La crioglobulinemia -...

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MASTER A CURA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MEDICINA INTERNA DIRITTO SANITARIO Profili di responsabilità INFORMATICA MEDICA Calcolatore e cervello umano ONCOLOGIA I tumori renali PNEUMOLOGIA L’impiego dell’ossigenoterapia Anno XII · n. 9 · dicembre 2008 Mensile di Formazione Continua in Medicina Generale MASTER La crioglobulinemia Aspetti clinico-patogenetici e terapia Mensile - Anno XII - n. 9 - dicembre 2008 - Contiene IP - 2,20 - ISSN 1721-0208

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MASTER A CURA DELLASOCIETÀ ITALIANA

DI MEDICINA INTERNA

DIRITTO SANITARIO

Profili di responsabilità

INFORMATICA MEDICA

Calcolatore e cervello umano

ONCOLOGIA

I tumori renali

PNEUMOLOGIA

L’impiego dell’ossigenoterapia

Anno XII · n. 9 · dicembre 2008

Mensile di Formazione Continuain Medicina Generale

MASTER

La crioglobulinemiaAspetti clinico-patogenetici e terapia

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23Medici Oggi - dicembre 2008

CuratoreFranco Dammacco

Comitato EditorialePier Mannuccio Mannucci, Bruno P. Pieroni, Giuseppe Licata, Francesco Violi, Antonio D’Avanzo,Giovanni Danieli, Gian Franco Gensini

Comitato di ConsulenzaVincenzo Arienti, Gianpiero Benetti, Maria Domenica Cappellini, Gino Roberto Corazza,Giuseppe Crippa, Elmo Mannarino, Vincenzo Marigliano,Giuseppe Musca, Ranuccio Nuti, Massimo Pagani,Giuseppe Palasciano, Filippo Rossi Fanelli, Andrea Sacco, Maria Beatrice Secchi

RedazioneElena Bernacchi, Folco Claudi, Paola Gregori

Consulenza MetodologicaGiovanni Pomponio

Indice

La vasculite crioglobulinemica:aspetti clinico-patogenetici 25Gianfranco Lauletta, Domenico Sansonno, Piero Gatti, Franco Dammacco

Hcv, crioglobulinemia e linfoproliferazione 29Felicia Anna Tucci, Laura Troiani, Vincenza Conteduca, Sabino Russi, Domenico Sansonno, Franco Dammacco

Terapia della sindrome crioglobulinemica 33Franco Dammacco, Gianfranco Lauletta, Piero Gatti,Domenico Sansonno

Utilities 37

Questionario di autovalutazione 38

Scheda di valutazione 39

I MASTERdi Medici Oggi

La crioglobulinemia: un modellodi malattia da immunocomplessi

Il medico che ne conosca le principali caratteristichecliniche ha da tempo imparato ad avanzare un rapi-do, fondato sospetto di crioglobulinemia nei pa-zienti che lamentino episodi ricorrenti di porporapalpabile, di regola confinata agli arti inferiori e talo-ra anche ai glutei, con frequente esito in discromieirreversibili nelle sedi delle pregresse manifestazionipurpuriche; dolori articolari più o meno diffusi allepiccole e alle grandi articolazioni; facile stancabilità. Accanto alle suddette manifestazioni cliniche, la presenza in circolo di fattore reu-matoide a titoli medio-alti e i bassi livelli circolanti (da consumo) delle frazioni C3 esoprattutto C4 del complemento hanno fondatamente suggerito l’idea che la crio-globulinemia dovesse essere considerata una patologia vasculitica mediata da im-munocomplessi. Ma quale fosse l’agente in grado di indurre la formazione di taliimmunocomplessi è rimasto a lungo indeterminato. È soltanto tra la fine degli an-ni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta che divenne evidente come la stragrandemaggioranza dei pazienti crioglobulinemici fosse anti-Hcv positiva. Da queste evi-denze scaturisce l’attuale cognizione secondo la quale la crioglobulinemia mista siain realtà Hcv-correlata. Ancora più recente è stata l’osservazione di un sottogruppodi pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin a cellule B, infettati dall’Hcv anni primadell’insorgenza della patologia linfomatosa. Benché esistano variazioni geografichenella frequenza di questa associazione, le evidenze di un potenziale ruolo oncoge-no dell’Hcv si vanno facendo sempre più numerose. Partendo da tali considerazioni, abbiamo deciso di suddividere questo Master in treparti, dedicate rispettivamente alle manifestazioni cliniche e ai possibili meccani-smi patogenetici della crioglobulinemia; ai rapporti tra infezione da Hcv, insor-genza di crioglobulinemia e possibile evoluzione linfomatosa; alle basi terapeuti-che razionali di questa singolare vasculite.Vorrei concludere sottolineando l’assoluta preminenza della ricerca italiana in que-sto settore. Negli anni, diversi gruppi di ricerca del nostro Paese hanno infatti pro-dotto importanti e originali contributi, ripetutamente citati nella letteratura scien-tifica internazionale. Tra questi, alcune recentissime acquisizioni lasciano intravve-dere un ruolo cruciale della proteina Cxcl13 attraverso meccanismi tuttora nonben definiti. Il riconoscimento della patogenesi multifattoriale del danno vasculiti-co, sulla quale diversi gruppi di ricerca (compreso il nostro) stanno lavorando, po-trà avere importanti ricadute sulla necessità di prevedere approcci terapeutici per-sonalizzati per il singolo paziente.

Franco DammaccoDipartimento di Scienze biomediche e Oncologia umana, Università di Bari

Franco Dammacco

a cura della Società italiana di Medicina interna

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I Master di Medici Oggi

Fonti delle informazioniSegnaliamo alcuni titoli particolarmente rilevanti per gli argomenti trattati nel presente Master

Sintesi dei dati Per le principali raccomandazioni è stato riportato il grado di sicurezza con cui sono stateformulate, utilizzando il seguente schema:Livello A: indicazione derivante da una revisione sistematica o da almeno un trial clinico con-trollato e randomizzatoLivello B: indicazione derivante da studi di coorte o da trial con risultati conflittualiLivello C: indicazione derivante da studi di tipo case report o serie di casiIndicazione basata sul consenso: derivata dal parere concorde di esperti

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Per un inquadramento generale della crioglobulinemia si vedano:

Utili approfondimenti sul rapporto tra infezione da Hcv, crioglobulinemia e processi linfoproliferativi maligni sono:

Sulla gestione della sindrome crioglobulinemica si consultino:

• Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2001) The cryoglobulins: an overview. Eur J ClinInvest 31:628-638

• Feiner HD (1983) Relationship of tissue deposits of cryoglobulin to clinical features of mi-xed cryoglobulinemia. Hum Pathol 14:710-715

• Dammacco F, Sansonno D (1997) Mixed cryoglobulinemia as a model of systemic vascu-litis. Clin Rev Allergy Immunol 15:97-119

• Negri E, Little D, Boiocchi M et al (2004) B-cell non-Hodgkin’s lymphoma and hepatitis Cvirus infection: a systematic review. Int J Cancer 111:1-8

• Dammacco F, Sansonno D, Piccoli C et al (2000) The lymphoid system in hepatitis C virusinfection: autoimmunity, mixed cryoglobulinemia, and overt B-cell malignancy. SeminLiver Dis 20:143-157

• De Vita S, Sacco C, Sansonno D et al (1997) Characterization of overt B-cell lymphomas inpatients with hepatitis C virus infection. Blood 90:776-782

• Sansonno D, Tucci FA, Troiani L et al (2008) Increased serum levels of the chemokineCXCL13 and up-regulation of its gene expression are distinctive features of HCV-relatedcryoglobulinemia and correlate with active cutaneous vasculitis. Blood 112:1620-1627

• Bonomo L, Casato M, Afeltra A, Caccavo D (1987) Treatment of idiopathic mixed cryoglo-bulinemia with alpha interferon. Am J Med 83: 726-730

• Sansonno D, De Re V, Lauletta G et al (2003) Monoclonal antibody treatment of mixedcryoglobulinemia resistant to interferon alpha with an anti-CD20. Blood 101:3818-3826

• Ramunni A, Lauletta G, Brescia P et al (2008) Double-filtration plasmapheresis in thetreatment of leg ulcers in cryoglobulinemia. J Clin Apher 23:118-122

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stanze voluttuarie, all’elettroforesi siericapresentava una componente monoclona-le in regione gamma (tipizzata comeIgGλ) e un quadro clinico caratterizzatoda porpora agli arti inferiori, vaste ulceretorpide perimalleolari e intensa sintoma-tologia dolorosa agli arti inferiori. Le in-dagini di laboratorio evidenziavano posi-tività per anti-Hcv (genotipo 3a), conelevata attività replicativa, e la presenza di

crioglobuline di tipo I (criocrito 10 percento). Negative sono risultate tutte le in-dagini eseguite nel sospetto di mielomamultiplo, così come la ricerca di sostanzaamiloide. Dopo la diagnosi di crioglobulinemia ditipo I, formulata agli inizi del 2000, il pa-ziente è stato sottoposto a trattamento coninterferone-α ricombinante alla posolo-gia di 3 Mu per tre volte alla settimana, in

La crioglobulinemia (Cm)è una vasculite sistemica che coinvolge principalmente le arterie di piccolo e, meno frequentemente, di medio calibro e le vene.

Si ritiene che il meccanismo patogeneticodel danno vascolare sia rappresentato daldeposito di immunocomplessi sulla pare-te vasale, con conseguente attivazione del-la cascata del complemento [1]. La possi-bile eziologia virale della vasculite crioglo-bulinemica è stata a lungo sospettata, finoalla dimostrazione, nei primi anni No -vanta, di una stretta correlazione con l’in-fezione da virus dell’epatite C (Hcv) [2]. Ilriconoscimento dell’Hcv come principaleagente eziologico ha determinato una so-stanziale revisione della classificazione cli-nica delle crioglobulinemie e suggeritonuove possibilità terapeutiche.La caratteristica principale di questa va-sculite è la presenza di un’espansione clo-nale B-cellulare, che interessa le cellule se-cernenti fattore reumatoide (Fr). In questoarticolo si descrivono i principali aspetticlinici della vasculite crioglobulinemica eil ruolo dell’Hcv. Sia le evidenze clinichesia quelle biologiche, derivate anche daicontributi del nostro gruppo, indicanouno stretto legame tra infezione da Hcv,manifestazioni vasculitiche, autoimmuni-tà e linfoproliferazione [3].Descriviamo qui di seguito un caso em-blematico di crioglobulinemia di tipo I.

Caso clinico

Un uomo di 39 anni, con abitudine taba-gica e anamnesi positiva per abuso di so-

La vasculite crioglobulinemica:aspetti clinico-patogenetici Gianfranco Lauletta, Domenico Sansonno, Piero Gatti, Franco Dammacco Dipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari

Classificazione delle crioglobulineConvenzionalmente, le crioglobuline sono classificate in relazione alla loro composizione immunochimica.Quelle di tipo I sono costituite da un solo isotipo di immunoglobulina monoclonale. Le forme miste includo-no il tipo II, costituito da una componente monoclonale (solitamente IgM) e da IgG policlonali, mentre il ti-po III è costituito da Ig policlonali. Nella crioglobulinemia mista (Cm) cosiddetta II/III, le IgM sono oligoclo-nali ed è possibile che si verifichi una transizione dal tipo III al tipo II (Tab. 1).La crioglobulinemia di tipo I rappresenta circa il 10-15 per cento dei crioprecipitati. Più frequentemente sitratta di IgM. Le crioglobuline IgG si riscontrano all’incirca nel 2 per cento dei mielomi, mentre molto rare so-no le crioglobuline IgA; occasionalmente sono state descritte crioglobuline tipo Bence-Jones. La forma mistadi tipo II rappresenta il 50-60 per cento delle crioglobulinemie; le componenti immunoglobuliniche, general-mente IgM e IgG, sono incapaci da sole di precipitare a basse temperature. Le IgG sono policlonali, mentre leIgM sono monoclonali e montano più frequentemente catene leggere di tipo k. Quasi sempre le IgM reagisco-no contro il frammento Fc delle IgG autologhe, ma talora anche contro IgG intere o contro il solo frammentoF(ab)'2. La restante quota di crioglobuline (circa il 30-40 per cento) è costituita dalle forme miste di tipo III,che sono presenti anche nelle connettiviti, nelle malattie autoimmuni, nelle infezioni croniche batteriche, vi-rali e micotiche.

Tabella 1. Classificazione delle crioglobuline

Tipo Componenti Patologie associate

I Crioglobuline singole monoclonali Malattie linfoproliferative(IgM o IgG, raramente IgA)

II Crioglobuline miste Malattie linfoproliferative e autoimmunitariecon una componente monoclonale infezioni virali e batteriche(di solito IgM + IgG)

III Crioglobuline miste policlonali Malattie linfoproliferative e autoimmunitarie(di solito IgG + IgM)

II/III Crioglobuline con IgG policlonali + Nessun quadro morboso ben definitoIgM oligoclonali

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Con il termine “essenziale” si definisce an-cora la forma di Cm in cui non è possibi-le identificare un potenziale fattore eziolo-gico: questa condizione è ormai ristretta al5 per cento circa dei casi. Benché le crioglobuline siano presenti nel40-60 per cento dei pazienti con infezionecronica da Hcv, la sindrome crioglobuli-nemica, clinicamente manifesta, si svilup-pa solo nel 5-20 per cento dei casi [5].

Le più frequenti manifestazioni clinichedella crioglobulinemia sono rappresenta-te dalla classica triade di Meltzer, costi-tuita da porpora, astenia e artralgie [6](Fig. 1).

LIVELLO A

Le reazioni cutanee sono le più frequenti eciò spiega perché questi pazienti si rivolga-no inizialmente allo specialista dermatolo-go in seguito alla comparsa di porpora, fe-nomeno di Raynaud, ulcere degli arti infe-

riori, edemi, orticaria, livedo reticularis. Laporpora solitamente non è associata aprurito, ha un andamento a poussée, inte-ressando le parti esposte (prevalentemen-te gli arti inferiori), e si manifesta più fre-quentemente nei mesi invernali.Generalmente ha un decorso di 1-2 setti-mane e si risolve lasciando come esito unadiffusa pigmentazione brunastra dellegambe, dovuta alla presenza di depositi diemosiderina. Le ulcere hanno un decorsocronico, si localizzano più frequentemen-te a livello delle regioni malleolari e com-paiono in assenza di dermatite da stasi.

Il fenomeno di Raynaud, che coinvolge lefalangi distali, i padiglioni auricolari, ilnaso, è spesso la prima manifestazioneclinica della crioglobulinemia.

LIVELLO A

Le artralgie sono presenti in molti pazien-ti, hanno carattere di intermittenza, sono

aggiunta a basse dosi di corticosteroidi(10-15 mg/die di prednisone). La terapiainterferonica è stata praticata in manieradiscontinua per scarsa compliance del pa-ziente (stato di agitazione psico-motoria,cefalea). Nonostante numerosi tentativi dieradicazione del virus, anche con l’impie-go di interferone peghilato (Peg-Ifn-α) as-sociato a ribavirina (Rbv) non è stato pos-sibile ottenere una risposta virologica so-stenuta a dispetto di un genotipo “favore-vole”. Il decorso clinico è stato caratteriz-zato dalla periodica riesacerbazione delleulcere, sottoposte a ripetuti innesti cutaneiautologhi, e dalla presenza di dolore cro-nico con riacutizzazioni sempre più fre-quenti e scarsamente responsive alla tera-pia analgesica.Ripetute indagini elettromiografiche han-no sempre confermato una grave neuro-patia assonica. Le indagini di laboratoriohanno evidenziato valori di criocritooscillanti tra il 10 e il 15 per cento; HcvRna persistentemente >500.000 Ui/ml;transaminasi pressoché costantementenella norma.

Il caso induce a porsi alcuni quesiti:1. Qual è il quadro clinico caratteristico

della crioglobulinemia?2. Come si classificano le crioglobuline?3. Quali sono i meccanismi patogenetici

della crioglobulinemia?4. Quale ruolo ha l’infezione da Hcv?

Aspetti clinici della crioglobulinemia

Le crioglobuline sono immunoglobuline(Ig) che, diventando insolubili a tempera-ture inferiori a 37 °C, danno origine adaggregati ad alto peso molecolare [4].Possono essere presenti in piccole quanti-tà nel siero normale e in concentrazionivariabili in molte condizioni patologiche,tra le quali tumori del sistema linfoide,malattie autoimmuni e malattie infettive.

La grande maggioranza (40-90 per cento)dei pazienti con crioglobulinemia mista èinfettata dal virus dell’epatite C.

LIVELLO AFigura 1. (A) Fenomeno della crioprecipitazione; (B,C) porpora localizzata agli arti inferiori; (D) manifestazioni purpuriche insede addominale; (E) esiti discromici da pregresse gittate purpuriche; (F) ulcere torpide perimalleolari

A B C

D E F

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transitoria, emiparesi e stato confusionale.Il 70 per cento dei pazienti presenta ovvia-mente i segni dell’epatopatia Hcv-correla-ta; il reperto istologico mostra general-mente un quadro di epatite cronica attiva,con o senza cirrosi.

simmetriche, non migranti e coinvolgonopiù tipicamente le mani e le ginocchia.

In una minoranza di pazienti con Cm com-pare un interessamento viscerale multior-gano. Gli organi più spesso interessati so-no il rene e il sistema nervoso.

LIVELLO A

Il coinvolgimento multiorgano può esserecontestuale alle lesioni cutanee o persinoprecederle. Il danno renale può essere re-sponsabile di ipertensione arteriosa, mi-croematuria e proteinuria. Molto frequen-te è il coinvolgimento del sistema nervoso,con un’incidenza che supera il 60 per cen-to. Il danno a carico del sistema nervosoperiferico si manifesta come neuropatiasensitivo-motoria, più spesso a livello de-gli arti inferiori, con parestesie dolenti eperdita della forza. Meno frequente è il co-involgimento del sistema nervoso centra-le, che può manifestarsi con disartria

Meccanismi di interazione tra Hcv e sistema immunitarioL’interazione tra Hcv e linfociti modula le funzioni delle cellule B e T: ne consegue un’attivazione policlonalein vivo e un’espansione delle cellule CD5+, considerate come la principale fonte di produzione di molecole IgMFr [7]. È possibile ipotizzare che l’iniziale attivazione dei linfociti sia seguita dall’emergenza di un singolo clo-ne dominante, che sintetizza IgM Fr monoclonali sostenendo lo sviluppo di una Cm tipo II.L’espansione B-cellulare oligo/monoclonale può essere interpretata come il risultato della capacità dell’Hcvdi stimolare in maniera cronica le cellule B e di innescare un processo linfoproliferativo persistente, in gradodi sostenere e selezionare cloni linfoidi dipendenti dalla stimolazione antigenica [3]. Inoltre la stessa infezio-ne diretta delle cellule B da parte dell’Hcv promuove condizioni favorevoli alla proliferazione linfocitaria [8].Il riscontro di una replicazione attiva all’interno delle cellule mononucleate consente di suddividere i sogget-ti con infezione da Hcv in un gruppo in cui la replicazione virale sembra realizzarsi solo nel fegato e uno in cuivi è un secondo comparto biologico, rappresentato dalle cellule linfoidi. Sebbene i linfociti infettati rappre-sentino solo il 3 per cento della carica virale circolante [9], essi rivestono una notevole importanza patogene-tica poiché si caratterizzano come un effettivo serbatoio di virus capace di raggiungere qualsiasi sede.

Figura 2. Ipotesi sul meccanismo patogenetico del danno vascolare nella crioglobulinemia mista. La proteina Core dell’Hcv è legata alle IgG con specifica reattività anti-Core, che a loro volta so-no legate a IgM con attività di fattore reumatoide. Questo complesso può legarsi in maniera specifica all’endotelio per mezzo del recettore per il C1q attraverso la proteina Core (A) o il C1q (B).Lo stesso meccanismo può essere preso in considerazione per il legame dei neutrofili (C). In (D) è messo in evidenza lo stretto contatto che intercorre tra una cellula circolante e una cellula en-doteliale in una biopsia cutanea ottenuta da un paziente con crioglobulinemia

A B

C D

Cellule endoteliali

Cellule endoteliali

Cellule endoteliali

IgG Anti-Core

IgG Anti-CoreIgM-FR

IgM-FR

Dominio globularedel recettore per C1q

Dominio globularedel recettore per C1q

Dominio globularedel recettore per C1q

Dominio globularedel recettore per C1q

C1qProteina Core HCV

Proteina Core HCV

Granulocita neutrofilo

Proteina Core HCV

Patogenesi della crioglobulinemia

Il meccanismo attraverso cui l’Hcv pro-muove la produzione di crioglobulinenon è ancora noto. Tuttavia l’espansionedelle cellule B produttrici di IgM consen-

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I Master di Medici Oggi

contesto va inserito il ruolo della proteinaCore dell’Hcv. Dati sperimentali hannodimostrato che gli Ic crioprecipitanti sonocostituiti da IgM con attività di Fr legate aIgG, che a loro volta riconoscono comeantigene bersaglio la proteina Coredell’Hcv. Nel paziente presentato in pre-cedenza, per esempio, è stata esaminata lareattività della componente monoclonaleIgG: dopo purificazione dal siero median-te separazione cromatografica per affinità,le IgG eluite sono state confrontate conantigeni virali in test di immunoblotting. Irisultati hanno mostrato un’intensa reat-tività per le proteine Core e NS3 dell’Hcv(Fig. 3). Una volta avvenuto il legame, e inseguito all’esposizione a basse tempera-ture, le molecole di Fr subiscono modifi-cazioni conformazionali che verosimil-mente sono responsabili della precipita-zione. Cionondimeno, la deposizione de-gli Ic dipende anche da fattori emodina-mici e dalla struttura anatomica dei varidistretti. Il glomerulo, i plessi corioidei, lasinovia, l’uvea e la cute ricevono tutti unelevato flusso di sangue per unità di mas-sa e sono pertanto più esposti all’azionedegli Ic, che possono essere intrappolatiin elevate quantità nella parete vascolare. Un importante meccanismo patogenetico

potrebbe essere rappresentato dal legamedella proteina Core dell’Hcv con il C1qattraverso il suo recettore [12,13]. Il C1q regola la deposizione degli Ic cir-colanti a livello delle cellule endoteliali.Come indicato nella Figura 3, il recetto-re per il C1q può modulare il depositodegli Ic in ragione dell’espressione sullecellule endoteliali.

Bibliografia

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te di ipotizzare un processo di sintesi e ri-lascio di tali molecole correlato alla pre-senza di immunocomplessi (Ic). È notoche lo stimolo prodotto dagli Ic determinaprevalentemente il rilascio di IgM con at-tività di Fr [10]. La vasculite crioglobulinemica è un pro-cesso patologico caratterizzato da flogosie danno endoteliale. Esso si accompagnadi solito a riduzione del lume vascolare ealterazioni di tipo ischemico dei tessutiirrorati da quel distretto vascolare. L’organo più frequentemente coinvolto èsicuramente la cute, anche se qualunqueorgano può fungere da potenziale bersa-glio. Il ruolo fondamentale dell’Hcv nellapatogenesi della vasculite crioglobuline-mica è documentato dalla presenza diproteine Hcv-correlate nei vasi cutanei dipazienti crioglobulinemici (Fig. 2), lad-dove la presenza di immunodepositi oc-cupa talvolta completamente gli spazi mi-crovascolari o, in alternativa, le pareti delvaso e gli spazi perivascolari, senza alte-rarne il lume [11]. Inoltre il ruolo patoge-netico degli immunocomplessi criopreci-pitanti è ulteriormente dimostrato dallapresenza di IgM e/o IgG nella sede deldanno vascolare, nonché dalla presenzadi fattori del complemento. In questo

Figura 3. Dimostrazione della specificità di legame nel caso di una gammapatia monoclonale non-IgM nei confronti di anti-geni Hcv-correlati. (A) Elettroforesi sierica del caso clinico descritto; (B) elettroforesi della componente monoclonale purifica-ta; (C) immunofissazione della componente monoclonale purificata; (D) test di immunoblotting per proteine Hcv-correlate chedimostra la reattività della componente monoclonale purificata per le proteine NS3 e Core dell’Hcv (positività 3+)

A B

C D

Stre

ptav

idin

3+*

1+ +/-

C1 C2 E2 NS3

NS4

NS5

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razione B-cellulare non maligna. Tale qua-dro molecolare è alla base dell’espansioneselettiva di un clone specifico, capace diespandersi e di prevalere sugli altri in mo-do da assumere un pattern monoclonaleche a sua volta potrebbe favorirne l’evolu-zione maligna. Si può pertanto ipotizzareche l’Hcv rappresenti lo stimolo non soloper i processi linfoproliferativi apparente-mente benigni, ma anche per la progres-sione verso una franca neoplasia linfoide,almeno in un sottogruppo di pazienti.

Caso clinico

La nostra paziente è una donna di 73 anni,alla quale nel 1996 fu diagnosticata una“crioglobulinemia mista tipo II; epatitecronica attiva Hcv (2a/2c)-correlata”. Ilquadro clinico era rappresentato da spo-radiche gittate purpuriche agli arti infe-riori, associate a parestesie e artralgie dif-fuse.Fu praticata terapia con interferone ri-combinante α2b alla posologia di 1 Mutre volte alla settimana per un anno, al ter-mine della quale fu giudicata non respon-siva. Persistendo la suddetta sintomatolo-gia con andamento a poussée, fu prescrittauna terapia steroidea a basso dosaggio (5mg di prednisone/die) per i successivi dueanni, senza significative variazioni sul pia-no clinico, con un criocrito pari all’1 percento. Nel corso del successivo follow-up siassistette a una sostanziale stazionarietàdel quadro clinico-bioumorale, con Altpersistentemente elevate (1,5 volte la nor-ma). A febbraio 2008, in occasione di unnuovo controllo clinico, la paziente ha la-mentato marcata astenia, in assenza di se-gni di vasculite. Le indagini di laboratorio

hanno mostrato la ricomparsa dell’HcvRna (1.336.100 Ui/ml) con transaminasinella norma; criocrito assente; Fr nellanorma; nessun consumo di complemen-to. Alla palpazione, oltre che all’ecografiadel collo, è stata segnalata la presenza dimultiple linfoadenopatie latero-cervicaliconfluenti.

Il caso induce a porsi alcuni quesiti:1. Qual è la relazione tra infezione croni-

ca da Hcv, crioglobulinemia e linfomi?2. In un paziente affetto da crioglobuli-

nemia, quando deve essere sospettatoun linfoma?

3. Quali sono le caratteristiche clinichedei linfomi che compaiono in corso diinfezione da Hcv?

Infezione da virus dell’epatite C e linfomi

Nonostante la potenziale capacità del -l’Hcv di alterare importanti meccanismidi regolazione cellulare, non è ben defini-to quale sia il suo ruolo nella progressioneverso un processo linfoproliferativo fran-camente maligno.Ovviamente la prevalenza dell’infezioneda Hcv è significativamente più alta ri-spetto all’incidenza di linfoma non-Hodgkin (Lnh) a cellule B Hcv-positivo.Ciò indica che l’Hcv e l’espressione diproteine virali non sono sufficienti per losviluppo di una linfoproliferazione mali-gna, ma sono necessari altri fattori (gene-tici, epigenetici, ormonali, immunologi-ci). L’Hcv potrebbe promuovere un pro-cesso multifasico di linfomagenesi attra-verso l’espressione di proteine capaci diabolire le funzioni di check-point del ciclo

29Medici Oggi - dicembre 2008

Il virus dell’epatite C (Hcv) condivide con altri virus epatotropi la capacità di indurre un danno epatocitarioimmunomediato.

La produzione di anticorpi rappresentaun meccanismo precoce della difesa im-munitaria, con conseguente formazionedi immunocomplessi (Ic) circolanti al finedi facilitare la processazione e l’elimina-zione degli antigeni da parte di cellule spe-cializzate. La maggioranza delle immunoglobulinecircolanti fa parte dello spettro dei cosid-detti anticorpi “naturali”, che comprendo-no anticorpi anti-idiotipo e molecole conattività di fattore reumatoide (Fr). Queste appartengono principalmente al-la classe IgM, sono policlonali e possie-dono un potenziale patogenetico basso onullo. Nel 20-30 per cento dei pazienticon infezione da Hcv le molecole Fr sicomportano come molecole a elevata af-finità, sono di tipo monoclonale e com-portano la forma zione di Ic crioprecipi-tanti che si estrin secano con il quadro cli-nico della crioglobulinemia. La persistente produzione di Fr monoclo-nali implica l’esistenza di un meccanismoin grado di restringere la reattività immu-nologica e riflette una diversa selezionedella popolazione cellulare, che può essereconservata per tutta la vita poiché sotto-posta a una continua pressione antigenica. Nel fegato della maggior parte dei pazien-ti con infezione da Hcv è possibile dimo-strare un profilo di espansione delle cellu-le B sia monoclonale sia oligoclonale.Inoltre il frequente riscontro di espansio-ni oligoclonali rappresenta un elementocruciale, atto a sostenere una linfoprolife-

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Hcv, crioglobulinemia e linfoproliferazione Felicia Anna Tucci, Laura Troiani, Vincenza Conteduca, Sabino Russi, Domenico Sansonno, Franco DammaccoDipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari

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30 Medici Oggi - dicembre 2008

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Indubbiamente, la condizione di immuno-depressione indotta dal linfoma e ulterior-mente condizionata dalla chemioterapiapotrebbe rappresentare un fattore favo-rente per l’infezione da Hcv, contribuendoa confondere i dati epidemiologici.

INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO

Dati provenienti dalla ricerca di base sem-brano tuttavia fornire un forte razionalebiologico al possibile ruolo svolto dal vi-rus nel promuovere lo sviluppo di linfomi.

Decorso clinico dei linfomi Hcv-associati

Il decorso clinico di un Lnh Hcv-positivonon sembra essere significativamentediverso rispetto ai linfomi Hcv-negativi.

LIVELLO A

Tuttavia spesso è possibile riconoscere al-cuni aspetti peculiari nei linfomi Hcv-po-sitivi, come l’insorgenza in età più avanza-ta, il danno epatico, la presenza di unagammapatia monoclonale, la maggior fre-quenza di disordini autoimmunitari, la lo-calizzazione extra-linfonodale e un sotto-tipo istologico ristretto.

Nei linfomi Hcv-associati, le localizzazioniextranodali più frequenti sono a carico difegato e ghiandole salivari. Queste sedisono da considerarsi insolite nei pazien-ti Hcv-negativi [14].

LIVELLO A

Gli istotipi più frequenti nei pazienti Hcv-positivi sono: il linfoma linfoplasmocitoi-de (immunocitoma), il linfoma diffuso agrandi cellule B e il linfoma splenico a lin-fociti villosi [15,16].

LIVELLO B

cellulare e predisporre le cellule al rischiodi instabilità genetica [1,2].

La relazione epidemiologica tra Hcv e linfo-mi rimane a tutt’oggi incerta: non ci sonoinfatti studi osservazionali a lungo termi-ne da cui si possa evincere il reale impattodel virus nello sviluppo di un linfoma non-Hodgkin a cellule B (Lnh-B).

LIVELLO A

Il ruolo dell’Hcv viene ipotizzato sulla ba-se dei dati di prevalenza dell’infezione neipazienti affetti da Lnh-B. Alcuni studi mo-strano una prevalenza superiore al 42 percento nell’area del Mediterraneo e inGiap pone [3,4], mentre nel Nord Europatale rischio sembra sovrapponibile a quel-lo della popolazione generale [5]. Questedifferenze potrebbero derivare da fattorigeografici o etnici, come ipotizzato da unostudio che ha segnalato una prevalenza del22 per cento di Lnh Hcv-positivi nella po-polazione ispanica degli Stati Uniti [6]. Tuttavia una considerazione importante èche nella maggior parte di queste analisinon è chiaro se l’infezione da Hcv precedal’insorgenza del linfoma, oppure sia stataacquisita in corso di malattia linfomatosaa seguito di trasfusioni di sangue o diemoderivati.

Figura 1. Rappresentazione schematica della reazione polimerasica a catena per l’analisi del riarrangiamento dei geni delle catene pesanti delle immunoglobuline, marcatore clonale della progenie cellulare

Locus IgH umano non riarrangiato

Riarrangiato

geni VH (100-200)

VH

VH VH JH JH

L

1

-120

-80

2 N 3 P1 4 M P2

FR I CDR I FR II CDR II FR III CDR III FR IV

N D700 Kb

350 bp

N

VH VH JH JH JH CμD D D

geni D (30) geni JH (6)

Figura 2. Espressione dei pattern di espansione clonale B-cellulari ottenuti da 4 aggregati linfoidi di spazi portali isolati mediante la tecnica della microdissezione laser

(1) Oligoclonale (2) Oligoclonale

(4) Oligoclonale (3) Policlonale1 2 3 4

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La presenza di analogie dei geni delle Igriarrangiati tra le cellule B dei pazienticon crioglobulinemia tipo II e le celluleB maligne di pazienti con Lnh Hcv-po-sitivo lascia ritenere che entrambe que-ste condizioni possano essere sostenutedagli stessi antigeni, e che la Cm possaprecedere la degenerazione maligna[17]. Analogamente a quanto descrittoper i pazienti con sindrome di Sjögren[18], anche la Cm tipo II potrebbe svol-gere un ruolo favorente nell’insorgenzadi un Lnh a cellule B. L’evoluzione linfo-matosa è convenzionalmente considera-ta come la principale complicanza nellastoria naturale della sindrome diSjögren, con una maggiore prevalenzadelle forme extranodali, localizzateprincipalmente a livello delle ghiandolesalivari. Questi linfomi condividono alcune ca-ratteristiche con quelli insorti in pazien-ti Hcv-positivi, con più alta prevalenzadi forme a basso grado di malignità odella zona marginale, frequente coinvol-gimento delle mucose, possibile evolu-zione in linfoma a grandi cellule B, unastretta associazione con la crioglobuli-nemia mista e l’esordio negli organi ber-saglio primari di malattia [19].

Utilizzazione delle informazioni

Nel sospetto di un processo linfoprolife-rativo, la paziente è stata sottoposta a Tctotal body con conferma dei reperti eco-grafici ed esclusione di un coinvolgi-mento mediastinico e sottodiaframma-tico, nonché di fegato, milza, pancreas eorgani pelvici.Si procedeva con biopsia escissionale diun linfonodo laterocervicale sinistro, conil seguente referto istologico: “linfomanon-Hodgkin diffuso a cellule B monoci-toidi; CD20 e Bcl-2 positivi; CD3 e CD5positivi nella componente linfoide resi-dua; CD23 focalmente positivo nelle cel-lule dendritiche dei follicoli linfatici resi-dui; catene k e λ positive in rari elementiplasmocitari; Ki67, 30 per cento”. Biopsiaosteo-midollare: “infiltrazione nodularedi elementi di piccole dimensioni(CD20+ nel 40 per cento dell’infiltrato

Hcv e linfoproliferazioniLa crioglobulinemia mista Hcv-correlata è caratterizzata da un disordine linfoproliferativo cronico in cui gli eventi mo-lecolari prendono origine principalmente nel fegato [7]. In corso di proliferazione B-cellulare, le mutazioni somati-che che insorgono nei geni della regione variabile delle immunoglobuline danno origine a differenti tipi di mutan-ti. Amplificando con la reazione polimerasica a catena (Pcr) la regione variabile delle immunoglobuline, è possibi-le individuare l’unica combinazione dei segmenti che rappresenta un marker clonale della progenie cellulare (Fig. 1).Applicando questa tecnica per caratterizzare i linfociti B presenti nel tessuto epatico di soggetti Hcv-positivi con va-sculite crioglobulinemica, è stato dimostrato che un’espansione clonale B-cellulare è documentabile nel fegato nel90 per cento di questi pazienti, e meno frequentemente nel midollo osseo e nel sangue periferico. I linfociti B intrae-patici isolati producono spontaneamente molecole con attività di fattore reumatoide, che più spesso esprime un idio-tipo cross-reattivo denominato Wa [8]. I prodotti di amplificazione della regione variabile esprimono un pattern oli-go/monoclonale, suggerendo che l’espansione B-cellulare nel fegato derivi da poche o singole cellule; ciascun focuspuò avere origine da cellule diverse del repertorio policlonale, con il risultato che foci diversi contengono cloni B noncorrelati (Fig. 2). La maggiore espressione di espansioni clonali B-cellulari nel fegato rispetto ad altri organi dello stes-so individuo suggerisce che taluni fattori del microambiente possano essere direttamente responsabili sia dell’emer-genza dei cloni sia del loro mantenimento [9-11]. I cloni B-cellulari dominanti intraepatici contribuiscono alla costi-tuzione dei noduli linfoidi presenti all’interno degli spazi portali [9]. Le sequenze Cdr-H3 presenti nelle cellule B so-no altamente diversificate, suggerendo che le stesse possano avere origine da una risposta antigene-dipendente[11]. Il repertorio B-cellulare nei pazienti con crioglobulinemia mista appare piuttosto limitato. Le molecole IgM Frsono infatti verosimilmente codificate a partire da un numero limitato di geni germline, probabilmente in rispostaa stimoli antigenici molto simili. La dimostrazione di una maggiore concentrazione di Hcv negli infiltrati infiamma-tori intraepatici e nei linfociti circolanti consente di ritenere che il virus sia direttamente responsabile dell’insorgen-za e del mantenimento di un’espansione B-cellulare [12,13] (Fig. 3). La presenza di espansioni clonali B-cellulari in-fluenza profondamente l’espressività clinica dell’infezione da Hcv. Queste espansioni clonali sono costantemente as-sociate alla presenza di manifestazioni extraepatiche, come elevati livelli sierici di fattore reumatoide, crioglobuline-mia, gammapatie monoclonali di significato indeterminato, fino al linfoma non-Hodgkin a cellule B [12].

6

5

5

5 6

6

4

Hcv R

na U

i/106 ce

llule

(Log

)

Hcv R

na U

i/106 ce

llule

(Log

)

Hcv Rna Ui/ml

CRYO+

CRYO+r=0,14

CRYO-

4

5 6

5

Hcv R

na U

i/106 ce

llule

(Log

) CRYO-

r=0,21

Figura 3. Rappresentazione dei livelli di Hcv Rna nei linfociti B circolanti di pazienti Hcv-positivi, con e senza crioglobulinemia.Le linee che attraversano ciascuna colonna rappresentano i valori medi per ciascun gruppo (A). Nei diagrammi sono rappresentati gli stessi dati in funzione dei livelli di Hcv Rna nel siero di pazienti non crioglobulinemici (B) e crioglobulinemici(C). Non è stata messa in evidenza alcuna connessione diretta tra la viremia e la quota di Hcv Rna associata alle cellule

A B

C

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terferone-α e anche con Peg-Ifn-α asso-ciato a ribavirina, senza riuscire a otte-nere una risposta virologica sostenuta.Periodiche riesacerbazioni delle ulcereperimalleolari caratterizzavano il de-corso clinico.Nel 2004, all’età di 38 anni, in concomi-tanza con una nuova riesacerbazionedelle ulcere (criocrito pari al 35%), èstata effettuata terapia con l’anticorpomonoclonale anti-CD20 rituximab, alladose di 375 mg/m2 una volta alla setti-mana per quattro settimane. Questotrattamento ha indotto un notevole mi-glioramento della sintomatologia dolo-rosa e delle ulcere, tanto da consentiredi sottoporre il paziente a un ulterioreinnesto di cute, con conseguente cica-trizzazione delle stesse.È stato quindi effettuato un nuovo ten-tativo di eradicare l’infezione da Hcvmediante terapia combinata con Peg-Ifn-α + ribavirina, sospeso, questa vol-ta in via definitiva, a seguito della com-parsa di intenso dolore agli arti inferio-ri, cianosi del quarto dito di entrambi ipiedi e ulcere necrotiche perimalleolari,con grave impotenza funzionale. Il paziente è stato avviato a una proce-dura di aferesi terapeutica con doppiafiltrazione “a cascata”.Tale tecnica prevede la separazione delplasma dalla parte corpuscolata del san-gue mediante un plasmafiltro conven-zionale, seguita da un ulteriore passag-gio del plasma attraverso un secondofiltro, mediante il quale vengono sepa-rate le molecole ad alto peso molecola-re, con reinfusione delle restanti frazio-ni. La procedura è stata effettuata due vol-te alla settimana per due mesi. Si è os-

servato un progressivo miglioramentodella sintomatologia dolorosa e delle ul-cere cutanee, per cui la frequenza delleaferesi è stata ridotta a una alla settima-na fino alla completa cicatrizzazionedelle ulcere. Successivamente il paziente è stato sot-toposto a terapia di mantenimento conuna seduta ogni dieci giorni per un to-tale di 30 sedute, senza alcun altro trat-tamento, per circa un anno, quando egliha interrotto tali sedute di aferesi peruna nuova recidiva delle ulcere. Il paziente è deceduto dopo qualchemese per stato setticemico.

Il caso induce a porsi alcuni quesiti:1. A quali pazienti è opportuno pre-

scrivere la terapia interferonica?2. Quali sono le indicazioni e i vantag-

gi del rituximab?3. Come e in quali pazienti si effettua la

plasmaferesi?

Interferone-α

Il trattamento con interferone-α deveessere proposto in tutti i casi di Cm Hcv-associata nei quali non vi siano controin-dicazioni [1].

LIVELLO A

L’interferone-α consente di ottenere unmiglioramento clinico significativo inuna percentuale di pazienti variabile dal40 al 70 per cento.In generale, nei pazienti responsivi lariduzione della carica virale precede ildecremento del criocrito.

La stretta associazione tra crioglobulinemia mista (Cm) e infezione da virus dell’epatite C è divenuta sempre più evidente dopo la messa a punto dei test sierologici per quest’ultima infezione: in Italia più dell’80 per cento dei pazienti crioglobulinemici è infettatodall’Hcv e il ruolo primario svolto dal virus nel meccanismo della crioprecipitazioneè supportato dalla concentrazioneselettiva delle particelle virali nel crioprecipitato.

Prima che tale associazione fosse dimo-strata, il trattamento della Cm era ri-volto all’immunosoppressione median-te l’impiego di corticosteroidi e farmacicitotossici, quali clorambucil, azatiopri-na e ciclofosfamide, pur in mancanza dichiare evidenze di efficacia. In combinazione o in alternativa a taletrattamento, sono state anche impiega-te la plasmaferesi o la crioaferesi, nellaconvinzione che la rimozione dellecrioglobuline dal circolo potesse mi-gliorare la viscosità ematica, il criocritoe le condizioni cliniche.

Caso clinico

Per esemplificare le complessità deltrattamento della sindrome crioglobuli-nemica, riprendiamo il caso del pazien-te già presentato nell’articolo “La vascu-lite crioglobulinemica: aspetti clinico-patogenetici” a pagina 25. Come detto,egli è stato sottoposto a terapia con in-

Terapia della sindrome crioglobulinemica Franco Dammacco, Gianfranco Lauletta, Piero Gatti, Domenico SansonnoDipartimento di Medicina interna e Oncologia, Università di Bari

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cronica. È stato impiegato anche in altremalattie ematologiche, quali l’aplasiapura della serie rossa, l’anemia emoliti-ca da agglutinine fredde, i disordini lin-foproliferativi post-trapianto, la macro-globulinemia di Waldenström e la por-pora trombocitopenica idiopatica.In un nostro studio [3] abbiamo analiz-zato i risultati della somministrazionedi un ciclo di 4 dosi di rituximab in pa-zienti affetti da Cm Hcv-positivi, nonresponsivi a precedenti trattamenti coninterferone. Sono stati studiati 20 pazienti con Cmed epatite cronica attiva Hcv-correlata, a

cui è stato somministrato rituximab al-la posologia di 375 mg/m2 per via endo-venosa una volta alla settimana per 4settimane. Abbiamo osservato una ri-sposta completa, intesa come un rapidomiglioramento dei sintomi (scomparsadi porpora, astenia e artralgie, nonchémiglioramento della neuropatia perife-rica) e riduzione del criocrito, nell’80per cento dei pazienti. Inoltre la rispostacompleta si è accompagnata a una di-minuzione significativa del fattore reu-matoide e del titolo degli anticorpi anti-Hcv. La riduzione del titolo di IgG anti-Hcv nei crioprecipitati è risultata corre-

L’impiego dei corticosteroidi per i sintomidi tipo vasculitico (artrite, porpora) noninfluenza l’efficacia della terapia interfe-ronica.

LIVELLO A

L’efficacia dell’interferone sembra inve-ce essere potenziata dalla ribavirina, unanalogo sintetico della guanosina.Tuttavia il miglioramento appare tran -sitorio, con percentuali di recidiva en-tro 6 mesi pari a circa l’80 per cento,senza contare che talvolta il trattamentocon interferone può comportare unpeggioramento del quadro clinico neipazienti con coinvolgimento del sistemanervoso periferico, renale, o con ulcerecutanee in fase attiva [2]. Pertanto, si ècercato di mettere a punto nuove strate-gie terapeutiche allo scopo di ridurre ocontenere l’espansione clonale B-cellu-lare, che è alla base della produzione diIgM con attività reumatoide.

Rituximab

Nei soggetti con Cm resistente alla tera-pia con interferone-ribavirina è stato pro-posto l’impiego di anticorpi monoclonalianti-CD20 (rituximab).

LIVELLO B

Tale approccio prevede l’impiego di an-ticorpi diretti contro l’antigene CD20,una proteina transmembrana espressasui linfociti pre-B e sui linfociti B matu-ri. Rituximab, un anticorpo monoclo-nale chimerico, è risultato notevolmen-te attivo nell’indurre una deplezione B-cellulare in vivo (Fig. 1). I linfociti B cir-colanti non sono più rilevabili già dopouna singola infusione, per ricomparire6-9 mesi dopo la sospensione del tratta-mento. L’impiego di rituximab è statoapprovato per il trattamento dei Lnhfollicolari a cellule B ed è risultato pro-mettente per il Lnh diffuso a grandi cel-lule B, il linfoma mantellare, la leucemiaa cellule capellute e la leucemia linfatica

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34 Medici Oggi - dicembre 2008

Figura 1. Rappresentazione schematica dell’anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20 (a sinistra). Una volta che l’anticorpo (rituximab) si è legato allo specifico recettore (CD20) presente sulle cellule B, provoca la morte di queste ultime mediante un meccanismo di citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente o attraverso l’attivazione della cascata del complemento (a destra)

Regione variabile(origine murina)

Cellula citotossica

Frazionidel complemento

CD20

Cellula BRegione costante(origine umana)

1

90

Risp

osta

(%)

MesiSettimane

10

25

45

60

80

Rituximab

80

70

60

50

40

30

20

10

2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Figura 2. Probabilità di ottenere una risposta completa dopo terapia con rituximab

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cipitazione, alcuni pazienti con vasculi-te rapidamente progressiva non respon-sivi ai trattamenti precedentemente de-scritti possono trarre giovamento dal-l’impiego di corticosteroidi, farmaci im-munosoppressori e metodiche di filtra-zione plasmatica con sistema “a cascata”[4]. A differenza del plasma exchange,una metodica non selettiva che rimuovenon solo le crioglobuline ma anche leproteine plasmatiche, la filtrazione “acascata” (double filtration plasmaphere-sis, Dfpp) consente di sottrarre dal cir-colo solo le molecole a più alto pesomolecolare, che vengono bloccate dal se-condo filtro e quindi rimosse dalla cir-colazione. Ciò permette di restituire al paziente lerestanti frazioni proteiche plasmatiche(specie l’albumina) senza necessità didoverle rimpiazzare (Fig. 3). Questaprocedura si è rivelata utile nel tratta-mento delle forme non responsive, con-sentendo in alcuni casi un netto miglio-ramento fino alla pressoché completaguarigione, in particolare, delle ulcerecutanee (Fig. 4).

Tuttavia una discreta percentuale di pa-zienti tende a recidivare, rendendo sem-pre più difficile ogni decisione per even-tuali successivi ritrattamenti.

Criteri per il trattamento

In sintesi, l’approccio terapeutico ai pa-zienti affetti da crioglobulinemia Hcv-associata può essere riassunto come se-gue. Nel caso di pazienti “asintomatici”,cioè con infezione cronica da Hcv e pre-senza di crioglobuline, ma senza i classi-ci segni della vasculite crioglobulinemi-ca, l’approccio terapeutico è valutato inrelazione all’attività epatitica. Il trattamento di scelta sarà quello anti-virale, impiegando interferone peghilatoα2a o α2b in associazione a ribavirinasecondo le linee guida per la terapia del-l’epatite cronica Hcv-correlata. Nel caso di risposta virologica sostenuta,i pazienti verranno sottoposti a follow-up semestrale, mentre in caso di non ri-sposta o di recidiva si potrà considerareun ritrattamento ed eventualmente as-

labile con una prognosi migliore.L’analisi molecolare della risposta B-cel-lulare ha evidenziato la scomparsa finoalla delezione dei cloni periferici nei pa-zienti responsivi e una maggiore stabili-tà nei non responsivi. Inoltre rituximabha mostrato di incidere profondamentein termini di viremia, in quanto i livellicircolanti di Hcv Rna aumentano fino araddoppiare nei pazienti responsivi, ri-sultando pressoché immodificati neinon responsivi. Il 75 per cento dei pa-zienti responsivi è stato considerato inremissione durante il successivo follow-up (Fig. 2).I nostri risultati indicano che rituximabpossiede attività clinica e biologica neipazienti con Cm Hcv-positivi. Tuttavia,il farmaco ha mostrato un profondo im-patto sulla carica virale, in termini diaumento significativo dell’Hcv Rna nelsiero dei pazienti in corso di trattamen-to depletivo B-cellulare. Tale effetto ha impedito una più ampiaesperienza terapeutica e pertanto è statoproposto di impiegare rituximab incombinazione con Peg-Ifn-α e ribaviri-na (Pirr: Pegylated interferon ribavirinrituximab). Probabilmente questo tipodi approccio consentirà di ottenere i ri-sultati migliori.

La terapia di associazione rituximab-in-terferone peghilato-ribavirina potrebbemigliorare in futuro l’outcome dei pazien-ti con Cm sintomatica evitando riacutiz-zazioni dell’epatite.

INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO

Terapia immunosoppressiva e filtrazione plasmatica

La terapia immunosoppressiva, con o sen-za plasmaferesi, va riservata ai casi convasculite severa e refrattaria.

INDICAZIONE BASATA SUL CONSENSO

In considerazione della complessità deimeccanismi che sostengono la criopre- Figura 3. Modello di un dispositivo per aferesi terapeutica e di un sistema di filtri per metodo “a cascata”

Schermo Elementoriscaldante

Due filtri di serie con cut-off decrescenti:- il primo filtro separa il plasma dalla componente

corpuscolare- il secondo filtro, con porosità minore, trattiene

dal plasma i componenenti a elevato peso molecolare (immunoglobulina)

Il plasma ritorna depurato al paziente, senza bisogno di soluzioni sostitutive

PompeBilancia

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peutica ed eventualmente immunosop-pressori come ciclofosfamide. Resta davalutare l’efficacia della terapia antivi-rale combinata con quella B-depletivanei pazienti non responsivi o in recidiva.

Bibliografia

1. Bonomo L, Casato M, Afeltra A, Caccavo D (1987)Treatment of idiopathic mixed cryoglobulinemia with al-

pha interferon. Am J Med 83:726-7302. Dammacco F, Sansonno D, Han JH et al (1994) Natural in-

terferon-alpha versus its combination with 6-methyl-prednisolone in the therapy of type II mixed cryoglobuline-mia: a long-term, randomized, controlled study. Blood84:3336-3343

3. Sansonno D, De Re V, Lauletta G et al (2003) Monoclonalantibody treatment of mixed cryoglobulinemia resistantto interferon alpha with an anti-CD20. Blood 101:3818-3826

4. Ramunni A, Lauletta G, Brescia P et al (2008) Double-filtra-tion plasmapheresis in the treatment of leg ulcers in cryo-globulinemia. J Clin Apher 23:118-122

sociare rituximab, qualora comparisserosegni di vasculite. Anche per i pazienti con vasculite crio-globulinemica senza complicanze neu-rologiche o renali è indicata la terapiaantivirale di associazione, mentre pos-sono essere inclusi gli steroidi se presen-ti neuropatia e/o nefropatia. Nella condizione di vasculite sistemicarapidamente progressiva si proponel’impiego di corticosteroidi, aferesi tera-

Figura 4. Progressivo miglioramento, fino alla cicatrizzazione, delle ulcere cutanee per effetto del trattamento mediante filtrazione a cascata

Dx

Base 2 settimane 4 settimane 6 settimane 8 settimane

Sx

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Siti Web-http://www.epac.itL’Associazione EpaC onlus è un movi-mento di malati e medici che si pone l’o-biettivo di raggiungere una migliore qua-lità di vita e di assistenza medica tramite laprevenzione e l’informazione sulla malat-tia. Gruppo tra i più attivi in Italia nel for-nire assistenza informativa gratuita sull’e-patite C, svolge principalmente un’azionedi consulenza personalizzata: da quellapsicologica a quella medica e/o legata allatutela dei malati e alle consulenze legali.

-http://www.alcri.it/public/alcri/docs/crio_opuscolo.pdfL’opuscolo per i pazienti sulla sindromecrioglobulinemica dell’Acri.

-http://www.vasculiti.itÈ il sito del Gruppo per lo studio dellevasculiti primitive e secondarie. Al suo interno si possono trovare infor-mazioni generali sulle diverse forme del-le patologie e sui protocolli medici, non-ché un archivio di casi clinici, un atlan-te fotografico e un elenco di domandefrequenti.

-http://www.orpha.net/consor4.01/www/cgi-bin/OC_Exp.php?lng=IT&Expert=91138Parte dedicata alla crioglobulinemia mi-sta nel sito orphanet, il portale delle ma-lattie rare e dei farmaci orfani. Al suo interno vi si può scaricare un ar-ticolo in lingua inglese con una detta-gliata descrizione della malattia.

Centri e associazioni-Associazione italiana per la lotta controle crioglobulinemie (Alcri)Sede sociale e scientifica: Uo di Medicina interna, Ospedale di Saronno (Varese)Piazzale Borella, 1 – 21047 Saronno (VA)Tel: 02 9613267 – 02 9613279E-mail: [email protected]/[email protected] Web : www.alcri.it (in costruzione)

-Centro di riferimento della RegioneLazio per la crioglobulinemia mista, RomaUniversità di Roma “La Sapienza” - PoliclinicoUmberto IViale dell’Università, 37 - 00185 RomaTel: 06 49972090 - Fax: 06 4463877E-mail: [email protected] Web: www.crioglobulinemia.it

Utilities

Il caso Englaro: la posizione della SimiIl caso di Eluana Englaro, così come emerge dalla cronaca, dalle vi-cende giudiziarie e dal dibattito politico solleva dal punto di vistastrettamente medico tre principali questioni: la nutrizione artificia-le è una terapia? Se e quando iniziare o interrompere le cure medichealla fine della vita? Come rispettare l’autonomia decisionale del pa-ziente in una condizione irreversibile di perdita della coscienza?Circa il primo quesito tutte le società medico-scientifiche nazionali einternazionali, e in prima fila quelle specialistiche del settore, ricono-scono che la nutrizione artificiale è a tutti gli effetti una terapia me-dica, praticata ormai da migliaia di medici in tutto il mondo per ilbeneficio di un numero considerevole di pazienti.La nutrizione artificiale richiede il consenso informato; ha indicazio-ni, controindicazioni, effetti collaterali e necessita di un attento e re-golare monitoraggio medico; ha costi da non sottovalutare. Non può e non deve essere affidata né gestita autonomamente da uncaregiver.Circa il secondo quesito, iniziare o interrompere una terapia medicarichiede sempre il consenso informato del paziente, o del suo delega-to. Tali valutazioni permangono in ogni momento della vita. Il compito del medico è di verificare se, in quella specifica condizio-ne clinica, trattasi di cura “ordinaria” cioè tale da essere benefica perl’unità biopsichica del paziente (quindi curare anche quando la prin-

cipale patologia di cui è affetto il paziente non è più curabile: si trat-ta della Medicina palliativa del malato terminale) oppure di “eccessodi cure o accanimento terapeutico”. Ad esempio l’accanimento tera-peutico può mantenere “artificialmente” in vita biologica un sogget-to, in assenza di una sia pur minima integrità biopsichica.Il cittadino che si trova nella condizione di perdita irreversibile del-lo stato di coscienza ha gli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino:pertanto occorre che, attraverso suoi delegati o familiari (in questocaso il padre) - adeguatamente informati dall’équipe medica - possaesprimere i propri diritti, e quindi accettare o rifiutare le cure. Se lecose sono così chiare perché tanto eccesso di dibattito a volte anchedeviante da parte della società civile? L’auspicio della Società italiana di Medicina interna è che ogni vicen-da umana che coinvolge il rapporto medico-paziente e quindi la tu-tela della salute venga ricondotta nell’ambito della necessaria riserva-tezza. Auspica che le istituzioni possano collaborare, anche attraver-so condivise decisioni politiche, perché i singoli cittadini e i loro fa-miliari esprimano sempre, e il più serenamente e liberamente possi-bile, una scelta consapevole in momenti così personali come è il ca-so di decisioni (mediche) alla fine della vita.

(a cura di Franco Contaldo, Filippo Rossi Fanelli, Giuseppe Licata)

Area Simi • Comunicazioni a cura della Società italiana di Medicina interna

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VI. La componente monoclonale della crioglobulinemia mista di tipo II usualmente è di isotipo?1) IgG2) IgM3) IgA4) Tutte le precedenti5) Nessuna delle precedenti

VII. La crioglobulinemia mista di tipo II si differenzia dal tipo III per una delle seguenti ragioni:1) le componenti immunoglobuliniche

sono policlonali2) entrambe sono monoclonali3) solo una è monoclonale4) le componenti immunoglobuliniche

sono oligoclonali5) nessuna delle precedenti combinazioni

VIII. Quali dei seguenti quadri molecolari sono presenti nelle crioglobulinemie?1) Monoclonalità2) Oligoclonalità3) Policlonalità4) Mono e oligoclonalità5) Tutte le precedenti possibilità

IX. Quale segmento molecolare viene amplificato per caratterizzare l’assetto molecolare dell’espansione clonale B-cellulare nelle crioglobulinemie?1) VDJ delle catene pesanti

delle immunoglobuline2) VJ delle catene leggere

delle immunoglobuline3) Cdr-H34) Tutte le precedenti5) Nessuna delle precedenti

X. In quali organi si ritrovano le espansioni clonali delle cellule B nelle crioglobulinemieHcv-correlate?1) Fegato2) Midollo3) Cellule B periferiche4) In tutte le precedenti5) In nessuna delle precedenti

XI. La crioglobulinemia mista è associata a infezione da Hcv nella seguente percentuale di casi:1) 10 per cento2) 50 per cento3) 75-95 per cento4) 100 per cento5) 5 per cento

XII. Quali sono le molecole che mediano il legame dell’immunocomplesso a livello delle cellule endoteliali?1) Il recettore per il dominio globulare

del C1q2) Proteina Core3) Immunocomplesso IgM-IgG 4) C1q5) IgG anti-Core

XIII. Nei responder al trattamento con solo rituximab la viremia:1) non si modifica2) aumenta3) si riduce 4) dipende dalla posologia5) È in funzione dei livelli di viremia

iniziali

XIV. Nei pazienti in recidiva dopo trattamento con solo rituximab come si comporta la viremia?1) Aumenta prima delle manifestazioni

cliniche2) Non si modifica3) Entrambe le precedenti4) Aumenta dopo le manifestazioni

cliniche5) Nessuna delle precedenti

XV. Nei pazienti responsivi alla Pirr Therapy :1) l’Hcv Rna si negativizza2) il criocrito si riduce

contemporaneamente all’incrementodel C4

3) entrambe le precedenti4) incrementa solo il C45) diminuiscono le Alt

I. La crioglobulinemia di tipo I da quali immunoglobuline può essere costituita?1) IgG2) IgM3) IgA4) Da tutti e tre gli isotipi5) Da nessuna delle precedenti

II. La crioglobulinemia di tipo II è costituita:1) da una componente

immunoglobulinica2) da due componenti

immunoglobuliniche3) da nessuna componente

immunoglobulinica4) da immunoglobuline e agente

infettante5) nessuna delle precedenti

III. Nella crioglobulinemia mista di tipo II (IgG-IgMk) quale delle componenti immunoglobuliniche agisce da antigene e quale da anticorpo?1) IgG-antigene e IgM-anticorpo2) IgM-antigene e IgG-anticorpo3) Entrambe le precedenti4) Agiscono entrambe da anticorpi5) Nessuna di queste

IV. Nella crioglobulinemia mista di tipo II quali porzioni delle molecole IgG rappresentano il target antigenico per le IgM?1) Frammento Fab2) Frammento Fc3) Intera molecola4) Tutte le precedenti5) Nessuna delle precedenti

V. Nel danno vasculitico dei pazienti con crioglobulinemia mista Hcv-correlata quali proteine virali sono state dimostrate nella cute?1) Core2) E23) NS34) Tutte le precedenti5) Nessuna

Questionario di autovalutazione

Risposte esatteI-4; II-2; III-1; IV-2; V-1; VI-2; VII-3; VIII-5; IX-1; X-4; XI-3; XII-1; XIII-2; XIV-1; XV-3

Non si tratta di un corso di formazione a distanza con l’attribuzione di crediti ECM

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Scheda di valutazione

Gentili Lettori,l’obiettivo dei Master di Medici Oggi, sezioni monotematiche su temi di interesse clinico curate dalla Società italiana di Medicina interna, è quel-lo di fornire uno strumento pratico di formazione e aggiornamento.In questa pagina pubblichiamo una scheda di valutazione della qualità del Master che vi preghiamo di rispedirci debitamente compilata, in-dicando nello spazio riservato alle note eventuali suggerimenti e proposte. Così facendo, ci aiuterete a calibrare continuamente i contenuti, te-nendo conto delle vostre esigenze formative. Vi ringraziamo in anticipo per la cortese disponibilità.

La crioglobulinemia: un modello di malattia da immunocomplessi

Barrare con una crocetta le voci di interesse

1. Come valuta la RILEVANZA degli argomenti trattati rispetto alla Sua necessità di aggiornamento?

Non rilevante Poco rilevante Abbastanza rilevante Rilevante Molto rilevante

2. Come valuta la QUALITÀ educativa/di aggiornamento fornita da questo Master?

Scarsa Mediocre Soddisfacente Buona Eccellente

3. Come valuta l’EFFICACIA del Master per la Sua formazione continua?

Inefficace Parzialmente efficace Abbastanza efficace Efficace Molto efficacenon ho imparato mi ha confermato mi ha stimolato mi ha stimolato mi ha stimolatonulla per la mia che non ho necessità a modificare alcuni aspetti a cambiare alcuni a cambiare in modoattività clinica di modificare dopo aver acquisito elementi della mia rilevante alcuni aspetti

la mia attività clinica ulteriori informazioni attività clinica della mia attività clinica

Suggerimenti, commenti e proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Si prega di compilare e inviare a: Medici Oggi, via Decembrio 28 - 20137 Milano - fax 0255193360 - e-mail: [email protected]

Nome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cognome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Prov . . . . . . . . . . . . . . Cap . . . . . . . . . . . . . . .

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