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18 LA CULTURA È IL POLLINE DEL VOLONTARIATO LA C ULTURA È I L P OE ÞL V OLTIO l volontariato fa cultura. Se prendiamo la definizione del ter- mine che dà il Vocabolario Treccani (« l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo sociale» ), il volontariato fa cultura sempre, perché propone idee, valori, vi- sioni, interpretazioni della re- altà. Ma la fa anche in senso più specifico, perché si prende cura dei beni e delle espressioni cul- turali, ne utilizza i linguaggi, li riempie di significato. Esiste ad esempio, in Italia, una fiorente realtà di volonta- riato impegnata nei beni cultu- rali: lavora per tenere aperti i musei, per valorizzare l’arte, i luoghi archeologici, il patrimo- nio storico, i parchi; produce materiali di divulgazione; orga- nizza visite guidate e attività culturali incentrate su questi beni, perché siano patrimonio vivo delle comunità C’è poi tutto il filone della ri- scoperta delle tradizioni locali e della loro rivitalizzazione: fol- klore, antichi mestieri, costumi, musica vengono cercati, salva- guardati, a volte ricostruiti e ri- proposti in musei locali, in eventi che coinvolgono la po- polazione, in progetti nelle scuole. Un terzo grosso filone è dato dai gruppi che nascono per coltivare alcune arti: bande e gruppi musicali, filodramma- tiche, cinema, arte, poesia e let- tura… Settori culturali che altrimenti sarebbero elitari e minoritari possono avere porte di accesso per chi vuole impos- sessarsene, facendo crescere creatività ma anche relaziona- lità e arricchendo il territorio di appuntamenti e di opportunità. Un forte sviluppo negli ul- I Sono m olte e m olto c reative l e a ssociazioni che l avorano p er r endere i t erritori p v ivi e r icchi d i s ocialità a ttraverso l a c ultura

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18 LA CULTURA È IL POLLINE DEL VOLONTARIATO

LA CULTURA È IL PO��E

�L VOL�T�I�O

l volontariato facultura. Se prendiamo

la definizione del ter-mine che dà il VocabolarioTreccani (« l’insieme dei valori,simboli, concezioni, credenze,modelli di comportamento, eanche delle attività materiali,che caratterizzano il modo divita di un gruppo sociale» ), ilvolontariato fa cultura sempre,perché propone idee, valori, vi-sioni, interpretazioni della re-altà. Ma la fa anche in senso piùspecifico, perché si prende curadei beni e delle espressioni cul-turali, ne utilizza i linguaggi, liriempie di significato.

Esiste ad esempio, in Italia,una fiorente realtà di volonta-riato impegnata nei beni cultu-rali: lavora per tenere aperti imusei, per valorizzare l’arte, iluoghi archeologici, il patrimo-nio storico, i parchi; producemateriali di divulgazione; orga-nizza visite guidate e attività

culturali incentrate su questibeni, perché siano patrimoniovivo delle comunità

C’è poi tutto il filone della ri-scoperta delle tradizioni localie della loro rivitalizzazione: fol-klore, antichi mestieri, costumi,musica vengono cercati, salva-guardati, a volte ricostruiti e ri-proposti in musei locali, ineventi che coinvolgono la po-polazione, in progetti nellescuole.

Un terzo grosso filone èdato dai gruppi che nasconoper coltivare alcune arti: bandee gruppi musicali, filodramma-tiche, cinema, arte, poesia e let-tura… Settori culturali chealtrimenti sarebbero elitari eminoritari possono avere portedi accesso per chi vuole impos-sessarsene, facendo crescerecreatività ma anche relaziona-lità e arricchendo il territorio diappuntamenti e di opportunità.

Un forte sviluppo negli ul-

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Sono molte – e molto creative – le associazioni che lavorano per rendere i territori più vivi

e ricchi di socialità attraverso la cultura

Foto di Marco Beltrametti timi anni ha avuto l’uso delleespressioni artistiche a scopo dianimazione o terapeutico, perbambini, anziani o persone fragiliin generale. Così la musica, l’arte eoggi perfino il cinema, come rac-contiamo in queste pagine, diven-tano strumenti attraverso cui lepersone possono stare meglio e ri-costruire le proprie capacità diesprimersi e di comunicare.

Infine, non possiamo dimenti-care che viviamo in una societàmulticulturale e che ci sono molteassociazioni che lavorano per farconoscere le tradizioni e la culturadi altri paesi, con un duplice scopo:di rafforzare l’identità di chi vieneda quei Paesi e di creare dialogo trale culture stesse, che possono cosìarricchirsi reciprocamente.

In queste pagine raccogliamo al-cune esperienze, per cercare didare un’idea di quanto si muove sulterritorio del Lazio, senza la pretesadi fotografare nel dettaglio una re-altà magmatica e molto diversifi-cata al proprio interno. Con peròalmeno un punto in comune, cheè quello indicato da Laura Ionanell’intervista di p. 21: «la cultura èun bene da condividere con gli altrisempre e in ogni situazione, perchésolo la cultura avvicina l’uomo al-l’uomo». ●

Foto: Serena Olcuire

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U na biblioteca scolastica che di-venta biblioteca di tutto unpaese, grazie all’intuizione di in-

segnanti e genitori. È la storia dell’associa-zione Amici del libro Biblioteca Luigi Rausdi Minturno, provincia di Latina: a Maggio2006 è partita l’iniziativa di genitori e inse-gnanti del primo circolo didattico di Min-turno e nel giro di pochi giorni si è costituital’associazione per promuovere la lettura deilibri tra i giovanissimi.

Ma il progetto cresce e vola subito oltrele aule: a Minturno manca una biblioteca co-munale e la struttura appena avviata vienecosì aperta all’intero territorio.

Il prestito è gestito dal gruppo di volon-tari coordinato dall’associazione, mentre ilibri a disposizione della biblioteca, frutto didonazioni e raccolte, sono già arrivati aquota 6mila. Un risultato d’eccezione, quelloraggiunto dall’associazione Amici del LibroBiblioteca Luigi Raus, lo sottolinea la presi-dente Rita Martufi: «Sono attività che ven-gono realizzate con l’auto-finanziamento. Igenitori hanno adottato la biblioteca scola-stica sostenendone lo sviluppo. Il locale peri prestiti e la lettura dei libri si trova nellasede della scuola primaria S. Fedele di Min-turno, e grazie alla sensibilità del presidepossiamo utilizzare la biblioteca per le ini-

ziative dell’associazione. In definitiva ab-biamo riaffermato che la lettura è occasioneper favorire l’integrazione e superare le bar-riere».

La biblioteca Luigi Raus si è infatti di-stinta per una particolare attenzione ai let-tori disabili: dal 2012 il punto lettura ha indotazione libri fruibili anche dai portatori didisabilità: libri tattili destinati ai non vedenti,testi per dislessici… Ancora una volta nellastoria dell’associazione Amici del libro, vo-lontariato sociale e volontariato culturalevanno a braccetto.

Dai laboratori alla raccolta di firmeLa preziosa collaborazione offerta dalle

istituzioni scolastiche del territorio consenteuna presenza capillare della lettura tra lenuove generazioni e rafforza le proposte for-mative rivolte al pubblico. Accanto al servi-zio di gestione della biblioteca, simoltiplicano iniziative culturali che interes-sano tutta la cittadinanza.

I laboratori di lettura condivisa, organiz-zati dagli Amici del libro, sono rivolti so-prattutto a loro, ai bambini delle scuoled’infanzia, delle scuole elementari e medie diMinturno. In seguito sono stati coinvoltianche gli adulti e gli anziani: il piacere di leg-gere un buon libro è uguale per tutti, grandi

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Grazie all’associazione Amici del libro Biblioteca Luigi Rausè rinato l’interesse per la lettura

A M�TURNO I LIBRI VOL<O

di V=>r? V@nuAi

e piccini. Questo aspetto originale, che haacquisito l’iniziativa nel tempo, la condivi-sione della lettura con uno scambio interge-nerazionale che unisce nonni, padri, e nipoti,sarebbe piaciuto a Luigi Raus, maestro diMinturno al quale è dedicata la biblioteca.

Un valore specifico di educazione dell’in-fanzia tra lettura e gioco è invece la cifra di“Senti chi legge”, la rassegna, patrocinatadalla regione Lazio e inserita nel contesto dieventi “Presìdi della lettura” si tiene ognianno presso la sala teatro della scuola pri-maria S.Fedele ed è rivolta alle scuole ele-mentari e medie del circondario: gli Amicidel libro realizzano la lettura ad alta voce diautori classici e contemporanei. Si legge, siride, si gioca, si impara. Una narrativa ascol-tata e condivisa giova a memoria e fantasia,

arricchisce il bagaglio culturale delle persone.L’evento è ormai diventato un appunta-mento tradizionale distribuito lungo tuttol’arco dell’anno scolastico.

Le altre manifestazioni spaziano da in-contri di lettura all’aperto, effettuati in luoghispeciali del territorio, a cineforum ed incon-tri con autori.

Questo patrimonio di bellezza e culturaviene messo a disposizione di tutti con ilcontributo fondamentale dei volontari e deldirettivo dell’associazione: «Ci siamo rim-boccati le maniche», dice la segretaria MariaMinolfi, «e siamo contenti di aver fatto leg-gere così tante persone, specialmente bam-bini, la lettura è un grande strumento dicrescita». L’esperienza degli Amici del libroLuigi Raus si è ripercossa sulla società min-

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Minturno, un’immagine della rassegna “Senti chi legge” del 2012

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turnese ed ha prodotto effetti positivi adampio raggio, ha inoltre scaturito un rinno-vato interesse per la lettura, al punto da pro-muovere una raccolta di firme per l’aperturadi una biblioteca pubblica, assente nel terri-torio comunale.

La gestione della biblioteca Luigi Raus e laproposta di eventi di lettura presso scuole eteatri, rappresentano senza dubbio un esem-pio di come far funzionare l’offerta cultu-rale, coinvolgendo insieme pubblico eprivato.

I prossimi eventiGli Amici del libro di Minturno sono già

impegnati nell’organizzazione dei prossimieventi, sarà un 2015 ricco di appuntamenti.

In occasione della giornata della Memo-ria della Shoah (27 gennaio 2015) si svolgeràuna sessione di lettura condivisa con lescuole elementari e medie di Minturno in un

luogo significativo del territorio; ancora, il21 Marzo 2015 i volontari saranno coinvoltinell’animazione della Festa della poesia,presso il teatro scuola elementare S. Fedele;il 23 Aprile 2015 toccherà alla festa di SanGiorgio, e all’evento “Una rosa per unlibro”. Le iniziative verranno ospitate alla bi-blioteca Luigi Raus e al teatro della scuolaprimaria S. Fedele. Nel corso della manife-stazione verrà realizzato il “Convegno sulracconto: comunicare con le storie”, tra gliospiti le case editrici del territorio, capitanatedalla editrice Sinnos, già coinvolta nei pro-getti di lettura condivisa.

Infine il 18 Maggio 2015 al Castello Ba-ronale di Minturno, festa nazionale della mu-sica popolare, sarà presente anchel’associazione Amici del libro bibliotecaLuigi Raus per incontrare la cittadinanza eillustrare le attività svolte durante l’anno. ●

Minturno, la Festa dei lettori del 2011

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A Trevi nel Lazio, comune di circa2mila abitanti della provincia diFrosinone - situato nell’alta Valle

dell’Aniene, centro abitato importantissimoai tempi di Roma repubblicana, imperiale emedioevale - svolge la sua attività l’associa-zione di volontariato Adop. Intitolata aPaolo D’Ottavi, ex sindaco della cittadina,studioso e animatore del mondo della cul-tura accademica scomparso nel 2010, l’asso-ciazione ha tra le sue finalità la promozione,la conoscenza e la divulgazione della culturae della storia del territorio.

La presidente, nonché fondatrice dell’as-sociazione, la professoressa Laura Iona af-ferma che è sua convinzione che «la cultura

oggi è un bene da condividere con gli altrisempre e in ogni situazione, perché solo lacultura avvicina l’uomo all’uomo». Per que-sto l’Adop realizza una serie di attività e diproposte culturali tese allo sviluppo umanodell’individuo.

Accanto alle iniziative di tutela, valorizza-zione e promozione di beni d’interesse arti-stico e storico e dell’ambiente e delterritorio, realizza attività dirette a favorirelo sviluppo dell’arte e della cultura, tenendosempre l’attenzione rivolta agli altri, in par-ticolare ai giovani e a quanti si trovano in si-tuazione di svantaggio e difficoltà.

Le attività dell’ Adop per favorire lo sviluppo della cultura

L’Adop realizza inoltre progetti didatticiin collaborazione con le scuole del territo-rio, e assegna premi culturali.

Primo tra questi, quello che segue il Con-corso nazionale di Poesia “ePoeta”.

“ePoeta - c’è qualcosa che viene prima dellapoesia, l’essere umano” è il titolo completo delpremio, che quest’anno ha proseguito l’espe-rienza del concorso “Poeta anch’io” indettonel 2013 in partnership con l’associazione Mi-granze, riservato a poeti e scrittori del territo-rio nazionale e migranti.

C’è poi, il “Premio D’Ottavi Paolo” che

A Trevi nel Lazio l’attività dell’Adop Paolo D’Ottavi promuove la cultura, e in particolare la poesia, nella convinzione che aiuti l’uomo a cresceree combatta il degrado delle idee

LA PODIA CI EFE PROTAG�GH

di LIeJa BKiL

Un’immagine tratta da un’iniziativa organizzatada Adop a Trevi nel Lazio

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viene assegnato ogni anno ad uno studentedella scuola secondaria di primo grado diTrevi nel Lazio, che si sia distinto per il suopercorso di studi.

Ricordiamo, inoltre, il progetto “Bravi,Bravissimi”, che prevede un servizio gratuitodi doposcuola a tutti gli studenti che hannobisogno di un aiuto per i compiti pomeri-diani ed intende rispondere alle esigenzedelle famiglie nel gestire al meglio l’attivitàpomeridiana dei propri figli.

Abbiamo rivolto alcune domande aLaura Iona presidente dell’Adop.

Come mai l’Adop, una associazione divolontariato, ha investito così tanto dellasua attività nella poesia, una disciplinaconsiderata un po’ elitaria? Che valore leattribuisce?

«Poniamo molta attenzione edimpegno nella diffusionedella disciplina poetica, per-ché da sempre la poesia rap-presenta la voce dell’animo,l’eco nobile della propria inte-riorità. Crediamo fermamente,peraltro, che la poesia possa

dare l’idea che

è possibile essere protagonisti della propriaesistenza, anche nella attuale società, carat-terizzata da forte massificazione ed in velocetrasformazione. Ne consegue che compitodi ognuno di noi, e soprattutto responsabi-lità di una associazione di volontariato, chepromuove cultura, è di riportarla in primopiano, è di assegnarle un posto di prim’or-dine, in quanto essa contribuisce in modoincisivo alla crescita dell’uomo, combatte ildegrado delle idee, colma gli animi di stu-pore, regalando una visione reale delle cose,con l’evidenziarne l’essenzialità nasco-ste, eliminando il superfluo, chenoi spesso aggiungiamo».

Perché è importantelavorare in ambitoculturale?

«Svolgere attività,progetti, eventi nell’am-bito della cultura rappre-senta per l’Adop un valoredi grande pregio, oltreché unafinalità attinente all’essenza e fun-zione propria di un’associazione di vo-lontariato. La cultura non è un bene fine ase stesso, la cultura è un bene da pro-

muovere e da condividere con gli

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altri, sempre ed in ogni situazione, perché solola cultura - rappresentata dalla poesia, musica,ricerca di tradizioni e ogni forma artistica o dipensiero - mette in comunicazione gli animi,avvicina “l’uomo all’uomo”, superando diver-sità, barriere, ostacoli, pregiudizi, restituendoad ogni individuo una visione, un sogno po-sitivo all’esistenza, ad una esistenza fatta di ri-spetto, di libertà, di reciproca convivenza».

Quale ricaduta hanno sul sociale (e quindi sul territorio) le attività realizzate in ambito culturale?

«La ricaduta dell’attività culturale sul ter-ritorio è notevole in quanto vede coinvoltevarie istituzioni, in primis la scuola e i giovani

attraverso l’istituzione di una borsa di studioannuale riservata all’alunno che conclude ilprimo triennio di scuola secondaria di primogrado con i migliori voti, e con il riconosci-mento di merito e dono in denaro a tutti idiversamente abili che concludono il trien-nio scolastico. Inoltre grazie alle molte altreattività, tra cui un progetto di dopo scuola,per continuare l’attenzione dedicata ai ra-gazzi, e il concorso e-poeta».

Laura, la cui professione di professoressal’ha sempre vista a fianco dei ragazzi, sostieneche è importante investire su di loro, trasmet-tergli un senso di speranza perché da adulti ab-biano radicati principi fondamentali quali: lalibertà, di rispetto, di pacifica convivenza. ●

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Una sala cinematografica e tanti film dentro il Policlinico Gemelli, a Roma. Ci pensa l’associazione MediCinema, che li propone come strumentodi umanizzazione delle cure

L annuncio è stato dato a luglio: ilPoliclinico Gemelli di Roma avràal proprio interno una sala cine-

matografica, per permettere ai malati e ailoro famigliari di vedere i film. Ideatore delprogetto è MediCinema Italia, un’associa-zione nata nel 2013 con l’obiettivo di utiliz-zare il cinema e la cultura cinematografica ascopo terapeutico negli ospedali italiani, sumodello di MediCinema Uk, che nel RegnoUnito è attiva dal 1996.

Il progetto è in fase di realizzazione: sistanno costruendo i partenariati e le colla-borazioni, è partita la raccolta fondi, sono in

corso i contatti con le associazioni di volon-tariato attive nell’ospedale. L’obiettivo èaprire la sala entro l’anno. Al massimo al-l’inizio del 2015.

«Rispetto ad altre iniziative che portanonegli ospedali spettacoli e altre attività cul-turali, la nostra ha la particolarità di costruireattività stabili», spiega Francesca Medo-lago Albani, responsabile per il Centro Ita-lia di MediCinema. «Per questo costruiamomaterialmente, all’interno degli spazi del-l’ospedale, una sala cinematografica. Gliospedali di grandi dimensioni sono comecittà e quindi sono molto dispersivi e sono

CM SO�IEVO N�E AL C�EMA

di AOa Gawel

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regolati da un ritmo e da un tempo che nonè quello naturale della persona, ma è quelloobbligato dalle terapie, dalla malattie, dallasofferenza. L’associazione si occupa esatta-mente di questo: di affiancare le terapie me-diche con la terapia del sollievo».

Che cosa intende con “terapia del sollievo”?

«È un concetto complesso. Naturalmentela prima cosa che viene in mente è la proie-zione cinematografica come divertimento,quindi al fatto di proporre un film al pazientesi associa il concetto di benessere, di svago, didivertimento… Il significato è ancora più po-sitivo se la proposta è continuativa, almenosettimanale o anche più frequente. Ma a que-sta idea di benessere si lega anche il sostegnopsicologico dei pazienti stessi, dei loro fami-gliari e un concetto di normalità che appuntomanca in una lunga degenza… Insieme allanormalità c’è la socializzazione del dolore edella sofferenza: significa muoversi dalla pro-pria stanza, recarsi volontariamente in unposto dove ci sono altre persone che pro-blemi, forse uguali o forse diversi, comunquedi natura fisica come te. Moltissime persone

all’ospedale sono assistite da famigliari, pa-renti, amici, altre sono sole, quindi la condi-visione di un momento positivo innescaprocessi psicologici che sostengono anche laripresa fisica del paziente».

In Italia tutto questo non è molto diffuso.«Tutto questo è stato studiato nei paesi

anglosassoni, in Inghilterra sicuramente eanche negli Stati Uniti. L’idea di coltivarequesto tipo di ricerca anche in Italia è unaltro degli obiettivi di MediCinema. In que-sto momento abbiamo in Italia un proto-collo di intesa su un progetto di ricerca conl’Università di Milano Bicocca e l’IstitutoClinico Humanitas».

Quello del Gemelli è il vostro primo pro-getto in Italia?

Abbiamo tantissimi progetti in corso. Ilprimo realizzato in Italia è stato nell’IstitutoClinico Humanitas a Rozzano (Milano),l’anno scorso. È in un piccolo reparto, maper noi era importante cominciare. Abbiamocapito che oggi negli ospedali c’è grande at-

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tenzione verso l’umanizzazione delle cure,affiancando alla cura del corpo quella dellospirito, e poi puntando sulla socializzazionedei pazienti e sulla loro ricreazione, allonta-nandoli dalla condizione di immersione nellasofferenza che è tipica di un degente inospedale. Quello del Gemelli è il progettopiù grosso, che ci occuperà in questa se-conda parte dell’anno».

Che cosa farete al Gemelli?«Vogliamo costruire una sala perfetta-

mente integrata nel complesso. Attualmenteè un’aula didattica proprio nel cuore del Po-liclinico, tra 8° e 9° piano, molto alta che sipuò attrezzare a gradoni. Avrà circa 100posti, con le poltrone normali, e davanti lospazio per i letti dei pazienti allettati e per lecarrozzine.

Il Gemelli è uno dei pochi ospedali che èstato progettato e costruito in modo tale cheda qualsiasi punto si può arrivare ad un altrosenza uscire. Quindi alla sala si può arrivareda tutti i reparti, in collaborazione natural-mente con i responsabili, il personale e i vo-lontari accreditati. Per questo per noi èimportantissimo ragionare con il volontariato,che vorremmo coinvolgere. MediCinema fail progetto, trova i fondi per realizzare la sala,per costruirla, questo non costa nulla al-l’ospedale. L’ospedale dà lo spazio e si metteal disposizione per integrare l’attività e farlapropria. Noi abbiamo contatti con il mondodel cinema: io per esempio faccio questo pervolontariato, ma per lavoro ho contatti con iproduttori e con i distributori, che ho coin-volto perché ci diano anche i film in prima vi-sione. Per noi questo è importante, proprioperché è il senso della normalità: aprono il

giornale, leggono cosa fanno al cinema quelgiorno e se lo trovano proiettato...».

Come scegliere i film?«Per questo dobbiamo collaborare con i

reparti: i film devono essere adeguati al tipodi malattia che uno ha. Faremo delle proie-zioni per i bambini, anche grazie alla colla-borazione con Disney, che è un grandesostenitore di MediCinema».

Non tutti i film che escono sono tera-peutici?

«Certo, facciamo un lavoro accurato dianalisi, valutando quali riparti coinvolgereprima, quali è meglio non coinvolgere ocoinvolgere progressivamente. Il pro-gramma di MediCinema è un vero pro-gramma terapeutico e di affiancamento allaterapia clinica, medica. Per esempio un trau-matizzato risponderà a certi tipi di sollecita-zioni in modo diverso dal malato oncologicoo cardiologico. L’associazione è il link, il col-legamento dell’ospedale con il mondo del ci-nema e fa da filtro, avendo questa esperienzastorica in Inghilterra e quindi avendo già iprotocolli stabiliti, consolidati».

In che modo il programma di MediCi-nema sostiene anche il nucleo fami-gliare?

«Di solito la malattia di una persona ha ef-fetti deleteri su tutti quelli che l’hanno in cura.Riuscire a dare sollievo, a portare gioia, sor-riso a distrarre per 2 ore migliora le relazioni».

Dopo la visione del film sono previstimomenti di condivisione, di elabora-zione dei contenuti e delle emozioni?

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«Non sempre: dipende dall’organizza-zione dell’ospedale, anche perché ci sono pro-blemi logistici. Con l’Università di MilanoBicocca e l’Istituto Clinico Humanitas stiamofacendo dei questionari per parlare con le per-sone subito prima e subito dopo la proie-zione, in modo da raccoglierne le impressionie le reazioni. Fa parte del protocollo di ricerca.Appena partirà l’esperienza del Gemelli sipotrà fare un’indagine più ampia. Dipenderàmoltissimo dai volontari che riusciremo a

coinvolgere, perché MediCinema è una pic-cola associazione. Però vediamo che l’ideapiace a tutti, anche perché chiunque nella pro-pria vita è andato almeno una volta al cinemaed è stato bene per questo. A volte i film nonsono meravigliosi, altre volte esci dalla salache cammini un metro da terra, hai imparatoun sacco di cose, hai ascoltato, hai aperto ituoi orizzonti, hai una carica energetica posi-tiva. Per questo non è difficile capire l’effettodi questo progetto». ●

LA CULTURA È IL POLLINE DEL VOLONTARIATO

I volontari di Fata Morgana organizzano ogni anno il festival Accenni di contemporaneo in provincia di Viterbo

L'�TE C�TEMPU<V D<ZA � PROV�CIA

di IlKia CKXgna

Che le carcasse in disfacimento dellevecchie fabbriche di periferia po-tessero essere atelier ideali per arti-

sti indipendenti e scrigni policromi d’arteurbana, capaci di trasfigurare i feroci pano-rami postindustriali, lo sanno bene i cittadinidelle grandi metropoli. Che gli interni umididi un austero edificio del Seicento, aggrappatoad una remota zolla feudale del viterberse, po-tessero restituire un analogo spettacolo, ha in-vece dell’incredibile e ha sbalordito perl’audacia dell’accostamento tanto gli sparutiabitanti del borgo, poco avvezzi ai linguaggiindisciplinati del graffito urbano, quanto lecentinaia di curiosi giunti a San Michele in Te-verina dalle principali città del centro Italia.

È il secondo anno consecutivo che i gio-vani esperti d’arte dell’associazione FataMorgana di Civitella d’Agliano, della quale

San Michele in Teverina è una frazione, col-locano il cuore pittorico e figurativo del loroFestival estivo “Accenni di Contemporaneo”nelle Scuderie dell’antico Palazzo Signorile diPiazza Castello, mentre tutt’attorno si dipa-nano eventi musicali, cinematografici e tea-

trali. «Accenni di Contemporaneo è un con-tenitore culturale, che si prefigge di far cono-scere aspetti della cultura contemporanea, chein luoghi come San Michele in Teverina e Ci-vitella d’Agliano faticherebbero altrimenti adarrivare», spiega Chiara Luzi, una delle cu-ratrici del Festival. «Il nostro scopo è metterein contatto l’arte contemporanea con i luoghidella storia antica», dichiara Massimo Luca-relli, condirettore artistico della manifesta-zione, giunta l’agosto scorso alla suaundicesima edizione.

L’arte salvata dai volontari A sciogliere i chiavistelli delle sale che un

tempo fecero da rimessa per i destrieri dellanobiltà locale e a lasciarle a disposizione di 15artisti per tutto il tempo necessario alla rea-lizzazione delle opere, c’erano Arya e PenttiKlemetti, moglie e marito finlandesi, pro-prietari del Palazzo Signorile e delle annesseantiche Scuderie. Quando si unirono ai 207abitanti di quel grumo di mattoni secolari chefronteggia gli affilati calanchi di Civita di Ba-gnoregio, i due coniugi nordeuropei non so-

spettavano che avrebbero ricevuto tanti etanto insoliti ospiti, né che avrebbero rappre-sentato il contraltare di quel sindaco che, nel-l’anno della settima edizione dellamanifestazione, pensò di destinarle un’areaposta ai margini di una discarica. «L’associa-zione ha portato sempre avanti un discorsodi cultura impegnata ed è spesso entrata inconflitto con l’amministrazione comunale»,racconta Massimo Lucarelli e assicura: «nonabbiamo mai cercato sponsorizzazioni privateproprio per mantenere la nostra autonomia.È grazie al nostro lavoro volontario che da 11anni riusciamo a fare arte in modo indipen-dente, mantenendo l’ingresso gratuito allamostra e a tutti gli eventi. Anche gli artisti par-tecipano a titolo gratuito, perché rispondonoalla qualità della nostra proposta».

Difendendo in tal modo la propria auto-nomia, i giovani di Fata Morgana riesconoogni anno ad offrire un punto di vista schiettoe originale sui fermenti più attuali della scenaartistica italiana, valorizzando in modo crea-tivo il territorio che li ha visti crescere.

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“Trionfo dell’apparenza” di Guerrilla Spam. Foto di Chiara Calanca

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L’arte come spettacolo contro la finzioneQuasi a voler precipitare nei disordini del-

l’attualità quel borgo eterno che galleggia su di-stanze atemporali, agli artisti è stato chiesto dilavorare su aspetti della nostra contempora-neità talmente aderenti all’attimo presente darenderne complessa l’osservazione. Per l’edi-zione di quest’anno la parola chiave affidata al-l’ispirazione degli artisti è stata “Fake”, ovveroil fasullo, l’ingannevole, il contraffatto, il con-trario della verità. «Ogni anno scegliamo unatematica d’attualità sulla quale gli artisti sonochiamati ad esprimersi», spiega Massimo Lu-carelli e precisa: «nella scelta del tema ci inte-ressiamo ai fenomeni sociali e culturali che piùincidono sulla vita dell’uomo contemporaneo».

«Quello che volevamo sottolineare con“Fake” è la spersonalizzazione dell’individuonel contesto sociale attuale», aggiunge ChiaraLuzi e prosegue: «Nell’era dei social networksiamo costantemente sotto i riflettori e ci sen-tiamo costretti a dimostrare di essere qualcosache è molto lontano dalla nostra vera perso-nalità. Nelle relazioni sociali, come nel lavoro,

non possiamo fare a meno di indossare unamaschera che copra il nostro disagio».

Sostituire allo schermo del computer la su-perficie riflettente di uno specchio che ci ri-porti alla verità di noi stessi, è l’esortazione diTogaci, l’artista che sta seminando lungo laPenisola specchietti che recano, scritto al con-trario, l’invito ad una sincera introspezione:“Rifletti-ti”. Specchiarsi, però, richiede co-raggio. Le dinamiche di rimozione della fra-gilità, dell’inadeguatezza, del fallimento, cuil’esibizione della propria vita sui social net-work obbliga, producono profonde lacera-zioni in una generazione cui è stato insegnatoche non ci può essere amore né accoglienzaper ciò che è imperfetto, debole, carente. Il ri-fiuto di sé si esaspera nel confronto con altreidentità già mistificate e si declina attraversotecniche sempre più raffinate di recitazionevirtuale che, elaborate in origine per la so-pravvivenza del sé, finiscono invece col dis-solverne l’identità già labile e provvisoria. Lacentralità della persona si disperde nell’eva-nescente svaporare del limite tra realtà e re-

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L’artista Germano Serafini mentre lavora alla sua opera “Cura Lucem”. Foto di Chiara Calanca

altà esibita. Un limite sul quale l’arte danza dasecoli, inciampando di tanto in tanto proprionell’opposto di ciò che viene chiamato falso.

Tra identità e apparenzaVi inciampò, proprio mentre inseguiva il

fantastico, l’inverosimile, il chimerico, Hiero-nymus Bosch, il visionario artista olandeseche Dino Buzzati definì limpido pittore rea-lista, in quanto dotato di un genio arcano ca-pace di svelare, nel gesto trasognato delpennello, la nuda realtà. All’ispirazione del pit-tore quattrocentesco non fanno mistero di at-tingere a piene mani i ragazzi di GuerrillaSpam, i graffitari dall’identità segreta chehanno donato alle Scuderie di Castel di Pieroil “Trionfo dell’Apparenza”, un murales di 15metri, disseminato di citazioni dell’anticomaestro, riattualizzate nell’epoca degli iPhonee dei mass media. Prosciugati in un bianco enero esangue, i colori spariscono per esaltarefigure mostruose, che di Guernica di Picassoassumono la posa. L’Apparenza è assisa al

centro in trionfo: nera e palmata, ha le sem-bianze di una creatura quadrupede che di ca-vallo ha la bianca maschera posticcia.

Per il fotografo Germano Serafini il rap-porto tra verità e menzogna è lo stesso che in-tercorre tra luce e buio, che si dibattono su duevolti antitetici al chiarore caravaggesco di unalampadina elettrica. L’opera, “Cura Lucem”,aderente alle oscure pareti di una nicchia, con-tinuerà a sorprendere nel buio il visitatore, cuiandrà rivelato l’artificio illusorio di ciò che ap-pare un affresco, ma che affresco non è. Falsitàcome menzogna, inganno dei sensi, falso sto-rico, assunzione di false identità; tante le sug-gestioni attorno ad una parola che i 15 artistidel Festival, tra gli altri Come Achille, CristianoBaricelli, Daniele Villa, Fausto Gilberti, FulvioP. Antic, Leandro Estrella, Mike Papa, PaolaRollo, Paolo Assenza, Paolo Dore, Polisonume 2ue hanno declinato con disinvoltura, rico-noscendo in essa la placenta originaria del-l’Arte che, concepita nell’ingannevole artificio,sogna di rinascere alla Verità. ●

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RETI SOLIDALI N.5 2014

Una trentina di associazioni organizzano da cinque anni la rassegna che si svolge all’Isola Tiberina: Omaggio alle Feste nazionali dei Paesilatinoamericani. Perché la cultura non è solo ballo

L’�M�IA VI\E DA�’�T]CULTURAL À̂

di IlKia D?guKdi

I l nome completo è Miguel AngelCoimbra Farell, ma si presenta comeMiguel Coimbra Farell. Vive nel no-

stro Paese da 20 anni e si batte per arrivare aduna vera convivenza pacifica ed armonica, lacui realizzazione sarà possibile solo attraversouna parola chiave: interculturalità.

«Gli inizi non sono stati facili», racconta,

«ma sono felice che oggi, dopo tanto tempo,sono riuscito a creare e condividere molte at-tività di diffusione della cultura della miaamata Bolivia e dei Paesi latino americani.Come boliviano ho ricoperto un incaricomolto importante: sono stato membro dellaConsulta cittadina per la Rappresentanza delleComunità Straniere del Comune di Roma, or-

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ganismo che ha concluso il suo periodo di la-voro, fino a nuove elezioni. Sono grato dellabellissima opportunità concessami, che mi hapermesso di concretizzare tanti progetti, dicollaborare dando supporto alle associazioniche mi hanno ritenuto degno della loro fidu-cia ed anche di creare l’inizio di un percorsoche tuttora prosegue».

Con l’associazione Viva LatinoAmericaha avviato importanti progetti…

«L’associazione Viva LatinoAmerica è statauna bellissima esperienza, anche se altri pro-getti, di carattere anche personale, non mihanno permesso di continuare con la mede-sima. Sono contento perché di quel periodosono rimasti in atto due dei progetti nei qualiho lavorato insieme al team di professionistiche generosamente collabora con me: la “Co-rale infantile latinoamericana”, che riprendele sue attività a pieno regime nel mese di ot-tobre, e il “Forum Donne: Una sfida conti-nua”, al quale stiamo lavorando per la suaseconda edizione biennale del prossimo 8marzo 2015. Ci tengo a ringraziare il Presi-dente della Repubblica Giorgio Napolitanoche ha inviato il Premio di Rappresentanza aquesto Forum, in riferimento alla sua tema-tica di costruire ponti di avvicinamento e dia-logo interculturale».

Quanti sono i boliviani aRoma? Hanno difficoltà adintegrarsi con i romani osono ben integrati nel terri-torio?

«Nel 2011 in tutta la pro-vincia di Roma erano c’erano693, nel Lazio 751 ed in tutta

Italia più di 12mila. In ulteriori censimentitroviamo numeri molto simili. La mia comu-nità è molto aperta ed allegra: sono caratteri-stiche della nostra cultura e del nostro mododi essere. I cittadini boliviani sono integratinel territorio nelle stesse condizioni delle altrecomunità, con le stesse difficoltà e anche conle stesse risorse a disposizione. Come media-tore interculturale, è per me una priorità es-sere disponibile per qualsiasi eventualità,domanda o bisogno della mia comunità e ditutte le altre comunità straniere presenti sulterritorio. Da anni collaboro come volontariopresso lo sportello dell’immigrazione dellaBasilica del Sacro Cuore di Gesù in Via Mar-sala 42, di fronte alla Stazione Termini, eanche di persona quando mi è richiesto».

In che modo lavora per far conoscere lacultura del suo Paese?«Mi impegno a far conoscere e vivere la cul-tura boliviana e latinoamericana attraversotutto ciò che caratterizza le nostre terre. Boli-via e America Latina sono terra di ballo, lette-

LA CULTURA È IL POLLINE DEL VOLONTARIATO

Miguel Coimbra Farreldurante la “Befana per ibambini latinoamericani”

ratura, fotografia, pittura, gastronomia, modae anche cinema. Ogni anno sono felice di pro-porre alla città di Roma l’ “Omaggio alle Festenazionali dei Paesi latinoamericani”, unagrande festa-rassegna che si svolge all’isola Ti-berina e che gode di un supporto istituzionaledi rilievo. L’obiettivo è non solo ricordare lastoria dell’Indipendenza dei Paesi dell’Ame-rica Latina, ma anche mostrare esempi di arteplastica, canto, gastronomia e soprattutto ifilm originali sottotitolati in italiano: unosforzo addizionale che facciamo affinché lanostra cultura sia conosciuta e riconosciuta aRoma e in Italia. Per riuscire in questo pro-getto lavoriamo con una media di 30 associa-zioni o gruppi già da ben cinque anni. Infatti,stiamo lavorando alla sua quinta e dizione.Siamo un gruppo di lavoro volontario moltoaffiatato che si impegna per l’amore che por-tiamo ai nostri paesi d’origine».

Lei ha dichiarato: “se riusciamo a tro-vare le strade giuste per un dialogo posi-tivo, sono convinto che i modelli

possono cambiare e possiamo creareuna società equilibrata e orientata allosviluppo”. Secondo lei quali sono lestrade giuste da percorrere?«Il mio gruppo di lavoro sta sviluppando unprogramma di comunicazione orientato a de-mistificare l’immagine negativa che si è diffusasugli immigrati e la loro capacità di integrarsi.Personalmente evito di parlare di integrazionee ritengo che l’espressione giusta sia intercul-turalità, strada alla quale ho sempre fatto rife-rimento. L’interculturalità va capita come unaforma di vita e si realizza attraverso la crescitapersonale e sociale di tutti, che permette la veraconvivenza pacifica ed armonica. Ciò non por-terà crescita, equilibrio e sviluppo. Sono con-vinto che, se invece di continuare sulla stradadei pregiudizi riusciremo ad abbattere quel-l’enorme muro della freddezza, della distanzae della solitudine, faremo in modo di comuni-care positivamente: il risultato non potrà cheessere utile e vantaggioso per tutti. Questoprogetto è il nostro tributo costruttivo per lanostra città. E ne abbiamo altri in serbo…» ●

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RETI SOLIDALI N.5 2014

Un’immagine della Corale infantile latinoamericana

Pausa caffe

Maria Montessori

DELITTI

Quando una società scialacquatrice

ha necessità estrema di denaro,

lo sottrae alle scuole.

Questo è uno dei più iniqui delitti

dell'umanità e il più assurdo degli errori

Foto di Jacqueline (weetbeetandgreenbean.net)