in sottogruppi, quali “vecchi” e “nuovi” sredniaki, “operai-contadini” ecc. Le regioni individuate furono otto e corrispondevano alle grandi divisioni socio-geografiche della realtà agricola polacca, tanto che i quadri regionali individuati quindici anni dopo sulla base di un’analisi incrociata di fattori geografici, economici e sociali, sono quasi identici a quelli dell’indagine del 1952 (P. Dabrowski, Cadres régionaux de l ’agricolture polonaise, in “Études Rurales”, janvier-juin 1967, pp. 5-40. Si confronti J.C. Szurek, Aux origines, cit., p. 70 e sgg.).22 I filoni di ricerca individuati da Wierzbicki e Szwengrub per il periodo 1956-67 sono sei, e tutti centrati sui temi del mutamento sociale (L.M. Szwengrub, Rural and agricultural sociology in Poland, 1945-1972, in 10th Polish Conference of Rural Sociologists, Problems o f the development o f agriculture and information on the state o f rural sociology in various countries, Warsaw, Marck 1971, pp. 203-216 e L.M. Szwengrub-Z.T. Wierzbicki, Rural community studies in Poland, in J.L. Durand-Drouhin, L.M. Szwengrub, I. Mihailescu eds., Rural communities studies in Europe, vol. 1, Oxford, Pergamon Press, pp. 103-148).■3 Tuttavia l’approccio integrale di Bujak è stato trascurato, mentre si sono diffuse monografie a carattere etnografico e sociologico centrate su uno o più problemi specifici. È stato J. Topoloski a riproporre in quegli anni l’esigenza di una monografia integrale (J. Topolski, Problemy metodologiczne badali wsi (Problemi metodologici degli studi di villaggio) in “Kwartalnik Kultury Materialnej”, 1966).24 I concorsi di memorie tenuti fino al 1966 erano 287, al 1970 oltre 400, al 1980 più di 1.000 (dati di F. Jakubczak, in Z. Dulczewski, Florian Znaniecki, cit., p. 83).
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studi ha ormai solo lontane relazioni di affinità con lo specifico metodo di Znaniecki e, soprattutto per quanto riguarda i concorsi, rischia di cadere continuamente nell’esaltazione agiografica dei risultati della politica del regime23 * 25. Ma la continuità metodologica permette, alla fine degli anni settanta, ad alcuni studiosi di recuperare quella che è stata definita la tradizione “umanistica” della sociologia rurale polacca26, accreditando, davanti alle prime manifestazioni di organizzazione sindacale autonoma degli agricoltori e soprattutto dopo l’esplodere del caso Solidarnosc, l’immagine di una peasantry compatta ed omogenea che rivendica, in opposizione allo Stato socialista, una propria specifica collocazione nella società.
È quindi possibile rilevare nelle ricerche dei sociologi polacchi, nonostante le tipolo- gizzazioni schematiche spesso adottate, indicatori ed elementi, spesso non utilizzati dal ricercatore stesso ma chiaramente evidenti, dell’esistenza di trends opposti a quelli della modernizzazione così ripetutamente sottolineati: ciò, oltre a confermare il valore conoscitivo delle ricerche in questione27, mi ha permesso di analizzare, sulla base di tale fonte, l’andamento del processo di adattamento della società contadina alle strutture della Repubblica popolare polacca, arrivando a conclusioni spesso molto distanti da quella “ufficiali” .
1. La modernizzazione
È noto che la caratteristica della struttura agraria polacca, rispetto a quella degli altri paesi socialisti, è di essere basata sulla proprietà privata della terra e su una rete di aziende coltivatrici, estese dai 2 ai 20 ettari, che ancora oggi occupano circa il 70 per cento della superficie agraria globale. Non è questa la sede per spiegare le ragioni storiche di una simile deviazione dal modello sovietico28: mi interessa invece sottolineare come la presenza dei produttori agricoli individuali abbia sempre posto ai vari governi succedutisi nel dopoguerra problemi di compatibilità con la struttura politica ed economica della società polacca, ai quali si è cercato di ovviare con una politica agraria che, dopo il fallimento dell’esperimento di collettivizzazione forzata della fine anni quaranta e prima metà degli anni cinquanta, ha sempre mirato ad una socializzazione indiretta delle campagne, attraverso il controllo statale del mercato fondiario, della distribuzione dei mezzi di produzione e della commercializzazione di prodotti agricoli.
Il quadro teorico entro il quale questa politica ha trovato collocazione è quello della modernizzazione: si è sostenuto, cioè, che a causa dei meccanismi socio-economici indotti dal regime socialista (industrializzazione, emigrazione urbana, controllo statale dei cen-
23 Per i rilievi critici ai concorsi si vedano A. Kfoskowska, Types o f personal documents, in “Sisyphus. SociologicalStudies”, vol. II, 1982, p. 71 e sgg., e J. Lutynski, Methodological issues in research based on autobiographies, ivi,p. 87 e sgg. Interessante quanto afferma uno dei più avvertiti sociologi polacchi contemporanei, che ritiene che un più corretto uso delle memorie possa essere favorito dalla verifica statistica dei documenti personali (W.W. Adam- ski, Memoir-based sociology, cit., p. 114 e sgg.).26 K. Gorlach, Polish peasant: social class or occupational group?, paper, presentato al XIIth European congress of rural sociology, Budapest, 24-30 luglio 1983.27 Ne è una riprova la notevole diffusione che gli studi di sociologi rurali hanno avuto all’estero, anche per la mole di traduzioni (delle quali per lo più mi sono servito per la stesura di questo saggio), soprattutto in lingua inglese e francese, di saggi ed opere originariamente apparse in polacco.28 Rimando per questo punto al mio saggio su II contadino polacco tra opposizione ed integrazione. Politica agraria ed interèssi contadini nella Polonia socialista, pubblicato sulla “Rivista di Storia Contemporanea”, (1985, n. 3).
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tri nevralgici dell’economia), i contadini come classe hanno cessato di esistere, per lasciare il posto ad un ceto di agricoltori moderni, coinvolti nell’organizzazione collettiva della produzione ed integrati nell’economia socialista.
La tematica della modernizzazione aveva una duplice valenza: dimostrare la non pericolosità sociale e politica dei contadini, e quindi sostenere il mutamento di rotta della metà degli anni cinquanta, con l’abbandono della collettivizzazione forzata, e, d’altro lato, mascherare, dietro le necessità di adeguamento alle esigenze produttive di una moderna struttura aziendale, la persistente componente ideologica anticontadina e l’orientamento della politica agraria sfavorevole, con l’eccezione di brevi periodi, agli agricoltori individuali.
I sociologi polacchi hanno così elaborato un quadro di riferimento analitico che permettesse di fondare la tesi della “fine dei contadini”, il cui nucleo centrale era che, essendo stato eliminato a livello nazionale il possesso privato dei mezzi di produzione, sia pure con l’eccezione della terra, erano venute meno le tendenze all’accumulazione a danno degli agricoltori più poveri che spingevano il vertice della piramide contadina verso il capitalismo e provocavano alla base processi di proletarizzazione, riproducendo nelle campagne una divisione in classi. Scriveva così Galçski che “the change in the influencing factors and the change in the way of influen
cing through the subordination of the market to the directives of planned economy have decidedly braked down the process of capitalist trasformations of countryside”29.
In tale situazione la stratificazione tra contadini non sarebbe più fondata sulla differenziazione nel possesso di mezzi di produzione, riconducibile perciò alla dinamica tipicamente capitalistica delle forze produttive, ma sarebbe riducibile a divari di tipo economico-professionale30: da ciò l’impossibilità dei contadini di manifestare una autonoma coscienza di classe e la conferma che il processo di sviluppo politico ed economico nazionale, e quindi anche la direzione della politica agraria, è saldamente in mano ai rappresentanti della classe operaia.
Per evidenziare il cambiamento e la crisi definitiva del “mondo contadino” vengono portati avanti intensi programmi di ricerca sulla realtà sociale delle campagne, si proseguono le inchieste dell’Istituto di economia agraria di Varsavia sul campione di 120 villaggi individuato nel 1946-47, si effettuano nuove ricerche di tipo economico-azienda- le31: viene così delineato un processo, continuo ed unilineare, che definisce la modernizzazione come passaggio dal semplice al complesso, cioè dalla società contadina tradizionale, chiusa in se stessa, separata e relativamente semplice nelle sue forme di articolazione sociale, ad una moderna società industriale32. Le comunità rurali si sarebbero così in-
29 B. G aleri, Rural sociology in Poland, cit., 24.30 Tale tesi si inserisce all’interno di quelle analisi di sociologi marxisti che sottolineano i processi di omogenizzazione delle società nelle quali la proprietà privata dei mezzi di produzione sia stata eliminata (si veda K. Gorlach, Polish peasant, cit., p.5 e 13). Un esempio di tale tesi applicata alle campagne polacche in B. Galenici, Sociological problems o f the occupation o f farmer, in “Roczniki Socjologii Wsi”, 1968, p. 14esgg.31 Z.T. Wierzbicki, Half a century, cit., p. 60.32 Così Turski, in un saggio classificatorio di vari modelli di modernizzazione, ne adotta uno dicotomico, che prevede il passaggio da un ambiente “naturale” ad uno “tecnico”, e arriva a individuare una scala della modernità, sui vari livelli della quale i diversi paesi possono essere piazzati in un’analisi comparativa. La Polonia è collocata a metà della scala (R. Turski, Deux modèles de mobilité sociale, in R. Turski (red.), Les transformations de la campagne polonaise, Wroclaw, Ossolineum, 1970, pp. 191-212).
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tegrate nella società nazionale, con l’acquisizione di modelli culturali e comportamenti sociali più articolati e mediati. Partendo da una definizione della società contadina polacca tradizionale estremamente semplificata e paradigmatica, tutta centrata a sottolinearne i caratteri di omogeneità culturale, di scarsa articolazione sociale, di assenza delle istituzioni statali, di isolamento nei confronti del mondo esterno33, e senza tener conto dei complessi rapporti di mediazione tra tradizionale e moderno, i sociologi polacchi hanno buon gioco nell’esaltare le trasformazioni del secondo dopoguerra.
Lo schema del processo di apertura della società contadina, che è possibile individuare da un’analisi generale degli studi in questione, parte dalla riforma agraria dell’immediato dopoguerra, che ha cancellato il contrasto di classe che contrapponeva i grandi proprietari ai contadini, liquidando la proprietà borghese e sostituendola con aziende coltivatrici: “The essential conflict: village vs. manor estate ceased to exist. That conflict had determined not only the economic situation of peasant families... but it also largely had made for the... social and cultural isolation of the village”34. La distribuzione della terra da parte dello Stato non solo elimina le cause strutturali della contrapposizione tra comunità contadina e mondo esterno, ma pone fine alla tradizionale ostilità della prima nei confronti delle istituzioni statali e contribuisce ad integrarla nella società nazionale. D’altra parte il controllo statale dei principali mezzi di produzione
impedisce il consolidarsi di tendenze antagonistiche nelle campagne: “The social structure is now marked by a continuum: farmers owning the family farm — the employees of state and cooperative organizations living in the country, a continuum... linking the peasant stratum with other different working people strata”35. Viene così eliminata anche la causa strutturale dei contrasti campagna-città, dato che la mentalità anticontadina dei ceti urbani nella Polonia prebellica, che trovava giustificazione nella struttura di classe allora esistente, si è dissolta nell’unità organica operai-contadini, cementata dall’azione dello Stato socialista36. Inoltre la diffusione di redditi da lavoro extra-agricolo tra le famiglie rurali ha favorito processi espansivi dei meccanismi di promozione sociale, attraverso i quali si è trasmessa l’influenza delle città nelle campagne37. Gli agricoltori part-time, detti anche “operai-contadini” , sono in tal modo ritenuti degli intermediari tra il villaggio e la città, tra produzione socializzata e produzione individuale, figure di passaggio verso la posizione di lavoratore salariato del settore socializzato. Così Szczepanski individua per i ceti agricoli una scala sociale che, basandosi sulla rispondenza delle varie figure ad una struttura ideale per una società socialista, va dai contadini individuali agli operai delle aziende agricole statali, ed in essa gli “operai-contadini” sono collocati più in alto dei contadini cooperatori, che pure rappresentavano, secondo le tesi ufficiali, l’esempio del-
33 Si veda ad esempio la delineazione che ne fa D. Mardowska, La structure sociale et les liens locaux, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., p. 427.34 B. Gale§ki, Rural sociology, cit., p. 19.35 B. Gale^ki, Rural sociology, cit., p. 25.36 B. Gale§ki, Rural sociology, cit., p. 22. In realtà nelle città permanevano diffusi atteggiamenti anticontadini, che possono essere fatti risalire all’orientamento in tal senso della vecchia gentry, alla campagna contro i kulaki del dopoguerra, alla concorrenza tra operai e contadini per i posti di lavoro e gli alloggi nelle città (S. Nowakow- ski, Town dwellers versus village dwellers in Poland, in “The Journal of Contemporary History”, luglio 1969, pp. 111- 112) .37 R. Turski, Changes in the rural social structure, in J. Turowski, L.M. Szwengrub (eds.), Rural social change in Poland, Wroclaw, Ossolineum, 1976, pp. 47-74.
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la superiorità della produzione socializzata su quella individuale38.
La diffusione di redditi extra-agricoli nelle campagne e l’esodo verso la città per l’apertura di sbocchi professionali in industria e nel terziario hanno agito nella stessa direzione dell’operazione di redistribuzione fondiaria operata dalla riforma agraria, ponendo fine al tradizionale problema della sovrappopolazione agricola e alla fame di terra che ne conseguiva.
In tal senso nel processo di industrializzazione estensiva degli anni cinquanta e sessanta viene individuato l’elemento chiave della soluzione della questione contadina nella Polonia popolare: mentre prima la mobilità sociale era legata esclusivamente alla quantità di terra posseduta, che determinava perciò direttamente la stratificazione all’interno delle comunità, ora si aprono nuove vie alla promozione sociale delle masse contadine, che portano all’esterno del villaggio. La terra cessa così di essere alla base del rango, della cultura e dei valori contadini, e diventa esclusivamente un bene correlato all’esercizio di una professione39.
La scala del prestigio diventa perciò più ampia e multidirezionale, i codici di valutazione dello stesso tendono a unificarsi a livello nazionale, mentre in precedenza erano fondati localmente40. In stretta connessione con questi processi, è possibile individuare mutamenti fondamentali nei caratteri della famiglia contadina: si passa da una famiglia multiestesa, dominata da rapporti di subor
dinazione gerarchica che trovano giustificazione nel suo prevalente orientamento verso la gestione dell’azienda, alla quale era sacrificata l’individualità dei singoli membri (la cui posizione sociale veniva identificata con quella complessiva della famiglia di appartenenza), ad una situazione in cui l’apertura di vie individuali alla mobilità sociale e la differenziazione delle possibilità occupazionali allentano, fino a scinderlo, il legame tra individuo e famiglia di provenienza, ridimensionando l’importanza delle strategie familiari e la funzione economico-produttiva della famiglia, a vantaggio di quella affettivo-sentimentale.
Scompaiono le famiglie multigeneraziona- li, e si modificano i rapporti fra membri della famiglia, che vengono impostati su un terreno di parità. Il prestigio diventa legato più allo standard di vita che al possesso di terra, i nuovi nuclei familiari sono autonomi, le funzioni economiche della famiglia si correlano alla formazione di un reddito complessivo, e non sono finalizzate alla conservazione e gestione del patrimonio fondiario, il cui valore si relativizza, le funzioni pedagogiche sono considerate in rapporto all’educazione dei figli, e non più alla loro preparazione alla successione al capofamiglia nella gestione dell’azienda, la formazione professionale viene sempre più demandata alla scuola41. Alla tradizionale divisione del lavoro fra marito e moglie subentra una nuova situazione, nella quale la donna si occupa sempre più del lavoro dei campi e l’uomo di funzioni, come quella educativa nei confronti dei figli, un
38 J. Szczepanski, La structure sociale de la population rurale, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., p. 15.39 B. G aleri, Les tendances des transformations dans la structure de la société rurale, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., pp. 37-55; E. Jagiello-Lysiowa, La terre et la profession, ivi, pp. 239-261; W.W. Adamski, Tendances des changements dans les attitudes sociales des paysans polonais, paper, presentato al III Congresso mondiale di sociologia, Baton Rouge, 1972.40 M. Makarczyk, La stabilité et la mobilité professionnelle des agriculteurs, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., pp. 145-167; M. Pohoski, La mobilité socio-professionnelle des fils des paysans, ivi, pp. 115-144.41 D. Markowska, Trends of change in the contemporary rural family, in “Roczniki Socjologii Wsi”, 1968, pp. 80-104.
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tempo demandate alla moglie: il sistema patriarcale viene sostituito dall’uguaglianza tra i due partners42.
Tutti questi processi, insieme al miglioramento delle infrastrutture territoriali e dei sistemi di comunicazione, alla diffusione dei mass-media, alla presenza in periferia delle strutture partitiche e degli uffici statali, tolgono al villaggio il suo carattere di microcosmo, incapsulato ma non integrato in un contesto nazionale, e pongono perciò fine alla sua separatezza. I villaggi sono ormai inseriti in una rete di istituzioni omogenee diffuse su tutto il territorio nazionale, vengono aperti all’influsso della cultura urbana, ben integrati nelle nuove istituzioni statali. La rete di servizi disponibili contribuisce a colmare il divario tra campagne e città anche dal punto di vista della qualità della vita; il villaggio come centro di elaborazione della cultura contadina lascia posto ad un’entità che è elemento di una struttura decentrata, ma non più separata43. Una cultura contadina come elemento autonomo di organizzazione della società rurale, perciò, non esiste più: dell’antico corpus di essa vanno conservati solo quei valori che siano adattabili al nuovo contesto sociale44.
In conclusione la modifica del rapporto col mercato (pianificazione) e con i mezzi di produzione (diminuzione dell’importanza del fattore terra), il mutato equilibrio tra risorse e popolazione (emigrazione e part-time), la rottura dell’isolamento culturale, il consolidarsi dei rapporti con lo Stato, contribuiscono a rompere il legame fondamentale famiglia-proprietà, che stava alla base del sistema tradizionale di valori del mondo contadino. Passano in secondo piano le determinanti di classe, aumenta l’importanza delle conoscenze professionali e dei contatti con le istituzioni addette alla gestione dell’economia. Il risultato è l’evoluzione degli agricoltori polacchi da classe contadina a gruppo professionale45, il cui problema è quello di ricavare dall’azienda il massimo di redditività in termini di produzione e di reddito personale, e che, a tale fine, trova opportuna collocazione nella politica agraria. Il passaggio ad un’agricoltura di tipo “olandese”46 compare, come prospettiva, in alcuni studi degli anni in cui la Polonia sembra aver imboccato la strada di uno sviluppo economico intensivo47. I ricercatori polacchi, all’inizio degli anni settanta, abbandonate le pregiudiziali di carattere politico ed ideologi-
42 J. Turowski, State o f research on rural sociological problems, in B. Gale^ki (ed.), Rural Sociology, cit., pp. 77-104.43 R. Turski, Changes, cit., eD . Mardowska, La structure, cit. Per Turowski è l’integrazione delle varie comunità locali in unità amministrative (i comuni) e la formazione di nuove regioni socio-economiche che danno vita ad un complesso integrato di “rural-urban regions” (J. Turowski, Changes in the rural community, in J. Turowski-L.M. Szwengrub (eds.), Rural socio-cultural change in Poland, Wroclaw, Ossolineum, 1977, pp. 22-23).44 Così per Galaj vanno conservati, come valori positivi, la dedizione al lavoro, anche se duro, lo spirito di iniziativa, il senso di responsabilità, la tradizione di mutuo soccorso della società contadina polacca (D. Galaj, Transformations o f the countryside, in “Polish Perspectives”, giugno 1974, p. 45). Come tutto ciò sia compatibile con l’organizzazione sociale del lavoro nella Polonia contemporanea non è facilmente comprensibile, a meno che il primo degli elementi menzionati non faccia aggio sui rimanenti.45 B. G aler i, Les tendances, cit.46 ’’L’appareil scientifique, notamment l’Institut d’Economie Agricole, mais aussi de nouveaux organismes nés après 1956, échaudé par la période stalinienne et privé de ses maîtres, s’était lancé dans un vaste programme de recherche baigné d’empirisme et de pragmatisme... adaptant aux conditions polonaises les conceptions modernistes et sélectionnistes en vigueur en Occident (notamment en France et en Hollande)” (J.C. Szurek, Aux origines, cit., p. 150).47 B. Weber, Selected values of traditional culture in the light o f two collections o f memoirs, in “Sisyphus. Sociological Stuedies”, vol. II, 1982, pp. 163-187.
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co contro le aziende di dimensioni maggiori, sottolineano il ruolo positivo di quelle aziende che, proprio per le loro dimensioni, sono considerate le più adatte a garantire quello che era diventato il fine principale di una politica agraria sempre più selettiva, l’aumento della produttività per addetto48.
2. L’altra faccia della modernizzazione
Proprio l’avvio di una politica agraria più selettiva portò molti ricercatori ad una riconsiderazione critica dei processi di modernizzazione del ventennio precedente, spingendoli a sottolineare piuttosto le debolezze economiche di un settore che risultava inidoneo a conseguire i risultati produttivi sperati. In generale tale constatazione portava non tanto a riconsiderare la contraddittorietà di una politica agraria che ha sempre frapposto ostacoli allo sviluppo delle potenzialità dell’azienda privata49, quanto a rafforzare le tendenze ad una effettiva liquidazione della produzione agricola individuale, con un avventuroso
piano di sviluppo del settore socializzato e conseguente catastrofica riduzione della produzione globale dopo la metà degli anni settanta.
Tipico di questa nuova posizione è il rovesciamento di giudizio sugli “operai-contadini”, considerati sempre più un ostacolo alla diffusione di criteri di gestione aziendale razionali, dei quali si sottolinea ora la resistenza che frappongono ai processi di concentrazione fondiaria e di modernizzazione produttiva, ed il disinteresse per i problemi locali e per attività politico-sociali svolte nel villaggio, a causa delle dure condizioni di vita di chi svolge un doppio lavoro. Si arriva così a progettare costosi quanto irrealistici piani di trasferimento in massa nelle città dei lavoratori agricoli a part-time50 che, per quanto assurdi possano oggi apparire, ci consentono tuttavia di apprezzare la notevole ampiezza di questo strato che, in un certo senso, “annacqua” l’impatto nelle campagne dei processi di industrializzazione51.
Ma, ancora di più, giocarono nel superamento dello stereotipo della modernizzazio-
48 A. Szmberg, Processes o f differentiation o f peasant farms in Poland, in J. Turowski-L.M. Szewengrub, Rural social change, cit., pp. 173-201. Tutto l ’articolo vuole dimostrare come Pailargamento delle dimensioni aziendali sia condizione indispensabile per un successo della politica agraria “in fulfilling the basic task, namely the rapid increase of agricultural production” (p. 173).49 Un’eccezione è rappresentata dall’opera di revisione critica di Tepicht. Quello che probabilmente è il sociologo rurale polacco contemporaneo più famoso, rivedendo radicalmente l’impostazione dei propri studi precedenti ed applicando all’analisi delle campagne polacche le tesi di Chayanov sul modo di produzione contadino, arrivò a fondare teoricamente la necessità che in Polonia, nell’impossibilità di un irrealistico e troppo costoso sforzo dell’intensificazione del fattore capitale, la politica agraria dovesse creare le condizioni più adatte perché la famiglia contadina potesse operare in un contesto di sicurezza, che favorisse lo sviluppo della produttività del suo lavoro. Le posizioni di questo scienziato, già allora marginato dal potere politico e dagli ambienti accademici, non hanno ovviamente trovato alcun seguito in Polonia (si veda J. Tepicht, Marxisme et agriculture: le paysan polonais, Paris, Armand Colin, 1973).50 D. Galaj et al., Proposed principles ofsolving the problem o f the peasant-worker population, in “Village and Agriculture”, 1977, pp. 113-121.51 Va sottolineata inoltre la sua funzionalità allo sviluppo industriale del paese: esso costituiva una riserva di manodopera a basso prezzo, indirizzata verso i lavori più pesanti e dequalificati, che ha evitato oltretutto il collasso urbanistico delle città, investite dai processi di migrazione intensiva del dopoguerra (si vedano H. Slabek, Mutamenti nella stratificazione e nella posizione sociale dei contadini in Polonia (1944-1964). Rassegna critica, in “Rivista storica italiana”, 1982, p. 757 e sgg.; B. G aleri, Solving the agrarian question in Poland, in ’’Sociologia ruralis”, 1982, n. 2, p. 154 e sgg.; P. Santacroce, Sviluppo economico e squilibri sociali in Polonia, Milano, Etas Libri, 1981, p. 28 e sgg. e cap. 2.2). Va inoltre sottolineata l’importanza della produzione di queste aziende ai fini della bilancia alimentare, ed il loro ruolo di assorbimento della disoccupazione nascosta nelle campagne (I. F renkel et a l., Changes in the labour force resources in agriculture, in “Village and Agriculture”, 1980, p. 26 e sgg.).
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ne, la crisi economica degli anni di fine decennio e le rovinose oscillazioni della politica agraria, che favorirono certo la manifestazione di un attivismo politico degli agricoltori individuali svincolato dai normali canali istituzionali in cui veniva di solito indirizzato, e che troverà sbocco nella creazione dei sindacati agricoli all’interno di Solidarnosc. L’evidenziarsi non solo di critiche aperte alla politica economica governativa, ma anche di umori di contrapposizione frontale al sistema, ha riportato in ballo la persistenza dell’identità sociale dei contadini come classe dopo trenta anni di politica agraria finalizzata invece a favorirne il dissolvimento nelle pieghe della nuova struttura sociale; nel generale smarrimento dei ricercatori polacchi, sempre più in difficoltà a seguire i rapidi mutamenti della società polacca fra fine anni settanta ed inizio anni ottanta, la sociologia rurale è stata forse la branca che maggiormente ha denotato una “perdita di senso” dei modelli analitici prevalenti. Nei pochi studi contemparanei o successivi al periodo di Solidarnosc, questa si è manifestata in un rifiuto dello schema della modernizzazione: lo sforzo di creare organizzazioni politiche autonome degli agricoltori individuali è stato interpretato come riprova dell’esistenza di un mondo rurale sostanzialmente intatto nei suoi meccanismi di solidarietà interna, resistente ai programmi di sviluppo ed integrazione messi in atto dallo Stato socialista. I contadini polacchi, insomma, da ceto professionale si sono ritrasformati in classe, e per giunta all’“opposizione” .
A mio avviso è necessario adottare una diversa prospettiva di analisi che, attraverso uno schema multilineare, permetta di comprendere la varietà di intensità e direzione delle forze che sono il prodotto dell’incontro
tra inputs modernizzanti e le strutture locali investite: è ipotizzabile che nel corso di tale processo i primi subiscano delle trasformazioni, in relazione all’intensità dell’opposizione che incontrano, alla natura delle relazioni sociali investite, alla qualità delle mediazioni che si realizzano. Si tratta in altre parole di scomporre quello che viene definito processo di modernizzazione, senza limitarsi a constatarne gli esiti formali più evidenti, ma spingendosi a scoprire le nuove relazioni, spesso caratterizzate da più di un elemento di continuità col passato, che vengono a crearsi all’interno delle società investite da correnti di trasformazione.
Tale progetto non è realizzabile a partire dalle fonti su cui si basa questo saggio: la predisposizione ideologica dei ricercatori polacchi, le stesse modalità delle indagini effettuate, per lo più attraverso questionari nettamente predisposti a evidenziare la dissoluzione dei rapporti tradizionali, non rendono disponibile un insieme di dati e di analisi tale da permettere una ricostruzione del rapporto tra Stato e contadini alternativa rispetto a quella finora prevalente. Vi sono però nelle ricerche che ho utilizzato numerosi indizi, anche se spesso poco più che notazioni marginali, che possono comporre un mosaico, al quale certo mancano molti pezzi, ma il cui disegno lascia intravedere una trama ben diversa da quella ricostruita dagli scienziati polacchi.
Sono elementi tratti per lo più da analisi condotte a livello di comunità52, che consentono di individuare esiti complessi delle trasformazioni della società rurale nel secondo dopoguerra, non riconducibili né alla “scomparsa” dei contadini, né alla loro continuità in quanto classe. In particolare le relazioni sociali a livello comunitario si dimostrano
52 Per una panoramica degli studi si veda K. Zawistowicz-Adamska, Rural economic-social systems and systems of subordination in the process o f change, in Poland at the P"1 Internazional Congress o f Anthropological and Ethnological Sciences, Wroclaw, Ossolineum, 1973, pp. 69-79.
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particolarmente persistenti, perché vengono rimodellate come strumento di resistenza a impulsi esterni disgreganti, come durante il periodo della collettivizzazione, o di manipolazione degli esiti finali di processi di per sé non ritenuti negativi (è il caso dell’industrializzazione), ma il cui impatto a livello di società locale si cerca comunque di attutire e condizionare.
Così il progetto elaborato a Varsavia, nel 1952, per rimuovere il 60 per cento degli agricoltori dei Tatra e di parte dei monti Beskidi dalle loro aziende, spezzettate ed estese su terre di cattiva qualità, e trasferirli in aziende di pianure più ampie e produttive, dovette essere accantonato per l’opposizione delle comunità montane ad uno sradicamento che, oltre che geografico, era culturale e sociale53. E a Zimiaça, un villaggio del sud della Polonia con 800 abitanti, subito dopo la guerra si ricostituirono i tradizionali rapporti di coesione tra grandi proprietari e contadini poveri, sostenuti da relazioni di patronage cementate da vincoli di parentela e vicinato: nel 1946 venne così eletto sindaco il più grande proprietario del villaggio, con il sostegno pressoché unanime di tutta la comunità. L’intervento delle autorità statali nel 1948, per imporre come sindaco un contadino povero, incontrò l’opposizione del villaggio e ne determinò un’attitudine difensiva che coinvolgeva anche gli strati più bassi e che si attutì solo dopo il 1956, quando si riaprirono meccanismi di scambio politico a livello locale meno controllati dal centro54.
Viceversa a Dobrzen Wielki, un villaggio del distretto di Opole che nel 1960 contava
3.026 abitanti, e dove era localizzata una fabbrica tessile, industria e comunità locale si influenzavano a vicenda. Il villaggio conservava una propria identità sociale, evidenziata dall’alto tasso di endogamia e dall’atteggiamento dei lavoratori pendolari, che continuavano ad avere in esso il proprio punto di riferimento; le cerimonie, soprattutto quelle di matrimonio, contribuivano a rafforzare la comunità, ed erano aperte a tutti. I legami familiari avevano ancora un peso notevole e la famiglia conservava aspetti di impresa estesa: così gli operai dell’industria che ancora vivevano con i genitori versavano alle madri l’intero loro salario. La direzione dell’azienda tessile era costretta a tener conto dell’opinione del villaggio in vari campi di attività, ad esempio in relazione alle assunzioni, ed in tal modo era riuscita ad integrarsi nella comunità. Nell’azienda durante il lavoro le operaie cantavano spesso inni religiosi, ed anche sul luogo di lavoro le relazioni interpersonali si consolidavano secondo le norme della comunità locale55.
Commentando questo caso, Turowski rilevava che “the organization of the factory, its norms and system of values are to a certain degree subordinated to the village collectively”56. Del resto non erano mancate in altri casi preoccupazioni perché “les paysans ont imprimé à leurs nouveaux milieux la marque de leur culture traditionnelle, de leur style de vie, de leurs moeurs et de leurs aspirations. On peut donc parler d’un processus de ruralisation des villes (grandes
53 S. Ossowski, Condizioni e conseguenze sociali della pianificazione sociale, in Sociologia: applicazioni e ricerche, Atti del IV Congresso mondiale di sociologia, Milano-Stresa, 8-15 settembre 1959, Bari, Laterza, 1959, p. 310.54 Z.T. Wierzbicki, Le village de Zmiaça, un demi siècle plus tard, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., pp. 391-429.55 A. Olszewska, Anciennes et nouvelles structures de la campagne urbanisée, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., pp. 471-495.55 J. Turowski, Types and forms o f industrialization and rural socio-economic development, in J. Turowski-L.M. Szwengrub (eds.), Rural social change, cit., p. 41.
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et petites), et c’est ce processus qu’il aurait fallu étuder en premier lieu”57. E lo stesso Turowski, pur parlando di disintegrazione delle tradizionali funzioni della comunità rurale (ma non di quella di controllo sociale), riconosceva che tale processo non era integrale “because there are many factors which maintain to some extent the elements of traditional social community”58.
Altri hanno sottolineato la presenza contemporanea nelle comunità di vecchie e nuove forme di stratificazione sociale; così Adamski studiando un villaggio del voivodato di Bydgodszcz, che nel 1962 contava 756 abitanti suddivisi in 159 famiglie, nel quale aveva operato la riforma agraria e che era stato investito dai processi di emigrazione, riscontrava una scala del prestigio ancora fondata sulla terra, ed una correlazione positiva fra quantità di terra posseduta e livello dei redditi. La comunità, tuttavia, era divisa: i contadini assegnatari della riforma, che provenivano da altre zone della Polonia, non erano integrati, perché considerati estranei al villaggio, mentre al vertice del prestigio restavano i vecchi proprietari, considerati i migliori agricoltori. Era inoltre possibile individuare due differenti schemi di mobilità sociale, ambedue legati, anche se con intensità diversa, al possesso di terra: da una parte gli agricoltori a tempo pieno, dall’altra i contadini part-time, che rappresentavano il punto di riferimento di coloro che fruivano esclusivamente di un salario. Permaneva, infine, il valore delle cerimonie ai fini della conferma
del prestigio e del rafforzamento dei vincoli comunitari59.
Su un altro terreno, quello della identificazione tra famiglia ed azienda contadina, il peso delle “persistenze” sembra particolarmente forte: così Turowski doveva riconoscere che “the connection of a farm with house-hold keeping and the family... although changed and modified, still remains”60; e Galeski, constatava che il processo di profes- sionalizzazione dei contadini polacchi era particolarmente lento e contraddittorio61 e reputava il lavoro contadino “a relic of a different mode of social organization of production, one not based on the division of occupations... that part of social division of labour which has so far not been fully mastered by the occupational model”62. Ga- laj, infine, ammetteva che spesso “the peasant family and its farm are an inseparable whole”63.
In relazione a ciò, possiamo riscontrare che il valore della terra ai fini della determinazione del prestigio non è affatto scomparso: non solo gli agricoltori individuali vengono ritenuti, nella percezione comune della gerarchia sociale, molto al di sopra dei soci delle cooperative di produzione e degli operai delle aziende agricole di Stato64, ma l’apprezzamento per il possesso della terra era vivo anche tra i giovani che rimanevano in campagna: così Adamski in un’inchiesta su tre distretti rappresentativi di situazioni di- versificate, riscontrava negli agricoltori più giovani un atteggiamento generalmente mo-
5' J. Szczepariski, Les paysans dans la société socialiste, in “Cahiers Internationaux de Sociologie”, 1967, p. 6.58 J. Turowski, Changes, cit., p. 20.59 W.W. Adamski, Grupy interesów w spolecznos'ci wiejskiej (Gruppi di interesse nella comunità rurale), Warszawa, Ossolineum, 1967.60 J. Turowski, Changes, cit., p. 82.61 B. Gale§ki, Les tendances, cit., p. 52-55.
B. G aleri, Sociological problems, cit., p. 13 e 25.63 D. Galaj, Transformations, cit., p. 44."4 L.M. Szwengrub, Les agriculteurs-membres des cooperatives agricoles productives et les ouvriers agricoles, in R. Turski (red.), Les transformations, cit., pp. 77-92; M. Pohoski, La mobilité, cit., p. 138.
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derato nei confronti della possibilità di introdurre radicali trasformazioni nella struttura agraria e nelle forme di gestione della produzione, ed una confermata fiducia nella gestione aziendale su base familiare65. E Chala- sinski, chiedendosi quali potessero essere state le motivazioni dei giovani agricoltori che tra il ’45 e il ’55, periodo certo non favorevole alla gestione agricola su base familiare, scelsero di non emigrare, nonostante le opportunità di lavoro che si aprivano nelle città, riteneva che “were as a rule latent in the strong family ties”, e rilevava l’importanza del villaggio come centro di aggregazione sociale anche per chi svolgeva mansioni che lo portavano al di fuori della comunità, ma sceglieva deliberatamente di non allontanarsi, perché quest’ultima veniva a riempire un “vacuum ideologico”66.
La persistenza di relazioni sociali a livello di comunità modellate secondo le tradizionali norme, l’identificazione tra famiglia ed azienda contadina, la perdurante importanza del fattore terra nella scala del prestigio, non sono elementi residuali ormai depotenziati rispetto alle nuove relazioni indotte dal processo di modernizzazione, ma sono anzi in grado di influenzarne profondamente gli esiti finali. A riprova di questa tesi, è particolarmente utile l’analisi dell’articolazione dell’apparato amministrativo a livello periferico, dato che questo rappresenta il principale strumento di attuazione della politica statale nelle campagne e che quest’ultima, in
mancanza di meccanismi autonomi di mercato è la principale componente di quel processo.
3. L’apparato amministrativo locale
La struttura amministrativa polacca si articola, a livello locale, in uffici dipendenti dai rada narodowa, consigli elettivi che operano a vari livelli, ed in uffici che sono l’articolazione locale di apparati nazionali. In realtà anche i primi sono strettamente collegati all’amministrazione statale, perché molto spesso non solo funzionano come emanazione dell’ente locale, ma sono inquadrati in strutture burocratiche piramidali facenti capo ai vari ministeri67. Nel sistema polacco l’apparato amministrativo assolve non solo alle proprie funzioni istituzionali, ma anche al compito fondamentale di trasferire al livello superiore tutti i conflitti di competenza che nascono a ciascun livello68: in tal modo l’integrazione verticale appare privilegiata ed il sistema si presenta formalmente con una forte caratterizzazione gerarchica69.
Secondo le teorie correnti, l’elemento di controllo democratico dovrebbe essere rappresentato da un lato dai consigli elettivi che, attraverso il loro organo esecutivo, funzionano da “tutori” dell’apparato amministrativo ricadente nel loro campo d’azione, dall’altro dall’intreccio tra l’apparato stesso e la struttura di partito, cui viene demandato un
65 W.W. Adamski, Tendances, cit., p. 13.66 J. Chalasiriski, The young rural generation in the Polish People’s Republic, in J. Turowski-L.M. Szwengrub (eds.), Rural social change, cit., p. 271 e 274.67 R. Taras, The local political élites, in D. Lane, G. Kolankiewicz (eds.), Social groups in Polish society, London, Macmillan, 1973, pp. 233-301.68 W. Kuczynski, La seconda Polonia. Contraddizioni di un modello, Roma, Editori Riuniti, 1981, p. 49.69 II meccanismo di tramissione delle direttive, proprio perché fortemente centralizzato, è soggetto però a frequenti corto-circuiti: i quadri politici di base e i funzionari periferici, infatti, in presenza di notevoli oscillazioni politiche, e nell’impossibilità di seguire i criteri di volta in volta fissati a livello centrale, interpretano spesso la politica agraria secondo quelle che ritengono essere le reali aspettative dei dirigenti centrali. La mia opinione è che, in un contesto non caratterizzato dal livello di violenza politica dei primi anni cinquanta, proprio su tali distonie si basi quella relativa autonomia dell’apparato locale che lo rende permeabile alla rappresentanza politico-clientelare di interessi periferici.
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controllo generale del primo e che è articolata ai suoi stessi livelli. In tal modo il sistema dovrebbe funzionare secondo le seguenti fasi: 1. elaborazione di direttive a livello locale per l’apparato amministrativo da parte dei consigli elettivi; 2. controllo delle direttive da parte dell’apparato di partito, che deve verificarne la compatibilità ideologico-politi- co-programmatica con le direttive nazionali. Tale controllo si attua sia attraverso periodiche riunioni tra strutture del partito e strutture amministrative, sia attraverso l’operato degli iscritti al partito che lavorano in queste ultime; 3. trasmissione delle direttive agli uffici, che ne ricevono anche dalle strutture dell’amministrazione di appartenenza cui sono gerarchicamente subordinati. È al loro livello, quindi, che dovrebbe attuarsi la fusione tra direttive centrali ed esigenze locali, peraltro già garantita dal controllo preliminare effettuato dal partito.
Il numero di enti, comuni ed organizzazioni operanti a livello locale è molto elevato: in tutti i comuni rurali esistono circa una ventina di istituzioni, ed altre sono presenti solo in alcuni comuni. Il Consiglio comunale controlla direttamente circa un terzo di queste, e ha possibilità di supervisione e collegamento con quasi tutte le altre70. Gli uffici amministrativi che dipendono dai comuni sono anche subordinati gerarchicamente agli uffici corrispondenti degli organismi rappresentativi di grado superiore. Fino al 1973 si aveva un’articolazione dei Consigli popolari in tre livelli: wojewodstwo (voivodato), powiat (di
stretto), gromada (villaggio). Nel 1973-75 una serie di riforme amministrative ha eliminato i distretti ed il villaggio, creando una struttura bipolare basata sul wojewodstwo, le cui dimensioni sono state ridotte notevolmente, e sui gmina, i nuovi comuni che raggruppano un certo numero di vecchie circo- scrizioni: si è così passati dai 17 voivodati, più cinque voivodati urbani, di prima della riforma ai 49 voivodati attuali, e da 4.315 gromada a 2.365 gmina. Attualmente ogni gmina raggruppa 7-8 villaggi, ed ha una popolazione media di 6.000-7.000 abitanti, contro i 3.000-4.000 precedenti, su una superficie di 120-130 kmq71.
La proliferazione di organizzazioni ed enti a livello locale è di solito vista come una riprova della istituzionalizzazione dei rapporti sociali nelle campagne. La realtà, tuttavia, è molto più complessa: da una parte è stata rilevata la presenza di numerose contraddizioni inerenti alla struttura del modello, tra il principio di autogoverno e quello di controllo gerarchico, tra l’appiattimento verso il basso e la struttura gerarchica del sistema, tra fine ultimo, imposto a livello di pianificazione centrale, e mezzi per perseguirlo, tra i legami verticali e quelli orizzontali delle istituzioni agricole72. D’altra parte proprio l’estrema frammentazione delle competenze ha reso problematica l’attuazione di un reale elevato grado di controllo, favorendo la formazione dei centri di potere locali, sostanziati di rapporti personali e clientelari73, che sfuggono alle rigide direttive del piano e al
70 W. Piotrowski, Formai institutions and organizations in Poland's rural areas, in J. Turowski-L.M. Szwengrub (eds.), Rural socio-cultural change, cit., pp. 27-44.71 Si veda J. Brzezinski, Le fonctions sociales des coopératives dans la formation des microrégions rurales en Pologne, in “Sociologia ruralis”, 1977, n. 1/2, p. 141 e sgg. La riforma è collegata da Kuczynski alla volontà di aumentare la pressione amministrativa sulle aree rurali (W. Kuczinski, La seconda Polonia, cit., pp. 73-74).77 M. Halamska, Functioning o f the system o f agricultural production in the rural commune, in “Village and Agriculture”, 1980, pp. 153-164.73 La formazione di legami clientelari era già stata rilevata negli anni della collettivizzazione, legata alla possibilità di utilizzare risorse pubbliche attraverso i nuovi strumenti amministrativi creati dallo Stato (J. Tepicht, Marxisme et agriculture, cit., p. 112).
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controllo gerarchico strutturalmente organizzato. È così vero che la comunità si è “aperta” , ma più nel senso di una maggiore articolazione degli interessi che in quello della dissoluzione di relazioni sociali tradizionali: in altre parole la comunità locale conserva il carattere di luogo centrale di competizione per l’accaparramento di risorse essenziali, ed in tale competizione vengono utilizzati legami familiari e personali che, nel nuovo contesto, assumono un più chiaro carattere clientelare.
Si è così formata nel secondo dopoguerra un’élite politica locale, che fonda il suo potere sulle nuove risorse messe a disposizione della periferia da parte dello Stato, facendo leva sulla necessità per quest’ultimo di coinvolgere i contadini nelle proprie strutture per ottenerne il consenso. È un punto questo rilevato con grande chiarezza da Lewis, che nota come il contadino polacco “join the political and economic Organization operating in the countryside but more with a view to pursuing traditional (anti — or at best non — socialist) objectives through the institutional means available... In this respect the decentralisation of the administrative structure and the emphasis in political organizations on practical, peasant-oriented work has helped the rural community to preserve its peasant identity. The extension of State bureaucracies into the locality has led to a dilution of the procedures of formal control, a pea- santization of formal organization with numerous local institutions overlapping both in function and membership and with the spread of diverse formal and informal ties throughout the institutional network. The drive to involve the village’s ‘leading’ farmers in State institutions further contributes
to the rapresentation of peasant interests within them. Thus an institutional group, or local élite, emerges whose members are frequently personally involved in the matters decided. They are, therefore, open to the personal influences and informal pressures of the local community”74. Del resto anche alcuni politologi polacchi, J. Wiatr e A. Przeworski, hanno rilevato che “ ... the integration of interests is much more likely to oc- curr horizontally at each separate level and independently of the structure of political organizations... Competition takes place at each level of the political system but it is not integrated nationally along the vertical lines of political organizations... Interests are often integrated horizontally at the local level”75. Kuczynski conferma che “per quanto riguardava... l’apparato, specie quello economico e locale, la necessità di una loro (sic) collaborazione con le autorità centrali rafforzava la dipendenza del centro dalle loro (sic) richieste, specialmente quelle relative agli investimenti”76. Scrive infine Brzezinski che “il se forme dans de nombreuses communautés locales une sorte de système non formel de représentation; des personnes hardies et éloquentes se chargentes de représenter les intérêts de la société. Les autres acceptent leur action, la leur confient même, s’engageant rarement eux-mêmes, sauf dans de cas exceptionnels”77. Taie élite, di estrazione prevalentemente contadina, si mantiene attraverso una fitta rete di conoscenze e di legami personali, familiari o di amicizia, che è utilizzata per sfuggire alla rigidità di una struttura istituzionalmente centralizzata in misura elevata.
È così possibile mettere in atto una serie di accorgimenti informali per aggirare gli osta-
74 P. Lewis, The peasantry, in D. Lane-G. Kolankiewicz (eds.), Social groups, cit., p. 74.75 J. Wiatr, A. Przeworski, Control without opposition, in J. Wiatr (ed.), Studies in Polish Political System, Wroclaw, Ossolineum, 1967, p. 134.76 W. Kuczynski, La seconda Polonia, cit., p. 113.77 J. Brzezinski, Les fonctions sociales, cit., p. 148.
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coli che la legislazione e la politica agraria oppongono ad un più libero articolarsi delle relazioni economiche e sociali nelle campagne: privilegi nell’assegnazione di mezzi di produzione, mancate dichiarazioni di transazioni di terra, suddivisione fittizia della stessa per evitare la tassazione progressiva, assegnazione di vantaggiosi contratti di produzione da parte di enti statali, tutti atti possibili solo con la manipolazione delle strutture pubbliche.
La stratificazione sociale nelle campagne continua così ad operare principalmente attraverso meccanismi di scambio locali: i gruppi di interesse che sono stati individuati78 si caratterizzano per un riadattamento delle tradizionali strutture sociali alla pene- trazione dell’apparato burocratico-ammini- strativo a livello locale, utilizzandolo ai fini del proprio consolidamento. È interessante notare come di solito siano i contadini più solidi, con maggiore quantità di terra, quelli che sono più coinvolti nell’utilizzazione delle strategie clientelari: il possesso di terra non è perciò secondario nella definizione della col- locazione nella scala sociale, anche se va associato ad una complessa gestione dei meccanismi politico-amministrativi che si accompagnano all’attività produttiva. Coerentemente a questo schema, gli operai-contadini occupano un livello inferiore nella comunità, sia dal punto di vista del prestigio che da quello economico, e, significativamente, in essi è riscontrabile un minor bisogno di accordare i valori della società locale con la nuova struttura istituzionale diffusa nel dopoguerra79. Sono invece proprio i contadini più coinvolti nel processo di istituzionalizzazione dei rapporti sociali, e quindi in teoria più “moderni", quelli che si dimostrano più attaccati al valore della proprietà, proprio in quanto la loro attività continua a fondarsi su 7 *
un’azienda individuale all’interno della quale si realizza un’unità fra famiglia ed impresa; sono essi a sviluppare quella rete di contatti personali che, in assenza di un mercato libero con funzioni di integrazione verticale, permette loro di articolare la propria azione prevalentemente ed efficacemente a livello locale.
Alla luce di quanto detto, mi sembra di poter concludere che la revisione in atto negli ultimi anni fra i sociologi polacchi abbia semplicemente capovolto l’analisi sulla modernizzazione fino ad allora prevalente: mentre in questa i contadini erano sussunti tout court all’interno del processo, e scomparivano come soggetti sociali attivi, travolti dai grandi flussi di cambiamento del secondo dopoguerra, ora si afferma viceversa che la loro identità sociale non è stata praticamente toccata da questi ultimi. Entrambe queste posizioni considerano i due termini del rapporto, i contadini con la loro specifica valenza sociale e lo Stato, come elementi distinti ed opposti che possono entrare in contatto solo nella misura in cui si negano reciprocamente.
Ho sottolineato nel corso del saggio che, viceversa, la società contadina è mutata proprio riadattando le sue strutture tradizionali agli impulsi che le provenivano dallo Stato socialista, e del resto la sua elasticità è uno dei caratteri che le consente di preservarsi in contesti varianti, modificando anch’essa la forma delle proprie relazioni sociali, ma conservandone il fine ultimo di realizzazione del ruolo economico e del prestigio sociale, in altre parole dell’identità, dei contadini in quanto ceto sociale.
Del resto un esame non superficiale delle richieste avanzate dal movimento autonomo dei contadini, nei pochi anni in cui ha potuto manifestare la sua azione, rivela la ricerca di
7S W.W. Adamski, Grupy interesów, cit.'9 Si veda a tal proposito P. Lewis, The peasantry, cit., p. 67 e pp. 82-83.
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una collocazione istituzionale all’interno dell’economia nazionale, al riparo dalle oscillazioni di una politica agraria troppo spesso indirizzata da motivazioni ideologiche anticontadine. Il dramma della Polonia sta proprio nell’incapacità del sistema politico, per motivi interni ed internazionali, a rispondere a domande tutto sommato “mode
rate”, ma che in quel particolare contesto si presentano con una carica dirompente. Ma è certo che ancora manca una chiave di lettura generale della crisi polacca che tenga conto dell’incidenza, a livello della società, di tren- tacinque anni di regime socialista.
Paolo Pezzino
ISTITU TO NAZIONALE P E R LA STO RIA DEL MOVIMENTO
D I LIBERAZIO NE IN ITALIACollana storica ■ Novità 1985
Storiografia e fascismo. Con appendice bibliografica. Scritti di G. Quazza, E. Collotti, M. Legnani, M. Palla, G. Santomassimo, Milano, Angeli, 1985.
Le formazioni GL nella resistenza. Documenti. Settembre 1943/aprile 1945, a cura di Giovanni De Luna, Piero Camilla, Danilo Cappelli, Stefano Vitali, Milano, Angeli, 1985.
Italia 1945-1950. Conflitti e trasformazioni sociali. Scritti di G. Chianese, G. Crainz, M. Da Vela, G. Gribaudi, Milano, Angeli, 1985.
Giampaolo Valdevit, La questione di Trieste 1941-1954. Politica internazionale e contesto locale (in corso di stampa).
Gianni Oliva, Esercito, paese e movimento operaio. L'antim ilitarismo in Italia da ll’Unità al 1914 (in corso di stampa).
"Linea gotica 1944: eserciti, popolazioni, partigiani". A tti del convegno di Pesaro, settembre 1984 (in corso di stampa).